Ogni giorno è con te

25 Aprile, Giovedì
Login

Casi&Pareri

Indietro

Il DS può beneficiare dei permessi ex art. 3, comma 3, della L. 104/92?

 27/07/2020
 Dirigenti scolastici
 
♦
Permessi/congedi/aspettative: L. 104 fruiti da soggetti diversi dal disabile o dai suoi genitori

#pbb #congedo #contribuzione #legge #beneficiario #permesso #mensilitĂ  #trattamento #indennitĂ  #condizione #maturazione
Domanda
à frequente avere nel proprio organico docenti e personale ATA che usufruiscono della legge 104 per genitori, figli etc. in situazione di handicap grave (art. 3 comma 3). E se il beneficiario della legge fosse un dirigente scolastico? In altre parole, è possibile a un dirigente, se ne ricorrono le condizioni, godere dei permessi mensili e del congedo biennale? Quali sarebbero le condizioni economiche, in quest'ultimo caso?

Grazie
Risposta
Il CCNL dell’area istruzione e ricerca all’art. 15 c. 5 prevede: “Le assenze previste dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, come modificato ed integrato dall’art. 19 della legge n. 53 del 2000, sono utili ai fini delle ferie e della tredicesima mensilità”. Risulta assolutamente chiaro che anche il dirigente scolastico, ricorrendone le condizioni e i requisiti, può essere beneficiario delle previsioni dell’art. 33 c. 3 della L. 104/1992 (tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, che rileva per la maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità),
Sempre l’art. 15 al c. 6 specifica che “il dirigente ha, altresì, diritto, ove ne ricorrano le condizioni, ad altre assenze retribuite previste da specifiche leggi, con particolare riferimento […] ai permessi e congedi di cui all’art. 4, della legge 53/2000 […]”. L’art. 42 c. 5 del D.lgs. 151/2001 richiama l’art. 4 della L. 53/200: “il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta […]”. Per il trattamento economico durnate il congedo biennale si veda l’art. 42 c. 5-ter: “durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa”. Va detto che l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati: la circolare INPS del 29 gennaio 2020, n. 9 al par. 12.3 prevede che “tenuto conto del predetto indice accertato dall’Istat, il tetto massimo complessivo della retribuzione per congedo straordinario e dei relativi contributi obbligatori a carico delle Amministrazioni pubbliche che erogano trattamenti economici in sostituzione delle indennità previste dal legislatore per la generalità dei lavoratori non può eccedere, per l'anno 2020, l’importo pari a € 48.737,86 che, arrotondato all’unità di euro, è pari a € 48.738,00”. Il c. 5-quinquies dell’art. 42 del D.lgs. 151/2001 precisa che “il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto”.
I contenuti di questo sito sono riservati; non è ammessa la loro ulteriore comunicazione, diffusione o pubblicazione (a titolo esemplificativo e non esaustivo, la diffusione su altri siti internet o attraverso testate giornalistiche) se non dietro esplicita autorizzazione della Direzione.

