Area Tematica: Alunni, alunni portatori di disabilità
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Accesso atti: valutazioni/registri/elaborati/altri atti alunni
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Un alunno che non ha superato l’Esame di Stato del secondo ciclo di istruzione ha formulato, tramite il suo avvocato, un’istanza di accesso agli atti, finalizzata ad acquisire tutti gli atti della procedura d’esame.
1) L’intenzione dello scrivente è quella di procedere, con la collaborazione della segreteria, all’apertura del “plico” contenente i verbali della commissione e di redigere un verbale delle operazioni. Una procedura ampiamente consolidata nelle scuole, però, prevede l’apertura che il "plico" venga aperto alla presenza del presidente di commissione, all’uopo convocato. Si chiede se tale procedura sia una semplice prassi e se sia supportata da qualche riscontro normativo.
2) L’avvocato richiede, oltre alla documentazione relativa al proprio assistito, anche la documentazione di altri tre studenti, da lui individuati. Questo per “operare un raffronto finalizzato all’accertamento della legittimità del giudizio" formulato sul proprio assistito. Si chiede quali delle seguenti strategie sia la migliore:
a) soddisfare la richiesta, previa informativa ai controinteressati;
b) soddisfare solo parzialmente la richiesta, trasmettendo la documentazione relativa a tre studenti scelti dalla scuola e oscurandone i nominativi (anche se i punteggi li renderebbero, di fatto, ugualmente riconoscibili);
c) negare l’accesso agli atti relativi ad altri candidati.
3) Nell’ipotesi (b) di cui al precedente punto (2), i tre studenti i cui dati vengono "oscurati" sono da considerare comunque controinteressati e quindi devono essere informati?
Oltre alla normativa di rango legislativo (legge n.241/1990) e regolamentare (DPR 184/2006), deve trovare applicazione l’art.28 dell’O.M. n.10 del 2020 che recita:
“Gli atti e i documenti relativi agli esami di Stato sono consegnati con apposito verbale al dirigente scolastico o a chi ne fa le veci, il quale è responsabile della loro custodia e della procedura di accesso ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241. In caso di accoglimento delle istanze di accesso il dirigente scolastico, alla presenza di due membri del personale dell’istituzione scolastica, procede all’apertura del plico sigillato redigendo apposito verbale sottoscritto dai presenti, che sarà inserito nel plico stesso da sigillare immediatamente dopo”.
Da quanto precede, quindi, non è indispensabile la presenza del presidente della Commissione.
Tuttavia, si osserva che molto probabilmente all’accesso potrà seguire il ricorso al Tribunale Amministrativo volto ad ottenere l’annullamento del giudizio negativo. Come da prassi, inoltre, il ricorso giurisdizionale recherà anche un’istanza cautelare e urgente, con fissazione dell’udienza di discussione in tempi estremamente ravvicinati. In questa prospettiva, può dunque essere opportuno allertare il presidente della commissione, affinché questi faccia in modo di predisporre in tempo utile una relazione sui fatti da inviare alla competente Avvocatura dello Stato che ne farà richiesta.
Per quanto attiene alla richiesta di estrarre copia dei documenti che riguardano altri studenti, le opzioni indicate nel quesito non appaiono del tutto soddisfacenti.
Invero, l’ipotesi sub a) (soddisfare la richiesta dandone notizia ai controinteressati) è manifestamente illegittima: i controinteressati devono poter interloquire PRIMA della decisione finale dell’amministrazione. Si rinvia al DPR 184/2006 (in particolare l’art.3).
L’ipotesi b) non risolve nulla: non soddisfa l’istanza e, comunque, espone all’invasione della propria sfera privata altri soggetti senza che questi ne abbiano notizia, nemmeno successiva.
La terza ipotesi sembra preferibile, ma con alcune doverose precisazioni.
Occorre anzitutto rammentare che un diniego parziale espone l’amministrazione al rischio di un contenzioso, cosicché è fondamentale che il rifiuto sia sorretto da adeguata motivazione e preceduto da una procedura corretta. In tal senso, si suggerisce di concedere subito gli atti del richiedente e di differire provvisoriamente l’accesso agli atti relativi ai tre studenti. Il differimento conterrà una richiesta di chiarimenti così formulata: “poiché l’esame di stato attiene a una procedura di natura non competitiva e l’art.24, comma 3, della legge n.241/1990 non prevede istanze finalizzate a un controllo generalizzato dell’operato della p.a., si prega di meglio esplicitare l’interesse alla conoscenza degli atti relativi agli esami sostenuti da …. . Si resta in attesa di tempestivo riscontro, riservando all’esito ogni determinazione al riguardo”.
Una volta ottenuto il chiarimento, il dirigente potrà, alternativamente: respingere motivatamente l’istanza, oppure, notificare l’istanza “in parte qua” ai controinteressati, acquisire le loro osservazioni (e la loro eventuale opposizione) e quindi decidere definitivamente alla luce di quanto emerso nell’istruttoria.
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Sentenza 02/01/2018 n° 28
Area: Giurisprudenza
E’ illegittimo il silenzio serbato dall’amministrazione sulla domanda di accesso agli atti inoltrata da un’insegnante in riferimento alla intervenuta assegnazione di una cattedra presso altro istituto laddove l’istante sia titolare di una cattedra analoga ed abbia partecipato alla procedura di mobilità, trattandosi di un interesse diretto, concreto e attuale. Non vi sono ragioni che ostano alla richiesta esibizione documentale non recando la stessa alcun pregiudizio ad una peraltro non configurabile, nella specie, sfera di riservatezza del controinteressato, destinatario dell’assegnazione cui in sostanza aspirava la ricorrente, né tantomeno a interessi pubblici confliggenti con l’esigenza conoscitiva della ricorrente.
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#accesso agli atti amministrativi#personale dipendente: trasferimento#personale docente#procedimento amministrativo#accesso #cattedra #serbare #silenzio #assegnazione #ricorrente #documento #interesse #liceo #istanza
Sentenza 24/11/2016 n° 11777
Area: Giurisprudenza
Sussiste interesse all'accesso di chi ha partecipato ad una procedura selettiva limitatamente a quanto concerne gli atti della commissione giudicatrice della procedura. Quanto ai restanti atti diversi da quelli della procedura e riguardanti un vasto ambito di attività amministrativa, la domanda di accesso è inammissibile, in quanto preordinata a un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione, vietato dall'art. 24, comma 3, della L. n. 241 del 1990. L'accesso agli atti amministrativi non può tradursi in un onere di ricerca e di elaborazione da parte dell'Amministrazione, che contrasterebbe con l'esigenza di non pregiudicare, attraverso l'esercizio del relativo diritto, il buon andamento dell'Amministrazione, riversando sulla stessa l'onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività. Costituisce invero, in materia di diritto di accesso, principio fondamentale quello per cui l'accesso non può ridondare in attività di ricerca ed elaborazione dati, sicché la richiesta di accesso non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati, ovvero riferita ad una pluralità di atti della cui ricerca deve farsi carico l'Amministrazione, seppur sulla base di criteri indicati dal richiedente (da ultimo, Tar Lazio, Roma, II, 10 settembre 2015, n. 11180).
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#accesso agli atti amministrativi#atto e documento amministrativo#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#dsg #pcm #autocertificare #silenziodiniego #preannunziare #sbarramento
Sentenza 02/02/2010 n° 1029
Area: Giurisprudenza
In astratto è legittimo l'interesse del docente a verificare che l'amministrazione scolastica abbia agito correttamente applicando benefici, quale ad esempio il trasferimento di un lavoratore, solo a seguito dell'accertamento da parte di una Commissione medica della A.S.L. dell'esistenza di una patologia invalidante. Tuttavia è fatto divieto alla P.A. di concedere l’accesso ad atti o documenti contenenti dati personali c.d. "ultra sensibili" e/o "supersensibili", quando l’interesse giuridico dell’istante è inferiore rispetto al diritto alla riservatezza del titolare dei suddetti dati. L’Ufficio Scolastico è legittimato a rigettare un’istanza di accesso di una docente relativa ai documenti e titoli di altro docente che hanno consentito a quest’ultimo di superare la richiedente nella graduatoria dei soprannumerari.
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#accesso agli atti amministrativi#personale dipendente: trasferimento#privacy e trattamento dei dati personali#ultra
Sentenza 24/01/2018 n° 89
Area: Giurisprudenza
Il diritto di accesso documentale ex art. 22 L. n. 241/1990 presuppone che l'istante sia titolare di un interesse diretto, concreto e attuale. L'essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l'interesse rivendicato possa considerarsi "diretto, concreto e attuale", essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento. Sussiste il diritto di un candidato che ha partecipato ad una procedura selettiva e che è stato dalla stessa escluso, di accedere agli atti attinenti alla situazione giuridicamente rilevante relativa alla sua posizione di concorrente alla stessa. (Nel caso di specie il TAR accoglie il ricorso di un assistente amministrativo a tempo indeterminato avverso il diniego opposto dall’USR di accesso agli atti relativi alla procedura di sostituzione del DSGA. Affermando il principio di cui alla massima, il TAR evidenzia che l’istanza di ostensione azionata dal ricorrente sia accoglibile, attesa, da un lato, la partecipazione del dipendente al procedimento per la formazione della graduatoria provinciale per le assegnazioni provvisorie del personale ATA per l’anno scolastico 2016/17 e, dall’altro, l’evidente rapporto di pregiudizialità rispetto all’aspettativa di ricoprire un incarico della conoscenza delle modalità di individuazione dei soggetti idonei all’assegnazione).
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Sentenza 20/12/2000 n° 2280
Area: Giurisprudenza
Nei rapporti tra diritto di accesso e tutela alla riservatezza dei terzi in materia scolastica, di fronte a documenti che riguardano la vita privata o la riservatezza di terzi, i richiedenti non possono ottenere copia degli stessi, ma possono solo prendere visione degli atti nei limiti in cui la «conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici». Il genitore ha diritto a conoscere l’andamento scolastico del figlio, ma non a prendere visione degli atti relativi a verifiche e a valutazioni degli altri alunni della classe, in quanto ininfluenti per la difesa degli interessi dell’istante.
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Sentenza 13/02/2018 n° 947
Area: Giurisprudenza
Sussiste in capo al docente di una istituzione scolastica nonché RSU della stessa il diritto di accesso all’elenco dei docenti percettori del bonus di merito con i relativi compensi distribuiti nonché al verbale del comitato di valutazione che approvava i criteri di riparto degli stessi per l’anno scolastico 2016-2017. (Il TAR riconosce la sussistenza dell'interesse ex L. n. 241 del 1990 in capo al richiedente all’effettiva conoscenza di atti incidenti sul suo duplice ruolo, affermando poi che "non emergono – né l’amministrazione, benché in tal senso compulsata, ha dedotto e provato profili ostativi a siffatta esigenza, serbando, sia in sede procedimentale che processuale, un contegno di sostanziale inerzia - profili ostativi ex art. 24 L. 241/1990 secondo la restrittiva interpretazione che, in quanto eccezione al principio generale di trasparenza, agli stessi deve essere fornita". In senso opposto, è la decisione del TAR Emilia-Romagna, Sede di Bologna - Sezione Prima - del 03/08/2017 n. 585##375L che afferma invece la legittimità del provvedimento con cui un dirigente scolastico ha negato l’accesso agli atti della distribuzione del bonus premiale di cui ai commi 126 e ss della L. n. 107 del 2015 limitatamente alla identità dei docenti percettori di tale bonus sull’istanza di un docente cui lo stesso non era stato invece erogato, affermandosi che la conoscenza delle generalità dei colleghi beneficiari del premio non ha alcuna utilità per le finalità che legittimano l’istante all’accesso (nel caso, accesso difensivo) ed i documenti già forniti (tra i quali i provvedimenti di conferimento ai colleghi anonimizzati) consentono di fare tutte le valutazioni per la tutela dei suoi interessi. Non vi sono infatti nel caso controinteressati poiché l’eventuale giudizio per ottenere il premio di produttività da cui fosse stato ingiustamente escluso il docente istante non comporta la necessità di coinvolgere gli insegnanti che hanno fruito del premio. Quest’ultimo infatti non costituisce l’esito di un concorso con un numero prefissato di vincitori; laddove fosse riconosciuta valida la pretesa dell’istante di ottenere il premio, ciò non comporterebbe la decurtazione pro-quota dell’identico emolumento dato agli altri colleghi. Nello stesso senso, il Consiglio di Stato, Sezione Sesta che nella sentenza 18/12/2017 n. 5937##593L afferma l'assenza di interesse di una organizzazione sindacale alle informazioni nominative sulla distribuzione del bonus al personale docente, in assenza di indicazione nella domanda di accesso delle specifiche ragioni che renderebbero necessaria la conoscenza dell’ammontare erogato a ciascun docente, diversamente apparendo l'istanza preordinata ad un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione. D'altro canto, il T.A.R. LAZIO - ROMA Sezione Terza Bis con sentenza del 3/08/2017, n. 9176##595 ha dichiarato illegittimo il silenzio serbato dall'amministrazione circa l’istanza di accesso agli atti avente ad oggetto la documentazione relativa al procedimento di concessione del bonus docenti, ivi compresi destinatari e importi, proposta da un docente che ha ottenuto il diniego al predetto bonus. Insomma, la giurisprudenza richiamata, ferma restando l'accessibilità dei criteri di valutazione nonché degli esiti della distribuzione in forma aggregata, peraltro oggetto di obbligo di pubblicazione, consente di affermare che non è certamente legittimo il silenzio sull'istanza avente ad oggetto l'elenco nominativo dei docenti percettori del bonus. Ad oggi, solo il T.A.R. Emilia-Romagna sembra essersi pronunciato su un provvedimento di diniego esplicito, motivato sul disconoscimento dell'interesse alla conoscenza della identità dei colleghi percettori (si noti, inoltre, che in quel caso, al docente istante era stata consegnata una copia "anonimizzata" del provvedimento di distribuzione).
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#accesso agli atti amministrativi#bonus del personale docente#bonus #percettore #accesso #premio #collega #interesse #distribuzione #istante #istanza #docente
Sentenza 30/03/2000 n° 1044
Area: Giurisprudenza
L’occupazione per fini dimostrativi e di protesta di un edificio scolastico da parte degli studenti non integra il reato di cui all’art. 633 c.p., in quanto la norma punisce l’invasione di edifici, condotta che presuppone una intromissione dall’esterno con modalità violente e che non è integrata allorquando, dopo un ingresso legittimo nell’edificio, la successiva permanenza non sia più consentita. L’”altruità” dell’edificio occupato, richiesta dall’art. 633 c.p. per l’integrazione del reato, non è declinabile nel rapporto tra studenti ed edificio scolastico in quanto, pur essendo innegabile che le mura e le sue attrezzature appartengano ad altri, gli studenti non sono semplici frequentatori dell’edificio, ma soggetti attivi della comunità scolastica, con la conseguenza che non sembra configurabile un loro limitato divieto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività didattica in senso stretto.
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Sentenza 19/06/2018 n° 6849
Area: Giurisprudenza
Va affermato il diritto dei genitori, ancorché separati, di conseguire visione e copia dei documenti di scrutinio dei figli, sia ove ineriscano a compiti in classe che ad attestazioni ufficiali tratte dai registri di classe, che ai documenti valutativi di sintesi (c.d. pagelle). Va altresì affermato il diritto del genitore separato, quantunque in ipotesi non affidatario dei figli, di prendere visione ed estrare copia degli atti concernenti il percorso scolastico dei figli, senza che la spettanza di tale diritto sia subordinata ad autorizzazione o altro atto di assenso del Tribunale ordinario competente in sede id adozione di provvedimenti riguardanti i figli. Non ricorre nel caso la fattispecie di esclusione al diritto di accesso prevista dall'art. 24 L. n. 241/1990 relativa ai “procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinali relativi a terzi”, considerando che gli scrutini degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado non hanno carattere e natura selettivi, non consistendo in una selezione a merito comparativo, ma in un vaglio della loro preparazione in senso assoluto, ovverosia senza il confronto con altre posizioni. Né alla richiesta può essere opposta la norma generale in ossequio alla quale “non sono ammissibili istanza di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, posto che detta norma esclude che l’azione di accesso possa rivestire i connotati della actio popularis, disancorata al radicamento di un interesse personale e qualificato dell’istante, avendo il ricorrente domandato l’accesso dei compiti e delle relative annotazioni riguardanti il figlia minore. (Afferma in particolare il T.A.R.: "Non va al riguardo obliterato che la pretesa di un genitore di ottenere copia dei compiti svolti dal figlio e delle relative annotazioni valutative operate dai docenti, è funzionale all’obiettivo educativo di prendere contezza delle carenze nell’apprendimento e nel processo cognitivo del figlio, constatare quali possano essere le lacune culturali onde predisporre eventuali percorsi privati di sostegno e recupero scolastico. More solito gli stessi docenti privati di recupero domandano di poter visionare i compiti svolti dall’allievo al fine di appurare quali siano le faglie nella preparazione relativa alle singole materie di studio. [....]. Si è invero condivisibilmente affermato che “La qualità di genitore, anche se non affidatario del figlio in seguito alla separazione con l'altro coniuge, conferisce il diritto ad accedere alle informazioni relative alla frequenza del proprio figlio nella scuola (riguardanti, nella specie, il numero ed i motivi delle assenze, il numero dei pasti consumati e l'avvenuta - o meno - preiscrizione all'anno scolastico successivo); tale diritto non è condizionato ad un'eventuale autorizzazione da parte del tribunale, dal momento che la stessa veste di genitore legittima ad esercitare il diritto-dovere di vigilanza sull'educazione, sull'istruzione e sulle condizioni di vita del figlio anche attraverso la verifica delle concrete modalità d'inserimento nella scuola dallo stesso frequentata (T.A.R. Lazio – Latina, 9.7.2002 n. 753).”)
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Sentenza 21/03/2018 n° 1823
Area: Giurisprudenza
Il passaggio orizzontale degli studenti alla classe corrispondente di altro istituto scolastico, attraverso la previsione di “misure idonee” (consistenti in attività integrative, di sostegno, di affiancamento, di indirizzo), è facoltà contemplata dal vigente ordinamento fin dal DPR 275/1999 e ribadita dal d.lgs. 226/2005 e non risulta successivamente abrogata, in via espressa o tacita, dalla normativa sopravvenuta. Né può validamente affermarsi che i passaggi orizzontali fra diversi tipi ed indirizzi di studio implichino esami di promozione e di idoneità, richiesti, invece, per il passaggio da una classe inferiore ad una superiore, stante l’abrogazione in parte qua dell’art. 192 d.lgs. n. 297/1994 . (Con la presente pronuncia, in applicazione del principio sopra enunciato, il Consiglio di Stato conferma le conclusioni già raggiunte in primo grado, annullando i provvedimenti con i quali l’’Amministrazione aveva revocato la parità scolastica agli istituti scolastici ricorrenti)
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Sentenza 30/03/2011 n° 855
Area: Giurisprudenza
La sanzione di un giorno di sospensione, inflitta all’intera classe, va configurata come un atto plurimo scomponibile in tanti provvedimenti singolari quanti sono i destinatari e non come provvedimento diretto a punire una responsabilità collettiva, a prescindere dalla responsabilità della condotta al singolo. L’affermato carattere individuale dell’atto trova conferma nell’osservazione che l’eventuale annullamento giurisdizionale esplicherebbe effetti nei confronti del solo ricorrente, senza possibilità di estensione nei confronti degli altri studenti colpiti da analoga sanzione e, inoltre, nella considerazione che la fonte della responsabilità disciplinare, nel caso de quo, è riconducibile ad un comportamento individuale omissivo consistente nella mancata dissociazione del singolo dalla condotta riprovevole tenuta in classe nei confronti di un docente. Il provvedimento sanzionatorio privo dell’indicazione dei fatti costitutivi della responsabilità disciplinare, ma contenente il richiamo al verbale del Consiglio di Classe in cui erano evidenziati i requisiti della fattispecie, non è affetto da carenza di motivazione. Infatti, la motivazione di un provvedimento amministrativo può essere legittimamente resa ob relationem ad altro atto, di cui non è necessaria l’allegazione o la notifica, essendo sufficiente che lo stesso sia reso disponibile all’interessato attraverso il procedimento di accesso agli atti ex l. 241/1990. L’esecuzione della sanzione prima del decorso del termine stabilito nel verbale del Consiglio di Classe configura una mera irregolarità che non inficia la legittimità del provvedimento. La finalità del termine era, infatti, quella di consentire agli interessati la presentazione del ricorso, effetto che è stato, comunque, raggiunto. Pertanto, in applicazione dell’art. 21-octies l. 241/1990 e del principio del raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa in esso codificata, è fatto divieto al giudice di annullare l’atto affetto da violazioni formali di norme procedimentali che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del provvedimento stesso. (Sulla ammissibilità della motivazione ob relationem: Cons St. sez. IV, sent. 3 febbraio 2006 n. 477; Cons. st. sent. 23 novembre 2002 n. 6444; Cons. St. sent. 20 dicembre 2000 n. 5619. Sui vizi non invalidanti del provvedimento: Cons. St. sez. V, sent. 7 settembre 2009 n. 5235, Cons. St. sez. IV sent. 13 marzo 2008, Cons. St. sez. IV sent. 10 ottobre 2007 n. 5314.)
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#octies #scomporre #pastello #correità #omertà #cera #pezzetto #oscillazione #cospetto
Sentenza 05/03/2018 n° 70
Area: Giurisprudenza
E’ infondato il ricorso proposto avverso il giudizio di non ammissione alla classe successiva poiché, secondo giurisprudenza consolidata in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Qualora il ricorrente deduca, a sostegno del ricorso, la mancata attivazione dei corsi di recupero in tutte le materie in cui lo studente risultava deficitario, si osserva che, come già affermato in giurisprudenza, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove, poiché il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente, sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Non risulta fondata l’eccezione relativa al mancato coinvolgimento dei genitori, considerato che, grazie alla possibilità di accesso al registro elettronico, questi ultimi, se interessati, sono in condizione di monitorare costantemente il rendimento del proprio figlio.
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#amministrazione digitale#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#studente #classe #giudizio #recupero #voto #ammissione #scrutinio #ricorso #lingua #trimestre
Sentenza 05/04/2006 n° 1030
Area: Giurisprudenza
In relazione alla conoscibilità di dati comuni (non sensibili o giudiziari) l'art. 59 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 prevede che, il bilanciamento tra diritto di accesso agli atti amministrativi e protezione dei dati personali contenuti nei documenti richiesti, trovi esclusiva disciplina nelle disposizioni in materia di accesso, con applicazione della L. 241/1990. Deve quindi essere accordato il diritto di accesso a conoscere il nominativo del soggetto che ha formulato una segnalazione, laddove si ritenga di avere subito, da tale segnalazione, un danno all'onorabilità e alla reputazione. L'esigenza di tutelare la riservatezza sui dati personali dell'esponente non sarebbe di ostacolo all'accesso laddove, come nel caso di specie, esso venga esercitato per tutelare interessi giuridici del richiedente.
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Sentenza 02/11/2016 n° 800
Area: Giurisprudenza
Le valutazioni del Consiglio di classe relativamente alla promozione di un alunno costituiscono espressione di un giudizio di discrezionalità tecnica che spetta in via esclusiva a tale organo collegiale. Tale giudizio non è sindacabile in sede giurisdizionale dal giudice amministrativo se non nei ristretti limiti del difetto di motivazione, della carenza d’istruttoria e dell’illogicità manifesta. Ciò può accadere nelle ipotesi limite caratterizzate da situazioni di fatto controverse e contraddittorie oppure da circostanze del tutto peculiari. (Nel caso esaminato dalla sentenza la situazione di fatto è stata ritenuta “già di per sé esplicativa”, essendo i fatti chiari. Precisamente un alunno minore frequentante la III classe di un Istituto Comprensivo non è stato ammesso a sostenere l’esame di Stato avendo ottenuto il voto di 5 in “comportamento” nel secondo quadrimestre, per aver commesso atti vandalici cagionando danni ingenti alla scuola al di fuori dell’orario delle lezioni. Precisamente, erano stati asportati oggetti e materiali didattici e i locali della scuola erano stati resi inagibili, con spargimento del liquido contenuto negli estintori sui pavimenti e sugli arredi. I Giudici hanno ritenuto che nel caso il voto di condotta fosse pienamente giustificato e che non fosse necessaria alcuna particolare motivazione a sostengo dei provvedimenti assunti dalla scuola. Infatti, è vero che la determinazione del giudizio complessivo circa la condotta dello studente è soggetta ad una valutazione che deve tenere conto della personalità complessiva dell’alunno e del suo generale modo di rapportarsi ad insegnanti e compagni per trarne conclusioni ben ponderate sulla maturità complessiva della persona e sulla sua capacità di interazione con l’ambiente circostante; ma è altrettanto vero che l’assoluta gravità di singoli episodi può condizionare il giudizio negativamente, come nel caso in esame).
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#istruzione secondaria di primo grado#organi collegiali#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#studenti: valutazione del comportamento#liquido #spargimento #stabilito #vicepreside #spargere
Ordinanza 27/12/2017 n° 30987
Area: Giurisprudenza
In tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico privatizzato, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi. Sussiste, pertanto, la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di impugnazione di atti organizzativi della Pubblica Amministrazione di contenuto generale sulla definizione delle linee fondamentali di organizzazione delle cattedre di insegnamento, anche in termini di rilevanza e di modalità di conferimento della loro titolarità, oltre che di determinazione delle complessive dotazioni organiche D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 2, comma 1. (La fattispecie oggetto della Sentenza delle Sezioni Unite concerneva la richiesta di annullamento del prospetto delle disponibilità e del provvedimento di trasferimento per mobilità in relazione alla cosiddetta fase "A" di tale procedura nella parte in cui erano omesse le riferite specifiche previsioni ed attribuzioni)
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#questioni processuali: giurisdizione#personale dipendente: trasferimento#giurisdizione #mobilità #titolarità #prospetto #cattedra #insegnamento #giudice #organizzazione #sez
Sentenza 25/11/2013 n° 614
Area: Giurisprudenza
Sono presupposti indefettibili del legittimo esercizio del potere di autotutela c.d. decisoria, l'esistenza e l'acclaramento di un vizio di legittimità originario che affligga il provvedimento oggetto dell'autotutela decisoria e il richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico al suo annullamento d'ufficio, idoneo, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, a giustificare il sacrificio di quello privato. Nella specie, l’affermata impossibilità di “ricostruire compiutamente i lavori svolti dalla commissione di gara”, di “correggere refusi relativi all’attribuzione dei punteggi senza che ciò comporti una rivalutazione ex post dei progetti tecnici” e di “verificare compiutamente tutta l’attribuzione dei punteggi in quanto non tutti i punteggi sono riportati nelle minute” s’appalesa, contrastante con l’interesse pubblico all’efficienza amministrativa e gestionale ed irragionevolmente penalizzante per l’impresa vulnerata dall’atto di autotutela, anche avuto riguardo al fatto che la correttezza e veridicità dei punteggi assegnati alle imprese partecipanti in corso di gara e riportati nei relativi atti e verbali, sulla cui scorta è stata disposta l’aggiudicazione definitiva a favore dell’odierna ricorrente, non sono state messe in discussione né dagli altri componenti della commissione di gara, né dalle altre concorrenti, né, tanto meno, dalla stessa Amministrazione. In tema si veda anche TAR Bologna, sent. 12 febbraio 2017 n. 127##351L.
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#autotutela#procedimento amministrativo#gradire #refuso #minuta #cds #animazione #minute #frustrazione #costrutto #instillare #emersione
Sentenza 28/10/2010 n° 4459
Area: Giurisprudenza
Ferma la discrezionalità dell’amministrazione scolastica nel valutare l’opportunità di irrogare una certa sanzione, il cinque in condotta assegnato nello scrutinio finale è motivato dal fondato giudizio di “allarme sociale” espresso sul comportamento dello studente. Né su tale valutazione può incidere la circostanza che, all’epoca della commissione dei fatti, nessun adulto fosse presente, in quanto ciò non può comportare un trasferimento di responsabilità in capo alla scuola per un’eventuale omessa vigilanza e, comunque, non esclude che la responsabilità del discente sia stata accertata mediante un’adeguata istruttoria. Peraltro, a tale ultimo proposito, lo studente ricorrente nei propri scritti non ha mai negato la propria partecipazione ai fatti addebitatigli, con ciò affievolendo l’onere probatorio della scuola, che, dunque, può ritenersi soddisfatto pur in mancanza di una testimonianza di una persona adulta. (I fatti di causa riguardano un episodio di danneggiamento avvenuto all’interno della scuola durante l’ultimo giorno di lezioni. Il Giudice amministrativo sottolinea tale circostanza per affermare che il provvedimento in questione è stato emanato anche in considerazione dell’impossibilità di esperire interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità prima del termine dell’anno scolastico e sottolinea che, nel caso di specie, il giudizio di “allarme sociale” espresso sul comportamento dello studente si fonda sulla eloquente documentazione fotografica, sulla mancata smentita della partecipazione ai fatti dello studente, già reo confesso di precedenti atti di danneggiamento, e sul comportamento complessivo tenuto dallo studente stesso, più volte destinatario di richiami nel corso dell’anno scolastico.)
KEYWORDS
#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#malafede #addebitatigli #ipssctp #commutare #calderone #recidivo #superfluità
Sentenza 21/06/1985 n° 242
Area: Giurisprudenza
Costituisce principio generale quello in base al quale le deliberazioni degli organi collegiali sono approvate a maggioranza assoluta dei presenti: tale principio fondamentale va interpretato nel senso che, ai fini della validità sia delle riunioni sia delle deliberazioni, i membri astenuti devono essere computati ai fini della formazione, rispettivamente, sia del c.d. quorum strutturale, sia del c.d. quorum funzionale. Ciò significa che, nel calcolo dei voti necessari per il raggiungimento della maggioranza assoluta, gli astenuti devono essere considerati presenti e dunque concorrono al calcolo dei quorum. Ciò in quanto coloro che decidono di astenersi in una votazione non possono essere considerati dei soggetti meramente indifferenti rispetto alla proposta da approvare (che rispetto a tale proposta si rimettono alla decisione degli altri votanti senza inserirsi nella procedura di voto); gli astenuti vanno infatti considerati come membri dell'organo collegiale che, di fronte ad una proposta concreta posta in votazione, decidono di non approvare tale proposta, in quanto, se intendessero approvarla, essi esprimerebbero senz'altro voto positivo. Nel caso concreto esaminato dal Consiglio di Stato, su un totale di undici membri componenti la Commissione, vi è stato un solo voto favorevole, mentre dieci membri si sono astenuti. Pertanto, conformemente al principio generale sopra illustrato, la maggioranza dei presenti (anche se astenuti) non si è espressa favorevolmente alla proposta da votare. Pur non essendo la sentenza relativa agli organi collegiali della scuola, il principio enunciato risulta coerente con la previsione del terzo comma dell’art. 37 D.Lgs. n. 297/1994 e quindi estensibile a tale ambito.
KEYWORDS
#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#titolazione #stringare #commerciante #insediare
Sentenza 07/02/2008 n° 812
Area: Giurisprudenza
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi presuppone che vi sia un interesse “per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, che la documentazione richiesta sia direttamente riferibile a tale interesse e che l'istanza sia indirizzata nei confronti di uno dei soggetti rientranti nel novero di cui all'art. 23 L. 241/1990. Pertanto sussiste l’interesse all'accesso del partecipante a concorso relativo a trasferimento relativamente agli atti della procedura. L’interesse all'accesso del docente concorrente, prevale sul diritto alla riservatezza degli altri partecipanti in quanto la documentazione prodotta ed i titoli preferenziali presentati sono oggetto di valutazione comparativa.
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#accesso agli atti amministrativi#personale dipendente: trasferimento#privacy e trattamento dei dati personali#nono #ricollegabile
Sentenza 16/06/2017 n° 675
Area: Giurisprudenza
Accesso agli atti previsto dagli artt. 22 ss della L. n. 241 del 1990 e accesso civico previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 33 del 2013, come modificato dal D.Lgs n. 97 del 2016, pur nella comune ispirazione al principio di trasparenza, che si vuole affermare con sempre maggiore ampiezza nell’ambito dell’amministrazione pubblica hanno differenti finalità e disciplina. Il sistema nel suo complesso dà così luogo a vari tipi d’accesso, con diverse finalità e metodi d’approccio alla conoscenza ed altrettanti livelli soggettivi di pretesa alla trasparenza dei pubblici poteri. Il diritto d’accesso agli atti amministrativi ex L. n. 241 non è connotato da caratteri di assolutezza e soggiace, oltre che ai limiti di cui all’art. 24 della l. 241/1990, alla rigorosa disamina della posizione legittimante del richiedente, il quale deve dimostrare un proprio e personale interesse (non di terzi, non della collettività indifferenziata) a conoscere gli atti e i documenti richiesti. Il diritto di accesso ex D.Lgs n. 33 del 2013 e D.Lgs. n. 97 del 2016 è svincolato da una posizione legittimante differenziata (art. 5 del decreto n. 33 del 2013 nel testo novellato) e, al contempo, sottopone l’accesso ai limiti previsti dall’articolo 5 bis. In tal caso, la P.A. intimata dovrà in concreto valutare se i limiti ivi enunciati siano da ritenere in concreto sussistenti, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, a garanzia degli interessi ivi previsti e non potrà non tener conto, nella suddetta valutazione, anche le peculiarità della posizione legittimante del richiedente. Il diritto di accesso ex art. 5 D.Lgs. n. 33 del 2013 alle informazioni relative alla distribuzione del bonus previsto dai commi 126 e ss della L. n. 107 del 2015 è limitato alle informazioni da rendere pubbliche in base all’art. 20 dello stesso D.Lgs. n. 33. In base a tale referente normativo, non emerge l’obbligo di pubblicare e/o divulgare i dati relativi ai singoli importi con l’indicazione dei relativi docenti. Spetta all'Organizzazione sindacale il diritto di accesso ex art. 5 D.Lgs. n. 33 del 2013 ai documenti di cui alla distribuzione del bonus previsto da dai commi 126 e ss della L. n. 107 del 2015 limitatamente ai criteri deliberati dal Comitato di valutazione. Non spetta all’Organizzazione sindacale il diritto di accesso ex artt. 22 ss L. n. 241 del 1990 ai documenti di cui alla distribuzione del bonus previsto dai commi 126 e ss della L. n. 107 del 2015 nel caso in cui abbia dichiarato di agire non già ai fini di tutela dei propri diritti e prerogativa, ma in rappresentanza dei propri iscritti senza avere indicato il nominativo almeno di qualcuno di essi. (Il ricorso aveva ad oggetto la legittimità del diniego espresso da un istituto scolastico all’istanza di accesso presentata da una O.S. intesa all’ostensione degli atti del procedimento finalizzato alla corresponsione del bonus premiale al personale docente. L’istanza in particolare riguardava i criteri individuati dal Comitato di valutazione, i nominativi dei docenti beneficiari, gli importi assegnati a ciascuno, i singoli provvedimenti di attribuzione. La sentenza è in linea con T.A.R. Puglia- Sezione Terza- Sentenza 16/06/2017 n° 664##365L che ha respinto identico ricorso, essendo risultato in punto di fatto che era stata data attuazione all’art. 20 del D.Lgs. n. 33/2013, con pubblicità delle informazioni ivi previste. In senso conforme, con particolare riferimento alla insussistenza di un diritto di conoscenza all’identità dei percettori del bonus, si veda anche T.A.R. VENETO - Sezione Prima - Sentenza 10/05/2017 n° 463##258L)
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#accesso agli atti amministrativi#bonus del personale docente#relazioni sindacali#accesso civico#salario #referente #misurazione #bat #singoli #importi #gaudieri #trasporre #dlg #prefetto
Sentenza 13/02/2018 n° 1670
Area: Giurisprudenza
I ricorsi avverso il PEI ed il verbale GLI rientrano nella giurisdizione del GA, in quanto trattasi di controversie concernenti un pubblico servizio (l’istruzione) ex art. 133, coma 1 lett. c) c.p.a. nelle quali sono ravvisabili posizioni di interesse legittimo, poiché tali dell’Amministrazione scolastica sono posti in essere nell’esercizio di un ampio potere tecnico-discrezionale. Come già riconosciuto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2023/2017, in sede di formulazione del PEI il GLOH elabora proposte finalizzate all’educazione e all’istruzione del disabile, tra le quali rientra la determinazione del numero di ore di sostegno, lasciando a carico degli altri attori istituzionali la fornitura delle risorse necessarie. Il GLOH, quando propone il numero delle ore di sostegno, tiene conto della fascia di gravità dell’handicap, per cui propone per la disabilità grave o gravissima la copertura della totalità dell’orario scolastico di un insegnante di sostegno, per la disabilità media circa la metà e per la disabilità lieve poco meno della metà. Tali orari corrispondono a 25 ore settimanali per la scuola dell’infanzia, a 22 ore settimanali per la scuola primaria e a 18 ore per la scuola secondaria, di primo o di secondo grado. Pertanto, vanno annullati i provvedimenti con i quali si sono riconosciuti a un alunno di scuola prima e a un alunno di scuola secondaria di primo grado, entrambi affetti da handicap grave, un numero di ore inferiore rispettivamente a 22 e 18. La richiesta di ottenere una statuizione in ordine alle ore di sostegno anche per gli anni scolastici successivi non trova generalmente accoglimento, stante la presumibile mutevolezza delle condizioni di salute del discente disabile. Tuttavia, nel caso di specie, in considerazione della situazione di particolare gravità dell’handicap, si ritiene di poter estendere gli effetti della presente pronuncia, riconoscendo il rapporto 1/1 del sostegno anche ai successivi anni scolastici della scuola dell’obbligo, a condizione che continui a permanere lo stato di disabilità grave e che lo studente continui a frequentare il medesimo istituto. (Nell’aderire alle conclusioni raggiunte dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 2023/2017, il TAR Lazio sembra ammettere una sorta di automatismo tra la proposta formulata dal GLOH con riferimento alle numero di ore di sostegno per ciascun alunno disabile ed il relativo provvedimento di assegnazione, per cui lo stesso, sul punto, non potrebbe discostarsi dalla proposta. Inoltre, la presente pronuncia si segnala per aver eccezionalmente esteso l’efficacia della statuizione anche agli anni scolastici successivi. Solitamente la giurisprudenza amministrativa, essendo il quadro clinico soggetto a mutevolezza, ha sempre ritenuto necessaria una valutazione anno per anno delle condizioni dello studente disabile, con conseguente rigetto in parte qua dei ricorsi. Nel caso di specie, però, il Giudice, alla luce della particolare gravità dell’handicap dello studente, ha ritenuto di poter effettuare una sorta di prognosi anticipata sulla irreversibilità della patologia, sì da riconoscere perdurante validità alla sua statuizione anche per gli aa.ss. successivi, pur nei limiti sopra indicati e riconoscendo i genitori e gli organi certificatori responsabili delle dichiarazioni anno per anno rese in ordine allo stato di salute del disabile.)
KEYWORDS
#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#questioni processuali: giurisdizione#studenti: integrazione e disabilità#sostegno #anno #alunno #disabilità #handicap #gloh #scuola #assegnare #istituto
n° 498
Area: Normativa
La destituzione, che consiste nella cessazione dal rapporto d'impiego, è inflitta:
a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell'esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
f) per gravi abusi di autorità;
KEYWORDS
#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#destituzione #scuola #concorso #funzione #distrazione #tolleranza #inottemperanza #compire #amministrare #commesso
24/05/2017 n° 5754
Area: Prassi, Circolari, Note
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione
Struttura Tecnica Esami di Stato
Ai Direttori Generali e Dirigenti titolari degli UU.SS.RR.
Al Sovrintendente Scol. per la scuola di lingua italiana-Bolzano
All’Intendente Scol. Per la scuola di lingua tedesca - Bolzano
All’Intendente Scol. per la scuola delle località ladine - Bolzano
Al Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta
LORO SEDI
Al Coordinatore della Struttura Tecni ca Esami di Stato
S E D E
e p.c. Al Capo di Gabinetto dell’On. Ministro
Al Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Al Direttore Generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica
Al Direttore Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione
Al Direttore Generale per le risorse umane e finanziarie
Al Direttore Generale per il Personale Scolastico
S E D E
All’Ufficio Stampa
S E D E
OGGETTO: Adempimenti di carattere operativo ed organizzativo relativi all’esame di Stato. Anno scolastico 2016-2017.
Con l’approssimarsi dei tempi d’inizio degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado, nello spirito della consueta collaborazione, si ritiene opportuno richiamare la particolare attenzione delle SS.LL. su tutti gli adempimenti di carattere tecnico-operativo ed organizzativo finalizzati al regolare svolgimento delle operazioni di esame dei quali le SS.LL. medesime e i Dirigenti scolastici dovranno farsi carico per la parte di rispettiva competenza con la sperimentata cura e tempestività.
INVIO DEL PLICO TELEMATICO
Particolare riguardo merita la scrupolosa osservanza delle disposizioni relative alle modalità di invio tramite il plico telematico delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio dell’istruzione secondaria di secondo grado anche sulla base della circolare prot. n.1382 del 21 aprile 2015 della Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica.
UTILIZZO DI LOCALI IDONEI, SICURI E ATTREZZATI
I locali individuati nelle scuole dovranno essere pienamente idonei allo svolgimento degli esami, sotto il profilo della sicurezza, dell’agibilità e dell’igiene, nonché dignitosi e accoglienti in modo da offrire un’immagine della Scuola decorosa e consona alla particolare circostanza.
Nel caso in cui i locali dovessero risultare insufficienti o inidonei in relazione al numero di candidati o per altri fatti e situazioni di carattere straordinario, si dovrà procedere in tempo utile al reperimento di altri ambienti, anche appartenenti ad altre istituzioni scolastiche, che abbiano i requisiti sopra indicati.
Per quel che concerne la sicurezza esterna dei locali utilizzati per lo svolgimento delle attività di esame, i relativi accessi, in particolare, dovranno essere muniti di serrature e chiavi perfettamente funzionanti e ciascuna Commissione dovrà poter disporre di un armadio metallico, adatto a custodire la documentazione relativa ai candidati, gli atti, gli elaborati, i registri e gli stampati.
I locali stessi dovranno essere attrezzati con fotocopiatrici perfettamente funzionanti, in modo da garantire che le tracce delle prove scritte siano riprodotte in un numero di esemplari esattamente corrispondente al fabbisogno dei candidati assegnati a ciascuna Commissione.
STRUTTURE, STRUMENTI E PERSONALE PER LE COMMISSIONI DI ESAME
Le Commissioni, per poter svolgere nella maniera più agevole i propri compiti (elaborazione di verbali e di atti, esame di testi e documenti, formulazione della terza prova, correzione degli elaborati e conservazione di atti e fascicoli, ecc.), utilizzando di norma le funzioni dell’applicativo “Commissione web”, dovranno essere messe in condizione di servirsi di computer collegati alla rete Internet e delle stampanti in uso nelle rispettive scuole.
Inoltre, dovranno essere messi a disposizione delle Commissioni, per le varie esigenze operative, il telefono, il fax, le attrezzature e i mezzi di comunicazione in dotazione.
Dovrà, inoltre, essere assicurata un’attività continua e puntuale di assistenza e di supporto alle Commissioni, garantendo, con un’adeguata preventiva programmazione, la presenza e la collaborazione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario presente in ciascuna istituzione scolastica nell’assolvimento, per la parte di rispettiva competenza, degli specifici e delicati compiti connessi allo svolgimento delle operazioni di esame.
In particolare, gli uffici di segreteria dovranno provvedere a caricare tutti i dati degli studenti necessari per l’utilizzo dell’applicativo “Commissione web”.
Dovranno, poi, essere preparati, con ragionevole anticipo, gli atti, i documenti, gli stampati e il materiale di cancelleria occorrenti alle Commissioni per l’espletamento del loro mandato; a tal fine può rivelarsi utile il riferimento al modello di “verbale di consegna al Presidente della commissione di esame dei registri, degli stampati, delle chiavi dei locali e della documentazione relativa ai candidati interni ed esterni”, facente parte dei modelli di verbali allegati all’annuale Ordinanza Ministeriale recante istruzioni, modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio del secondo Ciclo nelle scuole statali e paritarie.
UTILIZZO DI CELLULARI E APPARECCHIATURE ELETTRONICHE NEI GIORNI DELLE PROVE SCRITTE
I Dirigenti scolastici avranno cura di avvertire tempestivamente i candidati:
- che è assolutamente vietato, nei giorni delle prove scritte, utilizzare a scuola telefoni cellulari, smartphone di qualsiasi tipo, dispositivi di qualsiasi natura e tipologia in grado di consultare file, di inviare fotografie ed immagini, nonché apparecchiature a luce infrarossa o ultravioletta di ogni genere;
- che è vietato l’uso di apparecchiature elettroniche portatili di tipo palmare o personal computer portatili di qualsiasi genere in grado di collegarsi all’esterno degli edifici scolastici tramite connessioni wireless, comunemente diffusi nelle scuole, o alla normale rete telefonica con qualsiasi protocollo;
- che nei confronti di coloro che violassero tali disposizioni è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, la esclusione da tutte le prove di esame.
Le SS.LL vorranno ricordare tale divieto anche ai Presidenti ed ai Commissari, che hanno il compito di vigilare sul rispetto del divieto stesso, al fine di evitare il verificarsi di episodi che, oltre a turbare il sereno svolgimento delle prove scritte, risulterebbero gravemente penalizzanti per gli stessi candidati.
Analoga cura dovrà essere rivolta alla vigilanza sulle apparecchiature elettronico-telematiche in dotazione alle scuole, al fine di evitare che durante lo svolgimento delle prove scritte se ne faccia un uso improprio.
UTILIZZO RISTRETTO DELLA RETE INTERNET NEI GIORNI DELLE PROVE SCRITTE
Tenuto conto della necessità di consentire l’espletamento delle operazioni di estrazione e stampa delle tracce delle prove scritte, inviate con la modalità del plico telematico, in ognuno dei giorni dedicati a tali prove, sarà consentito, fino al completamento della stampa delle tracce relative, rispettivamente, alla prima prova scritta, alla seconda prova scritta e, eventualmente, alla quarta prova scritta, il collegamento con la rete INTERNET esclusivamente da parte dei computer utilizzati:
1) dal Dirigente scolastico o di chi ne fa le veci;
2) dal Direttore dei servizi generali ed amministrativi, ove autorizzato dal Dirigente scolastico o da chi ne fa le veci;
3) dal Referente o dai Referenti di sede.
Nel corso dello svolgimento delle prove scritte dovrà essere disattivato il collegamento alla rete Internet di tutti gli altri computer presenti all’interno delle sedi scolastiche interessate dalle prove scritte.
