
Area Tematica: Sicurezza
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Alunni: infortuni
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A seguito di infortunio in palestra di alunno di classe prima scuola secondaria di primo grado, ricevo comunicazione da parte di mamma di altra alunna, sempre di classe prima ma di altra sezione, la quale "comunica" che esonera sua figlia dalle attività di educazione fisica fino a quando non riceva comunicazione scritta dalla scuola che la struttura rispetta tutte le norme di sicurezza (compresa la protezione di tutti gli spigoli ad esempio di panche o altro) e quelle igienico sanitarie.
Preciso: l'infortunio è avvenuto in palestra che è abbondantemente fornita di protezioni per varie fonti di pericolo; su richiesta del sottoscritto sono state applicate dall'amministrazione comunale protezioni ai pali di sostegno della rete di pallavolo, all'argano della stessa, alle maniglie di comando dei sistemi di apertura a distanza dei finestroni, cioè alle principali fonti di rischio presenti.
Stessa lettera è stata inviata all'assessorato ........... e pubblicata su...........
L'infortunio è avvenuto nel seguente modo: .................................................................................................
Verificato che neppure le protezioni esistenti e attività correttamente e attentamente svolte dai docenti sono valse ad evitare un pur piccolo danno (3 punti di sutura) e un grandissimo spavento per l'alunno e per la famiglia, si è provveduto immediatamente a richiedere ulteriori protezioni anche per quelle poche parti della palestra rimaste non imbottite.
Tralasciando ogni considerazione sulla necessità di una riflessione didattica rispetto al riconoscimento del pericolo e al grado di autonomia dei nostri ragazzi, aggiungo:
io (e non il genitore) dovrei concedere solo in determinati casi l'esonero dalle attività pratiche di ed. fisica, specificatamente per certificati motivi di salute; del resto non so come valutare la legittimità della richiesta della mamma rispetto a una dichiarazione scritta sul rispetto delle norme di sicurezza ed igienico sanitarie (la palestra è pulitissima, ma immagino che qui ci si riferisca anche ad altri parametri); la mia risposta non può che essere positiva visto che le attività si svolgono da tempo in questo modo e che l'infortunio in questione è avvenuto in modo del tutto occasionale e difficilmente ripetibile.
Le ulteriori protezioni verranno istallate solo tra qualche mese (per motivi di bilancio comunale) e il genitore in questione continua a protestare per il fatto che le lezioni proseguono con la non partecipazione di sua figlia che si è autodichiarata esonerata all'insegnante.
Quale linea di condotta mi suggerite? Io ho pensato di non rispondere e proseguire, in attesa degli adeguamenti, prendendo atto della non volontà della famiglie e della bambina di partecipare alle attività pratiche. E' chiaro che questo comporta vari problemi, compreso quello della valutazione delle attività, almeno fin quando non siano effettuati i lavori di completa neutralizzazione dell'ambiente circostante al lavoro dei nostri allievi. Sorvolo sul fatto che dovrei porre almeno un paio di ulteriori quesiti riferiti allo stesso soggetto, fatto che però può far comprendere come il problema posto sopra non possa risolversi in base a un costruttivo senso di collaborazione.
La situazione descritta è senza dubbio anomala.
Tralasciando ogni considerazione circa il corrosivo clima di sfiducia che progressivamente erode le relazioni scuola famiglia, la redazione è ben consapevole del fatto che, a rigore, la scuola non dovrebbe farsi carico di garantire per iscritto, a ciascun genitore, la sicurezza della palestra e di ogni altro locale dove viene praticata l’attività didattica.
Tuttavia, l’unilaterale e allarmista determinazione genitoriale rischia di creare un rischioso precedente per almeno due ordini di considerazioni:
- ingenera il convincimento secondo cui i genitori abbiano facoltà di interferire pesantemente sull’ordinario svolgimento delle attività didattiche, arbitrariamente esentando i figlie dalla frequenza di una materie obbligatoria (l’esonero è chiesto dai genitori e disposto dalla scuola, in specie dal dirigente scolastico);
- diffonde, specie se non adeguatamente riscontrata, un senso di allarme e sfiducia circa la sicurezza di un locale dell’edificio scolastico: invero, ignorare l’accaduto potrebbe essere maliziosamente interpretato quale implicito atto di ammissione dell’inadeguatezza della palestra, indebolendo la posizione dell’amministrazione laddove, malauguratamente, dovesse verificarsi un ulteriore infortunio. Del resto, come insegna la consolidata giurisprudenza in tema di violazione delle norme di prevenzione degli infortuni, delle due l’una: il locale è a norma e può ospitare le attività; oppure non lo è, con l’obbligo di renderlo immediatamente inaccessibile ai minori fino alla data in cui l’ente locale lo avrà messo in sicurezza.
Alla luce di quanto precede, si suggerisce di scrivere agli esercenti la responsabilità genitoriale una nota modellata nei seguenti termini.
Ai genitori dell’allieva …
Questo istituto ha riscontrato che l’allieva …, iscritta presso la classe … della sez. … ha smesso di frequentare le lezioni di educazione fisica e ciò sulla base di un esonero unilateralmente rilasciato dalle S.V. motivato con riferimento alla presunta pericolosità della palestra.
Corre pertanto l’obbligo di significare alle S.V. che i locali della palestra sono conformi a tutti i parametri di sicurezza previsti dall’ordinamento, non potendosi certo inferire il contrario da un recente infortunio che, per quanto spiacevole, rappresenta un inevitabile caso fortuito.
Il fatto che si sia provveduto a programmare ulteriori interventi di protezione degli arredi risponde pertanto a un estremo scrupolo dell’amministrazione scolastica e non legittima affatto giudizi frettolosi quanto ingiustificati.
Alla luce di quanto precede, si significa alle Signorie Vostre che le assenze dell’allieva, preannunciate unilaterlamente con lettera di data …, in quanto non motivate con riferimento a documentate condizioni fisiche e/o psicofisiche tali da rendere l’interessata inidonea totalmente o parzialmente, in via transitoria o permanente, a svolgere determinate prestazioni motorie, non potranno che essere considerate ingiustificate, con tutte le inevitabili conseguenze del caso.
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Sentenza 08/04/2016 n° 6844
Area: Giurisprudenza

L’attività sportiva riferita al gioco del calcio non costituisce attività pericolosa, in ragione della natura della disciplina, che privilegia l’aspetto ludico, pur consentendo, con la pratica, l’esercizio atletico, così da essere normalmente praticata nelle scuole di tutti i livelli come attività di agonismo non programmatico finalizzato a dare esecuzione a un determinato esercizio fisico, tanto da rimanere irrilevante, ai fini della possibile responsabilità dell’insegnante di educazione fisica e dell’istituto scolastico, anche ogni indagine volta a verificare se la medesima attività faccia, o meno, parte dei programmi scolastici ministeriali (Cass., 19 gennaio 2007, n. 1197; Cass., 27 novembre 2012, n. 20982). Il pallone di calcio non può essere considerato, in sé per sé, un mezzo pericoloso, ossia un mezzo tale da presentare “connotati tipici di pericolosità eccedenti livello del normale rischio connesso all’ordinario esercizio” dell’attività medesima (cfr. Cass., 27 febbraio 1984, n. 1393), da rilevarsi in base a dati statistici, a elementi tecnici e alla comune esperienza (Cass., 21 dicembre 1992, n. 13530; Cass. n. 10551 del 2002). Non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla, senza danno fisico, in favore di quello dei contendenti che se ne serve, se non è in concreto connotata da un grado di violenza e irruenza incompatibili col contesto ambientale e con l'età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco (Cass., 14 ottobre 2003, n. 15321). (La S.C. ha confermato la sentenza della Corte d'Appello de L'Aquila di rigetto della domanda risarcitoria proposta dai genitori di un alunno per i danni subiti dal minore, colpito a un occhio da una pallonata nel corso di una partita di calcio svolta a scuola durante l'ora di educazione fisica, riscontrando come l’evento lesivo -pallone calciato da altro allievo a breve distanza dal volto dell’avversario- si sia determinato nel corso di una normale azione di gioco del calcio, rientrante nella normalità della pratica, non essendo la pallonata da ricondursi a una iniziativa violenta del praticante nei confronti dell’avversario, né risultando esaltata dai rilevati spintonamenti che, in via concomitante, altri giocatori si stavano dando, ma in un’altra zona del terreno, diversa da quella in cui si stava svolgendo in quel momento l’azione. La Corte ha altresì riscontrato che tale azione di gioco non era stata causata o anche indirettamente accentuata da una complessiva situazione comportamentale degenerata e andata fuori controllo per l'assenza dell’insegnante durante l’azione ed il calcio della palla, ossia rispetto all’azione materiale di danno, in quanto lo stesso, in base all’id quod plerumque accidit, non avrebbe potuto immaginare la portata lesiva del tiro, né tantomeno frapporsi tra detto tiro e l'alunno colpito per evitare l’impatto. Nè alun rilievo causale ha avuto, rispetto al fatto la condizione dell’oggetto usato per la partita -un pallone vecchio con pretese sfilacciature-, giacché la lesione patita dal danneggiato non era stata determinata da una propria sporgenza o dalla superficie logora del pallone, bensì dall’impatto a distanza ravvicinata della sfera in sé per sé, con il volto del giocatore avversario che era collocato nei pressi dell’avversario).
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#pallonata #sporgenza #calciare #cuoio #agonismo #pressi #praticante #irruenza #immaginare #connotati
Sentenza 13/04/2010 n° 4958
Area: Giurisprudenza

