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Può la scuola sanzionare un alunno per un fatto non avvenuto nelle sue pertinenze alla fine delle lezioni?

 26/11/2019
 Alunni, alunni portatori di handicap
 
Alunni/disciplina: sanzioni per fatti accaduti all'esterno della scuola

#pbb #piazzale #uscita #condotta #pertinenza #aggredito #picchiare #sanzione #genitore #descrivere #zuffa
Domanda
Scuola secondaria di primo grado.
Due alunni, all'uscita della scuola, nel piazzale antistante di proprietà comunale si picchiano. Uno dei genitori pretende che la scuola sospenda dalle lezioni il compagno che ha "aggredito".
Può la scuola sanzionare un alunno per un fatto non avvenuto nelle sue pertinenze e in momento che non era più scuola (5 minuti dall'uscita) ?
E se il fatto fosse avvenuto nelle pertinenze esterne della scuola, all'uscita dell'edificio, (i docenti accompagnano gli alunni sino alla porta di ingresso e non nel cortile) quale sarebbe stata la responsabilità della scuola e/o il provvedimento da adottare? Quali le misure preventive?
Ringrazio per l'attenzione.
Risposta
Si deve anzitutto premettere che la segnalazione del genitore può certamente attivare il potere disciplinare della scuola. Tuttavia, il genitore non può esigere alcunché: infatti, il potere disciplinare è espressione di un potere discrezionale; inoltre è necessario che la condotta sia prevista dal codice disciplinare come punibile.
Sulla rilevanza disciplinare dei fatti occorsi fuori dal tempo scuola e dalla scuola, la redazione si è pronunciata con numerose consultazioni, tutte presenti nella banca dati. La recente legge sulla prevenzione e contrasto del cyberbullismo (legge n.71 del 2017), oltre ad aver introdotto a carico delle scuole un obbligo educativo specifico e ad aver imposto l’adeguamento del codice disciplinare, ha confermato l’orientamento della redazione. Del resto, il potere disciplinare della scuola ha una precisa valenza educativa, come si ricava dalla ratio ispiratrice dello Statuto approvato con DPR n.249 del 1998 e ss. modificazioni.
Sennonché, il codice disciplinare, in quanto strumento sanzionatorio, oltre a declinare le competenze degli organi, deve descrivere le infrazioni e le relative sanzioni irrogabili per ciascuna di esse.
Ovviamente, è necessario –pena l’illegittimità della sanzione- che la condotta punibile sia prevista e sufficientemente descritta prima della commissione del fatto, alla stregua del principio, mutuato dal diritto penale, secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che, al momento della sua commissione, non era stato previsto come illecito dal regolamento di disciplina.
Questo principio di legalità preclude pertanto che la scuola possa assoggettare a sanzione condotte in via retroattiva. In questa prospettiva, affinché le sanzioni siano legittime (e possano quindi resistere all’impugnazione innanzi al giudice amministrativo) è necessario che il codice di disciplina descriva in modo adeguato le infrazioni punibili prima che i fatti siano commessi.
Ovviamente, come già rilevato in precedenti occasioni, non si vuole certo sostenere che la scuola possa e debba controllare (e punire) qualunque condotta extra scolastica; al contrario, la redazione ritiene che (previa espressa considerazione nell’ambito del codice disciplinare), la scuola possa e debba considerare come rilevanti le condotte (anche se realizzate nei social network) che presentino un qualche collegamento con la comunità scolastica in senso ampio (ossia offensiva di allievi, docenti e personale amministrativo). E ciò anche se i fatti siano commessi in altra sede e fuori dall’orario scolastico.
Nel caso specifico, il predetto collegamento con la comunità scolastica appare evidente, trattandosi di fatto realizzato nel piazzale antistante a pochi minuti dal termine delle lezioni e riguardante proprio due studenti.
Per venire al tema della responsabilità della scuola, in termini astratti è ben possibile che uno dei due soggetti coinvolti chiami in causa per danni i genitori dell’altro e anche l’amministrazione scolastica per negligente vigilanza (anche l’ipotesi estrema della causa proposta da entrambe le famiglie non può essere esclusa).
Non è possibile fare valutazioni prognostiche sul caso (né sarebbe questa la sede opportuna), in quanto l’esito della causa è strettamente dipendente dalle circostanze concrete e, soprattutto, da ciò che l’amministrazione (sulla quale incombe l’onere della prova) è in grado di dimostrare.
Ad esempio, la scuola è tenuta a fornire la prova di come ha organizzato la vigilanza, dell’imprevedibilità dell’evento nonché di una serie di ulteriori elementi, sulla scorta del principio che l’obbligo di sorveglianza non cessa automaticamente con il termine delle lezioni.
Altri elementi fondamentali (che possono influire sull’apprezzamento del giudice) sono costituiti dal patto di corresponsabilità educativa e l’eventuale autorizzazione all’uscita in autonomia rilasciata dai genitori.
Concludendo, in termini di responsabilità civile, per come il fatto è stato sinteticamente descritto, non appare decisiva la circostanza che la zuffa sia avvenuta fuori dal cancello. Per approfondimenti si rinvia al “Diritto per il Dirigente Scolastico”, 2019, Ed. Spaggiari.
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Approfondimenti

Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Keywords
#valutazione del personale#dipendente #articolo #amministrazione #ufficio #codice #comportamento #decreto #comma #utilità #collaborazione
Osservazione psicologica a scuola e consenso dei genitori - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 05/09/2017 n° 40291
Giurisprudenza
L'assenza di un esplicito consenso da parte dei genitori di un minore, che sia stato oggetto di "osservazione" in classe da parte di uno psicologo a ciò incaricato dalla scuola, integra una compressione della loro libertà di autodeterminazione astrattamente rilevante in relazione al reato di violenza privata (art. 610 c.p.). Costituisce atto pubblico la relazione predisposta dallo psicologo di un istituto scolastico qualora abbia compiti di non esclusivo supporto tecnico ai docenti ma di diretta osservazione e valutazione degli alunni trattandosi di un soggetto che svolge una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi: ne consegue che la omessa protocollazione agli atti dell'ente di tale documento integra la condotta del reato di soppressione, distruzione, occultamento di atto pubblico (art. 490 c.p.) Con riferimento al primo principio, nel rimettere il caso al giudice del merito, afferma la Corte di Cassazione: "Se nella prima ipotesi, in cui la psicologa avrebbe avuto il ruolo di "consulente" della maestra per suggerirle indirizzi didattici, non involgendo, quindi, in alcun modo i comportamenti degli alunni, si potrebbe escludere che l'attività di osservazione potesse interferire nella sfera personale degli alunni e quindi necessitare del preventivo consenso dei genitori, non altrettanto può dirsi se oggetto dell'osservazione erano proprio i comportamenti degli alunni e ancor di più, di alcuni degli alunni ritenuti portatori di problematiche. In questo secondo caso, a prescindere dal fatto che siano stati o meno somministrati test o che le lezioni siano state specificamente modulate, non vi è dubbio che l'osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli alunni sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava una invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava il preventivo consenso").
Keywords
#genitori: responsabilità genitoriale#reato#gup #psicologa #psicologo #maestra #bernardi #fumare #cartellina #contestatagli #investigare #martinelli
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 29/06/2011 n° 3480
Giurisprudenza
in base al combinato disposto degli artt. 2 comma 3 del DL 137/2008 e 5 comma 7 del D.lgs. 297/1994, l ’assegnazione del voto in condotta è materia di competenza esclusiva del Consiglio di Classe in composizione ristretta ai soli docenti. Il voto in condotta può essere il frutto di una valutazione collettiva, che riguardi, cioè, una pluralità di alunni per uno o più episodi espressione di uno scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile e può riguardare anche il comportamento assunto dagli alunni durante attività ed interventi educativi realizzati dalla scuola anche fuori dalla propria sede. A differenza del voto delle singole materie che, esprimendo un giudizio didattico, sul processo di apprendimento, deve essere giustificato e sorretto da una motivazione riferibile all’avvenuta acquisizione delle nozioni prevista dai programmi, il voto in condotta è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di Classe ed esprime un giudizio più ampio, che investe la maturità personale complessiva della persona, intesa come capacità di interazione con l’ambiente e come inserimento nel sistema di valori fonanti la società ed il vivere civile. Non sono invocabili le norme riguardanti i procedimenti disciplinari poiché l’assegnazione del voto di sette in condotta non rappresenta una sanzione disciplinare, ma una valutazione del comportamento. (Fattispecie nella quale il Consiglio di Classe aveva deciso di attribuire il voto di sette in condotta esclusivamente agli studenti che avevano partecipato al viaggio di istruzione, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato tenuto durante il viaggio, e di confermare il voto del secondo trimestre per gli studenti che non avevano partecipato al viaggio in questione.)
Keywords
#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#viaggi di istruzione#studenti: valutazione del comportamento#setta #pasanisi #assiduità #riviera #rileggere
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 18/03/2016 n° 14701
Giurisprudenza
La responsabilità della scuola, per le lesioni riportate da un alunno minore all'interno di un istituto di istruzione in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell'orario delle lezioni, ove ne sia consentito l'anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l'obbligo delle Autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell'ambito della scuola fino al loro effettivo licenziamento. (La vicenda trae origine da un infortunio occorso ad un studente delle scuole elementari all'interno del plesso scolastico prima che squillasse la campanella di inizio delle lezioni. Afferma la Corte che la responsabilità della scuola scatta dal momento in cui il minore si reca all'interno della scuola dove c'è del personale addetto proprio al controllo (bidelli) degli studenti la cui giovanissima età doveva indurre il personale ad adottare le opportune cautele preventive, indipendentemente da qualsiasi segnalazione di pericolo da parte degli stessi. Ed infatti, incombe sempre sulla scuola il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni sia in relazione all'uso degli spazi comuni durante l'entrata, sia all'uscita da scuola, sia sul controllo dei materiali e prodotti in uso. Nel caso di specie il minore era entrato all'interno della scuola per recarsi in classe sotto l'osservanza del personale scolastico, dei bidelli).
Keywords
#infortunio scolastico#personale dipendente: orario di lavoro#responsabilità civile#zzzz #torto #cardare
Compete al DS la sospensione disciplinare fino a 10 giorni - Corte di Appello CAGLIARI - Lavoro Sentenza 21/06/2018 n° 157
Giurisprudenza
Spetta al dirigente scolastico la competenza ad irrogare al personale docente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio fino a dieci giorni. (La fattispecie è ragione temporis riferita all'art. 55 bis del D.Lgs n. 165/2001 precedente le modifiche apportate con il D.Lgs n. 75/2017 che ha introdotto una disposizione ad hoc sulla competenza sanzionatoria del dirigente scolastico. Come noto, sul punto vi è contrasto giurisprudenziale fra giudici di merito e la questione pende innanzi alla Corte di Cassazione. La sentenza è conforme alla sentenza n. 236/2017 della sezione lavoro della Corte di Appello di Ancona##153L e si pone in contrasto rispetto alla sentenza n. 1079/2013 della sezione lavoro della Corte di Appello di Torino##152L e alla sentenza n. 1483/2017 della Corte di Appello di Milano. Osserva la Corte sul punto della competenza: "Dal combinato disposto dell'art. 55 bis del D.Lgs. n. 165/2001 e art 492 L n. 297/1994 emerge un rapporto di integrazione e non di disapplicazione della L. n. 297/1994 che pacificamente resta pienamente in vigore. Diversamente opinando verrebbe ad essere del tutto esclusa, in base alla disciplina, la competenza del Dirigente scolastico ad irrogare la sanzione disciplinare conservativa fino a 10 giorni, in palese contrasto con la ratio della norma stessa" Così argomentando, la Corte dichiara legittima la sanzione della sospensione dal servizio per due giorni irrogata ad un docente per avere fatto irruzione in una classe non propria durante lo svolgimento delle prove INVALSI, avere invitato gli alunni ad interrompere la prova e ad uscire dall'istituto e avere svolto attività tendente a condizionare gli alunni al rifiuto delle prove).
Keywords
#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#personale docente#sospensione #competenza #retribuzione #alunno #addebito #struttura #ginnasio #irrogazione #esclusa #appellante
educazione sessuale a scuola: potere di veto dei genitori? - Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili Ordinanza 09/09/2010 n° 19247
Giurisprudenza
Ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, sostituito dalla L. n. 205/2000, art. 7 (nel testo risultante dalla sentenza della corte costituzionale n. 204 del 2004) spetta al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulla domanda di carattere inibitorio consistente nel divieto di impartire lezioni di educazione sessuale agli alunni di una scuola, investendo tali domande il potere dell'amministrazione in ordine all'organizzazione ed alle modalità di prestazione del servizio scolastico. (La Corte conferma la posizione già assunta con la precedente ordinanza a sezioni unite n. 2656/2008 in ordine alla identificazione del giudice avente giurisdizione sulla domanda proposta da un genitore di scuola pubblica avente ad oggetto domande di carattere inibitorio in tema di organizzazione del servizio scolastico. In questo caso la domanda proposta dal genitore chiedeva di omettere la pubblicizzazione, la distribuzione e la divulgazione nelle scuole di due opuscoli di informazione sessuale, intitolati "infoboys" e "infogirls" nonché la distribuzione dei predetti opuscoli nelle scuole e nei centri giovanili)
Keywords
#genitori: responsabilità genitoriale#opuscolo #giurisdizione #scuola #domanda #genitore #jugendring #distribuzione #giudice #educazione #provincia
La scuola non può fare causa al MIUR o all'USR - Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 20/03/2018 n° 1769
Giurisprudenza
Le istituzioni scolastiche statali, anche se munite di personalità giuridica e di autonomia didattica e organizzativa, devono essere comunque considerate organi dello Stato, cui è rimasta attribuita la funzione amministrativa dell’istruzione, assieme con la gestione del relativo servizio. Il rapporto tra le istituzioni scolastiche statali e l'Amministrazione statale centrale e periferica è da considerarsi di natura interorganica e non intersoggettiva, per cui ogni eventuale contrasto va risolto in sede amministrativa, difettando un’autonoma posizione azionabile in sede giurisdizionale. (Il Consiglio di Stato, nell'annullare la sentenza del T.A.R. Abruzzo, sede di Pescara, n. 641/2011##37L, ripercorre le disposizioni che disegnano nel vigente sistema normativo l'ambito di autonomia amministrativa delle istituzioni scolastiche e il rapporto giuridico con lo Stato, per affermare la natura di organo-ente delle stesse. In tale quadro si inserisce l'attribuzione alle istituzioni scolastiche del patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato)
Keywords
#questioni processuali: rappresentanza e difesa in giudizio#questioni processuali: legittimazione delle scuole e degli altri organi#stato #itis #liceo #istituzione #autonomia #istituto #personalità #istruzione #omissis #scienza
T.A.R. PUGLIA - BARI - Sezione Prima Sentenza 30/08/2007 n° 2054
Giurisprudenza