Saranno, altresì, resi inaccessibili aule e laboratori di informatica.
Inoltre, al fine di garantire il corretto svolgimento delle prove scritte, la Struttura Informatica del Ministero vigilerà, in collaborazione con la Polizia delle Comunicazioni, per prevenire l’utilizzo irregolare della rete INTERNET da parte di qualunque soggetto e delle connessioni di telefonia fissa e mobile.
CASI SPECIFICI
Si richiama l’attenzione sulle disposizioni contenute nella nota prot.n.1018 del 2 maggio 2013 relativa alle modalità di invio mediante plico telematico delle prove per candidati con disabilità visive e per candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie od ospedaliere.
Eventuali esigenze speciali, ivi comprese le richieste di “plico cartaceo”, per candidati con disabilità visive, dovranno essere indirizzate alla Struttura Tecnica Esami di Stato dalle Istituzioni scolastiche o dalle Commissioni e saranno esaminate caso per caso, previo puntuale approfondimento tecnico con i richiedenti.
Per quanto riguarda i candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie od ospedaliere (ovvero presso il proprio domicilio), eventuali richieste di “plico cartaceo” saranno indirizzate, in via eccezionale, dai competenti Uffici scolastici territoriali o dalle loro Articolazioni territoriali alla Struttura Tecnica Esami di Stato.
Le prove in formato Braille e le altre che non sarà comunque possibile inviare con la modalità del “plico telematico” dovranno essere ritirate nei locali dell’Amministrazione Centrale con modalità che saranno successivamente rese note.
COLLEGAMENTO CON GLI UFFICI TERRITORIALI
Le SS.LL. vorranno dare alle Istituzioni scolastiche interessate tutte le indicazioni e le informazioni atte a garantire i necessari collegamenti con i rispettivi Uffici territoriali, con particolare riferimento alle modalità di invio delle tracce delle prove d’esame che prevedono specifiche forme di intervento dei Nuclei tecnici di supporto ai Dirigenti scolastici e ai Referenti di sede, nel caso in cui i Presidenti di Commissione, coadiuvati dai rispettivi Referenti di sede, non fossero in grado di estrarre e stampare le tracce delle prove contenute nel “plico telematico”.
Tenuto conto dei numerosi e complessi impegni connessi con lo svolgimento dell’esame, le SS.LL., per tutta la durata delle relative operazioni, vorranno garantire la più ampia funzionalità dei citati Uffici territoriali, assicurando, in particolare, che durante detto periodo le SS.LL. medesime e i Dirigenti dei sopra indicati Uffici o Funzionari appositamente delegati siano presenti nell’Ufficio e comunque reperibili anche nelle ore pomeridiane e serali.
A tal fine si prega di comunicare i rispettivi recapiti alla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione e alla Struttura Tecnica Esami di Stato, secondo i riferimenti sotto riportati.
SUPPORTO A LIVELLO DI AMMINISTRAZIONE CENTRALE
Struttura Tecnica Esami di Stato
Aspetti organizzativi e gestionali concernenti le prove scritte
06/58492116
E-mail segr.servizioisp@istruzione.it alla quale si dovrà fare riferimento
Ufficio III della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione
Profili amministrativi e organizzativi riguardanti lo svolgimento degli esami di stato:
06/58492221
E-mail esamidistato@istruzione.it
VIGILANZA
Le SS.LL. sono pregate di vigilare sulla osservanza, da parte dei Dirigenti scolastici interessati, delle disposizioni contenute nella presente nota.
Si ringrazia per la consueta collaborazione.
IL DIRETTORE GENERALE
Carmela Palumbo
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#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#esami di stato#prova #esame #plico #ssll #candidato #commissione #svolgimento #traccia #stato #istruzione
30/05/2017 n° 2
Area: Prassi, Circolari, Note
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165
Alle Autorità indipendenti
Circolare n. 2 /2017
Oggetto: Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA)
1. Premessa
Il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, di modifica del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha introdotto l’istituto dell’accesso civico “generalizzato”, che attribuisce a “chiunque” il “diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…), nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis” (art. 5, c. 2, d.lgs. n. 33/2013). Dal 23 dicembre 2016, chiunque può far valere questo diritto nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati all’art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013.
Con delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) ha adottato, ai sensi dell’art. 5, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013, le “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico”. Questo documento fornisce una prima serie di indicazioni, riguardanti prevalentemente le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato disciplinati dall’art. 5-bis, c. 1-3, del d.lgs. n. 33/2013.
Tuttavia, la successiva pratica applicativa ha evidenziato la necessità di fornire alle amministrazioni ulteriori chiarimenti operativi, riguardanti il rapporto con i cittadini e la dimensione organizzativa e procedurale interna. Pertanto, al fine di promuovere una coerente e uniforme attuazione della disciplina sull’accesso civico generalizzato, il Dipartimento della funzione pubblica, in raccordo con l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) e nell’esercizio della sua funzione generale di “coordinamento delle iniziative di riordino della pubblica amministrazione e di organizzazione dei relativi servizi” (art. 27, n. 3, legge n. 93 del 1983), ha adottato la presente circolare.
Le raccomandazioni operative qui contenute riguardano i seguenti profili:
- le modalità di presentazione della richiesta (§ 3);
- gli uffici competenti (§ 4);
- i tempi di decisione (§5);
- i controinteressati (§6);
- i rifiuti non consentiti (§ 7);
- il dialogo con i richiedenti (§ 8);
- il Registro degli accessi (§ 9).
Prima di esaminare i profili indicati, è utile fornire alcune precisazioni terminologiche e segnalare alcune implicazioni di carattere generale che derivano dall’introduzione del diritto di accesso civico generalizzato (§ 2).
2. Indicazioni preliminari
2.1. Definizioni
Di seguito, si forniscono alcune precisazioni terminologiche utili ai fini della presente Circolare. Queste precisazioni corrispondono a quelle già indicate nelle richiamate Linee Guida A.N.AC. (§ 1):
a) il d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, è di seguito indicato come “decreto trasparenza”;
b) l'accesso disciplinato dal capo V della legge n. 241/1990 è di seguito indicato come “accesso procedimentale” o “accesso documentale”;
c) l'accesso ai documenti oggetto degli obblighi di pubblicazione, di cui all'art. 5, comma 1, del decreto trasparenza, è di seguito indicato come “accesso civico” o “accesso civico semplice”;
d) l'accesso ai dati e ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 5, comma 2, del decreto trasparenza è di seguito indicato come “accesso civico generalizzato” o “accesso generalizzato”;
e) le “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico” adottate ai sensi dell’art. 5, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013 dall’Autorità nazionale anticorruzione con delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, sono di seguito indicate come “Linee guida A.N.AC.”.
2.2. Criteri applicativi di carattere generale
Con il d.lgs. n. 97/2016, l’ordinamento italiano ha riconosciuto la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale, in conformità all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Come chiarito nelle Linee guida A.N.AC. (§ 2), l’accesso generalizzato mira a rafforzare il carattere democratico dell’ordinamento, promuovendo un dibattito pubblico informato e un controllo diffuso sull’azione amministrativa (art. 5, c. 2, d.lgs. n. 33/2013). Come noto, il nuovo istituto differisce dalle altre due tipologie di accesso previste dalla legge. A differenza del diritto di accesso procedimentale o documentale, il diritto di accesso generalizzato garantisce il bene “conoscenza” in via autonoma, a prescindere dalla titolarità di un interesse qualificato e differenziato. A differenza del diritto di accesso civico “semplice”, che riguarda esclusivamente le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5, c. 1, d.lgs. n. 33/2013), il solo limite al diritto di conoscere è rappresentato dagli interessi pubblici e privati espressamente indicati dall’articolo 5-bis. Conseguentemente è inammissibile il rifiuto fondato su altre ragioni.
Pertanto, il diritto di accesso generalizzato:
- dal punto di vista soggettivo, non ammette restrizioni alla legittimazione del richiedente (art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013);
- dal punto di vista oggettivo, è tendenzialmente onnicomprensivo, fatti salvi i limiti indicati dall’art. 5-bis, c. 1-3, oggetto delle Linee guida A.N.AC.
Dal carattere fondamentale del diritto di accesso generalizzato e dal principio di pubblicità e conoscibilità delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni derivano alcune implicazioni di carattere generale che è opportuno richiamare, in quanto utili come criteri guida nell’applicazione della normativa in esame.
i) Il principio della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo
Nei sistemi FOIA, il diritto di accesso va applicato tenendo conto della tutela preferenziale dell’interesse a conoscere. Pertanto, nei casi di dubbio circa l’applicabilità di una eccezione, le amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare (v. anche Linee guida A.N.AC., § 2.1.). In base a questo principio, dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda (ad es. procedimentale, ambientale, ecc.), la stessa dovrà essere trattata dall’amministrazione come richiesta di accesso generalizzato.
ii) Il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto
Sul piano procedimentale, il principio appena richiamato dovrebbe indurre le pubbliche amministrazioni a privilegiare il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto di accesso generalizzato. In particolare, in assenza di una espressa previsione legislativa che le autorizzi, le amministrazioni non possono pretendere dal richiedente l’adempimento di formalità o oneri procedurali, ponendoli come condizioni di ammissibilità della domanda di accesso. Salvo quanto specificato più avanti (§ 3), si deve ritenere in linea di principio contraria alle finalità della disciplina legislativa in tema di accesso generalizzato la possibilità di dichiarare inammissibile una domanda di accesso generalizzato per motivi formali o procedurali.
iii) I limiti all’adozione di regolamenti interni
Qualora una pubblica amministrazione decida di adottare un regolamento interno in materia di accesso, come suggerito nelle suddette Linee guida dell’A.N.AC. (§ 3.1), occorre tener conto della riserva di legge prevista dall’art. 10 della CEDU, che copre il diritto di accesso generalizzato in esame (Linee guida A.N.AC., § 2.1). Di conseguenza, ciascuna amministrazione può disciplinare con regolamento, circolare o altro atto interno esclusivamente i profili procedurali e organizzativi di carattere interno. Al contrario, i profili di rilevanza esterna, che incidono sull’estensione del diritto (si pensi alla disciplina dei limiti o delle eccezioni al principio dell’accessibilità), sono coperti dalla suddetta riserva di legge.
In particolare, diversamente da quanto previsto dall’art. 24, c. 6, l. n. 241/1990 in tema di accesso procedimentale, non è possibile individuare (con regolamento, circolare o altro atto interno) le categorie di atti sottratti all’accesso generalizzato. Ciascuna amministrazione è chiamata ad applicare le previsioni legislative rilevanti (art. 5-bis, d.lgs. n. 33/2013), tenendo nella dovuta considerazione le richiamate Linee guida dell’A.N.AC., oggetto di periodico aggiornamento in base all’evoluzione della prassi (§ 9).
3. Le modalità di presentazione della richiesta
Per quanto riguarda le modalità di presentazione della richiesta di accesso generalizzato, ad integrazione di quanto raccomandato nelle Linee guida A.N.AC. (Allegato, §§ 6 ss.), si osserva quanto segue. In base all’art. 5, c. 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, “L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. L’istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (…)”. Come si evince da tale previsione, per la presentazione delle richieste di accesso generalizzato la legge non prevede nessun requisito come condizione di ammissibilità.
Pertanto, in conformità al criterio del minor aggravio possibile sopra enunciato (§ 2.1, ii), in linea di principio è preclusa la possibilità di dichiarare inammissibile una domanda di accesso generalizzato per motivi formali o procedurali, salvo quanto specificato di seguito riguardo alla identificazione dell’oggetto della richiesta (§ 3.1) e del richiedente (§ 3.2).
3.1. L’identificazione dell’oggetto della richiesta
In base all’art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33 del 2013, è sufficiente che la richiesta “identifichi” i dati o i documenti che si vogliono ottenere. Nel valutare l’adeguatezza di tale identificazione, le pubbliche amministrazioni devono tener conto della difficoltà che il richiedente può incontrare nell’individuare con precisione i dati o i documenti di suo interesse.
Per questa ragione, conformemente al parere formulato dal Consiglio di Stato (parere del 18 febbraio 2016, punto 11.3), nella versione finale dell’art. 5, c. 3, non compare più l’obbligo per il richiedente di identificare “chiaramente” i dati o documenti che si vogliono ottenere. Ne deriva che, nel caso di domanda formulata in termini talmente vaghi da non consentire di identificare l’oggetto della richiesta (c.d. richiesta generica) o volta ad accertare il possesso di dati o documenti da parte dell’amministrazione (c.d. richiesta esplorativa), l’amministrazione dovrebbe assistere il richiedente al fine di giungere a una adeguata definizione dell’oggetto della domanda.
Nell’ipotesi di richiesta generica o meramente esplorativa, nelle Linee guida A.N.AC si ammette la possibilità di dichiarare la domanda inammissibile, ma si chiarisce che, prima di dichiarare l’inammissibilità, “l’amministrazione destinataria della domanda dovrebbe chiedere di precisare l’oggetto della richiesta” (Allegato, § 4). Pertanto, questa ipotesi di inammissibilità deve essere intesa in senso restrittivo: l’amministrazione dovrebbe ritenere inammissibile una richiesta formulata in termini generici o meramente esplorativi soltanto quando abbia invitato (per iscritto) il richiedente a ridefinire l’oggetto della domanda o a indicare gli elementi sufficienti per consentire l’identificazione dei dati o documenti di suo interesse, e il richiedente non abbia fornito i chiarimenti richiesti.
3.2. L’identificazione del richiedente
In base all’art. 5, c. 2, d.lgs. n. 33/2013, il diritto di accesso generalizzato spetta a “chiunque”, a prescindere dalla qualità o condizione (ad esempio, di cittadino o residente) del richiedente: nessuna differenziazione o disparità di trattamento è ammissibile ai fini del godimento del diritto in questione. Inoltre, l’art. 5, c. 3 stabilisce che l’esercizio del diritto di accesso “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” e che la domanda “non richiede motivazione” (v. anche Linee guida A.N.AC., Allegato, § 3).
Ne deriva che, in linea di principio, l’identificazione del richiedente non è necessaria ai fini dell’esercizio del diritto. Tuttavia, l’identificazione del richiedente è indispensabile ai fini di una corretta gestione delle domande: ad esempio, ai fini della trasmissione dei dati e documenti richiesti o della trattazione di una pluralità di domande identiche (seriali) o onerose (vessatorie) da parte di uno stesso soggetto. Pertanto l’identificazione del richiedente va intesa come condizione di ricevibilità della richiesta. In caso di richiesta anonima o da parte di un soggetto la cui identità sia incerta, l’amministrazione deve comunicare al richiedente la necessità di identificarsi secondo una delle modalità di seguito indicate (§ 3.3).
3.3. Le modalità di invio della richiesta
L’art. 5, c. 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 stabilisce che “L’istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (…)”, senza escludere altre possibilità. Pertanto, qualsiasi modalità di presentazione della domanda (anche per fax o a mano, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) si deve ritenere ammissibile, come già chiarito nelle Linee guida A.N.AC. (Allegato, § 7).
Nei casi di trasmissione per via telematica della domanda – indicata come modalità ordinaria dall’art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013 – si applica l’art. 65, c. 1, del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale - CAD). In base a questa disposizione, le domande presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica sono “valide” ed “equivalenti” alle domande sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento, nei seguenti casi:
a) se sono sottoscritte e presentate insieme alla copia del documento d'identità;
b) se sono trasmesse dal richiedente dalla propria casella di posta elettronica certificata;
c) se sono sottoscritte con firma digitale;
d) se il richiedente è identificato con il sistema pubblico di identità digitale (SPID) o la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi.
In riferimento alla prima opzione (sub a), è opportuno chiarire che la domanda deve ritenersi validamente presentata in particolare quando siano soddisfatte le seguenti condizioni:
- che la domanda di accesso sia stata inviata da un indirizzo di posta elettronica certificata o non certificata;
- che nel messaggio di posta elettronica sia indicato il nome del richiedente (senza necessità di sottoscrizione autografa);
- che sia allegata al messaggio una copia del documento di identità del richiedente.
3.4. Istruzioni per l’uso: modulistica, indirizzo di posta elettronica dedicato
Al solo fine di agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e senza che ne derivino limitazioni riguardo alle modalità di presentazione delle domande, è opportuno che ciascuna pubblica amministrazione renda disponibili sul proprio sito istituzionale, nella pagina sull’“Accesso generalizzato” della sezione “Amministrazione trasparente” (v. Linee Guida A.N.AC., § 3.1.) e con link nella home page, quanto segue:
- informazioni generali su:
la procedura da seguire per presentare una domanda di accesso generalizzato;
i rimedi disponibili (procedura di riesame e ricorso in via giurisdizionale), ai sensi dell’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013, in caso di mancata risposta dell’amministrazione entro il termine di conclusione del procedimento o in caso di rifiuto parziale o totale dell’accesso;
nome e i contatti dell’ufficio che si occupa di ricevere le domande di accesso;
- due indirizzi di posta elettronica dedicati alla presentazione delle domande:
un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) collegato al sistema di protocollo;
un indirizzo di posta ordinaria, con il quale deve essere sempre consentito l’invio di domande da parte dei richiedenti che non dispongano a loro volta di un indirizzo PEC per l’invio;
- due moduli standard utilizzabili, rispettivamente, per proporre:
una domanda di accesso generalizzato (allegato n. 1);
una domanda di riesame (allegato n. 2).
In ogni caso, l’uso di un formato o modulo diverso da quello reso disponibile online sul sito istituzionale dell’amministrazione non può comportare l’inammissibilità o il rifiuto della richiesta.
4. Gli uffici competenti
Per quanto riguarda l’organizzazione interna, ad integrazione di quanto raccomandato nelle Linee guida A.N.AC. (§ 3.2), si osserva quanto segue.
La disciplina dettata dall’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 presuppone la distinzione tra diverse tipologie di competenze: a ricevere le richieste, a decidere su di esse, e a decidere sulle richieste di riesame. Di seguito, sono illustrate le implicazioni organizzative di questa distinzione.
4.1. La competenza a ricevere le richieste
Per quanto riguarda gli uffici competenti a ricevere la domanda, l’art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che la richiesta può essere presentata alternativamente a uno dei seguenti uffici:
- all’ufficio che detiene i dati o i documenti;
- all’Ufficio relazioni con il pubblico;
- ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale.
Tutti gli uffici sopra indicati sono competenti a ricevere le domande di accesso generalizzato e, nel caso in cui non coincidano con l’ufficio competente a decidere sulle medesime (§ 4.2), devono trasmetterle a quest’ultimo tempestivamente.
Nel caso in cui sia palese che la domanda è stata erroneamente indirizzata a un’amministrazione diversa da quella che detiene i dati o documenti richiesti, l’ufficio ricevente deve inoltrare tempestivamente la domanda all’amministrazione competente e darne comunicazione al richiedente, specificando che il termine di conclusione del procedimento decorre dalla data di ricevimento della richiesta da parte dell’ufficio competente. Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può ricevere soltanto le domande di accesso civico semplice, riguardanti “dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria” (art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013). Nel caso in cui una domanda di accesso generalizzato sia stata erroneamente inviata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, quest’ultimo provvede a inoltrare tempestivamente la stessa all’ufficio competente a decidere sulla domanda (§ 4.2).
4.2. La competenza a decidere sulla domanda
Di regola, la competenza a decidere se accogliere o meno una richiesta di accesso generalizzato è attribuita all’ufficio che detiene i dati o i documenti richiesti. In linea di principio, questo ufficio dovrebbe coincidere con l’ufficio competente nella materia a cui si riferisce la richiesta (competenza ratione materiae). Nei casi dubbi, si deve privilegiare il criterio fattuale del possesso dei dati o documenti richiesti. A rigore, l’ufficio che è in possesso dei dati o documenti richiesti non può respingere la domanda di accesso per difetto di competenza nella materia oggetto della richiesta.
4.3. La competenza a decidere in sede di riesame
Ai sensi dell’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013, “nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine (…), il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza”. Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza decide con provvedimento motivato entro il termine di venti giorni.
Nel caso in cui i dati o documenti richiesti siano detenuti dal responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che dunque è competente a decidere in sede di prima istanza, è necessario che l’amministrazione individui preventivamente un diverso ufficio (sovraordinato o, in mancanza, di livello apicale), eccezionalmente competente a decidere sulle domande di riesame. L’Ufficio competente per il riesame deve essere indicato al richiedente in caso di rifiuto totale o parziale della richiesta.
4.4. La individuazione di “centri di competenza” (c.d. help desk)
Nelle Linee guida A.N.AC. (§ 3.2) si raccomanda alle amministrazioni, “Al fine di rafforzare il coordinamento dei comportamenti sulle richieste di accesso (…) ad adottare anche adeguate soluzioni organizzative”, in particolare individuando “risorse professionali adeguate, che si specializzano nel tempo” e “che, ai fini istruttori, dialog[hino] con gli uffici che detengono i dati richiesti”.
Dunque, ciascuna amministrazione è invitata a individuare le unità di personale, adeguatamente formate, che assicurino le funzioni di “centro di competenza” o “help desk”, al fine di assistere gli uffici della medesima amministrazione nella trattazione delle singole domande (v. anche A.N.AC. del. n. 1309/2016). Oltre a fornire indicazioni di carattere generale o assistenza in merito a specifiche domande, il personale dell’help desk dovrebbe assicurare:
- la capillare diffusione interna delle informazioni riguardanti gli strumenti (procedurali, organizzativi o di altro tipo) impiegati dall’amministrazione per attuare la normativa sull’accesso generalizzato;
- la disseminazione di buone pratiche e di indicazioni operative provenienti dalle autorità centrali che monitorano e orientano l’attuazione del d.lgs. n. 97/2016 (Dipartimento della funzione pubblica e A.N.AC.).
5. Il rispetto dei tempi di decisione
In base all’art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013, il procedimento di accesso generalizzato si deve concludere con l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, da comunicare al richiedente e agli eventuali controinteressati, nel termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda. Nello svolgimento della sua attività di monitoraggio, il Dipartimento della funzione pubblica ha constatato che spesso le amministrazioni vìolano questa disposizione, ignorando il termine di conclusione del procedimento o l’obbligo di adottare un provvedimento espresso adeguatamente motivato. Al fine di arginare pratiche contrarie al dettato legislativo, occorre richiamare tutte le amministrazioni al rigoroso rispetto del termine di legge sopra indicato.
In proposito, si ribadisce quanto segue:
- il termine di trenta (30) giorni entro il quale concludere il procedimento non è derogabile, salva l’ipotesi di sospensione fino a dieci giorni nel caso di comunicazione della richiesta al controinteressato (art. 5, c. 5, d.lgs. n. 33/2013);
- la conclusione del procedimento deve necessariamente avvenire con un provvedimento espresso: non è ammesso il silenzio-diniego, né altra forma silenziosa di conclusione del procedimento;
- l’inosservanza del termine sopra indicato costituisce “elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione” ed è comunque valutata “ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili” (art. 46 del d.lgs. n. 33/2013).
5.1. La decorrenza del termine
Il termine di trenta giorni previsto per la conclusione del procedimento di accesso decorre “dalla presentazione dell’istanza” (art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013).
Di conseguenza, ai fini della esatta determinazione della data di avvio del procedimento, il termine decorre non dalla data di acquisizione al protocollo, ma dalla data di presentazione della domanda, da intendersi come data in cui la pubblica amministrazione riceve la domanda. Per promuovere la tempestività delle operazioni di registrazione e smistamento, quando possibile, si suggerisce il ricorso a soluzioni informatiche che consentano la protocollazione automatica.
Soltanto qualora sorgano dubbi sulla data di presentazione della domanda e non vi siano modalità di accertamento attendibili (attendibile deve considerarsi, ad esempio, la data di inoltro del messaggio di posta elettronica, anche non certificata), la data di decorrenza del termine per provvedere decorre dalla data di acquisizione della domanda al protocollo.
5.2. Le conseguenze dell’inosservanza del termine
Nel caso in cui l’amministrazione non risponda entro il termine previsto dalla legge, si ricorda che la normativa prevede due conseguenze.
Sul versante esterno, l’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013 consente di attivare la procedura di riesame e di proporre ricorso al giudice amministrativo. La trattazione della richiesta, inoltrata con qualunque modalità, spetta al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato entro il termine di venti (20) giorni, che decorrono dalla presentazione della domanda di riesame. Sul versante interno, il già richiamato art. 46 del d.lgs. n. 33/2013 assegna all’inosservanza del termine una triplice valenza, qualificandolo come:
- elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale;
- eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione;
- elemento di valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili.
Poiché i dirigenti con funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza “controllano e assicurano la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal presente decreto” (art. 43, c. 4, d.lgs. n. 33/2013), ne deriva, in analogia con quanto previsto per le ipotesi di inadempimento agli obblighi di pubblicazione (art. 43, commi 1 e 5), che il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è tenuto a segnalare i casi di inosservanza del termine, in relazione alla gravità e alla reiterazione dei medesimi:
- sia all’ufficio di disciplina, ai fini dell’eventuale attivazione del procedimento disciplinare;
- sia al vertice politico dell’amministrazione e agli organi cui compete la valutazione della dirigenza e delle performance individuali, ai fini dell’attivazione delle altre forme di responsabilità.
6. I controinteressati nell’accesso generalizzato
L’art. 5, c. 5, d.lgs. n. 33/2013 prevede che, per ciascuna domanda di accesso generalizzato, l’amministrazione debba verificare l’eventuale esistenza di controinteressati. Invece, questa verifica non è necessaria quando la richiesta di accesso civico abbia ad oggetto dati la cui pubblicazione è prevista dalla legge come obbligatoria.
6.1. L’individuazione dei controinteressati
Devono ritenersi “controinteressati” tutti i soggetti (persone fisiche o giuridiche) che, anche se non indicati nel documento cui si vuole accedere, potrebbero vedere pregiudicati loro interessi coincidenti con quelli indicati dal comma 2 dell’art. 5-bis (protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali, come chiarito nelle Linee guida A.N.AC., Allegato, § 9). La circostanza che i dati o documenti richiesti facciano riferimento a soggetti terzi, di per sé, non implica che questi debbano essere qualificati come controinteressati. Occorre comunque valutare il pregiudizio concreto agli interessi privati di cui all’art. 5-bis, c. 2, che i controinteressati potrebbero subire come conseguenza dell’accesso. Al fine di identificare i controinteressati in modo corretto, è indispensabile procedere a questa valutazione soltanto dopo un puntuale esame di tutti i dati e i documenti oggetto della domanda di accesso generalizzato.
6.2. La comunicazione ai controinteressati
Una volta individuati eventuali controinteressati, l’amministrazione deve comunicare loro di aver ricevuto la domanda di accesso generalizzato, concedendo un termine di dieci giorni per la presentazione di opposizione motivata. La comunicazione deve essere effettuata “mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione” (art. 5, c. 5, d.lgs. n. 33/2013; v. anche Linee guida A.N.AC., Allegato, § 9). In questo modo, è possibile stabilire con certezza la decorrenza del termine di dieci giorni previsto per la presentazione delle opposizioni. Per agevolare la tutela degli interessi privati sopra richiamati e di velocizzare la procedura, è opportuno che l’amministrazione indichi nella comunicazione ai contro-interessati le modalità (anche telematiche) di presentazione dell’eventuale opposizione all’accesso.
6.3. L’accoglimento della richiesta di accesso in caso di opposizione
In caso di opposizione, l’amministrazione non può assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato. L’art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013 espressamente prevede l’ipotesi di “accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato”. Dunque, la normativa rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta il potere di decidere sull’accesso. Questa deve valutare, da un lato, la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (e, se esplicitato, del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare.
La medesima disposizione stabilisce che, in caso di accoglimento della richiesta di accesso nonostante l'opposizione del controinteressato, l'amministrazione è tenuta a darne comunicazione al controinteressato e al richiedente senza procedere alla contestuale trasmissione dei documenti a quest’ultimo. Per consentire al controinteressato di attivare gli strumenti di tutela previsti contro il provvedimento di accoglimento della richiesta, i dati e documenti non possono essere inviati prima di quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di accoglimento della domanda di accesso da parte del controinteressato (art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013; v. anche Linee guida A.N.AC., Allegato, § 12).
Anche al fine di evitare contestazioni, è opportuno che la comunicazione di accoglimento della richiesta di accesso contenga l’espressa precisazione che la trasmissione al richiedente dei dati o documenti avviene qualora, decorsi quindici giorni, non siano stati notificati all’amministrazione ricorsi o richieste di riesame sulla medesima domanda di accesso.
7. I dinieghi non consentiti
Dato che, nei primi mesi di applicazione dell’istituto dell’accesso generalizzato, sono emersi casi di rifiuto fondati su motivazioni non riconducibili ai commi da 1 a 3 dell’art. 5-bis, oggetto delle Linee guida A.N.AC. (si vedano, in particolare, §§ 5-8), è opportuno richiamare le amministrazioni al rigoroso rispetto delle previsioni normative esistenti a riguardo e a fornire i seguenti chiarimenti.
Innanzitutto, è necessario ricordare che, data la natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato (supra, § 2.1), non tutti gli interessi pubblici e privati possono giustificarne una limitazione: l’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 ammette il rifiuto dell’accesso ai dati o documenti richiesti soltanto quando ciò sia “necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela” degli interessi espressamente individuati dallo stesso articolo, ai commi da 1 a 3. Nell’applicare questi limiti, le amministrazioni possono tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia sui limiti all’accesso previsti dall’art. 4 del regolamento CE n. 1049/2001, in larga parte coincidenti con quelli indicati dai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis (v. anche Linee guida A.N.AC., § 7).
Inoltre, poiché le amministrazioni possono fondare i dinieghi esclusivamente sulle base dei limiti posti dall’art. 5-bis, ne deriva, come già evidenziato (supra, § 2.2, punto iii), che le amministrazioni non possono precisare la portata delle eccezioni legislativamente previste, né tantomeno aggiungerne altre, mediante atti giuridicamente vincolanti, ad esempio di natura regolamentare. La riserva di legge, in questa materia, va intesa come assoluta.
Le amministrazioni devono tener conto anche delle seguenti indicazioni e raccomandazioni operative.
a) Risposte parziali
Le pubbliche amministrazioni sono tenute a rispondere a ciascuna richiesta nella sua interezza. Quando con un’unica domanda si chiede l’accesso a una pluralità di dati o documenti, è necessario che la risposta sia esaustiva e che, nel caso di diniego parziale, sia fornita adeguata motivazione in relazione a ciascun gruppo di dati o documenti. Una risposta parziale che non indichi le ragioni dell’omessa trasmissione di una parte dei dati o documenti richiesti equivale a un diniego parzialmente illegittimo.
b) Risposte differite
Il differimento dell’accesso – previsto dall’art. 5-bis, c. 5, d.lgs. n. 33/2013 – è ammesso soltanto quando ricorrano cumulativamente due condizioni:
- che l’accesso possa comportare un pregiudizio concreto a uno degli interessi pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis;
- che quel pregiudizio abbia carattere transitorio, in quanto i limiti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis si applicano “unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato”.
Nel caso in cui ricorrano queste condizioni, l’accesso non deve essere negato: per soddisfare l’interesse conoscitivo è “sufficiente fare ricorso al potere di differimento” (art. 5-bis, c. 5) e, quindi, il differimento dell’accesso è imposto dal principio di proporzionalità (v. anche Linee guida A.N.AC., §§ 5.1, 6.3 e 7.7). L’inutilizzabilità del potere di differimento ad altri fini è confermata dall’art. 5, c. 6, d.lgs. n. 33/2013, secondo cui il differimento dell’accesso deve essere motivato, appunto, “con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’art. 5-bis”. Pertanto, tale potere non può essere utilizzato per rimediare alla tardiva trattazione della domanda e alla conseguente violazione del termine per provvedere. Vi si può ricorrere, invece, a titolo esemplificativo, per differire l’accesso a dati o documenti rilevanti per la conduzione di indagini sui reati o per il regolare svolgimento di attività ispettive (art. 5- bis, c. 1, lett. f e g), fino a quando tali indagini e attività siano in corso. Una volta conclusi questi procedimenti, quei dati o documenti diverranno accessibili, qualora non vi si oppongano altri interessi pubblici o privati indicati dall’art. 5-bis.
c) Altre ipotesi di rifiuto non consentite
Come ribadito nelle Linee guida A.N.AC. (§ 5), sono impropri e, quindi, illegittimi i dinieghi fondati su motivi diversi da quelli riconducibili ai limiti indicati dall’art. 5-bis.
Ad esempio, non è legittimo un diniego di accesso in base all’argomento che i dati o documenti richiesti risalirebbero a una data anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013 o del d.lgs. n. 97/2016: ferme restando le norme sulla conservazione dei documenti amministrativi, la portata generale del principio di conoscibilità dei dati o documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni non ammette limitazioni temporali, del resto, non previste da nessuna previsione legislativa.
Per le stesse ragioni, l’accesso non può essere negato – come invece è accaduto qualche volta– perché la conoscibilità del dato o documento potrebbe provocare un generico danno all’amministrazione o alla professionalità delle persone coinvolte; oppure per generiche ragioni di confidenzialità delle informazioni; o ancora per ragioni di opportunità, derivanti dalla (insussistente) opportunità o necessità di consultare gli organi di indirizzo politico.
d) Richieste “massive o manifestamente irragionevoli”
Come precisato a riguardo nelle Linee guida A.N.AC. (Allegato, § 5), “L’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso generalizzato anche quando riguarda un numero cospicuo di documenti ed informazioni, a meno che la richiesta risulti manifestamente irragionevole, tale cioè da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione. Tali circostanze, adeguatamente motivate nel provvedimento di rifiuto, devono essere individuate secondo un criterio di stretta interpretazione, ed in presenza di oggettive condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione”.
Sulla base dei primi riscontri applicativi, è opportuno chiarire che la ragionevolezza della richiesta va valutata tenendo conto dei seguenti criteri:
- l’eventuale attività di elaborazione (ad es. oscuramento di dati personali) che l’amministrazione dovrebbe svolgere per rendere disponibili i dati e documenti richiesti;
- le risorse interne che occorrerebbe impiegare per soddisfare la richiesta, da quantificare in rapporto al numero di ore di lavoro per unità di personale;
- la rilevanza dell’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare.
L’irragionevolezza della richiesta è manifesta soltanto quando è evidente che un’accurata trattazione della stessa comporterebbe per l’amministrazione un onere tale da compromettere il buon andamento della sua azione. Il carattere palese del pregiudizio serio e immediato al buon funzionamento dell’amministrazione va motivato in relazione ai criteri sopra indicati.
Qualora tale pregiudizio sia riscontrabile, l’amministrazione, prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l’oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità. Soltanto qualora il richiedente non intenda riformulare la richiesta entro i predetti limiti, il diniego potrebbe considerarsi fondato, ma nella motivazione del diniego l’amministrazione non dovrebbe limitarsi ad asserire genericamente la manifesta irragionevolezza della richiesta, bensì fornire una adeguata prova, in relazione agli elementi sopra richiamati, circa la manifesta irragionevolezza dell’onere che una accurata trattazione della domanda comporterebbe. I medesimi principi sono applicabili all’ipotesi in cui uno stesso soggetto (o una pluralità di soggetti riconducibili a un medesimo ente) proponga più domande entro un periodo di tempo limitato. In questo caso, l’amministrazione potrebbe valutare l’impatto cumulativo delle predette domande sul buon andamento della sua azione e, nel caso di manifesta irragionevolezza dell’onere complessivo che ne deriva, motivare il diniego nei termini sopra indicati. Se il medesimo richiedente ha già formulato una richiesta identica o sostanzialmente coincidente, l’amministrazione ha la facoltà di non rispondere alla nuova richiesta, a condizione che la precedente sia stata integralmente soddisfatta.
8. Il dialogo con i richiedenti
Il d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, pone a carico delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di erogare un servizio conoscitivo, che consiste nel condividere con la collettività il proprio patrimonio di informazioni secondo le modalità indicate dalla legge.
Per realizzare questo obiettivo e, più in generale, le finalità di partecipazione e accountability proprie del c.d. modello FOIA, è auspicabile che le amministrazioni si adoperino per soddisfare l’interesse conoscitivo su cui si fondano le domande di accesso, evitando atteggiamenti ostruzionistici.
Nel trattare una richiesta, è necessario che l’amministrazione instauri un “dialogo cooperativo” con il richiedente. L’amministrazione dovrebbe comunicare con il richiedente, in particolare, nei seguenti momenti:
- tempestivamente, subito dopo la presentazione della domanda, al fine di:
rilasciare una ricevuta che attesti l'avvenuta presentazione della richiesta e indichi il numero di protocollo assegnato e il termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a rispondere; chiedere a chi formula la richiesta di identificarsi, nel caso in cui non lo abbia fatto;
chiedere eventuali chiarimenti circa l’oggetto della richiesta o, in caso di manifesta irragionevolezza (supra, § 7, lett. d), una sua ridefinizione;
confermare che l’invio dei dati o documenti richiesti avverrà in formato digitale, salvo che una diversa modalità di trasmissione sia stata indicata dal richiedente e non risulti eccessivamente onerosa per l’amministrazione;
indicare gli eventuali costi di riproduzione derivanti dalle diverse modalità di accesso, nel rispetto del criterio di effettività indicato dall’art. 5, c. 4, d.lgs. n. 33/2013;
- entro il termine di conclusione del procedimento, al fine di:
comunicare al richiedente la decisione motivata relativa alla sua domanda;
in caso di accoglimento della richiesta, trasmettere la documentazione richiesta contestualmente (salvo il diverso termine previsto dall’art. 5, c. 6, nel caso di opposizione di uno o più controinteressati);
in caso di rifiuto della richiesta, comunicare le ragioni del diniego e contestualmente indicare i mezzi di riesame e di ricorso giurisdizionale esperibili.
8.1. Rapporti con i media e le organizzazioni della società civile
Ferma restando la necessità di istruire in modo completo e accurato ogni singola richiesta di accesso a prescindere dall’identità del richiedente, nel più rigoroso rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, occorre tener conto della particolare rilevanza, ai fini della promozione di un dibattito pubblico informato, delle domande di accesso provenienti da giornalisti e organi di stampa o da organizzazioni non governative, cioè da soggetti riconducibili alla categoria dei “social watchdogs” cui fa riferimento anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (da ultimo, caso Magyar c. Ungheria, 8 novembre 2016, § 165). Nel caso in cui la richiesta di accesso provenga da soggetti riconducibili a tale categoria, si raccomanda alle amministrazioni di verificare con la massima cura la veridicità e la attualità dei dati e dei documenti rilasciati, per evitare che il dibattito pubblico si fondi su informazioni non affidabili o non aggiornate.
8.2. Pubblicazione proattiva
Per accrescere la fruibilità delle informazioni di interesse generale e l’efficienza nella gestione delle domande, si raccomanda alle amministrazioni di valorizzare la possibilità di pubblicare informazioni anche diverse da quelle oggetto di pubblicazione obbligatoria, fermo restando il rispetto delle esclusioni e dei limiti previsti dall’art. 5-bis, c. 1-3, del d.lgs. n. 33/2013. In particolare, la pubblicazione proattiva sui siti istituzionali delle amministrazioni è fortemente auspicabile quando si tratti di informazioni di interesse generale o che siano oggetto di richieste ricorrenti: ad esempio, quando si tratti di dati o documenti richiesti, nell’arco di un anno, più di tre volte da soggetti diversi.
Per gli stessi motivi, le pubbliche amministrazioni sono invitate a valorizzare il dialogo con le comunità di utenti dei social media (Facebook, Twitter, ecc.). I richiedenti spesso rendono pubbliche su questi mezzi di comunicazione le domande di accesso generalizzato da essi presentate. In questi casi, e comunque quando si tratti di informazioni di interesse generale, è opportuno che anche le amministrazioni utilizzino i medesimi canali a fini di comunicazione.
9. Il registro degli accessi
Tra le soluzioni tecnico-organizzative che le amministrazioni potrebbero adottare per agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e, al contempo, gestire in modo efficiente le richieste di accesso, la principale è la realizzazione di un registro degli accessi, come indicato anche nelle Linee guida A.N.AC. (del. n. 1309/2016).
Il registro dovrebbe contenere l’elenco delle richieste e il relativo esito, essere pubblico e perseguire una pluralità di scopi:
- semplificare la gestione delle richieste e le connesse attività istruttorie;
- favorire l’armonizzazione delle decisioni su richieste di accesso identiche o simili;
- agevolare i cittadini nella consultazione delle richieste già presentate;
- monitorare l’andamento delle richieste di accesso e la trattazione delle stesse.
Per promuovere la realizzazione del registro, le attività di registrazione, gestione e trattamento della richiesta dovrebbero essere effettuate utilizzando i sistemi di gestione del protocollo informatico e dei flussi documentali, di cui le amministrazioni sono da tempo dotate ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) e delle relative regole tecniche (D.P.C.M. 3 dicembre 2013). I dati da inserire nei sistemi di protocollo sono desumibili dalla domanda di accesso o dall’esito della richiesta. Ai fini della pubblicazione periodica del registro (preferibilmente con cadenza trimestrale), le amministrazioni potrebbero ricavare i dati rilevanti attraverso estrazioni periodiche dai sistemi di protocollo informatico, ferma restando la necessità di non pubblicare i dati personali eventualmente presenti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 19, c. 3, d.lgs. 30 giugno 2013, n. 196. L’obiettivo finale è la realizzazione di un registro degli accessi che consenta di “tracciare” tutte le domande e la relativa trattazione in modalità automatizzata, e renda disponibili ai cittadini gli elementi conoscitivi rilevanti. Realizzare tale obiettivo richiede opportune configurazioni dei sistemi di gestione del protocollo informatico, per le quali si rinvia all’allegato 3.
Roma, 30 maggio 2017
Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
On. dott.ssa Maria Anna Madia
ALLEGATI ALLA CIRCOLARE
ALLEGATO 1: PRESENTAZIONE DELLA RICHIESTA DI ACCESSO
Ai fini di una corretta gestione della richiesta di accesso sarebbe opportuno prevedere – all’interno della modulistica o del servizio on-line previsto per il FOIA – il set minimo di informazioni descritto nei seguenti paragrafi.
1. Informazioni online per la presentazione della richiesta
È opportuno che l’Amministrazione fornisca le informazioni per la corretta presentazione della richiesta con la modulistica resa disponibile nella pagina del sito istituzionale dedicata all’”Accesso generalizzato”. Tra le informazioni, è sufficiente indicare le seguenti: indicazione degli Uffici competenti al ricevimento delle richieste, rispettivi indirizzi fisici e di posta elettronica (certificata e non certificata), recapiti telefonici, orari di accesso e ufficio competente per la presentazione diretta della domanda.
2. Dati da includere nella modulistica per la presentazione della richiesta
a) Dati anagrafici del richiedente
- Nome
- Cognome
- Luogo di nascita
- Data di nascita
b) Residenza del richiedente
- Indirizzo
- CAP
- Comune
- Provincia o Stato estero
c) Informazioni di contatto (recapiti del richiedente)
- Indirizzo di posta elettronica (certificata o non certificata)
- Domicilio (se diverso da residenza)
Queste informazioni possono essere utili sia per instaurare un dialogo con il richiedente (§ 8 della circolare),
sia per trasmettere i dati e i documenti richiesti. Con il consenso del richiedente, è opportuno privilegiare la comunicazione in forma elettronica.
d) Oggetto della richiesta
Per una migliore identificazione dei dati o documenti ai quali si chiede di accedere, si potrebbe segnalare al richiedente l’opportunità di indicare, oltre all’oggetto del dato o documento richiesto, anche, se noti, gli estremi del documento o la fonte del dato, una descrizione del loro contenuto e l’ufficio competente. Potrebbe, inoltre, essere utile classificare e rendere disponibili – nella modulistica o nella pagina web dedicata all’accesso generalizzato – i principali settori o ambiti di competenza di ciascuna amministrazione e delle sue articolazioni, in modo che il richiedente possa specificare il settore o ambito che ritiene rilevante ai fini della trattazione della domanda. Sarebbe, così, favorito il corretto instradamento della richiesta, anche a beneficio dell’amministrazione, che sarebbe facilitata nella corretta assegnazione della domanda all’ufficio interno competente.
e) Modalità di risposta e trasmissione dei dati o documenti
Ferma restando l’opportunità di privilegiare la via telematica per tutte le comunicazioni, è opportuno acquisire il consenso del richiedente sulle modalità di trasmissione:
o all’indirizzo di posta elettronica fornito nelle informazioni di contatto (opzione preferibile);
o con servizio postale all’indirizzo fornito nelle informazioni di contatto;
o personalmente presso gli uffici presso gli uffici (avendo cura di fornire al richiedente indirizzo e orari di apertura).
L’amministrazione tiene conto della preferenza espressa dal richiedente, nel caso in cui questa sia diversa dalla trasmissione della documentazione in forma digitale per via telematica, sempre che questa preferenza non comporti un onere eccessivo per l’amministrazione o rischi di pregiudicarne il buon andamento.
f) Finalità della richiesta (informazione facoltativa)
Fermo restando che il richiedente non è tenuto a indicare i motivi della domanda (art. 5, c. 3, d.lgs. n. 33/2013), l’amministrazione potrebbe chiedere al richiedente di precisare le finalità della domanda, chiarendo che questa informazione è facoltativa e potrebbe essere utilizzata a fini statistici, e/o per precisare ulteriormente l’oggetto della richiesta e/o per adottare una decisione che tenga conto della natura dell’interesse conoscitivo del richiedente.
Nel precisare che l’indicazione delle finalità della richiesta non è obbligatoria, la modulistica potrebbe prevedere, ad esempio, le seguenti opzioni:
- A titolo personale
- Per attività di ricerca o studio
- Per finalità giornalistiche
- Per conto di un’organizzazione non governativa
- Per conto di un'associazione di categoria
- Per finalità commerciali
-
ALLEGATO 2: PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI RIESAME
Nel caso di rifiuto totale o parziale della richiesta di accesso, è auspicabile che le amministrazioni agevolino l’esercizio del diritto di chiedere il riesame della decisione, previsto dall’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013. A tal fine, è auspicabile che ciascuna amministrazione fornisca, contestualmente o all’interno del provvedimento di conclusione del procedimento relativo alla domanda di accesso, tutte le informazioni necessarie per presentare la richiesta di riesame, oltre che per utilizzare i rimedi giurisdizionali previsti dal medesimo art. 5, c. 7.
