
Area Tematica: Relazioni sindacali, contenzioso
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Dirigente scolastico: tipologia dei provvedimenti
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Ho ricevuto da una legale la lettera che vi allego in cui mi si invita a produrre in udienza penale documentazione sulla frequenza di un alunno del nostro corso xxx durante la prima settimana dell’anno scolastico xxx. Per me sussistono numerosi problemi: durante la prima settimana, soprattutto di un corso xxx, la situazione è spesso fluida nella rilevazione delle presenze e nell’attribuzione alle classi; il registro elettronico, ............., comincia ad andare a regime dopo due o tre settimane, ricostruendo le settimane precedenti in base agli appunti prese dai docenti sulle presenze, il che vuol dire che si può facilmente incorrere in errori; per ...... si procede per alcune settimane con un orario ridotto, ma in genere su questo non si fanno circolari, ma si inseriscono soltanto avvisi sul sito.
Chiedo: vista l’alta probabilità di incorrere in errori e imprecisioni rispetto a quanto mi viene chiesto proprio per la prima settimana di scuola di un anno e mezzo fa in un procedimento di rilevanza penale, sono obbligato a testimoniare? In che termini posso difendere le evidenti lacune della scuola nella formalizzazione della presenza degli alunni durante la prima settimana di scuola? A che conseguenze posso andare incontro? Come cittadino prima ancora che come preside tengo in altissimo conto l’accertamento della verità da parte della magistratura, ma i dati e la testimonianza che mi si chiedono potrebbero essere veramente ad alto rischio proprio per l’accertamento della verità, oltre che per me e il mio istituto. Grazie come sempre, cordiali saluti .....
Il testimone svolge le funzioni pertinenti a un “ufficio”, ossia a un compito che ha rilievo pubblicistico nell’amministrazione della giustizia.
Egli è perciò tenuto a:
- presentarsi davanti al giudice;
- attenersi alle istruzioni impartitegli (ad esempio, non avere contatti con altre parti nel corso dell’udienza);
- prestare giuramento ai sensi dell’art.497 c.p.p.;
- rispondere alle domande rivoltegli riferendo ciò che è realmente a sua conoscenza (obbligo di dire la verità), salvo che non risulti compromessa la propria posizione; il testimone non può, infatti, essere obbligato a deporre sui fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale; in questi casi il soggetto può rifiutarsi di rispondere.
In questa prospettiva, il suggerimento è: dire la verità; trovare risposte “intelligenti”, spiegando le difficoltà organizzative e circoscrivendo il contenuto della deposizione allo stretto necessario. E’ peraltro evidente che il dirigente non può ricordare esattamente le presenze del soggetto (soprattutto a distanza di tempo): egli potrà quindi limitarsi a riferire su ciò che si desume dall’esame degli atti ufficiali della scuola. Che siano attendibili o meno, non spetta al dirigente dirlo (ma sarà oggetto della discussione tra le parti).
Si raccomanda di evitare di rifiutarsi espressamente di rispondere: ciò porterebbe a un conflitto manifesto con l’avvocato che conduce l’interrogatorio e potrebbe indurre il predetto (e forse anche il pubblico ministero) alternativamente a contestare la reticenza o, quanto meno, a far emergere una possibile responsabilità penale sui fatti oggetto della testimonianza (il che è proprio quello che si vuole evitare).
Comunque: il dirigente è solo chiamato a testimoniare; non è l’imputato e, con ogni probabilità, il funzionamento della scuola non è l’interesse primario del giudice.