E' nullo, perchè emesso da un'autorità amministrativa priva già in astratto di competenza, il provvedimento con cui il Comune ha ordinato di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole e negli uffici pubblici del Comune, prevedendo una sanzione amminsitrativa nei confronti dei trasgressori, consdierato che l'art. 119 (e tabella C allegata) R.d. 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare), e l'art. 118 R.d. 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), si limitano ad includere il Crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche, la cui fornitura è carico del Comune, con un connesso onere di natura finanziaria, ma senza che tali disposizioni attribuiscano , a tale amministrazione, un potere di organizzazione delle istituzioni scolastiche, o di disciplina dei locali ove le stesse risultano allocate. Nè tale potere è attribuito dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125), recante "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" o dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", che attribuiscono ai Sindaci poteri relativi all'organizzazione ed alla gestione delle istituzioni statali ricadenti sul territorio comunale, che vanno causalmente sussunti nell'ambito della finalità di protezione della sicurezza urbana, o dal Decreto del Ministro dell'Interno 5 agosto 2008, recante "Incolumità pubblica e sicurezza urbana. Interventi del sindaco", atto amministrativo recante direttive ai sindaci in materia di politiche di sicurezza urbana, nell'ambito delle competenze agli stessi già attribuite da leggi vigenti.
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#edilizia e arredi scolastici#tipizzare #disputa #collimare
Sentenza 15/01/2018 n° 334
Area: Giurisprudenza

Il comma 8 dell'art. 32 del D.Lgs. n. 81/2008 dispone che negli istituti di istruzione il datore di lavoro (dirigente scolastico), che non abbia optato per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, designa l'RSPP individuandolo tra le due seguenti categorie: a) personale interno all'unità scolastica, in possesso dei requisiti specifici di cui al medesimo articolo 32, che si dichiari disponibile; b) personale interno ad una unità scolastica in possesso dei medesimi requisiti che si dichiari disponibile ad operare in una pluralità di istituti. Solo in assenza del predetto personale, il comma 9 dell’art. 32 consente che gruppi di istituti possano avvalersi in maniera comune dell'opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista. Pertanto, il suddetto comma 8 disegna una posizione di favore per gli incaricati interni alla sicurezza, con la conseguenza che, nella selezione dell'RSPP, il personale interno ad altra unità scolastica, ha titolo di precedenza nell'assegnazione dell' incarico rispetto ad un esperto esterno all'Amministrazione
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#sicurezza sul lavoro: rspp#esperto #incarico #personale #unità #istituto #selezione #amministrazione #professionista #ricorrente #requisito
Sentenza 22/09/2011 n° 19365
Area: Giurisprudenza

Ai sensi dell'art. 20 del d. lgs. n. 196/2003, il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge, nella quale siano specificati i tipi di dati che possono essere trattati, nonché "le operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite": qualunque catalogazione di tali dati e qualunque uso se ne intenda fare devono essere autorizzati dalla legge, perchè la protezione assegnata al dato sensibile non è solo più forte di quella assegnata al dato meramente personale, ma è qualitativamente diversa, giacché sottolinea l'interesse pubblico a un trattamento rispettoso di fondamentali principi di convivenza democratica e sociale. Ogni dato che consenta l'identificazione in capo ad un soggetto di una situazione di debolezza, di disagio, ovvero di una situazione che possa dar luogo a situazioni discriminatorie ovvero lesive dei diritti del titolare del dato stesso, viene prudenzialmente protetto in maniera più forte che non qualunque dato che attenga alla generica riservatezza della persona. Lo stato di salute del figlio, considerato espressamente dalla legge a fondamento di un diritto del genitore, e, pertanto, dato personale del genirore stesso, appare pervaso dalla stessa intrinseca delicatezza che fa individuare una necessità di riservatezza e un disagio nell'ammalato che espone ad un terzo, ovvero ad una p.a., la propria malattia: si tratta di informazioni che appartengono alla persona non tanto perché attinenti la fisicità della stessa ma perché necessitano di una particolare protezione a fronte della consapevolezza sociale dell'esistenza di un peso meritevole di aiuto. Le provvidenze che il sistema giuridico assegna alla famiglia dell'ammalato portatore di handicap riconoscono una protezione correlata a obblighi genitoriali di assistenza che rendono "personale" un dato che nasce "sensibile" nella situazione soggettiva di altra persona, ma che non perde la sua caratteristica di "sensibilità", non diventa dunque meno sensibile, per il fatto che va a strutturare anche il patrimonio di altra persona, diversa da quella dell'ammalato, ma tenuta al carico, anche sociale, della stessa malattia. Il dato sulla salute, ovvero riguardante una condizione negativa di salute di una persona, che dà luogo a conseguenze giuridiche nel patrimonio di familiari tenuti agli obblighi di assistenza, e che, per tale caratteristica, necessita di ostensione, deve essere assistito dalla protezione del dato sensibile anche quando identifica la persona del familiare predetto, ovvero il suo statuto di diritti: il dato sensibile, letteralmente tale in capo al disabile, caratterizza anche il complessivo statuto dei diritti che fanno capo al genitore lavoratore, ed è, pertanto, dato sensibile riferibile a questi, posto che la richiesta di una provvidenza conduce a una dolorosità e a rischi di discriminazione sociale che riguardano il genitore, in modo tale da imporre che il trattamento di tali dati da parte di una PA risponda alle cautele che la legge ha connesso a quei dati. L'autorizzazione all'uso dell'informazione, e, dunque, al connesso trattamento, prevista dall'art. 20 n. 1 del d. lgs. n. 196/2003, assolve alla specifica funzione di riconoscere che il patrimonio del fornitore dell'informazione è in qualche modo arricchito (a compenso del disagio di una specifica assistenza) da uno specifico diritto, che riguarda il punteggio concorsuale previsto dalla legge. Ne segue che la comunicazione dell'informazione, la quale avviene nell'interesse di chi la trasmette, consente a questi di controllare la relazione tra l'uso che ne viene fatto e la funzione al quale l'uso deve assolvere. Ai sensi dell'art. 11 del d. lgs. n. 196/2003, qualunque dato personale trasmesso dal titolare nel proprio interesse, deve essere trattato in modo che il trattamento stesso non ecceda la funzione, quale la verifica della sussistenza del diritto al beneficio giuridico di cui alla l. n. 104/1992, e, quindi, nel caso di contestazione della legittimità dell'attribuzione del punteggio, di consentire i necessari diritti di difesa a tutti gli interessati. Ne segue che l'affissione in bacheca della richiesta di tentativo di conciliazione proposta da un docente, in cui si lamenti che la graduatoria contestata era stata formulata sul presupposto asseritamente errato della sussistenza, in altri soggetti, dei requisiti capaci di far godere i benefici di cui alla l. n. 104/1992. del 1992 è eccedente rispetto alle finalità del trattamento, perchè consente anche al pubblico non avente interesse giuridicamente rilevante, di conoscere la situazione riservata in questione, laddove, invece, la PA avrebbe potuto assolvere alle essenziali necessità di comunicazione in forme riservate, e osservare eventuali obblighi di pubblicazione indicando semplicemente che vi era stata una richiesta di procedura conciliativa e che essa era conoscibile nei suoi particolari solo dai titolari di interessi giuridicamente differenziati, ovvero avrebbe potuto fare uso del potere di rivolgersi al Garante, ai sensi dell'art. 20 n. 3 del d. lgs. n. 196/2003, e chiedere con quali modalità detto dato dovesse essere trattato perché fosse soddisfatta tanto la riservatezza quanto la trasparenza della attività amministrativa nei confronti dei controinteressati professori. Non integra gli estremi del delitto di cui all'art. 167 d. lgs. n. 167/2003 la condotta di un docente che formula istanza di conciliazione per contestare la posizione di precedenza di altro docente in una graduatoria scolasatica, fonddata sull'assegnazione, asseritamente non dovuta, di benefici in favore di familiari disabili, perchè animata dall'intento del docente di esercitare una specifica e prevista sua facoltà, peraltro, in concreto svolta rivolgendosi, in modo riservato, alla p.a.
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#personale docente#privacy e trattamento dei dati personali#reato#fisicità #dolorosità #berruti #disvelamento #rettificazione #stella
Sentenza 25/01/2006 n° 325
Area: Giurisprudenza