Le amministrazioni sono invitate, in particolare, a predisporre un modulo di riesame già compilato e pronto per l’invio o soluzioni digitali equivalenti. Nel modulo dovrebbero essere inseriti i seguenti elementi:
- dati anagrafici, residenza e contatti del richiedente (v. anche Allegato 1, § 1.2, sub a, b e c);
- gli estremi della decisione amministrativa oggetto della domanda di riesame;
- il numero di protocollo della domanda originaria;
- i recapiti del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza al quale inviare la domanda;
- l’indicazione dei rimedi giurisdizionali utilizzabili ai sensi dell’art. 5, c. 7, d.lgs. n. 33/2013 nei confronti della decisione di riesame.
ALLEGATO 3: MODALITÀ DI REALIZZAZIONE DEL REGISTRO DEGLI ACCESSI
Per gestire correttamente le domande di accesso generalizzato presentate, nonché per realizzare il registro delle degli accessi, indicata anche nelle Linee guida A.N.AC. (del. n. 1309/2016), è fortemente auspicabile che le amministrazioni utilizzino i sistemi di gestione del protocollo informatico e dei flussi documentali.
In vista di questo utilizzo, si possono ipotizzare tre possibili scenari o situazioni di partenza:
- scenario I: amministrazione dotata di un sistema che gestisce, oltre alla registrazione di protocollo, anche la gestione di fascicoli procedimentali con un profilo di metadati estendibile e configurabile, con o senza un motore di workflow di ausilio alla esecuzione automatica delle attività previste dalle procedure; (1)
- scenario II: amministrazione dotata di sistemi di protocollo che, pur non disponendo di funzionalità per configurare il profilo esteso di fascicoli procedimentali, offrano almeno la possibilità di definire un profilo di metadati esteso per le classi documentali;
- scenario III: amministrazione dotata di un sistema che realizzi la sola funzionalità minima di registrazione di protocollo.
1. Scenario I: il sistema di protocollo e la gestione dei fascicoli
Nel primo scenario, per ogni richiesta di accesso, l’amministrazione deve definire un fascicolo procedimentale di una specifica tipologia, opportunamente configurata per accogliere tutti i dati che possono essere generati durante l’esecuzione del procedimento, compresi il repertorio del fascicolo, lo stato della richiesta (accolta/respinta/sospesa), una sintesi della richiesta stessa e una sintesi delle motivazioni della decisione, in caso di diniego.
La valorizzazione dei metadati attinenti a ciascuna tipologia di fascicolo procedimentale configurata per l’accesso è effettuata dagli addetti al procedimento secondo modalità operative che possono variare a seconda della presenza o meno di sistemi di automazione del flusso di lavoro. Nel fascicolo confluiscono tutti i documenti del procedimento relativo alla domanda di accesso, compresa la richiesta stessa. Le informazioni rilevanti per il registro degli accessi sono oggetto di una estrazione automatica, effettuata attraverso una interrogazione avente ad oggetto i fascicoli procedimentali delle tipologie configurate per le varie modalità di accesso. Questo report dovrebbe essere elaborato e approvato prima della pubblicazione al fine di verificare la presenza di riferimenti a nomi di persone o altri dati coperti da riservatezza (da rimuovere prima della pubblicazione del registro).
Le attività a carico delle amministrazioni sarebbero, dunque, le seguenti:
configurazione delle tipologie di fascicolo procedimentale corrispondenti ai vari tipi di accesso (con tutti i metadati previsti);
definizione del flusso di lavoro (manuale o automatico);
configurazione del report corrispondente alle informazioni rilevanti per il registro degli accessi;
elaborazione ed approvazione del report stesso prima della pubblicazione secondo la cadenza (trimestrale) prevista.
2. Scenario II: il sistema di protocollo con metadati
Nel secondo scenario, la produzione automatica del Registro degli accessi come particolare tipo di report è possibile se il sistema di protocollo consente almeno la configurazione di un profilo esteso dei metadati associati alle classi documentali.
La domanda di accesso protocollata nel sistema identifica il relativo procedimento amministrativo e può essere dotata di tutti i campi generabili durante la sua esecuzione, anche quando tali informazioni vengono raccolte in momenti diversi durante la lavorazione di documenti collegati. In tal caso, venendo a mancare l’elemento aggregante del fascicolo procedimentale, sarebbe consigliabile prevedere, oltre alla registrazione di protocollo, anche la registrazione della domanda su uno dei repertori dedicati alle richieste di accesso e differenziati per tipologia.
Anche in questo scenario, le attività in carico alle amministrazioni sono limitate alla configurazione dei sistemi esistenti. Rispetto allo scenario precedente (I), però, la configurazione è effettuata sulle classi documentali dedicate alla rappresentazione delle domande di accesso e dei relativi procedimenti.
3. Scenario III: il sistema di protocollo con solo funzionalità minime
Nel terzo scenario – riguardante l’ipotesi in cui l’amministrazione sia dotata di un sistema di protocollo informatico che realizzi la sola funzionalità minima – si può definire uno specifico repertorio di registrazione particolare per ogni tipologia di accesso dove tenere traccia delle domande. Le informazioni sullo stato del relativo procedimento e sul suo esito devono essere gestite manualmente, su un diverso sistema informativo (ad esempio, un foglio elettronico condiviso).
4. Campi del Registro degli accessi
Il Registro degli accessi, da pubblicare con cadenza trimestrale, dovrebbe comprendere i dati utili a gestire in modo efficiente le richieste di accesso ricevute, ad agevolare l’esercizio del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini e a monitorare l’attuazione della disciplina in materia. Segue un elenco esemplificativo dei dati rilevanti:
- Domanda di accesso
o Data di presentazione
o Oggetto della richiesta
o Presenza di controinteressati
o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale
o Data del provvedimento
o Sintesi della motivazione (ragioni del rifiuto totale o parziale)
- Domanda di riesame
o Data di presentazione
o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale
o Data del provvedimento
o Sintesi della motivazione
- Ricorso al giudice amministrativo
o Data di comunicazione del provvedimento all’amministrazione
o Esito: Accoglimento (accesso consentito); Rifiuto parziale; Rifiuto totale.
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(1). Per fascicolo procedimentale si intende una unità archivistica atta ad aggregare documenti e metadati specifici raccolti o generati durante la trattazione di un’istanza di qualunque procedimento amministrativo.
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25/01/2018 n° 42
Area: Prassi, Circolari, Note
Parere su una istanza di accesso civico - 25 gennaio 2018
Registro dei provvedimenti
n. 42 del 25 gennaio 2018
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l'art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice");
Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell'Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d'intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito "Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico");
Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;
PREMESSO
Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Partanna ha chiesto al Garante il parere previsto dall'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego parziale di un'istanza di accesso civico.
Nello specifico, il predetto accesso civico aveva a oggetto «copia delle sentenze e dei provvedimenti portanti condanna al pagamento di somme in favore [del] Comune e di conoscere lo stato attuale di riscossione», con riferimento a «tutti i provvedimenti giudiziari emessi negli ultimi cinque anni, anche se regolarmente adempiuti, e [agli] eventuali altri provvedimenti giudiziari anche antecedenti ai cinque anni, qualora non interamente adempiuti».
Il Comune ha accolto parzialmente la richiesta di accesso civico, rappresentando che:
- «La massiva richiesta formulata ha portato a individuare ben 59 controinteressati, con la conseguenza che lo scrivente Ufficio, tenuto conto della mole di lavoro necessario ad ottemperare preventivamente a quanto previsto dall'art. 5, comma 5, del D. Lgs. n. 33/2013 (comunicazione a tutti contro interessati), anche in relazione al periodo in cui è intervenuta la richiesta della quale trattasi (fine esercizio finanziario che prevede sempre innumerevoli adempimenti irripetibili) e che la stessa ha quasi paralizzato per circa un mese l'attività dei servizi legali, ha ritenuto di non effettuare comunicazioni ai predetti soggetti, ma di contemperare l'interesse a conoscere di codesta associazione e l'interesse dei privati cittadini e/o soggetti giuridici alla tutela dei loro dati personali e/o sensibili».
- «A tal fine, si è ritenuto di procedere al rilascio di un elenco anonimo, contenente gli elementi oggetto dell'interesse pubblico alla trasparenza posto alla base della richiesta e della normativa che la legittima, riportante il numero di sentenza con anno di emanazione, l'autorità giudiziaria, l'oggetto della lite, lo stato attuale dell'azione esecutiva intrapresa dall'Amministrazione e l'eventuale riscossione».
A fronte del riscontro del Comune il richiedente l'accesso civico ha chiesto il riesame del predetto provvedimento evidenziando, con riferimento alla protezione dei dati personali, che:
- l'ufficio ha errato «nell'individuare sic et simpliciter tutti i debitori come controinteressati»;
- «alla richiesta di copia di una sentenza i pubblici uffici non possono mai opporre problematiche di tutela di protezione di dati personali (peraltro inesistenti nei casi di specie) trattandosi di atto pubblico, come tale universalmente accessibile, ad eccezione del caso in cui alla stessa sentenza sia stata apposta in calce, con decreto, la apposita annotazione interdittiva a tutela della privacy prevista dall'art. 52 del D.Lgs. 196/2003»;
- «Vista peraltro la prevalenza dell'art. 22 del citato D.Lgs. sull'art. 52 del medesimo decreto, come da ultimo affermata dalla giurisprudenza (da ultimo Cass. sent. n. 10510 del 20/5/2016), [si] potrebbe accettare un rilascio di copia con opportuni omissis su sentenze che possano rilevare lo stato di salute di soggetti».
Nella richiesta di parere al Garante è stato evidenziato che:
- «Recentemente il TAR Lombardia, con sentenza della sezione III n. 1951/2017, ha ritenuto legittimo il provvedimento con il quale un Ente locale ha espresso un formale diniego in merito ad una istanza, avanzata da un cittadino nei confronti del Comune, di accesso generalizzato, ai sensi dell'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, avente ad oggetto tutte le determinazioni dirigenziali, con relativi allegati, adottate da tutti i responsabili dei servizi in un determinato anno. Trattasi, infatti, per come proposta, di una richiesta sovrabbondante, "massiva", pervasiva, contraria alla buona fede insita nell'istituto dell'accesso generalizzato e configurante un'ipotesi di abuso del diritto»;
- «l'accesso civico generalizzato è stato consentito, previo bilanciamento dei diversi interessi in gioco, nel rispetto dei principi generali sul trattamento dei dati personali, attraverso la trasmissione all'istante di una scheda contenente i seguenti dati: numero di sentenza con anno di emanazione, l'autorità giudiziaria emanante la sentenza, l'oggetto della lite, lo stato attuale dell'azione esecutiva intrapresa dall'Amministrazione e l'eventuale riscossione»;
- «la scelta operata, coerentemente con le stesse linee guida ANAC, ha consentito di accogliere l'istanza, seppur parzialmente, senza attivare l'onerosa procedura di preventiva informazione ai controinteressati, nella fattispecie più di cinquantanove (il numero dei controinteressati è molto probabilmente superiore, in quanto i soggetti condannati a pagare al comune potrebbero essere più di uno per ogni sentenza»;
- «l'accoglimento integrale dell'istanza di accesso civico generalizzato, con rilascio di copia di tutte le sentenze in possesso dell'amministrazione, sarebbe effettivamente pregiudizievole per i soggetti interessati che vedrebbero diffusi i dati personali che li riguardano, contenuti nelle sentenze, in maniera non controllata, in considerazione del particolare regime di pubblicità cui sono soggetti i dati e i documenti ricevuti a seguito di una istanza di accesso civico generalizzato, essendo previsto che "Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico […] sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'art. 7».
OSSERVA
1. Introduzione
La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l'altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis» (art. 5, comma 2). L'esercizio di tale diritto «non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente […] e non richiede motivazione» (art. 5, comma 3).
La medesima normativa sancisce che l'accesso civico «è escluso nei casi […] di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti […]» (art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013) e va rifiutato, fra l'altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)).
In tale quadro, si ricorda che per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).
Con riferimento al procedimento relativo all'accesso civico, il Garante deve essere sentito dal Responsabile della prevenzione della corruzione nel caso di richiesta di riesame, laddove l'accesso sia stato negato o differito per motivi attinenti alla tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (artt. 5, comma 7; 5-bis, comma 2, lett. a), d. lgs. n. 33/2013).
Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico, è previsto che «l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adott[i] linee guida recanti indicazioni operative» (art. 5-bis, comma 6).
In proposito, l'Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, d'intesa con il Garante, ha approvato le citate «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013».
2. Sulla specifica questione sottoposta all'esame del Garante e sulla valutazione dell'esistenza di un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali
Nel caso sottoposto all'attenzione del Garante, oggetto dell'accesso civico era la copia di tutte le sentenze e provvedimenti, emessi negli ultimi cinque anni, detenute dal Comune con cui l'autorità giudiziaria ha condannato al pagamento di somme in favore dell'amministrazione, indicando lo stato attuale di riscossione (ossia se adempiuti o meno), nonché degli ulteriori analoghi provvedimenti giudiziari antecedenti i cinque anni, laddove non interamente adempiuti.
Si tratta di documentazione che, contrariamente a quanto rappresentato dall'istante nella richiesta di riesame, contiene dati e informazioni personali di diversa natura e specie, che coinvolge un gran numero di controinteressati (secondo le stime "in difetto" effettuate dal Comune più di 59), non coinvolti nel procedimento.
Al riguardo, non si condivide quanto eccepito dall'istante – laddove afferma che su una richiesta di accesso civico alla «copia di una sentenza i pubblici uffici non possono mai opporre problematiche di tutela di protezione di dati personali (peraltro inesistenti nei casi di specie) trattandosi di atto pubblico, come tale universalmente accessibile […]» – per i seguenti motivi.
La modalità di rilascio degli atti giudiziali da parte di cancellieri e depositari di pubblici registri, è soggetta a precise regole, che peraltro prevedono anche il pagamento di appositi diritti, contenute nelle pertinenti disposizioni processuali (cfr. art. 51 del Codice) – fra cui l'art. 744 c.p.c. e l'art. 76 delle Disposizioni per la attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie – che, anche alla luce dell'art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013, non si ritiene possano essere derogate dalla disciplina in materia di accesso civico.
La fattispecie oggetto di riesame sottoposta all'attenzione del Garante si caratterizza per la particolare circostanza che la richiesta di accesso civico alla copia di sentenze e atti giudiziari non è stata presentata al soggetto/ufficio addetto alla relativa conservazione o al rilascio delle relative copie (cancelleria del Tribunale), ma a un soggetto, ossia il Comune, che, nel caso di specie, deteneva gli atti richiesti, in qualità di parte del procedimento giudiziario.
Ciò chiarito, con particolare riferimento alle sentenze e ai provvedimenti giudiziari oggetto dell'accesso, deve essere ricordato che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).
Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell'accesso civico che va valutata l'esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati (parti del procedimento o semplicemente citati nelle sentenze oggetto dell'accesso civico), in base al quale decidere se rifiutare o meno l'accesso integrale ai documenti richiesti, oppure fornire un accesso parziale.
Sul punto, si rinvia in primo luogo al contenuto delle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico, laddove è precisato, in particolare (par. 8.1), che:
- «La disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede che ogni trattamento – quindi anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l'accesso generalizzato – deve essere effettuato "nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale […]", ivi inclusi il diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, all'oblio, nonché i diritti inviolabili della persona di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nel quadro descritto, anche le comunicazioni di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della giurisprudenza europea in materia»;
- «Ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – che potrebbero derivare all'interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l'accesso generalizzato sono considerati come "pubblici", sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 7 del d. lgs. n. 33/2013). Tali conseguenze potrebbero riguardare, ad esempio, future azioni da parte di terzi nei confronti dell'interessato, o situazioni che potrebbero determinare l'estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali. In questo quadro, può essere valutata, ad esempio, l'eventualità che l'interessato possa essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative al regolare svolgimento delle funzioni pubbliche o delle attività di pubblico interesse esercitate, che potrebbero derivare, a seconda delle particolari circostanze del caso, dalla conoscibilità di determinati dati. Analogamente, vanno tenuti in debito conto i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente»;
- «Nel valutare l'impatto nei riguardi dell'interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest'ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati»;
- «Per verificare l'impatto sfavorevole che potrebbe derivare all'interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste, l'ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato deve far riferimento a diversi parametri, tra i quali, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso o contenuti nei documenti ai quali di chiede di accedere, nonché il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l'attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati»;
- «va considerato altresì che la sussistenza di un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali può verificarsi con più probabilità per talune particolari informazioni – come ad esempio situazioni personali, familiari, professionali, patrimoniali – di persone fisiche destinatarie dell'attività amministrativa o intervenute a vario titolo nella stessa e che, quindi, non ricoprono necessariamente un ruolo nella vita pubblica o non esercitano funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse. Ciò anche pensando, come già visto, alle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati riguardo a talune informazioni in possesso dei soggetti destinatari delle istanze di accesso generalizzato o la non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque di tali dati. Tale ragionevole aspettativa di confidenzialità è un elemento che va valutato in ordine a richieste di accesso generalizzato che possono coinvolgere dati personali riferiti a lavoratori o a altri soggetti impiegati a vario titolo presso l'ente destinatario della predetta istanza».
Si ricorda, inoltre, che questa Autorità è intervenuta già in passato sulla questione della pubblicità delle sentenze, anche se relativamente alla diversa questione della «Pubblicazione integrale sul web delle sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione», per evidenziare che la natura pubblica della sentenza e del processo non implica che siano perciò solo conoscibili da chiunque le generalità degli interessati con tutti i dettagli delle loro personali vicende, spesso delicati anche quando non si riferiscano a minori, ovvero a dati giudiziari o sensibili.
In tale quadro, deve essere considerato che dagli atti dell'istruttoria emerge che negli atti giudiziari integrali sono in ogni caso contenute informazioni di carattere personale, quali ad esempio la qualità di debitore, l'impossibilità di restituire le somme a causa di un ISEE basso, l'esistenza di un pignoramento o di un decreto ingiuntivo in corso (peraltro in alcuni casi anche oggetto di impugnazione), la concessione della rateizzazione del pagamento, l'esistenza di vertenze in materia di lavoro, la conclusione di accordi transattivi, etc.
Come evidente, si tratta di informazioni delicate la cui generale (e decontestualizzata) conoscenza, considerando la natura dei dati personali coinvolti e il particolare regime di pubblicità dei dati e documenti oggetti di accesso civico, potrebbe determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, effettivamente un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
3. Sull'accoglimento parziale e sul mancato coinvolgimento dei soggetti controinteressati
Alla luce di quanto considerato, si ricorda che la disciplina in materia di accesso civico prevede che «Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti» (art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013. Cfr. anche Linee guida dell'Anac, cit., par. 5.2).
Per tutto quanto osservato, si ritiene che è possibile in generale – considerando che «La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali costituisce fonte preziosa per lo studio e l'accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell'esercizio del potere giurisdizionale» (Provvedimento recante le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica » del 2/12/2010, in G.U. n. 2 del 4/1/2011 e in www.gpdp.it, doc. web n. 1774813) – concedere l'accesso civico a sentenze civili, oscurando i dati personali ivi presenti, laddove possa derivare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali, sentito il soggetto controinteressato.
Nel caso di specie, tuttavia, dagli atti è emerso che il Comune ha parzialmente respinto l'accesso civico a tutte le sentenze e provvedimenti giudiziari richiesti, trasmettendo al richiedente una scheda riassuntiva anonima contenente gli elementi oggetto dell'interesse pubblico alla trasparenza posto alla base della richiesta e della normativa che la legittima, riportante il numero di sentenza con anno di emanazione, l'autorità giudiziaria, l'oggetto della lite, lo stato attuale dell'azione esecutiva intrapresa dall'Amministrazione e l'eventuale riscossione. Ciò in quanto ha ritenuto che la richiesta fosse «massiva» e «paralizzante» l'attività amministrativa, considerando l'onerosa attivazione della procedura di comunicazione a tutti i soggetti controinteressati citati nelle sentenze, i quali avrebbero potuto ricevere un pregiudizio alla tutela dei propri dati personali.
Al riguardo, si evidenzia che le osservazioni di competenza di questa Autorità sono limitate ai soli profili inerenti alla protezione dei dati personali, escludendo qualsiasi altra valutazione relativa alla qualificazione di una richiesta di accesso civico come massiva o meno che rimane di esclusiva competenza dell'amministrazione destinataria dell'istanza (cfr. Linee guida dell'ANAC, par. 4.2, nonché punto n. 5 del relativo Allegato recante la «Guida operativa all'accesso generalizzato»; TAR Lombardia, sent. n. 1951/2017; Circolare n. 2/2017 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, par. 7, lett. d)).
Sul punto, si ricorda come, sempre nelle Linee guida dell'Anac in materia di accesso civico, sia precisato che «In attuazione dei [principi di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza], il soggetto destinatario dell'istanza, nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, dovrebbe in linea generale scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell'interessato, privilegiando l'ostensione di documenti con l'omissione dei "dati personali" in esso presenti, laddove l'esigenza informativa, alla base dell'accesso generalizzato, possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali. In tal modo, tra l'altro, si soddisfa anche la finalità di rendere più celere il procedimento relativo alla richiesta di accesso generalizzato, potendo accogliere l'istanza senza dover attivare l'onerosa procedura di coinvolgimento del soggetto "controinteressato" (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013). Al riguardo, deve essere ancora evidenziato che l'accesso generalizzato è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. "Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico" (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, quando l'oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali «dati personali») non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l'ente destinatario della richiesta dovrebbe accordare l'accesso parziale ai documenti, oscurando i dati personali ivi presenti» (par. 8.1.).
Ciò considerato, si ritiene che – ai sensi della normativa vigente e delle richiamate indicazioni contenute nelle Linee guida dell'ANAC in materia di accesso civico – il Comune abbia in ogni caso riscontrato la richiesta di accesso civico in una modalità che risulta conforme alla disciplina in materia di protezione dei dati personali.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Partanna, ai sensi dell'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Roma, 25 gennaio 2018
IL PRESIDENTE Soro
IL RELATORE Bianchi Clerici
IL SEGRETARIO GENERALE Busia
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#privacy e trattamento dei dati personali#accesso civico#accesso #dato #sentenza #lgs #richiesta #protezione #istanza #provvedimento #comune #guida
31/05/2017 n° 254
Area: Prassi, Circolari, Note
Parere su una istanza di accesso civico - 31 maggio 2017
Registro dei provvedimenti
n. 254 del 31 maggio 2017
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l'art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice");
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Augusta Iannini;
PREMESSO
Con la nota in atti, il Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Toritto ha chiesto al Garante il parere previsto dall'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un'istanza di accesso civico.
La richiesta di accesso civico aveva a oggetto la «copia degli atti relativi alla sanzione disciplinare inflitta [a un] dipendente comunale».
Dagli atti risulta che la predetta istanza non è stata accolta, rappresentando al richiedente che:
- «la conoscenza da parte di chiunque dei dati e documenti richiesti con l'accesso generalizzato, avente ad oggetto gli atti relativi [al] dipendente, p[uò] arrecare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali in conformità alla disciplina legislativa in materia»;
- «dalla conoscibilità del dato o del documento richiesto da parte di chiunque, poss[o]no derivare conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – nei riguardi dell'interessato, o di altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente l'accesso civico sono considerati come "pubblici"»;
- «Ai fini della valutazione dell'impatto sfavorevole che potrebbe derivare all'interessato e/o ai suoi congiunti dalla conoscibilità da parte di chiunque, delle informazioni richieste, si è tenuto conto della natura dei dati personali oggetto della richiesta (procedimento disciplinare) e, in particolare, della funzione pubblica esercitata dalla persona cui si riferiscono i predetti dati […]».
Nella richiesta di riesame è stato, fra l'altro, evidenziato che:
- le predette argomentazioni «non possono incidere sul diritto dei cittadini di avere conoscenza di documenti che, in particolare in questo caso, hanno attinenza con situazioni da cui i cittadini possono aver ricevuto nocumento, non solo morale, ma anche pratico visto che il provvedimento disciplinare di cui [è stato destinatario il dipendente comunale] è direttamente connesso all'emergenza finanziaria che ha coinvolto il Comune di Toritto e conseguentemente tutti i cittadini di Toritto che per effetto della procedura di riequilibrio finanziario hanno visto fortemente ridotti i servizi cittadini, nonché ricevuto "lesioni" anche sul piano morale con la vendita all'asta di beni comunali la cui realizzazione è stata possibile anche attraverso le imposizioni tributarie in capo ai cittadini medesimi e infine con l'aumento delle tassazioni locali».
Nella richiesta di parere al Garante, il Responsabile della prevenzione della corruzione ha aggiunto che il soggetto controinteressato «benché vi sia prova dell'avvenuta ricezione della comunicazione, non ha fornito alcun riscontro alla suddetta richiesta» e che il dipendente destinatario del provvedimento disciplinare «ha fatto ricorso avverso il predetto atto per il quale, allo stato attuale, pende un giudizio dinanzi al Giudice del Lavoro», pertanto è stato chiesto al Garante:
- «se il fatto che trattasi di provvedimento disciplinare inerente [un] dipendente […], in un contesto in cui il Comune ha fatto richiesta di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243 bis T.U.E.L. sia di per sé sufficiente a far ritenere che l'interesse della collettività alla conoscenza del provvedimento disciplinare debba addirittura essere prevalente su quello della tutela dei dati personali; [considerando anche] che, al momento, è ancora in corso l'istruttoria […], per cui alcun taglio sui servizi ai cittadini è stato – ad oggi – attuato»;
- «se in questa fase, come apparrebbe necessario, visto anche che c'è un contenzioso lavoristico in corso e che potrebbero avviarsi anche attività di altre autorità giudiziarie, debba ritenersi comunque prevalente l'interesse del privato e quindi la tutela dei dati della persona – incisa dal provvedimento disciplinare: in tal caso infatti andrebbe reiterato, come sembra necessario, il diniego già opposto alla richiesta di accesso generalizzato, per le suddette motivazioni, in quanto l'ostensione dell'atto sarebbe potenzialmente in grado di ledere l'immagine della persona nella comunità torittese di circa 9000 abitanti».
OSSERVA
La disciplina di settore contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).
La medesima normativa sancisce che l'accesso civico è rifiutato, fra l'altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) e che «l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5).
Per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).
Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico, «l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative» (art. 5-bis, comma 6).
In proposito, l'Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, d'intesa con il Garante, ha approvato le «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013» (Determinazione n. 1309 del 28/12/2016, in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666. Cfr. anche Provvedimento del Garante recante «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico» n. 521 del 15/12/2016, in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807).
Nelle predette Linee guida dell'ANAC, è precisato che «La disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede che ogni trattamento – quindi anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l'accesso generalizzato – deve essere effettuato "nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale […]", ivi inclusi il diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, all'oblio, nonché i diritti inviolabili della persona di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nel quadro descritto, anche le comunicazioni di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della giurisprudenza europea in materia» (cfr., in particolare, il par. 8 intitolato «I limiti derivanti dalla protezione dei dati personali»).
Analogamente, nelle Linee guida è aggiunto che «Ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – che potrebbero derivare all'interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l'accesso generalizzato sono considerati come «pubblici», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 7 del d. lgs. n. 33/2013). Tali conseguenze potrebbero riguardare, ad esempio, future azioni da parte di terzi nei confronti dell'interessato, o situazioni che potrebbero determinare l'estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali. In questo quadro, può essere valutata, ad esempio, l'eventualità che l'interessato possa essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative al regolare svolgimento delle funzioni pubbliche o delle attività di pubblico interesse esercitate, che potrebbero derivare, a seconda delle particolari circostanze del caso, dalla conoscibilità di determinati dati» (ivi).
È, inoltre, precisato che «Nel valutare l'impatto nei riguardi dell'interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest'ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati. Per verificare l'impatto sfavorevole che potrebbe derivare all'interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste, l'ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato deve far riferimento a diversi parametri, tra i quali, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso o contenuti nei documenti ai quali di chiede di accedere, nonché il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l'attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati» (ivi).
Con particolare riferimento al caso sottoposto all'attenzione del Garante, risulta che l'accesso civico aveva a oggetto atti relativi alla sanzione disciplinare inflitta a un dipendente comunale, contro la quale risulta tuttora pendente un contenzioso nei confronti del Comune dinnanzi al Giudice del Lavoro.
In tale contesto, l'accesso civico è stato negato, in quanto l'amministrazione ha valutato che l'accesso generalizzato ai predetti atti può arrecare un pregiudizio concreto alla protezione dei relativi dati personali in conformità alla disciplina legislativa in materia. Ciò anche se il soggetto controinteressato, pur avendo avuto comunicazione dell'istanza di accesso civico, non ha presentato opposizione.
Riguardo a tale ultimo profilo, si ricorda, in via preliminare, che anche nelle citate Linee guida dell'ANAC è indicato che le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato costituiscono solo «un indice della sussistenza» del pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali «la cui valutazione però spetta all'ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo, altresì, in considerazione gli altri elementi illustrati di seguito [nel par. 8.1.», con la conseguenza che la mancata opposizione del controinteressato non fa venir meno l'obbligo della p.a. di valutare la sussistenza dei limiti previsti dalla normativa di settore all'accesso civico di cui all'art. 5-bis, del d. lgs. n. 33/2013.
Nel merito, deve essere in generale ricordato che «Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico […] sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).
Di conseguenza, conformemente a quanto già rappresentato da questa Autorità (cfr. provv. n. 50 del 9/2/2017, doc. web n. 6057812), si ritiene che la conoscenza delle informazioni contenute negli atti relativi alla sanzione disciplinare inflitta al dipendente comunale unita al citato regime di pubblicità degli atti oggetto dell'accesso generalizzato – considerando proprio la natura disciplinare del procedimento e la circostanza che per lo stesso è ancora pendente un contenzioso giudiziario – è suscettibile di determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
Si evidenzia, inoltre, che, come indicato anche nelle citate Linee guida dell'ANAC, l'accesso "generalizzato" è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013) (cfr. par. 8.1).
Di conseguenza, quando l'oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali «dati personali») non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l'ente destinatario della richiesta, nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, dovrebbe in linea generale scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell'interessato (ivi).
Nel caso sottoposto all'attenzione del Garante, la legittima esigenza conoscitiva rappresentata dal richiedente l'accesso generalizzato, come si evince dalla richiesta di riesame, dovrebbe trovare soddisfazione nella conoscenza dei fatti connessi all'emergenza finanziaria che ha coinvolto il Comune, confluente nella richiesta dell'amministrazione di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis T.U.E.L, indipendentemente dalle valutazioni connesse alla responsabilità disciplinare del singolo dipendente.
I documenti richiesti tramite l'accesso generalizzato contengono invece, nel caso di specie, dati personali che risultano in ogni caso sproporzionati, eccedenti e non pertinenti rispetto alla soddisfazione del bisogno conoscitivo manifestato dall'istante (cfr. anche Linee guida dell'ANAC par. 8.1).
Per tutti i motivi considerati, allo stato degli atti e ai sensi della normativa vigente, si ritiene che l'amministrazione abbia correttamente respinto l'istanza di accesso civico.
Del resto, si ricorda che in generale, proprio in considerazione della particolare incidenza dell'ostensione degli atti del procedimento disciplinare sulla tutela della riservatezza dei rispettivi interessati, i predetti atti, salvo specifiche eccezioni, sono preclusi finanche all'accesso "documentale" ai sensi della legge n. 241/90 dalla normativa di attuazione adottata da diverse amministrazioni, che dovrebbe «consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti», mentre «nel caso dell'accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all'operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l'accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni» (Linee guida ANAC, par. 2.3).
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Toritto ai sensi dell'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Roma, 31 maggio 2017
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Iannini
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia
KEYWORDS
#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#privacy e trattamento dei dati personali#accesso civico#lgs #riequilibrio #generalizzare #profondità #soddisfazione #dibattito #confluente #possono #può #tassazione
15/10/2015 n° 535
Area: Prassi, Circolari, Note
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Vista la richiesta di parere del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca;
Visto l'articolo 154, commi 1, lett. g) e 4, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito Codice);
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la prof.ssa Licia Califano;
PREMESSO
1. Il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca (M.I.U.R) ha richiesto il parere del Garante in ordine a uno schema di regolamento in materia di "Trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell'Anagrafe nazionale degli Studenti".
Lo schema è adottato in attuazione del disposto di cui all'articolo 13, comma 2-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, in base al quale "al fine di consentire il costante miglioramento dell'integrazione scolastica degli alunni disabili mediante l'assegnazione del personale docente di sostegno, le istituzioni scolastiche trasmettono per via telematica alla banca dati dell'Anagrafe nazionale degli studenti le diagnosi funzionali di cui al comma 5 dell'articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prive di elementi identificativi degli alunni.".
La medesima disposizione normativa prevede poi che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura regolamentare, siano definiti, previo parere del Garante, "i criteri e le modalità concernenti la possibilità di accesso ai dati di natura sensibile di cui al presente comma e la sicurezza dei medesimi, assicurando nell'ambito dell'Anagrafe nazionale degli studenti la separazione tra la partizione contenente le diagnosi funzionali e gli altri dati.".
RILEVATO
2. Lo schema di regolamento si compone di un unico articolo e di un allegato tecnico che ne costituisce parte integrante.
Tale articolo stabilisce che, per il perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico di cui agli articoli 73, 86 e 95 del Codice, l'Anagrafe nazionale degli studenti (di seguito anche ANS) raccoglie in una "partizione separata" i dati che rivelano lo stato di disabilità degli alunni, la cui conoscenza sia indispensabile ai fini della loro integrazione scolastica, ma privi di elementi identificativi degli alunni stessi (diagnosi funzionale, profilo dinamico-funzionale, piano educativo individualizzato). L'allegato tecnico individua i tipi di dati e le operazioni su di essi eseguibili, indispensabili per le finalità anzidette ed indica i soggetti legittimati al trattamento, nel rispetto delle competenze attribuite dalla legge e dei principi di pertinenza, non eccedenza ed indispensabilità previsti dal Codice.
Al riguardo si osserva preliminarmente che lo schema in esame tiene conto delle indicazioni fornite dall'Ufficio del Garante ai competenti uffici del M.I.U.R. nel corso di incontri e contatti, anche informali, volte a rendere conforme il provvedimento ai principi e alle regole in materia di protezione dei dati personali e a garantire un elevato livello di tutela dei diritti, delle libertà fondamentali ed in particolar modo della dignità degli interessati; ciò, anche in considerazione della minore età degli studenti e della loro condizione di disabilità, che non possono in alcun modo costituire un ostacolo alla concreta realizzazione del diritto all'istruzione.
Nello specifico, visto che lo schema di regolamento concerne il trattamento di dati sensibili, idonei a rivelare lo stato di salute degli alunni, la predetta collaborazione è stata finalizzata all'individuazione delle finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, delle operazioni eseguibili, dei tipi di dati trattati e di modalità del trattamento lecite e corrette (artt. 11, 20, 22, 73, 86 e 95 del Codice).
Al riguardo, l'Autorità richiama l'attenzione dell'Amministrazione interessata sull'importanza della materia in esame e in particolare dell'Anagrafe degli studenti - che, insieme all'Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università, di cui all'articolo 1-bis del decreto legge 9 maggio 2003, n. 105, rappresenta una importante banca dati "a livello nazionale" realizzata dal M.I.U.R. (art. 10, comma 8, primo periodo, d.l. n. 179/2012), sia per la delicatezza dei dati che vi sono registrati, i quali, appunto possono avere anche natura di dati sensibili e giudiziari, sia per la vasta platea di soggetti legittimati, per legge, ad accedervi, in relazione alle proprie competenze istituzionali (Ministero, regioni, enti locali, Università, istituzioni scolastiche).
In proposito si rammenta che il d.m. 5 agosto 2010, n. 74, stabilisce che in relazione alle finalità di rilevante interesse pubblico individuate dall'articolo 95 del Codice, l'Anagrafe "può contenere dati idonei a rivelare lo stato di salute, le convinzioni religiose o di altro genere e dati giudiziari indispensabili ad individuare il soggetto presso il quale lo studente assolve l'obbligo scolastico" (art. 2, comma 3), e "i soggetti che comunicano dati personali all'Anagrafe….rispondono della loro veridicità e autenticità" (art. 2, comma 4).
CONSIDERATO
3. I tipi di dati trattati.
La riforma normativa cui lo schema di regolamento intende dare attuazione mira a consentire la realizzazione della procedura per l'assegnazione del personale docente di sostegno agli studenti disabili attraverso le nuove funzionalità dell'ANS, le indicazioni rese dall'Ufficio negli incontri di lavoro hanno pertanto riguardato, in via principale, l'individuazione delle informazioni idonee a rivelare lo stato di salute da inserire nella predetta Anagrafe indispensabili a tal fine.
Tali informazioni concernono, in particolare:
• "la certificazione dello stato di handicap o dello stato di handicap in situazione di gravità" ai sensi della legga 104 del 1992 (verbale di accertamento);
• "la diagnosi funzionale" dell'alunno alla cui redazione provvede l'unità multidisciplinare di cui all'art. 3,comma 2, del d.P.R. 24 febbraio 1994;
• "il profilo dinamico funzionale" alla cui redazione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori dell'alunno, l'unità multidisciplinare prevista dall'art. 3, comma 2, del d.P.R. 24 febbraio 1994 e, per ciascun grado di scuola, il personale specializzato della scuola (art. 12, l. 104 del 1992 e art. 4 d.P.R. del 24 febbraio 1994);
• "il piano educativo individualizzato" formulato dai soggetti di cui all'art. 5, comma 2 del d.P.R. 24 febbraio 1994 per la formulazione della proposta relativa all'individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero delle ore di sostegno (art. 3, d.P.C.M. 23 febbraio 2006, n. 185).
Il dettaglio delle informazioni e della documentazione inviate alla costituenda "partizione" dell'ANS (di seguito anche partizione separata) dalle istituzioni scolastiche è descritto nel tracciato record di cui al paragrafo 1 dell'allegato tecnico al regolamento.
Lo schema di regolamento prevede che i dati idonei a rivelare lo stato di salute degli studenti disabili siano raccolti privi di elementi identificativi nella partizione separata, distinta sia dal punto di vista logico che fisico dalla parte dell'ANS che contiene i dati identificativi (anagrafici, curriculari e di frequenza) riferiti agli studenti.
Tenendo conto delle indicazioni rese nell'ambito dell'attività collaborativa, il Ministero ha, quindi, stabilito che i predetti documenti siano inseriti, come richiesto dalla norma, privi di tutti gli elementi identificativi degli interessati. I file contenenti la citata documentazione sono, infatti, caricati nella partizione separata in formato pdf, previa cancellazione di tutte le informazioni anagrafiche dell'alunno.
Nei limitati casi in cui i predetti dati idonei a rivelare lo stato di salute devono essere associati all'interessato (cfr. c.d. "assegnazione dei posti in deroga" di cui oltre), una chiave numerica, memorizzata sulla base dati in formato crittografato e mai visualizzata, "separata e custodita in un server ad accesso limitato e controllato (…) accessibile esclusivamente dal software applicativo che utilizza la chiave di cifratura", consente di effettuare tale operazione.
Sono state, invece, espunte le informazioni relative agli studenti affetti da Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), il cui diritto all'integrazione scolastica risulta, infatti, garantito da una specifica e differente disciplina di settore (cfr. l. 8 ottobre 2010. n. 170; d.m. 12 luglio 2011; Direttiva ministeriale 27 dicembre 2012; circolare ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013).
4. Le operazioni eseguibili.
L'allegato tecnico al decreto, nel descrivere le operazioni eseguibili, individua, in particolare, le modalità ed i soggetti legittimati ad accedere alla partizione separata e le funzionalità abilitate per ogni singola categoria di utente.
Sotto il primo aspetto, è precisato che l'accesso avvenga "attraverso funzionalità web internet erogate dall'infrastruttura del sistema informativo del MIUR (SIDI) utilizzando il protocollo HTTPS" mediante credenziali costituite da un codice identificativo e una password.
Con riferimento al secondo aspetto, si evidenzia che al profilo "utente scuola", assegnato al dirigente scolastico, sono abilitate le funzionalità di inserimento, consultazione modifica e ricerca di tutti i dati idonei a rivelare lo stato di salute relativi ai propri iscritti per il periodo di frequenza dell'istituto.
La partizione separata conserva le informazioni degli alunni per il periodo di frequenza degli stessi nel sistema nazionale di istruzione, anche al fine di garantire "la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola" (art. 14, comma 1, lett. c) l. 104 del 1992).
Sulla base delle osservazioni emerse nel corso dell'attività di collaborazione, il regolamento evidenzia, inoltre, che i dati vengono irreversibilmente cancellati dalla nuova partizione dell'ANS all'uscita dal sistema scolastico e del percorso formativo dell'alunno attraverso una procedura di batch calendarizzata a completamento delle attività di avvio dell'anno scolastico.
Al profilo "gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica" sono abilitate le funzionalità di "inserimento del parere relativo all'assegnazione del docente di sostegno per singolo alunno" e "di consultazione di tutte le informazioni elencate nel tracciato" prive di dati identificativi diretti.
Sempre sulla base delle indicazioni fornite dall'Ufficio del Garante, il regolamento precisa che possono essere abilitati all'accesso massimo tre membri del gruppo, scelti tra il personale dell'amministrazione scolastica all'uopo specificamente designati incaricati del trattamento. Il MIUR, inoltre, conserva copia di tutte le designazioni che prevedono l'abilitazione all'accesso alla partizione seperata.
Al profilo "Ufficio scolastico regionale per ambito territoriale e Direzione generale regionale", responsabili delle procedure dell'organico di sostegno, sono abilitate le funzionalità di inserimento del numero delle ore assegnate per il sostegno e consultazione delle richieste formulate dalla scuola e delle valutazioni del gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica, documenti che, come detto, non recano alcuno dato direttamente identificativo degli studenti.
Il personale in possesso di detto profilo può, inoltre, accedere a dati di riepilogo, relativi alla consistenza degli alunni per classe, privi di qualsiasi informazione che possa consentire di individuare i singoli alunni frequentanti.
Solo nelle ipotesi di "assegnazione dei posti in deroga", in base alle sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010, al personale con profilo "Ufficio scolastico regionale per ambito territoriale e alla Direzione generale regionale" è consentito l'accesso alle informazioni anagrafiche dell'alunno. Come emerso nel corso dei citati approfondimenti, tale accesso può avvenire solo previa abilitazione da parte del dirigente scolastico (profilo utente: scuola) a seguito di specifica istanza da parte della famiglia interessata; tale operazione è "tracciata dal sistema in appositi log".
Al riguardo, deve precisarsi che con la citata sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; e dell'articolo 2, comma 414, della medesima legge, nella parte in cui esclude(va) la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.
Al profilo "amministrazione centrale", assegnato al personale selezionato della Direzione generale per il Personale Scolastico e della Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica, è abilitata la funzionalità di consultazione di dati di sintesi aggregati a livello regionale e provinciale. Tale accesso risulta funzionale allo svolgimento delle funzioni istituzionali delle predette Direzioni, tenuto anche conto che l'ANS può essere utilizzata dal M.I.U.R. anche per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali (art. 48, comma 1-bis, d.l. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 35 del 2012 e d.P.R. 11 febbraio 2014, n. 98).
5. Tutto ciò considerato, con riferimento ai profili descritti ai punti 3 e 4 l'Autorità non rileva criticità nello schema di regolamento e non ha, pertanto, osservazioni da formulare.
RITENUTO
6. Le misure di sicurezza
Nell'allegato tecnico – come sommariamente descritto ai punti 3 e 4 - sono individuati accorgimenti e misure di sicurezza volti a garantire la selettività degli accessi all'anagrafe e il corretto utilizzo dei dati, nonché a scongiurare il rischio di accessi abusivi o non autorizzati.
Fra le misure previste rilevano anche i file di log relativi alla registrazione degli accessi, per i quali il regolamento prevede un periodo di conservazione "non inferiore a" 12 mesi (all. tecnico, paragrafo 2, ultimo periodo).
Al riguardo, poiché per rispettare il principio di cui all'articolo 11, comma 1, lett. e), del Codice, è necessario individuare termini certi di conservazione dei dati (senza ricorrere a locuzioni indefinite come "non inferiore a", utilizzata nello schema) l'allegato tecnico va perfezionato stabilendo un termine di conservazione dei log che sia congruo e proporzionato rispetto alle finalità perseguite e la cui individuazione si rimette alla prudente valutazione dell'Amministrazione interessata.
IL GARANTE
esprime parere favorevole sullo schema di regolamento in materia di "Trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell'Anagrafe nazionale degli Studenti", adottato in attuazione dell'articolo 13, comma 2-ter, della legge 8 novembre 2013, n. 128, con la seguente condizione:
a) l'allegato tecnico dello schema sia perfezionato con l'individuazione di un termine di conservazione dei log congruo e proporzionato, come specificato nei termini di cui in motivazione (punto 6).
Roma, 15 ottobre 2015
IL PRESIDENTE Iannini
IL RELATORE Califano
IL SEGRETARIO GENERALE Busia
KEYWORDS
#privacy e trattamento dei dati personali#studenti: integrazione e disabilità#dato #alunno #studente #partizione #anagrafe #schema #rivelare #ans #regolamento #profilo
09/02/2017 n° 50
Area: Prassi, Circolari, Note
Parere su una istanza di accesso civico - 9 febbraio 2017
Registro dei provvedimenti
n. 50 del 9 febbraio 2017
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l'articolo 5, comma 7, del d.lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l'articolo 154, comma 1, lett. g) del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice");
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Antonello Soro;
PREMESSO
Con la nota prot. n. YY del ZZ in atti, il Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione dell'Ordine degli Avvocati di XX ha chiesto al Garante il parere previsto dall'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego del Consiglio dell'Ordine di una istanza di accesso civico.
Il Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione ha rappresentato al Garante che la richiesta di accesso civico aveva a oggetto «tutti gli atti» relativi a un «procedimento disciplinare» concluso nei confronti di un avvocato iscritto all'Ordine.
Lo stesso ha evidenziato che il Consiglio dell'Ordine aveva riscontrato la citata richiesta di accesso civico rappresentando che «l'art. 5 del D. Lgs. come modificato dal D. Lgs. 97/2016 configura un diritto di accesso speciale qualificato "accesso civico" ed ha ad oggetto esclusivamente documenti, informazioni o dati soggetti all'obbligo di pubblicazione da parte della P.A.; considerato che il procedimento disciplinare svolto presso l'Ordine ed i relativi atti procedurali non rientrano sicuramente tra quelli soggetti ad obbligo di pubblicazione ai fini della trasparenza e, in particolare sono atti riservati a tutela dei diritti dei soggetti coinvolti nel procedimento e, in particolare dell'avvocato iscritto; rilevato che tale diritto alla riservatezza deve essere considerato prevalente rispetto al diritto di accesso civico invocato dal richiedente; delibera il rigetto dell'istanza».