Il R.D. 653/1925, in materia di sanzioni disciplinari degli alunni, elenca all’art. 19 le punizioni irrogabili ai discenti secondo un livello crescente di gravità e al successivo art. 20 precisa che le stesse vengono inflitte “per fatti che turbino il regolare andamento della scuola”, indicando, altresì, all’art. 22 la competenza per l’adozione dei provvedimenti punitivi. Orbene, la sanzione della sospensione dalle lezioni per tre giorni con l’obbligo di frequenza, adottata dal Preside nei confronti di un allievo che, su autorizzazione di un docente, aveva partecipato ai minuti finali della partita di calcio conclusiva di un torneo tra scuole, contravvenendo al divieto in precedenza impartitogli dal Dirigente, va annullata in quanto non rientra tra quelle di competenza del Capo di Istituto, potendo costui, eventualmente, applicare la sanzione meno grave della sospensione fino a 5 giorni, e in quanto i fatti contestati non appaiono tali da turbare il regolare andamento della scuola, sia perché la competizione sportiva non era tra quelle ufficiali, sia perché la partecipazione dell’alunno alla stessa era avvenuta su disposizione del docente accompagnatore. (La presente pronuncia, pur facendo applicazione del R.D., abrogato per effetto del D.P.R. 249/1998, ma all’epoca dei fatti ancora vigente, afferma principi di perdurante validità anche nel nuovo contesto normativo. In sede di appello Consiglio di Stato sentenza n. 769/2008##225L ha confermato la presente statuizione.)
Keywords
#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#torneo #impartitogli #piccineria #ufficialità #panchina #turbinare #cielo #incontinenza #sbraitare #coppa
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 18/10/2016 n° 21032
Giurisprudenza
I procedimenti disciplinari contemplati dall'art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 non costituiscono procedimenti amministrativi essendo condotti dalle P.A. con i poteri propri del datore di lavoro privato, sicché, nel caso in cui la lettera di contestazione di un illecito, prevista dal comma 4 dell'art. 55 cit., sia firmata da un membro supplente dell'ufficio disciplinare, essa è soggetta alla generale disciplina privatistica in materia di rappresentanza senza potere, e quale negozio giuridico posto in essere in assenza del potere di rappresentanza, può essere ratificata, con effetto "ex tunc", dal suddetto ufficio. Anche nel pubblico impiego contrattualizzato deve ritenersi, relativamente alle sanzioni disciplinari conservative (e non per le sole espulsive), che, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare prevista dall'art. 55 del d.lgs. n. 150 del 2009, in quanto il dipendente pubblico, come quello del settore privato, ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta. (Nella specie, consistente nell'aver attestato, nei rapporti con i terzi, il possesso della qualità di ufficiale di polizia giudiziaria, revocata dalla P.A. datrice di lavoro, e nell'avere utilizzato, per tale attestazione, un timbro non autorizzato). (Massima ufficiale CED della Corte di Cassazione)
Keywords
#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#ucpd #upg #dominus #ndr #geom #romanelli #continuato
Commette il reato di oltraggio a pubblico ufficiale il genitore che offende un docente all'interno dell'edificio scolastico - Corte di Cassazione - Sezione Quinta Sentenza 03/04/2014 n° 15367
Giurisprudenza
L'insegnante di scuola media riveste la qualifica di pubblico ufficiale in quanto l'esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi. (Fattispecie in cui la Corte ha qualificato come oltraggio a pubblico ufficiale e non come ingiurie le offese pronunciate all'interno dell'edificio scolastico dal genitore di un alunno nei confronti di un docente di scuola media). CED Corte di Cassazione: massima ufficiale
Keywords
#reato#pubblico #oltraggio #ingiuria #offesa #edificio #onore #cmb #interno #allievo #circoscrivere
T.A.R. PUGLIA - LECCE - Sezione Seconda Sentenza 12/03/2003 n° 967
Giurisprudenza
Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie, degli studenti (art. 3 comma 3 del D.P.R. n.275 del 1999). Il Piano dell’offerta formativa, sulla base della programmazione dell’azione educativa attribuita alla competenza del Collegio dei docenti dall’art.7 comma 2 del D.Lgs. n.297 del 1994, determina la quota del curricolo attribuita alla specifica istituzione scolastica, quota che integra la quota nazionale del curricolo obbligatorio e comprende le discipline e le attività liberamente scelte dalla specifica scuola. Nell’ambito dei curricoli, cioè della quota nazionale del curricolo, ogni istituzione scolastica può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta formativa, i propri percorsi didattici, secondo modalità fondate su obiettivi formativi specifici di apprendimento; la determinazione del curricolo deve tener conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio; il piano dell’offerta formativa, infine, è adottato dal Consiglio di circolo o d’istituto. Il coinvolgimento dei genitori degli alunni nella formazione del Piano dell’Offerta Formativa è idoneamente realizzato attraverso l’invito rivolto agli stessi a partecipare ad una riunione per discutere “proposte e suggerimenti da inserire eventualmente nel POF”. La decisione di consegnare alle famiglie il documento contenente il POF al momento dell’iscrizione degli alunni è qualificabile come forma di collaborazione tra la scuola e le famiglie e non certo come un obbligo giuridico corredato da sanzione, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999).
Keywords
#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#stilo #progressività #continuum
T.A.R. CALABRIA - REGGIO CALABRIA Sentenza 03/06/2016 n° 628
Giurisprudenza
I Bisogni educativi speciali (B.E.S.) ricomprendono un ampio spettro di situazioni anomale dell’alunno, più o meno patologiche o gravi, che non necessariamente sfociano in Disturbi Specifici dell’Apprendimento (D.S.A.), ma che, stante la loro natura, da accertarsi di volta in volta, comportano la redazione di un Piano didattico commisurato sulla persona del discente, al fine di consentire la sua piena integrazione nell’ambito della classe e il proficuo svolgimento delle attività didattiche specifiche per il corso di studi. L’individuazione degli alunni con B.E.S. rientra nella competenza esclusiva del Consiglio di classe, anche in ragione del fatto che i bisogni educativi speciali, non integrando necessariamente manifestazione di patologie, non sempre sono certificati a livello medico; infatti, ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso, come previsto dalla circolare ministeriale del 22.11.2013. Nel caso in esame, i Giudici hanno accolto il ricorso dei genitori in quanto il Collegio dei docenti, pur avendo la scuola piena conoscenza delle critiche condizioni di apprendimento dell’alunna, ha omesso di approntare concretamente gli interventi di sostegno a favore della bambina.
Keywords
#atto e documento amministrativo#istruzione primaria#organi collegiali#procedimento amministrativo#studenti: integrazione e disabilità#team #spettro #socializzare #adottabilità #pizzo #iperattività #plebiscito
Tribunale TRIESTE - Civile Ordinanza 02/12/2010
Giurisprudenza
Fermo il principio generale della possibile prevalenza degli indirizzi didattico- programmatici dell'amministrazione pubblica su quelli educativi familiari, non costituisce interferenza della istituzione scolastica nelle scelte educative riservate dalla legge ai genitori quale potere/dovere la decisione del dirigente scolastico di non accogliere la richiesta dei genitori di un alunno (di dieci anni) di rincasare autonomamente. Posto che al personale scolastico è assegnata una posizione di garanzia sugli alunni minori scaturante da un rapporto contrattuale e da contatto sociale che impone la vigilanza della sicurezza ed incolumità fino al subentro almeno potenziale di quella dei genitori (o di chi per loro) e che l'obbligo di vigilanza incombente sull'istituzione è ultrattivo rispetto al termine delle lezioni, l'assolutezza di tale obbligo sottrae rilievo a qualsiasi dichiarazione liberatoria con esonero di responsabilità da parte dei genitori e prescinde da un accertamento caso per caso dell'effettivo grado di maturità dello scolaro in relazione alle specifiche caratteristiche locali. L'opzione educativa tesa a favorire e rafforzare fin dall'età scolare il grado di autonomia del minore può ampiamente dispiegarsi in tutti i variegati aspetti di vita e di relazione del bambino che non riguardano il limitatissimo segmento dell'uscita dalla scuola, sì quella minima recessività (nel conformarsi a precisi obblighi di legge generatori di specifiche responsabilità civili e penali a carico della pubblica istituzione) non sembra potere pregiudicare in maniera apprezzabile una strategia educativa complessiva né causare un pregiudizio irreparabile (sì da escludere altresì il requisito del pericolo nel ritardo). (Il Tribunale di Trieste conferma, in sede di reclamo presentato dai genitori, la propria precedente ordinanza del 21/10/2010. Sui principi affermati in motivazione, si veda Corte di Cassazione, SSUU. sent. n. 9346/2002##345L)
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#genitori: responsabilità genitoriale#responsabilità civile#rincasare #subentro #recessività #cnav #temperamento
T.A.R. EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA - Sezione Seconda Sentenza 15/11/2001 n° 305/02
Giurisprudenza
Qualora l’addebito disciplinare sia incontestato nella sua materialità, il ricorrente sanzionato non ha alcun interesse a far valere in giudizio la violazione del diritto al contraddittorio procedimentale, poiché l’addebito poggia su una mancanza di gravità tale che qualsiasi osservazione dell’allievo in proposito sarebbe risultata priva di utilità. La condotta di soggetti terzi, consistente nella asserita mancanza di adeguata custodia dell’ingresso al cortile scolastico, non incide, eliminandola o riducendola, sulla responsabilità disciplinare dell’allievo. Il fatto che solo alcuni allievi, fra quelli che avrebbero preso parte all’episodio censurato, siano stati sanzionati è giustificato dal mancato riconoscimento dell’identità degli altri, ma ciò non rende illegittima l’azione disciplinare nei confronti di coloro che siano stati identificati. (Il caso concreto riguardava un episodio di ingresso di alcuni alunni nel cortile della scuola in orario notturno.)
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#studenti: azione disciplinare#segreta #penetrare
Educazione sessuale a scuola: non c'è un potere di veto del genitore - Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili Ordinanza 05/02/2008 n° 2656
Giurisprudenza