Il titolo a prendere visione ed estrarre copia degli atti reddituali si ravvisa in capo al padre separato ed onerato del mantenimento rispetto al figlio maggiorenne. E’ noto, infatti, che anche in caso di separazione personale tra coniugi e di successivo scioglimento del matrimonio ovvero cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole di cui all’art. 148 c.c., al mantenimento dei figli, non cessa automaticamente col raggiungimento da parte di questi della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto la indipendenza economica ovvero che il mancato svolgimento di una attività economica dipende da un suo atteggiamento di inerzia (ex multis Cass. Civ. Sez. I, 7 maggio 1998 n. 4616; 30 agosto 1999, n. 9109; 3 aprile 2002, n. 4765).
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#accesso agli atti amministrativi#atto e documento amministrativo#genitori: adozione, separazione, divorzio#accentuazione #acclarandosi #ricollegabile
Sentenza 15/01/2018 n° 749
Area: Giurisprudenza

La responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza del lavoratore ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. opera soltanto in caso di aggravamento del rischio insito nell'attività lavorativa prestata dal dipendente, ma non nel caso di evento abnorme e imprevedibile. Nella fattispecie concreta, un'insegnante era stata colpita ad un occhio dal tappo di una bottiglia di spumante aperta da un alunno dell'ultimo anno di un liceo Classico, mentre durante l'orario di lezione veniva celebrato il centesimo giorno prima dell'esame di maturità. In tema di responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. (ai fini del superamento della presunzione di cui all'art. 1218 cod. civ.), grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza. A sua volta, il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro, ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la suddetta presunzione ex art. 1218 cod. civ. Ciò significa che l'art. 2087 cod. civ. non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l'inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all'ambiente in cui l'attività lavorativa viene prestata, onde in tanto può essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto. (Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione, i Giudici hanno ritenuto la condotta dell'alunno, avvicinatosi a breve distanza dall'insegnante recando in mano ed agitando la bottiglia di spumante, abnorme e imprevedibile e pertanto tale da non consentire di ravvisare una serie causale prevedibile e adeguata rispetto alla permessa organizzazione del festeggiamento durante l'ordinario orario di lezione scolastiche).
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#responsabilità civile#civ #cod #lavoro #datore #responsabilità #bottiglia #spumante #danno #infortunio
Sentenza 19/10/2017 n° 792
Area: Giurisprudenza

E’ legittimo il verbale dello scrutinio di un Istituto scolastico, nella parte in cui si è deliberata l’ammissione un’alunna alla classe successiva (nella specie, alla seconda elementare), a nulla rilevando che i genitori abbiano chiesto la sua bocciatura sulla base di alcuni pareri di professionisti privati, che avevano in osservazione la bambina da non più di due mesi. Infatti la scuola, in presenza di alunni della scuola primaria con livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, attiva, di regola, specifiche strategie di miglioramento nell’ambito dell’autonomia didattica ed organizzativa riconosciutale, e solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, i docenti, con decisione presa all’unanimità, possono decidere di non ammettere l’alunno alla classe successiva. (Nel caso in esame, pur in assenza di una certificazione medica proveniente da centri specialistici pubblici o accreditati -che la famiglia aveva ottenuto soltanto al termine delle lezioni e dopo il giudizio di ammissione- la scuola, a fronte delle difficoltà della bambina riscontrate nel corso dell’anno, ha individuato quest’ultima come alunna con bisogni educativi speciali (BES), redigendo un Piano didattico personalizzato (PDP) concordato con la famiglia, in cui sono state individuate misure dispensative e compensative volte a favorire l’apprendimento e il raggiungimento degli obiettivi programmati, conformemente a quanto stabilito dalla normativa di riferimento (in particolare, DPR n. 275 del 1999, legge n. 244 del 2010 e d.lgs. n. 62 del 2017). Il legislatore, quindi, da un lato, sottolinea la natura discrezionale delle scelte e delle valutazioni operate dalla scuola, anche in merito alle strategie da approntare, dall’altro, evidenzia la mera eventualità, peraltro giustificata dall’eccezionalità del caso e da comprovati motivi, della decisione di non ammissione. Nella fattispecie concreta, si è pertanto affermato che la scuola non è comunque tenuta ad uniformarsi al consiglio degli specialisti, essendo piuttosto vincolata alle strategie e agli obiettivi fissati nel PDP, come peraltro stabilito dall’art. 3 del d.lgs. n. 62 del 2017; né può dirsi che nella specie il giudizio di ammissione non fosse stato motivato, essendo la motivazione contenuta nel documento di valutazione relativo all’alunna - in cui si fa riferimento al parziale raggiungimento degli obiettivi programmati (ossia non quelli generali, bensì quelli personali specificamente individuati) e al legame costruito dalla minore con alcuni compagni e con le insegnanti - oltre che desumibile per relationem dai diversi atti adottati nel corso dell’intero anno scolastico e riguardanti l’alunna in parola (verbali, relazioni, piani, ecc.).
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#istruzione primaria#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#alunna #strategia #bambina #marca #scuola #specialista #pdp #ammissione #datare #piano
Sentenza 15/05/2013 n° 11751
Area: Giurisprudenza

In caso di infortunio scolastico occorso ad alunno maggiore d’età, permane la responsabilità della scuola, ma trova applicazione la disposizione di cui all’art. 1218 cod. civ. sulla responsabilità contrattuale per inadempimento e non quella di cui all’art. 2048 cod. civ. sulla responsabilità extracontrattuale dei precettori, applicabile soltanto all’ipotesi di alunni minori d’età. Infatti, la domanda e l'accoglimento di iscrizione alla frequenza di una scuola - nella specie statale - fondano un vincolo giuridico tra l'allievo e l'istituto. Da tale vincolo scaturisce, a carico dei dipendenti dell'istituto, appartenenti all'apparato organizzativo dello Stato, accanto all'obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull'incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni. Questi obblighi sono da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell'allievo. (Nella fattispecie concreta, una studentessa maggiorenne subiva gravi danni da ustione in occasione di una recita scolastica a causa delle fiamme derivate da un incendio appiccato da un compagno al vestito della compagna vicina, che la prima ha cercato di soccorrere rimanendo ustionata nel tentativo di spegnere le fiamme. La scuola è stata ritenuta responsabile non avendo dimostrato di aver adottato tutti i provvedimenti organizzativi, informativi e disciplinari idonei a garantire la sicurezza nella scuola, a fronte di un evento che la Corte ha ritenuto non imprevedibile “stante la pericolosità del costume elevatamente infiammabile”. Era infatti risultato accertato che gli abiti utilizzati nella recita erano infiammabili, che mancavano gli estintori nei luoghi adiacenti e che era mancato il primo intervento da parte degli ausiliari).
KEYWORDS
#infortunio scolastico#responsabilità civile#fiamma #appiccare #assitalia #infermeria #atrio #incendiare #ustionare #accendino #allertare #propagare
Sentenza 10/10/1996 n° 2606/97
Area: Giurisprudenza

In caso di infortunio cagionato da minore capace di intendere e di volere, si applica la disciplina di cui all’art. 2048 cod. civ., e non quella prevista dall’art. 2047 cod. civ., dettata per le ipotesi in cui il minore sia incapace di intendere e di volere. Ciò premesso, ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., sussiste la responsabilità dei genitori per “culpa in educando” qualora essi non riescano a fornire la prova liberatoria, consistente nel dimostrare di aver impartito al proprio figlio minore una educazione e una istruzione consona alle proprie condizioni sociali e familiari e idonee ad avviarlo ad una corretta vita di relazione. Nel caso di specie, è stata ritenuta la responsabilità civile per “culpa in educando” dei genitori di una quattordicenne la quale, alla guida di un’automobile, aveva cagionato un sinistro dai quali erano derivati danni all’amico trasportato in auto.
KEYWORDS
#infortunio scolastico#responsabilità civile#vettura #educando #quattordicenne #lit #supero #automobile #fiat #attendare #colloquiare #iato
Decreto 20/09/2017
Area: Giurisprudenza