Approfondimenti

La fruizione dei permessi Legge 104/1992 non decurta le ferie - Corte di Cassazione - Sezione Sesta Ordinanza 31/01/2018 n° 2466
Giurisprudenza
I permessi accordati per l'assistenza di un familiare portatore di handicap, ai sensi dell'art. 33 comma 3 della L. 104 del 1992, concorrono alla determinazione dei giorni di ferie maturati dal lavoratore che ne ha beneficiato. Infatti, la limitazione della computabilità dei permessi di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 3, opera soltanto nei casi in cui essi debbano cumularsi effettivamente con il congedo parentale ordinario - che può determinare una significativa sospensione della prestazione lavorativa - e con il congedo per malattia del figlio, per i quali compete un'indennità inferiore alla retribuzione normale (diversamente dall'indennità per i permessi ex L. n. 104 del 1992, commisurata all'intera retribuzione), risultando detta interpretazione idonea ad evitare che l'incidenza sulla retribuzione possa essere di aggravio della situazione dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l'utilizzazione del permesso (cfr. Cass. 07/07/2014 n. 15345; Cass. n. 14187 del 07/06/2017).
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#computabilitĂ  #cass #cumulare #aggravio #incidenza #disincentivare #accordare #richiamo #limitazione #commisurare
Non è possibile fruire delle ferie in costanza di congedo straordinario - Tribunale TRAPANI - Lavoro Ordinanza 19/01/2017
Giurisprudenza
Finalità e presupposti del congedo ex art. 42 comma 5 del D.Lvo 151/2001 sono da ravvisarsi nella esigenza di assistere in via continuativa il congiunto convivente che si trovi in situazione di handicap grave accertato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. L’espressa volontà del lavoratore di allontanarsi dal luogo ove presta assistenza al congiunto per diversi giorni, sia pure per interessi meritevoli di tutela (nel caso di specie per usufruire di alcuni giorni di ferie), non appare compatibile con l’istituto del congedo ex art.42 comma 5 D.Lvo 151/2001, facendone venir meno il presupposto stesso. Pertanto, non è legittima la fruizione delle ferie in costanza di congedo straordinario.
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#periculum #irreparabilitĂ  #stanchezza #concessogli #cronicizzazione #computabilitĂ  #riesaminare
Corte di Cassazione - Penale Sentenza 01/12/2016 n° 54712
Giurisprudenza
Il dipendente che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 comma 3 della L. n. 104/1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza, quindi, prestare alcuna assistenza alla persona handicappata. Di conseguenza, risponde del delitto di truffa il lavoratore che, avendo chiesto ed ottenuto di poter usufruire dei giorni di permesso retribuiti, li utilizzi per recarsi all'estero in viaggio di piacere, non prestando, quindi, alcuna assistenza. La condotta di chi, durante il periodo in cui usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 comma 3 L. 104/1992 si rechi all'estero in gita di piacere, commettendo quindi il reato di truffa, non può essere considerato un fatto di particolare tenuità. (La S.C. nel confermare l'accertamento del reato ha ritenuto che la formulazione dell'art. 33 L. n. 104/1992 nel testo antecedente alla riformulazione di cui all'art. 24 L. n. 183/2010, nel prevedere la concessione di permessi in favore del familiare che assiste il portatore di handicap con continuità e in via esclusiva, imponeva solo la verifica che l'assistenza fosse prestata con prestata con modalità costanti e con quella flessibilità dovuta anche alle esigenze del lavoratore. Nei giorni di permesso il lavoratore è libero di graduare l'assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze dell'handicappato. Ne segue che e l'assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l'orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell'handicappato. I permessi in questione scostituiscono una agevolazione che consente al beneficiario di usufruire dell'intera giornata per programmare al meglio l'assistenza e potersi ritagliare uno spazio per compiere quelle attività che non sono possibili (o comunque difficili) quando l'assistenza è limitata in ore prestabilite e cioè dopo l'orario di lavoro. Giammai, però, i permessi possono essere considerati come veri e propri periodi feriali dei quali il lavoratore possa disporre a suo piacimento (perché a tal fine è preposto un ben preciso e determinato istituto giuridico), ma solo come un'agevolazione che il legislatore ha concesso a chi è si è fatto carico di un gravoso compito, di poter svolgere l'assistenza in modo meno pressante e, quindi, in modo da potersi ritagliare in quei giorni in cui non è obbligato a recarsi al lavoro, le ore da poter dedicare esclusivamente alla propria persona).
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#reato#permesso #lavoratore #retribuire #usufruire #handicap #assistere #parente #handicappato #agevolazione #ritagliare
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 13/10/2016 n° 20684
Giurisprudenza
L'art. 2, comma 3 ter del D.L. n. 324 del 1993, (convertito con modificazioni in L. n. 423 del 1993) è norma di interpretazione autentica che chiarisce come anche nel settore pubblico, come già nel settore privato, i permessi prevsiti dall'art. 33 comma 3, primo periodo, della L. n. 104 del 1992 e successive modifiche devono intendersi retribuiti, ricomprendendo anche i cc.dd. "compensi incentivanti", il cui pagamento è dovuto unicamente "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti", escludendosi che legittimamente il datore di lavoro pubblico possa rifiutare l'erogazione di tali compensi nei giorni di permesso retribuito di cui all'art. 33 comma 3 L. n. 104 del 1992. E invero la contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, art. 28, comma 1, lett. e) e sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella dei dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti "... anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato" (cfr, art. 23, comma 5), con ciò implicitamente riconoscendo che la "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti" richiesta dalla legge non è limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: questioni retributive#cartolina
Corte di Cassazione - Penale Sentenza 01/12/2016 n° 54712
Giurisprudenza
L'abrogazione della condizione dell'assistenza con continuità e in via esclusiva ad opera della L. n. 183 del 2010, art. 24, non ha mutato la ratio dei permessi retribuiti L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 3 che consiste nell'assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall'età e dalla condizione di figlio dell'assistito. Ne consegue che l'assistenza non è fattualmente ipotizzabile nelle ipotesi in cui il fruitore dei permessi, si disinteressi completamente dell'assistenza, partendo per l'estero: i permessi, infatti, non possono e devono essere considerati come giorni di ferie (perchè a tal fine è preposto un ben preciso e determinato istituto giuridico), ma solo come un'agevolazione che il legislatore ha concesso a chi è si è fatto carico di un gravoso compito, di poter svolgere l'assistenza in modo meno pressante e, quindi, in modo da potersi ritagliarsi in quei giorni in cui non è obbligato a recarsi al lavoro, delle ore da poter dedicare esclusivamente alla propria persona. Pertanto, colui che usufruisce dei permessi retribuiti L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 3, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza, quindi, prestare alcuna assistenza alla persona in stato di handicap grave. Di conseguenza, risponde del delitto di truffa il lavoratore che, avendo chiesto ed ottenuto di poter usufruire dei giorni di permesso retribuiti, li utilizzi per recarsi all'estero in viaggio di piacere, non prestando, quindi, alcuna assistenza.