La verifica della legittimità delle scelte operate dalla scuola in materia di educazione sessuale (e nelle altre discipline) attraverso l’articolazione dei programmi e dei metodi didattici - nel quadro dei principi costituzionali che prevedono il diritto dei genitori di educare e formare i figli, la libertà dell’insegnamento e l’obbligatorietà dell’istruzione inferiore -, inerendo alla materia dell’organizzazione del servizio pubblico, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che si estende alla domanda risarcitoria (artt. 33 e 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 e successive modificazioni). (Massima ufficiale del CED della Corte di Cassazione) (Nel caso di specie, il genitore di un alunno aveva adito il Tribunale ordinario chiedendo che fosse dichiarato che l'istituzione scolastica non aveva il diritto di svolgere lezioni di educazione sessuale in classe senza il consenso dei genitori e che si vietasse lo svolgimento di tali lezioni durante l'orario scolastico. Nel dichiarare l'appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, la Corte afferma che non può contestarsi il potere dell'amministrazione scolastica di interferire con la sfera giuridica di alunni e genitori in relazione alla funzione essenziale della scuola non solo di istruire, ma anche di formare ed educare i fanciulli, in una prospettiva non antagonista, ma complementare a quella della famiglia. Spetta al giudice amministrativo valutare se l'amministrazione abbia correttamente esercitato o meno tale potere. Si veda anche, nello stesso senso, Corte di Cassazione - Sez. Unite - Ord. 09/09/2010 n. 19247)
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#genitori: responsabilità genitoriale#giurisdizione #educazione #genitore #lezione #giudice #scuola #diritto #programma #educare #amministrazione
Uscita autonoma da scuola: perché no nel caso concreto - Corte di Cassazione - Civile Ordinanza 19/09/2017 n° 21593
Giurisprudenza
Va riconosciuta la responsabilità contrattuale dell’Amministrazione scolastica per omessa vigilanza sui minori nel caso in cui con il regolamento di istituto la scuola si sia impegnata attraverso il personale scolastico a far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino. (Nel caso di specie, si trattava della morte di un alunno di undici anni occorsa fuori dall’edificio scolastico all’atto della salita sull’autobus, essendo risultato in punto di fatto che gli alunni erano stati lasciati liberi al termine delle lezioni, nonostante il regolamento di istituto prevedesse che non dovesse essere interrotta la vigilanza della scuola fino all’affidamento dei minori al personale di trasporto o, in mancanza di questo, a soggetti pubblici responsabili. La Corte afferma “Sulla scorta di quanto prescritto nel richiamato regolamento scolastico il giudice di primo grado e quello di secondo grado hanno logicamente dedotto che l'attività di vigilanza della quale l'amministrazione scolastica era onerata non avrebbe dovuto arrestarsi fino a quando gli alunni dell'istituto non venivano presi in consegna da altri soggetti e dunque sottoposti ad altra vigilanza, nella specie quella del personale addetto al trasporto". Sulla responsabilità penale dell’autista di scuolabus, relativamente al momento di riconsegna alla famiglia, si veda Corte di Cassazione - Penale - Sentenza 11/08/2007 n° 32822##250L. Sulla responsabilità civile del Comune, quale datore di lavoro dell’autista di scuolabus, in relazione al medesimo momento, si veda Corte di Cassazione - Civile - Sentenza 19/02/2002 n° 2380##141L; Corte di Cassazione - Sezione Terza - Sentenza 03/03/2004 n° 4359##188L. In relazione al momento della riconsegna ai genitori, la Corte di Cassazione afferma che “la vigilanza deve essere svolta dal momento dell’affidamento sino a quando ad essa si sostituisca quella, effettiva o potenziale, dei genitori, senza che possano costituire esimenti della responsabilità dell’istituto e del suo incaricato le eventuali disposizioni date dai genitori medesimi (quali quelle di lasciare il minore in un determinato luogo) potenzialmente pregiudizievoli per il pericolo che da esse può derivare all’incolumità dello stesso minore”. Su un caso di conflitto tra scuola e genitori in ordine all’uscita autonoma da scuola, si veda l'interessante ordinanza collegiale del Tribunale civile di Trieste, 02/12/2010##448L).
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#responsabilità civile#faro #portone #riassicurazione #castelfocognano #ferrovia #sulla #ristorare #cancello #prosciogliere
T.A.R. LOMBARDIA - MILANO - Sezione Terza Sentenza 04/06/2014 n° 1418
Giurisprudenza
Nel procedimento disciplinare il diritto partecipativo assume i caratteri del diritto di difesa, che deve essere concretamente garantito, con la conseguenza che il soggetto interessato deve poter conoscere le contestazioni addebitate prima dell’adozione della sanzione e l’addebito deve essere formulato in modo preciso e puntuale con riguardo al fatto commesso e al precetto violato. Nel caso di specie va annullata la sanzione disciplinare di due giorni di allontanamento dalle lezioni irrogata ad uno studente di prima media inferiore poiché disposta dal Consiglio di classe prima della convocazione della famiglia dello studente e con un generico riferimento al comportamento tenuto dallo studente sanzionato. Il provvedimento risulta carente anche sotto il profilo della motivazione della scelta della sanzione irrogata in quanto, nel campo delle sanzioni disciplinari, oltre a dover indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che, sulla base dell’istruttoria, hanno condotto alla decisione, la motivazione del provvedimento ha l’ulteriore funzione di dimostrare al destinatario la finalità educativa e non meramente afflittiva della misura adottata, tanto più se si consideri la giovanissima età del destinatario stesso.
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#istruzione secondaria di primo grado#studenti: azione disciplinare#girato #afflittiva #dondolare #regista #appendere
T.A.R. LAZIO - Sezione Terza Bis Sentenza 25/08/2010 n° 31634
Giurisprudenza
Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, mentre il singolo docente ha la competenza per la valutazione in itinere degli apprendimenti dell’alunno in relazione alla propria materia, le competenze relative alla valutazione periodica e finale dell’attività didattica e degli apprendimenti degli alunni spettano al Consiglio di classe, con la presenza della sola componente docente nella sua interezza, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Pertanto, i voti di profitto e di condotta degli alunni, ai fini della promozione alle classi successive alla prima, sono deliberati dal consiglio di classe al termine delle lezioni, con la sola presenza dei docenti, ai sensi dell’art. 193, comma 1, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Il Consiglio di classe, costituito da tutti i docenti della classe, è presieduto dal Dirigente scolastico. Nell'attività valutativa opera come un collegio perfetto e come tale deve operare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici. Pertanto, qualora un docente sia impedito a partecipare per giustificati motivi, il Dirigente scolastico deve affidare l'incarico di sostituirlo ad un altro docente della stessa materia in servizio presso la stessa scuola. Il Dirigente scolastico può delegare la presidenza del Consiglio ad un docente che faccia parte dello stesso organo collegiale. La delega a presiedere il Consiglio deve risultare da provvedimento scritto (è sufficiente l'indicazione anche nell'atto di convocazione dell'organo) e deve essere inserita a verbale. Nella fattispecie concreta, è stato dichiarato illegittimo, e annullato, il provvedimento di non ammissione alla classe successiva deliberato dal Consiglio di classe senza la presenza dei due docenti di spagnolo e di informatica, presenza necessaria pur trattandosi di materie extracurricolari essendo tali materie inserite nel giudizio finale con le rispettive votazioni, che hanno oltretutto fatto media.
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#atto e documento amministrativo#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#procedimento amministrativo#ginnasio #quorum #scoliosi
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 26/06/2001 n° 8740
Giurisprudenza
La disposizione contenuta nell’art. 2047 cod. civ. si applica all’infortunio cagionato da soggetto incapace di intendere e di volere, mentre la norma di cui all’art. 2048 cod. civ. disciplina l’ipotesi di infortunio cagionato da minore capace di intendere e di volere. L'art. 2048 c.c. postula l'esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto sono configurabili la "culpa in educando" dei genitori e la "culpa in vigilando" della scuola. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. La sola circostanza che l'autore del fatto illecito abbia meno di quattordici anni, non comporta che detto soggetto sia un incapace di intendere e volere; spetterà al giudice il compito di compiere il relativo accertamento alla stregua dei criteri tratti dalla comune esperienza e dalle nozioni della scienza. Premesso che un minore di dodici anni ben può essere ritenuto capace di intendere e di volere, affinché possa applicarsi l’art. 2048 cod. civ. è dunque necessario innanzitutto che sussista un fatto antigiuridico, costituito dal comportamento del minore. Nel caso esaminato dai giudici, durante un campo scuola organizzato da una parrocchia una minore ha subito un infortunio durante lo svolgimento del gioco ruba-bandiera: la Corte di Cassazione ha escluso l’antigiuridicità della condotta del minore responsabile, in quanto non vi era stata violazione delle c.d. regole del gioco e il gioco non era oggettivamente pericoloso in sé. Essendo stata esclusa l’antigiuridicità della condotta del responsabile dell’infortunio, non è ipotizzabile alcuna responsabilità in capo al soggetto tenuto alla vigilanza al momento del fatto.
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#parrocchia #antigiuridicità #scontro #vigilatore #pesare #bandiera #accidentalità #esule #radio #dodicenne
Studenti e responsabilità disciplinare: se l'autore non è individuato è illegittimo sanzionare chi era presente al fatto - Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 04/12/2012 n° 6211
Giurisprudenza
Il provvedimento disciplinare conseguente alla commissione di fatti illeciti compiuti durante lo svolgimento delle attività scolastiche, anche fuori dalla sede della Scuola, deve essere adottato rispettando il principio della responsabilità individuale. Non è possibile ammettere che la mancata individuazione dell’autore di un illecito consenta la punizione, quali coautori, di tutti coloro che risultavano presenti al fatto. (In applicazione del principio sopra esposto e ribaltando l’esito del primo grado, il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento del Consiglio di Classe con cui era stata decisa l’applicazione del voto di sette in condotta indistintamente a tutti gli alunni che avevano partecipato al viaggio di istruzione, nel quale si erano verificati episodi di danneggiamento in alcune stanze dell’albergo in cui la scolaresca soggiornava.)
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#studenti: azione disciplinare#viaggi di istruzione#setta #soggiornare #izzo #zelo #lanzo #alloggiare
Sanzioni disciplinari - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 328
Normativa