L’inserimento sui social network di foto del proprio figlio minorenne da parte di un genitore, in violazione degli accordi assunti in giudizio con l'altro genitore, lede il diritto all’immagine e alla riservatezza dei dati personali del minore, integrando la diffusione di tale materiale una interferenza nella vita privata dello stesso, in violazione degli artt. 10 c.c., 4, 7, 8 e 145 d.lgs. 196/2003, 1 e 16 della Convenzione di New York del 20/11/1989 ed 8 del Reg UE 679/2016. Inoltre, tale comportamento può rivelarsi potenzialmente pericoloso nella misura in cui la (incontrollabile) diffusione del materiale on line può raggiungere anche destinatari sconosciuti, interessati ad acquisire le immagini per finalità pedopornografiche. (Nel caso di specie la madre, nell'accordo concluso con l'altro genitore per la regolamentazione dei loro rapporti economici e personali con la prole, si era obbligata a non pubblicare più foto dei figli minori sui social network e a rimuovere quelle già inserite. A fronte della reiterata pubblicazione di immagini dei figli, il padre, ex art. 337-quinquies c.c., ottiene dal giudice l'ordine rivolto alla madre di cancellazione immediata delle immagini pubblicate e di non inserirne di altre. Il Tribunale, sulla base anche di ulteriori elementi, ha disposto inoltre una verifica sulla capacità genitoriale dei genitori).
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#genitori: responsabilità genitoriale#genitori: adozione, separazione, divorzio#privacy e trattamento dei dati personali#foto #immagine #network #figlio #madre #genitore #minore #interferenza #diffusione #riservatezza
Sentenza 01/04/2016 n° 867
Area: Giurisprudenza

L’Istituzione scolastica autonoma, pur dotata di personalità giuridica, è priva di legittimazione passiva in ordine alla domanda risarcitoria riferita ad attività del personale dipendente dallo Stato nell’esercizio del servizio pubblico dell’istruzione facente capo allo Stato (fattispecie relativa a domanda di risarcimento del danno relativo a un infortunio subito da un alunno a scuola e ascritto a omessa vigilanza del personale scolastico, c.d. infortunio scolasatico). Ai fini della configurabilità di una responsabilità dell'amministrazione scolastica per un infortunio incorso a uno studente durante lo svolgimento di attività fisica a scuola, ai sensi dell'art. 2048 c.c., è necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente, (quindi che lo studente infortunato abbia subito il danno perché fatto segno di una azione colposa da parte di altro studente impegnato nella partita), e inoltre che non siano state predisposte tutte le misure atte a consentire che l'insegnante, sotto la cui guida si svolgeva il gioco, fosse stato posto in grado di evitare il fatto. Ne segue che non è da considerare illecita la condotta di gioco di un alunno che ha provocato il danno ad altro alunno, se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla e è non stata, in concreto, connotata da un grado di violenza e irruenza incompatibili col contesto ambientale e con l'età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco, quando, cioè, non è stat riscontrata particolare animosità o violenza di gioco, svolto tra ragazzi coetanei e dopo che l'insegnante aveva loro raccomandato il rispetto delle regole , di giocare piano e di essere corretti (fattispecie relativa a infortunio subito per un colpo ricevuto durante uno scontro di gioco connaturato alla partita e non per effetto di un’azione autonoma del compagno che lo ha colpito, non essendo stato, comunque, provato che l’azione sia stata concretamente caratterizzata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili col contesto ambientale e con le persone che vi partecipavano). Il dovere di sorveglianza degli insegnanti nei confronti degli alunni deve essere adeguato all’età e al normale grado di valutazione dei minori loro affidati, in relazione alle circostanze del caso concreto: è, infatti, evidente che il grado di sorveglianza è inversamente proporzionale all’avvicinarsi della maggiore età, e, dunque, al crescere della capacità di discernimento, anche in relazione alla acquisita maggiore autonomia e indipendenza. Ne segue che, in presenza di un contesto di gioco organizzato, e svolto secondo le regole, l’insegnante, se ne ha raccomandato il rispetto, e ha invitato a giocare piano ed essere corretti, nulla può fare per impedire il contrasto della singola azione di gioco, indubbiamente caratterizzato da repentinità, posto che il gioco del calcio comporta rapidità di movimenti, contrasti e concentrazione di più giocatori nella stessa parte del campo.
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#questioni processuali: legittimazione delle scuole e degli altri organi#irruenza #infortunare #raccomandato #calcetto #pollicoro #sud #collaterale #gamba
Sentenza 19/06/2018 n° 6849
Area: Giurisprudenza

Va affermato il diritto dei genitori, ancorché separati, di conseguire visione e copia dei documenti di scrutinio dei figli, sia ove ineriscano a compiti in classe che ad attestazioni ufficiali tratte dai registri di classe, che ai documenti valutativi di sintesi (c.d. pagelle). Va altresì affermato il diritto del genitore separato, quantunque in ipotesi non affidatario dei figli, di prendere visione ed estrare copia degli atti concernenti il percorso scolastico dei figli, senza che la spettanza di tale diritto sia subordinata ad autorizzazione o altro atto di assenso del Tribunale ordinario competente in sede id adozione di provvedimenti riguardanti i figli. Non ricorre nel caso la fattispecie di esclusione al diritto di accesso prevista dall'art. 24 L. n. 241/1990 relativa ai “procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinali relativi a terzi”, considerando che gli scrutini degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado non hanno carattere e natura selettivi, non consistendo in una selezione a merito comparativo, ma in un vaglio della loro preparazione in senso assoluto, ovverosia senza il confronto con altre posizioni. Né alla richiesta può essere opposta la norma generale in ossequio alla quale “non sono ammissibili istanza di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, posto che detta norma esclude che l’azione di accesso possa rivestire i connotati della actio popularis, disancorata al radicamento di un interesse personale e qualificato dell’istante, avendo il ricorrente domandato l’accesso dei compiti e delle relative annotazioni riguardanti il figlia minore. (Afferma in particolare il T.A.R.: "Non va al riguardo obliterato che la pretesa di un genitore di ottenere copia dei compiti svolti dal figlio e delle relative annotazioni valutative operate dai docenti, è funzionale all’obiettivo educativo di prendere contezza delle carenze nell’apprendimento e nel processo cognitivo del figlio, constatare quali possano essere le lacune culturali onde predisporre eventuali percorsi privati di sostegno e recupero scolastico. More solito gli stessi docenti privati di recupero domandano di poter visionare i compiti svolti dall’allievo al fine di appurare quali siano le faglie nella preparazione relativa alle singole materie di studio. [....]. Si è invero condivisibilmente affermato che “La qualità di genitore, anche se non affidatario del figlio in seguito alla separazione con l'altro coniuge, conferisce il diritto ad accedere alle informazioni relative alla frequenza del proprio figlio nella scuola (riguardanti, nella specie, il numero ed i motivi delle assenze, il numero dei pasti consumati e l'avvenuta - o meno - preiscrizione all'anno scolastico successivo); tale diritto non è condizionato ad un'eventuale autorizzazione da parte del tribunale, dal momento che la stessa veste di genitore legittima ad esercitare il diritto-dovere di vigilanza sull'educazione, sull'istruzione e sulle condizioni di vita del figlio anche attraverso la verifica delle concrete modalità d'inserimento nella scuola dallo stesso frequentata (T.A.R. Lazio – Latina, 9.7.2002 n. 753).”)
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#accesso agli atti amministrativi#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#accesso #annotazione #diritto #copia #compito #visione #separare #domandare #figlia #scrutinio
Sentenza 12/03/2003 n° 967
Area: Giurisprudenza

Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie, degli studenti (art. 3 comma 3 del D.P.R. n.275 del 1999). Il Piano dell’offerta formativa, sulla base della programmazione dell’azione educativa attribuita alla competenza del Collegio dei docenti dall’art.7 comma 2 del D.Lgs. n.297 del 1994, determina la quota del curricolo attribuita alla specifica istituzione scolastica, quota che integra la quota nazionale del curricolo obbligatorio e comprende le discipline e le attività liberamente scelte dalla specifica scuola. Nell’ambito dei curricoli, cioè della quota nazionale del curricolo, ogni istituzione scolastica può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta formativa, i propri percorsi didattici, secondo modalità fondate su obiettivi formativi specifici di apprendimento; la determinazione del curricolo deve tener conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio; il piano dell’offerta formativa, infine, è adottato dal Consiglio di circolo o d’istituto. Il coinvolgimento dei genitori degli alunni nella formazione del Piano dell’Offerta Formativa è idoneamente realizzato attraverso l’invito rivolto agli stessi a partecipare ad una riunione per discutere “proposte e suggerimenti da inserire eventualmente nel POF”. La decisione di consegnare alle famiglie il documento contenente il POF al momento dell’iscrizione degli alunni è qualificabile come forma di collaborazione tra la scuola e le famiglie e non certo come un obbligo giuridico corredato da sanzione, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999).
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#stilo #progressività #continuum
Sentenza 12/06/2018 n° 15301
Area: Giurisprudenza