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#reato#ritagliare #truffa #handicappato #legis #fattualmente #devessere #rago #famigliare #tenuitĂ  #malcostume
Dipendente in congedo parentale che svolge altro lavoro: legittimo il licenziamento - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 11/01/2018 n° 509
Giurisprudenza
Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, att. 32, comma 1, lett. b), nel prevedere - in attuazione della Legge-Delega 8 marzo 2000, n. 53 - che il lavoratore possa astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del figlio ( ora fino a dodici anni a seguito del D.Lgs. n. 80 del 2015), configura un diritto potestativo che il padre-lavoratore può esercitare, con l'onere del preavviso, nei confronti del datore di lavoro, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia. Pertanto, ove si accerti che il periodo di congedo viene invece utilizzato dal padre per svolgere una diversa attività lavorativa, si configura un abuso per sviamento dalla funzione propria del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia. (Nella motivazione, la Suprema Corte ricorda, altresì, che analoghi principi sono stati affermati anche con riferimento alla giusta causa di licenziamento del dipendente che fruisca di permessi ex L. n. 104 del 1992, per attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, violando la finalità per la quale il beneficio è concesso (cfr Cass. n. 4984 del 2014; Cass. n. 8784 del 2015; Cass. n. 5574 del 2016).
Keywords
#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#personale dipendente: maternitĂ  (tutela della) e congedi parentali#cass #congedo #diritto #lavoro #figlio #licenziamento #padre #cpc #lavoratore #permesso
Permessi L.104/1992 e part time verticale - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 29/09/2017 n° 22925
Giurisprudenza
La disciplina di attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale non si configura quale ostacolo alla esclusione dal riproporzionamento del part time verticale in ordine ai permessi mensili di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 3. Ciò premesso, si pone la necessità di evitare che le particolari modalità di articolazione della prestazione lavorativa nel caso di part time verticale si traducano, quanto alla fruizione dei permessi sopra citati, in un irragionevole sacrificio per la parte datoriale. Vi è, quindi, la necessità di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, e di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all'adozione del rapporto di lavoro in part time verticale. In coerenza con tale criterio, appare ragionevole distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell'anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettività di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto. Pertanto, in materia di permessi mensili riconosciuti per assistere un familiare in condizione di grave disabilità, la trasformazione in part time del rapporto di lavoro originariamente a tempo pieno non ha alcun effetto sulla misura dei permessi di cui il lavoratore può fruire, a condizione che la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario. In caso contrario, le ore di permesso dovranno essere proporzionalmente ridotte. (La sentenza, pur non riferita all'impiego pubblico, afferma principi generali applicabili anche ad esso e quindi anche in ambito scolastico. I principi affermati dalla Cassazione si pongono in contrasto con le precedenti interpretazioni di INPS ed l'INPDAP che - in varie circolari - avevano previsto, in caso di part time verticale, la proporzionale riduzione dei permessi)
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#pregnanza #mazza #legis #coretto #nascituro #lontananza #differita #nodo #riproporzionato #adombrare
Corte Costituzionale Sentenza 23/09/2016 n° 213
Giurisprudenza
Ă costituzionalmente illegittimo l'art. 33, comma 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'art. 24, comma 1, lett. a), l. 4 novembre 2010, n. 183, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con handicap in situazione di gravitĂ , in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado. Infatti, la ratio legis del diritto al permesso mensile retribuito consiste nel favorire l'assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare. La salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell'individuo tutelato dall'art. 32 Cost., rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalitĂ  (art. 2 Cost.). E', quindi, irragionevole che nell'elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito ivi disciplinato, non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravitĂ .
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#usl #coniugio #ammortizzatore #legis #invalidare #divorziare #affectio #ricovero #coperto #discrasia
La fruizione dei permessi Legge 104/1992 non decurta le ferie - Corte di Cassazione - Lavoro Ordinanza 07/06/2017 n° 14187
Giurisprudenza
I permessi di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 ( nel caso di specie accordati per l'assistenza al genitore portatore di handicap) concorrono alla determinazione dei giorni di ferie maturati dal lavoratore che ne ha beneficiato, in quanto il diritto alle ferie, assicurato dall’art. 36 Cost., garantisce il ristoro delle energie a fronte della prestazione lavorativa svolta e ciò si rende necessario anche in caso di assistenza ad un invalido, che comporta un aggravio in termini di dispendio di risorse fisiche e psichiche. E' quindi illegittima la decurtazione di giorni di ferie in conseguenza del godimento dei permessi concessi ai sensi della l. n. 104 del 1992, ex art. 33.
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#dispendio #computabilitĂ  #disincentivare #aspa #fontana #conforto #detto
Il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale di alcune procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici - Consiglio di Stato - Sezione Sesta Ordinanza 21/06/2017 n° 3008
Giurisprudenza
Con la presente ordinanza, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato aderisce all’istanza delle ricorrenti e solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, cc. 87-90 della l. 107/2015 e dell’«intero intervento legislativo in questione» per presunta violazione degli artt. 3, 51, c. 1 prima parte, 97, c. 4 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, par. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le norme in questione disciplinano il regime del reclutamento dei dirigenti scolastici, stabilendo le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale e le due categorie di soggetti destinatari, da una parte i già vincitori ovvero coloro i quali risultino utilmente collocati nelle graduatorie (a) e, dall’altra, coloro i quali abbiano avuto una sentenza favorevole ovvero non abbiano avuto una sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della legge in esame (cc. 87, 88) (b). Il c. 89 invece disciplina le graduatorie regionali: queste restano aperte sino alla conclusione della procedura straordinaria ovvero restano aperte le graduatorie ex art. 17, c. 1-bis del d.l. 104/2013 convertito con l. 128/2013 nelle Regioni in cui sono in atto contenziosi relativi al concorso ordinario per il reclutamento dei dirigenti scolastici. Infine, il c. 90 predispone una sessione speciale di esame per una specifica categoria di soggetti. Per il Collegio, tali disposizioni si pongono in contrasto con gli artt. 3, 51, c. 1 prima parte, 97, ult. comma per la disparità di trattamento che viene a crearsi. Inoltre, si tratta di una legge provvedimento che, sebbene in via generale non contraria alla Costituzione, richiede comunque un attento scrutinio di legittimità alla luce del principio di eguaglianza. La normativa in esame si pone in contrasto con l’art. 97, c. 4 Cost perché non rispetta il principio del pubblico concorso, poiché si determina una limitazione irragionevole della possibilità di accesso esterno. Infine, tali disposizioni si pongono in contrasto con il principio dell’equo processo, ex art. 6, par. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, giacché il legislatore interviene in via interpretativa su un processo giurisdizionale in corso, senza motivi di interesse pubblico. In via subordinata, il Collegio solleva questione di legittimità del solo c. 88 dell’art. 1 della l. 107/2015 per presunta violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. in relazione al differente trattamento dei soggetti di cui al punto a) e b).