OSSERVA
Per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).
La disciplina di settore contenuta nel d.lgs. n. 33/2013 prevede che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).
La medesima normativa sancisce che l'accesso civico è rifiutato «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) e che «l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5).
Al riguardo, si ricorda che, ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico, «l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative» (art. 5-bis, comma 6). In proposito, l'Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, d'intesa con il Garante, ha approvato le «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013» (Determinazione n. 1309 del 28/12/2016, in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666, cfr. anche Provvedimento del Garante recante «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico» n. 521 del 15/12/2016, in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807).
In tale quadro, allo stato degli atti e ai sensi della normativa vigente, considerando peraltro che «Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico […] sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7» (art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013), l'amministrazione è tenuta a verificare – previa in ogni caso comunicazione al soggetto controinteressato ai sensi dell'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013 – se l'accesso civico debba essere rifiutato «per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 1, lett. a)) seguendo, a tale scopo, le indicazioni già fornite nelle citate Linee guida dell'ANAC, adottate d'intesa con il Garante, al cui contenuto, pertanto, si rinvia integralmente (cfr., in particolare, il par. 8 intitolato «I limiti derivanti dalla protezione dei dati personali»).
Nel caso in esame si ravvisa, in primo luogo, un difetto procedimentale in quanto, contrariamente a quanto previsto dall'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013, il controinteressato non è stato chiamato ad intervenire, impedendogli, pertanto, di rappresentare la sua eventuale opposizione.
In secondo luogo – sia pur sulla base della sola documentazione fornita – la stessa natura disciplinare del procedimento ai cui atti si intende accedere sembrerebbe suscettibile di determinare, nel caso di accoglimento dell'istanza, quel "pregiudizio concreto" al diritto alla protezione dei dati personali tale da legittimarne il diniego, ai sensi dell'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013. Del resto, gli atti del procedimento disciplinare sono, salvo specifiche eccezioni, preclusi all'accesso "documentale" ai sensi della legge n. 241/90 e della relativa normativa di attuazione, proprio in considerazione della particolare incidenza dell'ostensione di tali atti sulla riservatezza dei rispettivi interessati.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione dell'Ordine degli avvocati di XX ai sensi dell'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33/2013.
Roma, 9 febbraio 2017
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Soro
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia
KEYWORDS
#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#privacy e trattamento dei dati personali#accesso civico#lgs #riutilizzare #rigetto #dibattito #sembrare
28/12/2016 n° 1309
Area: Prassi, Circolari, Note
Autorità Nazionale Anticorruzione
L’Autorità Nazionale Anticorruzione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali,
Visto il decreto legislativo 25 maggio 2016 n. 97 recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015 n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”;
Visto l’articolo 5 co. 2 del decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, come modificato dal d.lgs. 97/2016 che ha introdotto, accanto all’accesso civico già disciplinato dal d.lgs. 33/2013, il diritto di chiunque di accedere a dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del decreto 33/2013, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’art. 5 bis, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico;
Visto l’art. 5 bis del d.lgs. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016, relativo alle esclusioni e ai limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del medesimo decreto e, in particolare, l’art. 5 bis, co. 6, secondo cui ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti l’Autorità nazionale anticorruzione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. 281/1997, adotta linee guida recanti indicazioni operative;
Visto lo schema di “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013” approvato dall’Autorità nell’adunanza del 9 novembre 2016 e posto in consultazione pubblica sul sito dell’Autorità dall’11 novembre al 28 novembre 2016;
Valutate le osservazioni pervenute durante la consultazione pubblica e i contributi istruttori acquisiti nel corso di audizioni informali svolte in data 24 novembre 2016 presso l’Autorità;
Acquisita in data 15 dicembre 2016 l’intesa del Garante per la protezione dei dati personali;
Ritenuto opportuno, anche in relazione all’intesa acquisita e alle interlocuzioni istruttorie avute nel corso delle audizioni informali con le Regioni e gli enti territoriali, pervenire a successivi approfondimenti delle Linee guida anche in un apposito tavolo di confronto con le Regioni e gli enti territoriali;
Visto il parere alla Conferenza Unificata di cui all’art. di cui all’art. 8, comma 1, del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 ai sensi dell’art. art. 5 bis, co. 6 del d.lgs. 33/2013 in data 22 dicembre 2016;
Adotta
LINEE GUIDA RECANTI INDICAZIONI OPERATIVE AI FINI DELLA DEFINIZIONE DELLE ESCLUSIONI E DEI LIMITI ALL'ACCESSO CIVICO DI CUI ALL’ART. 5 CO. 2 DEL D.LGS. 33/2013
Art. 5- bis, comma 6, del d.lgs. n. 33 del 14/03/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni».
Delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016
Sommario
1. Definizioni ......................................................................................................................................................................... 5
2. L’accesso civico generalizzato: caratteristiche e funzioni .......................................................................................... 5
2.1. Introduzione ............................................................................................................................................................ 5
2.2. Distinzione fra accesso generalizzato e accesso civico ..................................................................................... 6
2.3. Distinzione fra accesso generalizzato e accesso agli atti ex l. 241/1990 ........................................................ 6
3. Prime indicazioni operative generali per l’attuazione ................................................................................................. 7
3.1. Adozione di una disciplina sulle diverse tipologie di accesso .......................................................................... 7
3.2. Adeguamenti organizzativi .................................................................................................................................... 8
4. Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’accesso generalizzato ............................................................. 8
4.1. Ambito soggettivo .................................................................................................................................................. 8
4.2. Ambito oggettivo .................................................................................................................................................... 9
5. Distinzione fra eccezioni assolute all’accesso generalizzato e “limiti” (eccezioni relative o qualificate) ......... 10
5.1. Eccezioni assolute ................................................................................................................................................ 10
5.2. Limiti (eccezioni relative o qualificate) ............................................................................................................. 10
5.3. La motivazione del diniego o dell’accoglimento della richiesta di accesso ................................................. 11
6. Le eccezioni assolute .................................................................................................................................................... 12
6.1. Segreto di Stato ..................................................................................................................................................... 12
6.2. Altri casi di segreto o di divieto di divulgazione ............................................................................................. 12
6.3. Eccezioni assolute in caso in cui l’accesso è subordinato dalla “disciplina vigente al rispetto di
specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24 c. 1 della legge 241/1990”. 13
7. I limiti (esclusioni relative o qualificate) al diritto di accesso generalizzato derivanti dalla tutela di interessi
pubblici 15
7.1. Sicurezza pubblica e ordine pubblico 16
7.2. Sicurezza nazionale 17
7.3. Difesa e questioni militari 17
7.4. Relazioni internazionali 18
7.5. Politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato 18
7.6. Conduzioni di indagini sui reati e loro perseguimento 19
7.7. Regolare svolgimento di attività ispettive 20
8. I limiti (esclusioni relative o qualificate) al diritto di accesso generalizzato derivanti dalla tutela di interessi
privati 21
8.1. I limiti derivanti dalla protezione dei dati personali. 21
8.2. Libertà e segretezza della corrispondenza 24
8.3. Interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi proprietà intellettuale,
diritto d'autore e segreti commerciali 25
9. Decorrenza della disciplina e aggiornamento delle Linee guida 26
ALLEGATO. GUIDA OPERATIVA ALL’ ACCESSO GENERALIZZATO. 28
1. Definizioni
Di seguito si riportano alcune definizioni utili ai fini delle presenti Linee Guida.
Il d.lgs. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016, è di seguito definito “decreto trasparenza”. Per “accesso documentale” si intende l'accesso disciplinato dal capo V della legge 241/1990.
Per “accesso civico ” si intende l'accesso di cui all'art. 5, comma 1, del decreto trasparenza, ai documenti oggetto degli obblighi di pubblicazione.
Per “accesso generalizzato” si intende l'accesso di cui all'art. 5, comma 2, del decreto trasparenza
2. L’accesso civico generalizzato: caratteristiche e funzioni
2 . 1 . Introduzione
Le presenti linee guida hanno a oggetto la “definizione delle esclusioni e dei limiti ” all’accesso civico a dati non oggetto di pubblicazione obbligatoria disciplinato dagli artt. 5 e 5 bis del decreto trasparenza.
Tale nuova tipologia di accesso (d’ora in avanti “accesso generalizzato”), delineata nel novellato art. 5, comma 2 del decreto trasparenza, ai sensi del quale “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis”, si traduce, in estrema sintesi, in un diritto di accesso non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati e i documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione.
La ratio della riforma risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico (art. 5, comma 2 del decreto trasparenza).
Ciò in attuazione del principio di trasparenza che il novellato articolo 1, comma 1, del decreto trasparenza ridefinisce come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni non più solo finalizzata a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, ma soprattutto, e con una modifica assai significativa, come strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa. L’intento del legislatore è ancor più valorizzato in considerazione di quanto già previsto nel co. 2 dell’art. 1 del decreto trasparenza secondo cui la trasparenza è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, e integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino. La trasparenza diviene, quindi, principio cardine e fondamentale dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e dei loro rapporti con i cittadini.
Anche nell’ordinamento dell’Unione Europea, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di
Lisbona (cfr. art. 15 TFUE e capo V della Carta dei diritti fondamentali) il diritto di accesso non è preordinato alla tutela di una propria posizione giuridica soggettiva, quindi non richiede la prova di un interesse specifico, ma risponde ad un principio generale di trasparenza dell’azione dell’Unione ed è uno strumento di controllo democratico sull'operato dell'amministrazione europea, volto a promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile. Dal canto suo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha qualificato il diritto di accesso alle informazione quale specifica manifestazione della libertà di informazione, ed in quanto tale protetto dall’art. 10(1) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Come previsto nella legge 190/2012, il principio della trasparenza costituisce, inoltre, misura fondamentale per le azioni di prevenzione e contrasto anticipato della corruzione.
A questa impostazione consegue, nel novellato decreto 33/2013, il rovesciamento della precedente prospettiva che comportava l’attivazione del diritto di accesso civico solo strumentalmente all’adempimento degli obblighi di pubblicazione; ora è proprio la libertà di accedere ai dati e ai documenti, cui corrisponde una diversa versione dell’accesso civico, a divenire centrale nel nuovo sistema, in analogia agli ordinamenti aventi il Freedom of Information Act (FOIA), ove il diritto all’informazione è generalizzato e la regola generale è la trasparenza mentre la riservatezza e il segreto eccezioni.
In coerenza con il quadro normativo, il diritto di accesso civico generalizzato si configura - come il diritto di accesso civico disciplinato dall’art. 5, comma 1 - come diritto a titolarità diffusa, potendo essere attivato “da chiunque” e non essendo sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente (comma 3). A ciò si aggiunge un ulteriore elemento, ossia che l’istanza “non richiede motivazione”. In altri termini, tale nuova tipologia di accesso civico risponde all’interesse dell’ordinamento di assicurare ai cittadini (a “chiunque”), indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive, un accesso a dati, documenti e informazioni detenute da pubbliche amministrazioni e dai soggetti indicati nell’art. art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016.
Per quanto sopra evidenziato, si ritiene che i principi delineati debbano fungere da canone interpretativo in sede di applicazione della disciplina dell’accesso generalizzato da parte delle amministrazioni e degli altri soggetti obbligati, avendo il legislatore posto la trasparenza e l’accessibilità come la regola rispetto alla quale i limiti e le esclusioni previste dall’art. 5 bis del d.lgs. 33/2013, rappresentano eccezioni e come tali da interpretarsi restrittivamente. Sul punto si daranno indicazioni nei successivi paragrafi.
2 . 2 . Distinzione fra accesso generalizzato e accesso civico
L’accesso generalizzato non sostituisce l’accesso civico “semplice” (d’ora in poi “accesso civico”) previsto dall’art. 5, comma 1 del decreto trasparenza, e disciplinato nel citato decreto già prima delle modifiche ad opera del d.lgs. 97/2016. L’accesso civico rimane circoscritto ai soli atti, documenti e informazioni oggetto di obblighi di pubblicazione e costituisce un rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dalla legge, sovrapponendo al dovere di pubblicazione, il diritto del privato di accedere ai documenti, dati e informazioni interessati dall’inadempienza.
I due diritti di accesso, pur accomunati dal diffuso riconoscimento in capo a “chiunque”, indipendentemente dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva connessa, sono quindi destinati a muoversi su binari differenti, come si ricava anche dall’inciso inserito all’inizio del comma 5 dell’art. 5, “fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria”, nel quale viene disposta l’attivazione del contraddittorio in presenza di controinteressati per l’accesso generalizzato.
L’accesso generalizzato si delinea come affatto autonomo ed indipendente da presupposti obblighi di pubblicazione e come espressione, invece, di una libertà che incontra, quali unici limiti, da una parte, il rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5 bis, commi 1 e 2, e dall’altra, il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni (art. 5 bis, comma 3).
2.3. Distinzione fra accesso generalizzato e accesso agli atti ex l. 241/1990
L’accesso generalizzato deve essere anche tenuto distinto dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (d’ora in poi “accesso documentale”). La finalità dell’accesso documentale ex l. 241/90 è, in effetti, ben differente da quella sottesa all’accesso generalizzato ed è quella di porre i soggetti interessati in grado di esercitare al meglio le facoltà - partecipative e/o oppositive e difensive – che l'ordinamento attribuisce loro a tutela delle posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, ai fini dell’istanza di accesso ex lege 241 il richiedente deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso». Mentre la legge 241/90 esclude, inoltre, perentoriamente l’utilizzo del diritto di accesso ivi disciplinato al fine di sottoporre l’amministrazione
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a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato, oltre che quello “semplice”, è riconosciuto proprio “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.
Dunque, l’accesso agli atti di cui alla l. 241/90 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi.
Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni.
In sostanza, come già evidenziato, essendo l’ordinamento ormai decisamente improntato ad una netta preferenza per la trasparenza dell’attività amministrativa, la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la regola, temperata solo dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni.
Vi saranno dunque ipotesi residuali in cui sarà possibile, ove titolari di una situazione giuridica qualificata, accedere ad atti e documenti per i quali è invece negato l’accesso generalizzato.
Nel rinviare a quanto specificato nel § 6.3. si consideri, d’altra parte, che i dinieghi di accesso agli atti e documenti di cui alla legge 241/1990, se motivati con esigenze di “riservatezza” pubblica o privata devono essere considerati attentamente anche ai fini dell’accesso generalizzato, ove l’istanza relativa a quest’ultimo sia identica e presentata nel medesimo contesto temporale a quella dell’accesso ex. l. 241/1990, indipendentemente dal soggetto che l’ha proposta. Si intende dire, cioè, che laddove l’amministrazione, con riferimento agli stessi dati, documenti e informazioni, abbia negato il diritto di accesso ex l. 241/1990, motivando nel merito, cioè con la necessità di tutelare un interesse pubblico o privato prevalente, e quindi nonostante l’esistenza di una posizione soggettiva legittimante ai sensi della 241/1990, per ragioni di coerenza sistematica e a garanzia di posizioni individuali specificamente riconosciute dall’ordinamento, si deve ritenere che le stesse esigenze di tutela dell’interesse pubblico o privato sussistano anche in presenza di una richiesta di accesso generalizzato, anche presentata da altri soggetti. Tali esigenze dovranno essere comunque motivate in termini di pregiudizio concreto all’interesse in gioco. Per ragioni di coerenza sistematica, quando è stato concesso un accesso generalizzato non può essere negato, per i medesimi documenti e dati, un accesso documentale.
3. Prime indicazioni operative generali per l’attuazione
3 . 1 . Adozione di una disciplina sulle diverse tipologie di accesso
Considerata la notevole innovatività della disciplina dell’accesso generalizzato, che si aggiunge alle altre tipologie di accesso, sembra opportuno suggerire ai soggetti tenuti all’applicazione del decreto trasparenza l’adozione, anche nella forma di un regolamento interno sull’accesso, di una disciplina che fornisca un quadro organico e coordinato dei profili applicativi relativi alle tre tipologie di accesso, con il fine di dare attuazione al nuovo principio di trasparenza introdotto dal legislatore e di evitare comportamenti disomogenei tra uffici della stessa amministrazione.
In particolare, tale disciplina potrebbe prevedere:
1. una sezione dedicata alla disciplina dell’accesso documentale;
2. una seconda sezione dedicata alla disciplina dell’accesso civico (“semplice”) connesso agli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs. n. 33;
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3. una terza sezione dedicata alla disciplina dell’accesso generalizzato. Tale sezione dovrebbe disciplinare gli aspetti procedimentali interni per la gestione delle richieste di accesso generalizzato. Si tratterebbe, quindi, di:
a) provvedere a individuare gli uffici competenti a decidere sulle richieste di accesso generalizzato;
b) provvedere a disciplinare la procedura per la valutazione caso per caso delle richieste di accesso.
3 . 2 . Adeguamenti organizzativi
Al fine di rafforzare il coordinamento dei comportamenti sulle richieste di accesso si invitano le amministrazioni e gli altri soggetti tenuti ad adottare anche adeguate soluzioni organizzative, quali, ad esempio, la concentrazione della competenza a decidere sulle richieste di accesso in un unico ufficio (dotato di risorse professionali adeguate, che si specializzano nel tempo, accumulando know how ed esperienza), che, ai fini istruttori, dialoga con gli uffici che detengono i dati richiesti.
4. Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’accesso generalizzato
4.1. Ambito soggettivo
L’ambito dei soggetti nei confronti dei quali è possibile attivare l’accesso civico è lo stesso declinato nell’art. 2 bis del decreto trasparenza come introdotto dal d.lgs. 97/2016, in virtù dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 2, comma 1 del medesimo decreto.
Più precisamente, si tratta di: pubbliche amministrazioni (art. 2-bis, comma 1); enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati (art. 2-bis, comma 2); società in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto privato assimilati (art. 2-bis, comma 3).
1. Pubbliche amministrazioni
Ai fini del d.lgs. n. 33/2013 per “pubbliche amministrazioni”, si intendono “tutte le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione” (art. 2-bis, comma 1 del d.lgs. n. 33/2013).
2. Enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico ed altri enti di diritto privato
assimilati
La medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni sopra richiamate è estesa, “in quanto compatibile”, anche a:
a) enti pubblici economici e ordini professionali;
b) società in controllo pubblico come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).
c) associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.
3. Società in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto privato assimilati
La medesima disciplina si applica, sempre in quanto compatibile, e “ limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea” alle società in partecipazione
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pubblica, come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n.
124 (d.lgs. 175/2016) nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
Per le categorie di soggetti di cui ai punti 2 e 3 il legislatore prevede che la disciplina della trasparenza si applichi “in quanto compatibile”. Il principio della compatibilità, tuttavia, concerne la sola necessità di trovare adattamenti agli obblighi di pubblicazione in ragione delle caratteristiche organizzative e funzionali dei citati soggetti. Non è invece operante per quel che concerne l’accesso generalizzato, stante la ratio e la funzione del generalizzato descritta nel primo paragrafo delle presenti Linee guida. L’accesso generalizzato, pertanto, è da ritenersi senza dubbio un istituto “compatibile” con la natura e le finalità dei soggetti sopra elencati ai punti 2 e 3, considerato che l’attività svolta da tali soggetti è volta alla cura di interessi pubblici.
E’ necessario, inoltre, attribuire significato alla disposizione legislativa che delimita il campo di applicazione per quanto attiene ai soggetti indicati al comma 3 dell’art. 2 bis del decreto trasparenza, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea.
L’intento del legislatore è quello di garantire che la cura concreta di interessi della collettività, anche ove affidati a soggetti esterni all’apparato amministrativo vero e proprio, rispondano comunque a principi di imparzialità, del buon andamento e della trasparenza.
Si ritiene che nel novero di tali attività possano rientrare quelle qualificate come tali da una norma di legge, dagli atti costitutivi o dagli statuti delle società, l’esercizio di funzioni amministrative, la gestione di servizi pubblici nonché le attività che pur non costituendo diretta esplicazione della funzione o del servizio pubblico svolti sono ad esse strumentali. Al riguardo si rinvia alle precisazioni che saranno contenute nelle Linee guida di adeguamento al d.lgs. 97/2016 della delibera ANAC 8/2015 in corso di adozione.
4 . 2 . Ambito oggettivo
Sotto il profilo dell’ambito oggettivo, l’accesso civico generalizzato è esercitabile relativamente “ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”, ossia per i quali non sussista uno specifico obbligo di pubblicazione.
Dalla lettura dell’art. 5 bis si evince, inoltre, che oggetto dell’accesso possono essere anche le informazioni detenute dalle p.a. e dagli altri soggetti indicati al § 4.1.
Il primo riferimento non è solo ai “documenti amministrativi”, ma anche ai “dati” che esprimono un concetto informativo più ampio, da riferire al dato conoscitivo come tale, indipendentemente dal supporto fisico sui cui è incorporato e a prescindere dai vincoli derivanti dalle sue modalità di organizzazione e conservazione.
La distinzione tra documenti e dati acquista rilievo nella misura in cui essa comporta che l’amministrazione sia tenuta a considerare come validamente formulate, e quindi a darvi seguito, anche le richieste che si limitino a identificare/indicare i dati desiderati, e non anche i documenti in cui essi sono contenuti.
Si evidenzia, tuttavia, che il testo del decreto dispone che “l’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti”; pertanto non è ammissibile una richiesta meramente esplorativa, volta semplicemente a “scoprire” di quali informazioni l’amministrazione dispone. Le richieste, inoltre, non devono essere generiche, ma consentire l’individuazione del dato, del documento o dell’informazione, con riferimento, almeno, alla loro natura e al loro oggetto1.
Allo stesso modo, nei casi particolari in cui venga presentata una domanda di accesso per un numero manifestamente irragionevole di documenti, imponendo così un carico di lavoro tale da paralizzare, in modo molto sostanziale, il buon funzionamento dell’amministrazione, la stessa può ponderare, da un lato, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di
1 Cfr. Parere C. di S. 18.2.2016, par. 11.3
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salvaguardare, in questi casi particolari e di stretta interpretazione, l’interesse ad un buon andamento dell’amministrazione (cfr. CGUE, Tribunale Prima Sezione ampliata 13 aprile 2005 causa T 2/03).
Per quanto concerne la richiesta di informazioni, per informazioni si devono considerare le rielaborazione di dati detenuti dalle amministrazioni effettuate per propri fini contenuti in distinti documenti. Poiché la richiesta di accesso civico generalizzato riguarda i dati e i documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (art. 5, comma 2 del decreto trasparenza), resta escluso che – per rispondere a tale richiesta – l’amministrazione sia tenuta a formare o raccogliere o altrimenti procurarsi informazioni che non siano già in suo possesso. Pertanto, l’amministrazione non ha l’obbligo di rielaborare i dati ai fini dell’accesso generalizzato, ma solo a consentire l’accesso ai documenti nei quali siano contenute le informazioni già detenute e gestite dall’amministrazione stessa.
5. Distinzione fra eccezioni assolute all’accesso generalizzato e “limiti” (eccezioni relative o qualificate)
Come già accennato, la regola della generale accessibilità è temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni.
Dalla lettura dell’art. 5 bis, co. 1, 2 e 3 del decreto trasparenza si possono distinguere due tipi di eccezioni, assolute o relative.
Al ricorrere di queste eccezioni, le amministrazioni, rispettivamente, devono o possono rifiutare l’accesso generalizzato. La chiara identificazione di tali eccezioni rappresenta un elemento decisivo per consentire la corretta applicazione del diritto di accesso generalizzato.
5 . 1 . Eccezioni assolute
L’accesso generalizzato è escluso nei casi indicati al co. 3 dell’art. 5 bis, nei casi cioè in cui una norma di legge, sulla base di una valutazione preventiva e generale, per tutelare interessi prioritari e fondamentali, dispone sicuramente la non ostensibilità di dati, documenti e informazioni ovvero la consente secondo particolari condizioni, modalità e/o limiti.
Solo una fonte di rango legislativo può giustificare la compressione del diritto a conoscere cui ora il nostro ordinamento è improntato.
Dette esclusioni (eccezioni assolute) ricorrono in caso di:
a) segreto di Stato;
b) negli altri casi di divieto di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
Con riferimento a quest’ultima indicazione normativa, va registrato che essa delinea una parziale sovrapposizione delle eccezioni assolute dell’accesso generalizzato con quelle previste nella l. 241/1990. Stanti, tuttavia, le diverse finalità dei due istituti, l’individuazione di queste esclusioni, come si avrà modo di chiarire in seguito, si rivela di particolare delicatezza. In generale, il rinvio della disciplina dell’accesso generalizzato a quella delle esclusioni della legge 241/1990 non può che essere letto alla luce delle finalità di ampia disclosure sottesa alla nuova normativa e richiamate nella prima parte di queste linee guida.
5.2. Limiti (eccezioni relative o q ualificate)
Al di fuori dei casi sopra indicati, possono ricorrere, invece, limiti (eccezioni relative o qualificate) posti a tutela di interessi pubblici e privati di particolare rilievo giuridico elencati ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del decreto trasparenza.
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Il legislatore non opera, come nel caso delle eccezioni assolute, una generale e preventiva individuazione di esclusioni all’accesso generalizzato, ma rinvia a una attività valutativa che deve essere effettuata dalle amministrazioni con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento.
L’amministrazione, cioè, è tenuta a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se l’ostensione degli atti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi considerati dai commi 1 e 2 deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. L’amministrazione, in altre parole, non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
a) indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5 bis, co. 1 e 2 – viene pregiudicato;
b) valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla disclosure dell’informazione richiesta;
c) valutare se il pregiudizio conseguente alla disclosure è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile.
Detta valutazione, proprio perché relativa alla identificazione di un pregiudizio in concreto, non può essere compiuta che con riferimento al contesto temporale in cui viene formulata la domanda di accesso: il pregiudizio concreto, in altri termini, va valutato rispetto al momento ed al contesto in cui l’informazione viene resa accessibile, e non in termini assoluti ed atemporali. Tale processo logico è confermato dalle previsioni dei commi 4 e 5 dell’art. 5- bis del decreto trasparenza: da una parte, il diniego dell’accesso non è giustificato, se ai fini della protezione di tale interesse è sufficiente il differimento dello stesso per la tutela degli interessi considerati dalla norma (art. 5 -bis, comma 5). I limiti, cioè, operano nell’arco temporale nel quale la tutela è giustificata in relazione alla natura del dato, del documento o dell’informazione di cui si chiede l’accesso (art. 5- bis co. 5). Allo stesso modo, l’amministrazione dovrà consentire l’accesso parziale utilizzando, se del caso, la tecnica dell’oscuramento di alcuni dati, qualora la protezione dell’interesse sotteso alla eccezione sia invece assicurato dal diniego di accesso di una parte soltanto di esso. In questo caso, l’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso alle parti restanti (art. 5-bis, comma 4, secondo alinea).
L’amministrazione è tenuta quindi a privilegiare la scelta che, pur non oltrepassando i limiti di ciò che può essere ragionevolmente richiesto, sia la più favorevole al diritto di accesso del richiedente. Il principio di proporzionalità, infatti, esige che le deroghe non eccedano quanto è adeguato e necessario per raggiungere lo scopo perseguito (cfr. sul punto CGUE, 15 maggio 1986, causa C- 222/84; Tribunale Prima Sezione ampliata 13 aprile 2005 causa T 2/03).
5 . 3 . La motivazione del diniego o dell’accoglimento della richiesta di accesso
Nella risposta negativa o parzialmente tale, sia per i casi di diniego connessi all’esistenza di limiti di cui ai co. 1 e 2 che per quelli connessi all’esistenza di casi di eccezioni assolute di cui al co. 3, l’amministrazione è tenuta a una congrua e completa, motivazione, tanto più necessaria in una fase sicuramente sperimentale quale quella che si apre con le prime richieste di accesso. La motivazione serve all’amministrazione per definire progressivamente proprie linee di condotta ragionevoli e legittime, al cittadino per comprendere ampiezza e limiti dell’accesso generalizzato, al giudice per sindacare adeguatamente le decisioni dell’amministrazione.
Possono, tuttavia, verificarsi circostanze in cui potrebbe essere pregiudizievole dell’interesse coinvolto imporre all’amministrazione anche solo di confermare o negare di essere in possesso di alcuni dati o informazioni (si consideri ad esempio il caso di informazioni su indagini in corso). In tali ipotesi, di stretta interpretazione, se si dovesse pretendere una puntale specificazione delle ragioni del diniego, l’amministrazione potrebbe disvelare, in tutto o in parte, proprio informazioni e dati che la normativa ha escluso o limitato dall’accesso per tutelarne la riservatezza (pubblica o privata).
Ove ci si trovi in situazioni del genere, e ove questo non comporti la rivelazione di informazioni protette, è quantomeno opportuno indicare le categorie di interessi pubblici o privati che si intendono tutelare
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e almeno le fonti normative che prevedono l’esclusione o la limitazione dell’accesso da cui dipende la scelta dell’amministrazione.
La motivazione è necessaria anche in caso di accoglimento dell’istanza, specie nelle ipotesi in cui la richiesta lambisce diritti di soggetti terzi che, come controinteressati, sono stati coinvolti ai sensi dell’art. 5 co.
5 del decreto trasparenza.
6. Le eccezioni assolute
Una prima categoria di eccezioni è prevista dalla legge ed ha carattere tassativo. Come anticipato, si tratta di eccezioni poste da una norma di rango primario a tutela di interessi pubblici e privati fondamentali e prioritari rispetto a quello del diritto alla conoscenza diffusa. In presenza di tali eccezioni l’amministrazione è tenuta a rifiutare l’accesso (segreto di Stato o divieto di divulgazione) ovvero a consentirlo secondo condizioni modalità e limiti previsti da norme di legge.
Nella valutazione dell’istanza di accesso, l’amministrazione deve quindi verificare che la richiesta non riguardi atti, documenti o informazioni sottratte alla possibilità di ostensione o ad accesso “condizionato” in quanto ricadenti in una delle fattispecie indicate nell’art. 5-bis co. 3.
Il legislatore rinvia ai casi di segreto di Stato, agli altri casi di divieto di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
6 . 1 . Segreto di Stato
La definizione di Segreto di Stato è contenuta nell’art. 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, che ha abrogato la previgente legge 24 ottobre 1977, n. 801, secondo il quale “sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all'integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato”.
Il Segreto di Stato è finalizzato alla salvaguardia di supremi e imprescindibili interessi dello Stato, quali l’integrità della Repubblica, la difesa delle istituzioni, l’indipendenza dello Stato, la preparazione e la difesa militare dello Stato (art. 3, comma 1, D.P.C.M. 8 aprile 2008 attuativo del citato art. 39, comma 5 della l. n. 124/2007) e trova legittimazione costituzionale proprio in quanto mezzo o strumento necessario per raggiungere tale finalità (Corte Costituzionale, sentenza 24 maggio 1977 n. 86).
Inoltre, la medesima legge prevede che il Segreto di Stato si estenda anche a cose e attività che non sono necessariamente riconducibili alla categoria di “documento amministrativo”.
Il potere di disporre il vincolo derivante dal Segreto di Stato è attribuito in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei ministri (art. 39, comma 4) ed è stabilito un limite temporale al vincolo stesso, in quanto, decorsi quindici anni dall’apposizione del Segreto di Stato o, in mancanza di questa, dalla sua opposizione confermata, chiunque vi abbia interesse può richiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attività, alle cose e ai luoghi coperti dal Segreto di Stato
(art. 39, comma 7). Il Segreto in parola è opponibile anche all’autorità giudiziaria, eccetto la Corte
Costituzionale.
Il Segreto di Stato va tenuto distinto dalle classifiche di segretezza, disciplinate dall’art. 42 della legge n. 124/2007, che sono apposte dalle singole amministrazioni per circoscrivere la conoscenza delle informazioni per i soggetti che abbiano necessità di accedervi o a ciò abilitati in ragione delle loro funzioni istituzionali.
6.2. Altri casi di segreto o di divieto di divulgazione
Nell’ordinamento esistono altre diverse disposizioni che prevedono espressamente casi di segreto o di divieto di divulgazione.
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Nelle presenti linee guida non può che rinviarsi a tali diverse disposizioni indicando di seguito alcune esemplificazioni che, in quanto tali, non sono esaustive.
Si ricorda, ad esempio, il segreto statistico, regolamentato dal d.lgs. del 6 settembre 1989 n. 322 all’art. 9; il Segreto militare disciplinato dal RD 11 luglio 1941 n. 161; le classifiche di segretezza di atti e documenti di cui all’art. 42 della l. 124/2007; il segreto bancario previsto dall’art. 7 del d.lgs. 385/1993; i limiti alla divulgazione delle informazioni e dei dati conservati negli archivi automatizzati del Centro elaborazione dati in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica ai sensi dell’art. 9 della l. 121/1981; le disposizioni sui contratti secretati previste dall’art. 162 del d.lgs. 50/2016; il segreto scientifico e il segreto industriale di cui all’art. 623 del c.p.; il segreto sul contenuto della corrispondenza (art. 616 ss. c.p.); il segreto professionale (art. 622 c.p. e 200 c.p.p.) e i “pareri legali” che attengono al diritto di difesa in un procedimento contenzioso
(giudiziario, arbitrale o amministrativa) come confermato anche dagli artt. 2 e 5 del dPCM 26.1.1996, n. 200; i divieti di divulgazione connessi al segreto d’ufficio come disciplinato dall’art. 15 del d.P.R. n. 3/1957. Tra i casi di segreto previsti dall’ordinamento, rientra quello istruttorio in sede penale, delineato dall’art. 329 c.p.p., a tenore del quale “gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti da segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari”. In questo caso la disciplina sull’accessibilità è regolata direttamente dal codice di procedura penale e a essa è necessario fare esclusivo riferimento. Regolata dalla disciplina particolare della legge 124/2007, è anche la trasmissione di informazioni e analisi a enti esterni al Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica che può essere effettuata solo su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri o dell’Autorità delegata, sentito il CISR (art. 4, co. 3 lett. f) l. 124/2007).
Salvo che non sia possibile un accesso parziale, con oscuramento dei dati, alcuni divieti di divulgazione sono previsti dalla normativa vigente in materia di tutela della riservatezza con riferimento a:
dati idonei a rivelare lo stato di salute, ossia a qualsiasi informazione da cui si possa desumere, anche indirettamente, lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici (art. 22, comma 8, del Codice; art. 7-bis, comma 6, d. lgs. n. 33/2013).
dati idonei a rivelare la vita sessuale (art. 7-bis, comma 6, d. lgs. n. 33/2013).
dati identificativi di persone fisiche beneficiarie di aiuti economici da cui è possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati (limite alla pubblicazione previsto dall’art. 26, comma 4, d. lgs. n. 33/2013)
Resta, in ogni caso, ferma la possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l’accesso generalizzato possano essere resi ostensibili al soggetto che abbia comunque motivato nell’istanza l’esistenza di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», trasformando di fatto, con riferimento alla conoscenza dei dati personali, l’istanza di accesso generalizzato in un’istanza di accesso ai sensi della l. 241/1990.
Il diritto di accesso ai propri dati personali rimane, invece, regolato dagli artt. 7 ss. del d. lgs. n. 196/2003 e dal procedimento ivi previsto per la relativa tutela, inclusi i limiti di conoscibilità espressamente previsti anche nei confronti dell’interessato medesimo (art. 8 del d.lgs. n. 196/2003).
6.3. Eccezioni assolute in caso in cui l’ accesso è subordinato dalla “disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24 c. 1 della legge 241/1990”.
Il co. 3 dell’art. 5-bis prevede nei casi di esclusione dell’accesso generalizzato anche quelli in cui l’accesso è subordinato dalla “disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24 c.
1 della legge 241/1990”. Si tratta, a ben vedere, nella maggior parte, di ipotesi in cui l’accesso non è escluso assolutamente, ma è subordinato a condizioni particolari o al possibile uso del potere di differimento da parte delle p.a..
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Si consideri la disciplina sugli atti dello stato civile e quella sulle informazioni contenute nelle anagrafi della popolazione conoscibili nelle modalità previste dalle relative discipline di settore2, agli Archivi di Stato e altri Archivi disciplinati dagli artt. 122 ss. del D. Lgs. 22/01/2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, che ne regolano le forme di consultazione; agli elenchi dei contribuenti e alle relative dichiarazioni dei redditi la cui visione ed estrazione di copia è ammessa nelle forme stabile dall’art. 69, comma 6, del d.P.R. n. 600/19733.
Relativamente al rinvio all’art. 24 co. 1 della legge 241/1990, riferita al diverso istituto dell’accesso agli atti, detta norma contiene alcune esclusioni espressamente previste anche nella disciplina dell’accesso generalizzato per i casi di segreto di Stato e di divieto di divulgazione previsti dalla legge. Al riguardo non può che rinviarsi alle considerazioni sopra espresse.
Gli altri casi indicati dall’art. 24 c. 1 della l. 241/1990 attengono:
a) ai divieti di divulgazione espressamente previsti dal regolamento governativo di cui al co. 6 dell’art. 24 della legge 241/1990 e dai regolamenti delle pubbliche amministrazioni adottati ai sensi del co. 2 del medesimo articolo 24;
b) nei procedimenti tributari, alle particolari norme che li regolano;
c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, alle particolari disposizioni che ne regolano la formazione
d) nei procedimenti selettivi, alle esclusioni dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
Con riferimento ai casi di cui alla lett. a) dell’art. 24, co. 1, legge 241/1990 si sottolinea che il regolamento governativo di cui all’art. 24 co. 6 della medesima legge 241/1990 ancora non è stato adottato né la maggior parte delle amministrazioni risulta abbia adottato i regolamenti ai sensi dell’art. 24 co. 2 che devono individuare le categorie di documenti formati o rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del co. 1 dello stesso articolo 24 e cioè relativi alle stesse categorie di casi o procedimenti previsti in detto comma.
Giova evidenziare che il regolamento governativo di cui al co. 6 dell’art. 24 della legge 241/1990 deve disciplinare i casi di sottrazione all’accesso con riferimento alle stesse categorie di interessi che la normativa sull’accesso generalizzato identifica come casi di esclusioni “relative” all’accesso generalizzato stesso. Si profila, dunque, una potenziale sovrapposizione fra le due normative.
Ad avviso dell’Autorità tale potenziale sovrapposizione, è necessario sia i nterpretata tenendo conto della parziale coincidenza tra le categorie di interessi che, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della l. 241/1990, giustificano l’esclusione del diritto di accesso documentale, mentre, ai sensi dell’art. 5 bis, co. 1 e 2 del decreto trasparenza, comportano eccezioni solo relative all’accesso generalizzato.
In tutti questi casi le amministrazioni, non potendo applicare le esclusioni generali del regime dell’accesso documentale, devono tenere in adeguata considerazione il grado di maggiore trasparenza al quale deve essere assoggettata l’attività istituzionale a seguito dell’intervento novellatore di cui al d.lgs. 97/16, valutando caso per caso le istanze di accesso a dati, documenti o informazioni detenute dalle medesime.
Tale interpretazione è conforme all’evoluzione sostanziale del principio di trasparenza nel nostro ordinamento come indicato nel § 2 delle presenti linee guida, è sorretta dal principio della successione delle leggi nel tempo e della specialità della disciplina, ed è coerente con lo scopo della norma, che è quello di garantire un’ampia libertà di accesso ai dati e documenti delle pubbliche amministrazioni.
In considerazione di quanto sopra e tenuto conto della diversa ratio dell’accesso 241 e dell’accesso generalizzato, sarebbe comunque auspicabile che il governo, nel predisporre il regolamento ex art. 24 co. 6, valuti attentamente l’evidenziata sovrapposizione fra le due normative e individui soluzioni compatibili con la
2 Cfr. artt. 33 ss. del d.P.R. n. 223/1989 [sono accessibili da chiunque, ad eccezione degli estratti per copia integrale]; artt.
106 ss. del d.P.R. n. 396/2000.
3 Cfr. provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 18/2/2010, in www.gpdp.it, doc. web n. 1705106
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disciplina dell’accesso generalizzato e con l’evoluzione del principio di trasparenza nel nostro ordinamento, salvaguardando il favor per la trasparenza stabilito dal legislatore.
Per quanto riguarda le eccezioni all’accesso che operano nei procedimenti tributari, il legislatore rinvia alle specifiche norme che regolano detti procedimenti. Si rammenta, a titolo esemplificativo, quanto previsto dall’art. 68 del d.P.R. n. 600/1973 in relazione al segreto di ufficio in materia di accertamenti tributari. Ciò comporta, da una parte che gli atti definitivi sono accessibili anche ai fini dell’accesso generalizzato e che, di conseguenza, l’amministrazione deve, semmai, usare il potere di differimento dell’accesso come previsto al co. 5 dell’art. 5 bis; d’altra parte, l’ostensione di tali atti, data la loro peculiare natura, è opportuno avvenga nei limiti derivanti dall’applicazione della normativa in materia di tutela della riservatezza, eventualmente anche con un accesso parziale ai sensi del co. 4 dell’art. 5 bis. Una volta divenuti accessibili, anche i dati ed documenti dei procedimenti tributari saranno poi soggetti all’applicazione dei limiti di cui all’art. 5 bis, co. 1 e
2.
Analogamente ai procedimenti tributari, per quanto concerne l’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione per i quali il legislatore tiene ferme le particolari disposizioni che ne regolano la formazione, l’accesso agli atti prodromici è di norma escluso. Si tratta, in realtà, di un’esclusione non assoluta, perché in qualche caso, una volta definito il procedimento con l’adozione dell’atto finale, può essere consentito l’accesso agli atti. Anche in queste ipotesi, l’amministrazione può fare uso del potere di differimento.
Diversamente, invece, l’eccezione opera in modo assoluto nei procedimenti selettivi con riferimento a documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi, data la natura di tali informazioni riconducibili all’area dei dati personali cd. “supersensibili”. Si tratta, di atti che possono essere presenti in procedimenti relativi, ad esempio, a concorsi pubblici, trasferimenti di personale, procedure per nomine ad incarichi particolari o per il conferimento di mansioni superiori.
7. I limiti (esclusioni relative o qualificate) al diritto di accesso generalizzato derivanti dalla tutela di interessi pubblici
La disciplina dell’accesso civico generalizzato prevede la possibilità di rigettare l’istanza qualora il diniego sia necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici elencati nel nuovo art. 5-bis, comma 1 del d.lgs. n. 33/2013, inerenti a:
a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico;
b) la sicurezza nazionale;
c) la difesa e le questioni militari;
d) le relazioni internazionali;
e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
g) il regolare svolgimento di attività ispettive.
Come si è evidenziato nel § 5.2 le esclusioni relative sono caratterizzate dalla necessità di adottare una valutazione caso per caso dell’esistenza del pregiudizio alla tutela di interessi pubblici o privati considerati meritevoli di una peculiare tutela dall’ordinamento.
Di seguito sono fornite alcune prime indicazioni utili a dare supporto alle amministrazioni nella identificazione degli interessi pubblici considerati dall’art. 5 bis co. 1. In via generale, e questo vale anche quando si tratterà degli interessi privati, ogni definizione di tali interessi implica il rinvio a concetti per loro natura dinamici anche in relazione alle posizioni della giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea. Si consideri, peraltro, che le materie individuate dalla legge, in gran parte mutuate da quelle indicate nel Regolamento 1049/2011 CE, sono spesso parzialmente sovrapponibili; inoltre alcuni interessi considerati
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sono assolutamente contigui con altri disciplinati da norme di settore che, ad esempio, prevedono l’apposizione del segreto (ricadendo così nelle esclusioni assolute). Le esemplificazioni relative al contenuto degli interessi di cui ai punti successivi, pertanto, sono avanzate al fine di consentire alle amministrazioni di meglio circoscrivere tali materie, non una interpretazione ingiustificatamente estensiva.
7 . 1 . Sicurezza pubblica e ordine pubblico
La sicurezza pubblica è funzione inerente alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico e comprende la tutela dell'interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale (Corte Cost. 21/2010). Essa concerne la tutela di quei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si fonda la ordinata e civile convivenza degli appartenenti alla comunità nazionale e ricomprende l’insieme di tutte le misure preventive e repressive finalizzate alla salvaguardia delle istituzioni, delle libertà costituzionali e dell’incolumità dei cittadini. Il nucleo della funzione inerente alla pubblica sicurezza ha dunque ad oggetto le attività volte ad assicurare l’incolumità, con riferimento alla integrità fisica e psichica, delle persone, la sicurezza dei possessi e il rispetto di ogni altro bene giuridico di fondamentale importanza per l’esistenza e lo svolgimento dell’ordinamento.
La nozione, elaborata soprattutto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (C. Cost. n. 77/1987; n.
218/1988; n. 115/1995; 169/2006 ), sulla base delle attribuzioni conferite all’aut orità di pubblica sicurezza dal T.U. delle leggi di Pubblica Sicurezza (r.d. n. 773/1931, art. 1), ha trovato una conferma nel diritto positivo nell’art. 159, co. 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112 secondo cui: “le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico e sicurezza pubblica di cui all’articolo 1, comma 3, lettera l) della legge 15 marzo 1997, n. 59, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni”(C. Cost. n. 290/2001).
L’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza e di tutela dell’ordine pubblico coinvolgono non solo l’apparato statale e i suoi organi periferici quali Autorità di Pubblica Sicurezza ma anche gli enti territoriali attraverso le autorità locali di pubblica sicurezza e di governo (art. 54 del TUEL).
I concetti di ordine e sicurezza pubblica e gli interessi ad essi sottesi sono riconducibili ad altri concetti individuati dal legislatore. Ad esempio, l’interesse pubblico inerente alla sicurezza pubblica e all’ordine pubblico viene in rilievo anche nell’adozione di misure preventive e repressive da parte degli enti locali riconducibili all’ambito della sicurezza urbana (quali, ad esempio, quelle previste all’art. 54, co. 4, del d. lgs. 267/2000, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; cfr. C. Cost. n. 115/2011). Da tale concetto va escluso quanto attiene, invece, alle attività volte a mitigare il disagio sociale (corte Cost n. 222/2010). Diversa dalla sicurezza e dell’ordine pubblico, è, invece, l’attività di polizia amministrativa. Non tutte le attività di polizia amministrativa, infatti, sono relative alla sicurezza e all’ordine pubblico.