Il CCNL Enti Locali non opera una equiparazione tra personale docente e personale educativo, ma equipara il personale docente e quello educativo comunale al personale docente ed educativo statale, qualora in servizio presso la stessa istituzione scolastica gestita dall'ente locale. Pertanto, le disposizioni contrattuali sul personale docente delle scuole non sono automaticamente applicabili anche al personale educativo, perchè si tratta di personale che svolge funzioni diverse da quelle dei docenti, come proprio la disciplina a favore delle persone con disabilità pone in evidenza. Infatti, l'art. 13 della L. n. 104 del 1992, nel prevedere misure che rendano effettivo il diritto allo studio delle persone disabili, al comma 3, stabilisce in relazione alle scuole di ogni ordine e grado, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, oltre a prevedere una distinta attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati. Nè rileva, in senso contrario, la difforme interpretazione dell'ARAN in quanto le risposte a quesiti formulati dalle amministrazioni nell'attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi, espressamente prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 46, comma 1, non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della interpretazione autentica per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale.
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#enti locali#personale dipendente: mansioni#handicap #sostegno #scuola #alunno #comune #portatore #interpretazione #doposcuola #istituzione #assistenza
Sentenza 13/03/2018 n° 1566
Area: Giurisprudenza

E’ illegittimo il Regolamento di servizio di ristorazione scolastica adottato da un Comune con il quale si renda tale servizio “obbligatorio per tutti gli alunni delle scuole materne ed elementari a tempo pieno del territorio comunale” (art.1), imponendo che la mancata iscrizione al servizio di ristorazione scolastica comporta “l’obbligo da parte del genitore o di chi esercita la potestà genitoriale di prelevare il minore per il tempo necessario alla refezione e riaccompagnarlo all’inizio dell’orario delle attività pomeridiane secondo le indicazioni impartite dal dirigente scolastico” (art. 3), e ciò in ragione del fatto che “Nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica non è consentito consumare cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio nell’ambito del contratto in vigore. Infatti, il consumo di pasti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale, oltre che una possibile fonte di rischio igienico-sanitario. E’ fatto obbligo ai Dirigenti scolastici la vigilanza in merito al rispetto delle predette disposizioni” (art. 2). Considerato che il servizio di ristorazione scolastica è pacificamente ritenuto un servizio pubblico locale a domanda individuale, in quanto l’ente locale non ha l’obbligo di istituirlo e si tratta comunque di un servizio attivabile a richiesta degli interessati, è illegittimo il divieto, inserito in tale regolamento comunale, di permanenza nei locali scolastici degli alunni che intendono pranzare con alimenti somministrati da casa. Infatti, in materia di consumazione del pasto domestico, è di fondamentale importanza la nota del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, n. 348 del 3 marzo 2017, rivolta a tutti i direttori degli Uffici scolastici Regionali; tale nota ministeriale, muovendo proprio dal riconoscimento alle famiglie, in via giurisprudenziale, del “diritto di usufruire in modo parziale del tempo mensa attraverso la consumazione negli stessi locali destinati alla refezione scolastica del pasto preparato in ambito domestico in alternativa al servizio mensa erogato dalla scuola”, fa presente che l’indicazione concordata insieme al Ministero della salute è quella “di adottare, in presenza di alunni o studenti ammessi a consumare cibi preparati da casa, precauzioni analoghe a quelle adottate nell’ipotesi di somministrazione dei cd pasti speciali”. I giudici amministrativi, nel ritenere illegittimo il regolamento comunale, hanno rilevato, del resto, che “non appare inibito agli alunni il consumo di merende portate da casa, durante l’orario scolastico, ponendosi anche per queste –a tutto concedere- la eventuale problematica del rischio igienico- sanitario”.
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#genitori: responsabilità genitoriale#enti locali#famiglia #cibo #consumazione #preparare #confezionare #acquistare #rischio #merenda #vigilanza #domicilio
Sentenza 06/10/2017 n° 45947
Area: Giurisprudenza

Le figure di reato contemplate dall'art. 609-bis c.p. sono riconducibili a due categorie fondamentali. All'interno della prima, concernente il fatto di colui il quale "con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali", rientrano le condotte realizzate con modalità costrittive, tra le quali vengono in rilievo sia gli atti sessuali posti in essere esercitando sulla vittima comportamenti di violenza fisica scricto sensu, di violenza morale consistente in una intimidazione psicologica in grado di provocare la coartazione della vittima nonchè le condotte realizzate con modalità insidiosamente repentine, tali da sorprendere la persona offesa impedendole di opporre il proprio dissenso e, per questa via, ponendola nell'impossibilità di difendersi. Per escludere la rilevanza penale delle condotte sessuali repentine non è sufficiente il consenso o comunque la mancanza di dissenso, dovendo verificarsi se tale stato psicologico da parte di chi subisce gli atti sessuali sia eventualmente viziato. All'interno dell'altra categoria, rientrano, invece, le condotte caratterizzate da modalità induttive, ovvero attraverso comportamenti positivi, consistenti nell'esercizio di una subdola attività di persuasione e di pressione realizzati approfittando di una condizione personale di inferiorità psichica o fisica tale da viziare il consenso prestato dalla persona offesa (o addirittura, traendola in inganno attraverso una sostituzione di persona). In questa seconda ipotesi, la persona offesa non deve versare necessariamente in uno stato di conclamata psicopatologia ma può anche trovarsi in una semplice condizione di menomazione dovuta sia a fenomeni patologici, permanenti o passeggeri, di carattere organico e funzionale, sia a traumi e fattori ambientali tali da incidere negativamente sulla formazione della personalità dell'individuo venga indotta all'atto sessuale mediante abuso della predetta condizione di inferiorità. Infine, l’ art 609-quater cod. pen., comma 2, punisce "fuori dei casi previsti dall'art. 609-bis c.p.", l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici". L'abuso dei poteri connessi alla posizione del soggetto agente deve riferirsi anche alle situazione di supremazia derivante da un'autorità privata e quindi alle condotte connotate da una relazione asimmetrica di potere che inerisca a un rapporto di natura privatistica. Pertanto, mentre nel caso dell'art. 609-bis c.p., viene configurata "una strumentalizzazione della dimensione "soggettiva" dell'autorità", nel caso contemplato dall'art. 609-quater la penalizzazione concerne i casi di "strumentalizzazione della dimensione "oggettiva", funzionale, dei poteri connessi alla posizione". (Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione di un insegnante tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., n. 5-bis per avere nell'esercizio delle funzioni di docente presso un Istituto di Formazione professionale alberghiero abusato delle condizioni di inferiorità psichica dd una studentessa del medesimo istituto certificata ex lege n. 104 del 1992, costringendola a subire atti sessuali. La Corte ha affermato che il fatto, quale ricostruito dalle sentenze di merito, può ritenersi cristallizzato nei termini del compimento di una sequenza di atti sessuali, realizzata sia all'interno che fuori dai locali scolastici, da parte dell'insegnante nei confronti di un' alunna, all'epoca diciassettenne, consenziente, affetta da un ritardo mentale diagnosticato come di grado lieve; ritardo rispetto al quale i giudici di merito, hanno ritenuto indimostrato che la condizione di deficit (cognitivo e relazionale) avesse effettivamente viziato il consenso espresso dalla ragazza. Nè, è stato riscontrato alcun abuso dei poteri connessi alla posizione di docente; infatti, ad avviso della Corte, gli atti sessuali non ebbero luogo attraverso una qualche forma di esercizio dei poteri derivanti dall'ufficio svolto, non emergendo affatto che il docente si fosse avvalso di qualunque delle facoltà derivanti dal suo status per commettere le contestate attività sessuali. Infine, si osserva che comunque i principi affermati dalla Suprema Corte non incidono sulla perseguibilità d’ufficio dei reati in questione stante l'applicazione dell'art. 609 septies c.p. e quindi sull'obbligo di denuncia da parte del pubblico ufficiale che ne abbia notizia)
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#personale docente#reato#approfittare #pianto #inerisca #coartazione #psicopatologia #intimidazione #conclamare #ascendente #penalizzazione #trauma
Sentenza 17/02/2014 n° 3612
Area: Giurisprudenza

Nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio previsto dall'art. 1218 c.c. Pertanto il creditore danneggiato deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte; mentre è la scuola, debitore convenuto, ad essere gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Dal vincolo negoziale sorto a seguito dell'accoglimento della domanda di iscrizione all'istituto scolastico e dalla conseguente ammissione dell'allievo alla scuola sorge infatti a carico del medesimo istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso. Nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche l'insegnante assume, quindi, uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, al fine di evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Trattandosi, quindi, di responsabilità contrattuale, spetta alla scuola provare che le lesioni sono state conseguenza di un fatto alla stessa non imputabile. Nella fattispecie concreta, di lesioni riportate da un minore caduto durante un corso di sci di gruppo, i giudici hanno ritenuto che la caduta trovasse la sua ragione giustificatrice in una sequenza causale (quella di essersi adagiato sugli sci) non imputabile, né alla scuola di sci, né al maestro.
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#selva #adagiare #snowboard #caduto #sciare #funzionalizzata #stalla #inesattezza #incappare #tibia
Sentenza 07/03/2018 n° 71
Area: Giurisprudenza

Il Giudice delle leggi dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 85 e 627 della legge 232/2016, nella parte in cui non prevedono l’intesa con gli organi rappresentativi di Regioni e autonomie locali (intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano). Sulla eccezione della Regione ricorrente di violazione degli artt. 117, c. 3, Cost., 5 e 120 Cost., in relazione al principio di leale collaborazione, non avendo il Governo previsto le necessarie procedure di coinvolgimento delle Regioni, la Corte Costituzionale richiama la propria giurisprudenza (sentt. 62/2013, 284/2016) e chiarisce che la disciplina della edilizia scolastica interseca diverse materie «quali il “governo del territorio”, “l’energia” e la “protezione civile”, tutte rientranti nella competenza concorrente Stato-Regioni di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.». La necessità di coinvolgere le Regioni nella procedura in esame ha rilevanza costituzionale poiché di tutte le materie sulla quali ricade la disciplina oggetto del giudizio non si trova una sola materia di esclusiva competenza statale. Specificamente, il comma 85 della legge interessa unicamente materie di competenza regionale concorrente. Per la Corte, questa condizione richiede il più ampio coinvolgimento possibile delle Regioni, «coinvolgimento da realizzare mediante lo strumento dell’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». Il comma in esame infatti è affetto da illegittimità costituzionale giacché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indica altresì i criteri di selezione dei progetti, senza che vi sia una previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. «La particolare rilevanza sociale del servizio scolastico e, più specificamente, della realizzazione di nuove scuole che rispondano ai requisiti della sicurezza strutturale e antisismica, e l’inerenza dello stesso a diritti fondamentali dei suoi destinatari, impongono, peraltro, che sia garantita continuità nell’erogazione delle risorse finanziarie […]». Per quanto riguarda il comma 627, esso istituisce il Fondo statale per la rievocazione storica. Tale finanziamento, destinato a Regioni e Comuni e a soggetti privati, è ascrivibile alla categoria della promozione di eventi, feste e attività ex art. 117, c. 3, Cost. Il mancato rispetto del principio di leale collaborazione da parte del Governo in materie di legislazione concorrente determina la illegittimità costituzionale della deposizione in esame.
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#stato e regione: competenza legislativa#edilizia e arredi scolastici#regione #fondo #rievocazione #ministro #coinvolgimento #risorsa #cost #collaborazione #criterio #finanziamento
Sentenza 18/06/2018 n° 16047
Area: Giurisprudenza

A norma dell'art. 2087 c.c., il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, anche qualora esso sia ascrivibile non soltanto ad una disattenzione, ma anche ad imperizia, negligenza e imprudenza sue. Il primo è, infatti, totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell'evento: così integrando il cd. "rischio elettivo", ossia una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata. Qualora detti caratteri non ricorrano invece nel comportamento del lavoratore, il datore di lavoro è integralmente responsabile dell'infortunio che dipenda dalla inosservanza delle norme antinfortunistiche, poichè la violazione dell'obbligo di sicurezza integra l'unico fattore causale dell'evento: non rilevando in alcun grado il concorso di colpa del lavoratore, posto che il datore di lavoro è tenuto a proteggerne l'incolumità nonostante la sua imprudenza e negligenza. Ed infatti, le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso: con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. (La sentenza, pur non riferita all'impiego pubblico, afferma principi generali applicabili anche ad esso e quindi anche in ambito scolastico).
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#personale dipendente: infortunio sul lavoro e malattie professionali#sicurezza sul lavoro (in generale)#s4s#lavoratore #infortunio #imprudenza #datore #lavoro #negligenza #cass #disattenzione #imperizia #pilone
Ordinanza 02/12/2010
Area: Giurisprudenza

Fermo il principio generale della possibile prevalenza degli indirizzi didattico- programmatici dell'amministrazione pubblica su quelli educativi familiari, non costituisce interferenza della istituzione scolastica nelle scelte educative riservate dalla legge ai genitori quale potere/dovere la decisione del dirigente scolastico di non accogliere la richiesta dei genitori di un alunno (di dieci anni) di rincasare autonomamente. Posto che al personale scolastico è assegnata una posizione di garanzia sugli alunni minori scaturante da un rapporto contrattuale e da contatto sociale che impone la vigilanza della sicurezza ed incolumità fino al subentro almeno potenziale di quella dei genitori (o di chi per loro) e che l'obbligo di vigilanza incombente sull'istituzione è ultrattivo rispetto al termine delle lezioni, l'assolutezza di tale obbligo sottrae rilievo a qualsiasi dichiarazione liberatoria con esonero di responsabilità da parte dei genitori e prescinde da un accertamento caso per caso dell'effettivo grado di maturità dello scolaro in relazione alle specifiche caratteristiche locali. L'opzione educativa tesa a favorire e rafforzare fin dall'età scolare il grado di autonomia del minore può ampiamente dispiegarsi in tutti i variegati aspetti di vita e di relazione del bambino che non riguardano il limitatissimo segmento dell'uscita dalla scuola, sì quella minima recessività (nel conformarsi a precisi obblighi di legge generatori di specifiche responsabilità civili e penali a carico della pubblica istituzione) non sembra potere pregiudicare in maniera apprezzabile una strategia educativa complessiva né causare un pregiudizio irreparabile (sì da escludere altresì il requisito del pericolo nel ritardo). (Il Tribunale di Trieste conferma, in sede di reclamo presentato dai genitori, la propria precedente ordinanza del 21/10/2010. Sui principi affermati in motivazione, si veda Corte di Cassazione, SSUU. sent. n. 9346/2002##345L)
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#genitori: responsabilità genitoriale#responsabilità civile#rincasare #subentro #recessività #cnav #temperamento
n° 279
Area: Normativa

[1. (1)]
(1) Articolo abrogato per effetto dell'art. 17, comma 1, D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, a decorrere dal 1° settembre 2000.
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#validità
n° 6
Area: Normativa

1. Le alunne e gli alunni della scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva e all'esame conclusivo del primo ciclo, salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 e dal comma 2 del presente articolo.
2. Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all'esame conclusivo del primo ciclo.
3. Nel caso in cui le valutazioni periodiche o finali delle alunne e degli alunni indichino carenze nell'acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, l'istituzione scolastica, nell'ambito dell'autonomia didattica e organizzativa, attiva specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento.
4. Nella deliberazione di cui al comma 2, il voto dell'insegnante di religione cattolica, per le alunne e gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica, è espresso secondo quanto previsto dal punto 2.7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751; il voto espresso dal docente per le attività alternative, per le alunne e gli alunni che si sono avvalsi di detto insegnamento, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale.
5. Il voto di ammissione all'esame conclusivo del primo ciclo è espresso dal consiglio di classe in decimi, considerando il percorso scolastico compiuto dall'alunna o dall'alunno.
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#alunna #apprendimento #religione #insegnamento #decimo
n° 50
Area: Normativa

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed alle miscele pericolose, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
KEYWORDS
#sicurezza sul lavoro (in generale)#riconosciutegli #pregiudizio #integrità #tutelare
n° 18
Area: Normativa