Keywords
#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#concorso #procedura #reclutamento #indire #contenzioso #partecipare #cost #esame #aprire #colorare
Indennità di maternità fuori nomina - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 24/03/2017 n° 7675
Giurisprudenza
Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 24, comma 2, prevede che le lavoratici che si trovino all'inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione ovvero disoccupate sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità purchè tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni. Con riguardo alla suddetta indennità, l'espressione "senza retribuzione" deve intendersi nel senso che la lavoratrice non ha diritto alla retribuzione in dipendenza dell'assenza e non già quale mero fatto da cui deriva l'esclusione del beneficio E', quindi, necessario che la situazione di mancanza di diritto alla retribuzione in dipendenza dell'assenza, sia stata accertata in maniera definitiva per effetto di un accordo tra le parti del rapporto di lavoro. Pertanto, i periodi di assenza dal lavoro a titolo di aspettativa, congedo o permesso senza retribuzione, giustificati da motivi di famiglia o altre ragioni personali, non sono esclusi dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti al congedo di maternità di cui all’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto le ipotesi di deroga di cui al comma 3 dello stesso articolo (assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità, periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale) hanno un contenuto limitato.
Keywords
#personale dipendente: maternitĂ  (tutela della) e congedi parentali#disoccupata #lavoratici #gestante #calafiore #contiguitĂ  #mammone #coretto
Congedo straordinario per assistere persona portatrice di handicap: è illegittimo il licenziamento del dipendente trovato in alcune occasioni lontano dalla residenza dell’assistito - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 05/12/2017 n° 29062
Giurisprudenza
Il congedo straordinario fruibile per l'assistenza delle persone portatrici di handicap grave, previsto dall'art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151 del 2001, costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria ed il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap. L'assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario non può, tuttavia, intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposo e di recupero delle energie psico -fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile. (Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore in congedo straordinario retribuito per dare assistenza alla madre disabile che era stato trovato in alcune occasioni lontano dall'abitazione materna. La Corte ha, infatti, osservato che non sussiste l'illecito disciplinare in quanto era stato accertato che, ferma la convivenza, il lavoratore comunque prestava assistenza continuativa notturna alla madre disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone, con modalità da considerarsi compatibili con le finalità dell'intervento assistenziale).
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#assistenza #congedo #madre #licenziamento #motivo #comma #fatto #corte #prestare
I tre giorni di permesso ex art. 33 L. 104/1992 non si riproporzionano in caso di part time superiore al 50% - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 20/02/2018 n° 4069
Giurisprudenza
Il permesso mensile retribuito di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, costituisce espressione dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell'assistenza di un parente disabile grave. Si tratta, quindi, di una misura destinata alla tutela della salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell'individuo tutelato dall'art. 32 Cost., che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalitĂ  (art. 2 Cost.). Tenuto conto, pertanto, delle finalitĂ  dell'istituto disciplinato dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno. Emerge la necessitĂ , comunque, di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, anche alla luce del principio di flessibilitĂ  concorrente con quello di non discriminazione, e della esigenza di promozione, su base volontaria, del lavoro a tempo parziale. Appare, pertanto, ragionevole distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell'anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettivitĂ  di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi previsti dall'art. 33 della L. 104 del 1992. (La sentenza, pur non riferita all'impiego pubblico, afferma principi generali applicabili anche ad esso e quindi anche in ambito scolastico. La Cassazione, conformandosi ai principi affermati con la Sentenza n. 22925 del 29 settembre 2017, si pone in contrasto con le precedenti interpretazioni di INPS ed l'INPDAP che - in varie circolari - avevano previsto, in caso di part time verticale, la proporzionale riduzione dei permessi)
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: orario di lavoro#permesso #lavoratore #lavoro #diritto #part #inps #prestazione #disabile #orario
Dottorato di ricerca: un solo congedo durante il lavoro pubblico anche in presenza di piĂą dottorati - Tribunale TRIESTE - Lavoro Ordinanza 11/01/2018
Giurisprudenza
L’art.2, comma 1, della legge n. 476/1984, come modificato dall’art. 19, comma 3, L. 240/2010, nella parte in cui prevede che; ''Non hanno diritto al congedo straordinario con o senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca, né i pubblici dipendenti che siano già iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico , beneficiando di detto congedo" va interpretata alla luce dell’art.3 della Costituzione nel senso che essa osta alla concessione del congedo soltanto laddove il lavoratore ne abbia già beneficiato per conseguire altro titolo di dottorato o per frequentare per almeno un anno accademico i relativi corsi. E' illegittimo il diniego del dirigente scolastico quando il lavoratore, pur già in possesso del dottorato, non abbia mai fruito del relativo congedo. (Attualmente, il beneficio del congedo straordinario viene riconosciuto, (con o senza assegni, ai docenti ammessi ai corsi di dottorato di ricerca italiani o stranieri che ne facciano richiesta alle seguenti condizioni: A) compatibilità con le esigenze dell'amministrazione; B) che il dipendente non abbia già conseguito il titolo di dottore di ricerca, ovvero sia stato iscritto a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando del congedo. Il quadro normativo offre all'interprete diverse letture del significato delle condizioni ostative alla concessione del congedo in favore del pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca. Secondo una prima impostazione, la norma, nell'individuare le due diverse situazioni che escludono la possibilità di ottenere il congedo straordinario, avrebbe inteso collegare una sola di esse alla concessione di un precedente congedo e cioè riferirsi semplicemente: — ai dipendenti che già possiedano un titolo di dottore di ricerca, a prescindere dal fatto che questi abbiano o meno già usufruito del congedo per conseguire il titolo di dottori di ricerca,— a coloro i quali abbiano frequentato per almeno un anno un corso di dottorato di ricerca fruendo di un congedo straordinario. Tale lettura, oltre a essere favorita dalla stessa formulazione legislativa, appare conforme all’interpretazione contenuta nella circolare del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca del 22 febbraio 2011, n. 15 e nella circolare del Dipartimento della funzione pubblica del 7 ottobre 2011, n. 12. In sostanza, il legislatore avrebbe garantito solo l’interesse del lavoratore a conseguire il primo dottorato. Sennonché, Tribunale di Trieste, con l'ordinanza collegiale in commento, afferma diverso principio).