1.  Le norme disciplinari relative agli alunni delle scuole medie e delle scuole e istituti di istruzione secondaria superiore, ivi compresi gli alunni dei licei artistici e degli istituti d'arte, sono stabilite con regolamento, salvo quanto disposto dai commi seguenti.
[2.  (1)]
[3.  (1)]
[4.  (1)]
[5.  (1)]
[6.  (1)]
7.  Le norme disciplinari relative agli alunni delle scuole elementari sono stabilite con regolamento.
8.  Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano, secondo il relativo ordine di scuola, agli alunni delle scuole annesse ai convitti nazionali e agli educandati femminili dello Stato.
9.  Le norme disciplinari relative agli alunni dei convitti nazionali e degli educandati femminili dello Stato, concernenti infrazioni da essi compiute in qualità di convittori o semiconvittori, sono stabilite con regolamento.


(1)  Comma abrogato per effetto dell'art. 17, comma 1, D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, a decorrere dal 1° settembre 2000.  

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#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#semiconvittori
Diritto degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 310
Normativa

1.  Ai sensi dell'art. 9 dell'accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ratificato con la legge 25 marzo 1985, n. 121, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno, nelle scuole di ogni ordine e grado, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.
2.  All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori esercitano tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.
3.  Il diritto di avvalersi o di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola materna, elementare e media è esercitato, per ogni anno scolastico, all'atto dell'iscrizione non d'ufficio, dai genitori o da chi esercita la potestà nell'adempimento della responsabilità educativa di cui all'art. 147 del codice civile.
4.  Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all'atto dell'iscrizione, per ogni anno scolastico, a richiesta dell'autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.

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#insegnamento della religione cattolica e attività alternative#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#coscienza #ratificare
Diritto all'educazione ed all'istruzione - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 314
Normativa

1.  È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna e nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
2.  L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.
3.  L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap.
4.  All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale fa seguito un profilo dinamico-funzionale, ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale docente specializzato della scuola con la partecipazione del docente operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.
5.  Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.
6.  I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 4 e 5 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
7.  Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.
8.  Ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.
9.  Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante l'utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

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#scuola in ospedale, scuola domiciliare#studenti: integrazione e disabilità#nosocomio #clinica #staccare #convenzionare
Valutazione del servizio del personale docente - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 448
Normativa

1.  Il personale docente può chiedere la valutazione del servizio prestato per un periodo non superiore all'ultimo triennio.

2.  Alla valutazione del servizio provvede il comitato per la valutazione del servizio di cui all'art. 11, sulla base di apposita relazione del direttore didattico o del preside che, nel caso in cui il docente abbia prestato servizio in altra scuola, acquisisce gli opportuni elementi di informazione.

3.  La valutazione è motivata tenendo conto delle qualità intellettuali, della preparazione culturale e professionale, anche con riferimento a eventuali pubblicazioni, della diligenza, del comportamento nella scuola, dell'efficacia dell'azione educativa e didattica, delle eventuali sanzioni disciplinari, dell'attività di aggiornamento, della partecipazione ad attività di sperimentazione, della collaborazione con altri docenti e con gli organi della scuola, dei rapporti con le famiglie degli alunni, nonché di attività speciali nell'ambito scolastico e di ogni altro elemento che valga a delineare le caratteristiche e le attitudini personali, in relazione alla funzione docente. Essa non si conclude con giudizio complessivo, né analitico, né sintetico e non è traducibile in punteggio.

4.  Avverso la valutazione del servizio è ammesso ricorso al provveditore agli studi che, sentita la competente sezione per settore scolastico del consiglio scolastico provinciale, decide in via definitiva.

 

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#personale docente#valutazione del personale#diligenza #delineare #attitudine #preside #provveditore #famiglia
Utilizzazione del personale docente delle dotazioni organiche aggiuntive e di altro personale docente di ruolo - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 455
Normativa

L'utilizzazione dei docenti delle dotazioni organiche aggiuntive è finalizzata alla copertura di posti e cattedre da attribuire alle supplenze annuali, nonché di posti comunque disponibili per l'intero anno scolastico, in misura prevalente rispetto a tutte le altre attività previste dai successivi commi. Relativamente alle attività previste dai commi 7 e 11, l'utilizzazione è consentita nel limite del 15 per cento delle dotazioni organiche medesime. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, l'utilizzazione dei docenti delle predette dotazioni organiche aggiuntive assicura il soddisfacimento, nell'ordine, delle seguenti esigenze:

a)  copertura dei posti di insegnamento che non possono concorrere a costituire cattedre o posti orario;

b)  copertura dei posti di insegnamento comunque vacanti e disponibili per un periodo anche inferiore a 5 mesi nell'ambito del distretto o dei distretti viciniori;

c)  sostituzione dei docenti destinati ai compiti di cui al comma 7;

d)  sostituzione dei docenti impegnati nella realizzazione delle scuole a tempo pieno;

e)  sostituzione dei docenti impegnati nello svolgimento dei corsi di istruzione per adulti finalizzati al conseguimento dei titoli di studio e per l'insegnamento nei corsi sperimentali di scuola media per lavoratori;

f)  sostituzione dei docenti utilizzati ai sensi dell'art. 456, comma 1;

g)  partecipazione, nella scuola media, e, per quanto compatibile, nella scuola materna, alla realizzazione della programmazione educativa.