1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo;
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
g-bis) nei casi di sorveglianza sanitaria di cui all’ articolo 41, comunicare tempestivamente al medico competente la cessazione del rapporto di lavoro;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r). Il documento è consultato esclusivamente in azienda;
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3 anche su supporto informatico come previsto dall’ articolo 53, comma 5, e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Il documento è consultato esclusivamente in azienda;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare in via telematica all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’ articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni. L’obbligo di comunicazione degli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della denuncia di cui all’ articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare in via telematica all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’ articolo 8, in caso di nuova elezione o designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l’obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati;
bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
1-bis. L’obbligo di cui alla lettera r) del comma 1, relativo alla comunicazione a fini statistici e informativi dei dati relativi agli infortuni che comportano l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, decorre dalla scadenza del termine di dodici mesi dall’adozione del decreto di cui all’ articolo 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
KEYWORDS
#sicurezza sul lavoro: datore di lavoro#ipsema #inail #perdurare #fotografia #tessera #lotta #denuncia #adempiere #ricezione
n° 2
Area: Normativa

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità;
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unità produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) «addestramento»: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;
ff) «responsabilità sociale delle imprese»: integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.
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#sicurezza sul lavoro (in generale)#sicurezza sul lavoro: datore di lavoro#sicurezza sul lavoro: rspp#apprendere #inail #allievo #sedare #normalizzazione #volontario #preoccupazione #validare #cooperativa #sovrintendere
n° 30
Area: Normativa

1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attività finanziabili ai sensi dell'articolo 11.
KEYWORDS
#sicurezza sul lavoro (in generale)#esimere #riesame
n° 4
Area: Normativa

Ai fini del presente regolamento s'intende per:
1) «dato personale»: qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale;
2) «trattamento»: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;
3) «limitazione di trattamento»: il contrassegno dei dati personali conservati con l'obiettivo di limitarne il trattamento in futuro;
4) «profilazione»: qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell'utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l'affidabilità, il comportamento, l'ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica;
5) «pseudonimizzazione»: il trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l'utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile;
6) «archivio»: qualsiasi insieme strutturato di dati personali accessibili secondo criteri determinati, indipendentemente dal fatto che tale insieme sia centralizzato, decentralizzato o ripartito in modo funzionale o geografico;
7) «titolare del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, il titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell'Unione o degli Stati membri;
8) «responsabile del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento;
9) «destinatario»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o un altro organismo che riceve comunicazione di dati personali, che si tratti o meno di terzi. Tuttavia, le autorità pubbliche che possono ricevere comunicazione di dati personali nell'ambito di una specifica indagine conformemente al diritto dell'Unione o degli Stati membri non sono considerate destinatari; il trattamento di tali dati da parte di dette autorità pubbliche è conforme alle norme applicabili in materia di protezione dei dati secondo le finalità del trattamento;
10) «terzo»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che non sia l'interessato, il titolare del trattamento, il responsabile del trattamento e le persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l'autorità diretta del titolare o del responsabile;
11) «consenso dell'interessato»: qualsiasi manifestazione di volontà libera, specifica, informata e inequivocabile dell'interessato, con la quale lo stesso manifesta il proprio assenso, mediante dichiarazione o azione positiva inequivocabile, che i dati personali che lo riguardano siano oggetto di trattamento;
12) «violazione dei dati personali»: la violazione di sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l'accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati;
13) «dati genetici»: i dati personali relativi alle caratteristiche genetiche ereditarie o acquisite di una persona fisica che forniscono informazioni univoche sulla fisiologia o sulla salute di detta persona fisica, e che risultano in particolare dall'analisi di un campione biologico della persona fisica in questione;
14) «dati biometrici»: i dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l'identificazione univoca, quali l'immagine facciale o i dati dattiloscopici;
15) «dati relativi alla salute»: i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute;
16) «stabilimento principale»:
a) per quanto riguarda un titolare del trattamento con stabilimenti in più di uno Stato membro, il luogo della sua amministrazione centrale nell'Unione, salvo che le decisioni sulle finalità e i mezzi del trattamento di dati personali siano adottate in un altro stabilimento del titolare del trattamento nell'Unione e che quest'ultimo stabilimento abbia facoltà di ordinare l'esecuzione di tali decisioni, nel qual caso lo stabilimento che ha adottato siffatte decisioni è considerato essere lo stabilimento principale;
b) con riferimento a un responsabile del trattamento con stabilimenti in più di uno Stato membro, il luogo in cui ha sede la sua amministrazione centrale nell'Unione o, se il responsabile del trattamento non ha un'amministrazione centrale nell'Unione, lo stabilimento del responsabile del trattamento nell'Unione in cui sono condotte le principali attività di trattamento nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile del trattamento nella misura in cui tale responsabile è soggetto a obblighi specifici ai sensi del presente regolamento;
17) «rappresentante»: la persona fisica o giuridica stabilita nell'Unione che, designata dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento per iscritto ai sensi dell'articolo 27, li rappresenta per quanto riguarda gli obblighi rispettivi a norma del presente regolamento;
18) «impresa»: la persona fisica o giuridica, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica, comprendente le società di persone o le associazioni che esercitano regolarmente un'attività economica;
19) «gruppo imprenditoriale»: un gruppo costituito da un'impresa controllante e dalle imprese da questa controllate;
20) «norme vincolanti d'impresa»: le politiche in materia di protezione dei dati personali applicate da un titolare del trattamento o responsabile del trattamento stabilito nel territorio di uno Stato membro al trasferimento o al complesso di trasferimenti di dati personali a un titolare del trattamento o responsabile del trattamento in uno o più paesi terzi, nell'ambito di un gruppo imprenditoriale o di un gruppo di imprese che svolge un'attività economica comune;
21) «autorità di controllo»: l'autorità pubblica indipendente istituita da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 51;
22) «autorità di controllo interessata»: un'autorità di controllo interessata dal trattamento di dati personali in quanto:
a) il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento è stabilito sul territorio dello Stato membro di tale autorità di controllo;
b) gli interessati che risiedono nello Stato membro dell'autorità di controllo sono o sono probabilmente influenzati in modo sostanziale dal trattamento; oppure
c) un reclamo è stato proposto a tale autorità di controllo;
23) «trattamento transfrontaliero»:
a) trattamento di dati personali che ha luogo nell'ambito delle attività di stabilimenti in più di uno Stato membro di un titolare del trattamento o responsabile del trattamento nell'Unione ove il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento siano stabiliti in più di uno Stato membro; oppure
b) trattamento di dati personali che ha luogo nell'ambito delle attività di un unico stabilimento di un titolare del trattamento o responsabile del trattamento nell'Unione, ma che incide o probabilmente incide in modo sostanziale su interessati in più di uno Stato membro;
24) «obiezione pertinente e motivata»: un'obiezione al progetto di decisione sul fatto che vi sia o meno una violazione del presente regolamento, oppure che l'azione prevista in relazione al titolare del trattamento o responsabile del trattamento sia conforme al presente regolamento, la quale obiezione dimostra chiaramente la rilevanza dei rischi posti dal progetto di decisione riguardo ai diritti e alle libertà fondamentali degli interessati e, ove applicabile, alla libera circolazione dei dati personali all'interno dell'Unione;
25) «servizio della società dell'informazione»: il servizio definito all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio;
26) «organizzazione internazionale»: un'organizzazione e gli organismi di diritto internazionale pubblico a essa subordinati o qualsiasi altro organismo istituito da o sulla base di un accordo tra due o più Stati.
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#trattamento #dato #stabilimento #persona #responsabile #titolare #autorità #unione #membro #interessato
n° 36
Area: Normativa

1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
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#sicurezza sul lavoro: formazione#lotta #generale #percorso
n° 286-sexies
Area: Normativa