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#congedo #dottorato #gia #ricerca #dottore #beneficiare #corso #dipendente #conseguire #titolo
Tribunale PRATO - Lavoro Sentenza 04/01/2013 n° 441
Giurisprudenza
INVALSI è un ente pubblico che si affianca al MIUR per quanto riguarda il dovere dello Stato di impartire l'istruzione ai sensi dell'art.34 della Costituzione, con specifica competenza a effettuare verifiche periodiche finalizzate a riscontrare le conoscenze degli studenti, assegnata direttamente dall'art.3 della legge 53/2003 lett. b) e dall'art. 17 del D.lgs. 213/09,legge, che non può essere esclusa né da disposizioni del contratto collettivo né da disposizioni di legge precedenti quali il d.lgs. 165/2001 o il d.lgs.297/94. La scuola, quale luogo deputato dall'art.34 Cost. per la somministrazione dell'istruzione, è la sede di svolgimento delle prove di verifica INVALSI, la cui effettuazione non può essere condizionata da una apposita previsione del Collegio docenti, posto che le decisioni in merito sono attribuite al MIUR e non ai singoli istituti scolastici. L'attività di somministrazione e correzione delle prove INVALSI rientra tra le attività previste dall'art. 29 del CCNL per il corpo docente: l'attività relativa alla correzione è inquadrabile come funzionale all'insegnamento mentre la fase di somministrazione in orario di ordinaria attività di servizio, rientra nell'attività di vigilanza degli studenti, prevista dall'art.29 comma 5 CCNL.
Keywords
#obbligo scolastico e formativo#ordinamenti scolastici#organi collegiali#personale docente#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#invalsi#valutazione del sistema scolastico e di formazione#correzione #effettuazione #affiancare #miur #corpo #impartire #condizionare #comparizione #orario #convenire
Legittima la legge vaccini - Corte Costituzionale Sentenza 18/01/2018 n° 5
Giurisprudenza
La Corte costituzionale dichiara non fondate o inammissibili le questioni di legittimità promosse contro il d.l. n. 73/2017 e la legge di conversione n. 119/2017, che vanno a riformare il sistema vaccinale italiano. Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 6-ter del d.l. n. 73/2017 per difetto argomentativo. La Corte poi dichiara cessata la materia del contendere per tutte quelle disposizioni impugnate nel primo ricorso relativo al d.l. n. 73/2017, poi modificate in sede di conversione. Per la Corte la materia del contendere cessa di fronte al carattere satisfattivo dello ius superveniens, alla soppressione delle disposizioni censurate e «quando non è prevista alcuna salvezza degli effetti eventualmente prodottisi». In riferimento all’oggetto del giudizio, la Corte dichiara cessata la materia del contendere in relazione all’art. 1, c. 1, lett. g e h e cc. 4, 5 del d.l. n. 73/2017. L’art. 1, c. 5 – relativo alla segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale minorenni da parte dell’ASL, decorsi inutilmente i termini di cui al c. 4 – è stato soppresso. L’art. 1, c. 4, invece, è stato profondamente modificato: è stato infatti introdotto un previo colloquio personale presso l’ASL e una drastica riduzione delle sanzioni amministrative. Per la Corte la modifica parziale determina la cessazione della materia del contendere. Lo stesso deve dirsi per la modifica apportata all’art. 1, c. 1, lett. g e h in relazione all’elenco delle vaccinazioni obbligatorie e facoltative. Il Giudice dichiara non fondate le questioni di legittimità sollevate in relazione all’intero testo del d.l. n. 73/2017 e degli artt. 1, cc. 1, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73/2017 in relazione all’art. 77 Cost che detta la disciplina del decreto legge. Per la Corte è chiaro che i presupposti di necessità e urgenza – funzionali alla validità del decreto legge – sono oggetto di sindacato di legittimità, ma quest’ultimo deve limitarsi alla «evidente mancanza di tali presupposti». Per la Corte Governo e Parlamento non hanno ecceduto «i limiti dell’ampio margine di discrezionalità […] nel valutare i presupposti di straordinaria necessità e urgenza». Per quanto riguarda le questioni sollevate in relazione alle garanzie costituzionali dell’autonomia legislativa e amministrativa regionale (artt. 5, 117, cc. 2, 3 e 118 Cost.) la Corte dichiara in parte la inammissibilità e in parte la non fondatezza delle questioni. «Sono inammissibili per carenza e genericità della motivazione le censure riferite agli artt. 5 e 118 Cost. Sono invece non fondate le doglianze relative all’art. 117, cc. 3, 4 Cost. Per la Corte la questione dei vaccini tocca una pluralità di materie, alcune delle quali anche di competenza regionale. Tuttavia, l’obbligo vaccinale incide prima di tutto su principi fondamentali in materia di tutela della salute, di competenza statale. Per il Giudice delle leggi «il diritto della persona di essere curata efficacemente […] deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso la legislazione generale dello Stato». La Corte poi specifica che le disposizioni relative all’iscrizione e agli adempimenti scolastici sono norme generali sull’istruzione ex art. 117, c. 2 lett. n Cost. che hanno la funzione di garantire la sicurezza della frequenza scolastica in termini di salute. Per queste ragioni le competenze regionali sono recessive. Infine, la Corte dichiara la inammissibilità delle questioni relative alla violazione degli artt. 31, 32, 34 e 97 Cost. per carenza assoluta di motivazione, e non fondate le questioni relative alla violazione degli artt. 2, 3, 32 Cost. Il Giudice delle leggi, dopo aver ricordato che l’art. 32 Cost. richiede il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo e della collettività, specifica che una legge impositiva di un trattamento obbligatorio non è incompatibile con il dettato dell’art. 32 Cost. A questo bilanciamento deve aggiungersi la considerazione dell’interesse del minore. Alla luce di questi distinti principi, e in considerazione del contesto, il legislatore deve agire nello spazio di discrezionalità che gli compete. La preoccupante flessione delle coperture vaccinali ha spinto il legislatore a passare dalla raccomandazione all’obbligo vaccinale. Tale scelta è ragionevole e bilanciata alla luce di plurime considerazioni: i dati statistici relativi alla popolazione vaccinata, la distinzione medica tra obbligo e raccomandazione e la centralità assegnata all’informazione. Infine, la Corte dichiara non fondata la questione relativa alla violazione degli artt. 81, c. 3 e 119 Cost.
Keywords
#scuola e salute#vaccinare #vaccinazione #regione #copertura #cost #vaccino #comma #legge #salute
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 01/02/2013 n° 2422
Giurisprudenza
Ai sensi dell'art. 2 della L. n. 476 del 1984, come modificato dall'art. 19, comma 3, della legge n. 240 del 2010, il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, che ne fa domanda, è collocato in congedo straordinario, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, senza la necessità che l'oggetto del corso del dottorato di ricerca presenti una connessione con le mansioni svolte. Infatti, la normativa in questione contempera il diritto allo studio del pubblico dipendente con l'interesse della pubblica amministrazione, che abbia ritenuto compatibile con le proprie esigenze quelle del lavoratore a conseguire il dottorato di ricerca, stabilendo una condizione di stabilità del rapporto di pubblico impiego attraverso la previsione della permanenza in servizio del dipendente medesimo presso l'amministrazione di appartenenza per almeno due anni, una volta conseguito il dottorato, pena la restituzione degli importi percepiti.