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Sentenza 29/09/2017 n° 22800
Area: Giurisprudenza

Sono ormai consolidati i principi di diritto in materia di responsabilità contrattuale dell’Amministrazione pubblica scolastica e di responsabilità da “contatto sociale” dell’insegnante, in base ai quali la prima è tenuta ad assicurare l'assenza di pericoli nei luoghi ove si svolge l'attività scolastica in tutte le sue espressioni ed il secondo ad adempiere agli obblighi di vigilanza tanto più intensi quanto è minore la età degli allievi. Con riferimento al riparto dell'onere della prova in giudizio, spetta danneggiato (nella specie, i genitori dell'alunno in minore età) la prova del titolo del rapporto giuridico (oltre che l'affidamento del minore alla custodia della scuola) e l'allegazione dell'inadempimento; spetta al debitore (Amministrazione pubblica; insegnante) la prova della impossibilità della prestazione per causa ad esso non imputabile. Il Dirigente Scolastico può rendere prova testimoniale in giudizio sulla pericolosità dei luoghi in cui si è verificato l’infortunio. La sua deposizione non può avere valore di confessione in quanto egli non rappresenta l’Amministrazione statale, che sta in giudizio in persona del Ministro. Egli può pertanto trovarsi nella condizione processuale del testimone, obbligato a dichiarare la verità senza reticenze, diversamente incorrendo nel reato di falsa testimonianza, non potendo disporre del diritto controverso e prestare confessione. La confessione, infatti, intesa come dichiarazione resa con la consapevolezza di riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, deve provenire dal soggetto che ha il potere rappresentativo dell’ente. (Nel caso in esame, i giudici hanno ritenuto che la caduta accidentale di una alunna, che si era ferita urtando contro una ringhiera del cordolo in cemento della rampa per disabili mentre si trovava in cortile durante la ricreazione, si era verificata in modo del tutto improvviso e repentino, sicchè alcuna omissione di intervento poteva addebitarsi all'insegnate presente. Inoltre, non era ravvisabile responsabilità della Amministrazione statale per la presenza in cortile della rampa munita di ringhiera, sia in quanto la struttura era prevista per legge, sia in quanto il manufatto non presentava "evidenze morfologiche di pericolosità" per gli allievi, sia ancora in quanto non era risultato provato che la minore avesse urtato contro la ringhiera anziché contro il cordolo in cemento. I giudici, quindi, hanno ritenuto raggiunta la prova liberatoria dell’Amministrazione scolastica affermando che la “repentinità” dell’evento incide sulla “inevitabilità” del fatto ed escludendo la configurabilità di una condotta omissiva negligente da parte dell'insegnante in quanto impossibilitato ad un intervento eziologicamente efficace ad impedire la caduta dell'allieva, considerato che il cortile in cui gli allievi venivano condotti per la ricreazione e la struttura della rampa per disabili in esso situata "non presentano alcuna particolare evidenza morfologica di pericolosità per gli allievi". Né la struttura per disabili (dotata di ringhiera proprio per prevenire cadute accidentali dalla rampa) è risultata pericolosa secondo una valutazione di prevedibilità ex ante. Afferma la Corte che "non può, evidentemente, ritenersi pericoloso qualsiasi elemento strutturale conformativo del luogo-cortile in cui si svolge l'attività ricreativa solo perché in astratta e remota ipotesi potrebbe assumere, eccezionalmente, un ruolo di concausa dell' "eventum damni": l'adozione delle misure precauzionali deve, infatti, essere commisurata a quegli eventi che appaiono prevedibili secondo uno schema di normalità rapportata ad una serie di circostanze che debbono essere valutate complessivamente, quali la struttura dei locali, le modalità di utilizzo dei luoghi, l'età ed il numero degli allievi, ecc." Nella specie non è risultato che gli alunni e l'infortunata stessero eseguendo attività inappropriate all'uso dei luoghi, né che la struttura del luogo, ed in particolare la rampa, presentasse specifiche anomalie quanto ad elementi e materiali costruttivi, dimensione, o collocazione).
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#ringhiera #rampa #allievo #cortile #confessione #pericolosità #caduta #struttura #cemento #urtare
Sentenza 29/02/2008 n° 769
Area: Giurisprudenza

La sanzione della sospensione dalle lezioni per tre giorni con obbligo di frequenza, irrogata ad uno studente per avere partecipato, su autorizzazione del docente, agli ultimi minuti della partita di calcio conclusiva di un torneo tra scuole, nonostante ciò gli fosse stato oralmente vietato dal Preside a seguito del comportamento scorretto del discente verso il professore di educazione fisica, va annullato in quanto il presupposto per l’applicazione della sanzione, vale a dire un fatto turbativo del regolare andamento della scuola, non si ravvisa nella fattispecie concreta. (Si segnala che la pronuncia in questione, pur applicando le disposizioni del R.D. 635/1925, abrogato del D.P.R. 249/1998, afferma un principio valido anche nel nuovo contesto normativo. La pronuncia in questione conferma la sentenza TAR Puglia Bari n. 2054/2007##227L.)
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#torneo #ricostituitosi #turbinare
n° 114
Area: Normativa

1. Il sindaco ha l'obbligo di trasmettere ogni anno, prima della riapertura delle scuole, ai direttori didattici l'elenco dei fanciulli che per ragioni di età sono soggetti all'obbligo scolastico, con l'indicazione del nome dei genitori o di chi ne fa le veci.
