Area Tematica: Autonomia didattica, organizzativa e di ricerca
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Alunni: religione cattolica
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Il quesito riguarda le attività alternative alla religione cattolica e la loro valutazione alla scuola primaria e secondaria.
Nell'ambito dell'autonomia formativa di ogni singola istituzione scolastica, fatto salvo che la scuola è tenuta a garantire le attività alternative alla religione cattolica, è possibile in ragione dell'età degli alunni e considerato che non è possibile proporre all'interno delle attività di studio e di ricerca individuali argomenti attinenti alle discipline in quanto questa scelta potrebbe essere considerata concorrenziale all'IRC:
a) unificare le due modalità previste per l'attività alternativa prevedendo che una parte delle attività didattiche e formative sia svolta come attività di studio e/o di ricerca individuale su temi proposti dagli alunni con l'assistenza di personale docente e che tali attività vengano valutate?
In molte classi infatti ci sono alunni che scelgono la prima opzione e altri la seconda.
In questo caso si risolverebbe anche il problema valutativo, in quanto sia gli uni (attività didattiche e formative) sia gli altri verrebbero valutati sia in corso d'anno, sia all'esame di stato.
Ringrazio in anticipo per la risposta.
La scelta se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica è prevista dal Concordato del 1984 e dalle norme di esecuzione emanate con DPR n. 751/1985.
L’amministrazione, ogni anno, detta istruzioni per esercitare tale facoltà, confermate – per il corrente anno scolastico – dalla circolare MIUR sulle iscrizioni (prot. n. 22994 del 13/11/2019), secondo cui: “La scelta di attività alternative è operata, all'interno di ciascuna scuola, attraverso il modello nazionale di cui alla scheda C allegata alla presente nota. Si ricorda che tale allegato deve essere compilato, da parte degli interessati, all'avvio dell'anno scolastico, in attuazione della programmazione di inizio d'anno da parte degli organi collegiali, e trova concreta attuazione nelle seguenti opzioni:
• attività didattiche e formative;
• attività di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente;
• libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado);
• non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica […]”.
Dalle circolari emanate nel corso degli anni (cfr. nn. 129 e 130/1986) e, in particolare dalla circolare n. 316/1987, si evince che spetta alle istituzioni scolastiche raccogliere tempestivamente le scelte formulate dalle famiglie ed organizzare le attività in base ad esse, assicurando il pieno esercizio delle diverse opzioni indicate nel sopra richiamato modulo C allegato al modello di iscrizione.
Come sostiene la circolare ministeriale n. 316/1987, “Gli alunni non avvalentisi dell'insegnamento della religione cattolica - previa richiesta del genitore o di chi esercita la potestà o richiesta personale degli alunni stessi, se frequentanti la scuola secondaria superiore - hanno il diritto di scegliere tra le attività didattiche e formative ed una pluralità di opportunità qualificabili come studio o attività individuali da svolgersi con l'assistenza di docenti a ciò appositamente incaricati e nell'ambito dei locali scolastici.
Per lo svolgimento delle attività didattiche e formative previste per gli alunni non avvalentisi, si ribadisce la necessità che da parte dei collegi dei docenti siano formulati precisi programmi. A tal fine, quale contributo di indirizzo alla programmazione didattica di competenza dei docenti e in attesa che si completi l'iter parlamentare del disegno di legge preannunciato, mirato anche a definire i contenuti delle attività didattiche e formative, si allega un documento di lavoro che rappresenta una riflessione e sistemazione critica sul tema: "I diritti dell'uomo".
Relativamente alle esigenze connesse con lo svolgimento dello studio o delle attività individuali per gli alunni che ne facciano richiesta, da svolgere nei locali scolastici in modo coerente con le finalità della scuola, il capo di istituto deve sottoporre all'esame ed alle deliberazioni degli organi collegiali la necessità di attrezzare spazi, ove possibile, nonché organizzare servizi, assicurando idonea assistenza agli alunni, compito questo che discende dalla natura stessa dell'istituzione scolastica.
L'assistenza può configurarsi come attività volta ad offrire contributi formativi ed opportunità di riflessione per corrispondere agli interessi anche di natura applicativa che siano eventualmente rappresentati dagli studenti.
Infatti non si esclude la possibilità che gli studenti stessi segnalino propri bisogni formativi, nonché le modalità di intervento della scuola”.
La stessa circolare distingue, poi, tra attività alternativa e assistenza allo studio o alle attività individuali anche ai fini delle “modalità di utilizzazione del personale”.
Una distinzione tra le diverse opzioni esprimibili dalle famiglie emerge anche sotto il profilo della valutazione, visto che il D.Lgs. n. 62/2017 – come già affermato dalla nota ministeriale prot. n. 695/2012 – prevede per i soli docenti di attività alternativa la partecipazione alla valutazione degli alunni che si avvalgono di detto insegnamento (cfr. art. 2, comma 7). Agli Esami di Stato conclusivi del primo ciclo partecipano poi i soli docenti che fanno parte del consiglio di classe e, dunque, quelli che impartiscono l’attività alternativa.
Alla luce del quadro normativo sopra illustrato, pare evidente che le opzioni esprimibili siano distinte e non rientri nelle competenze del collegio dei docenti limitarle o sovrapporle, potendo soltanto progettare ed organizzare le attività in base alle richieste delle famiglie. Là dove vi siano più docenti che impartiscono l’IRC, per ovviare alle difficoltà organizzative segnalate nel quesito si consiglia di valutare la possibilità di porre in parallelo le ore di IRC e raggruppare gli alunni che non se ne avvalgano in due gruppi, corrispondenti a chi chiede di fruire di attività alternative e chi invece dello studio assistito.
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Sentenza 22/06/2012 n° 289
Area: Giurisprudenza
Mentre l'insegnamento della religione cattolica ha carattere di obbligo da parte dello Stato Italiano nei confronti della Santa Sede, la frequenza dell’ora di religione ha carattere facoltativo per gli studenti, coinvolgendo diritti assoluti di libertà costituzionalmente tutelati; con la conseguenza che residua, per chi non intenda avvalersi dell'indicato insegnamento, la facoltà di scegliere (personalmente da parte dell'interessato o di chi eserciti su di lui la potestà, in caso di minore) se svolgere diverse attività didattiche e formative, o attività di studio e di ricerca con assistenza di personale docente, o, ancora, nessuna attività, senza assistenza di personale docente ed anche con l'allontanamento dalla scuola. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto di scelta, ma ciò non toglie che tale scelta sia in ogni momento revocabile, essendo la libertà religiosa (art. 19 Cost.) e quella di pensiero (art. 21 Cost.) diritti assoluti e indisponibili della persona. Ne consegue che, seppure per motivi organizzativi (per la determinazione gli orari dei corsi, per l’individuazione della disponibilità dei docenti, ecc…) le scelte debbano essere raccolte prima dell’inizio dell’anno accademico, l’indisponibilità del diritto e la revocabilità del consenso inducono a ritenere che, anche nel corso dell’anno, si possa cambiare idea e non frequentare più l’ora di religione, senza alcun pregiudizio sul profitto scolastico. Nel caso concreto, il dirigente scolastico aveva autoannullato un proprio precedente atto amministrativo di esonero di due fratelli (frequentanti un istituto di istruzione secondaria di secondo grado) dall’insegnamento della religione cattolica, ritenendo che il genitore, dopo aver espresso il proprio consenso a tale insegnamento all’atto dell’iscrizione dei figli, non potesse in seguito modificare la propria scelta iniziale. (La sentenza è stata confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 4634/2018).
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Sentenza 21/06/2016 n° 1049
Area: Giurisprudenza
I genitori hanno diritto di scegliere per i propri figli, iscritti a scuole comunali elementari e medie, tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell’ambito delle singole scuole e nell’orario destinato alla refezione; in particolare sussiste il diritto per gli alunni di consumare il pasto domestico all’interno dei locali adibiti a mensa della scuola durante l’orario destinato alla refezione. Ciò in quanto, il concetto di diritto all’istruzione obbligatoria, per almeno otto anni e gratuita, riconosciuto dall’art. 34 della Costituzione si è modificato nel corso degli anni, partendo da una originaria concezione di “istruzione” , nel senso “dell’insegnamento inteso quale attività del docente diretta ad impartire cognizioni” che si è poi evoluta al di là di tale ristretto ambito. Tale evoluzione si coglie chiaramente dalle indicazioni e dall’interpretazione contenute nella Circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 29 del 5 marzo 2004, nella quale si parla infatti di “tempo scuola”, che non comprende soltanto le attività strettamente didattiche. Da tale premessa, discende che il diritto all’istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma in modo più ampio al diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell’ambito del “tempo scuola” in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico. Avuto, in particolare, riguardo alla funzione del “tempo mensa” deve, dunque, ritenersi che il permanere presso la scuola nell’orario della mensa costituisca un diritto soggettivo perfetto proprio perché costituisce esercizio del diritto all’istruzione nel significato appena delineato. Se, quindi, la permanenza a scuola in tale segmento orario risponde ad un diritto soggettivo, se la refezione scolastica non può diventare obbligatoria e se deve comunque aver luogo il consumo di un pasto, ne consegue necessariamente che ciò debba avvenire presso la scuola, seppure al di fuori della refezione scolastica. Del resto, se venisse imposto al genitore di scegliere tra l’usufruire del servizio mensa e il prelevare il minore e riaccompagnarlo successivamente, verrebbe ad essere leso il diritto di partecipare al “tempo mensa” quale segmento del complessivo progetto educativo ovvero – fruendo della refezione scolastica per necessità ed in assenza di alternativa - si trasformerebbe, illegittimamente, il relativo servizio in servizio obbligatorio. La Corte di Appello ha pertanto riconosciuto il diritto a consumare il pasto domestico all’interno dei locali scolastici adibiti a mensa e nell’orario destinato alla refezione. (È pendente ricorso per Cassazione avverso la sentenza)
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#enti locali#genitori: responsabilità genitoriale#refezione #mensa #pasto #servizio #scuola #diritto #consumare #tempo #appellante #appello
Sentenza 12/03/2003 n° 967
Area: Giurisprudenza
Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie, degli studenti (art. 3 comma 3 del D.P.R. n.275 del 1999). Il Piano dell’offerta formativa, sulla base della programmazione dell’azione educativa attribuita alla competenza del Collegio dei docenti dall’art.7 comma 2 del D.Lgs. n.297 del 1994, determina la quota del curricolo attribuita alla specifica istituzione scolastica, quota che integra la quota nazionale del curricolo obbligatorio e comprende le discipline e le attività liberamente scelte dalla specifica scuola. Nell’ambito dei curricoli, cioè della quota nazionale del curricolo, ogni istituzione scolastica può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta formativa, i propri percorsi didattici, secondo modalità fondate su obiettivi formativi specifici di apprendimento; la determinazione del curricolo deve tener conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio; il piano dell’offerta formativa, infine, è adottato dal Consiglio di circolo o d’istituto. Il coinvolgimento dei genitori degli alunni nella formazione del Piano dell’Offerta Formativa è idoneamente realizzato attraverso l’invito rivolto agli stessi a partecipare ad una riunione per discutere “proposte e suggerimenti da inserire eventualmente nel POF”. La decisione di consegnare alle famiglie il documento contenente il POF al momento dell’iscrizione degli alunni è qualificabile come forma di collaborazione tra la scuola e le famiglie e non certo come un obbligo giuridico corredato da sanzione, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999).