Ai fini di cui al comma 2, il provveditore agli studi definisce il contingente su base distrettuale ed assegna a ciascun circolo o scuola, in relazione alle esigenze, un contingente di docenti della dotazione aggiuntiva per la scuola materna e media. In caso di eccedenza detto personale è utilizzato prioritariamente presso circoli didattici o scuole materne e scuole medie dello stesso distretto o del distretto viciniore. Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore i docenti della dotazione aggiuntiva sono assegnati dal provveditore agli studi per coprire le esigenze di cui ai punti a), b), c) e f) del comma 2. Il personale docente della dotazione aggiuntiva dipende dalle scuole cui è stato assegnato all'inizio dell'anno scolastico. Il personale docente di ruolo, incluso quello delle dotazioni organiche aggiuntive - nel rispetto delle priorità indicate nei commi 1 e 2 - che sia in possesso di specifici requisiti, può essere utilizzato anche per periodi di tempo determinati, per tutto o parte del normale orario di servizio, in attività didattiche-educative e psico-pedagogiche previste dalla programmazione di ciascun circolo didattico o scuola, secondo criteri e modalità da definirsi mediante apposita ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con particolare riferimento all'attività di sostegno, di recupero e di integrazione degli alunni portatori di handicap e di quelli che presentano specifiche difficoltà di apprendimento, nonché per insegnamenti speciali e attività integrative o complementari. I docenti di ruolo, a domanda o con il loro consenso, possono essere utilizzati per corsi ed iniziative di istruzione degli adulti finalizzati al conseguimento di titoli di studio. Per tali attività, ivi compresi i corsi sperimentali di scuola media per lavoratori, si provvede esclusivamente mediante personale docente di ruolo, purché nell'ambito della provincia sia comunque disponibile personale docente di ruolo in soprannumero o personale docente delle dotazioni organiche aggiuntive. Il numero massimo dei corsi che possono essere istituiti in ciascuna provincia è determinato nei limiti delle dotazioni organiche di cui all'art. 162. L'utilizzazione del personale docente secondo quanto previsto nei commi 7 e 8 è disposta dal capo d'istituto, nei limiti numerici risultanti dalla disponibilità di personale di ruolo assegnato alla scuola, purché il personale docente così utilizzato sia sostituibile con altro personale di ruolo assegnato alla scuola stessa. Nei limiti predetti è possibile concedere esoneri parziali o totali dal servizio per i docenti di ruolo che siano impegnati in attività di aggiornamento o che frequentino regolarmente i corsi per il conseguimento di titoli di specializzazione e di perfezionamento attinenti la loro utilizzazione e richiesti dalle leggi e dagli ordinamenti scolastici, ivi compresi i corsi di cui all'art. 325, purché organizzati, nell'ambito delle disponibilità finanziarie previste dall'apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione, o direttamente dal Ministero della pubblica istruzione, o sulla base di convenzioni a tal fine da questo stipulate, da istituti universitari. Alle convenzioni con gli istituti universitari si applicano le disposizioni di cui all'art. 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. È fatto divieto di spostare personale titolare nelle dotazioni organiche aggiuntive, dopo il ventesimo giorno dall'inizio delle lezioni, dalla sede cui è stato assegnato. Nella scuola dell'obbligo i posti relativi al sostegno degli alunni portatori di handicap vengono coperti prioritariamente con personale specializzato, secondariamente con personale di ruolo, compresi i titolari di dotazioni organiche aggiuntive, che ne faccia domanda, ed infine con personale eventualmente in soprannumero. Per la scuola media e per gli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, per i licei artistici e per gli istituti d'arte, la ripartizione delle dotazioni aggiuntive tra i singoli insegnamenti è effettuata dai provveditori agli studi secondo modalità stabilite dal Ministro della pubblica istruzione con proprio decreto, tenuto conto delle esigenze di utilizzazione del personale relative a ciascuno degli insegnamenti medesimi, sulla base anche delle consistenze di personale in servizio.

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#organici#personale docente#consistenza
Consiglio di Stato - Parere - PTOF: è legittimo individuare storia della musica quale materia alternativa all'insegnamento della religione cattolica 25/05/2018 n° 1392
Prassi, Circolari, Note


Numero 01392/2018 e data 25/05/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 9 maggio 2018


NUMERO AFFARE 00584/2018

OGGETTO:

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. 

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dai signori (omissis), nella loro qualità di genitori esercenti la potestà sui figli minori, contro il liceo (omissis) di Roma, dagli stessi frequentato, per l’annullamento del piano triennale dell’offerta formativa (P.T.O.F.) relativo agli anni 2016/2019. 

LA SEZIONE

Vista la relazione acquisita in atti il 23 marzo 2018 con la quale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antonella Manzione;

Premesso e considerato:

I ricorrenti sono genitori di studenti che, almeno al momento della proposizione dell’odierno gravame, frequentavano il liceo (omissis) di Roma. Impugnano il piano triennale dell’offerta formativa (P.T.O.F.) approvato definitivamente dal collegio dei docenti in data 21 gennaio 2016, pubblicato sul portale unico della scuola in data 1° febbraio 2016.

Lamentano violazione della circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986, dell’art.1, comma 7, della l. n. 107/2015; del punto 2.1 dell’Intesa Stato-Chiesa recepita dal d. P.R. n. 751/1985; nonché del protocollo addizionale n. 5 relativo all’art. 9 della l. n. 121/1985 e della circolare ministeriale n. 188 del 25 maggio 1989. In sintesi, l’avvenuta individuazione della storia della musica quale materia alternativa, si appaleserebbe discriminatoria nei confronti di quegli studenti che, come i figli dei ricorrenti, avendo optato per la religione cattolica, si vedrebbero privati della possibilità di presenziare a lezioni su ambiti comunque attinenti l’offerta formativa, ancorché di potenziamento. Inoltre, l’aver esplicitato l’offerta alternativa prima dell’avvenuta opzione da parte degli studenti per la religione cattolica, ne violerebbe la libertà di coscienza, condizionandone le scelte. Infine, lo sviluppo del programma di storia della musica lungo l’intero arco di un quadriennio, oltre a vincolare le future scelte del prossimo P.T.O.F., imporrebbe la frequenza spalmata per tutti gli anni di riferimento senza soluzione di continuità, salvo volerne pregiudicare l’efficacia. 

Il Ministero, nella relazione citata in epigrafe, eccepisce preliminarmente la inammissibilità del ricorso in quanto non notificato ad almeno un controinteressato, ritenendo tale il genitore di un qualsiasi studente che abbia aderito all’offerta formativa alternativa all’insegnamento della religione cattolica. Nel merito, si riporta alla relazione del Dirigente scolastico, del quale condivide le valutazioni di infondatezza. 

La Sezione ritiene che la eccepita inammissibilità possa essere assorbita nel merito, prescindendo pertanto dallo scrutinare la posizione di tali genitori quali portatori di un interesse contrapposto giuridicamente rilevante. 

I ricorrenti affidano le proprie doglianze a tre distinti motivi di gravame, strettamente connessi tra di loro. Le prime due eccezioni attengono al contenuto della materia offerta come alternativa all’insegnamento della religione: esso non risponderebbe ai criteri di cui alla circolare ministeriale n. 131/1986, perché non contiguo con l’insegnamento della religionecattolica; inoltre ne violerebbe le indicazioni, laddove, attingendo ad un àmbito oggetto, per esplicita scelta del medesimo P.T.O.F., di offerta di potenziamento, finirebbe per pregiudicarne indebitamente la fruizione a chi opti per la religione cattolica. 