Keywords
#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#policlinico #codacci #magnano #ricuocere #candito #marina #manna
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 16/10/2017 n° 24372
Giurisprudenza
Il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 509 comma 5 , nel testo originario (applicabile alla fattispecie ratione temporis), prevedeva, al quinto comma, la facoltà per il personale docente, come alla generalità dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età previsti per il collocamento a riposo. Il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16 aveva ribadito la facoltà per i dipendenti civili dello Stato di rimanere in servizio oltre i limiti di età per un periodo massimo di un biennio. La norma, peraltro, è stata oggetto di plurimi interventi normativi e con il D.L. n. 112 del 2008 è stato previsto che, a fronte della domanda di trattenimento, è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. Pertanto, la disciplina applicabile alla generalità dei dipendenti pubblici subordina il trattenimento ad una valutazione discrezionale della P.A., mentre quella speciale dettata dal T.U. n. 297 del 1994 legittima la protrazione del rapporto solo in presenza delle condizioni richieste dall'art. 509, commi 2 e 3. E', quindi, necessario che il trattenimento sia finalizzato o a consentire il raggiungimento della contribuzione minima richiesta per accedere al trattamento pensionistico, ed in tal caso sarà limitato al tempo sufficiente per la maturazione del requisito, o per permettere, ai soli dipendenti già in servizio nell'anno 1974, di conseguire la massima anzianità contributiva. Infine, dal punto di vista della legittimità costituzionale, l'art. 38 Cost. tutela solo il conseguimento del minimo pensionistico mentre non godono di eguale protezione costituzionale l'incremento del trattamento di quiescenza o il raggiungimento dell'anzianità massima contributiva. ( Nel caso di specie la Cassazione ha confermato la Sentenza con la quale, la Corte di Appello di Napoli, adita con reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58, aveva respinto il gravame proposto da una dipendente avverso la sentenza del Tribunale di Nola che, all'esito della fase di opposizione, aveva rigettato l'impugnazione dell'atto di collocamento a riposo per superamento dei limiti massimi di età. La Cassazione ha osservato che la normativa rilevante ai fini di causa era stata correttamente applicata dall'Amministrazione che, ricevuta l'istanza della dipendente, aveva consentito il trattenimento in servizio solo ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 509, comma 3, e, quindi, per il periodo necessario alla maturazione del requisito contributivo minimo, mentre l'aveva respinta per il resto. Per completezza si osserva che ( cfr anche Nota MIUR n. 38646 del 7 dicembre 2016) il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 ha abolito l’istituto del trattenimento in servizio oltre i limiti di età. Nello specifico, è stato abrogato l’articolo 16 del decreto legislativo n. 30 dicembre 1992, n. 503 e di conseguenza anche il comma 5 dell’articolo 509 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 che ad esso si richiamava. L’articolo 1, comma 257, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha tuttavia previsto che, al fine di assicurare continuità alle attività previste negli accordi sottoscritti con scuole o università dei Paesi stranieri, il personale della scuola impegnato in innovativi e riconosciuti progetti didattici internazionali svolti in lingua straniera, al raggiungimento dei requisiti per la quiescenza, possa chiedere di essere autorizzato al trattenimento in servizio retribuito per non più di due anni. Il trattenimento in servizio è autorizzato, con provvedimento motivato, dal dirigente scolastico e dal direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale. Nulla è, invece, innovato rispetto al comma 3 del citato articolo 509 che disciplina i trattenimenti in servizio per raggiungere il minimo ai fini del trattamento di pensione).
Keywords
#personale dipendente: cessazione dal servizio e trattamento di quiescenza#trattenimento #servizio #etĂ  #comma #anzianitĂ  #dipendente #anno #corte #assenso
Operazioni di mobilità e benefici ex L. 104/1992; il titolare del diritto non è obbligato a scegliere la sede più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza - Corte di Cassazione - Lavoro Ordinanza 30/03/2018 n° 7981
Giurisprudenza
L'art. 33 comma 5 della Legge n. 104 del 1992 si limita ad attribuire al lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti) il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede ma non obbliga assolutamente il titolare del diritto a scegliere la sede che appaia più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza. Pertanto, il dipendente ATA che partecipa alle operazioni di mobilità non può dolersi in alcun modo dell'eventuale violazione della disposizione di cui al citato art. 33 comma 5 in danno del soggetto avente diritto alla scelta della sede più prossima al domicilio della persona da assistere. ( L'attuale CCNI sulla mobilità all'art. 40 prevede, per il personale ATA, la precedenza nelle operazioni di mobilità per l'assistenza al coniuge ed al figlio con disabilità nonchè per l' assistenza da parte del figlio referente unico al genitore con disabilità. Il successivo art. 41 prevede che il personale ATA (parente, affine o affidatario) che intende assistere il familiare ai sensi dell’art. 33, commi 5 e 7, della Legge n. 104/92, in qualità di referente unico, non è destinatario di una precedenza nell’ambito delle operazioni di mobilità; al fine di realizzare l’assistenza al familiare disabile, il personale interessato partecipa alle operazioni di utilizzazione e/o di assegnazione provvisoria, usufruendo della precedenza che sarà prevista dal CCNI sulla mobilità annuale).
Keywords
#personale ata#personale dipendente: trasferimento#mobilitĂ  #assistere #sede #comma #ccni #operazione #coniuge #ricorso #assistenza #scegliere
Congedo per dottorato di ricerca e trattamento retributivo - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 03/05/2017 n° 10695
Giurisprudenza
Sussiste una diversità di disciplina dei congedi straordinari per svolgimento di corsi di dottorato prima e dopo il 1/1/2002, data di entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 che ha riformato la legge n. 476 del 1984. Prima del gennaio 2002 l'amministrazione pubblica di appartenenza non doveva pagare alcun emolumento economico al dipendente posto in congedo straordinario, godendo - il dipendente stesso - di borsa di studio. La legge n. 448 del 2001, art. 52, comma 57, ha, invece, previsto espressamente il pagamento del trattamento economico per i dipendenti pubblici ammessi al dottorato di ricerca senza borsa di studio. Nello stesso tempo, è stato previsto l'obbligo di restituzione nel caso in cui, pur avendo il dipendente frequentato l'intero corso di studi e conseguito il titolo di dottore di ricerca, di sua volontà si dimetta nei due anni successivi. Pertanto, la riforma del 2001 ha ritenuto di contemperare il diritto allo studio del pubblico dipendente con l'interesse della pubblica amministrazione stabilendo, da una parte, l'incondizionata erogazione di un emolumento economico (la borsa di studio o la retribuzione) e, dall'altra, una condizione di stabilità del rapporto di pubblico impiego. (Nel senso che prima dell'entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 era possibile usufruire solamente dell'aspettativa senza retribuzione si veda Cass. 2/9/2013, n. 21625).
Keywords
#personale dipendente: questioni retributive#rienzo #boghetich #pascal #tesaurizzare
Riposi e permessi per i figli con handicap grave (legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 42
Normativa