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#stilo #progressività #continuum
Sentenza 09/03/2016 n° 1363
Area: Giurisprudenza
Per il caso degli alunni con D.S.A. (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) che siano in possesso «di una diagnosi (…) rilasciata da una struttura privata», la circolare ministeriale n. 8 del 6.3.2013 raccomanda agli istituti nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate, di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo. Ciò in considerazione dei tempi lunghi in cui, solitamente, pervengono le certificazioni pubbliche in merito a simili status patologici. Nei casi diversi dai D.S.A., invece, le istruzioni ministeriali non contemplano la necessità di una certificazione, prevedendo espressamente la tutela dei alunni con bisogni educativi speciali (B.E.S.) anche se sforniti di qualsivoglia diagnosi o certificazione. In particolare, attraverso il Piano Didattico Personalizzato. Inoltre, è espressamente posto a carico del Consiglio di classe di rendere un’espressa motivazione in merito all’adozione (o alla mancata adozione) degli strumenti previsti per personalizzare l’offerta formativa in ragione dei B.E.S. eventualmente manifestati dagli allievi a prescindere dal possesso della relativa certificazione. La successiva circolare ministeriale n. 2563 del 22.11.2013, ha stabilito che, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato diritto alla certificazione di disabilità o di D.S.A., il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato (P.D.P.), avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione, avendo tale organo collegiale la facoltà di individuare casi specifici per i quali si renda utile attivare percorsi di studio individualizzati e personalizzati. Pertanto, anche in mancanza di qualsivoglia richiesta, certificazione o diagnosi la scuola ha comunque il compito di individuare i casi di bisogni educativi speciali (pur non dovendo certificarli) e la competenza è individuata in capo al Collegio dei docenti che ha facoltà di attivare le opportune misure. Nel caso in esame, era stata impugnata la non ammissione alla classe seconda della scuola primaria per un minore, con richiesta di riformulazione della motivazione della bocciatura, in quanto, nel giudizio conclusivo non si era dato conto delle ragioni patologiche alla base dei comportamenti e dello scarso rendimento che hanno condotto alla non ammissione alla classe successiva. Ciò anche poiché la scuola era stata messa tempestivamente a conoscenza dei referti dei medici privati, e del percorso terapeutico intrapreso dal bambino, al quale tuttavia, visti i tempi lunghi per la diagnosi, non era stato possibile ottenere una certificazione pubblica della patologia. I Giudici, dunque, hanno accolto il ricorso dei genitori stabilendo che il Consiglio di classe avrebbe dovuto valutare immediatamente se attivare le procedure per sopperire ai B.E.S., essendo la scuola a conoscenza del fatto che ne sussistevano i presupposti, senza richiedere una certificazione pubblica, ritenuta non necessaria dalla normativa di settore.
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Sentenza 03/06/2016 n° 628
Area: Giurisprudenza
I Bisogni educativi speciali (B.E.S.) ricomprendono un ampio spettro di situazioni anomale dell’alunno, più o meno patologiche o gravi, che non necessariamente sfociano in Disturbi Specifici dell’Apprendimento (D.S.A.), ma che, stante la loro natura, da accertarsi di volta in volta, comportano la redazione di un Piano didattico commisurato sulla persona del discente, al fine di consentire la sua piena integrazione nell’ambito della classe e il proficuo svolgimento delle attività didattiche specifiche per il corso di studi. L’individuazione degli alunni con B.E.S. rientra nella competenza esclusiva del Consiglio di classe, anche in ragione del fatto che i bisogni educativi speciali, non integrando necessariamente manifestazione di patologie, non sempre sono certificati a livello medico; infatti, ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso, come previsto dalla circolare ministeriale del 22.11.2013. Nel caso in esame, i Giudici hanno accolto il ricorso dei genitori in quanto il Collegio dei docenti, pur avendo la scuola piena conoscenza delle critiche condizioni di apprendimento dell’alunna, ha omesso di approntare concretamente gli interventi di sostegno a favore della bambina.
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Sentenza 13/03/2018 n° 1566
Area: Giurisprudenza
E’ illegittimo il Regolamento di servizio di ristorazione scolastica adottato da un Comune con il quale si renda tale servizio “obbligatorio per tutti gli alunni delle scuole materne ed elementari a tempo pieno del territorio comunale” (art.1), imponendo che la mancata iscrizione al servizio di ristorazione scolastica comporta “l’obbligo da parte del genitore o di chi esercita la potestà genitoriale di prelevare il minore per il tempo necessario alla refezione e riaccompagnarlo all’inizio dell’orario delle attività pomeridiane secondo le indicazioni impartite dal dirigente scolastico” (art. 3), e ciò in ragione del fatto che “Nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica non è consentito consumare cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio nell’ambito del contratto in vigore. Infatti, il consumo di pasti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale, oltre che una possibile fonte di rischio igienico-sanitario. E’ fatto obbligo ai Dirigenti scolastici la vigilanza in merito al rispetto delle predette disposizioni” (art. 2). Considerato che il servizio di ristorazione scolastica è pacificamente ritenuto un servizio pubblico locale a domanda individuale, in quanto l’ente locale non ha l’obbligo di istituirlo e si tratta comunque di un servizio attivabile a richiesta degli interessati, è illegittimo il divieto, inserito in tale regolamento comunale, di permanenza nei locali scolastici degli alunni che intendono pranzare con alimenti somministrati da casa. Infatti, in materia di consumazione del pasto domestico, è di fondamentale importanza la nota del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, n. 348 del 3 marzo 2017, rivolta a tutti i direttori degli Uffici scolastici Regionali; tale nota ministeriale, muovendo proprio dal riconoscimento alle famiglie, in via giurisprudenziale, del “diritto di usufruire in modo parziale del tempo mensa attraverso la consumazione negli stessi locali destinati alla refezione scolastica del pasto preparato in ambito domestico in alternativa al servizio mensa erogato dalla scuola”, fa presente che l’indicazione concordata insieme al Ministero della salute è quella “di adottare, in presenza di alunni o studenti ammessi a consumare cibi preparati da casa, precauzioni analoghe a quelle adottate nell’ipotesi di somministrazione dei cd pasti speciali”. I giudici amministrativi, nel ritenere illegittimo il regolamento comunale, hanno rilevato, del resto, che “non appare inibito agli alunni il consumo di merende portate da casa, durante l’orario scolastico, ponendosi anche per queste –a tutto concedere- la eventuale problematica del rischio igienico- sanitario”.
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#genitori: responsabilità genitoriale#enti locali#famiglia #cibo #consumazione #preparare #confezionare #acquistare #rischio #merenda #vigilanza #domicilio
Sentenza 28/10/2015 n° 21949
Area: Giurisprudenza
Nel nuovo ordinamento professionale forense di cui alla legge n. 247 del 2012, ferma l'incompatibilità dell'esercizio della professione di avvocato "con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato" (art. 18, comma 1, lett. d), l'art. 19, al comma 1, fa salva un'eccezione con riguardo all'"insegnamento o alla ricerca in materie giuridiche nell'università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici". Ai fini dell'operatività dell'eccezione alla regola generale dell'incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge dà quindi rilievo non solo al luogo nel quale l'insegnamento o la ricerca si svolge (nelle università, nelle scuole secondarie e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione), ma - e ciò costituisce una novità rispetto alla normativa precedente - anche all'ambito disciplinare dell'insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle "materie giuridiche". L'univoco tenore letterale dell'art. 19 non ne consente una lettura estensiva tale da ricomprendere nell'ambito dell'eccezione, in nome dell'unitarietà della funzione docente, anche i docenti della scuola primaria, che insegnanti in materie giuridiche non sono. Pertanto, in forza degli art. 18 e 19 l. n. 247 del 2012, entrata in vigore il 2 febbraio 2013, la professione di avvocato è incompatibile con l'attività di docente della scuola elementare statale.
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Sentenza 29/06/2011 n° 3479
Area: Giurisprudenza
Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sussiste la competenza esclusiva del Consiglio di classe a valutare l’assegnazione del voto di condotta, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del D.L. 1.9.2008, n. 137, convertito in legge 30.10.2008, n. 169, ai sensi del quale la votazione sul comportamento degli studenti viene “attribuita collegialmente dal consiglio di classe”. Tale competenza appartiene al Consiglio di classe nella sua composizione ristretta ai soli docenti, e dunque senza la partecipazione allargata ai rappresentanti degli studenti e dei genitori, come espressamente stabilito dall’art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 297/1994, il quale fa espresso riferimento alla “sola presenza dei docenti” nel consiglio di classe in sede di valutazione periodica e finale degli alunni. Nel caso in esame, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato manifestato dagli studenti durante il viaggio d’istruzione, il Consiglio di classe aveva attribuito il voto di condotta pari a 7 a tutti gli studenti che avevano partecipato a tale viaggio, mentre agli studenti che non vi avevano preso parte avevano attribuito lo stesso voto di condotta del primo trimestre. Ebbene, la sentenza ha ritenuto corretta tale valutazione, affermando che la valutazione del Consiglio di classe ben può essere rivolta nei confronti di tutti gli alunni che hanno partecipato al viaggio d’istruzione o far riferimento ad un singolo episodio, mediante una valutazione “collettiva” che tenga conto del comportamento di una molteplicità di alunni, il quale denoti scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile. Inoltre, non sussiste uno specifico obbligo motivazionale a carico del Consiglio di classe: infatti, il voto di condotta esprime un giudizio che l’Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi dei ragazzi e, come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto di incontro tra l’azione di più agenzie educative (in primo luogo la famiglia, ma anche la scuola stessa) le quali sono chiamate ad interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata. Per tali ragioni, mentre il voto delle singole materie è volto ad esprimere un giudizio didattico, ovvero relativo al processo di apprendimento (e deve essere giustificato in relazione all’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi formativi), il voto in condotta, invece, esprime un giudizio più ampio, che investe sia la maturità personale complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con l’ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi fondanti della società e del vivere civile. Pertanto l’assegnazione del voto di condotta costituisce espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di classe.
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Sentenza 29/08/2003 n° 981
Area: Giurisprudenza
L’istituzione di una classe prima elementare ad indirizzo scolastico montessoriano compete al Collegio dei docenti e non al Consiglio di istituto. Il Collegio dei docenti, infatti, è l’organo al quale competono le funzioni di amministrazione attiva in materia di funzionamento didattico del circolo o dell’istituto. Ciò si evince dal combinato disposto dell’art. 7, comma 2, lettera a) del D. Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, a norma del quale il suddetto Collegio ha potere deliberante (e non soltanto propositivo) in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto; dell’art. 3, comma 3, del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, a norma del quale il piano dell'offerta formativa (c.d. P.O.F.) è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti; infine, dalla “norma di chiusura” contenuta nell’art. 16, comma 3, del D.P.R. n. 275 del 1999, secondo la quale, pur nel nuovo assetto ordinamentale conseguente all’autonomia delle istituzioni scolastiche, i docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e della attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento.
