
Area Tematica: Personale a.t.a.
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Personale/ATA: collaboratori scolastici
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Gentile Redazione, una collaboratrice scolastica viene nominata in ruolo a decorrere dal 1° settembre 2021. La dipendente è positiva al Covid-19 e si negativizza a fine mese, prendendo effettivo servizio il 27/09 u.s.
Trattandosi di personale a tempo indeterminato, sono a chiedere se la decorrenza economica del contratto sia dal 27 settembre - data dell'effettiva presa di servizio - o se, invece, la si debba far coincidere con quella giuridica dell'1/09, come suggerito dall'UST.
Gentile utente,
il collaboratore nel corso delle assunzioni 2021/22, prenderà servizio il 1° settembre presso la scuola che gli è stata assegnata. Occorre presentarsi di persona, altrimenti la conseguenza è la perdita dell’impiego.
Ma sono previste eccezioni per casi particolari, in cui è possibile richiedere il differimento della presa di servizio per giustificato motivo. In tal caso, sarà differita anche la decorrenza economica. L’art. 9 del DPR 3/1957 (richiamato anche dall’art. 560 del Dlgs 297/94) prevede che:
“La nomina dell’impiegato che per giustificato motivo assume servizio con ritardo sul termine prefissogli decorre, agli effetti economici, dal giorno in cui prende servizio. Colui che ha conseguito la nomina, se non assume servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina”.
Il differimento della presa di servizio avviene in casi particolari, per cause di forza maggiore indipendenti dalla volontà del lavoratore.
Qualora il dipendente intenda differire la presa di servizio dietro giustificato motivo (malattia, infortunio ed altre casistiche contemplate dalla normativa vigente), il tempo che intercorre tra il giorno stabilito anteriormente per la presa di servizio e quello di effettiva presa di servizio non potrà essere considerato valido ai fini economici: tuttavia, sarà ugualmente considerato dal punto di vista giuridico.
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Sentenza 12/02/2015 n° 2795
Area: Giurisprudenza

Anche nel rapporto di impiego pubblico privatizzato l'atto di dimissioni è negozio unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui venga a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle. Tuttavia, nel sistema scolastico, tale principio va contemperato con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell'attività scolastica e di razionalizzazione del servizio, che impongono che i termini per la presentazione delle domande siano individuati dalla normativa di riferimento, e che, ai sensi dell'art. 10 del d.l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni nella legge 27 dicembre 1989, n. 417, ne individuano la decorrenza dal 1° settembre di ogni anno. (Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto inefficaci le dimissioni di un collaboratore scolastico, presentate in data 26 marzo 2006 e a decorrere dal giorno successivo, essendo tardive con riferimento ai termini previsti dal D.M. 18 novembre 2005, n. 87 per poter essere accettate dalla data richiesta dal dimissionario e per l'A.S. 2006-2007, restando suscettibili di efficacia per la prima successiva data utile del 1° settembre 2007).
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#personale dipendente: cessazione dal servizio e trattamento di quiescenza#dimissionario #cavarzere #ghinoy #riunito
Codice privacy (D.Lgs 196/2003) - Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE. (1)
Area: Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127, recante delega al Governo per l'emanazione di un testo unico in materia di trattamento dei dati personali;
Visto l'articolo 26 della legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2002);
Vista la legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017» e, in particolare, l'articolo 13, che delega il Governo all'emanazione di uno o più decreti legislativi di adeguamento del quadro normativo nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016; (2)
Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea; (2)
Visto il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati); (2)
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni;
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 676, recante delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;
Vista la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati;
Vista la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 2003;
Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze, degli affari esteri e delle comunicazioni;
Emana
il seguente decreto legislativo: (3)
(2) Capoverso inserito dal d.lgs. 101/2018 con effetto a decorrere dal 19 settembre 2018.
(3) Nel presente provvedimento la parola «abbonato», ovunque ricorrente, è stata sostituita dalla parola «contraente» stante il disposto dell'art. 1, comma 12, D.Lgs. 28 maggio 2012, n. 69, con decorrenza dal 1° giugno 2012, come stabilito dall'art. 3, comma 1, del medesimo D.Lgs. 69/2012.
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#privacy e trattamento dei dati personali#abbonare
Sentenza 19/07/2017 n° 17771
Area: Giurisprudenza