1.  Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.

2.  Il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto, in alternativa alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese.

[3.  (1)]

4.  I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.

5.  Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi. (2)

5-bis.  Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto.

5-ter.  Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.

5-quater.  I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.

5-quinquies.  Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

6.  I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

(1) Comma abrogato dall'art. 24, comma 2, lett. b), L. 4 novembre 2010, n. 183, con effetto a decorrere dal 24 novembre 2010.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 3 - 18 luglio 2013, n. 203 (pubblicata sulla Gazz. Uff. 24 luglio 2013, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l'affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, mentre ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, della Costituzione, nella parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».

Keywords
#congedo #fruire #handicap #comma #figlio #permesso #decesso #invalidare #diritto #gravitĂ 
Adozioni e affidamenti (legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 45
Normativa

1.  Le disposizioni in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia.

2.  Le disposizioni di cui all'articolo 42 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento di soggetti con handicap in situazione di gravità.

2-bis.  Le disposizioni di cui all'articolo 42-bis si applicano, in caso di adozione ed affidamento, entro i primi tre anni dall'ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall'età del minore.

Keywords
#affidamento #adozione #minore #ingresso #legge #famiglia #applicare #febbraio #comma
Adozioni e affidamenti (legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 50
Normativa

1.  Il congedo per la malattia del bambino di cui al presente Capo spetta anche per le adozioni e gli affidamenti.

2.  Il limite di età, di cui all'articolo 47, comma 1, è elevato a sei anni. Fino al compimento dell'ottavo anno di età si applica la disposizione di cui al comma 2 del medesimo articolo.

3.  Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino è fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare alle condizioni previste dall'articolo 47, comma 2.

Keywords
#affidamento #adozione #etĂ  #anno #malattia #bambino #congedo #comma #minore #marzo
Congedo per la malattia del figlio (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30, comma 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 47
Normativa

1.  Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni.

2.  Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.

3.  La certificazione di malattia necessaria al genitore per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 è inviata per via telematica direttamente dal medico curante del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, che ha in cura il minore, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, utilizzando il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia di cui al decreto del Ministro della salute in data 26 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010, secondo le modalità stabilite con decreto di cui al successivo comma 3-bis, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, al datore di lavoro interessato e all'indirizzo di posta elettronica della lavoratrice o del lavoratore che ne facciano richiesta.

3-bis.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro il 30 giugno 2013, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sono adottate, in conformità alle regole tecniche previste dal Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le disposizioni necessarie per l'attuazione di quanto disposto al comma 3, comprese la definizione del modello di certificazione e le relative specifiche.

4.  La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2.

5.  Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.

6.  Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

Keywords
#malattia #genitore #congedo #ministro #figlio #comma #certificazione #astenere #lavoro #decreto
Trattamento previdenziale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 5; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 44
Normativa

1.  Ai periodi di riposo di cui al presente Capo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 2.

2.  I tre giorni di permesso mensile di cui all'articolo 42, commi 2 e 3, sono coperti da contribuzione figurativa.

Keywords
#comma #legge #febbraio #dicembre #contribuzione #coprire #permesso #trattamento #riposo
Oggetto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 1
Normativa

1.  Il presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.

2.  Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.

Keywords
#paternitĂ  #legge #maternitĂ  #oggetto #comma #marzo #dicembre #permesso #riposo
Prolungamento del congedo (legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 20) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 33
Normativa

1.  Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

2.  In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42, comma 1.

3.  Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4.  Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi dell'articolo 32.

Keywords
#prolungamento #congedo #genitore #alternativa #legge #febbraio #bambino #periodo #comma
Misura dell'indennità (legge 29 dicembre 1987, n. 546, articoli 3, 4 e 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 68
Normativa

1.  Alle coltivatrici dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa, una indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione minima giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato, come prevista dall'articolo 14, comma 7, del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, in relazione all'anno precedente il parto.

2.  Alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliere pari all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo 1.

2-bis.  Alle pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto una indennità giornaliera pari all'80 per cento della massima giornaliera del salario convenzionale previsto per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne dall'articolo 10 della legge 13 marzo 1958, n. 250, come successivamente adeguato in base alle disposizioni vigenti.

3.  In caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, su certificazione medica rilasciata dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, è corrisposta una indennità giornaliera calcolata ai sensi dei commi 1 e 2 per un periodo di trenta giorni.

Keywords
#pesca #acqua #autonomo #imprenditrice #pescatore #mezzadre #medicare #colono #operaio
Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 32
Normativa

1.  Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a)  alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b)  al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;

c)  qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

1-bis.  La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo.

1-ter.  In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.

2.  Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

3.  Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.

4.  Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4-bis.  Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.

Keywords
#congedo #genitore #fruizione #frazionare #periodo #mese #comma #astenere #base #modalitĂ 
Trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 22
Normativa

1.  Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.

2.  L'indennità di maternità, comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.

3.  I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.

4.  I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.

5.  Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.

6.  Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.

7.  Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale. (1)

(1) Per l'applicazione delle disposizioni del presente articolo, si veda il D.M. 12 luglio 2007.

Keywords
#maternitĂ  #indennitĂ  #mobilitĂ  #periodo #legge #luglio #computare #congedo #dicembre #comma
Adozioni e affidamenti (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 36
Normativa

1.  Il congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento.

2.  Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.

3.  L'indennità di cui all'articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.

Keywords
#legge #affidamento #minore #comma #adozione #ingresso #congedo #etĂ  #famiglia
Flessibilità del congedo di maternità (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4-bis; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 2) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 20
Normativa

1.  Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

2.  Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del comma 1.

Keywords
#maternitĂ  #flessibilitĂ  #congedo #parto #lavoro #legge #nascituro #mese #gestante
Trattamento economico e normativo (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 8; legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4; decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, art. 2, comma 3-ter) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 43
Normativa

1.  Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo è dovuta un'indennità, a carico dell'ente assicuratore, pari all'intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L'indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all'ente assicuratore.

2.  Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 34, comma 5.

Keywords
#legge #permesso #riposo #indennitĂ  #comma #convertire #ottobre #febbraio #conguaglio
Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 69
Normativa

1.  Alle lavoratrici di cui al presente Capo, madri di bambini nati a decorrere dal 1° gennaio 2000, è esteso il diritto al congedo parentale di cui all'articolo 32, compresi il relativo trattamento economico e il trattamento previdenziale di cui all'articolo 35, limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino.

1-bis.   Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari.

Keywords
#madre #lavoratrice
Documentazione (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, comma 5, e 28) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 21
Normativa

1.  Prima dell'inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all'articolo 16, lettera a), le lavoratrici devono consegnare al datore di lavoro e all'istituto erogatore dell'indennità di maternità il certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.

1-bis.  Il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto deve essere inviato all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, secondo le modalità e utilizzando i servizi resi disponibili dall’INPS.