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Decreto 18/10/2003
Area: Giurisprudenza
Non configura condotta antisindacale il comportamento del del dirigente scolastico che rifiuta di dar corso alla contrattazione integrativa nelle materie già previste dall'art. 6 CCNL 2006/2009 ai punti "h" (modalità di utilizzazione del personale docente, in rapporto al piano dell'offerta formativa e al piano delle attività e modalità di utilizzazione del personale ATA in relazione al relativo piano delle attività formulato dal DSGA) "i" (criteri riguardanti le assegnazioni del personale docente, educativo ed ATA alle sezioni staccate e ai plessi, ricadute sull'organizzazione del lavoro e del servizio derivanti dall'intensificazione delle prestazioni legate alla definizione dell'unità didattica. Ritorni pomeridiani) nonchè "m" (criteri e modalità relativi alla organizzazione del lavoro e all'articolazione dell'orario del personale docente, educativo ed ATA, nonché i criteri per l'individuazione del personale docente, educativo ed ATA da utilizzare nelle attività retribuite con il fondo di istituto), posto che tale disposizione contrattuale è stata abrogata dall'art. 40 d. lgs. n. 165/01 nella formulazione introdotta dal d. lgs. n. 150/09, trattandosi di determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro che, in base alla nora non derogabile, sono assunte in via esclusiva dal dirigente scolastico, fatta salva la sola informazione alle OO.SS. Non configura condotta antisindacale il provvedimento del dirigente scolastico che, prendendo atto del mancato raggiungimento dell'accordo con le OO.SS., su questioni assoggettate alla contrattazione integrativa, in via provvisoria provvede uniateralmente a impartire disposizioni, in attuazione di quanto previsto dall'art. 40 comma 3-bis del d. lgs. n. 165/01.
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#comportamento antisindacale#contrattazione collettiva#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#relazioni sindacali#ooss #caducazione #scatto #contrattare
Ordinanza 01/06/2018 n° 14124
Area: Giurisprudenza
Ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20, DPR 633/1972 sono esenti IVA le prestazioni educative dell’infanzia e didattiche di ogni tipo – ivi incluse, secondo la prassi amministrativa, anche le attività di insegnamento delle pratiche sportive – se sono rese da soggetti riconosciuti da pubbliche amministrazioni (MIUR o altre amministrazioni pubbliche di volta in volta competenti o organismi da esse vigilati) oppure da ONLUS. Per l’agevolazione è quindi sufficiente il formale riconoscimento da parte della PA, secondo le disposizioni vigenti (l. n. 62/2000 e n. 27/2006), così come chiarito anche dalla circolare 22/E dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui comunque sono riconducibili nell'ambito applicativo del beneficio dell'esenzione dall'IVA di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 20, le prestazioni educative, didattiche e formative approvate e finanziate da enti pubblici (Amministrazioni statali, Regioni, Enti locali, Università, ecc.) in quanto nel finanziamento della gestione e dello svolgimento del progetto educativo e didattico è insita l'attività di controllo e di vigilanza da parte dell'ente pubblico, costituendo detto finanziamento "riconoscimento per atto concludente della specifica attività didattica e formativa posta in essere" da parte dell'organismo non riconosciuto, consentendo al medesimo, in tal modo, di "soddisfare il requisito di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 20), per fruire del regime di esenzione dall'IVA.
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#imposte, tasse e tributi#esenzione #organismo #ente #finanziare #attività #amministrazione #dpr #contribuente #finanziamento #prestazione
Sentenza 08/05/2017 n° 11154
Area: Giurisprudenza
In tema di progettazione curriculare, extracurriculare, educativa ed organizzativa nelle istituzioni scolastiche, il "piano di offerta formativa" (ora P.T.O.F. a seguito della riforma dell'art. 3 del d.P.R., n. 275 del 1999 ad opera Legge 13 luglio 2015, n. 107 ) è il frutto di un complesso "iter" procedimentale. La fase della elaborazione (che anche dopo la riforma rimane di competenza del collegio docenti, n.d.r.), pur non potendo essere definita meramente esecutiva, è condizionata dalle scelte operate a monte che, a loro volta, sono il frutto delle consultazioni svolte con le istituzioni operanti nel territorio e con gli organismi rappresentativi dei genitori e degli alunni. Va, quindi, escluso che il collegio dei docenti possa, in sede di elaborazione, rimettere in discussione gli atti di indirizzo che precedono la predisposizione del piano. Inoltre, dato il ruolo fondamentale che il POF (ora PTOF) svolge nella vita della istituzione scolastica, si deve ritenere che la mancata formazione di una maggioranza in seno al collegio dei docenti, una volta che il documento sia stato materialmente elaborato e predisposto, non possa determinare l'arresto dell'iter procedimentale previsto dal legislatore, soprattutto ove il dissenso riguardi non il piano nel suo complesso, ma un singolo aspetto dell'offerta formativa. (La sentenza in commento ha ad oggetto una fattispecie cui era ratione temporis applicabile l'art. 3 d.P.R. n. 275 del 1999 ante riforma ex L. n. 107/2015. Premesso che nell'elaborazione del POF veniva riservato un ruolo particolare al consiglio di istituto, cui spettavano sia la iniziale scelta degli indirizzi generali e dei criteri di gestione e di amministrazione sia l’approvazione definitiva del piano, ha affermato la Corte che in caso di dissenso in seno al collegio docenti su un singolo aspetto dell'offerta formativa, spettasse comunque al consiglio di istituto la scelta fra le due opzioni a confronto. Ora, alla luce del nuovo art. 3 DPR n. 275/99, il piano triennale vede la competenza dei tre organi della scuola con la valorizzazione della competenza del DS nella definizione degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione. L'attualità del principio affermato dalla Corte dì Cassazione può essere confermata nel senso che all'interno di un procedimento amministrativo nel quale è prevista la competenza di organi diversi, ciascuno deve rispettare il limite della propria e, in caso di contrasto che impedisca il raggiungimento di una maggioranza utile alla adozione della delibera di competenza di uno degli organi della sequenza procedimentale, ciò non può provocare la paralisi del procedimento, ma semmai la riattivazione della competenza dell'organo che precede nella predetta sequenza).
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#riattivazione #restauro #perdente #sfavorevolmente #mobile #legno #sovvertimento #ripensamento #rinascimento #detto
Sentenza 19/11/2004 n° 18/2005
Area: Giurisprudenza
Compete al Collegio dei docenti e non al Consiglio di istituto l’istituzione di una nuova classe ad indirizzo didattico montessoriano. Ciò ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 297/1994 (secondo cui “il collegio dei docenti … ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto”), e degli artt. 3, comma 3, e 16, comma 3, del d.P.R. n. 275/1999 (secondo cui, rispettivamente, “il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti”, e “i docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e della attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento”). L’art. 142, comma 3, d.lgs. n. 297/1994 demanda alla convenzione tra il Ministero della pubblica e istruzione e l’Opera nazionale Montessori le modalità di attuazione del metodo Montessori: detta convenzione, tuttavia, non può modificare il sistema delle competenze degli organi scolastici definito dalla legge. Del resto, tale convenzione in data 11.12.2000 richiede all’art. 1, che il funzionamento di sezioni e classi venga autorizzato (da parte del dirigente scolastico) pur sempre sulla base di un apposito progetto operativo “Montessori” da inserire nel POF della scuola, elaborato dal Collegio dei docenti ed approvato dal Consiglio di Circolo.
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#studenti
Sentenza 31/12/2009 n° 28289
Area: Giurisprudenza
Nell'ambito del nuovo assetto istituzionale delle scuole, al dirigente scolastico sono stati conferiti specifici poteri, con ciò individuando un referente tendenzialmente unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le funzioni amministrative e della flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico, con ciò rendendo operativo il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche. In tale quadro, è ben possibile che il dirigente scolastico, dopo avere accertato che in un plesso si era creata una situazione di forte conflittualità tra un docente e i genitori dei suoi alunni, disponga, come misura organizzativa, la destinazione dello stesso docente in altro plesso, rientrante nella stessa istituzione scolastica. Tale provvedimento è legittimo se congruamente motivato in termini di attuazione dell'esigenza di tutela del buon funzionamento del plesso scolastico e, in particolare, delle "esigenze organizzative e di servizio" che, in base all'accordo sindacale decentrato del 15.5.01 sui criteri per l'assegnazione del personale ai plessi e alle attività della direzione didattica, il dirigente deve considerare prima di effettuare qualsiasi altro spostamento di docenti. Il provvedimento organizzativo di spostamento di un docente fra i plessi di una stessa istituzione scolastica ha natura diversa dal licenziamento disciplinare e dal trasferimento per incompatibilità ambientale di cui agli artt. 468 e 469 del d.lgs. n. 297 del 1994, che ha natura cautelare e strumentale all'esercizio dei poteri propri degli organi scolastici, da individuare non solo in quelli amministrativi di carattere gestionale ma anche di quelli attinenti all'esercizio della funzione disciplinare, e che con tale provvedimento il dirigente scolastico ha ritenuto di non adottare, atteso che i tempi e le modalità di avvicendamento del luogo di insegnamento gli hanno consentito di far ricorso ai poteri organizzativi a lui riconosciuti dall'ordinamento.
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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale dipendente: trasferimento#plesso #decentrare #trasferimento #spostamento #giudice #carattere #direzione #esercizio #gestione #destinazione
Sentenza 06/10/2017 n° 1903
Area: Giurisprudenza
Va esclusa la legittimazione passiva del MIUR nel giudizio riguardante la non ammissione alla classe successiva di un istituto paritario, in quanto oggetto di contestazione sono esclusivamente gli atti della scuola paritaria, unica legittimata a resistere. L’area dei Bisogni Educativi Speciali (BES) comprende problematiche diverse e più vaste dei DSA, che normalmente non vengono o possono non venire certificate ai sensi della l. 104/92 e che quindi non danno diritto alle misure contemplate dalla legge in questione, ma aprono a diversi canali di cura educativa. Come chiarito dal Ministero in plurime circolari e note, in questi casi la scuola può intervenire nella personalizzazione in diversi modi, ma in presenza di difficoltà non meglio specificate va esclusa l’obbligatorietà dell’approvazione di un Piano didattico personalizzato. Solo qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) e del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative. (Nel caso di specie i genitori impugnavano la bocciatura del proprio figlio lamentando che la stessa fosse dovuta alla mancata considerazione, da parte dei docenti, dei problemi allo stesso diagnosticati e alla mancata adozione di misure idonee ed efficaci in risposta a tali criticità. La scuola, infatti, aveva adottato un Piano didattico di gruppo che i ricorrenti ritenevano carente di personalizzazione.)