1. Qualora la valutazione dei rischi di cui all'articolo 286-quinquies evidenzi il rischio di ferite da taglio o da punta e di infezione, il datore di lavoro deve adottare le misure di seguito indicate:
a) definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione in sicurezza di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati con sangue e materiali biologici a rischio, garantendo l'installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale da iniezione usa e getta, posti quanto più vicino possibile alle zone in cui sono utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati; le procedure devono essere periodicamente sottoposte a processo di valutazione per testarne l'efficacia e costituiscono parte integrante dei programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
b) eliminazione dell'uso di oggetti taglienti o acuminati quando tale utilizzo non sia strettamente necessario;
c) adozione di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza;
d) divieto immediato della pratica del reincappucciamento manuale degli aghi in assenza di dispositivi di protezione e sicurezza per le punture;
e) sorveglianza sanitaria;
f) effettuazione di formazione in ordine a:
1) uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione e sicurezza;
2) procedure da attuare per la notifica, la risposta ed il monitoraggio post-esposizione;
3) profilassi da attuare in caso di ferite o punture, sulla base della valutazione della capacità di infettare della fonte di rischio.
g) informazione per mezzo di specifiche attività di sensibilizzazione, anche in collaborazione con le associazioni sindacali di categoria o con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attraverso la diffusione di materiale promozionale riguardante: programmi di sostegno da porre in essere a seguito di infortuni, differenti rischi associati all'esposizione al sangue ed ai liquidi organici e derivanti dall'utilizzazione di dispositivi medici taglienti o acuminati, norme di precauzione da adottare per lavorare in condizioni di sicurezza, corrette procedure di uso e smaltimento dei dispositivi medici utilizzati, importanza, in caso di infortunio, della segnalazione da parte del lavoratore di informazioni pertinenti a completare nel dettaglio le modalità di accadimento, importanza dell'immunizzazione, vantaggi e inconvenienti della vaccinazione o della mancata vaccinazione, sia essa preventiva o in caso di esposizione ad agenti biologici per i quali esistono vaccini efficaci; tali vaccini devono essere dispensati gratuitamente a tutti i lavoratori ed agli studenti che prestano assistenza sanitaria ed attività ad essa correlate nel luogo di lavoro;
h) previsione delle procedure che devono essere adottate in caso di ferimento del lavoratore per:
1) prestare cure immediate al ferito, inclusa la profilassi post-esposizione e gli esami medici necessari e, se del caso, l'assistenza psicologica;
2) assicurare la corretta notifica e il successivo monitoraggio per l'individuazione di adeguate misure di prevenzione, da attuare attraverso la registrazione e l'analisi delle cause, delle modalità e circostanze che hanno comportato il verificarsi di infortuni derivanti da punture o ferite e i successivi esiti, garantendo la riservatezza per il lavoratore.
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#sicurezza sul lavoro: datore di lavoro#puntura #medico #ferita #lavoratore #sicurezza #infortunio #rischio #procedura #attuare #sangue
n° 29
Area: Normativa

1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g).
6. Fermo restando quanto previsto al comma 6-ter, i datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
6-bis. Le procedure standardizzate di cui al comma 6, anche con riferimento alle aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV, sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all’ articolo 28.
6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell'INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda. Il decreto di cui al primo periodo reca in allegato il modello con il quale, fermi restando i relativi obblighi, i datori di lavoro delle aziende che operano nei settori di attività a basso rischio infortunistico possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo. Resta ferma la facoltà delle aziende di utilizzare le procedure standardizzate previste dai commi 5 e 6 del presente articolo.
6-quater. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, sono individuati strumenti di supporto per la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 e al presente articolo, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (Online Interactive Risk Assessment).
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attività svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
[c) (1)]
(1) Lettera soppressa per effetto dell'art. 19, comma 1, lett.c), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 a decorrere dal 20 agosto 2009.
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#sicurezza sul lavoro: documento di valutazione dei rischi (dvr)#sicurezza sul lavoro: datore di lavoro#rielaborare #rielaborazione #occupare #cancerogeno #causale #desumere
n° 37
Area: Normativa

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.
7-bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’ articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni. Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.
14-bis. In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell'aggiornamento corrispondenti erogati. Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l'avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), e dell'articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro.
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Comunicazione MIUR inerente l'invio alle scuole di una guida operativa sulle attività di alternanza scuola-lavoro.
Il MIUR ha trasmesso alle scuole il primo "manuale" per la progettazione dei percorsi di alternanza scuola lavoro
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#addentrare #ripercorrere
Ulteriori chiarimenti MIUR sulle attività di Alternanza Scuola Lavoro.
Il MIUR ha fornito chiarimenti in tema di Alternanza Scuola Lavoro, che intendono dare risposta ai più ricorrenti quesiti formulati dalle scuole, dalle famiglie e dai soggetti che intendono ospitare gli studenti coinvolti nelle esperienze di alternanza
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#carattere #alternanza #news
Ulteriori indicazioni MIUR inerenti le iscrizioni scolastiche.
Il MIUR ha fornito ulteriori precisazioni in merito alle iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013/2014
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#carattere #iscrizione #scuola #line #news
Pagina: 24
U.S.R. per l’Emilia Romagna - Nota 13 febbraio 2018, n. 2499
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Pagina: 680
LA RESPONSABILITÀ DEI PUBBLICI DIPENDENTI I dipendenti pubblici possono incorrere in responsabilit...
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#responsabilità #danno #vigilanza #allievo #alunno #minore #fatto #colpa #culpa #sez
Comunicazione MIUR inerente le iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2019/2020.
Le domande di iscrizione on line possono essere presentate dalle ore 8:00 del 7 gennaio 2019 alle ore 20:00 del 31 gennaio 2019.
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#iscrizione #scuola #infanzia #percorso #agroindustria #enotecnico #istituto #ordine #enologia #viticoltura
Pagina: 21
U.S.R. per il Piemonte - Circolare Regionale 9 settembre 2011, n. 233
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#culpa #cod #precettore #educando #trib #vigilando #lontananza #indole #gomitata #terzi
Comunicazione MIUR concernente i termini di pubblicazione dei movimenti relativi al personale della scuola secondaria di II grado.
Il MIUR ha comunicato le nuove date concernenti i termini di acquisizione delle disponibilità e, conseguentemente, di pubblicazione dei movimenti relativi al personale della scuola secondaria di II grado
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#mobilità #movimento #proroga #grado #luglio #pubblicazione #scuola #docente #personale #termine
Chiarimenti INAIL inerenti gli infortuni occorsi agli studenti in alternanza Scuola-Lavoro.
L'INAIL ha fornito precisazioni in merito agli infortuni, ed ai relativi aspetti contributivi, occorsi agli studenti della scuola secondaria impegnati in attività di alternanza Scuola-Lavoro
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#esercitazione #occorsogli #tragitto #immediatezza
Ulteriori indicazioni MIUR riguardanti la mobilità nella scuola secondaria di II grado.
Il MIUR con la nota 12 giugno 2012 n. 4440 ha comunicato le date concernenti i termini di acquisizione delle disponibilità e di pubblicazione dei movimenti relativi al personale docente della scuola secondaria di II grado
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#movimento
Chiarimenti MIUR inerenti l'adozione dei libri di testo per l'a.s. 2015/2016.
Il MIUR ha fornito chiarimenti sulla adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2015/2016
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#mincho #argo #aia
Comunicazione MIUR relativa all'adozione dei libri di testo per l'A.S. 2016/2017.
Il MIUR ha fornito indicazioni in merito all'adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2016/2017
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#aia
Comunicazione MIUR inerente la proroga delle comunicazioni dei progetti PON Scuola.
Il MIUR ha comunicato la proroga dei termini per alcune procedure, sia per l'inoltro della proposta nel sistema GPU, sia per l'inoltro della proposta firmata digitalmente nel sistema SIF
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#carattere #news
Pagina: 665
PAG 665 LA RESPONSABILITÀ DEI PUBBLICI DIPENDENTI I dipendenti pubblici possono incorrere in resp...
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#responsabilità #danno #vigilanza #allievo #alunno #minore #fatto #colpa #culpa #sez
Pagina: 2
D.P.R. 27 luglio 2011, n. 171
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#compiti
Pagina: 2
Nota 28 marzo 2017, n. 3355
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#cono #conio #pacchetti #gruppoclasse #paralimpici #badge #enti #docenza #coprogettazione #alto
Ulteriori informazioni MIUR riguardo gli esami di Stato delle scuole secondarie di primo grado.
Con nota n. 2839 del 13 giugno 2012 il MIUR ha comunicato che la funzione per la comunicazione dei dati relativi agli esami di Stato per le scuole secondarie di primo grado sarà attiva dal 13 giugno al 21 luglio p.v.
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#salvare #stampare #risultato #annotare #lode #prospettare #colloquio #idoneità #facilitare #scrutinio
Pagina: 40
Circolare 16 agosto 2017, n. 25233
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Comunicazione MIUR relativa alle domande di iscrizione per l'A.S. 2016/2017.
Il MIUR ha fornito indicazioni in merito alle iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l'A.S. 2016/2017
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Comunicazione MIUR sulle iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado.
Il MIUR, con la Circolare n. 96 del 17 dicembre 2012 ha disciplinato le iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado per l'a.s. 2013/2014
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Area Tematica: Sicurezza
Argomenti:
Alunni: infortuni
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