2. Iniziato l'anno scolastico, l'elenco degli obbligati è confrontato con i registri dei fanciulli iscritti nelle scuole al fine di accertare chi siano gli inadempienti.
3. L'elenco degli inadempienti viene, su richiesta dell'autorità scolastica, affisso nell'albo pretorio per la durata di un mese.
4. Trascorso il mese dell'affissione di cui al comma 3, il sindaco ammonisce la persona responsabile dell'adempimento invitandola ad ottemperare alla legge.
5. Ove essa non provi di procurare altrimenti l'istruzione degli obbligati o non giustifichi con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l'assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica, o non ve li presenti entro una settimana dall'ammonizione, il sindaco procede ai sensi dell'art. 331 del codice di procedura penale. Analoga procedura è adottata in caso di assenze ingiustificate durante il corso dell'anno scolastico tali da costituire elusione dell'obbligo scolastico.
6. Si considerano giustificate le assenze dalla scuola di cui all'art. 17, comma 4, della legge 22 novembre 1988, n. 516 e all'art. 4, comma 4, della legge 8 marzo 1989, n. 101.
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#obbligo scolastico e formativo#inadempiente #obbligato
04/07/2008 n° 3602 PO
Area: Prassi, Circolari, Note

Prot n. 3602/P0
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione
Roma, 4 luglio 2008
Oggetto: D.P.R. n. 235 del 21 novembre 2007 - Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria
Nella Gazzetta n. 293 del 18.12.2007 è stato pubblicato il D.P.R n. 235 del 21 novembre 2007 - Regolamento che apporta modifiche ed integrazioni al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria.
PREMESSA
I fatti di cronaca che hanno interessato la scuola, negli ultimi anni, dalla trasgressione delle comuni regole di convivenza sociale agli episodi più gravi di violenza e bullismo hanno determinato l’opportunità di integrare e migliorare lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, approvato con DPR n. 249/1998. La scuola, infatti, quale luogo di crescita civile e culturale della persona, rappresenta, insieme alla famiglia, la risorsa più idonea ad arginare il rischio del dilagare di un fenomeno di caduta progressiva sia della cultura dell’osservanza delle regole sia della consapevolezza che la libertà personale si realizza nel rispetto degli altrui diritti e nell’adempimento dei propri doveri.
Il compito della scuola, pertanto, è quello di far acquisire non solo competenze, ma anche valori da trasmettere per formare cittadini che abbiano senso di identità, appartenenza e responsabilità .
Al raggiungimento di tale obiettivo è chiamata l’autonomia scolastica, che consente alle singole istituzioni scolastiche di programmare e condividere con gli studenti, con le famiglie, con le altre componenti scolastiche e le istituzioni del territorio, il percorso educativo da seguire per la crescita umana e civile dei giovani.
Ed infatti obiettivo delle norme introdotte con il regolamento in oggetto, non è solo la previsione di sanzioni più rigide e più adeguate a rispondere a fatti di gravità eccezionale quanto, piuttosto la realizzazione di un’alleanza educativa tra famiglie, studenti ed operatori scolastici, dove le parti assumano impegni e responsabilità e possano condividere regole e percorsi di crescita degli studenti.
Con le recenti modifiche non si è voluto quindi stravolgere l’impianto culturale e normativo che sta alla base dello Statuto delle studentesse e degli studenti e che rappresenta, ancora oggi, uno strumento fondamentale per l’affermazione di una cultura dei diritti e dei doveri tra le giovani generazioni di studenti. Tuttavia, a distanza di quasi dieci anni dalla sua emanazione, dopo aver sentito le osservazioni e le proposte delle rappresentanze degli studenti e dei genitori, si è ritenuto necessario apportare delle modifiche alle norme che riguardano le sanzioni disciplinari (art. 4) e le relative impugnazioni (art. 5).
In particolare, anche di fronte al diffondersi nelle comunità scolastiche di fenomeni, talvolta gravissimi, di violenza, di bullismo o comunque di offesa alla dignità ed al rispetto della persona umana, si è inteso introdurre un apparato normativo che consenta alla comunità educante di rispondere ai fatti sopra citati con maggiore severità sanzionatoria.