L’attività di contrasto al crimine e di tutela della sicurezza pubblica, pertanto, non possono essere divulgate per evitare che venga vanificata l’azione delle forze di polizia. Il pregiudizio concreto alla tutela degli interessi inerenti alla sicurezza pubblica e all’ordine pubblico, può derivare, a titolo esemplificativo, dalla conoscibilità di documenti, dati o informazioni attinenti le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riguardo alle tecniche investigative, all’identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni, delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini. Un limite all’accesso potrebbe configurarsi, inoltre, nel caso in cui le informazioni richieste riguardino l’organizzazione e il funzionamento dei servizi di polizia e del personale delle forze armate messe a disposizione dell’autorità di pubblica sicurezza, la detenzione e custodia di armi ed esplosivi. Sempre a titolo di esempio, nel caso di istanze di accesso alla documentazione relativa alla descrizione progettuale e funzionale di impianti industriali a rischio, è meritevole di apprezzamento la necessità di evitare atti di sabotaggio.
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7 . 2 . Sicurezza nazionale
La Sicurezza nazionale è un bene costituzionale che gode di tutela prioritaria e costituisce interesse essenziale, insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro in quanto tocca la esistenza stessa dello Stato.
La Corte Costituzionale con orientamento consolidato ha definito la Sicurezza nazionale quale “interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e, al limite, alla stessa sua sopravvivenza” (C.
Cost. sent. n. 86/1977, n. 82/1976, n. 110/1998, n. 106/2009, n. 40/2012, n. 24/2014).
Ci si è anche riferiti alla “sicurezza esterna ed interna dello Stato e della necessità di protezione da ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico che ispira il nostro assetto costituzionale dei supremi interessi che valgono per qualsiasi collettività organizzata a Stato e possono coinvolgere la esistenza stessa dello Stato” (C. Cost. sent. n. 86 del 24 maggio 1977)
Il concetto di sicurezza esterna ed interna dello Stato si può desumere a livello normativo dagli articoli 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124, istitutiva del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, che nel declinare i compiti delle Agenzie di informazioni e sicurezza definisce la sicurezza esterna “la difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica – anche in attuazione di accordi internazionali - dalle minacce provenienti dall’estero” e richiama la difesa della “sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche poste dalla
Costituzione a suo fondamento da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica”.
La nozione di sicurezza nazionale evoca, in ogni caso, un concetto dinamico e risulta legata “ tanto al grado di maturità del paese cui si riferisce quanto al contesto storico: ne costituisce esempio la rilevanza strategica assunta dai concetti di sicurezza economico-finanziaria e di sicurezza ambientale”. ( “Glossario Intelligence 2013”).
Ai fini dell’accesso generalizzato, l’identificazione degli interessi connessi alla sicurezza nazionale è frequentemente collegata con la difesa del segreto di Stato ma riguarda la possibilità di accesso ad atti, dati e documenti che non compromettono il Segreto di Stato in quanto tale.
7.3. Difesa e questioni militari
Il concetto di “difesa” trova fondamento nella individuazione di un interesse costituzionale superiore espressamente riconosciuto all’art. 52, co.1, della Costituzione e declinato con riferimento alla difesa della
Patria. La Corte costituzionale ha rilevato che il dovere di difesa, nella sua ampia accezione, contempla in primo luogo il dovere militare, organizzato nelle Forze armate. In merito la Corte costituzionale ha ritenuto che sia “esclusivo” interesse dello Stato, con carat tere unitario ed indivisibile, la difesa della integrità territoriale, della indipendenza e della sopravvivenza. L’impianto normativo riconosce alla funzione difesa quella specificità insita nella natura delle Forze armate, codificata a livello ordinamentale dal decreto legislativo n. 66 del 2010 e del relativo T.U. regolamentare (d.PR 90 del 2010) riguardanti l’organizzazione, le funzioni, le attività della Difesa.
La difesa del territorio nazionale è oggetto di accordi di cooperazione e di trattati con la conseguente responsabilità dello Stato anche in sede internazionale. Così è oggetto di accordi internazionali tra Stati la installazione di opere difensive, di basi militari terrestri, marittime e aeronautiche che tiene conto di situazioni complessive che spesso esigono anche il segreto militare. Si tratta di attività che implicano decisioni esclusivamente statali quali la individuazione dei mezzi di difesa, delle linee generali di conservazione, di sviluppo e di capacità difensiva delle Forze Armate e tutto quanto ciò che, nei piani strategici, è diretto a garantire la sicurezza interna ed esterna dello Stato.
La natura delle attività e dell’organizzazione del sistema difesa implica particolare attenzione ai fini dell’accesso circa alcune attività relative sia all’area tecnico operativa, connesse con la pianificazione, l’impiego e l’addestramento delle Forze armate, sia all’area tecnico industriale, strettamente correlata al funzionamento della precedente area.
Si ricorda, in ogni caso, che una parte dell’attività relativa alla difesa e alle questioni militari è sottoposta, come anticipato nel § 6.2.1 , a vincoli di particolare riservatezza o segretezza.
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7 . 4 . Relazioni internazionali
Per “relazioni internazionali” si intendono i rapporti intercorrenti tra Stati sovrani e, per estensione, ai rapporti tra i vari soggetti internazionali. In tal senso per Relazioni internazionali non si intende solo la politica estera di uno Stato, ma il “sistema internazionale”, nel quale operano vari attori a diversi livelli. Con l’espressione “politica estera” ci si riferisce, infatti, specificamente all’insieme dei programmi d’azione e dei comportamenti di un determinato attore internazionale nei confronti degli altri.
Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 211/2006 e n. 131/2008), mentre i “rapporti internazionali” , sono astrattamente riferibili a singole relazioni, dotate di elementi di estraneità rispetto al nostro ordinamento, la “politica estera” concerne l'attività internazionale dello Stato unitariamente considerata in rapporto alle sue finalità ed al suo indirizzo.
A titolo esemplificativo si riportano alcuni atti relativi all’ambito delle relazioni internazionali meritevoli di attenzione ai fini dell’accesso generalizzato:
- i documenti concernenti le procedure relative alla negoziazione ed alla stipula di accordi ed atti internazionali con altri Stati, ove vi sia la necessità non solo di tutelare la necessaria riservatezza degli atti inerenti i negoziati, ma anche per salvaguardare l’integrità degli stessi rapporti diplomatici con i Paesi interessati, che potrebbero essere pregiudicati se tali atti fossero resi accessibili; ciò sempre che gli stessi documenti od atti non siano stati pubblicati nel corso di conferenze internazionali;
- i lavori preparatori e la documentazione predisposta in vista di incontri bilaterali e multilaterali;
- i documenti di posizione interni ai negoziati UE, laddove siano suscettibili di compromettere la posizione italiana nei negoziati in corso, a meno che non vi sia un interesse prevalente alla divulgazione;
- le comunicazioni, i rapporti ed i documenti provenienti dalle rappresentanze ed uffici consolari all’estero sulla situazione politica ed economica dei Paesi di accreditamento, nonché comunicazioni, rapporti e documenti provenienti dalle rappresentanze o delegazioni presso organizzazioni internazionali e fori multilaterali riguardanti l’attività di detti organismi;
- i carteggi scambiati dall’amministrazione con i rappresentanti degli Stati esteri in Italia ed esponenti dei Governi e delle amministrazioni degli Stati esteri.
Al fine dell’identificazione dell’interesse alla tutela delle relazioni internazionali possono rilevare anche:
- la tutela della sicurezza delle Rappresentanze diplomatico-consolari e delle OO.II, della sicurezza delle Alte Personalità in visita, il libero espletamento della sovranità degli altri Stati ma anche della sovranità nazionale come disciplinati nelle norme di diritto internazionale e da norme interne, quali ad esempio:
Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche (in particolare gli artt. 22-37) e relativa legge nazionale di ratifica;
Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari (in particolare gli artt. 31-41 e 49-50) e relativa legge nazionale di ratifica;
Accordi di Sede con le Organizzazioni Internazionali che hanno sede in Italia - con particolare riguardo alle norme sulla sicurezza e inviolabilità della Sede, delle comunicazioni, dei vertici delle organizzazioni e dei loro funzionari nonché ai privilegi e immunità - e relative leggi nazionali di ratifica.
7.5. Politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato
La definizione del concetto di politica e stabilità finanziaria evoca quanto già previsto dall’art. 24 comma
6 lett. b) legge 241/1990 relativamente ai “processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria”. Il concetto è contiguo anche a quello delineato dall’ art. 4 comma 1 lett. a) del
Regolamento Ce 1049/2001 relativamente alla tutela della “politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro”.
Si ritiene quindi che meritino particolare attenzione ai fini dell’accesso generalizzato gli atti relativi ai processi di formazione e determinazione della politica monetaria e valutaria la cui pubblicazione possa comportare turbative sui mercati valutari e dei capitali nonché gli atti relativi al fabbisogno del bilancio dello
Stato, alla politica fiscale ed all’emissione dei titoli di debito pubblico, materie interconnesse con la politica
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finanziaria ed economica dello Stato. L’eventuale esigenza di riservatezza, in tali casi, è connessa alla necessità di evitare che la conoscenza di taluni documenti possa creare situazioni di vantaggio a favore di alcuni o causare turbamenti dei mercati finanziari; a tale proposito si ricorda che la manipolazione dei mercati, anche finanziari, è condotta illecita disciplinata dal codice penale (art. 501 reato di aggiotaggio) e dal codice civile (art. 2637).
Il nucleo degli interessi sottesi a tale limitazione all’accesso assurge a carattere costituzionale e sovranazionale: infatti gli equilibri di finanza pubblica della Repubblica, in tutte le sue componenti ai sensi dell’art. 114 della Costituzione, sono tutelati dagli artt. 81, 97, 117 commi 2 e 3 e 119 Costituzione, ove, peraltro, sono espressamente indicati le regioni e gli enti territoriali; contestualmente alla crescita dell’Europa quale entità volta anche all’armonizzazione ed al coordinamento delle politiche finanziarie, il concetto di equilibrio di finanza pubblica si è evoluto, con la codificazione in sede di Trattato, del concetto di stabilità economica- finanziaria, rispetto al quale lo Stato ha poteri di disciplina generale e di coordinamento.
Nel concetto di politica economica rientrano le scelte di bilancio, gli atti relativi al fabbisogno del bilancio dello Stato, alla politica fiscale ed all’emissione dei titoli di debito pubblico.
Nel concetto di stabilità finanziaria rientra la gestione delle finanze pubbliche, la sostenibilità del debito pubblico, la capitalizzazione delle istituzioni finanziarie; andrà prestata particolare attenzione quindi, a tutte le informazioni (precipuamente in possesso di Banca d’Italia, Mef, Consob, Isvap) per la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario italiano, la prevenzione e la gestione delle crisi finanziarie con potenziale effetto di natura sistemica, incluse quelle con ripercussioni rilevanti in altri paesi, attinenti a singole banche o imprese assicurative, gruppi bancari o assicurativi, conglomerati finanziari o altre istituzioni finanziarie in grado di avere effetti di contagio sul sistema finanziario italiano.
7 . 6 . Conduzioni di indagini sui reati e loro perseguimento
L’interesse pubblico sotteso alla conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento è strettamente connesso alla sicurezza e all’ordine pubblico e all’esercizio di attività giudiziaria. Quanto alla sicurezza e all’ordine pubblico si rinvia a quanto indicato al § 7.1.
Con riferimento alle possibili sovrapposizioni con l’esercizio dell’attività giudiziaria, occorre chiarire che l’accesso generalizzato riguarda, atti, dati e informazioni che siano riconducibili a un’attività amministrativa, in senso oggettivo e funzionale.
Esulano, pertanto, dall’accesso generalizzato gli atti giudiziari, cioè gli atti processuali o quelli che siano espressione della funzione giurisdizionale, ancorché non immediatamente collegati a provvedimenti che siano espressione dello “ius dicere”, purché intimamente e strumentalmente connessi a questi ultimi. L’accesso e i limiti alla conoscenza degli atti giudiziari, ovvero di tutti gli atti che sono espressione della funzione giurisdizionale, anche se acquisiti in un procedimento amministrativo, sono infatti disciplinati da regole autonome previste dai rispettivi codici di rito. Si consideri, al riguardo, la speciale disciplina del segreto istruttorio, ai sensi dell’art. 329 c.p.p.; il divieto di pubblicazione di atti (art. 114 c.p.p.) e il rilascio di copia di atti del procedimento a chiunque vi abbia interesse, previa autorizzazione del pubblico ministero o del giudice che procede (art. 116 c.p.p.). Per i giudizi civili, ad esempio, l’art. 76 disp. att. c.p.c., che stabilisce che le parti e i loro difensori possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d’ufficio e in quelli delle altre parti e ottenere copia dal cancelliere; pertanto l’accesso è consentito solo alle parti e ai loro difensori. Per le procedure concorsuali la legge fallimentare che riconosce al comitato dei creditori e al fallito il diritto di prendere visione di ogni atto contenuto nel fascicolo, mentre per gli altri creditori e i terzi l’accesso è consentito purché gli stessi abbiano un interesse specifico e attuale, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 90).
La possibilità di consentire l’accesso alla documentazione inerente le indagini sui reati e sul loro perseguimento senza che ciò comporti un pregiudizio al corretto svolgimento delle stesse va valutata in relazione alla peculiarità della fattispecie e dello stato del procedimento penale.
In merito all’accesso a documenti detenuti dalle amministrazioni che siano afferenti a un procedimento penale, occorre considerare che potrebbe non esservi una preclusione automatica e assoluta alla loro conoscibilità e che l’esistenza di un’indagine penale non è di per sè causa ostativa all’accesso a documenti che
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siano confluiti nel fascicolo del procedimento penale o che in qualsiasi modo possano risultare connessi con i fatti oggetto di indagine. Resta, comunque, ferma la disciplina in materia di tutela dei dati personali e quanto previsto dalle presenti linee guida ai §§ 6.2.1 e 8.1. Al riguardo, si fa presente che, secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale, non ogni denuncia di reato presentata dalla pubblica amministrazione all'autorità giudiziaria costituisce atto coperto da segreto istruttorio penale e come tale sottratto all'accesso; laddove, infatti, la denuncia sia riconducibile all'esercizio delle istituzionali funzioni amministrative, l’atto non ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 329 c.p.p. e non può ritenersi coperto dal segreto istruttorio.
Diversamente, se la pubblica amministrazione trasmette all'autorità giudiziaria una notizia di reato nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuite dall'ordinamento, si è in presenza di atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria, che, come tali, sono soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell'art. 329 c.p.p. (Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 547).
7 . 7 . Regolare svolgimento di attività ispettive
L’attività ispettiva è preordinata ad acquisire elementi conoscitivi necessari per lo svolgimento delle funzioni di competenza delle pubbliche amministrazioni.
Le attività ispettive, che, come chiarito dalla Corte costituzionale, rappresentano la più rilevante modalità di svolgimento dell’attività di vigilanza, possono essere disposte a fini generalmente conoscitivi, ovvero al fine di acquisire dati conoscitivi strettamente connessi alla valutazione dell’interesse pubblico all’interno di un procedimento volto all’adozione di un atto amministrativo.
Solo nei casi di stretta strumentalità della attività ispettive rispetto all’adozione di un provvedimento amministrativo conclusivo del procedimento principale, in linea generale l’accessibilità ai documenti ispettivi può concretizzarsi solo dopo che gli atti conclusivi del procedimento abbiano assunto il carattere di definitività. Ne consegue che le restrizioni all’accesso si applicano di norma unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata dall’esigenza di non compromettere la decisione finale da valutarsi anche in relazione alla necessità di non pregiudicare attività ispettive collegate a quelle oggetto dell’accesso o quelle, ad esse connesse, che l’amministrazione abbia già programmato di realizzare. In questi casi, le amministrazioni possono fare uso del potere di differimento dell’accesso
Limitazioni all’accesso nella fase endoprocedimentale ispettiva, che possono essere motivate dall’evitare il pregiudizio al regolare svolgimento della stessa, possono riguardare a mero titolo di esempio le notizie sulla programmazione dell’attività di vigilanza, sulle modalità e i tempi del suo svolgimento, le indagini sull’attività degli uffici, dei singoli dipendenti, o sull’attività di enti pubblici e privati su cui l’amministrazione esercita forme di vigilanza. Ciò vale sia per le richieste e le indagini condotte d’ufficio, sia per quelle avviate su segnalazione di privati, di organizzazioni di categoria o sindacali e similari. Sono riconducibili alle limitazioni soprarichiamate anche le attività ispettive presso istituti di patronato, enti previdenziali e assistenziali, anche in sedi estere.
Le attività ispettive disposte e realizzate al di fuori di uno stretto collegamento con un determinato procedimento amministrativo, possono porre esigenze di tutela in caso di accesso generalizzato diverse dalle prime. L’eventuale differimento, quindi, non sarà funzionale a garantire la riservatezza nel procedimento, ma ad altre esigenze di riservatezza dei dati raccolti, che ne sconsigliano la diffusione.
Essendo l’attività ispettiva di carattere trasversale rispetto alle attività svolte dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti tenuti a garantire l’accesso generalizzato, occorre anche porre in evidenza le possibili ricadute che l’accesso anche differito alle attività ispettive può comportare rispetto alla tutela degli altri interessi protetti nella stessa norma sull’accesso generalizzato Si considerino, a mero titolo di esempio e sempre fatta salva la necessità di una attenta valutazione nel caso specifico, i documenti relativi all’attività ispettiva dalla cui diffusione possa comunque derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza anche attraverso la conoscenza delle tecniche informative ed operative nonché degli atti di organizzazione interna, quando questa possa pregiudicare le singole attività di indagine; a documenti relativi ad attività ispettiva la cui diffusione può pregiudicare l’attività di organismi nazionali ed esteri, ovvero incidere sulla correttezza delle relazioni internazionali; a documenti acquisiti nel corso di attività ispettive la cui diffusione potrebbe ledere la proprietà intellettuale, il diritto di autore o segreti commerciali di soggetti
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pubblici o privati. Ancora, laddove l’attività ispettiva possa comportare l’acquisizione di documentazione processuale anche penale, la richiesta di accesso generalizzato potrà trovare accoglimento purchè non comporti, tra gli altri, un pregiudizio al corretto svolgimento dell’attività di indagine (cfr. §7.6).
8. I limiti (esclusioni relative o qualificate) al diritto di accesso generalizzato derivanti dalla tutela di interessi privati
Il decreto trasparenza ha previsto, all’art. 5-bis, comma 2, che l’accesso generalizzato è rifiutato se il diniego è necessario per evitare il pregiudizio concreto alla tutela degli interessi privati specificamente indicati dalla norma e cioè:
a) protezione dei dati personali
b) libertà e segretezza della corrispondenza
c) interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi proprietà intellettuale, diritto d'autore e segreti commerciali
In questo paragrafo si riportano le linee guida per la corretta applicazione di tale disposizione.
8 . 1 . I limiti derivanti dalla pr otezione dei dati personali .
L’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 prevede che l’accesso generalizzato deve essere rifiutato laddove possa recare un pregiudizio concreto «alla protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia ». Occorre in primo luogo rilevare che per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b, del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito “Codice”). Le informazioni riferite a persone giuridiche, enti e associazioni non rientrano, quindi, in tale nozione4.
In proposito, con riferimento alle istanze di accesso generalizzato aventi a oggetto dati e documenti relativi a (o contenenti) dati personali, l’ente destinatario dell’istanza deve valutare, nel fornire riscontro motivato a richieste di accesso generalizzato, se la conoscenza da parte di chiunque del dato personale richiesto arreca (o possa arrecare) un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, in conformità alla disciplina legislativa in materia. La ritenuta sussistenza di tale pregiudizio comporta il rigetto dell’istanza, a meno che non si consideri di poterla accogliere, oscurando i dati personali eventualmente presenti e le altre informazioni che possono consentire l’identificazione, anche indiretta, del soggetto interessato.
In tale contesto, devono essere tenute in considerazione le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere obbligatoriamente interpellato dall’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013. Tali motivazioni costituiscono un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione però spetta all’ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo, altresì, in considerazione gli altri elementi illustrati di seguito.
La disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede che ogni trattamento – quindi anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l’accesso generalizzato – deve essere effettuato «nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale […]», ivi inclusi il diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, all’oblio 5, nonché i diritti inviolabili della persona di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nel quadro descritto, anche le comunicazioni
4 Cfr. art. 40, comma 2, del d.l. 6/12/2011, n. 201, convertito con modificazioni in l. 22 dicembre 2011, n. 214.
5 Cfr. art. 17, nonché consideranda nn. 65 e 66 del Regolamento (UE) n. 679/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
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di dati personali nell’ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardai dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della giurisprudenza europea in materia.
Il richiamo espresso alla disciplina legislativa sulla protezione dei dati personali da parte dell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 comporta, quindi, che nella valutazione del pregiudizio concreto, si faccia, altresì, riferimento ai principi generali sul trattamento e, in particolare, a quelli di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea6, del Consiglio di Stato7, nonché al nuovo quadro normativo in materia di protezione dei dati introdotto dal Regolamento (UE) n. 679/20168.
In attuazione dei predetti principi, il soggetto destinatario dell’istanza, nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, dovrebbe in linea generale scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell’interessato, privilegiando l’ostensione di documenti con l’omissione dei «dati personali » in esso presenti, laddove l’esigenza informativa, alla base dell’accesso generalizzato, possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali. In tal modo, tra l’altro, si soddisfa anche la finalità di rendere più celere il procedimento relativo alla richiesta di accesso generalizzato, potendo accogliere l’istanza senza dover attivare l’onerosa procedura di coinvolgimento del soggetto «controinteressato» (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013). Al riguardo, deve essere ancora evidenziato che l’accesso generalizzato è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, quando l’oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali «dati personali») non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l’ente destinatario della richiesta dovrebbe accordare l’accesso parziale ai documenti, oscurando i dati personali ivi presenti9.
Ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – che potrebbero derivare all’interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all’art. 3, comma 1, del d. lgs. n.
33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l’accesso generalizzato sono considerati come «pubblici», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 7 del d. lgs. n. 33/2013). Tali conseguenze potrebbero riguardare, ad esempio, future azioni da parte di terzi nei confronti dell’interessato, o situazioni che potrebbero determinare l’estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali10. In questo quadro, può essere valutata, ad esempio, l’eventualità che l’interessato possa essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative al regolare svolgimento delle funzioni pubbliche o delle attività di pubblico interesse esercitate, che potrebbero derivare, a seconda delle particolari circostanze del caso, dalla conoscibilità di determinati dati11. Analogamente, vanno tenuti in debito conto i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi
6 Corte di Giustizia (Grande Sezione), 29 giugno 2010, procedimento C‑28/08 P, Bavarian Lager c. Commissione europea.
7 Consiglio di Stato, 12/8/2016, n. 3631.
8 Cfr., in particolare, considerando n. 154 e artt. 5 e 86.
9 Si pensi, ad esempio, a dati di persone fisiche quali, fra l’altro, la data di nascita, il codice fiscale, il domicilio o l’indirizzo di residenza, i recapiti telefonici o di posta elettronica personali, l’ISEE o la relativa fascia, i dati bancari, ecc.
10 Cfr. Gruppo Art. 29, Opinion 03/2013 on purpose limitation, http://ec.europa.eu/justice/data-protection/article-29/documentation/opinion-recommendation/files/2013/wp203_en.pdf, p. 25).
11 Si pensi, ad esempio, ai nominativi del personale ispettivo, o di quello coinvolto in attività istruttorie relative a materie di particolare delicatezza, oppure ancora ai dati relativi agli autori di segnalazioni ed esposti.
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di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente12.
Nel valutare l’impatto nei riguardi dell’interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest’ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati.
Per verificare l’impatto sfavorevole che potrebbe derivare all’interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste, l’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato deve far riferimento a diversi parametri, tra i quali, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso o contenuti nei documenti ai quali di chiede di accedere, nonché il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l’attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati.
Riguardo al primo profilo, la presenza di dati sensibili13 e/o giudiziari14 può rappresentare un indice della sussistenza del predetto pregiudizio, laddove la conoscenza da parte di chiunque che deriverebbe dall’ostensione di tali informazioni – anche in contesti diversi (familiari e/o sociali) – possa essere fonte di discriminazione o foriera di rischi specifici per l’interessato15. In linea di principio, quindi, andrebbe rifiutato l’accesso generalizzato a tali informazioni, potendo invece valutare diversamente, caso per caso, situazioni particolari quali, ad esempio, quelle in cui le predette informazioni siano state deliberatamente rese note dagli interessati, anche attraverso loro comportamenti in pubblico16.
Analoghe considerazioni sull’esistenza del pregiudizio concreto possono essere fatte per quelle categorie di dati personali che, pur non rientrando nella definizione di dati sensibili e giudiziari, richiedono una specifica protezione quando dal loro utilizzo, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, possano derivare rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali degli interessati (si pensi, ad esempio, ai dati genetici, biometrici, di profilazione, sulla localizzazione o sulla solvibilità economica, di cui agli artt. 17 e 37 del Codice).
Tra gli altri fattori da tenere in considerazione ai fini della valutazione della sussistenza del pregiudizio in esame, merita rilievo anche la circostanza che la richiesta di accesso generalizzato riguardi dati o documenti contenenti dati personali di soggetti minori, la cui conoscenza può ostacolare il libero sviluppo della loro personalità, in considerazione della particolare tutela dovuta alle fasce deboli17.
Riguardo al secondo profilo, va considerato altresì che la sussistenza di un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali può verificarsi con più probabilità per talune particolari informazioni – come ad esempio situazioni personali, familiari, professionali, patrimoniali – di persone fisiche destinatarie dell’attività amministrativa o intervenute a vario titolo nella stessa e che, quindi, non ricoprono necessariamente un ruolo nella vita pubblica o non esercitano funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse18. Ciò anche pensando,
12 Si pensi, ad esempio, all’indiscriminata circolazione delle firme autografe, dei dati contenuti nel cedolino dello stipendio che sono utili per accedere a prestiti e finanziamenti, oppure ad alcune informazioni contenute nelle dichiarazioni dei redditi che sono richieste ai fini del rilascio delle credenziali di accesso a servizi fiscali telematici quali la dichiarazione dei redditi precompilata.
13 Ai sensi del d. lgs. n. 196/2003, «dati sensibili» sono « i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale» (art. 4, comma 1, lett. d).
14 Ai sensi del d. lgs. n. 196/2003 «dati giudiziari» sono «i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale» (art. 4, comma 1, lett. e).
15 Cfr. Parere del Garante per la protezione dei dati personali del 3/3/2016 n. 92, in www.gpdp.it, doc. web n. 4772830; nonché Relazione Illustrativa al Decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in http://www.funzionepubblica.gov.it/sites/funzionepubblica.gov.it/files/Decreto_legislativo_trasparenza.pdf
16 Vedi, ad esempio, il caso delle cariche dirigenziali di partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, politico o sindacale.
17 Cfr. documenti citati supra in nota 12.
18 In questo senso, può al contrario ritenersi che, in generale e salvo ogni diversa valutazione nel caso concreto, anche in ragione del contenuto dell’atto, sulla base dei parametri illustrati nelle presenti Linee guida, non osti in linea di principio all’ostensione di un documento la sola presenza, sullo stesso, dell’indicazione nominativa del funzionario o del dirigente che l’ha adottato, essendo la conoscibilità esterna di questi dati personali normalmente connaturata allo svolgimento della funzione pubblica di volta in volta esercitata.
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come già visto, alle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati riguardo a talune informazioni in possesso dei soggetti destinatari delle istanze di accesso generalizzato o la non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque di tali dati. Tale ragionevole aspettativa di confidenzialità è un elemento che va valutato in ordine a richieste di accesso generalizzato che possono coinvolgere dati personali riferiti a lavoratori o a altri soggetti impiegati a vario titolo presso l’ente destinatario della predetta istanza19.
8 . 2 . Libertà e segretezza della corrispondenza
L’accesso generalizzato è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della «libertà e la segretezza della corrispondenza» (art. 5, comma 2-bis, d. lgs. n. 33/2013).
Si tratta di una esclusione diretta a garantire la libertà costituzionalmente tutelata dall’art. 15 Cost. che prevede espressamente come « La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge»20.
Tale tutela – che si estende non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche, enti, associazioni, comitati ecc. – copre le comunicazioni che hanno carattere confidenziale o si riferiscono alla intimità della vita privata21 ed è volta a garantire non solo la segretezza del contenuto della corrispondenza fra soggetti predeterminati, ma anche la più ampia libertà di comunicare reciprocamente, che verrebbe pregiudicata dalla possibilità che soggetti diversi dai destinatari individuati dal mittente possano prendere conoscenza del contenuto della relativa corrispondenza.
Tenuto conto che «la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità […] comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo»22, la nozione di corrispondenza va intesa in senso estensivo a prescindere dal mezzo di trasmissione utilizzato, stante la diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione.
Tale interpretazione è suffragata anche dalle norme penali a tutela dell’inviolabilità dei segreti che considerano come «corrispondenza » non solo quella epistolare23, ma anche quella telegrafica, telefonica, informatica o telematica24, ovvero quella effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza (art. 616, comma 4, codice penale)25.
La predetta nozione di corrispondenza comprende, inoltre, sia il contenuto del messaggio, che gli eventuali file allegati, nonché i dati esteriori della comunicazione, quali, ad esempio, l’identità del mittente e del destinatario, l’oggetto, l’ora e la data di spedizione26.
Ciò premesso occorre precisare che, ai fini delle valutazioni in ordine all’individuazione dei casi in cui il diniego all’accesso generalizzato è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della «libertà e la
19 Si pensi, ad esempio, a quelle particolari informazioni contenute a vario titolo nel fascicolo personale del dipendente, fra le quali anche quelle relative alla natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché alle componenti della valutazione o alle notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il personale dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare informazioni sensibili. Si pensi ancora alle informazioni relative alla busta paga, ai dati fiscali, al salario, ecc. dei soggetti interessati, in relazione alle quali andrebbe privilegiata l’ostensione delle sole fasce o tabelle stipendiali piuttosto che l’esatto ammontare, considerando che la conoscenza dello stesso, o di dettagli relativi alla situazione economico-patrimoniale, da parte di chiunque potrebbe pregiudicare gli interessi del singolo, ad esempio, in eventuali transazioni o trattative negoziali o legali.
20 Cfr., altresì, l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardai dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
21 Cfr. art. 93, comma 1, della l. 22/04/1941, n. 633, recante «Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio»;
22 Corte Cost. n. 81 del 11/03/1993; cfr. anche, in materia, tra le altre, le sentenze nn. 34 del 1973, 366 del 1991.
23 Per la definizione di corrispondenza epistolare cfr. art. 24 del D.P.R. 29/05/1982, n. 655 recante «Approvazione del regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle telecomunicazioni (norme generali e servizi delle corrispondenze e dei pacchi)».
24 Cfr. art. 49 del d. lgs. 07/03/2005, n. 82 recante «Codice dell’amministrazione digitale».
25 Cfr. Linee guida del Garante per la protezione dei dati personali per posta elettronica e internet dell’1/3/2007, in G.U. n. 58 del 10 marzo 2007 e in www.gpdp.it, doc. web 1387522. Cfr. anche Provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali del 6 maggio 2013, doc. web n. 2411368; del 24 maggio 2007, doc. web n. 1419749.
26 Cfr. anche Linee guida del Garante per la protezione dei dati personali per posta elettronica e internet, cit. Cfr., altresì, Corte Cost. n. 81/1993, cit.
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segretezza della corrispondenza», l’ente destinatario dell’istanza di accesso generalizzato dovrà tenere in considerazione la natura della stessa, le intenzioni dei soggetti coinvolti nello scambio della corrispondenza e la legittima aspettativa di confidenzialità degli interessati ivi compresi eventuali soggetti terzi citati all’interno della comunicazione.
In questa valutazione, poiché nel contesto dello svolgimento delle attività amministrative e di pubblico interesse degli enti destinatari delle richieste di accesso generalizzato, l’utilizzo della corrispondenza (posta, e-mail, fax, ecc.) costituisce la modalità ordinaria di comunicazione, non solo tra i diversi enti, ma anche fra questi e i terzi, per la corretta applicazione del limite previsto dall’art. 5, comma 2-bis, d. lgs. n. 33/2013 non si dovrà necessariamente escludere l’accesso a tutte queste comunicazioni ma soltanto a quelle che, secondo una verifica da operare caso per caso, abbiano effettivamente un carattere confidenziale e privato.
Tali caratteristiche, ad esempio, possono essere rinvenute nel caso in cui venga utilizzato l’indirizzo di posta elettronica individuale fornito al personale dall’ente presso il quale svolge la propria attività lavorativa, allorquando l’individualità dell’indirizzo e-mail attribuito al lavoratore e la sua veste esteriore, o altre circostanze del caso, possano essere ritenute tali da determinare una legittima aspettativa di confidenzialità – del mittente, del destinatario o di terzi – rispetto a talune forme di comunicazione (estranee o meno all’attività lavorativa)27.
8 . 3 . Interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi proprietà intellettuale, diritto d'autore e segreti commerciali
La previsione dell’art. 5 bis co.2 lett. c) del decreto trasparenza include nella generica definizione di “interessi economici e commerciali”, tre specifici ambiti tutelati dall’ordinamento e tutti collegati con l’interesse generale di garantire il buon funzionamento delle regole del mercato e della libera concorrenza. .
Il termine "proprietà intellettuale" indica un sistema di tutela giuridica – che si basa sul riconoscimento di diritti esclusivi - di beni immateriali, ossia le creazioni intellettuali, aventi anche rilevanza economica: si tratta dei frutti dell'attività creativa e inventiva umana come, ad esempio, le opere artistiche e letterarie, le invenzioni industriali e i modelli di utilità, il design, i marchi. Al concetto di proprietà intellettuale fanno capo le tre grandi aree del diritto d'autore, del diritto dei brevetti e del diritto dei marchi, questi ultimi ricompresi nel più ampio concetto di proprietà industriale.
Il diritto d’autore tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo riguardanti le scienze, la letteratura, la musica, le arti figurative, l’architettura, il teatro, la cinematografia, la radiodiffusione e, da ultimo, i programmi per elaboratore e le banche dati, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. La tutela autoriale non soggiace ad alcun onere di deposito, come invece si richiede per le invenzioni industriali. Il contenuto del diritto d’autore si articola in diritto morale e diritto patrimoniale d’autore, disciplinati entrambi dalla l.
633/1941 e successive modifiche e integrazioni (da ultimo, la l. 208/2015 ed il d.lgs. 8/2016); la tutela dei diritti d’autore rientra fra le attività della SIAE, ed è stata oggetto di una serie di convenzioni internazionali, volte a conseguire un regolamento uniforme in materia. L'Unione europea conduce da diversi anni una politica attiva nel campo della proprietà intellettuale finalizzata all'armonizzazione delle legislazioni nazionali: numerosissime le Convenzioni e le Direttive in materia.
Il diritto di proprietà intellettuale (diritto d'autore) e quello di proprietà industriale (brevetti, know-how, marchi e modelli) e costituiscono risorse fondamentali per qualunque impresa.
Il tema del segreto industriale è spesso strettamente collegato con quello del segreto commerciale dal quale non sempre è nettamente distinguibile, sia perché simili sono i problemi che li coinvolgono, sia perché la disciplina ad essi applicabile è comune: infatti, possono essere presenti, nel know -how specifico dell’impresa, aspetti inventivi, tutelabili anche come brevetti. L’idea innovativa può riguardare le diverse fasi dell’attività dell’impresa, la produzione industriale (per esempio un nuovo tipo di procedimento di fabbricazione che
27 Provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali del 2 aprile 2008, doc. web n. 1519703; del 21 gennaio 2010, doc. web n. 1701577.
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consenta l’uso di un prodotto preesistente ma a costi molto inferiori), l’organizzazione aziendale, il modo di effettuare la commercializzazione di un bene o di un servizio e così via. E’ chiaro che l’imprenditore ha interesse non solo ad innovare ma anche a mantenere in suo possesso tale innovazione ossia ad evitare che imprese concorrenti possano copiare la sua invenzione. Egli può assicurarsene l’esclusiva attraverso lo speciale strumento del brevetto industriale o lasciare che la sua invenzione rimanga segreta, magari per un certo lasso di tempo (segreto aziendale).
Costituiscono oggetto di tutela (segreti commerciali) le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, quelle relative all'organizzazione, quelle finanziarie, ossia il know-how aziendale, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni siano segrete, nel senso che non siano, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; abbiano valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete; riguardino dati relativi a ricerche, prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l'autorizzazione dell'immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l'uso di sostanze chimiche.
Con la recente Direttiva UE 2016/943 dell'8 giugno 2016, sono state emanate disposizioni sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti. La direttiva è volta a garantire il buon funzionamento del mercato interno, e a svolgere un effetto deterrente contro la divulgazione illecita di segreti commerciali, senza minare i diritti e le libertà fondamentali o l'interesse pubblico, in particolare la pubblica sicurezza, la tutela dei consumatori, la sanità pubblica, la tutela dell'ambiente e la mobilità dei lavoratori.
9. Decorrenza della disciplina e aggiornamento delle Linee guida
Secondo quanto previsto nelle presenti Linee guida, a partire dal 23 dicembre 2016, data stabilita da legislatore, deve essere data immediata applicazione all’istituto dell’accesso generalizzato, con la valutazione caso per caso delle richieste presentate.
Da ciò discende l’opportunità che:
a) le amministrazioni adottino nel più breve tempo possibile soluzioni organizzative come indicato al §
3.2. al fine di coordinare la coerenza delle risposte sui diversi tipi di accesso;
b) le amministrazioni adottino una disciplina interna sugli aspetti procedimentali per esercitare l’accesso con i contenuti di cui al § 3.1.
c) sia istituito presso ogni amministrazione un registro delle richieste di accesso presentate (per tutte le tipologie di accesso).
Le presenti Linee guida costituiscono una prima individuazione delle esclusioni e dei limiti all’accesso generalizzato. Una volta emanate, l’Autorità, ha intenzione di predisporre un monitoraggio sulle decisioni delle amministrazioni sulle richieste di accesso generalizzato; a tal fine l’Autorità raccomanda la realizzazione di una raccolta organizzata delle richieste di accesso, “cd. registro degli accessi”, che le amministrazioni è auspicabile pubblichino sui propri siti. Il registro contiene l’elenco delle richieste con l’oggetto e la data e il relativo esito con la data della decisione ed è pubblicato, oscurando i dati personali eventualmente presenti, e tenuto aggiornato almeno ogni sei mesi nella sezione Amministrazione trasparente, “altri contenuti – accesso civico” del sito web istituzionale. Oltre ad essere funzionale per il monitoraggio che l’Autorità intende svolgere sull’accesso generalizzato, la pubblicazione del cd. registro degli accessi può essere utile per le p.a. che in questo modo rendono noto su quali documenti, dati o informazioni è stato consentito l’accesso in una logica di semplificazione delle attività.
Entro un anno si provvederà ad un aggiornamento delle Linee guida, da adottarsi sempre d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali. L’aggiornamento della Linee guida consentirà di tenere conto delle prassi nel frattempo formatasi con le decisioni delle amministrazioni, ovvero con le decisioni su
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eventuali ricorsi amministrativi o giurisdizionali, e di selezionare le tecniche di bilanciamento e le scelte concretamente operate che risulteranno più coerenti rispetto alle indicazioni formulate nelle presenti Linee guida.
Tali Linee guida provvederanno ad una più precisa individuazione delle esclusioni disposte dalla legge e alla precisazione degli interessi, pubblici e privati, meritevoli di tutela in caso di accesso generalizzato, così come elencati ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 33. Qualora nel frattempo fosse adottato il regolamento governativo previsto dal comma 6 dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990, finalizzato alla individuazione di esclusioni dall’accesso documentale, esso sarà opportunamente considerato in sede di redazione delle nuove Linee guida, ai fini di una migliore precisazione di tali interessi.
Raffaele Cantone
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data
Il Segretario
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ALLEGATO. GUIDA OPERATIVA ALL’ ACCESSO GENERALIZZATO.
TITOLARITÀ, AMBITO DI APPLICAZIONE E OGGETTO
DEL DIRITTO DI ACCESSO GENERALIZZATO
(1) Chi può presentare richiesta di accesso generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2 del d. lgs. n. 33/2013?
L’accesso generalizzato può essere presentato da chiunque. Infatti, non occorre possedere, né dimostrare, una specifica legittimazione soggettiva, e chiunque può presentare richiesta, anche indipendentemente dall’essere cittadino italiano o residente nel territorio dello Stato.
(2) Qual è l’ambito soggettivo di applicazione del diritto di accesso generalizzato?
Il diritto di accesso generalizzato si applica:
1) a tutte le amministrazioni pubbliche, come esemplificate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione
2) agli enti pubblici economici e ordini professionali;
3) alle società in controllo pubblico come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
4) alle associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;
Il diritto di accesso generalizzato si applica, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, anche:
1) alle società in sola partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
2) alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
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Cfr. § 4.1. delle Linee guida
(3) È necessario motivare la richiesta di accesso generalizzato?
Per presentare la richiesta di accesso generalizzato non è necessario fornire una motivazione: tutti i soggetti cui si applica il diritto di accesso generalizzato sono tenuti a prendere in considerazione le richieste di accesso generalizzato, a prescindere dal fatto che queste rechino o meno una motivazione o una giustificazione a sostegno della richiesta.
(4) Che cosa si può richiedere con l’accesso generalizzato?
Con la richiesta di accesso generalizzato possono essere richiesti i documenti, dati e informazioni in possesso dell’amministrazione. Ciò significa:
• che l’amministrazione non è tenuta a raccogliere informazioni che non sono in suo possesso per rispondere ad una richiesta di accesso generalizzato, ma deve limitarsi a rispondere sulla base dei documenti e delle informazioni che sono già in suo possesso
• che l’amministrazione non è tenuta a rielaborare informazioni in suo possesso, per rispondere ad una richiesta di accesso generalizzato: deve consentire l’accesso ai documenti, ai dati ed alle informazioni così come sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti.
• che sono ammissibili, invece, le operazioni di elaborazione che consistono nell’oscuramento dei dati
personali presenti nel documento o nell’informazione richiesta, e più in generale nella loro anonimizzazione, qualora ciò sia funzionale a rendere possibile l’accesso
La richiesta di accesso generalizzato deve identificare i documenti e i dati richiesti. Ciò significa:
• che la richiesta indica i documenti o i dati richiesti, ovvero
• che la richiesta consente all’amministrazione di identificare agevolmente i documenti o i dati richiesti.
Devono essere ritenute inammissibili le richieste formulate in modo così vago da non permettere
all’amministrazione di identificare i documenti o le informazioni richieste. In questi casi, l’amministrazione destinataria della domanda dovrebbe chiedere di precisare l’oggetto della richiesta.
Cfr. § 4.2. delle Line guida
(5) Richieste massive
L’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso generalizzato anche quando riguarda un numero cospicuo di documenti ed informazioni, a meno che la richiesta risulti manifestamente irragionevole, tale cioè da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione. Tali circostanze, adeguatamente motivate nel provvedimento di rifiuto, devono essere individuate secondo un criterio di stretta interpretazione, ed in presenza di oggettive condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione.
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(2)
IL PROCEDIMENTO DI ACCESSO GENERALIZZATO
(6) A quale ufficio va presentata la richiesta di accesso generalizzato?
La richiesta di accesso generalizzato può essere presentata, alternativamente:
1) all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
2) all'Ufficio relazioni con il pubblico;
3) ad altro ufficio, che l'amministrazione abbia indicato nella sezione "Amministrazione trasparente" – “Altri contenuti –Accesso civico” del sito istituzionale.
(7) Come si fa a presentare l’istanza di accesso generalizzato?
Ai sensi del comma 3 dell’art. 5 del d. lgs. n. 33/2013, l’istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 recante il «Codice dell’amministrazione digitale» (CAD).
Tra queste modalità, l’amministrazione o l’ente è opportuno privilegi quella meno onerosa per chi presenta l’istanza.
Ai sensi dell’art. 65, co. 1 lett. c) del CAD, le richieste presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici sono valide anche se sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento d’identità.
Resta fermo che l’istanza può essere presentata anche a mezzo posta, fax o direttamente presso gli uffici indicati dall’art. 5, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013, e che laddove la richiesta di accesso generalizzato non sia sottoscritta dall’interessato in presenza del dipendente addetto, la stessa debba essere sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore, che va inserita nel fascicolo (cfr. art. 38, commi 1 e 3, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
(8) Bisogna pagare per poter effettuare l’accesso generalizzato?
Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico, in risposta alla richiesta di accesso generalizzato, è gratuito. Quando l’amministrazione risponde alla richiesta di accesso generalizzato mediante il rilascio di documenti ed informazioni in formato cartaceo, può richiedere il rimborso dei soli costi effettivamente sostenuti e documentati per la riproduzione su supporti materiali.
È da preferire il rilascio dei documenti e dei dati in formato elettronico quando il rilascio dei documenti o dei dati in formato elettronico è indicato dal richiedente, nei limiti in cui tale modalità risulti comunque agevole per
l’amministrazione che detiene di dati.
(9) L’amministrazione o l’ente destinatario dell’istanza è obbligato a darne comunicazione a eventuali soggetti controinteressati?
Laddove la richiesta di accesso generalizzato possa incidere su interessi connessi alla protezione dei dati personali, o alla libertà e segretezza della corrispondenza oppure agli interessi economici e commerciali (ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali), l’ente destinatario della richiesta di accesso deve darne comunicazione ai soggetti titolari di tali interessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento (o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione).
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Il soggetto controinteressato può presentare (anche per via telematica) una eventuale e motivata opposizione all’istanza di accesso generalizzato, entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione della richiesta di accesso generalizzato. Decorso tale termine, l’amministrazione provvede sulla richiesta di accesso generalizzato, accertata la ricezione della comunicazione da parte del controinteressato.
(10) Quanto tempo ha l’amministrazione per rispondere alle richieste di accesso generalizzato?
Il procedimento di accesso generalizzato deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, con la comunicazione dell’esito al richiedente e agli eventuali controinteressati. Tali termini sono sospesi (fino ad un massimo di dieci giorni) nel caso di comunicazione della richiesta al controinteressato.
(11) I diritti procedimentali dei controinteressati
Quando la richiesta di accesso generalizzato riguarda documenti o dati la cui divulgazione può comportare un pregiudizio ad uno degli interessi individuati dall’art. 5-bis, comma 2, se l’amministrazione individua dei privati controinteressati comunica loro la richiesta. Entro dieci giorni, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione alla richiesta di accesso.
(12) Accoglimento della richiesta di accesso generalizzato
In caso di accoglimento, l’amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti.
Nel caso in cui l’accesso sia consentito nonostante l’opposizione del controinteressato, i dati o i documenti richiesti possono essere trasmessi al richiedente non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato.