Il periodo di prova, nel processo di progressiva formazione del rapporto d'impiego in regime pubblicistico, è elemento costitutivo del perfezionamento della fattispecie, ed ha per obiettivo di consentire all'amministrazione di accertare se il giudizio espresso in sede selettiva sulla preparazione culturale del candidato trovi conferma nella capacità ed attitudine dello stesso in relazione alle mansioni inerenti al posto. Il periodo di prova si distingue dal periodo successivo al superamento della prova per essere il primo sottoposto al verificarsi della condizione risolutiva della conferma in ruolo, la quale, perfeziona la costituzione del rapporto fin dall'origine. Per quanto concerne la ricostruzione di carriera, l'applicazione del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 96, che sancisce il diritto del dipendente alla ricostruzione della carriera anche ai fini economici quando la sospensione cautelare è superiore a quella disciplinare, si riferisce ai soli rapporti d'impiego pubblico già perfezionati per il positivo esito della prova. Invece, la norma generale sulla nomina in prova è contenuta nell'art. 9 del medesimo DPR 3/1957 che, al comma 2, disciplina l'ipotesi del ritardo giustificato nell'assunzione in servizio (in prova) di un impiegato, stabilendo che ai fini economici la nomina decorra dal giorno in cui egli prende effettivo servizio (cd. principio di corrispettività). (Nel caso di specie trattasi di controversia avente ad oggetto la domanda di ricostruzione di carriera di un dipendente del MIUR sottoposto a sospensione cautelare. La fattispecie rientra "ratione temporis" nel regime pubblicistico del DPR n. 3 del 1957 anteriore alla privatizzazione dell' impiego pubblico)
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#personale dipendente: assunzione e periodo di prova#personale dipendente: questioni retributive#corrispettività #sovrintendente #delegificazione #imprimere #persistere #quadriennio
Ordinanza 18/07/2017
Area: Giurisprudenza

L’art. 485 co.1 d.lgs. 16.4.1994, n. 297 prevede che al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo. La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 , al punto 1 prevede che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Al successivo punto 4 viene previsto che i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive. Si tratta, quindi, di accertare – al fine di stabilire se trovi applicazione il principio di non discriminazione ex clausola 4 accordo quadro in ordine al computo dell’anzianità di servizio – se il docente durante gli anni di servizio a tempo determinato e il docente comparabile durante il corrispondente periodo a tempo indeterminato svolgano lavori della stessa natura, nelle medesime condizioni di formazione. Ciò premesso, deve essere pregiudizialmente rinviata alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione concernente l’ interpretazione della clausola 4 punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato in merito ai seguenti punti: 1)se, ai fini dell’applicazione del principio di non discriminazione ex clausola 4 accordo quadro, la circostanza riguardante l’iniziale verifica oggettiva della professionalità, mediante concorso pubblico, con esito positivo, costituisca un fattore riconducibile alle condizioni di formazione, di cui il giudice nazionale deve tener conto al fine di stabilire se sussista la comparabilità tra la situazione del lavoratore a tempo indeterminato e quella del lavoratore a tempo determinato, nonché al fine di accertare se ricorra una ragione oggettiva idonea a giustificare un diverso trattamento tra lavoratore a tempo indeterminato e lavoratore a tempo determinato; 2)se il principio di non discriminazione ex clausola 4 accordo quadro osti a una norma interna, quale quella dettata dall’art. 485 co.1 d.lgs. 16.4.1994, n. 297, la quale dispone che, ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio al momento dell’immissione in ruolo con contratto a tempo indeterminato, fino a quattro anni il computo dei servizi svolti a tempo determinato si effettua per intero, mentre per quelli ulteriori si riduce di un terzo a fini giuridici e di due terzi a fini economici, in ragione sia della mancanza, ai fini dello svolgimento di lavoro a tempo determinato, di un’iniziale verifica oggettiva della professionalità, mediante concorso pubblico, con esito positivo, che in ragione dell’ obiettivo di evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico. (Nel caso di specie il Tribunale di Trento, stante il rinvio pregiudiziale alla Corte Europea, ha sospeso il giudizio con il quale una docente, assunta a tempo indeterminato dalla Provincia Autonoma di Trento, aveva richiesto il diritto al computo per intero – ai fini della determinazione dell’anzianità al momento dell’assunzione a tempo indeterminato (cd. “ricostruzione della carriera”) – dei periodi di servizio da lei precedentemente compiuti presso il medesimo ente in virtù di una pluralità di contratti a tempo determinato).
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#personale docente#tempo #anzianità #servizio #determinare #accordo #lavoratore #clausola #fine #ruolo #computo
Sentenza 12/12/2007 n° 26084
Area: Giurisprudenza