Si è infatti voluto offrire alle scuole la possibilità di sanzionare con la dovuta severità, secondo un criterio di gradualità e di proporzionalità, quegli episodi disciplinari che, pur rappresentando un’esigua minoranza rispetto alla totalità dei comportamenti aventi rilevanza disciplinare, risultano particolarmente odiosi ed intollerabili, soprattutto se consumati all’interno dell’istituzione pubblica preposta all’educazione dei giovani. La scuola deve poter avere gli strumenti concreti di carattere sia educativo che sanzionatorio per far comprendere ai giovani la gravità ed il profondo disvalore sociale di atti o comportamenti di violenza, di sopraffazione nei confronti di coetanei disabili, portatori di handicap o, comunque, che si trovino in una situazione di difficoltà. Comportamenti che, come afferma chiaramente la norma, configurino delle fattispecie di reati che violano la dignità ed il rispetto della persona umana o che mettano in pericolo l’incolumità delle persone e che, al contempo, nei casi più gravi, siano caratterizzati dalla circostanza di essere stati ripetuti dalla stessa persona, nonostante per fatti analoghi fosse già stato sanzionato, e che quindi siano connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale nell’ambito della comunità scolastica. Di fronte a tali situazioni, che la norma descrive in via generale, la scuola deve poter rispondere con fermezza ed autorevolezza al fine di svolgere pienamente il suo ruolo educativo e, al tempo stesso, di prevenire il verificarsi dei predetti fatti.
I comportamenti riprovevoli, e connotati da un altissimo grado di disvalore sociale, non possono essere trattati al pari delle comuni infrazioni disciplinari, ma devono poter essere sanzionati con maggiore rigore e severità, secondo un principio di proporzionalità tra la sanzione irrogabile e l’infrazione disciplinare commessa.
L’inasprimento delle sanzioni, per i gravi o gravissimi episodi sopra citati, si inserisce infatti in un quadro più generale di educazione alla cultura della legalità intesa come rispetto della persona umana e delle regole poste a fondamento della convivenza sociale.
CONTENUTO DEI REGOLAMENTI D’ISTITUTO
Occorre innanzitutto premettere che destinatari delle norme contenute nello Statuto delle Studentesse e degli Studenti sono gli alunni delle scuole secondarie di 1° e 2° grado. Per gli alunni della scuola elementare risulta ancora vigente il Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, salvo che con riferimento alle disposizioni da ritenersi abrogate per incompatibilità con la disciplina successivamente intervenuta. Le disposizioni così sopravvissute devono poi essere comunque “attualizzate” tramite la contestuale applicazione delle regole generali sull’azione amministrativa derivanti dalla L. n 241/1990, come più avanti si ricorderanno.
La legge n. 241/1990, che detta norme sul procedimento amministrativo, costituisce comunque il quadro di riferimento di carattere generale per gli aspetti procedimentali dell’azione disciplinare nei confronti degli studenti.
Il D.P.R. in oggetto apporta sostanziali novità in materia di disciplina, con specifico riferimento alle infrazioni disciplinari, alle sanzioni applicabili e all’impugnazione di quest’ultime.
Le modifiche introdotte impongono alle singole istituzioni scolastiche di adeguare ad esse i regolamenti interni.
Appare necessario, a seguito delle modifiche introdotte dal D.P.R. in oggetto, ricapitolare i contenuti dei regolamenti d’istituto in tema di disciplina, come risultanti unitariamente dalle vecchie e dalle nuove norme.
Detti regolamenti dovranno individuare:
* * *
La sanzione disciplinare, inoltre, deve specificare in maniera chiara le motivazioni che hanno reso necessaria l’irrogazione della stessa (art. 3 L. 241/1990) . Più la sanzione è grave e più sarà necessario il rigore motivazionale, anche al fine di dar conto del rispetto del principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione medesima.IL MINISTRO
F.to Maria Stella Gelmini
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#studenti: azione disciplinare#condividere #bullismo #educazione #severità #rigore #vandalismo #enucleare #tipizzare #alleanza #scaturire
Chiarimenti MIUR inerenti l'adozione dei libri di testo per l'a.s. 2015/2016.
Il MIUR ha fornito chiarimenti sulla adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2015/2016
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#mincho #argo #aia
Comunicazione MIUR inerente la funzione di rilevazione dei dati generali nelle scuole statali e non statali.
Il MIUR ha comunicato che dal 16/12/2016 al 18/01/2017 sono disponibili sul Sidi le funzioni di Rilevazione “Dati generali” per le scuole, statali e non statali, dell’Infanzia, Primarie e Secondarie di I e II grado
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