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(13) La motivazione del provvedimento
Il provvedimento di rifiuto adottato in applicazione dei limiti di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2 contiene una adeguata motivazione che dà conto della sussistenza degli elementi che integrano l’esistenza del pregiudizio concreto. Va parimenti motivato adeguatamente il provvedimento di rifiuto adottato in applicazione delle esclusioni di cui all’art. 5-bis, co. 3.
Anche il provvedimento di accoglimento contiene una adeguata motivazione che dà conto della insussistenza di uno o più elementi che integrano l’esistenza del pregiudizio concreto, specie quando è adottato nonostante l'opposizione del controinteressato.
Cfr. § 5.3 delle Linee guida
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(3)
LA TUTELA
(14) Come può tutelarsi il richiedente in caso di rifiuto o di mancata risposta da parte dell’amministrazione?
In caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine indicato dal comma 6 del d. lgs. n. 33/2013, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
In alternativa, laddove si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente, per l’ambito territoriale immediatamente superiore, se presente). In tal caso, il ricorso deve comunque essere notificato anche all’amministrazione interessata. È previsto che il difensore civico si pronunci entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso e che se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne debba informare il richiedente e comunicarlo all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito.
In ogni caso, a fronte del rifiuto espresso, del differimento o dell’inerzia dell’amministrazione, il richiedente può attivare la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo.
(15) L’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato può chiedere un parere al Garante per la protezione dei dati personali?
È previsto che il Garante per la protezione dei dati personali sia sentito solo dal responsabile della prevenzione della corruzione nel caso di richiesta di riesame e dal difensore civico nel caso di ricorso laddove l’accesso generalizzato sia stato negato o differito per motivi attinenti la tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a, d. lgs. n. 33/2013). In tali ipotesi, il Garante si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, durante i quali il termine per l’adozione del provvedimento da parte del responsabile della prevenzione della corruzione o per la pronuncia del difensore civico sono sospesi.
(16) Quali sono i rimedi previsti per i controinteressati nel caso di accoglimento dell’istanza da parte dell’amministrazione o dell’ente, nonostante l’opposizione presentata?
Ai sensi del co. 9 dell’art. 5 del d.lgs. 33/2013, nei casi di accoglimento della richiesta, il controinteressato può presentare richiesta di riesame al Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e, per i soli atti di Regioni ed enti locali, ricorso al difensore civico. Avverso la decisione dell’ente o dell’amministrazione ovvero a quella del RPCT dell’amministrazione o dell’ente o a quella del difensore civico, il controinteressato può proporre ricorso al TAR ai sensi dell’art. 116 del d.lgs. 104/2010 sul codice del processo amministrativo.
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(17) Entro quali termini si pronuncia il RPCT sulla richiesta di riesame?
Il RPCT decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni dall’istanza di riesame. Il termine è sospeso qualora il RPCT senta il Garante per la protezione dei dati personali se l’accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all’art. 5 bis co. 2 lett. a) (relativi alla protezione dei dati personali). Il Garante si pronuncia entro 10 giorni dalla richiesta.
Gli stessi termini valgono nel caso la richiesta di riesame sia avanzata dal controinteressato in caso di accoglimento dell’istanza nonostante la sua opposizione.
(18) Quale è il procedimento da seguire davanti al difensore civico?
Laddove si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente o il controinteressato può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore). In tal caso, il ricorso deve comunque essere notificato anche all’amministrazione interessata. La norma (art. 5 co 8) prevede che il difensore civico si pronunci entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso.
Il termine è sospeso qualora il difensore civico senta il Garante per la protezione dei dati personali se l’accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all’art. 5 bis co. 2 lett. a) (relativi alla protezione dei dati personali). Il Garante si pronuncia entro 10 giorni dalla richiesta.
Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, deve informarne il richiedente e darne comunicazione all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito.
(19) È possibile in ogni caso ricorrere al giudice?
La normativa prevede che si può impugnare la decisione dell’amministrazione competente o, in caso di richiesta
di riesame, la decisione del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di fronte al
Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
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07/05/2015 n° 286
Area: Prassi, Circolari, Note
Provvedimento del 7 maggio 2015
Registro dei provvedimenti
n. 286 del 7 maggio 2015
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
VISTO il ricorso presentato al Garante in data 2 febbraio 2015 da XY nei confronti dell'Istituto YY di Sassari, con cui il ricorrente, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha chiesto la conferma dell'esistenza e la comunicazione in forma intellegibile dei dati personali che lo riguardano, di conoscere l'origine, le finalità, le modalità e la logica del trattamento, i soggetti o le categorie di soggetti cui i dati sono stati comunicati o che possono venirne a conoscenza, oltre agli estremi identificativi del titolare e del responsabile del trattamento, ove designato, con particolare riferimento ai dati contenuti nella domanda di aggiornamento delle graduatorie di Circolo e d'Istituto di seconda e terza fascia del personale docente ed educativo (valida per il triennio 2014-2017) prodotta dal ricorrente nel 2014 (ed allegata all'atto di ricorso); il ricorrente si è opposto all'ulteriore trattamento di tali dati chiedendone la cancellazione, la trasformazione in forma anonima e il blocco dei dati trattati in violazione di legge nonché l'attestazione che tale intervento sia stato portato a conoscenza di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, sostenendo, infatti che gli stessi sarebbero stati comunicati a terzi non autorizzati (un professore che aveva chiesto la verifica del punteggio attribuito al ricorrente nelle graduatorie) senza che egli ne fosse stato preventivamente informato; il ricorrente ha chiesto inoltre la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento ed il risarcimento del danno, anche morale, subito a causa della condotta del titolare del trattamento;
VISTI gli ulteriori atti d'ufficio e, in particolare, la nota del 4 febbraio 2015 con la quale questa Autorità, ai sensi dell'art. 149 comma 1 del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell'interessato, nonché la nota del 1° aprile 2015 con cui è stata disposta, ai sensi dell'art. 149 comma 7 del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;
VISTA la nota del 26 febbraio 2015 con cui il titolare del trattamento ha fornito la ricostruzione della vicenda alla base delle richieste del ricorrente; quest'ultimo, che in data 19 giugno 2014 aveva presentato apposita domanda per l'aggiornamento della propria posizione nelle graduatorie di seconda e terza fascia dei docenti valida per il triennio 2014-2017 (di cui ha allegato copia), dopo la pubblicazione delle graduatorie provvisorie, ha inviato in data 4 settembre 2014 un reclamo contestandone i punteggi allo stesso attribuiti, reclamo che è stato rigettato in data 24 settembre 2014 perché ritenuto infondato dalla dirigente scolastica dell'Istituto, "dopo attenta disamina delle eccezioni sollevate dal ricorrente, operata di concerto con l'apposita commissione all'uopo nominata"; inoltre, in data 8 settembre 2014, un professore presente nelle medesime graduatorie in cui è incluso il ricorrente ha, a sua volta, presentato reclamo contestando il punteggio attribuito al ricorrente nelle graduatorie e formulando contestualmente richiesta di accesso agli atti ex art. 24 della Legge n. 241/90; lo stesso ricorrente, peraltro, in data 22 settembre 2014, ha proposto formale richiesta di accesso ad atti amministrativi ex art.24 l.n. 241/90 relativi alla formazione delle graduatorie e dei punteggi attribuiti a tre colleghi presenti nella medesima graduatoria; sia la richiesta di accesso agli atti presentata dal ricorrente in data 22 settembre 2014 che quella avanzata dal collega in data 8 settembre 2014 sono state tacitamente rigettate ai sensi dell'art. 25 comma 4 della Legge n. 241/90 avendo l'Istituto resistente verificato sia nel SIDI (Sistema Informatico del Ministero dell'Istruzione) che presso le scuole in cui i due professori avevano prestato servizio "la veridicità delle attestazioni dichiarate in domanda, senza rilevare anomalia alcuna"; rilevato che l'Istituto resistente, nel sostenere che nessuna informazione relativa ai punteggi attribuiti al ricorrente ed alla documentazione dallo stesso presentata è stata mai rilasciata in via né formale né informale al collega professore in questione, ha ribadito di aver trattato i dati contenuti nella domanda di aggiornamento nelle graduatorie presentata dal ricorrente (in relazione ai quali peraltro lo stesso ricorrente aveva manifestato il consenso al trattamento) per i fini istituzionali e necessari all'espletamento della procedura concorsuale senza aver commesso alcuna violazione della riservatezza; rilevato che l'Istituto resistente ha inoltre precisato che il Garante è incompetente in tema di richieste di risarcimento del danno;
VISTA la nota del 19 marzo 2015 con la quale il ricorrente ha trasmesso una nota del 18 marzo 2015 dell'Istituto XX di Porto Torres (presso il quale aveva svolto incarico di docente nel 2009) che a suo dire avvalorerebbe la tesi che l'Istituto YY di Sassari abbia consegnato a terzi documenti contenenti i propri dati personali senza averlo informato o chiesto il proprio consenso;
VISTA la nota datata 29 aprile 2015 con la quale l'Istituto resistente, in relazione al documento trasmesso dal ricorrente in data 19 marzo 2015, ha eccepito che da tale documento emergerebbe esclusivamente che il professore (che aveva presentato la richiesta di accesso agli atti con riguardo ai punteggi attribuiti al ricorrente nelle graduatorie) fosse in possesso del certificato di servizio riguardante il ricorrente e che lo stesso certificato fosse stato trasmesso dall'Istituto XX di Porto Torres all'Istituto YY di Sassari; l'Istituto resistente ha invece ribadito di non aver consegnato il certificato di servizio riferito al ricorrente al professore in questione e di non aver comunicato a quest'ultimo né formalmente né informalmente i dati personali riferiti al ricorrente;
RITENUTO che le richieste di opposizione al trattamento nonché di cancellazione, trasformazione in forma anonima e blocco dei dati trattati in violazione di legge con attestazione che tale intervento sui dati è stato portato a conoscenza di coloro ai quali gli stessi sono stati comunicati o diffusi devono essere dichiarate infondate posto che dall'istruttoria non sono emersi elementi che facciano ritenere illecito il trattamento svolto dall'Istituto resistente e che i dati contenuti nella domanda di aggiornamento delle graduatorie in questione sono stati trattati dall'Istituto resistente per i fini istituzionali e necessari all'espletamento della procedura concorsuale;
RITENUTO che, allo stato della documentazione in atti, deve essere dichiarato, ai sensi dell'art. 149 comma 2 del Codice, non luogo a provvedere sul ricorso in ordine alle restanti richieste, avendo il titolare del trattamento fornito un riscontro sufficiente in merito, sia pure solo dopo la presentazione del ricorso, attestando in particolare con dichiarazione dalla cui veridicità l'autore risponde anche ai sensi dell'art. 168 del Codice ("Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante") di non aver comunicato a terzi i dati contenuti nella domanda di aggiornamento delle graduatorie di circolo e d'Istituto presentate dal ricorrente nel 2014 e comunque nella documentazione valutata per l'attribuzione a quest'ultimo dei punteggi nelle graduatorie in questione;
RITENUTO che la richiesta di risarcimento del danno deve essere dichiarata inammissibile non avendo il Garante competenza in merito, richiesta che, se del caso, potrà essere avanzata dinanzi all'autorità giudiziaria;
VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell'ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; ritenuto congruo, su questa base, determinare l'ammontare delle spese e dei diritti inerenti all'odierno ricorso nella misura di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, considerati gli adempimenti connessi, in particolare, alla presentazione del ricorso e ritenuto di porli a carico dell'Istituto YY di Sassari , nella misura di euro 200, previa compensazione della residua parte;
VISTA la documentazione in atti;
VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;
VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE la prof.ssa Licia Califano;
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
1) dichiara infondate le richieste di opposizione al trattamento e di cancellazione, trasformazione in forma anonima e blocco dei dati trattati in violazione di legge con attestazione che tale intervento sui dati è stato portato a conoscenza di coloro ai quali gli stessi sono stati comunicati o diffusi;
2) non luogo a provvedere sul ricorso in ordine alle restanti richieste;
3) dichiara inammissibile la richiesta di risarcimento del danno;
4) determina nella misura forfettaria di euro 500 l'ammontare delle spese e dei diritti del procedimento, che vengono posti nella misura di 200 euro, a carico dell'Istituto YY di Sassari, il quale dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa tra le parti la residua porzione delle spese.
Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.
Roma, 7 maggio 2015
IL PRESIDENTE Soro
IL RELATORE Califano
IL SEGRETARIO GENERALE Busia
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03/03/2016 n° 92
Area: Prassi, Circolari, Note
Parere su uno schema di decreto legislativo concernente la revisione e semplificazione delle disposizioni di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza - 3 marzo 2016
Registro dei provvedimenti
n. 92 del 3 marzo 2016
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Vista la richiesta di parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Antonello Soro;
PREMESSO
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha richiesto il parere del Garante in ordine a uno schema di decreto legislativo concernente la revisione e semplificazione delle disposizioni di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza.
Il provvedimento si pone come correttivo del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
Lo schema di decreto legislativo si articola in tre Capi, per un totale di 44 articoli, di cui il I – che comprende gli articoli da 1 a 40- dedicato alle modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2013 in materia di trasparenza, il II consistente nel solo l'articolo 41, che apporta modifiche alla legge n. 109 del 2012 in materia di anticorruzione ed il III recante disposizioni finali e transitorie, che include abrogazioni e clausola di invarianza finanziaria.
L'esame del Garante verterà principalmente (ma non solo) sulle disposizioni contenute al Capo I e in particolare su quelle applicabili a "dati personali", al fine di valutarne la compatibilità con la disciplina, anche comunitaria, in materia di protezione dei dati personali, tenuto conto delle osservazioni già formulate nel parere relativo allo schema di decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33 (Provv. del 7 febbraio 2013 n. 49, in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 2243168).
RILEVATO
Il tema dell'applicazione delle disposizioni sulla c.d. "trasparenza" è particolarmente delicato e necessita di un approccio equilibrato per evitare che i diritti fondamentali alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, nonché la dignità dell'individuo (art. 2 del d. lgs. 30/6/2003, n. 196 intitolato "Codice in materia di protezione dei dati personali", attuativo della direttiva comunitaria 95/46/CE, di seguito «Codice») possano essere gravemente pregiudicati da una indiscriminata diffusione di documenti riportanti dati personali.
Occorre, infatti, tenere in adeguata considerazione le conseguenze e i rischi per la vita privata e per la dignità della persone interessate derivanti dal crescente e generalizzato obbligo di pubblicazione delle informazioni del settore pubblico, previsto anche dal suddetto intervento normativo mediante la diffusione di dati personali sul web che è, per definizione, la forma più ampia e più invasiva di diffusione di dati.
I rischi connessi al trattamento dei dati personali sulla rete emergono ancora di più ove si consideri la delicatezza di talune informazioni e la loro facile reperibilità una volta pubblicate, grazie anche ai motori di ricerca.
Si consideri anche il rischio di "cristallizzazione" delle informazioni sul web, a fronte di oggettive difficoltà pratiche (oltre che giuridiche, a volte) nell'ottenere la loro cancellazione una volta decorso il termine di pubblicazione e, soprattutto, laddove un termine non sia fissato o comunque i dati non siano cancellati dopo il raggiungimento dello scopo perseguito, in violazione del cd. "diritto all'oblio.
L'Autorità -come si ricordava supra- ha già espresso un parere condizionato sulla bozza di decreto legislativo n. 33/2013, a fronte del quale occorre far presente che mentre alcune indicazioni sono state recepite dal Governo in maniera integrale, altre non sono state accolte o lo sono state solo parzialmente e restano quindi pienamente valide e riproducibili in relazione allo schema di decreto in esame.
Dal momento che lo schema di decreto non ha pienamente attuato il criterio di delega volto alla rimodulazione degli obblighi di pubblicazione, appare necessario modificare le disposizioni del d. lgs. n. 33/2013 la cui formulazione ingenera dubbi interpretativi , rischiando oltretutto di violare l'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, gli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché la disciplina europea e nazionale in materia di protezione dei dati personali (dir. 95/46/CE; d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
L'intervento appare necessario anche considerando, in prospettiva, gli effetti negativi che potrebbero prodursi a causa dell'aumento del contenzioso di fronte ai giudici, dei possibili futuri contrasti giurisprudenziali, della proposizione di eventuali ricorsi alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia UE.
Appare al riguardo opportuno sottolineare che l'eventuale violazione di disposizioni contenute in fonti dell'Unione europea direttamente applicabili genera, infatti, in capo a qualsiasi operatore del diritto l'obbligo di disapplicazione delle norme interne con esse in contrasto(1)e che il mancato rispetto di tale obbligo è fonte di responsabilità civile (2).
Di quanto rappresentato si terrà conto nella disamina dell'articolato, in relazione al quale il Garante svolge le osservazioni di seguito riportate, evidenziando le criticità rilevate e contestualmente suggerendo per ciascuna di esse le possibili soluzioni.
RITENUTO
1. Razionalizzazione degli obblighi di pubblicazione
La delega di cui all'art. 7 l. 124/2015 prevedeva, tra i principi e criteri direttivi, la razionalizzazione degli obblighi di pubblicazione, "ai fini di eliminare le duplicazioni e di consentire che tali obblighi siano assolti attraverso la pubblicità totale o parziale di banche dati detenute da pubbliche amministrazioni"; la "ridefinizione e precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza" e la "riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche".
Tali criteri di delega – idonei a valorizzare l'efficacia degli obblighi di pubblicazione - non sembrano essere stati sufficientemente sviluppati dallo schema di decreto, tenuto altresì conto che l'intervento novellatore, per quello che qui interessa, non sembra aver contemperato adeguatamente le esigenze di trasparenza con il principio (di matrice europea) di proporzionalità dei dati personali rispetto gli scopi perseguiti. Esso si limita infatti, essenzialmente: a) a ridefinire (ma in maniera complessivamente estensiva) l'ambito di applicazione soggettivo degli obblighi di pubblicità, includendovi ad esempio gli enti pubblici economici, le autorità portuali, gli ordini professionali, le società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni, enti di diritto privato anche privi di personalità giuridica; b) introdurre una clausola di "flessibilità" che demanda ad Anac la precisazione, in sede di piano nazionale anticorruzione, degli obblighi di pubblicazione e delle relative modalità di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attività svolte; 3) demandare ad Anac la previsione, con propria delibera su parere del Garante, dei casi nei quali la pubblicazione in forma integrale possa essere sostituita da quella in forma riassuntiva, elaborata per aggregazione.
Tali modifiche non concorrono ancora, di per sé sole, a sviluppare adeguatamente le potenzialità proprie dei suddetti criteri di delega, che se attuati in ogni loro parte consentirebbero invece di razionalizzare e più efficacemente rimodulare gli obblighi di pubblicazione in funzione del grado di esposizione del singolo organo al rischio corruttivo, della funzionalità del dato da pubblicare rispetto alla effettiva conoscibilità, da parte dei cittadini, delle modalità e delle caratteristiche dell'agire amministrativo, nonché del bilanciamento delle esigenze di trasparenza con il diritto alla protezione dei dati personali degli interessati.
Diritto che viene, peraltro, significativamente compresso anche in ragione del nuovo istituto dell'accesso civico introdotto al comma 2 dell'articolo 5, che estende, in misura rilevante e con pochissimi limiti, i casi di ostensione di dati personali a terzi. Tale innovazione rende, pertanto, ancor più necessario un complessivo ripensamento, in funzione riequilibratrice, della disciplina generale degli obblighi di pubblicazione, tale da renderla maggiormente compatibile con il doveroso rispetto del diritto alla protezione dei dati personali dei cittadini.
La disciplina legislativa, così modificata, dovrà poi trovare più compiuta attuazione con un apposito regolamento, emanato su proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione volto a individuare, con un maggior grado di dettaglio e con una fonte suscettibile di più agevoli novelle, le tipologie di informazioni soggette al regime di trasparenza, nonché le modalità e le caratteristiche dell'eventuale pubblicazione.
Si voglia, pertanto, modificare in tal senso lo schema di decreto in esame, tanto sotto il profilo delle previsioni generali degli obblighi di pubblicazione, quanto relativamente alle singole disposizioni di settore.
In ogni caso, la complessità dei nuovi e ulteriori adempimenti sanciti in capo alle amministrazioni suggerisce l'opportunità di prevedere un congruo termine di adeguamento agli obblighi imposti, al fine di evitare che l'applicazione, non sufficientemente preparata, delle nuove misure possa arrecare pregiudizio ai dati personali dei numerosi interessati coinvolti.
2. La trasparenza e la pubblicazione di dati personali.
2.1 Definizione di "trasparenza"
La trasparenza, affinché sia effettiva «garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali», integrando «il diritto ad una buona amministrazione e concorrendo alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino» (art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013), non può essere realizzata violando la dignità e i diritti fondamentali della persona, come il diritto alla riservatezza e il diritto alla protezione dei dati personali, costituzionalmente garantiti e previsti anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (artt. 7 e 8) nonché della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Il necessario contemperamento tra l'esigenza di trasparenza e i diritti sopra menzionati che lo Stato ha l'obbligo di promuovere e proteggere deve, quindi, orientare il legislatore e le amministrazioni nel processo di selezione dei dati personali che devono essere resi pubblicamente accessibili (nonché disponibili per il riuso), e nella definizione delle misure e degli accorgimenti che devono essere adottati per salvaguardare i predetti diritti.
Il ruolo del Garante nella fase di predisposizione e di controllo dell'applicazione delle disposizioni ed atti emanati sulla base del predetto decreto dovrebbe pertanto essere adeguatamente riconosciuto nell'articolato.
In particolare laddove concernenti dati personali, tali disposizioni /atti dovrebbero essere adottati "d'intesa" con il Garante e non solo "sentito" il Garante (v. art. 4 dello schema che modifica l'art.3, comma 1 bis ).
Pertanto, all'articolo 4 dello schema di decreto, capoverso 1-bis, si vogliano sostituire le parole da: "sentito" a: "adottata", con le seguenti: ", con delibera adottata d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali nel caso in cui siano coinvolti dati personali"
2.1.1. Va innanzi tutto osservato che la definizione di trasparenza contenuta nello schema di decreto è equivoca visto che non tutti gli atti della P.A. sono effettivamente pubblici e accessibili, anche dopo la riforma introdotta (come indirettamente desumibile dall'art. 1, comma 2, prima parte). Per prevenire problemi interpretativi si propone di far riferimento alle ipotesi regolate dalla disciplina in oggetto.
Inoltre, in coerenza con quanto osservato e considerando le limitazioni effettivamente previste dalle disposizioni del decreto (cfr., fra l'altro, la modifica proposta all'art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013), si propone di eliminare dal testo l'aggettivo «totale» riferito alla definizione di «accessibilità». Il permanere di tale definizione, infatti, oltre a essere incoerente con il sistema delineato dal legislatore delegato, potrebbe indurre i funzionari pubblici, che saranno chiamati a prendere decisioni in merito all'accoglimento (o meno) delle istanze di «accesso civico», a ritenere –erroneamente- che il legislatore esprima una incondizionata preferenza per l'accesso rispetto ai casi di esclusione indicati negli articoli successivi (sul punto si tornerà più diffusamente al punto 3 in relazione al nuovo accesso civico).
La definizione contenuta nell'art. 1, comma 1, del d.lgs n. 33 del 2013 andrebbe modificata nel modo seguente:
«La trasparenza è intesa come accessibilità dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti fondamentali e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nei limiti del presente decreto».
2.2. La "pubblicazione ai sensi della normativa vigente"
L'art. 3 del nuovo testo dispone che «tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico e di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7».
In proposito, si evidenzia che – come ampiamente noto – la «normativa vigente» prevede già molteplici obblighi di pubblicazione obbligatoria di dati a carico delle pubbliche amministrazioni. Tali obblighi sono contenuti in diverse normative di settore di livello nazionale, regionale o locale che disciplinano analiticamente modalità e tempi di pubblicazione diversi a seconda della fattispecie considerata.
Solo per rappresentare l'eterogeneità del fenomeno, si pensi ai seguenti esempi di pubblicazioni obbligatorie ai sensi della normativa vigente: pubblicazioni ufficiali dello Stato (in cui rientra per esempio la pubblicazione delle ordinanze del giudice dell'udienza preliminare di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale con indicazione del nominativo dell'imputato e dei relativi capi di imputazione), pubblicazioni matrimoniali (8 gg.), atti di cambiamento del nome (gg. 30), comunicazione di avviso deposito di atti giudiziari e cartelle esattoriali a persone irreperibili (1 gg.); elenco dei giudici popolari, graduatorie dei concorsi pubblici, pubblicazione di deliberazioni, ordinanze e "determine" contenenti dati personali sull'albo pretorio deli enti locali (15 gg.) etc.
Occorre preliminarmente segnalare l'irragionevolezza dell'estensione automatica degli obblighi previsti dal d. lgs. n. 33/2013 (quali il mantenimento sul web per cinque anni, l'obbligo di indicizzazione, il riutilizzo, la vigilanza dell'Anac e la responsabilità disciplinare in caso di inadempimento prevista dall'art. 45, comma 4, dello stesso decreto) a tutti i dati, documenti e informazioni rese pubbliche sulla base degli obblighi giuridici più eterogenei (di cui quelli elencati costituiscono solo degli esempi).
Tale criticità, già presente nel testo normativo vigente, diventa tuttavia ulteriormente rilevante per effetto delle revisioni introdotte con il decreto legislativo in corso di approvazione, in particolare con riferimento alle modifiche apportate all'istituto dell'accesso civico, con l'estensione dell'accessibilità «ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto», con ciò quindi ricomprendendo anche un volume enorme di dati che non sono, di per sé, oggetto di pubblicazione.
Il sistema di trasparenza del d. lgs. n. 33/2013 che si vuole creare e l'introduzione del nuovo «accesso civico», se non viene chiarito che gli obblighi di pubblicazione ai sensi della normativa vigente sono solo quelli specificamente previsti dal decreto stesso, potrebbero determinare conseguenze addirittura paradossali. Si pensi al caso in cui un Comune, dopo aver rimosso le pubblicazioni matrimoniali dei nubendi dal sito web istituzionale dopo il periodo di 8 gg. previsto dall'art. 55 del d.P.R. n. 396 del 3/11/2000, riceva una richiesta di accesso civico all'atto. Ai sensi del nuovo art. 5, poiché la pubblicazione matrimoniale costituisce un obbligo di pubblicazione previsto dalla disciplina vigente, il Comune anziché limitarsi a dare accesso al documento al richiedente, sarebbe anche obbligato a ripubblicare sul sito web istituzionale la vecchia pubblicazione matrimoniale.
Proprio per evitare applicazioni distorte della norma, il Garante è intervenuto sul problema già con le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati» del 15 maggio 2014 (in G.U. 12 giugno 2014, n. 134 suppl. ord. n. 43 e in www.gpdp.it, doc. web n. 3134436) (di seguito «Linee guida»), formulando proprie indicazioni circa la necessità di interpretare la locuzione «pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente» alla luce di un criterio logico-sistematico, distinguendo il regime giuridico delle pubblicazioni obbligatorie ai sensi della normativa vigente in materia di «trasparenza» contenute nel d. lgs. n. 33/2013, dal regime giuridico previsto per altri tipi di pubblicità online (es.: pubblicazioni matrimoniali, pubblicazioni in G.U., pubblicazioni sull'albo pretorio degli enti locali o di altri enti etc.).
Appare però necessario, considerato quanto già rilevato circa il non compiuto utilizzo dello spazio offerto dallo stesso criterio di delega per consentire la rimodulazione degli obblighi di pubblicazione, e cogliendo l' occasione della revisione normativa in corso, quanto meno apportare le modifiche necessarie a superare i dubbi interpretativi sopra segnalati.
Tali modifiche di seguito espressamente riportate, dovrebbero riguardare non solo l'art. 3, ma anche le altre norme a esso collegate ( Art. 5, comma 1; 8, comma 1-3; 9, comma 1; 43, comma 1; 45, comma 1 e 3; 46, comma 1; 48, comma 2 e 5 del d.lgs. n. 33 del 2013).
La modifiche proposte sono le seguenti:
a) sostituire nel testo del decreto legislativo la locuzione relativa ai dati oggetto di pubblicazione obbligatoria «ai sensi della normativa vigente», con altra locuzione che limiti più chiaramente l'applicazione della disciplina prevista dal decreto legislativo n. 33/2013 ai soli dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa in materia di trasparenza e, segnatamente, del medesimo d. lgs. n. 33/2013;
b) sostituire le parole: "normativa vigente" con le seguenti: «presente decreto» negli artt. 3, comma 1 del d.lgs. 33, invariato in parte qua (sulla definizione di dato pubblico); 5, comma 1 (sull'accesso civico); 7, comma 1 (sul riutilizzo); 8, commi 1-3 (sulla durata obblighi pubblicazione); 9, comma 1 (sulla sezione "Amministrazione trasparente"); 43, comma 1 (sul responsabile della trasparenza); 45, commi 1 e 3; 46, comma 1 (sui poteri dell'ANAC); 48, commi 1, 2 e 5 (sull'attuazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza). Sostituire altresì le parole: "disciplina vigente»" con le seguenti: "presente decreto", all'art. 3, commi 1 e 1-bis (sulla definizione di dato pubblico).
3. La conoscibilità dei dati. Pubblicità dei "soldi pubblici"
La bozza del nuovo decreto legislativo 33/2013 prevede all'art. 5 l'introduzione di un nuovo art. 4-bis, intitolato «Trasparenza nell'utilizzo delle risorse pubbliche», che prevede:
«1. L'Agenzia per l'Italia digitale, al fine di promuovere l'accesso e migliorare la comprensione dei dati relativi all'utilizzo delle risorse pubbliche, gestisce un sito internet denominato "Soldi pubblici" che consente l'accesso ai dati dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni e ne permette la consultazione in relazione alla tipologia di spesa sostenuta e alle amministrazioni che l'hanno effettuata, nonché all'ambito temporale di riferimento.
2. Ciascuna amministrazione pubblica sul proprio sito istituzionale, in una parte chiaramente identificabile della sezione "Amministrazione trasparente", i dati sui propri pagamenti e ne permette la consultazione in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all'ambito temporale di riferimento e ai beneficiari.
3. Per le spese in materia di personale si applica quanto previsto dagli articoli da 15 a 20».
Occorre, precisare meglio e distinguere l'onere di pubblicità a carico dell'AGID e quello ricadente sulle singole amministrazioni. In tal senso, appare opportuno prevedere espressamente che sono pubblici i "dati aggregati" e che i dati pubblicati dalla singola amministrazione fanno riferimento alle "categorie di beneficiari" a cui si riferiscono e non «ai beneficiari» la cui diffusione soggiace, invece, trattandosi di dati personali, ai limiti previsti espressamente dal successivo art. 26 del d. lgs. 33/2013.
All'articolo 5, comma 1, lettera b), capoverso "Art. 4-bis", vanno apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la parola: "consultazione", inserire la seguente: ", in forma aggregata";
b) al comma 2, dopo la parola: "consultazione", inserire la seguente: ", in forma aggregata" e sostituire le parole: "e ai beneficiari" con le seguenti: "e alle categorie di beneficiari".
4. Pubblicità dei dati ed accesso civico.
4.1. Nuovo accesso civico
L'art. 6 dello schema di decreto, che sostituisce integralmente l'art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, modifica profondamente l'istituto dell'accesso civico. Si prevede infatti che, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, chiunque «ha diritto di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni», senza alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza motivazione, salvo le eccezioni previste dall'art. 5-bis (che prevedono ipotesi in cui l'accesso civico debba essere rifiutato perché reca pregiudizi a interessi pubblici e privati).
È previsto, inoltre, l'obbligo per l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso di dare comunicazione della predetta richiesta a eventuali soggetti controinteressati, che, entro dieci giorni, possono presentare una motivata opposizione (art. 5, comma 4). Nel caso di accoglimento della richiesta, l'amministrazione competente «provvede tempestivamente, e comunque non oltre trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti […]» (art. 5, comma 5).
L'intento dell'accesso civico –che la relazione illustrativa dichiara non solo essere ispirato ma anche "equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (FOIA)"- sarebbe quello di consentire ai cittadini di verificare la correttezza dell'azione amministrativa dotandoli di uno strumento ulteriore rispetto a quelli tradizionalmente forniti dall'ordinamento ai portatori di interessi "qualificati": tuttavia, a differenza del testo vigente, il nuovo accesso civico riguarda non solo i dati oggetto di un obbligo di pubblicazione previsto dalla disciplina vigente, ma ogni dato e documento ulteriore comunque detenuto da qualunque soggetto cui la legislazione si applica.
Con specifico riferimento ai dati personali, è previsto che la richiesta di accesso civico possa essere negata se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio alla tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).
E' in primo luogo lecito domandarsi, come i soggetti pubblici, che detengono grandi banche di dati, anche sensibili, dei cittadini decideranno se accogliere o meno le istanze di accesso al documento contenente dati personali, in assenza di un parametro per effettuare il bilanciamento fra la protezione dei dati personali e l'interesse del richiedente, dal momento che l'istanza non è motivata ed è dunque carente dell'indicazione della finalità perseguita, che costituisce elemento determinante ai fini della valutazione della legittimità del trattamento.
Interpretazioni difformi potrebbero infatti determinare, oltretutto, un diverso grado di tutela del diritto alla protezione dei dati personali dei controinteressati, con conseguenze anche paradossali.
Si pensi a una richiesta di accesso civico avente a oggetto la lista dei nominativi dei minori iscritti a una scuola, corredata da tutte le ulteriori informazioni nella disponibilità dell'amministrazione (dall'indirizzo di residenza alla composizione o allo stato reddituale della famiglia, a eventuali disabilità).
O si consideri, ancora, a quali conseguenze potrebbero essere esposti i contribuenti ove l'istanza di accesso civico venisse avanzata nei confronti dell'anagrafe tributaria, ove confluiscono, tra gli altri, tutti i dati detenuti da ogni istituto di credito con riferimento a saldi, movimenti e giacenza media di tutti i conti correnti.
Per non citare l'impatto, in termini estremamente negativi, suscettibile di derivare dall'ostensione, a chiunque ne faccia richiesta, di informazioni sulla salute o la vita sessuale dei singoli, detenuti da strutture ospedaliere e di cura.
Al riguardo si osserva quanto segue:
1) L'eccezione contenuta nell'art. 5-bis fa salva la disciplina in materia di protezione dei dati personali in base alla quale la comunicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici ad altri soggetti privati o a enti pubblici economici è ammessa solo se prevista da una norma di legge o di regolamento (art. 19, comma 2, del Codice). Nella medesima disciplina è previsto un regime speciale per l'accesso ai documenti amministrativi (artt. 59 e 60) che rimanda esplicitamente alla normativa contenuta nella legge n. 241 del 7/8/1990 e ai regolamenti di attuazione, stabilendo – e tale disciplina resta ferma – che è possibile accordare l'accesso anche a documenti contenenti dati personali, con precise precauzioni per i dati sensibili e giudiziari, nonché per quelli idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale (principio del pari rango).
Una deroga o una modifica di tale disciplina, attraverso il decreto legislativo che modifica il d. lgs. 33/2013, deve pertanto ritenersi esclusa. Secondo, infatti, l'art. 7 della legge delega (l. n. 124/2015), il governo può procedere solo alla modifica del d. lgs. n. 33/2013 e all'istituzione del diritto di accesso civico, nei limiti dei divieti di divulgazione previsti dall'ordinamento e della tutela degli interessi pubblici e privati (la delega, quindi, non comprende una deroga al Codice, né ovviamente la sua indiretta abrogazione).
Sarebbe del tutto illogico se i limiti al diritto di accesso ai documenti amministrativi contenuti nella l. n. 241/1990 (che valgono nei confronti di un interessato che dimostri un interesse qualificato all'accesso), venissero meno quando l'istanza è presentata secondo la procedura dell'«accesso civico».
Per tali motivi, appare coerente con il sistema che i limiti imposti dal rispetto della protezione dei dati personali per l'accesso agli atti amministrativi ai sensi della l. n. 241/1990, siano pienamente efficaci anche per coloro che inoltrano richieste di accesso civico ai sensi del d. lgs. n. 33/2013.
Il nuovo accesso civico, inoltre, disciplina le richieste di accesso non solo a documenti, ma anche a dati. Al riguardo, occorre tenere presente che, ove i dati a cui si chiede l'accesso siano dati personali del richiedente (interessato), tale accesso resta disciplinato nel Codice (artt. 7 e 8) secondo il procedimento e i tempi ivi stabiliti e con i rimedi, in caso di omesso o ritardato riscontro da parte del titolare del trattamento, espressamente previsti dal Codice (artt. 145 ss.), che non possono essere derogati in questa sede (con competenza del giudice ordinario anziché di quello amministrativo).
2) La Direttiva comunitaria 95/46/CE «relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati» prevede la necessità del rispetto del principio di finalità in base al quale «Gli Stati membri dispongono che i dati personali devono essere: […] b) rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità» (art. 6).
Tale articolo è stato recepito nel Codice che prevede come «I dati personali oggetto di trattamento sono: […] b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi» (art. 11). Ciò vuol dire che una P.A. può effettuare un trattamento di dati personali ulteriore – come la comunicazione di dati personali a terzi a seguito di una richiesta di «accesso civico» – solo se la finalità dell'ulteriore trattamento è compatibile con gli scopi originari del trattamento stesso. Per valutare la predetta compatibilità si può fare riferimento anche ai criteri indicati dal Gruppo Art. 29 nel Parere n. 3/2013 sul principio di limitazione della finalità.
È bene ricordare, altresì, che il testo finale di compromesso adottato dal Consiglio Ue in data 18 dicembre 2015 a seguito dell'accordo politico con il Parlamento europeo sul «Regolamento (Ue) 2016/… del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento di dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati), e che abroga la direttiva 95/46/CE» (non ancora pubblicato in GUUE) , prevede all'art. 6, comma 3-bis, identici criteri per la valutazione della compatibilità di trattamenti ulteriori, come la ragionevole aspettativa dell'interessato, il contesto del trattamento, le connessioni esistenti fra le singole finalità .
Appare evidente che il sistema copre, attraverso obblighi di pubblicazione e/o «accesso civico», la totalità dei dati trattati dalla P.A. con un'ampiezza che, se non accompagnata dalla individuazione delle categorie di atti da ritenersi ricompresi nella definizione e dalla contestuale individuazione di limiti precisi a detto accesso, determinerà conseguenze patologicamente rilevanti e tra le più varie.
L'assenza di una motivazione da parte del richiedente, nel privare l'amministrazione destinataria delle istanze di ostensione dei necessari elementi di ponderazione in ordine al fine così perseguito, può determinare, alternativamente, una eccessiva rigidità interpretativa, per cui l'amministrazione medesima tenderà a rigettare le richieste depauperando di ogni utilità lo strumento dell'accesso civico, oppure, al contrario, una dilatazione ingiustificata della nozione di trasparenza, per cui verranno trasmessi al richiedente dati e documenti senza alcun ragionevole criterio selettivo.
Ciò che appare fuor di dubbio è che la mancata previsione, per le richieste di accesso civico, dell'obbligo di motivazione - che, pur non arrivando ad assumere i contorni ben definiti di una "situazione giuridicamente rilevante", fornisca elementi di valutazione idonei a legittimare l'istanza – rischia di comportare un'applicazione della disposizione diseguale da ufficio a ufficio.
Infatti, la decisione in ordine all'ostensibilità dell'atto o del documento, essendo affidata unicamente alla valutazione del funzionario pubblico senza aver fornito a quest'ultimo alcun parametro di valutazione, rischia altresì di essere talmente discrezionale da sfociare nell'arbitrarietà, conseguenza del tutto paradossale ove si consideri che il legislatore delegato ha voluto rafforzare l'istituto "al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche".
La disciplina in esame andrebbe pertanto significativamente rimodulata, prevedendo che laddove l'accoglimento dell'istanza di accesso possa determinare la comunicazione al richiedente di dati personali di terzi, l'ostensione del documento può essere effettuata soltanto ove risulti accertata, in atti, la prevalenza dell'interesse perseguito dall'accesso ovvero, previo oscuramento dei dati personali presenti.
L'accertamento in questione terrà ovviamente conto di quanto manifestato dal controinteressato, al quale deve essere sempre data comunicazione della richiesta di accesso.
Tale previsione va poi completata con un generale divieto di comunicazione di dati sensibili o giudiziari nonché di dati personali di minorenni, in osservanza della tutela rafforzata accordata dall'ordinamento interno e dal diritto dell'Unione europea a tali categorie di dati personali.
L'opportunità delle suddette modifiche è, del resto, avvalorata da un'analisi di diritto comparato, con particolare riguardo alla disciplina del Freedom of Information Act di cui alla Section 552 dell'U.S. Code. Essa, infatti, sancisce il diniego dell'ostensione non solo di "documenti medici" ma anche di altre tipologie di documenti, qualora possa derivarne un'ingiustificata ingerenza nella sfera di riservatezza individuale.
Tale disciplina prevede anche la possibilità di oscurare i dati personali eventualmente presenti in atti, a carattere prevalentemente generale, ai quali il cittadino richieda di accedere.
Le suddette modifiche legislative dovrebbero comunque essere completate con un regolamento attuativo volto a individuare nel dettaglio le categorie di dati e di documenti suscettibili di accesso ai sensi dell'art. 5, comma 2, nonché i casi di rigetto dell'istanza a fini di tutela degli interessi di cui all'art. 5-bis. In assenza di una normativa regolamentare di attuazione che declini con maggiore dettaglio oggetto e limiti dell'accesso, nella nuova forma prevista, vi è, infatti, il concreto rischio di interpretazioni irragionevolmente diverse tra le varie amministrazioni e, al loro interno, tra i vari uffici, con un'ingiustificata disparità di trattamento, per i cittadini, che ne deriverebbe.
Pertanto, all'articolo 6, comma 2, capoverso "Art. 5-bis", si voglia apportare la seguente modifica:
a) dopo il comma 3 inserire il seguente: "3-bis. Qualora dall'accesso di cui all'art. 5, comma 2, possa derivare la comunicazione di dati personali, esso è accolto soltanto ove risulti accertata, in atti, la prevalenza dell'interesse perseguito dall'accesso rispetto al diritto del controinteressato alla protezione dei propri dati personali, ovvero previo oscuramento dei dati personali presenti. L'accesso è in ogni caso rifiutato qualora esso comporti la comunicazione di dati sensibili o giudiziari o, comunque, di dati personali di minorenni.";
b) dopo il comma 5 aggiungere, in fine, il seguente: "5-bis. Il Governo adotta, su proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 e al presente articolo e, in particolare, per l'individuazione delle categorie di dati e di documenti suscettibili di accesso, nonché dei casi di diniego a fini di tutela degli interessi di cui al presente articolo."
4.1.1. In relazione, infine, ai termini procedurali previsti per l'accesso civico è opportuno modificare le relative disposizioni anche al fine di consentire alle pp.aa. di valutare eventuali opposizioni formulate da possibili controinteressati come previsto dell'art. 5, comma 4.
Infatti, la disciplina in oggetto prevede che, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta, l'amministrazione non solo deve adottare il provvedimento conclusivo del procedimento relativo all'istanza di accesso civico, ma deve provvedere alla immediata trasmissione al richiedente dei dati o dei documenti oggetto di accesso civico.
Ciò significa che il soggetto controinteressato non è effettivamente tutelato. Per come sono formulati i commi 4 e 5 del nuovo art. 5 del d.lgs. n. 33/013, la p.a. che esamina una richiesta di accesso civico ha trenta giorni dalla presentazione dell'istanza per valutare o meno se dare un riscontro positivo alla richiesta di accesso civico.
In questo arco di tempo deve, in primo luogo, verificare se la richiesta viola uno dei limiti previsti dal comma 5-bis.
Effettuata questa valutazione, se individua controinteressati, deve inviare a questi ultimi la comunicazione della richiesta di accesso e dalla ricezione della stessa decorrono ulteriori dieci giorni in cui il controinteressato può opporsi. Non è previsto che la comunicazione al controinteressato sospenda i termini del procedimento per cui il tempo materiale a disposizione della p.a. per valutare le eventuali deduzioni dei controinteressati (che in linea di principio potrebbero essere anche molto numerosi, nel caso in cui, ad esempio, la richiesta attenga ai dati contenuti all'interno di una banca dati) ed emettere il provvedimento, motivato, di accettazione o diniego della richiesta di accesso, potrebbe essere veramente esiguo.
Infine, poiché allo scadere dei trenta giorni è previsto non solo che la p.a. emetta il provvedimento finale – come nel procedimento dell'accesso ai documenti amministrativi ai sensi della l. n. 241/1990 –, ma che fornisca proprio l'accesso al dato o al documento oggetto di «accesso civico», non è fornita alcuna tutela al controinteressato che, al contrario, voglia opporsi al provvedimento della p.a., mediante impugnazione del provvedimento finale di fronte all'autorità competente ed eventuale richiesta di un provvedimento cautelare per negare l'ostensione dei dati.
In materia di protezione dei dati personali, infatti, il danno derivante dalla semplice conoscenza di un'informazione è in re ipsa e non c'è risarcimento che possa riparare al danno effettuato (si pensi ad esempio alla rivelazione di dati idonei a rivelare lo stato di salute).
Al fine di consentire ai controinteressati di fare un'effettiva opposizione al diritto di accesso civico ai propri dati personali da parte di terzi, vanno modificati i termini procedimentali, omologando il procedimento a quello previsto per l'accesso agli atti amministrativi dalla l. n. 241/1990.
Per le ragioni su esposte è pertanto necessario apportare le seguenti modifiche all'articolo 6 dello schema:
a) al capoverso "Art. 5":
1) Al comma 5, al primo periodo, sostituire le parole: "L'amministrazione competente provvede tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni dalla presentazione dell'istanza" con le seguenti: "Il procedimento di accesso civico deve concludersi nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza all'ufficio competente, con la comunicazione al richiedente e all'eventuale controinteressato, al fine di consentirgli di fare opposizione al provvedimento. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico l'amministrazione competente provvede a trasmettere entro un congruo periodo di tempo, comunque non prima di quindici giorni," e, dopo la parola: "indicando", inserire la seguente: "al richiedente";
2) al comma 2, sostituire le parole: "interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti", con le seguenti: "interessi giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis del presente decreto";
b) al Capoverso "Art. 5-bis", al comma 1, all'alinea, sopprimere la parola: "pubblici" e, al comma 2, alinea, sopprimere la parola: "privati".
4.2. Al fine di armonizzare con le disposizioni del Codice la previsione sulla giurisdizione competente a conoscere le controversie in materia di accesso civico, nel rispetto del riparto di giurisdizione sancito in linea generale, va poi precisato al comma 7 dell'art. 5, che qualora le controversie abbiano ad oggetto il diritto alla protezione dei dati personali, è competente il giudice ordinario e si applica il procedimento sancito dall'art. 152 del Codice.