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#istruzione secondaria di primo grado#parità scolastica#studenti: integrazione e disabilità#apprendimento #bes #piano #difficoltà #personalizzare #disturbo #bisogno #omissisalla #strumento #adozione
Sentenza 05/07/2017 n° 137
Area: Giurisprudenza
Non risulta sussistere alcuna competenza decisionale in capo al singolo istituto scolastico ed in particolare al Collegio Docenti in ordine alla scelta di effettuare o di non effettuare le prove INVALSI. La libertà di insegnamento dei docenti non è conculcata da tali prove, in quanto le verifiche periodiche del livello di apprendimento degli studenti si svolgono a valle della trasmissione del sapere e non limitano l’autonomia didattica e la libera espressione culturale del docente. I profili metodologici e contenutistici dell’attività di insegnamento restano inalterati e non subiscono alcuna lesione o limitazione. Il sistema di valutazione in questione non incide sullo status giuridico ed economico del personale docente. L'attività di somministrazione e correzione delle prove Invalsi rientra tra le attività previste dall'art. 29 del CCNL Scuola vigente per il corpo docente, essendo l'attività relativa alla loro correzione inquadrabile come attività funzionale all'insegnamento (nella prospettiva del miglioramento degli standards del sistema scolastico cui dette rilevazioni mirano), ovvero, con riferimento alla fase di somministrazione in orario di ordinaria attività di servizio, attività di vigilanza sugli studenti, del pari doverosa ex art. 29, co. 5, CCNL. (Nello stesso senso, si vedano le sentenze del Tribunale del lavoro di Trieste n. 212/2012##57L, di Parma n. 211/2012, di Livorno n. 870/2013##52L, di Terni n. 487/2013##56L, di Prato n. 441/2013##54L)
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#personale dipendente: mansioni#personale docente#invalsi#sabina #guinizelli #conculcare #conta #guinizzelli #doverosita #invalere #snellire #tabacco #eliana
Sentenza 02/12/2016 n° 1195
Area: Giurisprudenza
E’ illegittimo il provvedimento di non ammissione al quinto anno del corso di studio di uno studente portatore di handicap ai sensi della legge n. 104/1992, in quanto affetto da ritardo mentale lieve diagnosticato da una struttura neuropsichiatrica infantile pubblica, essendo risultato che “né nei documenti relativi alla programmazione didattica della classe che si è esaminata, né nei documenti predisposti per accompagnare il percorso didattico dell’alunno, sono state rinvenute specifiche indicazioni circa quali fossero gli obiettivi minimi che il medesimo doveva perseguire”. In tal caso, le valutazioni espresse dal Consiglio di classe operate in sede di scrutinio finale sono viziate da eccesso di potere per contrasto con il piano dell’offerta formativa dell’istituto e con il piano educativo individualizzato o personalizzato dell’alunno, in quanto la valutazione circa il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi è viziata in radice dalla mancata individuazione – a monte – di tali obiettivi minimi nell’ambito della programmazione curricolare individuale, obiettivi in relazione ai quali avrebbe dovuto essere effettuata la valutazione dell’alunno. In caso di illegittima non ammissione alla classe successiva, deve ritenersi provato il danno non patrimoniale patito dallo studente in termini di sofferenza emotiva, essendo noto che la valutazione negativa formulata nei confronti di un ragazzo molto giovane per il mancato superamento dell’anno scolastico determina uno stato d’animo di sofferenza e frustrazione, poiché a risultarne colpita è l’immagine che l’individuo ha di sé. Tale danno, poiché non può essere provato nel suo preciso ammontare, deve essere liquidato ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. mediante valutazione equitativa (nel caso in esame il danno è stato quantificato in euro 10.000,00 oltre interessi legali).
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#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#procedimento amministrativo#atto e documento amministrativo#pep #sinteticità #orecchia
Sentenza 28/06/2011 n° 1219
Area: Giurisprudenza
Il provvedimento disciplinare di allontanamento dalla scuola per un periodo superiore a 15 giorni è di competenza del Consiglio d’Istituto e, pertanto, è legittima la sanzione dell’allontanamento di 30 giorni adottata dal Dirigente Scolastico in attuazione di una delibera del Consiglio d’Istituto, cui dunque, l’atto stesso è riferibile. Non viene violato il diritto allo studio né il principio della continuità didattica quando l’allontanamento dalla scuola per 30 giorni riguardi una alunna con disturbi emozionali e un lieve ritardo nell’apprendimento e venga irrogato a seguito di comportamenti reiterati scorretti e pericolosi. Peraltro, graduali misure sanzionatorie sono finalizzate alla crescita umana e civile e sono utili all’alunna per farle comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. (Sulla sospensione dalle lezioni si veda anche TAR Campania Napoli sentenza n. 5578/2011##220L.)
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#studenti: azione disciplinare#intempestività #bestemmia #frasario #vituperio
Sentenza 04/12/2012 n° 6211
Area: Giurisprudenza
Il provvedimento disciplinare conseguente alla commissione di fatti illeciti compiuti durante lo svolgimento delle attività scolastiche, anche fuori dalla sede della Scuola, deve essere adottato rispettando il principio della responsabilità individuale. Non è possibile ammettere che la mancata individuazione dell’autore di un illecito consenta la punizione, quali coautori, di tutti coloro che risultavano presenti al fatto. (In applicazione del principio sopra esposto e ribaltando l’esito del primo grado, il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento del Consiglio di Classe con cui era stata decisa l’applicazione del voto di sette in condotta indistintamente a tutti gli alunni che avevano partecipato al viaggio di istruzione, nel quale si erano verificati episodi di danneggiamento in alcune stanze dell’albergo in cui la scolaresca soggiornava.)
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#studenti: azione disciplinare#viaggi di istruzione#setta #soggiornare #izzo #zelo #lanzo #alloggiare
Sentenza 27/05/2016 n° 74
Area: Giurisprudenza
L’assegnazione di un docente ad un plesso, in luogo di quello nel quale lo stesso ha prestato attività lavorativa in precedenza, non costituisce un trasferimento in senso tecnico, poiché le due scuole fanno parte del medesimo Istituto. L’assegnazione a tale diverso plesso deve essere ragionevole e rispondente ad un pubblico interesse, non essendosi in presenza di un procedimento disciplinare. L’aspettativa del docente al mantenimento della cattedra nel medesimo luogo è funzionale al diritto degli alunni alla continuità didattica, principio che tuttavia può retrocedere a fronte di altre concrete esigenze organizzative, finalizzate ad assicurare il miglior andamento del servizio scolastico. L’assegnazione dei docenti ai plessi e/o classi rientra nelle esclusive determinazioni della dirigenza in forza dell’art.5 del Lgs.n.165/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 150/2009, previa informativa preventiva dei criteri alle RSU. (Sulla natura dell’atto di assegnazione di un docente ad un plesso per risolvere situazioni di disagio organizzativo, si veda la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., n. 28282/2009##206L)
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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale dipendente: trasferimento#personale docente#retrocedere #brunetta #letta #cuoca #resistenti #propendere #intensificare
n° 444
Area: Normativa
1. Le dotazioni dei ruoli organici del personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria ed artistica sono determinate sulla base dell'accertamento di tutti i posti di insegnamento, corrispondenti a cattedre o posti orario, che funzionano all'inizio dell'anno scolastico successivo, tenuto conto del numero delle classi esistenti nell'anno scolastico in corso.
2. I posti orario di cui all'art. 441 sono costituiti prioritariamente nell'ambito di ciascun istituto o scuola e, successivamente, per l'utilizzazione massima possibile delle frazioni di ore ai fini dell'istituzione di posti di ruolo organico, tra istituti e scuole, possibilmente nell'ambito del medesimo distretto e comunque in numero non superiore a tre, per mezzo di raggruppamenti fissi tali da assicurare stabilità al ruolo organico medesimo.
3. Le dotazioni organiche sono determinate, su base provinciale, dal provveditore agli studi, secondo modalità e criteri che, nel rispetto delle norme del presente testo unico, sono stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione con apposita ordinanza da emanare d'intesa con il Ministro del tesoro.
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#istruzione secondaria di secondo grado#organici#personale dipendente: orario di lavoro#frazione
n° 309
Area: Normativa
1. Nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado l'insegnamento della religione cattolica è disciplinato dall'accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede e relativo protocollo addizionale, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, e dalle intese previste dal predetto protocollo addizionale, punto 5, lettera b).
2. Per l'insegnamento della religione cattolica il capo di istituto conferisce incarichi annuali d'intesa con l'ordinario diocesano secondo le disposizioni richiamate nel comma 1.
3. I docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica.
4. Per l'insegnamento della religione cattolica, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, per gli alunni che di esso si sono avvalsi, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l'interesse con il quale l'alunno segue l'insegnamento e il profitto che ne ritrae.
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#insegnamento della religione cattolica e attività alternative#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#ordinario #ritrarre #pagella #profitto #ratificare
n° 315
Area: Normativa
1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado si realizza, fermo restando quanto previsto dagli articoli 322 e seguenti anche attraverso:
a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;
b) la dotazione alle scuole di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;
c) la sperimentazione di cui agli articoli 276 e seguenti da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.
2. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.
[3. (1)]
4. Nella scuola media e nella scuola secondaria superiore sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera c), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.
5. I docenti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, di interclasse, di classe e dei collegi dei docenti.
(1) Comma abrogato per effetto dell'art. 40 , comma 1, L. 27 dicembre 1997, n. 449.
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#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: integrazione e disabilità#contitolarità #socializzazione #intersezione #interclasse #handicappare
n° 327
Area: Normativa
1. Le funzioni amministrative trasferite alle regioni ai sensi degli articoli 42, 43 e 45 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 in materia di diritto allo studio concernono tutte le strutture, i servizi e le attività destinate a facilitare, mediante erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti, l'assolvimento dell'obbligo scolastico nonché, per gli studenti capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi, la prosecuzione degli studi. Le funzioni suddette concernono fra l'altro: gli interventi di assistenza medico-psichica; l'assistenza ai minorati psico-fisici; l'erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari.
2. Le funzioni amministrative indicate nel comma 1 sono attribuite ai comuni che le svolgono secondo le modalità previste dalla legge regionale. La Regione promuove le opportune forme di collaborazione tra i comuni interessati.
3. Restano ferme le competenze degli organi scolastici in merito alla scelta dei libri di testo e le competenze degli organi statali concernenti le caratteristiche tecniche e pedagogiche dei medesimi.
4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano nelle materie di cui al presente capo le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
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#obbligo scolastico e formativo#minorato #provvidenza #facilitare
n° 473
Area: Normativa
1. Al fine di rendere possibile una maggiore mobilità professionale all'interno del comparto della scuola, in relazione a fenomeni di diminuzione della popolazione scolastica e quindi di emergenza di situazioni di soprannumerarietà del personale docente, ovvero in relazione a cambiamenti negli ordinamenti degli studi e nei programmi di insegnamento, sono effettuati corsi di riconversione professionale, aventi, ove necessario, anche valore abilitante.