A seguito della contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico del personale scolastico e della generale attribuzione alle istituzioni scolastiche, ex art. 14 del d.P.R. n. 275 del 1999, delle funzioni (non riservate all'Ufficio Scolastico Provinciale) già di competenza dell'amministrazione centrale e periferica relative allo stato giuridico ed economico del personale, spetta al dirigente dell'istituzione scolastica ove il dipendente presta lavoro il potere di dispensarlo dal servizio per motivi di salute ai sensi dell'art. 129 del d.P.R. n. 3 del 1957 o di licenziarlo per i motivi previsti dalla contrattazione collettiva. (Nel caso di specie la Cassazione ha confermato il provvedimento di dispensa dal servizio per inidoneità fisica emanato dal dirigente scolastico a seguito di visita medica collegiale che aveva accertato la totale inidoneità di una collaboratrice scolastica alla qualifica di appartenenza e sul presupposto della insussistenza di una diversa utilizzazione compatibile. Successivamente la Suprema Corte, con la Sentenza n. 9129 dell'8 aprile 2008, ha ribadito che l'art. 513 del D.Lgs. n. 297/1994 nella parte in cui attribuisce all'amministrazione scolastica centrale e periferica la competenza ad emettere i provvedimenti di dispensa dal servizio deve ritenersi abrogato per incompatibilità dagli artt. 14 del D.P.R. n. 275/1999 e 25 del D.Lgs. n. 165/2001 i quali attribuiscono al dirigente scolastico la competenza in questione. Per completezza si rileva che ora la questione relativa alla dispensa per inidoneità fisica è stata assorbita (sempre con conferma della competenza DS ai sensi degli artt. 14 del D.P.R. n. 275/1999 e 25 del D.Lgs. n. 165/2001) dalle previsioni del DPR 27/07/2011 n. 171 recante il Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato in caso di permanente inidoneità. psicofisica, a norma dell'articolo 55-octies del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. L'art. 8 del citato DPR prevede che nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica assoluta al servizio del dipendente, il Dirigente, previa comunicazione all'interessato entro 30 giorni dal ricevimento del verbale di accertamento medico, risolve il rapporto di lavoro e corrisponde, se dovuta l' indennità sostitutiva del preavviso.)
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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale ata#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#inidoneità #dirigente #dispensa #dpr #istituzione #como #licenziamento #competenza #motivo #lavoro
Sentenza 24/08/2016 n° 17307
Area: Giurisprudenza

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, comma 9, prevede che nelle ipotesi di sospensione cautelare dal servizio e di infrazione disciplinare di natura e gravità tale da giustificare il licenziamento, l'azione disciplinare nei confronti del dipendente dimessosi debba essere iniziata e/o proseguita, nel rispetto dei termini di cui allo stesso art. 55 bis, non rilevando che le dimissioni siano intervenute in epoca antecedente all'avvio del procedimento. Infatti, sussiste per l'Amministrazione la necessità di accertare se sussista o meno la responsabilità disciplinare per impedire, in caso di accertamento positivo, che il dipendente dimessosi possa essere riammesso in servizio, possa partecipare a successivi concorsi pubblici o possa fare valere il rapporto dì impiego come titolo per il conferimento di incarichi da parte della P.A.. Non rileva, inoltre, in alcun modo il motivo per il quale la facoltà di recesso sia stata esercitata dal dipendente, poichè la Pubblica Amministrazione ha il potere/dovere di accertarne la responsabilità, ai fini di cui sopra, non solo quando le dimissioni siano state strumentalmente presentate per evitare l'iniziativa disciplinare, ma anche nella ipotesi in cui le determinazioni del singolo prescindano da detto intento.
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#personale dipendente: cessazione dal servizio e trattamento di quiescenza#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#dimissione #dipendente #cessazione #bis #licenziamento #ipotesi #avviare #infrazione #legislatore #impiego
Sentenza 05/10/2017 n° 241
Area: Giurisprudenza