2.  La lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

2-bis.  La trasmissione all'INPS del certificato di parto o del certificato di interruzione di gravidanza deve essere effettuata esclusivamente per via telematica dalla competente struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità e utilizzando i servizi resi disponibili dall’INPS.

[2-ter.  (1)]

[2-quater. (1)]

(1) Comma abrogato dall'art. 61, comma 8, lett. c), D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179, con effetto a decorrere dal 14 settembre 2016, stante quanto disposto dall’ art. 66, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 179/2016.

Keywords
#certificato #inps #parto #presumere #gravidanza #servizio #indicare #data #lavoratrice #dicembre
Disposizioni abrogate (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2; legge 29 dicembre 1987, n. 546, articolo 9; legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 15 e 17, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 86
Normativa

1.  Restano abrogate le seguenti disposizioni:

a)  gli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653;

b)  la legge 26 agosto 1950, n. 860.

2.  Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni legislative:

a)  la legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni;

b)  il secondo comma dell'articolo 3; i commi 1 e 2, lettere a) e b), dell'articolo 5; gli articoli 6, 6-bis, 6-ter e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;

c)  la lettera n) del comma 3 dell'articolo 31 e l'articolo 39-quater della legge 4 maggio 1983, n. 184, nonché le parole "e gli articoli 6 e 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di cui al comma precedente" del secondo comma dell'articolo 80 della legge 4 maggio 1983, n. 184;

d)  il comma 4 dell'articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41;

e)  la legge 29 dicembre 1987, n. 546;

f)  l'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, così come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1994, n. 433;

g)  la legge 11 dicembre 1990, n. 379;

h)  l'articolo 8 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166;

i)  il comma 1 dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

j)  i commi 1 e 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503;

k)  i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;

l)  il comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566;

m)  l'articolo 69 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;

n)  l'articolo 2 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;

o)  il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645;

p)  il comma 15 dell'articolo 8 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468;

q)  l'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, così come modificato dagli articoli 50 e 63 della legge 17 maggio 1999, n. 144;

r)  i commi 1, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;

s)  i commi 2 e 3 dell'articolo 4 e i commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24;

t)  il comma 5 dell'articolo 3, il comma 4-bis dell'articolo 4 e l'articolo 10 e i commi 2 e 3 dell'articolo 12, salvo quanto previsto dalla lettera dd) dell'articolo 85 del presente testo unico, e l'articolo 14 della legge 8 marzo 2000, n. 53;

u)  i commi 10 e 11 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

3.  Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate le seguenti disposizioni regolamentari:

a)  gli articoli 1, 11 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.

3-bis.   Le disposizioni di cui agli articoli 17 e 18 della legge 8 marzo 2000, n. 53, non si applicano con riferimento ai congedi disciplinati dal presente testo unico.

Keywords
#articolo #legge #dicembre #comma #decreto #marzo #decretolegge #maggio #testo #abrogare
Trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 48
Normativa

1.  I periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

2.  Si applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.

Keywords
#gratifica #mensilitĂ  #dicembre #computare #trattamento #anzianitĂ  #comma #figlio #malattia
Personale militare (decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 2, e 5, commi 2 e 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 58
Normativa

[1.

2.

3. (1)]

(1) Articolo abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 994), D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con effetto a decorrere dal 9 ottobre 2010.

Keywords
#comma #gennaio #personale #decreto #ottobre #marzo #abrogare #decorrere #effetto
Divieto di licenziamento (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 54
Normativa

1.  Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

2.  Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.

3.  Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:

a)  di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;

b)  di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;

c)  di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;

d)  di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.

4.  Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda di cui al comma 3, lettera b).

5.  Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo.

6.  E' altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore.

7.  In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all'articolo 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.

8.  L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da euro 10.032 a euro 2.582. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

9.  Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ai sensi dell'articolo 31, terzo comma, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

Keywords
#licenziamento #divieto #lavoratrice #comma #legge #reparto #azienda #bambino #congedo
Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 16
Normativa

1.  E' vietato adibire al lavoro le donne:

a)  durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;

b)  ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c)  durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20; (1)

d)  durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.

1-bis.  Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 4-7 aprile 2011, n. 116 (pubblicata nella Gazz. Uff. 13 aprile 2011, n. 16 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare.

Keywords
#parto #data #adibire #donna #congedo #giorno #lavoro #mese #presumere #maternitĂ 
vedi tutto
Rinnovo delle RSU
Circolare 22 dicembre 2011, n. 4
Pagina: 56
Keywords
#anteporre #reviviscenza #fissitĂ  #cugino #sovvenire #pronunciamento
Riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi
Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119
Pagina: 7
Keywords
#sottoposizione #anch #dialisi #aborto #riprova #cinquanta #morte
vedi tutto

Il DS può beneficiare dei permessi ex art. 3, comma 3, della L. 104/92?

©2002-2024 Italiascuola.it s.r.l., Via Bernini 22/A - 43100 Parma - e-mail info@italiascuola.it - P.I. 06851861002 Testata giornalistica (Reg. al Trib. di Roma n. 120/2002 del 27 marzo 2002) ISSN 2465-2504.
Direttore responsabile: Ruggero Cornini. Ente accreditato per la formazione del personale della scuola con Decreto MIUR del 21-03-2016
Sede legale
Viale del Policlinico n. 129/A Roma (RM) - Iscritta al Registro Imprese di: ROMA C.F. e numero iscrizione: 06851861002 Iscritta al R.E.A. di ROMA al n.994736 Capitale Sociale sottoscritto: 100.000 Interamente versato Partita IVA: 06851861002

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalitĂ  illustrate nella COOKIE POLICY.

Gentile utente, se vede questo messaggio è possibile che ci sia un problema con l’account che sta utilizzando per accedere a Italiascuola.it.

Per verificare che abbiate un utente abilitato, cliccate sul vostro nome in alto a destra. L'account abilitato sul quale cliccare presenterĂ  l'icona "ITLS" sulla sinistra.

Se siete abbonati ai servizi telematici di Italiascuola.it, la prima volta che accedete al nuovo sito dovete inserire le vostre vecchie credenziali (username e password) e seguire la procedura di conferma dati. Troverete le istruzioni utili per eseguire l’autenticazione qui. Se avete già effettuato il primo accesso al nuovo sito e non riuscite più a entrare, oppure se non siete abbonati e volete scoprire come si fa, scriveteci pure a assistenza@italiascuola.it e vi aiuteremo. Grazie!