2. I corsi sono organizzati dai provveditori agli studi e sono programmati, secondo le esigenze, sulla base di piani periodici, che possono prevedere forme di convenzioni con università ed enti di ricerca, nonché con enti ed organizzazioni esterni ed organismi aventi strutture e tecnologie avanzate. Nei corsi con valore abilitante è comunque garantita la presenza di personale docente universitario e di personale direttivo e docente della scuola ai fini della valutazione finale. I coordinatori e i docenti chiamati a curare l'attività didattica e formativa sono nominati dagli stessi provveditori agli studi; i corsi medesimi si svolgono secondo modalità che ne rendono compatibile la frequenza con la normale prestazione del servizio da parte dei partecipanti, nonché del coordinatore e dei docenti qualora questi ultimi siano stati scelti tra il personale della scuola. Per le iniziative che riguardano un numero limitato di partecipanti o che richiedono particolari qualificazioni tecnico-professionali, i piani periodici possono prevedere corsi a carattere nazionale, interregionale o regionale, con modalità organizzative che escludono comunque la nomina di personale supplente in sostituzione del personale che partecipa ai corsi.
3. I corsi sono svolti soltanto per quegli insegnamenti per i quali vi sia disponibilità di posti o cattedre e sono destinati prioritariamente ai docenti utilizzati per l'insegnamento cui si riferiscono i corsi stessi.
4. Requisito di ammissione ai corsi, di cui al presente articolo, è il possesso del titolo di studio previsto per l'insegnamento cui si riferiscono i corsi stessi.
5. Gli specifici accordi contrattuali di cui all'art. 470 definiscono criteri di programmazione e modalità di svolgimento dei corsi di riconversione professionale, con riguardo anche alla loro distribuzione territoriale. I piani ed i programmi di formazione e le modalità di verifica finale dei corsi, anche ai fini del valore abilitante degli stessi, sono approvati dal Ministro della pubblica istruzione, con decreto da emanarsi sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Nella formulazione dei programmi si terrà conto della nuova tipologia delle classi di concorso di cui all'art. 405.
6. I compensi dovuti ai coordinatori ed ai docenti, che hanno svolto attività didattica e formativa, sono determinati, fino alla sottoscrizione dei contratti collettivi di cui all'art. 45 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con il Ministro del tesoro e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, sulla base di parametri analoghi a quelli relativi ai compensi previsti, di norma, per i corsi di aggiornamento. I relativi oneri gravano sugli appositi capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione fino all'attivazione della predetta contrattazione collettiva.
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#corso #riconversione #docente #coordinatore #studio #insegnamento #personale #programma #correre #istruzione
n° 317
Area: Normativa
1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell'art. 455, due esperti designati dagli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.
2. Presso ogni circolo didattico, scuola media ed istituto di istruzione secondaria superiore sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da docenti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.
3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui all'art. 315 e agli articoli 39 e 40 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l'impostazione e attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.
4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al Ministro della pubblica istruzione ed al Presidente della Giunta regionale. Il Presidente della Giunta regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui alle disposizioni richiamate nel comma 3.
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#studenti: integrazione e disabilità#provveditore #impostazione #ispettore #circolo
n° 508
Area: Normativa
1. Al personale docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto.
2. Il personale docente, ove assuma lezioni private, è tenuto ad informare il direttore didattico o il preside, al quale deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza.
3. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il direttore didattico o il preside possono vietare l'assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto.
4. Avverso il provvedimento del direttore didattico o del preside è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva, sentito il parere del consiglio scolastico provinciale.
5. Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto.
6. Al personale ispettivo e direttivo è fatto divieto di impartire lezioni private.
7. L'ufficio di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di personale prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.
8. Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico è tenuto a darne immediata notizia all'amministrazione.
9. L'assunzione del nuovo impiego importa la cessazione di diritto dall'impiego precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore.
10. Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l'autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione.
11. Il divieto, di cui al comma 10, non si applica nei casi di società cooperative.
12. Il personale che contravvenga ai divieti posti nel comma 10 viene diffidato dal direttore generale o capo del servizio centrale competente ovvero dal provveditore agli studi a cessare dalla situazione di incompatibilità.
13. L'ottemperanza alla diffida non preclude l'azione disciplinare.
14. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l'incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con provvedimento del direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali; con provvedimento del provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, per il personale docente della scuola materna, elementare e media e, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore.
15. Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l'esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l'orario di insegnamento e di servizio.
16. Avverso il diniego di autorizzazione è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via definitiva.
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#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#personale docente#ricorsi amministrativi#direttore #personale #lezione #preside #impiego #incompatibilità #provveditore #divieto #consiglio #studio
n° 285
Area: Normativa
1. Alle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente nell'ambito del circolo didattico, dell'istituto, del distretto, regionale e nazionale, prestano la propria assistenza e collaborazione gli ispettori tecnici.
2. Possono essere chiamati a prestare la loro opera anche esperti e docenti universitari stranieri per l'aggiornamento dei docenti delle scuole con lingua d'insegnamento diversa da quella italiana. L'utilizzazione del predetto personale è regolata con apposito disciplinare tipo approvato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del tesoro.
3. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, possono organizzare direttamente iniziative di aggiornamento previo accordo con i consigli dei circoli o degli istituti interessati ovvero prestare, per lo stesso fine, opera di collaborazione tecnico-scientifica.
4. Ai fini del coordinamento con l'istruzione universitaria, il Ministro della pubblica istruzione, come previsto dall'art. 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168, sente il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica sulle iniziative di aggiornamento e di specializzazione per il personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado, attuate in collaborazione con le università ed eventualmente con gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, i cui oneri fanno carico al bilancio della pubblica istruzione.
5. Le università, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, possono partecipare alla progettazione ed alla realizzazione di attività culturali e formative promosse da terzi, con specifico riferimento alle iniziative di formazione organizzate da regioni, province autonome, enti locali e istituti di istruzione secondaria, attraverso apposite convenzioni e consorzi, anche di diritto privato.
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#personale dipendente: formazione#promosso
n° 321
Area: Normativa
1. Nell'ambito delle attività rientranti nella programmazione educativa di cui all'art. 167 sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante l'utilizzazione dei docenti di sostegno.
2. Nelle classi che accolgono alunni portatori di handicap devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze, dallo Stato e dagli enti locali preposti, nei limiti delle rispettive disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale.
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#istruzione secondaria di primo grado#studenti: integrazione e disabilità#accogliere #utilizzazione
n° 318
Area: Normativa
1. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte dei docenti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline.
2. Nella scuola dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d'esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.
3. Nell'ambito della scuola secondaria superiore, per gli alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.
4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del rendimento scolastico, comprese quelle di esame, con l'uso degli ausili loro necessari.
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#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: integrazione e disabilità#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#rendimento #potenzialità #assistente
n° 455
Area: Normativa
L'utilizzazione dei docenti delle dotazioni organiche aggiuntive è finalizzata alla copertura di posti e cattedre da attribuire alle supplenze annuali, nonché di posti comunque disponibili per l'intero anno scolastico, in misura prevalente rispetto a tutte le altre attività previste dai successivi commi. Relativamente alle attività previste dai commi 7 e 11, l'utilizzazione è consentita nel limite del 15 per cento delle dotazioni organiche medesime. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, l'utilizzazione dei docenti delle predette dotazioni organiche aggiuntive assicura il soddisfacimento, nell'ordine, delle seguenti esigenze:
a) copertura dei posti di insegnamento che non possono concorrere a costituire cattedre o posti orario;
b) copertura dei posti di insegnamento comunque vacanti e disponibili per un periodo anche inferiore a 5 mesi nell'ambito del distretto o dei distretti viciniori;
c) sostituzione dei docenti destinati ai compiti di cui al comma 7;
d) sostituzione dei docenti impegnati nella realizzazione delle scuole a tempo pieno;
e) sostituzione dei docenti impegnati nello svolgimento dei corsi di istruzione per adulti finalizzati al conseguimento dei titoli di studio e per l'insegnamento nei corsi sperimentali di scuola media per lavoratori;
f) sostituzione dei docenti utilizzati ai sensi dell'art. 456, comma 1;
g) partecipazione, nella scuola media, e, per quanto compatibile, nella scuola materna, alla realizzazione della programmazione educativa.
Ai fini di cui al comma 2, il provveditore agli studi definisce il contingente su base distrettuale ed assegna a ciascun circolo o scuola, in relazione alle esigenze, un contingente di docenti della dotazione aggiuntiva per la scuola materna e media. In caso di eccedenza detto personale è utilizzato prioritariamente presso circoli didattici o scuole materne e scuole medie dello stesso distretto o del distretto viciniore. Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore i docenti della dotazione aggiuntiva sono assegnati dal provveditore agli studi per coprire le esigenze di cui ai punti a), b), c) e f) del comma 2. Il personale docente della dotazione aggiuntiva dipende dalle scuole cui è stato assegnato all'inizio dell'anno scolastico. Il personale docente di ruolo, incluso quello delle dotazioni organiche aggiuntive - nel rispetto delle priorità indicate nei commi 1 e 2 - che sia in possesso di specifici requisiti, può essere utilizzato anche per periodi di tempo determinati, per tutto o parte del normale orario di servizio, in attività didattiche-educative e psico-pedagogiche previste dalla programmazione di ciascun circolo didattico o scuola, secondo criteri e modalità da definirsi mediante apposita ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con particolare riferimento all'attività di sostegno, di recupero e di integrazione degli alunni portatori di handicap e di quelli che presentano specifiche difficoltà di apprendimento, nonché per insegnamenti speciali e attività integrative o complementari. I docenti di ruolo, a domanda o con il loro consenso, possono essere utilizzati per corsi ed iniziative di istruzione degli adulti finalizzati al conseguimento di titoli di studio. Per tali attività, ivi compresi i corsi sperimentali di scuola media per lavoratori, si provvede esclusivamente mediante personale docente di ruolo, purché nell'ambito della provincia sia comunque disponibile personale docente di ruolo in soprannumero o personale docente delle dotazioni organiche aggiuntive. Il numero massimo dei corsi che possono essere istituiti in ciascuna provincia è determinato nei limiti delle dotazioni organiche di cui all'art. 162. L'utilizzazione del personale docente secondo quanto previsto nei commi 7 e 8 è disposta dal capo d'istituto, nei limiti numerici risultanti dalla disponibilità di personale di ruolo assegnato alla scuola, purché il personale docente così utilizzato sia sostituibile con altro personale di ruolo assegnato alla scuola stessa. Nei limiti predetti è possibile concedere esoneri parziali o totali dal servizio per i docenti di ruolo che siano impegnati in attività di aggiornamento o che frequentino regolarmente i corsi per il conseguimento di titoli di specializzazione e di perfezionamento attinenti la loro utilizzazione e richiesti dalle leggi e dagli ordinamenti scolastici, ivi compresi i corsi di cui all'art. 325, purché organizzati, nell'ambito delle disponibilità finanziarie previste dall'apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione, o direttamente dal Ministero della pubblica istruzione, o sulla base di convenzioni a tal fine da questo stipulate, da istituti universitari. Alle convenzioni con gli istituti universitari si applicano le disposizioni di cui all'art. 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. È fatto divieto di spostare personale titolare nelle dotazioni organiche aggiuntive, dopo il ventesimo giorno dall'inizio delle lezioni, dalla sede cui è stato assegnato. Nella scuola dell'obbligo i posti relativi al sostegno degli alunni portatori di handicap vengono coperti prioritariamente con personale specializzato, secondariamente con personale di ruolo, compresi i titolari di dotazioni organiche aggiuntive, che ne faccia domanda, ed infine con personale eventualmente in soprannumero. Per la scuola media e per gli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, per i licei artistici e per gli istituti d'arte, la ripartizione delle dotazioni aggiuntive tra i singoli insegnamenti è effettuata dai provveditori agli studi secondo modalità stabilite dal Ministro della pubblica istruzione con proprio decreto, tenuto conto delle esigenze di utilizzazione del personale relative a ciascuno degli insegnamenti medesimi, sulla base anche delle consistenze di personale in servizio.