5. Introduzione del Capo I bis intitolato "dati pubblici aperti" e dell'art. 7 intitolato "dati aperti e riutilizzo"
La bozza del nuovo decreto legislativo 33/2013 prevede l'introduzione di un nuovo capo I-bis intitolato «Dati pubblici aperti». La locuzione utilizzata è equivoca, anche perché all'interno del capo sono collocati gli artt. 5 «accesso civico a dati e documenti», 5-bis «limiti all'accesso civico», 5-ter «accesso per fini scientifici ai dati elementari raccolti per finalità statistiche» che non disciplinano quindi il tema dei dati pubblici «aperti» riportato nel titolo del capo (contenuto invece nell'art. 7, all'interno del successivo capo 1-ter «Pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti»).
Occorre poi evidenziare che i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 7 d. lgs. n. 33/2013, non possono essere considerati «dati di tipo aperto». Tali dati sono, infatti, ai sensi del Codice dell'amministrazione digitale-CAD (D.Lgs. 7/3/2005, n. 82), quelli utilizzabili da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato secondo i termini di una licenza d'uso (art. art. 68, comma 3, lett. b, del CAD).(3)
L'art. 7 del d. lgs. n. 33/2013, che prevede che i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati in «formato di tipo aperto» che, ai sensi dell'art. 68 del CAD, è «un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi» (art. 68, comma 3, lett. a, del CAD). La disposizione citata persegue correttamente lo scopo di non obbligare gli utenti a dotarsi di programmi proprietari o a pagamento per la fruizione – e, quindi, per la visualizzazione – dei file contenenti i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Sempre ai sensi del citato art. 7, i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria possono essere riutilizzati, ma solo ai sensi della normativa in materia di riutilizzo dei documenti nel settore pubblico (d. lgs. n. 36/2006) e della normativa in materia di protezione dei dati personali (d. lgs. n. 196/2003). Al riguardo si propone di rinominare- laddove ritenuto necessario il mantenimento di un apposito capo- il capo I-bis in maniera più coerente con il sistema, come ad esempio, «Accesso ai dati», e di sostituire il titolo dell'art. 7 con «Riutilizzo dei dati pubblicati»
6. Durata degli obblighi di pubblicazione
L'art. 8, comma 3, del decreto n. 33 prevede che «I dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello da cui decorre l'obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali e quanto previsto dagli articoli 14, comma 2, e 15, comma 4». Il nuovo comma 3-bis, inserito dall'art. 8, c.1, lett.b) dello schema, prevede, inoltre, che «L'Autorità nazionale anticorruzione, sulla base di una valutazione del rischio corruttivo, delle esigenze di semplificazione e delle richieste di accesso, determina i casi in cui la durata della pubblicazione del dato e del documento può essere inferiore a 5 anni».
La formulazione dell'art. 8 è suscettibile di ingenerare dubbi in sede applicativa, rimettendo all'interprete la valutazione, in concreto, del limite temporale della pubblicazione sul web da ritenere applicabile per ciascuna fattispecie, con il rischio di interpretazioni irragionevolmente differenti e, quindi, di ingiustificate disparità di trattamento.
In particolare, l'art. 8 prevede un limite generale di cinque anni, a cui si accompagnano tre deroghe:
a) nel caso in cui gli atti producono ancora i loro effetti alla scadenza dei cinque anni, con la conseguenza che gli stessi devono rimanere pubblicati fino alla cessazione della produzione degli effetti;
b) nel caso di alcuni dati e informazioni riguardanti i titolari «di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale regionale e locale» (art. 14, comma 2) e i «titolari di cariche di governo e di incarichi amministrativi di vertice, nonché di incarichi di collaborazione o consulenza» che devono rimanere pubblicati online per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti (art. 15, comma 4);
c) nel caso in cui siano previsti «diversi termini» dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali.
Con riferimento a quanto previsto nel d. lgs. n. 33/2013 in ordine ai «diversi termini» (che sarebbero) contenuti nella normativa in materia di trattamento dei dati personali, si rappresenta che – come già evidenziato criticamente dal Garante nel parere del 7 febbraio 2013 (par. 7) – il Codice non prevede limiti temporali espliciti, ma solo che i dati personali devono essere «conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati» e che l'interessato ha diritto di ottenere la cancellazione dei dati personali «di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente trattati»(4). Tali previsioni recepiscono, peraltro, le identiche disposizioni contenute nella direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali(5) le quali, in quanto tali, non possono essere derogate in virtù del principio del primato del diritto europeo. Da tale principio, inoltre, discende l'obbligo di interpretare il diritto nazionale in maniera conforme al diritto europeo(6) e, nello specifico, alle disposizioni direttamente applicabili che impongono il rispetto dei principi di pertinenza, necessità e proporzionalità, in base ai quali la pubblicazione di dati personali è consentita soltanto quando è al contempo necessaria e appropriata rispetto all'obiettivo perseguito e, in particolare, quando tale obiettivo non può essere realizzato in modo ugualmente efficace con modalità meno pregiudizievoli per la riservatezza degli interessati.(7)
La previsione dell'ampio e generalizzato arco temporale quinquennale non sembra rispettosa del principio di proporzionalità di matrice europea che impone la commisurazione dei termini alla luce della finalità del trattamento.
Nel dettaglio, la predetta disposizione sembra infatti porsi in contrasto con:
- l'art. 6, par. 1, lett. e), della direttiva 95/46/CE, laddove prevede espressamente che i dati siano conservati per un periodo di tempo «non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati»;
- l'art. 12, par. 1, lett. b) della direttiva 95/46/CE, laddove prevede il diritto dell'interessato di ottenere la cancellazione di dati personali che lo riguardano quando il loro «trattamento non è conforme alle disposizioni della stessa direttiva», incluso appunto il caso in cui questi siano conservati per un periodo di tempo «non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati» (art. 6, par. 1, lett. e, dir. 95/46/CE cit.);
- i principi affermati nella sentenza della Corte di Giustizia UE 9 novembre 2010, cause riunite C-92/09 e C-93/09 che ha dichiarato l'invalidità di un regolamento comunitario nella parte in cui imponeva la pubblicazione di dati personali di beneficiari di finanziamenti di fondi strutturali senza prevedere, fra l'altro, un limite temporale per la durata della stessa, commisurato ai periodi nel corso dei quali gli interessati hanno percepito gli aiuti (punto n. 1 del dispositivo).
Inoltre, la previsione relativa alla durata quinquennale del periodo di pubblicazione online è suscettibile di generare antinomie anche rispetto alla disciplina nazionale di recepimento della direttiva 95/46/CE, in particolare con l'art. 11, comma 1, lett. d) ed e) e l'art. 7, comma 3, lett. b), del Codice che prevedono, rispettivamente, che i dati personali devono essere «conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati» e che l'interessato ha diritto di ottenere la cancellazione dei dati «di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente trattati».
Per tale motivo, il Garante nelle citate Linee guida del 2014 ha già evidenziato alle pubbliche amministrazioni che «laddove atti, documenti e informazioni, oggetto di pubblicazione obbligatoria per finalità di trasparenza, contengano dati personali, questi ultimi devono essere oscurati, anche prima del termine di cinque anni, quando sono stati raggiunti gli scopi per i quali essi sono stati resi pubblici e gli atti stessi hanno prodotto i loro effetti».
Tutte queste considerazioni inducono pertanto a promuovere un intervento correttivo del testo dell'articolo volto ad attenuare l'attuale difformità della disciplina sulla trasparenza dal quadro normativo europeo e nazionale in materia di protezione dei dati personali.
Al fine di sopperire alle criticità evidenziate appare opportuno attribuire al Garante un potere di proposta rispetto alla determinazione con cui Anac identifica i casi nei quali la pubblicazione del dato e del documento può essere inferiore a cinque anni All'art. 8, comma 1, lettera b), si richiede pertanto di riformulare il comma 3-bis, ivi richiamato, nel modo seguente, inserendo, dopo le parole: «L'Autorità nazionale anticorruzione", le seguenti: ", anche su proposta del Garante per la protezione dei dati personali, "».
7. La conoscibilità dei dati "pubblici". Motori di ricerca e indicizzazione
L'art. 9, comma 1, prevede che le «amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione "Amministrazione trasparente"» (cfr. anche art. 7-bis, comma 1).
Come già evidenziato nel parere del Garante del 7 febbraio 2013, un obbligo così ampio e indifferenziato di indicizzare la documentazione pubblicata è contrario al principio di proporzionalità nel trattamento dei dati personali rispetto alle specifiche finalità di trasparenza di volta in volta perseguite e non tiene in considerazione le esigenze di avere dati esatti, aggiornati e contestualizzati (art. 6, par. 1, lett. d. dir. 95/46/CE. Cfr. anche art. 7, par.1, lett. c e d, della medesima direttiva). In base al citato principio di proporzionalità, la pubblicazione di dati personali è consentita soltanto quando è al contempo necessaria e appropriata rispetto all'obiettivo perseguito e, in particolare, quando tale obiettivo non può essere realizzato in modo ugualmente efficace con modalità meno pregiudizievoli per la riservatezza degli interessati.(8)
Se la trasparenza, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 33/2013, deve essere intesa come «accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni allo scopo di tutelare i diritti fondamentali e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche», la stessa può essere adeguatamente garantita mediante la messa a disposizione delle relative informazioni sui siti web istituzionali senza necessità di indicizzazione. La reperibilità, senza distinzioni, dei dati personali mediante i comuni motori di ricerca espone, infatti, la vita privata alla generale curiosità del pubblico, determinando conseguenze ultronee rispetto agli obiettivi di trasparenza già efficacemente raggiunti attraverso la pubblicazione dei medesimi dati sui siti web istituzionali delle amministrazioni.
Un malinteso (e dilatato) principio di trasparenza può infatti determinare conseguenze gravi e pregiudizievoli tanto della dignità delle persone quanto della stessa convivenza sociale. Deve infatti essere tenuto presente che i motori di ricerca "decontestualizzano" i dati personali disponibili on ine, estrapolandoli dal sito in cui sono contenuti e trasformandoli in una parte – non controllata e non controllabile – secondo una "logica" di priorità di importanza del tutto sconosciuta e non conoscibile all'utente. Inoltre, una volta che i dati personali sono resi accessibili in maniera indifferenziata su Internet può risultare velleitario limitarne l'uso effettivo e assicurare il rispetto dei principi di protezione dei dati.
Un intervento normativo rispettoso del principio di proporzionalità dovrebbe prevedere, pertanto, una graduazione delle modalità di reperibilità in rete delle informazioni, oggetto degli obblighi di trasparenza, tramite i motori di ricerca. In questo quadro, potrebbe essere ritenuta giustificata l'indicizzazione da parte dei comuni motori di ricerca dei dati personali riferiti a soggetti che ricoprono cariche politiche per la rilevanza pubblica del ruolo ricoperto o della funzione esercitata. Tale obiettivo non giustifica, invece, che la trasparenza dell'amministrazione si trasformi nella "trasparenza delle persone" (per esempio nell'indicizzazione dei redditi dei dirigenti, dei dati personali dei soggetti beneficiari di sovvenzioni e aiuti economici sopra i mille euro nell'anno solare, etc.).
È, inoltre, necessario adeguare il testo normativo all'applicazione del diritto europeo e alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 13 maggio 2014, causa C-131/12, Google Spain SL, Google Inc/Agencia Española de Protección de Datos, dando comunque la possibilità al richiedente di chiedere al titolare del trattamento la deindicizzazione dei propri dati identificativi.
Peraltro, anche l'Autorità nazionale anticorruzione-ANAC, nella propria relazione annuale 2014 al Parlamento, ha evidenziato che «ad avviso dell'Autorità il regime applicabile alle informazioni oggetto di pubblicazione e diffusione via web potrebbe essere articolato e graduato anche con riferimento al periodo di pubblicazione, alle modalità di conservazione, alla indicizzazione dei contenuti da parte dei motori di ricerca esterni».(9)
Si suggerisce pertanto di sopprimere, all'interno dell'art. 9, comma 1, l'intero periodo: «Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione "Amministrazione trasparente"».
8. Obblighi di pubblicazione relativi ai "Titolari di incarichi politici", "Dirigenti" titolari di "Cariche di Governo" e di "Incarichi amministrativi di vertice"
L'art. 14 d.lgs. n. 33 del 2013,disciplina gli obblighi di pubblicazione dei dati reddituali e patrimoniali dei «titolari di incarichi politici» anche non elettivi, nonché degli incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti.
Nel successivo articolo 15, invece, sono disciplinati gli oneri di trasparenza di titolari di «cariche di governo» e di «incarichi amministrativi di vertice».
Le modifiche sul punto innovano profondamente il precedente bilanciamento effettuato dal legislatore delegato, equiparando completamente gli obblighi di trasparenza dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche e degli altri soggetti cui il decreto si applica a quelli previsti per i titolari di incarichi politici. Tale previsione, oltre ad assimilare condizioni non del tutto equiparabili fra loro ( quali quelle dei titolari di incarichi dirigenziali e dei titolari di incarichi politici) impone la pubblicazione della propria situazione patrimoniale ad un notevolissimo numero di soggetti: secondo le elaborazioni dell'Aran, infatti, i dirigenti pubblici ai quali si applicherebbero tali nuove disposizioni sarebbero oltre 140.000, senza contare coniugi né parenti fino al secondo grado.
Inoltre, il predetto personale dirigenziale sarebbe assoggettato ad importanti obblighi di trasparenza (e quindi ad un trattamento giuridico limitativo della riservatezza individuale) a prescindere dall'effettivo rischio corruttivo insito nella funzione svolta, così come altri soggetti pubblici risulterebbero invece inspiegabilmente esclusi dai medesimi obblighi pur potendo ricoprire incarichi di analogo rilievo (si pensi ai soggetti di cui all'articolo 17, comma 22, della legge 127/1997, tenuti alla mera comunicazione dei propri dati patrimoniali, senza che in relazione agli stessi sussista alcun obbligo di pubblicazione sul sito dell'amministrazione di appartenenza ).
Al riguardo, si sottolinea peraltro che non è facilmente individuabile la categoria degli incarichi politici e se vadano intesi con i soli vertici politico-rappresentativi delle amministrazioni statali, regionali e locali (es.: Ministri, consiglieri, assessori) o con organi diversi, come presidenti e collegi degli enti (es: presidente INPS, organi delle Camere di commercio, Senato accademico degli atenei, etc.). Nel testo del decreto, inoltre, in alcuni casi si utilizza il termine «incarichi politici» e in altri organi «di indirizzo politico» (cfr. artt. 7-bis, 13, 14, 15, 16, 17, 23, 43, 45) presente nella precedente versione dell'art. 14 del d. lgs. 33/2013. Non si comprende, però, se si tratta o meno della stessa categoria.
A ciò si aggiunge che il nuovo art. 14 non specifica se gli obblighi di pubblicazione della situazione patrimoniale si applichino a tutti, oppure solo ai soggetti tenuti a fare le dichiarazioni previste dalla l. n. 441 del 5/7/1982.
La questione non è di poco conto, considerando che ad esempio l'Anac ha ritenuto che la disposizione si applicasse ai membri del Senato accademico dell'Università di cui fanno parte anche studenti e personale tecnico amministrativo, ma non ai sindaci, consiglieri e assessori con popolazione inferiore a 15.000 abitanti (cfr. delibera Anac 7/10/2014 n. 144). La conseguenza è che uno studente che fa parte di un Senato accademico sarebbe tenuto a pubblicare la propria dichiarazione dei redditi, mentre un sindaco di un comune di 14.999 abitanti non sarebbe obbligato.
È estremamente importante che vengano chiaramente definite le categorie ed i tipi di incarichi che si intendono ricomprendere nella locuzione e quindi quali siano i soggetti tenuti agli obblighi di pubblicazione indicati all'art. 14 del decreto, posto che la relativa violazione è soggetta a sanzione (art. 41, comma 1, del d. lgs. 33/2013).
Alla luce della disposizione contenuta nell'art. 15, non è poi dato capire cosa si intenda effettivamente per soggetti titolari di «cariche di governo» (solo quelli nominati dal Consiglio dei ministri, da Ministri o anche quelli nominati dal Parlamento e da Commissioni parlamentari, oppure ancora da consigli o assessori di regioni ed enti locali?) e di «incarichi amministrativi di vertice».
Più in generale, si sottolinea in questa materia l'importanza di un approccio rispettoso del principio di proporzionalità di derivazione europea (art. 6, par. 1, lett. c, dir. 95/46/CE), che tenga in considerazione l'orientamento espresso dalla Corte di giustizia nelle sentenze del 20 maggio 2003 (Cause riunite C-465/00, C-138/01 E C-139/01, Rechnungshof e al.), del 9 novembre 2010 (Cause riunite C-92/09 e C-93/09, Volker und Markus Schecke GbR e al.) e del 29 giugno 2010 (Causa C-28/08P, Commissione/Bavarian Lager). Secondo tale orientamento, le istituzioni pubbliche, prima di divulgare informazioni riguardanti una persona fisica, devono soppesare l'interesse dell'Unione a garantire la trasparenza delle proprie azioni con la lesione dei diritti riconosciuti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, senza che possa riconoscersi alcuna automatica prevalenza dell'obiettivo di trasparenza sul diritto alla protezione dei dati personali, anche qualora siano coinvolti rilevanti interessi economici (par. 85, sentenza Volker und Markus Schecke GbR e al.).
In questo quadro, va messa in luce la necessità di adottare una graduazione degli obblighi di pubblicazione di dati personali sotto il profilo della platea dei soggetti coinvolti, del contenuto degli atti da pubblicare e delle modalità di assolvimento di tali oneri Andrebbero dunque previsti livelli differenziati di trasparenza del personale pubblico, tali da modulare la conoscibilità delle informazioni a seconda del ruolo e della carica ricoperta, in modo da evitare interferenze sproporzionate sulla sfera privata degli interessati.
Al riguardo si ritiene necessario quantomeno definire, possibilmente all'inizio del decreto legislativo, l'ambito di riferimento delle categorie dei titolari di «incarichi politici», delle «cariche di governo» e degli «incarichi amministrativi di vertice»; in subordine, indicare quali siano i criteri per identificarli.
9. Obblighi di pubblicazione concernenti le spese ed i pagamenti effettuati dalle pp.aa.
Il comma 1-bis, inserito all'art. 41 dall'art. 33, comma 1, lettera a) dello schema di decreto, prevede che «Le amministrazioni di cui al comma 1 pubblicano altresì, nei loro siti istituzionali, i dati relativi a tutte le spese e a tutti i pagamenti effettuati, distinti per tipologia di lavoro, bene o servizio, e ne permettono la consultazione, in forma sintetica e aggregata. in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all'ambito temporale di riferimento e ai beneficiari».
La disposizione si potrebbe prestare a interpretazioni difformi con riferimento alla pubblicazione dei dati dei beneficiari di spese sanitarie che potrebbero rivelare dati sul relativo stato di salute.
Al fine di evitare equivoci si propone di precisare il testo dell'art. 41, comma 1-bis sostituendo alle parole: "ai beneficiari" con le seguenti: "alle categorie dei beneficiari»
10. Tutela giurisdizionale
L'art. 50 del d.lgs. 33, invariato in parte qua, devolve alla giurisdizione amministrativa le controversie relative agli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Tale articolo, come già segnalato in passato (cfr. Parere del Garante su uno schema di decreto legislativo concernente il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pa del 7 febbraio 2013, doc web. n. 2243168), si pone in contrasto con l'art. 152 del Codice, che prevede la competenza del G.O. per le controversie in materia di protezione di dati personali. Sul punto c'è già contrasto giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Milano, Lombardia, sez. III, n. 615 del 3/3/2015 che ha previsto la competenza del G.O. per le controversie sulle pubblicazioni previste dal del d. lgs. 33/2013 concernenti dati personali).
Al riguardo, come già proposto in relazione al riparto di giurisdizione per le controversie inerenti l'accesso civico, si rappresenta la necessità di modificare l'articolo 50 sostituendo, al primo periodo, le parole: "dalla normativa vigente" con le seguenti: "dal presente decreto" e aggiungendo, in fine, il seguente periodo: "Resta ferma la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria rispetto a controversie che riguardano comunque l'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196".
In alternativa si propone di concentrare innanzi al giudice ordinario la giurisdizione per tutte le controversie relative agli obblighi di trasparenza.
IL GARANTE
esprime parere favorevole sullo schema di decreto legislativo recante il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, con le seguenti condizioni:
a) modificare il presente schema sviluppando in maniera più pregnante i criteri di delega di cui all'art. 7, comma 1, lettere a), c) ed e), della l. 124 del 2015, in particolare razionalizzando e più efficacemente rimodulando gli obblighi di pubblicazione in funzione del grado di esposizione del singolo organo al rischio corruttivo, della funzionalità del dato da pubblicare rispetto alla effettiva necessità, da parte dei cittadini, di conoscere le modalità e le caratteristiche dell'agire amministrativo, nonché del bilanciamento delle esigenze di trasparenza con il diritto alla protezione dei dati personali degli interessati. Demandare altresì ad un regolamento di attuazione la disciplina, nel dettaglio, delle tipologie di informazioni soggette al regime di trasparenza, nonché delle modalità e delle caratteristiche dell'eventuale pubblicazione (§ 1);
b) all'articolo 2, comma 1, del presente schema, si valuti l'opportunità di modificare l'art. 1, comma 1, del d.lgs n. 33 del 2013, nel modo seguente:
«La trasparenza è intesa come accessibilità dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti fondamentali e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nei limiti del presente decreto» (§ 2.1.1.);
c) all'articolo 4, comma 1, lettera b)dello schema di decreto, capoverso 1-bis, si vogliano sostituire le parole da: "sentito" a: "adottata", con le seguenti: ", con delibera adottata d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali nel caso in cui siano coinvolti dati personali" (§ 2.1)
d) sostituire, nel testo del decreto legislativo, la locuzione relativa ai dati oggetto di pubblicazione obbligatoria «ai sensi della normativa vigente», con altra che limiti più chiaramente l'applicazione della disciplina prevista dal decreto legislativo n. 33/2013 ai soli dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa in materia di trasparenza e, segnatamente, del medesimo d. lgs. n. 33/2013 (§ 2.2.a.);
e) sostituire le parole: "normativa vigente" con le seguenti: «presente decreto» negli artt. 3, comma 1 del d.lgs. 33, invariato in parte qua (sulla definizione di dato pubblico); 5, comma 1 (sull'accesso civico); 7, comma 1 (sul riutilizzo); 8, commi 1-3 (sulla durata obblighi pubblicazione); 9, comma 1 (sulla sezione "Amministrazione trasparente"); 43, comma 1 (sul responsabile della trasparenza); 45, commi 1 e 3; 46, comma 1 (sui poteri dell'ANAC); 48, commi 1, 2 e 5 (sull'attuazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza). Sostituire altresì le parole: "disciplina vigente»" con le seguenti: "presente decreto", all'art. 3, commi 1 e 1-bis (sulla definizione di dato pubblico) (§ 2.2.b);
f) all'articolo 5, comma 1, lettera b), capoverso "Art. 4-bis", si apportino le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la parola: "consultazione", inserire la seguente: ", in forma aggregata";
b) al comma 2, dopo la parola: "consultazione", inserire la seguente: ", in forma aggregata" e sostituire le parole: "e ai beneficiari" con le seguenti: "e alle categorie di beneficiari" (§ 3);
g) modificare l'articolo 5 del d.lgs. 33 come novellato dall'art. 6 dello schema, prevedendo che - ove l'accoglimento dell'istanza di accesso possa determinare la comunicazione al richiedente di dati personali di terzi- il documento possa essere osteso soltanto ove risulti accertata, in atti, la prevalenza dell'interesse perseguito dall'accesso ovvero, previo oscuramento dei dati personali presenti (§ 4.1);
g.1) prevedere, all'art. 5-bis, introdotto dall'art. 6 dello schema, un generale divieto di comunicazione di dati sensibili o giudiziari, nonché di dati personali di minorenni (§ 4.1);
g.2) demandare a un regolamento attuativo l'individuazione, nel dettaglio, delle categorie di dati e documenti suscettibili di accesso ai sensi dell'art. 5, comma 2, nonché i casi di rigetto dell'istanza a fini di tutela degli interessi di cui all'art. 5-bis (§ 4.1);
h) all'articolo 6 dello schema siano apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, capoverso "Art. 5", al comma 2, sostituire le parole: "interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti", con le seguenti: "interessi giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis del presente decreto" (§ 4.1.1);
2) al comma 1, capoverso "Art. 5", al comma 5, al primo periodo, sostituire le parole: "L'amministrazione competente provvede tempestivamente e comunque non oltre trenta giorni dalla presentazione dell'istanza" con le seguenti: "Il procedimento di accesso civico deve concludersi nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza all'ufficio competente, con la comunicazione al richiedente e all'eventuale controinteressato, al fine di consentirgli di fare opposizione al provvedimento. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico l'amministrazione competente provvede a trasmettere entro un congruo periodo di tempo, comunque non prima di quindici giorni," e, dopo la parola: "indicando", inserire la seguente: "al richiedente" (§ 4.1.1);
3) al comma 1, capoverso "Art. 5", al comma 7 aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Per le controversie aventi ad oggetto il diritto alla protezione dei dati personali si applica il disposto di cui all'art. 152 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003 e successive modificazioni (4.2);
4) al comma 2, Capoverso "Art. 5-bis", apportare le seguenti modificazioni:
4.a) al comma 1, all'alinea, sopprimere la parola: "pubblici" e, al comma 2 del medesimo capoverso, alinea, sopprimere la parola: "privati" (§ 4.1.1)
4.b) dopo il comma 3 inserire il seguente: "3-bis. Qualora dall'accesso di cui all'art. 5, comma 2, possa derivare la comunicazione di dati personali, esso è accolto soltanto ove risulti accertata, in atti, la prevalenza dell'interesse perseguito dall'accesso rispetto al diritto del controinteressato alla protezione dei propri dati personali, ovvero previo oscuramento dei dati personali presenti. L'accesso è in ogni caso rifiutato qualora esso comporti la comunicazione di dati sensibili o giudiziari o, comunque, di dati personali di minorenni." (§ 4.1);
4.c) dopo il comma 5 aggiungere, in fine, il seguente: "5-bis. Il Governo adotta, su proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 e al presente articolo e, in particolare, per l'individuazione delle categorie di dati e di documenti suscettibili di accesso, nonché dei casi di diniego a fini di tutela degli interessi di cui al presente articolo." (§ 4.1);
i) all'art. 8, comma 1, lettera b), si riformuli il comma 3-bis, ivi richiamato, nel modo seguente, inserendo, dopo le parole: «L'Autorità nazionale anticorruzione", le seguenti: ", anche su proposta del Garante per la protezione dei dati personali" (§ 6);
l) all'art. 9, comma 1, del decreto n. 33, nel testo vigente, si sopprima il secondo periodo (§ 7);
m) in relazione all'articolo 14, definire, possibilmente all'inizio del decreto legislativo, quali sono i titolari di «incarichi politici», le «cariche di governo» e gli «incarichi amministrativi di vertice»; in subordine, indicare quali siano i criteri per identificarli (§ 8);
n) all'art. 33, comma 1, lettera a) dello schema di decreto, al comma 1-bis, ivi inserito, si valuti di sostituire le parole: "ai beneficiari" con le seguenti: "alle categorie di beneficiari » (§ 9);
o) modificare l'articolo 50 del d.lgs. 33 sostituendo, al primo periodo, le parole: "dalla normativa vigente" con le seguenti: "dal presente decreto" e aggiungendo, in fine, il seguente periodo: "Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario rispetto a controversie che riguardano comunque l'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196». In alternativa, si preveda la concentrazione innanzi al giudice ordinario della giurisdizione per tutte le controversie relative agli obblighi di trasparenza (§ 10);
e con la seguente osservazione:
si valuti l'opportunità di rinominare- laddove ritenuto necessario il mantenimento di un' apposita sezione- il capo I-bis del decreto n. 33, introdotto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del presente decreto, in maniera più coerente con il sistema, come ad esempio, «Accesso ai dati», e di sostituire il titolo dell'art. 7 con «Riutilizzo dei dati pubblicati» (§ 5).
Roma, 3 marzo 2016
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Soro
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia
___________________________________
NOTE
(1) Cfr. ex plurimis, Corte cost. 11 luglio 1989 n. 389; Corte cost. 8 giugno 1984 n. 170.
(2) Corte di Cassazione, sentenza n. 29736/2012.
(3) 9. Ai sensi dell'art. 68, comma 3, lett. b), del CAD sono "dati di tipo aperto" quei dati che presentano le seguenti tre caratteristiche:
"1) sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l'utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
2) sono accessibili attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti ai sensi della lettera a), sono adatti all'utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati;
3) sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione. L'Agenzia per l'Italia digitale deve stabilire, con propria deliberazione, i casi eccezionali, individuati secondo criteri oggettivi, trasparenti e verificabili, in cui essi sono resi disponibili a tariffe superiori ai costi marginali. In ogni caso, l'Agenzia, nel trattamento dei casi eccezionali individuati, si attiene alle indicazioni fornite dalla direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, sul riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, recepita con il decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36".
(4) Artt. 11, comma 1, lett. e, e 7, comma 3, lett. b, del Codice.
(5) Art. 6, par. 1, lett. e, e art. 12, par. 1, lett. b, dir. 95/46/CE.
(6) Cfr., ex pluribus, le sentenze della Corte di Giustizia CE, 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann, punto 26; 13 novembre 1990, C-106/89, Marleasing, punto 8; 16 dicembre 1993, causa C-334/92, Wagner Miret, punto 20; 25 febbraio 1999, causa C-131/97, Carbonari, punto 48; 5 ottobre 2004, C-397/01, Pfeiffer, punto 114; Corte di Giustizia CE, 29/1/2008, C-275/06, Productores de Música de España-Promusicae, punto 70.
(7) Art. 6, par. 1, lett. c, e art. 7, par.1, lett. c e d, dir. 95/46/CE; artt. 3 e 11 del Codice. V. inoltre, Corte di Giustizia CE, 20/5/2003, cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01 e Corte Costituzionale austriaca 28 novembre 2003, KR 1/00-33, in http://www.vfgh.at/cms/vfgh-site/attachments/3/8/6/CH0006/CMS1108403943433/kr1-33-00.pdf.
(8) Cfr. Corte di Giustizia CE, 20 maggio 2003, cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01 e Corte Costituzionale austriaca 28 novembre 2003, KR 1/00-33, in www.vfgh.at/cms/vfgh-site/attachments/3/8/6/CH0006/CMS1108403943433/kr1-33-00.pdf.
(9) Relazione disponibile in http://www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/Pubblicazioni/RelazioniAnnuali/2015/ANAC.Relazione.2014.02.07.15.pdf(cfr., in particolare, p. 326 ss.).
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n° 5
Area: Normativa
1. L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.
2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis.
3. L'esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. L'istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:
a) all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
b) all'Ufficio relazioni con il pubblico;
c) ad altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale;
d) al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l'istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto.
4. Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.
5. Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. A decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine di cui al comma 6 è sospeso fino all'eventuale opposizione dei controinteressati. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione.
6. Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l'amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l'istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, l'amministrazione ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall'articolo 5-bis. Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull'esito delle istanze.
7. Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
8. Qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può altresì presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Il ricorso va altresì notificato all'amministrazione interessata. Il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne informa il richiedente e lo comunica all'amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui all'articolo 116, comma 1, del Codice del processo amministrativo decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico. Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il difensore civico provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per la pronuncia del difensore è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni.
9. Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato può presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8.
10. Nel caso in cui la richiesta di accesso civico riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ha l'obbligo di effettuare la segnalazione di cui all'articolo 43, comma 5.
11. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.
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n° 6
Area: Normativa
1. L'articolo 551 del testo unico e' sostituito dal seguente: "Art. 551. - (Accesso al ruolo dei responsabili amministrativi). - 1. L'accesso al ruolo dei responsabili amministrativi ha luogo mediante concorso per titoli ed esami e attingendo alla graduatoria permanente di cui all'articolo 553. 2. Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai responsabili amministrativi dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza. 4. I posti disponibili e vacanti per l'accesso ai ruoli di responsabili amministrativi, detratto il contingente da destinare ai corrispondenti concorsi riservati per il passaggio alla qualifica funzionale superiore di cui al comma 1 dell'articolo 557, sono ripartiti, nella misura del 50 per cento, tra il concorso per titoli ed esami e la graduatoria permanente".
2. All'articolo 552 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono premessi i seguenti: "01. I concorsi per titoli ed esami sono indetti con frequenza triennale, subordinatamente alla disponibilita' di posti. 02. All'indizione dei concorsi si provvede con bando unico emanato dal Ministero della pubblica istruzione. 03. Spetta agli uffici dell'amministrazione scolastica periferica determinare con loro decreti, all'inizio di ciascuno dei tre anni scolastici ai quali si riferiscono i concorsi, il numero dei posti da conferire all'inizio di ciascun anno scolastico ai candidati utilmente collocati nelle graduatorie compilate a seguito dell'espletamento dei concorsi indetti. Rimane ferma la competenza degli stessi uffici dell'amministrazione scolastica periferica riguardo a tutti gli adempimenti attinenti allo svolgimento delle procedure dei concorsi medesimi, nonche' riguardo all'approvazione degli atti ed ai provvedimenti ed attivita' conseguenti.";
b) il comma 1 e' sostituito dal seguente: "1. Le graduatorie relative ai concorsi per titoli ed esami restano valide fino alla data da cui decorre la validita' della graduatoria relativa al concorso successivo corrispondente";
c) e' aggiunto in fine il seguente comma: "5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai responsabili amministrativi dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza. I relativi concorsi sono indetti dal Ministero della pubblica istruzione e svolti a livello regionale o interregionale, affidandone l'organizzazione ad un ufficio dell'amministrazione scolastica periferica. L'ufficio che ha curato lo svolgimento delle procedure concorsuali provvede anche all'approvazione delle relative graduatorie e all'assegnazione della sede ai vincitori. I conseguenti contratti di assunzione a tempo indeterminato sono stipulati dal dirigente dell'ufficio scolastico periferico della provincia nella quale ha sede l'Accademia o il Conservatorio di assegnazione". 3. L'articolo 553 del testo unico e' sostituito dal seguente: "Art. 553. - (Graduatorie permanenti). - 1. Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli dei responsabili amministrativi sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui all'articolo 551, comma 4. 2. Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l'inserimento di coloro che hanno superato le prove dell'ultimo concorso per titoli ed esami e di coloro che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente all'inserimento dei nuovi aspiranti e' effettuato l'aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono gia' compresi nella graduatoria permanente. 3. Le operazioni di cui al comma 2 sono effettuate secondo le modalita' definite dal regolamento di cui al comma 3 dell'articolo 401. 4. La collocazione nella graduatoria permanente non costituisce elemento valutabile nei corrispondenti concorsi per titoli ed esami. 5. Le graduatorie permanenti sono utilizzabili soltanto dopo l'esaurimento delle corrispondenti graduatorie compilate ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 1988, n. 246, e trasformate in graduatorie nazionali dall'articolo 8-bis del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 ottobre 1988, n. 426. 6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai responsabili amministrativi dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza. 7. Ai fini dell'inserimento nelle graduatorie permanenti del personale di cui al comma 6, le graduatorie concorsuali previste dall'articolo 552, comma 5-bis, sono ripartite in graduatorie provinciali".
4. L'indizione, lo svolgimento dei concorsi e le conseguenti assunzioni per l'accesso alla terza qualifica del personale ATA delle Accademie e dei Conservatori avvengono con le modalità di cui al comma 5-bis dell'articolo 552 del testo unico, inserito dalla lettera c) del comma 2 del presente articolo.
5. Il personale ATA del Conservatorio di musica di Trento è a carico della provincia di Trento.
6. Nella prima integrazione delle graduatorie permanenti di cui all'articolo 553 del testo unico, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, hanno titolo all'inclusione oltre al personale che chiede il trasferimento dalla corrispondente graduatoria di altra provincia:
a) coloro che siano in possesso dei requisiti richiesti dalle norme previgenti per la partecipazione ai soppressi concorsi per soli titoli;
b) coloro che abbiano superato le prove di un analogo precedente concorso per titoli ed esami e siano inseriti, alla data di entrata in vigore della presente legge, in una graduatoria per l'assunzione del personale non di ruolo. Si prescinde da quest'ultimo requisito per il personale che abbia superato le prove dell'ultimo concorso per titoli ed esami bandito anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Il regolamento di cui al comma 3 dell'articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 1 della presente legge, stabilisce anche le modalità della prima integrazione delle graduatorie permanenti.
8. Il personale che alla data di entrata in vigore della presente legge è inserito nelle graduatorie del concorso per soli titoli in due province, ferma restando tale collocazione, indica una delle due province ai fini dell'assunzione come supplente.
9. L'articolo 557 del testo unico e' sostituito dal seguente: "Art. 557. - (Concorsi riservati) - 1. Una quota del 30 per cento e, rispettivamente, del 40 per cento dei posti disponibili annualmente nelle dotazioni della seconda e terza qualifica di cui all'articolo 51 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto "Scuola", pubblicato nel supplemento ordinario n. 109 alla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1995, e' conferita agli impiegati di ruolo delle qualifiche immediatamente inferiori, che siano inseriti in graduatorie permanenti, periodicamente integrabili previo conseguimento di una idoneita' in appositi concorsi riservati. 2. Ai concorsi riservati di cui al comma 1 possono partecipare gli impiegati di ruolo delle qualifiche immediatamente inferiori anche se privi del titolo di studio richiesto per l'ammissione alla qualifica cui aspirano, purche' in possesso del titolo di studio richiesto per la qualifica di appartenenza e di una anzianita' di almeno cinque anni di servizio di ruolo o, a prescindere da tale anzianita', se in possesso del titolo di studio richiesto per la qualifica cui accedono, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 556, comma 4, per particolari attivita' tecniche o specialistiche. 3. I concorsi riservati per la seconda qualifica sono per esami. Gli esami consistono nelle due prove scritte e nel colloquio previsti dall'articolo 552 per i concorsi pubblici. 4. Il concorso riservato per la terza qualifica e' per titoli, integrato da una o piu' prove pratiche attinenti alle mansioni proprie del profilo professionale e del ruolo per cui il concorso viene indetto. 5. L'integrazione delle graduatorie permanenti di cui al comma 1 avviene mediante l'inserimento dei nuovi aspiranti risultati idonei nei concorsi riservati. 6. I concorsi riservati sono banditi dagli uffici dell'amministrazione scolastica periferica sulla base di una ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, con periodicita' quadriennale ovvero in caso di esaurimento delle graduatorie permanenti di cui al comma 1".
10. Le graduatorie dei concorsi riservati vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelle che saranno compilate a seguito delle procedure dei medesimi concorsi riservati in corso di svolgimento sono trasformate nelle graduatorie permanenti di cui all'articolo 557 del testo unico, come sostituito dal comma 9 del presente articolo.
11. I modelli viventi in possesso dei titoli di studio previsti dalla tabella I allegata al contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto «Scuola», pubblicato nel supplemento ordinario n. 109 alla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1995, per l'accesso rispettivamente alla III e IV qualifica del personale ATA, che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano prestato cinque anni di servizio anche non continuativo nelle Accademie di belle arti e nei licei artistici, sono inseriti, a domanda, sulla base dell'anzianità di servizio, in graduatorie ad esaurimento ai fini dell'assunzione in ruolo sui posti annualmente disponibili. L'inserimento nella graduatoria per la III qualifica è comunque subordinato al superamento di una prova di idoneità all'espletamento delle funzioni dello specifico profilo, i cui contenuti e modalità sono definiti con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione. All'onere derivante dallo svolgimento della predetta prova di idoneità si provvede entro il limite di spesa di cui all'articolo 2, comma 4. I modelli viventi in possesso dei requisiti di servizio di cui al presente comma sono assunti, nei limiti del fabbisogno annuale, con contratto di durata annuale per un numero di ore compreso tra le dieci e le venti settimanali. L'ulteriore fabbisogno di modelli viventi nelle Accademie di belle arti e nei licei artistici è soddisfatto mediante il ricorso a contratti di prestazione d'opera. I modelli viventi che siano stati inclusi, ai sensi del presente comma, nelle graduatorie ad esaurimento per l'assunzione nei ruoli del personale ATA hanno titolo altresì, a domanda, alla precedenza nell'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato, da parte dei capi d'istituto delle Accademie di belle arti e dei licei artistici, nei corrispondenti profili professionali. Dalla data di entrata in vigore della presente legge l'articolo 275 del testo unico è abrogato. In sede nazionale verrà attivato un confronto fra amministrazione scolastica e organizzazioni sindacali sulle modalità di attuazione del presente comma.
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26/07/2017 n° 349
Area: Prassi, Circolari, Note
Ordinanza ingiunzione nei confronti di Istituto scolastico - 26 luglio 2017
Registro dei provvedimenti
n. 349 del 26 luglio 2017
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
RILEVATO che, a seguito di una segnalazione pervenuta all'Autorità in data 23 luglio 2013, con cui veniva lamentato che l'Istituto scolastico "Andrea Mantegna" di Brescia (di seguito "Istituto scolastico"), in occasione della pubblicazione degli esiti degli esami dell'anno scolastico 2012-2013, aveva diffuso la dicitura "non idoneo" nella colonna del tabellone relativa ad una studentessa con Piano educativo individualizzato (cd. P.E.I.) accanto all'indicazione di una votazione di esame superiore a quella prevista per il superamento dell'esame stesso, l'Ufficio avviava un'istruttoria preliminare diretta a verificare i presupposti normativi che avrebbero legittimato la differenziazione nelle modalità di pubblicazione degli esiti scolastici;
RILEVATO, inoltre, che nel corso di un accertamento preliminare condotto dall'Ufficio, è emerso che l'Istituto scolastico ha pubblicato sul proprio sito istituzionale gli elenchi nominativi degli alunni, distinti per classe;
VISTO il verbale n. 13096/88019 del 4 maggio 2015, con cui sono state contestate all'Istituto scolastico "A. Mantegna", con sede in Brescia, via Fura n. 96, C.F. 98092990179, in persona del legale rappresentante pro-tempore, due distinte violazioni amministrative ai sensi dell'art. 162, comma 2-bis, del Codice, in relazione all'art. 22, comma 8, del medesimo Codice, per aver effettuato una diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute dell'interessato, e in relazione all'art. 19, comma 3, per aver pubblicato i dati personali degli studenti in assenza di una norma di legge o di regolamento che espressamente la preveda, informandolo della facoltà di effettuare il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della legge 24 novembre 1981 n. 689;
RILEVATO che dal rapporto predisposto ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, non risulta essere stati effettuati i pagamenti in misura ridotta;
VISTI gli scritti difensivi datati 3 giugno 2015, inviati ai sensi dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981 n. 689, con cui l'Istituto scolastico ha eccepito, in primo luogo, la titolarità del trattamento dei dati personali, in relazione alla pubblicazione degli esiti degli esami da cui si è originata la diffusione dei dati sensibili dell'interessato. Infatti, secondo l'Istituto scolastico poiché l'art. 3 del d.d.s. 19 marzo 2013 n. 2491 "al Presidente della Commissione spetta predisporre la documentazione ai fini dell'esposizione pubblica dei risultati", ne deriva che, nel caso in esame, "l'esposizione pubblica dei risultati è ascrivibile esclusivamente al Presidente della Commissione e, per esso, alla Regione, in nome e per conto della quale ha agito (…)". L'Istituto ha, poi, rilevato che "come si è documentato, i risultati degli esami (…) non riportano in alcun modo la dicitura "PEI" (piano educativo individualizzato) nè accanto al nominativo di alunni, né in calce, né altrove".
Con riguardo, invece, alla violazione dell'art. 19, comma 3, del Codice, inerente alla pubblicazione, sul proprio sito web, dei nominativi degli studenti distinti per classe, la parte ha rilevato che, "sebbene l'IIS si sia immediatamente uniformato alle indicazioni del Garante, non può non rilevare come la pubblicazione di tale indicazione non abbia avuto alcun carattere lesivo e debba essere ricondotta agli obblighi previsti dall'art. 32 della Legge n. 69/2009", che impone alle amministrazioni e agli enti pubblici la pubblicazione sui propri siti informatici degli atti e dei provvedimenti amministrativi, tra cui rientra l'atto con cui si dispone la suddivisione degli alunni per classi;
LETTO il verbale di audizione, svoltasi in data 11 aprile 2016, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 689/1981, con cui la parte ha ribadito quanto già dichiarato nelle memorie difensive, precisando che la pubblicazione on line degli elenchi nominativi degli studenti iscritti è avvenuta sulla base di un idoneo presupposto normativo, individuato nell'art. 3 del D.P.R. n. 81/2009;
RITENUTO che le argomentazioni addotte risultano in parte idonee ad escludere la responsabilità della parte in relazione a quanto contestato. In particolare, con riferimento alla violazione dell'art. 22, comma 8, del Codice, si osserva che, al di là dell'attribuzione di responsabilità per l'avvenuta diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute dell'interessato, che deve essere in ogni caso ricondotta all'Istituto scolastico (e non al Presidente della Commissione di esame, come sostenuto dalla parte), il rilievo, oggetto della violazione, consiste nell'aver affisso nella bacheca scolastica la dicitura "non idoneo" accanto a una valutazione di esame superiore a quella richiesta per il superamento dello stesso, e non la dicitura P.E.I., relativa al piano educativo individualizzato, come invece è stato erroneamente riportato nel verbale di contestazione del 4 maggio 2015. Pertanto, sebbene la modalità di pubblicazione degli esiti degli esami adottata dall'Istituto scolastico sia idonea a rivelare lo stato di salute degli interessati, e quindi illecita, il procedimento sanzionatorio relativo a tale rilievo deve essere archiviato per la suesposta motivazione.