Rileva la Sezione come la circolare del 3 maggio 1986 ‘raccomandi’ di inserire come alternativo all’insegnamento della religionecattolica <<l’approfondimento di quelle parti del programma, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e della esperienza umana relativa ai valori fondamentali della vita>>. Entrare nel merito dei contenuti della storia della musica per escluderne aprioristicamente l’affinità ontologica con i ‘i valori fondamentali della vita’ non appare ex se condivisibile. A ciò si aggiunga che proprio la formulazione letterale della circolare, laddove, nell’esemplificare gli approfondimenti ritenuti ‘eticamente’ compatibili, cita la storia e la filosofia, ha ammesso che gli insegnamenti alternativi possano anche riguardare materie curriculari, purché parametrabili –rectius, ‘contigue’- in termini di valore morale. A fortioripertanto, ritiene la Sezione, potrà trattarsi, come avvenuto nel caso di specie, di ambiti opzionati dall’istituto scolastico -anche- in sede di potenziamento. Quanto detto, ovviamente, a prescindere dalle modalità organizzative delle lezioni, come giustamente rilevato dai ricorrenti, ovvero dalla scelta delle docenze anche in termini di piano assunzionale, in quanto ciò che rileva è il contenuto dell’insegnamento ex se e non le modalità del suo insegnamento. 

Sostengono infine i ricorrenti che l’avvenuta esplicitazione delle offerte alternative nel P.T.O.F. condizionerebbe la scelta dello studente che, al contrario, dovrebbe essere effettuata “al buio”, senza conoscerle preventivamente. 

Ciò deriverebbe a loro avviso dal dettato del protocollo addizionale n.5 relativo ‘art. 9 della L. n. 121/1985 nonché alla circolare ministeriale n. 188 del 25 maggio 1999 e ai commi 12 e seguenti dell’art. 1 della l. n. 107/2015. 

Rileva la Sezione come in realtà nessuna delle disposizioni citate deponga nel senso prospettato. In particolare, l’invocato art. 9, comma 2, della l. n. 121/1985, si limita ad affermare che <<nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento>>. 

La programmazione annuale delle attività alternative alla religione cui fa riferimento la circolare ministeriale n. 131 del 1986 non impedisce che essa venga inserita anche nel P.T.O.F., che diversamente dovrebbe omettere di occuparsi proprio di tale importante insegnamento. Del resto, il comma 12 dell’art. 1 della l. n. 107/2015 prevede espressamente la sua revisione annuale entro il mese di ottobre. Tanto più che tale tipo di programmazione e la relativa cadenza temporale è stata introdotta, o comunque ridisciplinata, in epoca ben successiva all’emanazione della ricordata circolare. 

La programmazione, dunque, non può che riferirsi anche all’insegnamento alternativo e in quanto tale essere inserita all’interno del P.T.O.F. .previsto dalla l. n. 107/2015, in coerenza con quanto stabilito dal comma 14 dell’art. 1 che definisce detto Piano come il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche, dove viene esplicitata la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Dunque, alle singole scuole spetta attivarsi prima dell’inizio dell’anno scolastico per raccogliere i dati di quanti hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica e sottoporre all’attenzione dei genitori o degli alunni (per le scuole secondarie di secondo grado) il modulo integrativo per la scelta delle attività alternative, in modo che non vi siano periodi, sia pur brevi, di inattività dovuti a motivi organizzativi. Viene invece rimandata all’inizio di ogni anno scolastico la scelta di avvalersi dell’insegnamento alternativo alla religione cattolica o di optare per altre attività progettuali. Prevedere l’offerta alternativa, al pari di quella di potenziamento, all’interno della programmazione triennale, non si appalesa neutra rispetto alla gestione in concreto della stessa e appare addirittura opportuna nell’ottica di una corretta pianificazione delle risorse, anche umane, necessarie allo scopo. Per contro, pretendere di fondare la libertà di scelta della religione cattolica sulla minore attrattività dell’alternativa offerta, finirebbe per sminuire indebitamente la valenza programmatoria del P.T.O.F. , rivitalizzato per contenuti e cadenza temporale proprio dalla l. n. 107/2015 rispetto al precedente P.O.F. di cui di cui all’art. 3 del d. P.R. n. 275/1999. 

Per contro, proprio l’importanza attribuita al valore intrinseco della scelta dell’insegnamento della religione cattolica ne implica la sua non comparabilità con alternative che, ove non pregiudizievoli del percorso scolastico di tutti gli studenti, del tutto legittimamente possono consistere in docenze ricche di interesse per coloro che intendano aderirvi. 

Lo sviluppo, infine, della storia della musica per periodi – al pari, del resto, di quanto avviene per altre discipline curriculari, quali la storia in genere- non appare affatto ulteriormente impattante sulla libertà di scelta dello studente: ove lo stesso, motivatamente e responsabilmente, opti per la religione cattolica, si avvarrà del relativo insegnamento; cambi idea e aderisca all’insegnamento alternativo, ne fruirà in relazione al periodo di riferimento, senza che la mancata partecipazione alle lezioni inerenti quelli precedenti lo renda ex se meno efficace ovvero meno completo.

Conclusivamente pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto perché infondato. 

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso sia respinto nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento della istanza sospensiva. 

                   L'ESTENSORE                  IL PRESIDENTE

               Antonella Manzione           Gianpiero Paolo Cirillo    

                                   IL SEGRETARIO

                                  Roberto Mustafà

Keywords
#insegnamento della religione cattolica e attività alternative#religione #insegnamento #ptof #storia #scelta #circolare #offerta #musica #studente #sezione
Licenziamento disciplinare - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 55-quater
Normativa

1.  Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a)  falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b)  assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c)  ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d)  falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
e)  reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;
f)  condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
f-bis) gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento, ai sensi dell'articolo 54, comma 3; (1)
f-ter) commissione dolosa, o gravemente colposa, dell'infrazione di cui all'articolo 55-sexies, comma 3; (1)
f-quater) la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l'applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell'arco di un biennio; (1)
f-quinquies) insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell'ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell'articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2009.(1)
1-bis.  Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.
[2.  (2)]
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso. Nei casi in cui le condotte punibili con il licenziamento sono accertate in flagranza, si applicano le previsioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies. (3)
3-bis.  Nel caso di cui al comma 1, lettera a), la falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l'immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all'assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell'interessato. La sospensione è disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall'ufficio di cui all'articolo 55-bis, comma 4, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.
3-ter.  Con il medesimo provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma 3-bis si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell'addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all'Ufficio di cui all'articolo 55-bis, comma 4. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell'audizione, il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente può essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. L'Ufficio conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell'addebito. La violazione dei suddetti termini, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all'articolo 55-bis, comma 4.
3-quater.  Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro venti giorni dall'avvio del procedimento disciplinare. La Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d'immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L'azione di responsabilità è esercitata, con le modalità e nei termini di cui all'articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, entro i centocinquanta giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga. L'ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l'eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia (4).
3-quinquies.  Nei casi di cui al comma 3-bis, per i dirigenti che abbiano acquisito conoscenza del fatto, ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, per i responsabili di servizio competenti, l'omessa attivazione del procedimento disciplinare e l'omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono illecito disciplinare punibile con il licenziamento e di esse è data notizia, da parte dell'ufficio competente per il procedimento disciplinare, all'Autorità giudiziaria ai fini dell'accertamento della sussistenza di eventuali reati.