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#organici#personale docente#consistenza
n° 395
Area: Normativa
1. La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità.
2. I docenti delle scuole di ogni ordine e grado, oltre a svolgere il loro normale orario di insegnamento, espletano le altre attività connesse con la funzione docente, tenuto conto dei rapporti inerenti alla natura dell'attività didattica e della partecipazione al governo della comunità scolastica.
In particolare essi:
a) curano il proprio aggiornamento culturale e professionale, anche nel quadro delle iniziative promosse dai competenti organi;
b) partecipano alle riunioni degli organi collegiali di cui fanno parte;
c) partecipano alla realizzazione delle iniziative educative della scuola, deliberate dai competenti organi;
d) curano i rapporti con i genitori degli alunni delle rispettive classi;
e) partecipano ai lavori delle commissioni di esame e di concorso di cui siano stati nominati componenti.
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#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#personale docente#impulso #esplicazione
n° 396
Area: Normativa
1. Il personale direttivo assolve alla funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo o di istituto; a tal fine presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura l'esecuzione delle deliberazioni degli organi collegiali ed esercita le specifiche funzioni di ordine amministrativo, escluse le competenze di carattere contabile, di ragioneria e di economato, che non implichino assunzione di responsabilità proprie delle funzioni di ordine amministrativo.
2. In particolare, al personale direttivo spetta:
a) la rappresentanza del circolo o dell'istituto;
b) presiedere il collegio dei docenti, il comitato per la valutazione del servizio dei docenti, i consigli di intersezione, interclasse, o di classe, la giunta esecutiva del consiglio di circolo o di istituto;
c) curare l'esecuzione delle deliberazioni prese dai predetti organi collegiali e dal consiglio di circolo o di istituto;
d) procedere alla formazione delle classi, all'assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell'orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d'istituto e delle proposte del collegio dei docenti;
e) promuovere e coordinare, nel rispetto della libertà di insegnamento, insieme con il collegio dei docenti, le attività didattiche, di sperimentazione e di aggiornamento nell'ambito del circolo o dell'istituto;
f) adottare o proporre, nell'ambito della propria competenza, i provvedimenti resi necessari da inadempienze o carenze del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario;
g) coordinare il calendario delle assemblee di circolo o nell'istituto;
h) tenere i rapporti con l'amministrazione scolastica nelle sue articolazioni centrali e periferiche, con gli enti locali che hanno competenze relative al circolo e all'istituto e con gli organi del distretto scolastico;
i) curare i rapporti con gli specialisti che operano sul piano medico e socio-psico-pedagogico;
l) curare l'attività di esecuzione delle normative giuridiche e amministrative riguardanti gli alunni e i docenti, ivi compresi la vigilanza sull'adempimento dell'obbligo scolastico, l'ammissione degli alunni, il rilascio dei certificati, il rispetto dell'orario e del calendario, la disciplina delle assenze, la concessione dei congedi e delle aspettative, l'assunzione dei provvedimenti di emergenza e di quelli richiesti per garantire la sicurezza della scuola.
3. Il direttore didattico, sulla base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'art. 121 del presente testo unico e l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, una opportuna rotazione nel tempo.
4. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche ai rettori e vice rettori dei convitti nazionali ed alle direttrici e vicedirettrici degli educandati femminili dello Stato, con gli adattamenti resi necessari dall'organizzazione e dalle finalità proprie di dette istituzioni.
5. In caso di assenza o di impedimento del titolare, la funzione direttiva è esercitata dal docente scelto dal direttore didattico o dal preside tra i docenti eletti ai sensi dell'art. 7 del presente testo unico.
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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#economato
n° 397
Area: Normativa
1. La funzione ispettiva concorre, secondo le direttive del Ministro della pubblica istruzione e nel quadro delle norme generali sull'istruzione, alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione, affidate alle istituzioni scolastiche ed educative.
2. Essa è esercitata da ispettori tecnici che operano in campo nazionale, in campo regionale e provinciale.
3. Gli ispettori tecnici contribuiscono a promuovere e coordinare le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado; formulano proposte e pareri in merito ai programmi di insegnamento e di esame e al loro adeguamento, all'impiego dei sussidi didattici e delle tecnologie di apprendimento, nonché alle iniziative di sperimentazione di cui curano il coordinamento; possono essere sentiti dai consigli scolastici provinciali in relazione alla loro funzione; svolgono attività di assistenza tecnico-didattica a favore delle istituzioni scolastiche ed attendono alle ispezioni disposte dal Ministero della pubblica istruzione, dal sovrintendente scolastico regionale e dal provveditore agli studi; prestano la propria assistenza e collaborazione nelle attività di aggiornamento del personale direttivo e docente nell'ambito del circolo didattico, dell'istituto, del distretto, regionale e nazionale.
4. Gli ispettori tecnici svolgono altresì attività di studio, di ricerca e di consulenza tecnica per il Ministro, i direttori generali, i capi dei servizi centrali, i sovrintendenti scolastici e i provveditori agli studi.
5. Al termine di ogni anno scolastico, il corpo ispettivo redige una relazione sull'andamento generale dell'attività scolastica e dei servizi.
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#valutazione delle istituzioni scolastiche#valutazione del sistema scolastico e di formazione#ispettore #sovrintendente #provveditore #distretto #circolo
n° 448
Area: Normativa
1. Il personale docente può chiedere la valutazione del servizio prestato per un periodo non superiore all'ultimo triennio.
2. Alla valutazione del servizio provvede il comitato per la valutazione del servizio di cui all'art. 11, sulla base di apposita relazione del direttore didattico o del preside che, nel caso in cui il docente abbia prestato servizio in altra scuola, acquisisce gli opportuni elementi di informazione.
3. La valutazione è motivata tenendo conto delle qualità intellettuali, della preparazione culturale e professionale, anche con riferimento a eventuali pubblicazioni, della diligenza, del comportamento nella scuola, dell'efficacia dell'azione educativa e didattica, delle eventuali sanzioni disciplinari, dell'attività di aggiornamento, della partecipazione ad attività di sperimentazione, della collaborazione con altri docenti e con gli organi della scuola, dei rapporti con le famiglie degli alunni, nonché di attività speciali nell'ambito scolastico e di ogni altro elemento che valga a delineare le caratteristiche e le attitudini personali, in relazione alla funzione docente. Essa non si conclude con giudizio complessivo, né analitico, né sintetico e non è traducibile in punteggio.
4. Avverso la valutazione del servizio è ammesso ricorso al provveditore agli studi che, sentita la competente sezione per settore scolastico del consiglio scolastico provinciale, decide in via definitiva.
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#personale docente#valutazione del personale#diligenza #delineare #attitudine #preside #provveditore #famiglia
n° 326
Area: Normativa
1. A favore dei minori indicati nell'art. 1 della legge 19 luglio 1991, n. 216, sono attuati, nell'ambito delle strutture scolastiche e con le modalità ivi previste, interventi finalizzati ad eliminare le condizioni di disagio. Ai sensi degli articoli 104, 105 e 106 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, concernenti interventi in materia di educazione alla salute, di informazione sui danni derivanti dall'alcolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate, si applicano, nel settore scolastico, le disposizioni di cui ai commi seguenti.
2. Il Ministero della pubblica istruzione promuove e coordina le attività di educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate.
3. Le attività di cui al comma 2 si inquadrano nello svolgimento ordinario dell'attività educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nell'ambito delle discipline curricolari.
4. Il Ministro della pubblica istruzione approva programmi annuali differenziati per tipologie di iniziative e relative metodologie di applicazione, per la promozione di attività da realizzarsi nelle scuole, sulla base delle proposte formulate da un apposito comitato tecnico-scientifico da lui costituito con decreto, composto da venticinque membri, di cui diciotto esperti nel campo della prevenzione, compreso almeno un esperto di mezzi di comunicazione sociale, rappresentanti delle amministrazioni statali che si occupano di prevenzione, repressione e recupero nelle materie di cui al comma 2 e sette esponenti di associazioni giovanili e dei genitori.
5. Il comitato, che funziona sia unitariamente sia attraverso gruppi di lavoro individuati nel decreto istitutivo, deve approfondire, nella formulazione dei programmi, le tematiche:
a) della pedagogia preventiva;
b) nell'impiego degli strumenti didattici, con particolare riferimento ai libri di testo, ai sussidi audiovisivi, ai mezzi di comunicazione di massa;
c) dell'incentivazione di attività culturali, ricreative e sportive, da svolgersi eventualmente anche all'esterno della scuola;
d) del coordinamento con le iniziative promosse o attuate da altre amministrazioni pubbliche con particolare riguardo alla prevenzione primaria.
6. Alle riunioni del comitato, quando vengono trattati argomenti di loro interesse, possono essere invitati rappresentanti delle regioni, delle province autonome e dei comuni.
7. In sede di formazione di piani di aggiornamento e formazione del personale della scuola è data priorità alle iniziative in materia di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze.
8. Il provveditore agli studi promuove e coordina, nell'ambito provinciale, la realizzazione delle iniziative previste nei programmi annuali e di quelle che possono essere deliberate dalle istituzioni scolastiche nell'esercizio della loro autonomia.
9. Nell'esercizio di tali compiti il provveditore si avvale di un comitato tecnico provinciale o, in relazione alle esigenze emergenti nell'ambito distrettuale o interdistrettuale, di comitati distrettuali o interdistrettuali, costituiti con suo decreto, i cui membri sono scelti tra esperti nei campi dell'educazione alla salute e della prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze nonché tra rappresentanti di associazioni di familiari. Detti comitati sono composti da sette membri.
10. Alle riunioni dei comitati possono essere invitati a partecipare rappresentanti delle autorità di pubblica sicurezza, degli enti locali territoriali e delle unità sanitarie locali, nonché esponenti di associazioni giovanili.