Deve essere distinto il riconoscimento del servizio prestato presso le scuole paritarie ai fini dell’inserimento nella graduatoria ad esaurimento dal riconoscimento di detto servizio ai fini del trasferimento. Infatti, l’insegnamento presso scuole paritarie può costituire titolo valido ai fini del posizionamento in graduatoria, in quanto esperienza lavorativa assimilabile a quella svolta presso scuole pubbliche, ma tale titolo non può essere riconosciuto anche ai fini del trasferimento e della ricostruzione della carriera dal momento che il suddetto servizio non è stato espletato alle dipendenze del medesimo datore di lavoro. Né in contrario rileva il disposto dell’art. 1 della legge n.62/2000 dal quale si ricava unicamente un principio di equivalenza tra il servizio d’insegnamento svolto nelle scuole Statali e quello svolto nelle scuole paritarie, solo ai fini dell’inserimento nelle GAE. Dal momento che il servizio prestato presso la scuola paritaria rimane, comunque, servizio prestato presso un diverso datore di lavoro, risulta, pertanto, ragionevole la sua esclusione ai fini del punteggio per il trasferimento. Né rileva l’art. 485 d.lgs. 297/1994 il quale prevede che il servizio prestato dai docenti di scuola elementare, nel periodo pre-ruolo, nelle scuole parificate è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. Infatti, stante la diversità di regime e non equivalenza tra scuole parificate e scuole paritarie, la norma dell’art. 485 non può dirsi applicabile analogicamente alle paritarie o a quelle scuole parificate che abbiano chiesto e ottenuto di essere riconosciute quali paritarie. (Nel caso di specie il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato il ricorso con il quale una docente aveva chiesto la dichiarazione di illegittimità della procedura di mobilità, per disparità di trattamento per indebita assegnazione al di fuori della provincia ove aveva avuto l’incarico, nonchè la rettifica del punteggio con il riconoscimento anche del servizio pre ruolo svolto nelle scuole paritarie)
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#personale dipendente: trasferimento#personale docente#scuola #servizio #prestare #fine #punteggio #trasferimento #graduatoria #mobilità #riconoscimento #ruolo
Ordinanza 07/02/2018 n° 2978
Area: Giurisprudenza

Alla stregua delle fonti normative che disciplinano la tutela antinfortunistica dei dipendenti pubblici (cfr artt. 124 e 127, secondo comma, d.P.R. 30 giugno 1965,n. 1124 del 1965; art. 2 del d.m. 10 ottobre 1985) va escluso il diritto dei suddetti dipendenti all'indennità giornaliera per inabilità temporanea. L'indennità giornaliera per inabilità temporanea costituisce una prestazione economica, a carattere assistenziale, diretta ad assicurare al lavoratore mezzi di sostentamento finché si protrae la condizione di inabilità ostativa all'espletamento della prestazione lavorativa da parte dell'infortunato, sicché tale finalità viene meno per il lavoratore pubblico che, nello stesso periodo, percepisce per intero la retribuzione. Infatti, la tutela economica dei dipendenti pubblici, nel periodo di astensione dal lavoro per infortunio, è assicurata dalla intera retribuzione erogata dal datore di lavoro ( per i dipendenti della Scuola cfr art. 20 del CCNL 2007). (Nel caso di specie la Suprema Corte, conformandosi ai principi già affermati con la Sentenza n. 21325 del 14 settembre 2017, ha cassato la Sentenza della Corte di Appello di Napoli, che, invece, aveva riconosciuto il diritto di un collaboratore scolastico all'indennità temporanea assoluta di giorni venti per l'infortunio sul lavoro occorsogli).
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#personale dipendente: infortunio sul lavoro e malattie professionali#inabilità #indennità #infortunio #dipendente #lavoro #inail #retribuzione #sostentamento #prestazione
Sentenza 04/12/2017 n° 28975
Area: Giurisprudenza