3-sexies.  I provvedimenti di cui ai commi 3-bis e 3-ter e quelli conclusivi dei procedimenti di cui al presente articolo sono comunicati all'Ispettorato per la funzione pubblica ai sensi di quanto previsto dall'articolo 55-bis, comma 4. (5)

(1) Lettera inserita dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(2) Comma abrogato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(3) Comma così modificato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(4) Comma così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 20 luglio 2017, n. 118, a decorrere dal 5 agosto 2017, stante il disposto dall’ art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 118/2017.(5) Comma inserito per effetto dell'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 20 luglio 2017, n. 118, a decorrere dal 5 agosto 2017, stante il disposto dall’ art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 118/2017;

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Garante per la protezione dei dati personali - Delibera - Opposizione da parte di un genitore al trattamento dei dati personali suoi e del figlio studente 30/12/2014 n° 628
Prassi, Circolari, Note

Provvedimento del 30 dicembre 2014

Registro dei provvedimenti
n. 628 del 30 dicembre 2014

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 2 ottobre 2014 da XY, nella sua qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore, nei confronti dell'Istituto Comprensivo XX di Bassano del Grappa con il quale il ricorrente, con riferimento ad una denuncia penale depositata dal citato istituto scolastico nei suoi confronti, contenente dati personali di carattere sensibile relativi al proprio figlio minore, ha ribadito le istanze previamente avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8  d.lgs.n.196 del 30 giugno 2003,  Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), con le quali aveva chiesto di conoscere le modalità e le finalità del trattamento dei dati medesimi; il ricorrente inoltre, ritenendo illecita la comunicazione dei predetti dati alla stazione dei carabinieri di Bassano e alla procura della Repubblica di Vicenza, ne ha chiesto il blocco o la cancellazione (con relativa attestazione che tale intervento è stato portato a conoscenza di coloro ai quali i dati sono stati comunicati); rilevato infine che il ricorrente ha chiesto la liquidazione in proprio favore delle spese del procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d'ufficio e, in particolare, la nota del 6 ottobre 2014 con la quale questa Autorità, ai sensi dell'art. 149 comma 1 del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell'interessato, nonché la nota del 28 novembre 2014 con cui, ai sensi dell'art. 149 comma 7 del Codice, è stata disposta la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTA la nota del 15 ottobre 2014 con la quale l'istituto scolastico resistente ha in primo luogo rappresentato che a seguito della irrogazione, da parte del Consiglio di classe nel gennaio 2014, della sanzione  disciplinare della sospensione di due giorni nei confronti dell'alunno (…), figlio minore del ricorrente, quest'ultimo si è attivato al fine "di eludere l'esecuzione della sanzione, intasando l'ufficio scolastico con le più disparate richieste di documenti, informazioni, incontri, ecc.";  la resistente ha quindi affermato che i documenti allegati alla denuncia del 14.5.2014 (ovvero la relazione del 7.4.2014 del Consiglio di classe, la relazione del 13.4.2014 della psicologa della scuola (…)", erano "essenziali ed indispensabili per la conoscenza dei fatti denunciati da parte dell'autorità giudiziaria, destinataria dell'esposto", esposto che peraltro "non riguardò minimamente l'alunno (…), ma il comportamento dei Sig.ri (…), gravemente illecito e penalmente rilevante (…), rispetto al quale si pronuncerà l'autorità giudiziaria;

VISTA la nota del 20 ottobre 2014 con cui il ricorrente, nel sottolineare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte, il proprio figlio ha "regolarmente scontato i due giorni di sospensione", ha altresì eccepito l'assoluta eccedenza e non pertinenza dei dati sensibili relativi al proprio figlio prodotti in allegato alla denuncia in questione, denuncia che, per stessa ammissione della resistente, non riguardava il minore bensì la condotta dei relativi genitori;

VISTA la nota del 16 dicembre 2014 con cui l'istituto scolastico resistente, nel ribadire che i coniugi XY hanno sostanzialmente "eluso l'esecuzione della sanzione nei tempi come stabiliti e previsti dal Consiglio di classe, richiedendo l'inoltro per raccomandata del provvedimento già di loro conoscenza, così da consentire all'alunno, che avrebbe dovuto restare sospeso nei giorni 27 e 28 gennaio 2014, di presentarsi comunque a scuola come se nulla fosse accaduto", ha evidenziato la complessità dei rapporti scuola-famiglia anche allegando copia di un atto di citazione presentato nei confronti dei predetti coniugi dinanzi al giudice di pace;

VISTA la nota del 18 dicembre 2014 con cui il ricorrente ha eccepito che i documenti prodotti, a suffragio delle proprie ragioni, dall'istituto scolastico resistente, quale ad esempio "la copia in forma integrale della sanzione disciplinare irrogata all'alunno", sono irrilevanti, nonché eccedenti rispetto alla questione esposta con il ricorso innanzi all'Autorità; l'interessato ha rilevato come tale condotta confermi l'illiceità del trattamento posto in essere dalla Dirigente scolastica già con la querela proposta nei confronti dei genitori dell'alunno  e rispetto alla quale la comunicazione di dati sensibili del minore, quali l'origine etnica, o dei fatti disciplinarmente rilevanti che lo hanno coinvolto, non producono alcun effetto "né sulla proponibilità, né sull'esito";  

CONSIDERATO che, ai sensi dell'art. 7 comma 3, lett. b) del Codice, ogni interessato ha diritto di chiedere la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati personali che lo riguardano soltanto ove essi siano trattati in violazione di legge, oppure nel caso in cui la loro conservazione non sia necessaria in relazione agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;

RILEVATO che, nel caso in esame, l'istituto scolastico resistente ha effettuato un trattamento di dati sensibili del minore ai fini dell'esercizio di un'azione giudiziaria nei confronti dei genitori dello stesso;

RILEVATO che il trattamento dei dati sensibili da parte delle istituzioni scolastiche deve aver luogo nel rispetto dei princìpi generali di cui agli artt. 20 e 22 del Codice e che alla luce di quanto previsto con decreto del Ministro della pubblica istruzione 7 dicembre 2006, n. 305 ("Regolamento recante identificazione dei dati sensibili e giudiziari trattati e delle relative operazioni effettuate dal Ministero della pubblica istruzione, in attuazione degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196"- scheda n. 7) – che, per le finalità di rilevante interesse pubblico di cui all'art. 71 del Codice (attività sanzionatorie e di tutela) fa espresso riferimento, tra le operazioni di trattamento,  alla gestione del contenzioso nei rapporti scuola-famiglie ("tutte le attività connesse alla instaurazione di contenzioso (reclami, ricorsi, esposti, provvedimenti di tipo disciplinare, ispezioni, citazioni, denunce all'autorità giudiziaria, etc) con gli alunni e con le loro famiglie e tutte le attività relative alla difesa in giudizio delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado"), l'istituto scolastico resistente può trattare lecitamente tali tipi di dati, limitatamente alle operazioni strettamente indispensabili per svolgere le pertinenti funzioni istituzionali;

RITENUTO quindi che l'istituto scolastico resistente, alla luce delle citate disposizioni, può trattare lecitamente i dati sensibili degli alunni e dei loro familiari, limitatamente alle operazioni strettamente indispensabili per svolgere le pertinenti funzioni istituzionali e che pertanto, nel caso in esame, la lamentata comunicazione dei dati personali del minore alle autorità di pubblica sicurezza e all'autorità giudiziaria non risulta effettuata in violazione di legge; ritenuto che deve quindi essere dichiarata infondata la richiesta di blocco e/o di cancellazione dei dati medesimi;

RILEVATO comunque che ai sensi dell'art. 160 comma 6 del Codice, ogni valutazione sull'utilizzabilità degli atti contenenti i dati personali in questione è rimessa esclusivamente all'autorità giudiziaria adita alla quale potrà essere eventualmente rivolta un'apposita istanza mirata ad espungere dal fascicolo giudiziario i dati del minore che siano ritenuti non strettamente indispensabili alla valutazione degli atti di causa;   

RITENUTO infine che deve essere dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell'art. 149 comma 2 del Codice in ordine alle restanti richieste avanzate ai sensi dell'art. 7 comma 2 del Codice, avendo il titolare del trattamento fornito un sufficiente riscontro alle stesse, seppure solo nel corso del procedimento;

RITENUTO congruo compensare integralmente le spese fra le parti in ragione della particolarità della vicenda;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Licia Califano;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

1) dichiara infondata la richiesta di blocco e/ di cancellazione dei dati personali del minore;

2) dichiara non luogo a provvedere in ordine alle restanti richieste;

3) dichiara compensate le spese tra le parti.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10  d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 30 dicembre 2014

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Califano

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

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La responsabilità disciplinare degli studenti
U.S.R. per il Piemonte - Circolare Regionale 8 marzo 2012, n. 138
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Responsabilità di docenti e genitori per culpa in vigilando e culpa in educando
U.S.R. per il Piemonte - Circolare Regionale 9 settembre 2011, n. 233
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Può la scuola sanzionare un alunno per un fatto non avvenuto nelle sue pertinenze alla fine delle lezioni?

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