11. All'attuazione delle iniziative concorrono gli organi collegiali della scuola, nel rispetto dell'autonomia ad essi riconosciuta. Le istituzioni scolastiche interessate possono avvalersi anche dell'assistenza del servizio ispettivo tecnico.
12. Il provveditore agli studi d'intesa con il consiglio scolastico provinciale, e sentito il comitato tecnico provinciale, organizza corsi di studio per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado sulla educazione sanitaria e sui danni derivanti ai giovani dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché sul fenomeno criminoso nel suo insieme, con il supporto di mezzi audiovisivi ed opuscoli. A tal fine può stipulare, con i fondi a sua disposizione, apposite convenzioni con enti locali, università, istituti di ricerca ed enti, cooperative di solidarietà sociale e associazioni iscritti all'albo regionale o provinciale da istituirsi a norma dell'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Ai fini delle assegnazioni di cui all'articolo 105, comma 7, del medesimo testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ai predetti corsi di studio sono equiparate le altre iniziative di formazione sulla stessa materia promosse dall'amministrazione scolastica a livello nazionale e periferico o da enti e associazioni professionali, previa autorizzazione dell'amministrazione medesima.
13. I corsi statali sperimentali di scuola media per lavoratori possono essere istituiti anche presso gli enti, le cooperative di solidarietà sociale e le associazioni iscritti nell'albo di cui all'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, entro i limiti numerici e con le modalità di svolgimento di cui alle vigenti disposizioni. I corsi saranno finalizzati anche all'inserimento o al reinserimento nell'attività lavorativa.
14. Le utilizzazioni del personale docente di ruolo di cui all'art. 456, possono essere disposte nel limite massimo di cento unità, ai fini del recupero scolastico e dell'acquisizione di esperienze educative, anche presso gli enti e le associazioni iscritti nell'albo di cui all'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, a condizione che tale personale abbia documentatamente frequentato i corsi di cui al comma 12.
15. Il Ministero della pubblica istruzione assegna annualmente ai provveditorati agli studi, in proporzione alla popolazione scolastica di ciascuno, fondi per le attività di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze da ripartire tra le singole scuole sulla base dei criteri elaborati dai comitati provinciali, con particolare riguardo alle iniziative di cui al comma 17.
16. L'onere derivante dal funzionamento del comitato tecnico-scientifico di cui al comma 4 e dei comitati di cui al comma 9 è valutato in complessive lire 4 miliardi in ragione d'anno a decorrere dall'anno 1990. Il Ministro della pubblica istruzione con proprio decreto disciplina l'istituzione e il funzionamento del comitato tecnico-scientifico e dei comitati provinciali, distrettuali e interdistrettuali e l'attribuzione dei compensi ai componenti dei comitati stessi.
17. I provveditori agli studi, di intesa con i consigli di istituto e con i servizi pubblici per l'assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, istituiscono centri di informazione e consulenza rivolti agli studenti all'interno delle scuole secondarie superiori.
18. I centri possono realizzare progetti di attività informativa e di consulenza concordati dagli organi collegiali della scuola con i servizi pubblici e con gli enti ausiliari presenti sul territorio. Le informazioni e le consulenze sono erogate nell'assoluto rispetto dell'anonimato di chi si rivolge al servizio.
19. Gruppi di almeno venti studenti anche di classi e di corsi diversi, allo scopo di far fronte alle esigenze di formazione, approfondimento ed orientamento sulle tematiche relative all'educazione alla salute ed alla prevenzione delle tossicodipendenze, possono proporre iniziative da realizzare nell'ambito dell'istituto con la collaborazione del personale docente, che abbia dichiarato la propria disponibilità. Nel formulare le proposte i gruppi possono esprimere loro preferenze in ordine ai docenti chiamati a collaborare alle iniziative.
20. Le iniziative di cui al comma 19 rientrano tra quelle previste dall'art. 10, comma 2, lettera e), del presente testo unico, e sono deliberate dal consiglio d'istituto, sentito, per gli aspetti didattici, il collegio dei docenti.
21. La partecipazione degli studenti alle iniziative, che si svolgono in orario aggiuntivo a quello delle materie curricolari, è volontaria.
22. Ai fini dell'accesso ai finanziamenti da valere sul fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Ministero della pubblica istruzione propone all'approvazione del Ministro per gli affari sociali progetti mirati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze, previa predisposizione di studi di fattibilità, indicanti i tempi, le modalità e gli obiettivi che si intendono conseguire.
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#tabagismo #alcoolismo
n° 284
Area: Normativa
1. Il Ministero della pubblica istruzione adotta ai sensi dell'art. 115 apposite iniziative per l'aggiornamento dei docenti che impartiscono l'insegnamento nelle attività di sostegno e di integrazione nelle scuole dell'obbligo che accolgono alunni figli di lavoratori stranieri residenti in Italia che abbiano la cittadinanza di uno dei Paesi membri della Comunità europea.
2. In sede di formazione di piani di aggiornamento e formazione del personale della scuola è data priorità alle iniziative in materia di educazione alla salute, e di prevenzione delle tossicodipendenze come previsto dall'art. 104 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
3. Per il personale in servizio presso le istituzioni scolastiche e culturali all'estero il Ministero della pubblica istruzione, di concerto con il Ministero degli affari esteri, promuove l'organizzazione di corsi di aggiornamento.
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#personale dipendente: formazione#cittadinanza
n° 450
Area: Normativa
1. Per i congedi straordinari e le aspettative si applicano le disposizioni del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, come modificate dall'art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. L'aspettativa per mandato parlamentare è disciplinata dall'art. 71 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
2. Il periodo massimo stabilito per il congedo straordinario è computato per anno scolastico.
3. Resta salvo quanto previsto dall'art. 454 in materia di congedi straordinari per attività artistiche e sportive.
4. Il personale docente che sia stato collocato in aspettativa per infermità o per motivi di famiglia, per un periodo non inferiore a centocinquanta giorni continuativi, e rientri in servizio dopo il 30 aprile, è impiegato nella scuola di titolarità per supplenze o per lo svolgimento di altri compiti connessi con il funzionamento della scuola medesima. Quando il rientro in servizio coinvolga le classi terminali dei cicli di studio, il periodo di assenza continuativa per aspettativa è ridotto, ai fini predetti, a novanta giorni.
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale docente#rientro #centocinquanta #ciclo
25/05/2018 n° 1389
Area: Prassi, Circolari, Note
Numero 01389/2018 e data 25/05/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 9 maggio 2018
NUMERO AFFARE 02190/2016
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dai prof. (OMISSIS), per l'annullamento del piano triennale dell’offerta formativa (P.T.O.F.) per gli anni 2016/2019 del liceo ginnasio statale "OMISSIS" di Roma.
LA SEZIONE
Vista la relazione pervenuta alla Segreteria della Sezione il 24 novembre 2016, con la quale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antonella Manzione;
Premesso e considerato:
I ricorrenti sono insegnanti di religione presso il liceo ginnasio ‘OMISSIS’ di Roma. In tale veste, impugnano il piano triennale dell’offerta formativa di quell’Istituto, relativo al triennio 2016/2019, approvato definitivamente dal collegio dei docenti in data 21 gennaio 2016. Lamentano violazione della circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986, in quanto l’attività culturale alternativa all’insegnamento della religione sarebbe stata individuata in una disciplina – educazione musicale- non attinente ai <<documenti del pensiero e della esperienza umana relativa ai valori fondamentali e della convivenza civile >>, e rientrerebbe tra quelle curriculari. In particolare, essa sarebbe da ascrivere alle attività del potenziamento dell’autonomia didattica –potenziamento delle competenze nella pratica e cultura musicale- previste nel medesimo piano. In tal modo si sarebbe attuata una discriminazione nei confronti degli studenti che, avendo optato per l’insegnamento della religione cattolica, si sarebbero visti privati della possibilità di aderire a tale modulo alternativo; peraltro la strutturazione dello stesso in relazione a vari periodi storici, così da abbracciare l’intero quadriennio di insegnamento, vincolerebbe illegittimamente i contenuti del piano dell’offerta formativa anche per il 2019.
Il Ministero, nella relazione citata in epigrafe, preliminarmente eccepisce la inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato, ritenendo tali i genitori degli studenti minorenni che hanno aderito al modulo alternativo, con ciò appalesando il proprio interesse al suo mantenimento. Nel merito, di fatto avallando le considerazioni del Dirigente scolastico del liceo, versate in atti, insiste per la reiezione del ricorso in quanto infondato.
La Sezione rileva preliminarmente come nel caso di specie si possa prescindere dalla valutazione della eccepita inammissibilità, tanto più che in via istruttoria essa risulta sanata con la partecipazione al contraddittorio di un gruppo di 43 genitori di studenti che hanno aderito al modulo alternativo mediante deposito di una propria memoria di replica: gli stessi ricorrenti, infatti, in un’ottica di trasparente esternazione delle proprie posizioni, hanno informato sia il Presidente del Consiglio d’Istituto che il Presidente del comitato genitori dell’avvenuta proposizione del ricorso con comunicazione mail del 30 giugno 2016.
La Sezione ritiene il ricorso inammissibile per carenza di interesse dei ricorrenti, così come peraltro prospettato nella memoria di replica poc’anzi citata.
I ricorrente asseriscono di agire in forza di un interesse qualificato in quanto docenti di religione cattolica presso l’Istituto in questione, ma non specificano in alcun modo in che misura l’eventuale annullamento del piano per l’offerta formativa arrechi loro un concreto vantaggio, ovvero, al contrario, come il suo mantenimento leda un bene della vita di cui rivendicano tutela con l’odierno gravame. Tale infatti non può essere l’asserita lesione della libertà di coscienza degli alunni nello scegliere l’insegnamento della religione cattolica, di cui peraltro sarebbero al più titolari gli stessi studenti o i loro rappresentanti legali, in quanto la mera prospettazione di scelte alternative di apprezzabile livello culturale non può in alcun modo incidere sulla consapevole e responsabile opzione per l’insegnamento della stessa. Ipotizzare al contrario che solo ponendo lo stesso in un’alternativa ‘non concorrenziale’ se ne agevoli la scelta –rectius, più propriamente, non la si indebolisca – equivale ex se a sminuirne il rilievo individuale ed etico.
Né d’altro canto risulta in alcun modo provato, ovvero semplicemente affermato, come l’offerta formativa alternativa abbia in concreto inciso sulle scelte degli studenti, condizionandole, fermo restando che il numero dei partecipanti alle lezioni di religione cattolica non ha rilievo ai fini della titolarità della cattedra e dunque non arreca alcun pregiudizio concreto ai titolari della stessa. Nessuno degli studenti o dei genitori degli stessi astrattamente pregiudicato dalla impossibilità di aderire al modulo alternativo in conseguenza della propria consapevole opzione per l’insegnamento della religione cattolica, per quanto consta in atti, risulta infatti aver recriminato, essendo la relativa doglianza esternata solo dai professori odierni ricorrenti.