La comunicazione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare si pone fuori del termine previsto per la conclusione del procedimento disciplinare. Infatti, la comunicazione all'interessato dell'atto sanzionatorio, per sua natura recettizio, riguarda esclusivamente la fase, successiva, di perfezionamento e di efficacia nei confronti del destinatario della sanzione medesima, e non assume rilievo ai fini del rispetto dell'anzidetto termine di decadenza. ( In senso conforme cfr Cass. 9390/2017, 5317/2017, 19183/2016, 16900/2016) I suesposti principi trovano applicazione anche nei casi in cui viene rilievo la questione della tempestività della conclusione del procedimento disciplinare e, dunque, della decadenza della pubblica amministrazione, datrice di lavoro, dall'azione disciplinare, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, in quanto nessuna delle disposizioni contenute in detta norma prevede che la decadenza dall'esercizio dell'azione disciplinare sia impedita non già dall'adozione del provvedimento sanzionatorio bensì dal fatto che essa sia portata a conoscenza dell'interessato entro il termine di decadenza. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, nel disporre che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, prevede che, in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Nei casi in cui è contestata in sede disciplinare la violazione del suddetto divieto di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, la Pubblica Amministrazione datrice di lavoro, sulla quale, a norma della L. n. 604 del 1966, art. 5, grava l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, può limitarsi a provare, nel caso in cui la giusta causa sia costituita dalla violazione del divieto di espletare incarichi privi dell'autorizzazione, l'avvenuto espletamento di incarichi non autorizzati nella loro oggettività. Grava, invece sul pubblico dipendente, che, ai fini del giudizio di proporzionalità deduca la scarsa rilevanza dell'inadempimento, l'onere di allegare e dimostrare, secondo la regola generale in tema di onere probatorio, la durata, la consistenza in termini quantitativi e qualitativi dell'impegno richiesto dall'espletamento degli incarichi non autorizzati. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato il licenziamento disciplinare irrogato nei confronti di un dipendente pubblico che aveva svolto una serie di incarichi extraistituzionali senza autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza; trattavasi, nello specifico, di incarichi di formazione e di docenza svolti in favore di pubblici dipendenti prima della introduzione, ad opera della L. n. 43 del 2005, della lett. f bis) all'art. 53, comma 6 -che ha previsto, per l'appunto, che per detti incarichi non è richiesta la preventiva autorizzazione- nonché di incarichi svolti nei confronti di terzi soggetti privati)
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#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#incarico #spa #croce #autorizzazione #decadenza #dipendente #corte #motivo #comma
Sentenza 16/11/2016 n° 1269
Area: Giurisprudenza

Viola il principio di separazione tra offerta tecnica e offerta economica e, pertanto, è illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto di servizi in favore di un operatore economico la cui offerta tecnica rechi l’indicazione di una franchigia annuale di 5.000 euro per lavori di manutenzione straordinaria, allorché emerga dai verbali di gara come la previsione di tale franchigia abbia inciso in modo determinante sulla valutazione positiva dell’offerta tecnica. (Nel caso di specie il giudice amministrativo ha apprezzato che la franchigia, che indubbiamente rappresenta un aspetto economico dell’offerta, sia stata impropriamente inserita nell’ambito dell’offerta tecnica, alterando l’imparzialità della valutazione di quest’ultima da parte della commissione. Il vizio è stato ritenuto invalidante ancorché si trattasse di un dato economico marginale nel complesso del contratto da aggiudicare).
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#appalti e contratti pubblici: selezione delle offerte e questioni relative alla gara#franchigia #manutenzione #gara #ditta #aggiudicare #appalto #separazione #alterare #spa #apprezzare
Sentenza 22/05/2018 n° 12568
Area: Giurisprudenza