RITENUTO, pertanto, di dover archiviare il procedimento sanzionatorio relativo alla violazione dell'art. 22, comma 8, del Codice;
CONSIDERATO, inoltre, che l'avvenuta diffusione degli elenchi nominativi degli alunni, distinti per classe, rilevata ex officio dal Garante, è stata già oggetto di esame da parte dell'Autorità, la quale si è espressa nel senso di dichiarare tale operazione di trattamento di dati personali illecita, perché effettuata in assenza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda ai sensi dell'art. 19, comma 3, del Codice (doc. web n. 2217211, in www.garanteprivacy.it). In particolare, si rileva che la disciplina normativa a cui l'Istituto scolastico fa riferimento nelle proprie memorie difensive (d.P.R. n. 81/2009, recante "Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola") stabilisce, tra l'altro, i criteri e i parametri da osservare ai fini della formazione delle classi scolastiche, ma non contiene alcuna disposizione in merito alla pubblicazione degli elenchi così formati. Inoltre, non può essere condivisa l'argomentazione della parte secondo la quale la pubblicazione in questione è stata effettuata per adempiere alle funzioni istituzionali di cui al d.lgs. n. 69/2009. Infatti, tale normativa ha previsto, per la parte che qui interessa, che gli obblighi a carico delle pubbliche amministrazioni di provvedere alla pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetti di pubblicità legale, siano assolti mediante pubblicazione degli stessi atti nei siti internet degli stessi enti. In ogni caso, nell'adempimento di tale obbligo, le pubbliche amministrazioni devono preliminarmente verificare che una norma di legge o di regolamento preveda tale possibilità, fermo restando il generale divieto di diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute (art. 22, comma 8, del Codice). Peraltro, in proposito l'Autorità ha fornito puntuali indicazioni tramite apposite linee guida (provvedimenti datati 19 aprile 2007, 2 marzo 2011 e, da ultimo, 15 maggio 2014 in www.garanteprivacy.it, doc. web nn.rr 1407101, 1793203 e 3134436). Pertanto, si conferma che la pubblicazione sul sito istituzionale dell'Istituto scolastico degli elenchi nominativi degli studenti è avvenuto in assenza di un idoneo presupposto normativo. Non assume rilievo, infine, ai fini dell'archiviazione del rilievo, la considerazione che tale pubblicazione non abbia avuto carattere lesivo per gli interessati;
RILEVATO, pertanto, che l'Istituto scolastico (omissis) ha effettuato una diffusione di dati personali in assenza di idonei presupposti normativi, in violazione di quanto disposto dall'art. 19, comma 3, del Codice;
VISTO l'art. 162, comma 2-bis, del Codice che punisce la violazione delle disposizioni indicate nell'art. 167 del medesimo Codice (tra cui l'art. 19) con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro;
RITENUTO che ricorrono le condizioni per applicare l'art. 164-bis, comma 1, del Codice che prevede che, se taluna delle violazioni di cui agli art. 161, 162-ter, 163 e 164 è di minore gravità, i limiti minimi e massimi stabiliti negli stessi articoli sono applicati in misura pari a due quinti;
VISTA la legge 24 novembre 1981 n. 689, e successive modificazioni e integrazioni;
CONSIDERATO che, ai fini della determinazione dell'ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto, ai sensi dell'art. 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689, dell'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, della gravità della violazione, della personalità e delle condizioni economiche del contravventore e che, pertanto, l'ammontare della sanzione pecuniaria deve essere quantificato in euro 4.000,00 (quattromila);
VISTA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni dell'Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000, adottato con deliberazione del 28 giugno 2000;
RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;
DISPONE
l'archiviazione del procedimento sanzionatorio relativo alla contestazione della violazione amministrativa di cui all'art. 162, comma 2-bis, del Codice, in relazione all'art. 22, comma 8, nei termini di cui in motivazione;
ORDINA
all'Istituto scolastico (omissis), con sede in Brescia, (omissis), in persona del legale rappresentante pro-tempore, di pagare la somma di euro 4.000,00 (quattromila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione prevista dall'art. 162, comma 2-bis, del Codice, come indicato in motivazione, per aver effettuato una diffusione di dati personali in assenza di idonei presupposti normativi;
INGIUNGE
al medesimo di pagare la somma di euro 4.000,00 (quattromila) secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l'adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall'art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.
Roma, 26 luglio 2017
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Bianchi Clerici
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia
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n° 12
Area: Normativa
1. Il titolare del trattamento adotta misure appropriate per fornire all'interessato tutte le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 e le comunicazioni di cui agli articoli da 15 a 22 e all'articolo 34 relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, in particolare nel caso di informazioni destinate specificamente ai minori. Le informazioni sono fornite per iscritto o con altri mezzi, anche, se del caso, con mezzi elettronici. Se richiesto dall'interessato, le informazioni possono essere fornite oralmente, purché sia comprovata con altri mezzi l'identità dell'interessato.
2. Il titolare del trattamento agevola l'esercizio dei diritti dell'interessato ai sensi degli articoli da 15 a 22. Nei casi di cui all'articolo 11, paragrafo 2, il titolare del trattamento non può rifiutare di soddisfare la richiesta dell'interessato al fine di esercitare i suoi diritti ai sensi degli articoli da 15 a 22, salvo che il titolare del trattamento dimostri che non è in grado di identificare l'interessato.
3. Il titolare del trattamento fornisce all'interessato le informazioni relative all'azione intrapresa riguardo a una richiesta ai sensi degli articoli da 15 a 22 senza ingiustificato ritardo e, comunque, al più tardi entro un mese dal ricevimento della richiesta stessa. Tale termine può essere prorogato di due mesi, se necessario, tenuto conto della complessità e del numero delle richieste. Il titolare del trattamento informa l'interessato di tale proroga, e dei motivi del ritardo, entro un mese dal ricevimento della richiesta. Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, le informazioni sono fornite, ove possibile, con mezzi elettronici, salvo diversa indicazione dell'interessato.
4. Se non ottempera alla richiesta dell'interessato, il titolare del trattamento informa l'interessato senza ritardo, e al più tardi entro un mese dal ricevimento della richiesta, dei motivi dell'inottemperanza e della possibilità di proporre reclamo a un'autorità di controllo e di proporre ricorso giurisdizionale.
5. Le informazioni fornite ai sensi degli articoli 13 e 14 ed eventuali comunicazioni e azioni intraprese ai sensi degli articoli da 15 a 22 e dell'articolo 34 sono gratuite. Se le richieste dell'interessato sono manifestamente infondate o eccessive, in particolare per il loro carattere ripetitivo, il titolare del trattamento può:
a) addebitare un contributo spese ragionevole tenendo conto dei costi amministrativi sostenuti per fornire le informazioni o la comunicazione o intraprendere l'azione richiesta; oppure
b) rifiutare di soddisfare la richiesta.
Incombe al titolare del trattamento l'onere di dimostrare il carattere manifestamente infondato o eccessivo della richiesta.
6. Fatto salvo l'articolo 11, qualora il titolare del trattamento nutra ragionevoli dubbi circa l'identità della persona fisica che presenta la richiesta di cui agli articoli da 15 a 21, può richiedere ulteriori informazioni necessarie per confermare l'identità dell'interessato.
7. Le informazioni da fornire agli interessati a norma degli articoli 13 e 14 possono essere fornite in combinazione con icone standardizzate per dare, in modo facilmente visibile, intelligibile e chiaramente leggibile, un quadro d'insieme del trattamento previsto. Se presentate elettronicamente, le icone sono leggibili da dispositivo automatico.
8. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 92 al fine di stabilire le informazioni da presentare sotto forma di icona e le procedure per fornire icone standardizzate.
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16/08/2017 n° 1622
Area: Prassi, Circolari, Note
Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
All'Ufficio speciale di lingua slovena
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana di Bolzano
All'Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
All'Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine di Bolzano
Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia di TRENTO
Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D'Aosta
Alle Istituzioni scolastiche statali e paritarie
Alle scuole private non paritarie
ep.c.
Al Capo di Gabinetto
Al Capo Segreteria Tecnica del Ministro
Alle Direzioni Generali del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Ministero della salute Ufficio di Gabinetto
LORO SEDI
Oggetto: Prime indicazioni operative alle istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione per l'applicazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 20l7, n. 119,recante "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci".
Il decreto-legge in oggetto, come modificato in sede di conversione, intervenendo sull'obbligatorietà delle vaccinazioni, assicura a tutta la popolazione, in maniera omogenea sul territorio nazionale, la prevenzione, il contenimento e la riduzione dei rischi per la salute personale e pubblica. L'estensione della vaccinazione rappresenta, pertanto, un progresso alla cui realizzazione hanno collaborato il Parlamento e il Governo assicurando, fra l'altro, in sede di conversione del decreto-legge, che le istituzioni scolastiche possano contribuire alla tutela della salute collettiva, nell'ambito delle proprie competenze e nel pieno rispetto del diritto all'istruzione.
Come noto il decreto-legge, nella sua legge di conversione, non cambia la normativa vigente in merito all'accesso al servizio dell'istruzione, poiché l'articolo 100 del Testo Unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994già subordinava l'ammissione alla scuola dell'infanzia alla presentazione della certificazione di talune vaccinazioni, inoltre, l'art. 117 del medesimo Testo Unico disponeva che all'atto della prima iscrizione fosse presentata la certificazione delle vaccinazioni allora obbligatorie.
L'articolo 3-bis del decreto-legge, aggiunto in sede di conversione, prevede, inoltre, una importante procedura di semplificazione per cui, a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, le ASL, ricevuto dalle scuole l'elenco degli iscritti sino a sedici anni di età, restituiranno l'indicazione di coloro che eventualmente non risultino in regola con gli adempimenti vaccinali. Le istituzioni scolastiche, pertanto, non dovranno più acquisire, direttamente, per tutti gli iscritti dei vari gradi di istruzione, le certificazioni in merito alle vaccinazioni effettuate.
Sino all'anno scolastico 2018/2019 valgono le modalità transitorie illustrate nel seguito del presente documento, fermo restando che eventuali semplificazioni potranno essere previste, tanto per le famiglie quanto per le istituzioni scolastiche, eventualmente già dall'anno scolastico 2017/2018 a seguito di accordi tra gli Uffici Scolastici Regionali, le Regioni e, per loro tramite, le Aziende Sanitarie Locali, nel rispetto della normativa sulla privacy, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, e delle disposizioni della legge di conversione del decreto-legge.
Il decreto-legge, come modificato in sede di conversione, all'art. 1 commi l e l-bis, estende a dieci il novero delle vaccinazioni obbligatorie e gratuite per i minori di età compresa tra zero e sedici anni, come da sotto riportato elenco:
• Anti-poliomielitica;
• Anti-difterica
• Anti-tetanica
• Anti-epatite B
• Anti-pertosse
• Anti-Haemophilus injluenzae tipo B
• Anti-morbillo
• Anti-rosolia
• Anti-parotite
• Anti-varicella
Inoltre il decreto, all'art. 1, co. l-quater, dispone l'obbligo per le Regioni di assicurare l'offerta attiva e gratuita, per i minori di età compresa tra O e 16 anni, anche di altre 4 vaccinazioni (1) non obbligatorie.
Ai fini dell'attuazione delle disposizioni del decreto-legge, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni operative.
All'obbligo si adempie secondo le indicazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita. Il calendario vaccinale è reperibile sul sito istituzionale del Ministero della Salute, al link: www.salute.gov.it/vaccini
Le istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione e le scuole private non paritarie acquisiscono la documentazione concernente l'obbligo vaccinale, segnalano all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) di competenza l'eventuale mancata presentazione di tale documentazione e adottano le misure relative alla composizione delle classi.
Per completezza di informazione si precisa che tali obblighi sono a carico, oltre che dei dirigenti scolastici, anche dei responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale.
(1) Anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus
Adempimenti relativi agli obblighi vaccinali
I dirigenti scolastici, all'atto dell'iscrizione, richiedono ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni, ivi compresi i minori stranieri non accompagnati, la presentazione di dichiarazioni o documenti atti a comprovare l'adempimento degli obblighi vaccinali.
Al fine di attestare l'effettuazione delle vaccinazioni, potrà essere presentata una dichiarazione sostituiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da compilare utilizzando l'allegato l.
In alternativa alla dichiarazione sostitutiva sopra citata, potrà essere presentata idonea documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (ad es. attestazione delle vaccinazioni effettuate rilasciata dall'ASL competente o certificato vaccinale ugualmente rilasciato dall'ASL competente o copia del libretto vaccinale vidimato dall'ASL, in quest'ultimo caso, i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni dovranno verificare che la documentazione prodotta non contenga informazioni ulteriori oltre a quelle strettamente indispensabili per attestare l'assolvimento degli adempimenti vaccinali previsti dal decreto-legge). Ancora, con riferimento all'art. 3, commi l e l-bis, potrà essere prodotta copia di formale richiesta di vaccinazione alla ASL territorialmente competente; detta vaccinazione dovrà essere effettuata entro la fine dell'anno scolastico di cui trattasi. La presentazione della richiesta può essere eventualmente dichiarata, in alternativa, avvalendosi dello stesso modello di dichiarazione sostitutiva (allegato l).
In caso, viceversa, di esonero, omissione o differimento delle vaccinazioni, potranno essere presentati uno o più dei seguenti documenti, rilasciati dalle autorità sanitarie competenti:
a) attestazione del differimento o dell'omissione delle vaccinazioni per motivi di salute redatta dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta del Servizio Sanitario Nazionale (art. l, co. 3);
b) attestazione di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale rilasciata dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta del SSN o copia della notifica di malattia infettiva rilasciata dalla azienda sanitaria locale competente ovvero verificata con analisi sierologica (art. 1,co. 2);
Per l'anno scolastico 2017-2018, la suddetta documentazione deve essere presentata alle Istituzioni scolastiche, ivi incluse quelle private non paritarie:
- entro il 10 settembre 2017 per le bambine e i bambini della scuola dell'infanzia e delle sezioni primavera;
- entro il 31 ottobre 2017 per tutti gli altri gradi di istruzione.
Si precisa che la documentazione di cui sopra deve essere acquisita, nei tempi sopra indicati, anche per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, già frequentanti l'istituzione scolastica.
La mancata presentazione della documentazione dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla ASL territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati.
Per l'anno scolastico 2017-2018, in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva (come da allegato 1) la documentazione comprovante l'adempimento degli obblighi vaccinali dovrà essere consegnata all'Istituzione scolastica, entro il 10 marzo 2018.
La mancata presentazione della documentazione dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla ASL territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati.
Per l'anno scolastico 2018-2019, la documentazione dovrà essere prodotta dai genitori, dai tutori o dai soggetti affidatari, all'atto dell'iscrizione del minore; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva il termine per la consegna della documentazione comprovante l'adempimento degli obblighi vaccinali è fissato al 10 luglio 2018.
Per le iscrizioni alle classi prime dell'a.s. 2018/2019, in occasione dell'emanazione della relativa circolare, verranno fomite specifiche indicazioni operative, anche riguardo alla possibilità di rendere la dichiarazione sostitutiva contestualmente all'iscrizione on line.
Come già detto, a decorrere dall'anno scolastico 2019-2020, per le istituzioni scolastiche la procedura di acquisizione della documentazione vaccinale sarà semplificata attraverso l'invio degli elenchi degli iscritti a scuola alla ASL territorialmente competente come da art. 3-bis del citato decreto.
Scuole dell'infanzia e sezioni primavera ivi incluse quelle private non paritarie
Dall'anno scolastico 2017-18 la presentazione della documentazione vaccinale entro il 10 settembre 2017 (art. 5, co. 1) costituisce requisito di accesso alle scuole dell'infanzia e alle sezioni primavera (art. 3 co. 3).
A norma del combinato disposto dell'art. 1, co. 4 e dell'art. 3, commi l, 2 e 3, decorso tale termine, entro i successivi IO giorni, i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, comunicano alla ASL la mancata presentazione della idonea documentazione e i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni saranno invitati a regolarizzare la propria posizione per consentire l'accesso ai servizi.
A decorrere dall'anno scolastico 2019-2020 la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti determinerà la decadenza dall'iscrizione delle scuole dell'infanzia e delle sezioni primavera (art. 3-bis, co. 5).
Altri gradi di istruzione
In caso di mancata osservanza della presentazione dell'idonea documentazione entro i termini stabiliti dalla legge sopra richiamati, il dirigente scolastico, o il responsabile del servizio, nei successivi 10 giorni, effettua la segnalazione all'azienda sanitaria locale (art. 3, commi 2 e 3) al fine di attivare quanto previsto dall'art. 1, co. 4. In ogni caso la mancata presentazione della documentazione, nei termini previsti, non determina la decadenza dell'iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.
Formazione delle classi
L'art. 4, co. 1,del decreto-legge prevede che i dirigenti delle istituzioni scolastiche, o i responsabili del servizio, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di formazione delle classi e fatta salva la segnalazione alla ASL competente, inseriscano, di norma, i minori che si trovino nelle condizioni di omissione o differimento delle vaccinazioni per accertato pericolo per la salute, in classi nelle quali siano presenti solo minori vaccinati o immunizzati.
Tale principio generale, a tutela dei minori non vaccinabili per motivi di salute, deve essere applicato tenendo conto delle specifiche problematiche di carattere organizzativo riferibili alla strutturazione dei percorsi di studio, al numero e alla composizione delle classi, alla continuità didattica e pedagogica dei gruppi classe, all'organizzazione dell'offerta formativa, alla distribuzione del servizio sul territorio e a tutti quegli aspetti inerenti la tutela del diritto allo studio.
Ai sensi dell'art. 4, co. 2, del decreto-legge i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, comunicheranno alla ASL competente, entro il 31 ottobre di ogni anno, i casi in cui nella stessa classe siano presenti più di due minori non vaccinati.
Per l'anno scolastico 2017/2018 per le classi della scuola primaria, secondaria di primo e di secondo grado, tenuto conto che la documentazione comprovante gli adempimenti vaccinali può essere presentata entro il 31 ottobre 2017 e, quindi successivamente alla formazione delle classi, non può trovare applicazione la presente disposizione normativa.
Operatori scolastici
L'art. 3, co. 3-bis, del decreto-legge dispone che, entro il 16 novembre 2017, gli operatori scolastici presentino alle Istituzioni scolastiche presso le quali prestano servizio una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, comprovante la propria situazione vaccinale, utilizzando il modello di cui all'allegato 2.
Comunicazione con le famiglie e informazione
Data l'imminenza dell'avvio del nuovo anno scolastico, si invitano i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, a dare tempestiva informazione in merito alla presentazione della documentazione vaccinale, in particolare, circa le indicazioni dettate per l'a.s. 20l7/2018, utilizzando il sito web della scuola ed eventuali altri canali comunemente usati nei rapporti scuola famiglia.
Al fine di informare le famiglie In merito all'applicazione dei nuovi obblighi vaccinali, il Ministero della Salute ha messo a disposizione il numero verde 1500e un'area dedicata sul sito istituzionale all'indirizzo www.salute.gov.it/vaccini
Inoltre, come previsto dall'articolo 2 del decreto-legge, il Ministero della Salute promuove iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni concernenti l'obbligo vaccinale.
Il Ministero della Salute e il MIUR, per l'anno scolastico 2017/2018, avvieranno anche iniziative di informazione per il personale scolastico ed educativo nonché di formazione rivolto alle alunne e agli alunni, alle studentesse e agli studenti sui temi della prevenzione sanitaria e in particolare delle vaccinazioni, anche con il coinvolgimento delle associazioni dei genitori e delle associazioni di categoria delle professioni sanitarie. Di tali iniziative si darà tempestiva informazione tramite gli Uffici Scolastici Regionali e gli altri canali istituzionali.
Le istituzioni scolastiche potranno rivolgersi direttamente al Ministero della Salute attraverso un apposito indirizzo mail (infovaccini@sanita.it), tramite il quale personale medico fornirà risposte ai quesiti formulati.
Il MIUR, inoltre, ha istituito il seguente indirizzo mail (infovaccini@istruzione.it) dedicato ai dirigenti scolastici, o ai responsabili del servizio, per eventuali richieste di chiarimenti.
Trattamento dei dati
Le Istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione possono trattare esclusivamente i dati personali, anche sensibili, relativi all'adempimento, differimento, esonero o omissione dell'obbligo vaccinale che siano indicati nella documentazione prevista negli articoli 3, 3-bis e 4 del decreto-legge richiamata nella presente nota. Analogamente, tali dati personali, compreso quelli degli operatori scolastici, possono essere oggetto delle sole operazioni di trattamento e comunicazione strettamente indispensabili per assolvere agli adempimenti previsti dal decreto-legge e, in particolare, a quelli di segnalazione nei confronti delle aziende sanitarie locali. Le modalità e i tempi di acquisizione della comunicazione e del trasferimento diretto, tra amministrazioni, dei dati personali, relativi all'adempimento dell'obbligo vaccinale, devono essere quelli previsti dalla legge di conversione del decreto-legge.
Il Capo Dipartimento
Rosa De Pasquale
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10/10/2008 n° 83
Area: Prassi, Circolari, Note
IL MINISTRO
VISTA la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio”;
VISTO l’art. 1-bis, comma 2, del decreto-legge 5 dicembre 2005 n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27;
VISTO il decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, "Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244", istitutivo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121;
VISTO il decreto ministeriale 29 novembre 2007, n. 267, Regolamento recante “Disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento”, che prevede l’emanazione di apposite Linee guida di attuazione;
CONSIDERATO che occorre dare esecuzione al citato decreto ministeriale n. 267/2007;
ADOTTA
le seguenti Linee guida per l’attuazione del decreto ministeriale contenente la disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento.
1 - IL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE
1.1 Il principio costituzionale della libertà di educazione trova realizzazione attraverso le scuole statali, le scuole riconosciute paritarie, ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, le scuole non paritarie di cui al Regolamento di cui al D.M. n. 263 del 29 novembre 2007 e le scuole straniere operanti sul territorio nazionale di cui al DPR 18 aprile1994, n. 389.
1.2 Ai sensi della legge 10 marzo 2000 n. 62 fanno parte del sistema nazionale di istruzione le scuole statali e le scuole riconosciute paritarie; entrambe le categorie, pertanto, assolvono ad un servizio pubblico.
1.3 Le scuole paritarie possono essere gestite da persone fisiche da enti con o senza personalità giuridica, senza fini di lucro o con fini di lucro (art. 1, comma 636, legge 27 dicembre 2006, n. 296).
1.4 Il sistema di norme citato (legge n. 62/2000, legge n. 27/2006 e Regolamenti di cui ai DD.MM.n. 263 e n. 267 del 29 novembre 2007) ridefinisce e disciplina l’intera materia e il relativo quadro di riferimento. Di conseguenza debbono intendersi superati e non più operanti gli istituti della presa d’atto, del riconoscimento legale e dell’autorizzazione al funzionamento. La validità e durata - sotto profili non educativi, ad esempio per l’esenzione fiscale - di tali riconoscimenti ancora in essere sono regolati dalle determinazioni degli Uffici Finanziari.
1.5 Le presenti Linee guida definiscono le modalità di presentazione delle richieste di riconoscimento della parità scolastica e le condizioni per il mantenimento di tale status da parte delle scuole già riconosciute quali paritarie. Le disposizioni contenute in precedenti provvedimenti amministrativi, non incluse nelle presenti Linee guida, devono intendersi sostituite e non più applicabili.
1.6 In materia di parità le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le loro attribuzioni ai sensi dei rispettivi Statuti speciali e relative norme di attuazione.
1.7 Alle scuole paritarie si applicano le norme generali dell’istruzione, oltre alle specifiche norme previste dalle leggi e dai sopra citati regolamenti.
2 - LE SCUOLE PARITARIE
2.1 Sono definite “scuole paritarie” le istituzioni scolastiche che, a partire dalla scuola dell’infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell’istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000, n. 62.
2.2 Può essere riconosciuta la parità sia a singole istituzioni scolastiche sia a complessi scolastici costituiti da scuole appartenenti anche a gradi, ordini o tipologie diversi, operanti in un’unica sede o in un ambito territoriale compatibile con la continuità dei corsi, sempre comunque all’interno della stessa regione, fatta salva l’attribuzione di uno specifico codice meccanografico a ciascuna istituzione scolastica facente parte del complesso scolastico riconosciuto.
2.3 Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola.
2.4 Il gestore, persona fisica o ente con o senza personalità giuridica, è garante dell’identità culturale e del progetto educativo della scuola, ed è responsabile della conduzione dell’istituzione scolastica nei confronti degli studenti, delle famiglie, della società e dell’Amministrazione.
2.5 Il gestore dell’ente, persona fisica o rappresentante legale, deve essere in possesso della cittadinanza italiana o quella di un Paese membro dell’Unione Europea, nonché del godimento dei diritti politici in Italia o nel proprio Paese.
2.6 Le scuole paritarie, in quanto parte del sistema nazionale di istruzione, sono tenute a partecipare alle iniziative di verifica dei livelli di apprendimento e di valutazione previste per il sistema nazionale di istruzione e organizzate dall’Istituto Nazionale per la valutazione del sistema scolastico (INVALSI).
2.7 Il gestore ha l’obbligo di informare puntualmente gli studenti e i genitori, dal momento dell’iscrizione in poi, dello stato di scuola paritaria, inclusa la eventuale perdita di tale status.
3 - L’ISTANZA PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PARITÀ
3.1 Ai fini del riconoscimento della parità le scuole devono essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 1, commi 4 e 4-bis, dalla legge n. 62/2000. Il gestore, persona fisica o, nel caso di ente pubblico o privato, il rappresentante legale, deve documentare il possesso dei requisiti di cui all’articolo 353 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297 e precisamente: a. di essere cittadino italiano; b. di aver compiuto il trentesimo anno di età; c. di essere in possesso dei necessari requisiti professionali e morali. A tal fine sono equiparati ai cittadini dello Stato gli italiani non appartenenti alla Repubblica. È fatta salva l’applicazione della normativa comunitaria sulla equiparazione, per quanto concerne l’apertura e la gestione di istituzioni scolastiche, ai cittadini ed enti italiani dei cittadini ed enti degli Stati membri dell’Unione Europea.
3.2 L’istanza di riconoscimento della parità è presentata dal soggetto gestore o, nel caso di ente pubblico o privato, dal rappresentante legale. La domanda presentata da Ente ecclesiastico deve essere corredata del nulla-osta della competente autorità ecclesiastica. La domanda presentata da Ente locale o Regione deve recare il relativo atto deliberativo, adottato secondo il rispettivo ordinamento.
3.3 L’istanza di riconoscimento della parità può essere inoltrata: a. per le scuole già funzionanti come scuole non paritarie; b. per le scuole il cui avvio è previsto all’inizio dell’anno scolastico successivo a quello dell’inoltro della richiesta. Il funzionamento, fatta eccezione per la scuola dell’infanzia, deve essere attivato con corsi completi o, a partire dalla prima classe, in vista dell’istituzione dell’intero corso.
3.4 Con l’istanza di riconoscimento, da inoltrare entro il 31 marzo dell’anno scolastico precedente quello da cui decorrono gli effetti della parità, il gestore o il rappresentante legale della gestione deve dichiarare, sotto la propria responsabilità:
a. i dati relativi al proprio status giuridico nonché il possesso dei requisiti previsti dall’articolo 353 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
b. l’impegno ad adottare un bilancio della scuola conforme alle regole della pubblicità vigenti per la specifica gestione e comunque accessibile a chiunque nella scuola vi abbia un interesse qualificato; il bilancio deve indicare chiaramente l’eventuale finanziamento parziale da parte dello Stato;
c. l’impegno ad istituire nella scuola organi collegiali improntati alla partecipazione democratica;
d. l’impegno ad applicare le norme vigenti in materia di inserimento di studenti con disabilità, con difficoltà specifiche di apprendimento o in condizioni di svantaggio;
e. l’impegno ad accogliere l’iscrizione alla scuola di chiunque ne accetti il progetto educativo, sia in possesso di un titolo di studio valido per l’iscrizione alla classe che intende frequentare ed abbia una età non inferiore a quella prevista dai vigenti ordinamenti scolastici;
f. l’impegno a costituire corsi completi, fatta eccezione per le scuole dell’infanzia;
g. l’impegno ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l’insegnamento impartito;
h. l’impegno ad utilizzare un coordinatore delle attività educative e didattiche in possesso di titoli culturali o professionali indicati nel successivo punto 6.7;
i. l’impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche e contratti di lavoro individuali conformi ai contratti collettivi nazionali di categoria per il personale docente della scuola e a rispettare il limite previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 2000, n. 62. È fatta eccezione per il personale religioso che presta servizio nell’ambito della propria congregazione e per il clero diocesano che presta servizio nell’ambito di strutture gestite dalle Diocesi;
j. la qualificazione giuridica del soggetto gestore della scuola paritaria con la precisazione relativa all’essere un soggetto giuridico “con fini di lucro” o “senza fini di lucro”.
3.5 Per rendere efficace l’organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche con l’istanza di cui al punto 3.4 il gestore o il legale rappresentante della gestione si impegna a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad otto e in età non inferiore a quella prevista dai vigenti ordinamenti scolastici in relazione al titolo di studio da conseguire. Per le scuole dell’infanzia, fatte salve le deroghe previste dalla legge per particolari situazioni territoriali, il numero minimo di otto alunni va computato con riferimento agli alunni nel loro complesso senza riferimento alle sezioni attivate.
3.6 Alla domanda di riconoscimento deve essere allegata la seguente documentazione:
a. progetto educativo della scuola elaborato in armonia con i principi fondamentali della Costituzione;
b. linee essenziali del Piano dell’Offerta Formativa definito in conformità agli ordinamenti vigenti;
c. disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche idonei in relazione al tipo di scuola e conformi alle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza , in considerazione del numero degli alunni;
d. numero degli alunni iscritti (o previsti) a ciascuna classe o sezione, inclusi gli alunni con disabilità (con relativa documentazione specifica).
4 - IL RICONOSCIMENTO DELLA PARITÀ
4.1 L’Ufficio Scolastico Regionale verifica la completezza e la regolarità delle dichiarazioni e dei documenti prodotti dal gestore ai sensi del precedente paragrafo. A seguito degli esiti della verifica, alla quale possono concorrere anche le risultanze di eventuali visite ispettive, il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale competente per territorio conclude il procedimento, adottando motivato provvedimento di riconoscimento della parità o di diniego della stessa, entro il 30 giugno.
4.2 Il provvedimento di riconoscimento deve specificare per quale ordine e grado di scuola e per quali corsi è riconosciuta la parità ed ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico successivo a quello in cui è stata presentata la relativa domanda.
4.3 Per le scuole già paritarie, in caso di istituzione di corsi di indirizzi diversi o di corsi serali o di cessazione di corsi, il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale emana apposito decreto modificativo di quello originario.
4.4 In caso di trasferimento della sede scolastica in altra regione deve essere presentata nuova domanda di parità all’Ufficio Scolastico Regionale competente per territorio e, contestualmente, deve essere inviata comunicazione di cessazione dell’attività della scuola paritaria all’Ufficio Scolastico Regionale di provenienza.
4.5 Il provvedimento di riconoscimento deve contenere l’obbligo del gestore ad inserire e ad aggiornare tempestivamente tutti i dati riportati nell’anagrafe delle scuole paritarie, nelle rilevazioni integrative, degli esiti degli esami, dell’anagrafe degli alunni, relativamente alle scuole del primo e secondo ciclo, e ogni altra rilevazione di dati che l’Amministrazione decida di attivare.
4.6 In caso di sdoppiamento di un corso già funzionante il gestore deve chiedere entro 30 giorni dal termine ultimo annualmente stabilito per l’iscrizione degli alunni, l’estensione del riconoscimento della parità alle nuove classi, a partire dalla prima e con prospettiva di completamento del corso. Ai sensi dell’art. 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62, la parità, di norma, non può essere riconosciuta a singole classi.
4.7 Per le classi iniziali e intermedie il gestore può chiedere all’Ufficio Scolastico Regionale, entro l’avvio dell’anno scolastico, l’autorizzazione allo sdoppiamento di classi dovuto a nuovi iscritti o a ripetenti che non possono essere integrati nelle classi esistenti.
4.8 Per le classi terminali della scuola secondaria superiore il gestore può chiedere, con adeguata motivazione, entro l’avvio dell’anno scolastico, l’autorizzazione al Direttore scolastico regionale per una sola classe collaterale qualora gli studenti neo iscritti non possano essere inseriti nelle classi esistenti.
5 - IL MANTENIMENTO DELLA PARITÀ
5.1 Gli Uffici Scolastici Regionali accertano, a norma dell’art. 1, comma 6 della legge 10 marzo 2000, n. 62, la permanenza dei requisiti prescritti mediante periodiche verifiche.
5.2 Il gestore o il rappresentante legale, entro il 30 settembre di ogni anno scolastico, deve dichiarare al competente Ufficio Scolastico Regionale, la permanenza del possesso dei requisiti richiesti dalle norme vigenti.
5.3 La scuola paritaria è tenuta a comunicare, nelle forme che saranno indicate dagli USR entro il termine di cui al precedente comma:
a) i dati relativi al coordinatore delle attività educative e didattiche (titoli culturali e professionali e curriculum vitae) e ai docenti (titoli professionali e abilitazioni);
b) il numero delle sezioni, delle classi e degli alunni frequentanti;
c) l’avvenuta attivazione degli organi collegiali;
d) la delibera dei competenti organi collegiali di adozione del POF, che deve essere conservato agli atti della scuola.
Nelle forme e nei tempi definiti dal Ministero le scuole paritarie sono tenute a comunicare, come le scuole statali, i nominativi dei propri studenti al fine della compilazione e dell’aggiornamento dell’Anagrafe nazionale degli studenti.
5.4 In caso di mancata osservanza delle prescrizioni di cui ai commi 2 e 3, ovvero di irregolarità di funzionamento, l’Ufficio Scolastico Regionale invita la scuola interessata, mediante comunicazione formale, a provvedere alle dovute regolarizzazioni entro il termine perentorio di 30 giorni. Scaduto il predetto termine senza che la scuola abbia provveduto, l’Ufficio Scolastico Regionale dispone gli opportuni accertamenti e adotta successivamente i provvedimenti consequenziali. Ai fini di cui al presente comma, per irregolarità di funzionamento sono da intendersi tutte quelle correlate con la carente rispondenza delle situazioni di fatto ai requisiti previsti dall’articolo 1, comma 4, della legge n. 62/2000, alle disposizioni del regolamento n. 267/07, nonché alle disposizioni vigenti in materia di esami di Stato. Ai fini di cui all’art. 4 del Regolamento di cui al D.M. 29 novembre 2007, n. 267, a partire dall’a.s. 2008/09, costituisce grave irregolarità di funzionamento la presenza per più di due anni di classi composte da un numero di alunni inferiore ad otto.
5.5 Il gestore o il rappresentante legale è tenuto a comunicare e documentare tempestivamente all’Ufficio Scolastico Regionale la perdita di uno o più requisiti in base ai quali è stata riconosciuta la parità scolastica.
5.6 Il trasferimento della sede scolastica deve essere comunicato tempestivamente e deve essere oggetto di provvedimento di modifica del riconoscimento della parità da parte del Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale competente per territorio, previo accertamento, per la nuova sede, dell’idoneità dei locali e della loro conformità alla normativa vigente.
5.7 L’Ufficio Scolastico Regionale accerta comunque la permanenza dei requisiti prescritti, di cui all’articolo 1, mediante apposite verifiche ispettive. Gli oneri riferiti all’attività ispettiva posta in essere per il riconoscimento della parità e per il suo mantenimento sono a carico dell’Ufficio Scolastico Regionale.
5.8 Nel caso in cui sia accertata la sopravvenuta carenza di uno o più dei requisiti richiesti, l’Ufficio Scolastico Regionale invita la scuola a ripristinare il requisito o i requisiti mancanti, assegnando il relativo termine di norma non superiore a 30 giorni. Scaduto il termine assegnato senza che la scuola abbia provveduto a ripristinare il requisito o i requisiti prescritti, l’Ufficio Scolastico Regionale provvede alla revoca della parità.
5.9 Il riconoscimento alle scuole di nuova istituzione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 4 lettera f), secondo inciso della legge 10 marzo 2000, n. 62, ad eccezione della scuola dell’infanzia, è sottoposto alla condizione risolutiva del completamento del corso. Restano, comunque, salvi tutti gli effetti conseguenti al riconoscimento condizionato.
5.10 La revoca del riconoscimento della parità scolastica ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico successivo ed è disposta, nel rispetto della Legge 11 febbraio 2005, n. 15, dal Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale competente per territorio nei seguenti casi:
a) libera determinazione del gestore;
b) perdita anche di uno solo dei requisiti di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62 e all’art. 353 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
c) gravi irregolarità di funzionamento accertate ai sensi del presente articolo;
d) accertata violazione dell’articolo 1-bis, comma 3, della legge 3 febbraio 2006, n. 27;
e) mancato completamento del corso, nel caso di riconoscimento della parità ad iniziare dalla prima classe;
f) mancata attivazione di una stessa classe per più di 2 anni scolastici consecutivi.
Sono fatti salvi gli effetti già prodotti dal provvedimento di riconoscimento della parità precedentemente adottato. Nei casi di cui alle lettere a) e) ed f) del comma 10, le classi attivate possono mantenere la parità fino alla conclusione del corso.
5.11 In caso di cessazione dell’attività della scuola, il gestore deve dare comunicazione all’Ufficio Scolastico Regionale competente per territorio entro il 31 marzo con effetto dal successivo 1° settembre. L’Ufficio Scolastico Regionale provvede ad indicare l’istituzione scolastica possibilmente dello stesso ordine e grado per il deposito degli atti.
5.12 Nel caso di passaggi di gestione, il gestore o il rappresentante legale è tenuto a comunicare tempestivamente all’Ufficio Scolastico Regionale le modificazioni riguardanti il mutamento del soggetto gestore, il mutamento del legale rappresentante dell’ente gestore, il trasferimento della sede legale dell’ente gestore, la modifica della natura giuridica dell’ente gestore. Devono essere osservati i seguenti adempimenti:
a) l’atto che determina il passaggio di gestione deve essere prodotto in copia autenticata, munita degli estremi dell’avvenuta registrazione presso l’Ufficio delle Entrate e con l’indicazione della decorrenza del passaggio stesso;
b) l’atto che determina il passaggio di gestione, a titolo gratuito o oneroso, deve avere come oggetto il complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività scolastica, assicurando il permanere dei requisiti prescritti per il riconoscimento della parità;
c) la dichiarazione relativa al titolo giuridico di disponibilità dei locali scolastici deve essere datata e sottoscritta dal gestore subentrante;
d) lo status di legale rappresentante dell’Ente gestore originario e dell’Ente gestore subentrante deve essere debitamente comprovato con dichiarazioni datate e sottoscritte dai due legali rappresentanti con valore di autocertificazione;
L’Ufficio Scolastico Regionale adotta i provvedimenti conseguenti, curando che gli atti di modifica di cui trattasi non interrompano la continuità del servizio, a salvaguardia della posizione scolastica degli alunni e della valutazione del servizio del personale ivi operante.
6 - PERSONALE DOCENTE E COORDINAMENTO DIDATTICO
6.1 Il personale docente delle scuole paritarie deve essere in possesso della abilitazione prescritta per l’insegnamento impartito, fatto salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 4- bis della legge 10 marzo 2000, n. 62 e successive modificazioni.
6.2 Ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge n. 62 del 2000, come modificato dall’articolo 1, comma 8, del decreto legge n. 147 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2007, al personale docente in servizio presso le scuole dell’infanzia paritarie è riconosciuto il valore abilitante all’insegnamento dei titoli di studio di cui all’articolo 334 del decreto legislativo n. 297 del 1994.
6.3 Al fine di assicurare la realizzazione del Piano dell’Offerta Formativa attraverso le necessarie competenze tecnico didattiche, nella scuola primaria gli insegnamenti delle lingue straniere, delle tecnologie informatiche, dell’educazione musicale e della educazione motoria possono essere affidati anche a personale munito di titolo di studio specifico, purché accompagnato da adeguata formazione didattica accertata dal coordinatore delle attività didattiche della scuola paritaria.
6.4 Per l’insegnamento nelle scuole paritarie di docenti provenienti da paesi dell’Unione Europea e da Paesi non comunitari è richiesto il riconoscimento formale del titolo professionale di docente adottato ai sensi delle vigenti direttive comunitarie.
6.5 Gli elenchi dei docenti con abilitazione utilizzati per le scuole statali sono resi accessibili ai gestori delle scuole paritarie al fine esclusivo del reperimento del personale.
6.6 La gestione ed il coordinamento didattico comportano distinte responsabilità anche se possono essere assunte dalla stessa persona. I certificati rilasciati dal coordinatore didattico non sono soggetti a legalizzazione di firma.
6.7 Per il coordinamento delle attività educative e didattiche la scuola paritaria si avvale di personale con cittadinanza italiana o di paese membro dell’Unione Europea munito di esperienza e competenza didattico-pedagogica adeguata. Nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie il coordinatore didattico deve essere in possesso di titoli culturali o professionali non inferiori a quelli previsti per il personale docente; nelle scuole secondarie di primo e secondo e grado il coordinatore didattico deve essere in possesso di laurea o titolo equipollente.
7 – DISPOSIZIONI INTEGRATIVE
7.1 Le scuole paritarie, in quanto componenti del sistema nazionale di istruzione, partecipano ai programmi del Sistema statistico e hanno l’obbligo di fornire e aggiornare tempestivamente le informazioni pertinenti.
7.2 Anche alle scuole paritarie si applica il calendario scolastico definito da ogni Regione nel rispetto delle date fissate dal Ministero per gli esami di Stato a conclusione del secondo ciclo e per le prove standardizzate presenti nell’esame di Stato a conclusione del primo ciclo e del numero minimo di giorni di lezione.
7.3 Le iscrizioni a classi di scuola paritaria e i trasferimenti in corso d’anno sono regolati dalle disposizioni che annualmente il Ministero emana, anche per quanto concerne il passaggio dal primo al secondo ciclo e il nulla osta al trasferimento degli studenti in corso d’anno.
7.4 Per la frequenza (numero minimo di giorni di assenza) gli studenti delle scuole paritarie sono soggetti alle stesse condizioni degli studenti delle scuole statali.
7.5 Ai fini della necessaria documentazione le scuole paritarie, come quelle statali, sono tenute ad organizzare i servizi di segreteria in modo da assicurare l’osservanza delle norme che concernono la tenuta dei registri e dei documenti relativi al funzionamento amministrativo e didattico.
7.6 Le scuole paritarie sono, di norma, sede degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio, anche per i candidati esterni. Non ci sono limiti per le scuole secondarie di primo grado. Per l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo le ordinanze ministeriali definiscono annualmente le procedure e le modalità.
7.7 Ai candidati che abbiano effettuato la preparazione in scuole o corsi di preparazione è fatto divieto di sostenere gli esami conclusivi presso scuole paritarie che dipendono dallo stesso gestore o da altro avente comunanza di interessi. A tal proposito il gestore (o il rappresentante legale) e il coordinatore rilasceranno apposita dichiarazione (da inserire nel fascicolo personale del candidato).
7.8 Per quanto si riferisce agli esami di idoneità per candidati esterni le relative norme sono definite nell’ordinanza annuale sugli scrutini ed esami.
Roma, 10 ottobre 2008
IL MINISTRO Mariastella Gelmini
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Provvedimento 10 luglio 2018 Doc. web. n. 9007915
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Comunicazione MIUR in merito all'aggiornamento delle procedure informatiche SIDI per l'immissione in ruolo dei dirigenti scolastici.
Il MIUR ha fornito indicazioni in merito all'aggiornamento delle procedure informatiche SIDI per l'immissione in ruolo dei dirigenti scolastici
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Provvedimento 7 maggio 2019, Doc. web. n. 9109211
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Comunicazione MIUR inerente gli Esami di Stato A.S. 2012/2013.
Il MIUR ha comunicato che da lunedì 3 giugno 2013 saranno disponibili sul sito www.istruzione.it gli elenchi delle commissioni degli esami di Stato del secondo ciclo.
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Circolare 30 maggio 2017, n. 2
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Relazione presentata in data 23 giugno 2011
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Comunicazione MIUR inerente la copertura di posti vacanti di Dirigente Scolastico.
Il MIUR, con il D.M. n. 635 del 27 agosto 2015, ha indetto la procedura annuale relativa alla copertura dei posti vacanti di Dirigente Scolastico ai sensi dell'articolo 1, comma 92, della legge 13 luglio 2015, n. 107
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Comunicazione MIUR inerente la diffusione dei risultati di nomina nelle commissioni degli esami di Stato.
Il MIUR ha comunicato che il 6/06/2016 le scuole di istruzione secondaria di secondo grado avranno a disposizione le funzioni SIDI per visualizzare la composizione delle commissioni e l'elenco dei presidenti e commissari
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Comunicazione Sistema Bergantini inerente la pubblicazione di un nuovo approfondimento.
Nella sezione approfondimenti è stata pubblicata la Guida per le commissioni degli Esami di Stato che completa la trattazione inerente l'Esame di Stato già presente sul numero speciale della Rassegna Giuridica e Normativa
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Comunicazione MIUR sullo svolgimento degli esami di Stato a conclusione del primo ciclo di istruzione.
Con Nota n. 3080 del 5/6/2013 il MIUR ha rammentato che lo svolgimento dell'esame di Stato al termine della scuola secondaria di I grado resta disciplinato dalle istruzioni fornite con C.M. n. 48 del 31/5/2012, contenente indicazioni a carattere permanente
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Comunicazione MIUR inerente le attività di rilevazione degli esami di Stato del secondo ciclo per l'A.S. 2017/2018.
Il MIUR ha fornito indicazioni sulle attività di rilevazione degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado
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Circolare n. 1/2019
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Delibera 28 dicembre 2016, n. 1309
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Comunicazione inerente la pubblicazione in G.U. della legge di conversione del Decreto Legge 14 dicembre 2018, n. 135.
I candidati ammessi al corso conclusivo del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento dei D.S., sono dichiarati vincitori e assunti, secondo l’ordine della graduatoria di ammissione al corso, nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili
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Comunicazione MIUR relativa alla configurazione e partecipazione alle Commissioni degli esami di Stato.
Il MIUR ha ricordato i termini per le configurazioni delle commissioni e le domande di partecipazione alle Commissioni per gli esami di Stato
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Comunicazione MIUR inerente gli Esami di Stato A.S. 2013/2014.
Il MIUR ha fornito indicazioni sulla formazione delle commissioni degli Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio d'istruzione secondaria di II grado per l'anno scolastico 2013/2014
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Comunicazione MIUR inerente gli adempimenti da attivare per gli Esami di Stato A.S. 2018/2019.
Il MIUR ha riepilogato le attività delle Istituzioni scolastiche finalizzate alla rilevazione degli esiti Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado
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Comunicazione MIUR inerente le commissioni di esame di Stato del secondo ciclo.
Il MIUR ha comunicato che è nuovamente disponibile per le Scuole e per gli Uffici Scolastici Territoriali l'apertura delle funzioni SIDI di gestione dei modelli ES-1
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Area Tematica: Alunni, alunni portatori di disabilità
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Accesso atti: valutazioni/registri/elaborati/altri atti alunni
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