In linea generale, come è noto, la verifica della sussistenza dell'interesse all'impugnativa deve manifestare la sua concretezza, nel senso che l'annullamento degli atti gravati deve risultare idoneo ad arrecare al ricorrente un'effettiva utilità.
L’annullamento del P.T.O.F., non finalizzato ad ottenere un vantaggio per i ricorrenti, ma fondato sulla sola contestazione della –asserita- correttezza delle scelte didattiche effettuate, dev'essere sorretto, per essere ritenuto ammissibile, dalla c.d. prova di resistenza e, cioè, dalla dimostrazione a priori che, se le l’offerta fosse stata diversa, i ricorrenti ne avrebbero tratto un qualche beneficio (cfr. ex multis Cons Stato Sez. V, 26 aprile 2018, n. 2534).
Conclusivamente pertanto la Sezione ritiene il ricorso inammissibile per carenza di interesse.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso sia dichiarato inammissibile per carenza di interesse, con assorbimento dell’istanza sospensiva.
L'ESTENSORE Antonella Manzione
IL PRESIDENTE Gianpiero Paolo Cirillo
IL SEGRETARIO Roberto Mustafà
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25/05/2018 n° 1392
Area: Prassi, Circolari, Note
Numero 01392/2018 e data 25/05/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 9 maggio 2018
NUMERO AFFARE 00584/2018
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dai signori (omissis), nella loro qualità di genitori esercenti la potestà sui figli minori, contro il liceo (omissis) di Roma, dagli stessi frequentato, per l’annullamento del piano triennale dell’offerta formativa (P.T.O.F.) relativo agli anni 2016/2019.
LA SEZIONE
Vista la relazione acquisita in atti il 23 marzo 2018 con la quale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antonella Manzione;
Premesso e considerato:
I ricorrenti sono genitori di studenti che, almeno al momento della proposizione dell’odierno gravame, frequentavano il liceo (omissis) di Roma. Impugnano il piano triennale dell’offerta formativa (P.T.O.F.) approvato definitivamente dal collegio dei docenti in data 21 gennaio 2016, pubblicato sul portale unico della scuola in data 1° febbraio 2016.
Lamentano violazione della circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986, dell’art.1, comma 7, della l. n. 107/2015; del punto 2.1 dell’Intesa Stato-Chiesa recepita dal d. P.R. n. 751/1985; nonché del protocollo addizionale n. 5 relativo all’art. 9 della l. n. 121/1985 e della circolare ministeriale n. 188 del 25 maggio 1989. In sintesi, l’avvenuta individuazione della storia della musica quale materia alternativa, si appaleserebbe discriminatoria nei confronti di quegli studenti che, come i figli dei ricorrenti, avendo optato per la religione cattolica, si vedrebbero privati della possibilità di presenziare a lezioni su ambiti comunque attinenti l’offerta formativa, ancorché di potenziamento. Inoltre, l’aver esplicitato l’offerta alternativa prima dell’avvenuta opzione da parte degli studenti per la religione cattolica, ne violerebbe la libertà di coscienza, condizionandone le scelte. Infine, lo sviluppo del programma di storia della musica lungo l’intero arco di un quadriennio, oltre a vincolare le future scelte del prossimo P.T.O.F., imporrebbe la frequenza spalmata per tutti gli anni di riferimento senza soluzione di continuità, salvo volerne pregiudicare l’efficacia.
Il Ministero, nella relazione citata in epigrafe, eccepisce preliminarmente la inammissibilità del ricorso in quanto non notificato ad almeno un controinteressato, ritenendo tale il genitore di un qualsiasi studente che abbia aderito all’offerta formativa alternativa all’insegnamento della religione cattolica. Nel merito, si riporta alla relazione del Dirigente scolastico, del quale condivide le valutazioni di infondatezza.
La Sezione ritiene che la eccepita inammissibilità possa essere assorbita nel merito, prescindendo pertanto dallo scrutinare la posizione di tali genitori quali portatori di un interesse contrapposto giuridicamente rilevante.
I ricorrenti affidano le proprie doglianze a tre distinti motivi di gravame, strettamente connessi tra di loro. Le prime due eccezioni attengono al contenuto della materia offerta come alternativa all’insegnamento della religione: esso non risponderebbe ai criteri di cui alla circolare ministeriale n. 131/1986, perché non contiguo con l’insegnamento della religionecattolica; inoltre ne violerebbe le indicazioni, laddove, attingendo ad un àmbito oggetto, per esplicita scelta del medesimo P.T.O.F., di offerta di potenziamento, finirebbe per pregiudicarne indebitamente la fruizione a chi opti per la religione cattolica.
Rileva la Sezione come la circolare del 3 maggio 1986 ‘raccomandi’ di inserire come alternativo all’insegnamento della religionecattolica <<l’approfondimento di quelle parti del programma, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e della esperienza umana relativa ai valori fondamentali della vita>>. Entrare nel merito dei contenuti della storia della musica per escluderne aprioristicamente l’affinità ontologica con i ‘i valori fondamentali della vita’ non appare ex se condivisibile. A ciò si aggiunga che proprio la formulazione letterale della circolare, laddove, nell’esemplificare gli approfondimenti ritenuti ‘eticamente’ compatibili, cita la storia e la filosofia, ha ammesso che gli insegnamenti alternativi possano anche riguardare materie curriculari, purché parametrabili –rectius, ‘contigue’- in termini di valore morale. A fortioripertanto, ritiene la Sezione, potrà trattarsi, come avvenuto nel caso di specie, di ambiti opzionati dall’istituto scolastico -anche- in sede di potenziamento. Quanto detto, ovviamente, a prescindere dalle modalità organizzative delle lezioni, come giustamente rilevato dai ricorrenti, ovvero dalla scelta delle docenze anche in termini di piano assunzionale, in quanto ciò che rileva è il contenuto dell’insegnamento ex se e non le modalità del suo insegnamento.
Sostengono infine i ricorrenti che l’avvenuta esplicitazione delle offerte alternative nel P.T.O.F. condizionerebbe la scelta dello studente che, al contrario, dovrebbe essere effettuata “al buio”, senza conoscerle preventivamente.
Ciò deriverebbe a loro avviso dal dettato del protocollo addizionale n.5 relativo ‘art. 9 della L. n. 121/1985 nonché alla circolare ministeriale n. 188 del 25 maggio 1999 e ai commi 12 e seguenti dell’art. 1 della l. n. 107/2015.
Rileva la Sezione come in realtà nessuna delle disposizioni citate deponga nel senso prospettato. In particolare, l’invocato art. 9, comma 2, della l. n. 121/1985, si limita ad affermare che <<nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento>>.
La programmazione annuale delle attività alternative alla religione cui fa riferimento la circolare ministeriale n. 131 del 1986 non impedisce che essa venga inserita anche nel P.T.O.F., che diversamente dovrebbe omettere di occuparsi proprio di tale importante insegnamento. Del resto, il comma 12 dell’art. 1 della l. n. 107/2015 prevede espressamente la sua revisione annuale entro il mese di ottobre. Tanto più che tale tipo di programmazione e la relativa cadenza temporale è stata introdotta, o comunque ridisciplinata, in epoca ben successiva all’emanazione della ricordata circolare.
La programmazione, dunque, non può che riferirsi anche all’insegnamento alternativo e in quanto tale essere inserita all’interno del P.T.O.F. .previsto dalla l. n. 107/2015, in coerenza con quanto stabilito dal comma 14 dell’art. 1 che definisce detto Piano come il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche, dove viene esplicitata la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Dunque, alle singole scuole spetta attivarsi prima dell’inizio dell’anno scolastico per raccogliere i dati di quanti hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica e sottoporre all’attenzione dei genitori o degli alunni (per le scuole secondarie di secondo grado) il modulo integrativo per la scelta delle attività alternative, in modo che non vi siano periodi, sia pur brevi, di inattività dovuti a motivi organizzativi. Viene invece rimandata all’inizio di ogni anno scolastico la scelta di avvalersi dell’insegnamento alternativo alla religione cattolica o di optare per altre attività progettuali. Prevedere l’offerta alternativa, al pari di quella di potenziamento, all’interno della programmazione triennale, non si appalesa neutra rispetto alla gestione in concreto della stessa e appare addirittura opportuna nell’ottica di una corretta pianificazione delle risorse, anche umane, necessarie allo scopo. Per contro, pretendere di fondare la libertà di scelta della religione cattolica sulla minore attrattività dell’alternativa offerta, finirebbe per sminuire indebitamente la valenza programmatoria del P.T.O.F. , rivitalizzato per contenuti e cadenza temporale proprio dalla l. n. 107/2015 rispetto al precedente P.O.F. di cui di cui all’art. 3 del d. P.R. n. 275/1999.
Per contro, proprio l’importanza attribuita al valore intrinseco della scelta dell’insegnamento della religione cattolica ne implica la sua non comparabilità con alternative che, ove non pregiudizievoli del percorso scolastico di tutti gli studenti, del tutto legittimamente possono consistere in docenze ricche di interesse per coloro che intendano aderirvi.
Lo sviluppo, infine, della storia della musica per periodi – al pari, del resto, di quanto avviene per altre discipline curriculari, quali la storia in genere- non appare affatto ulteriormente impattante sulla libertà di scelta dello studente: ove lo stesso, motivatamente e responsabilmente, opti per la religione cattolica, si avvarrà del relativo insegnamento; cambi idea e aderisca all’insegnamento alternativo, ne fruirà in relazione al periodo di riferimento, senza che la mancata partecipazione alle lezioni inerenti quelli precedenti lo renda ex se meno efficace ovvero meno completo.
Conclusivamente pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto perché infondato.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso sia respinto nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento della istanza sospensiva.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Manzione Gianpiero Paolo Cirillo
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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U.S.R. per la Liguria - Nota 10 ottobre 2012, n. 5731
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Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122
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Ulteriori informazioni MEF-SPT riguardanti la retribuzione delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica.
Il MEF-SPT, con Messaggio n. 87 del 07/06/2012 ha comunicato l'implementazione delle funzioni SPTweb e fornito nuove indicazioni in merito al pagamento delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica e proroghe contratti.
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Comunicazione inerente la pubblicazione in G.U. del DPCM sul pagamento delle supplenze brevi.
Pubblicato il DPCM 31/08/2016, con il quale sono state disciplinate le procedure per l'assegnazione delle risorse alle Istituzioni scolastiche ed il pagamento mensile delle somme spettanti al personale supplente breve
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Nota 3 maggio 2018, n. 7647
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C.M. 30 dicembre 2010, n. 101
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C.M. 10 gennaio 2014, n. 28 - Nota 7 gennaio 2014, n. 3
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Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122
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Comunicazione MIUR inerente la realizzazione di Biblioteche scolastiche nell'ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale.
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U.S.R. per il Veneto – Nota 21 settembre 2012, n. 13235
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Modulo per l'esercizio del diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica
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Ordinanza Ministeriale 2 maggio 2018, n. 350
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U.S.R. per il Veneto - Nota 3 ottobre 2016, n. 18123
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