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di licenziamento, vale a dire una situazione di per sé idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo di cui all'art. 2119 cod. civ. e alla L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3. Infatti, nell'art. 2110 cod. civ., comma 2, si rinviene un'astratta predeterminazione (legislativo-contrattuale) del punto di equilibrio fra l'interesse del lavoratore a disporre d'un congruo periodo di assenze per ristabilirsi a seguito di malattia od infortunio e quello del datore di lavoro di non doversi fare carico a tempo indefinito del contraccolpo che tali assenze cagionano all'organizzazione aziendale. Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva ( per i dipendenti della Scuola cfr art. 17 commi 1 e 2 del CCNL 2007) o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110 cod. civ., comma 2 (La sentenza, pur non riferita all'impiego pubblico, afferma principi generali applicabili anche ad esso e quindi anche in ambito scolastico).
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#comporto #licenziamento #periodo #civ #cod #malattia #assenza #recesso #superamento #intimare
Sentenza 03/05/2017 n° 10695
Area: Giurisprudenza

Sussiste una diversità di disciplina dei congedi straordinari per svolgimento di corsi di dottorato prima e dopo il 1/1/2002, data di entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 che ha riformato la legge n. 476 del 1984. Prima del gennaio 2002 l'amministrazione pubblica di appartenenza non doveva pagare alcun emolumento economico al dipendente posto in congedo straordinario, godendo - il dipendente stesso - di borsa di studio. La legge n. 448 del 2001, art. 52, comma 57, ha, invece, previsto espressamente il pagamento del trattamento economico per i dipendenti pubblici ammessi al dottorato di ricerca senza borsa di studio. Nello stesso tempo, è stato previsto l'obbligo di restituzione nel caso in cui, pur avendo il dipendente frequentato l'intero corso di studi e conseguito il titolo di dottore di ricerca, di sua volontà si dimetta nei due anni successivi. Pertanto, la riforma del 2001 ha ritenuto di contemperare il diritto allo studio del pubblico dipendente con l'interesse della pubblica amministrazione stabilendo, da una parte, l'incondizionata erogazione di un emolumento economico (la borsa di studio o la retribuzione) e, dall'altra, una condizione di stabilità del rapporto di pubblico impiego. (Nel senso che prima dell'entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 era possibile usufruire solamente dell'aspettativa senza retribuzione si veda Cass. 2/9/2013, n. 21625).
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Sentenza 25/10/2017 n° 8703
Area: Giurisprudenza

A decorrere dal 1.1.2006, data di entrata in vigore del C.C.N.L. Comparto Scuola stipulato il 27.11.2007, il personale in servizio all'estero ha diritto a percepire la medesima retribuzione del personale metropolitano, avendo l'Indennità Integrativa Speciale, pienamente conglobata nella voce stipendio, assunto natura retributiva e non potendo essere bilanciata dall'assegno di sede, volto a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all'estero. Pertanto, la clausola contrattuale di cui alla nota a verbale dell'art. 76 del CCNL Comparto Scuola del 24/07/2003 va interpretata nel senso che la ritenuta relativa all'Indennità Integrativa Speciale sullo stipendio, ivi stabilita, per il personale in servizio all'estero deve ritenersi non applicabile con riferimento al successivo CCNL Comparto Scuola del 29/11/2007, non essendo in tale contratto reiterata la relativa previsione Infatti, con il conglobamento nella voce “stipendio tabellare, l'Indennità Integrativa Speciale ha acquisito fisionomia di elemento retributivo, sicché non è sostenibile una sua incompatibilità con l'assegno di sede, previsto dall'articolo 27 del D.Lgs. n. 62 del 1998, che non ha carattere retributivo ed è corrisposto per sopperire agli oneri derivanti dal servizio all'estero. (In senso conforme si è espressa, la Suprema Corte, con la Sentenze n. 23058 del 30 ottobre 2014 e, da ultimo, con l'Ordinanza 16/11/2017, n. 27220 seppur in fattispecie relative a personale scolastico con qualifica dirigenziale con riferimento all'art. 52 del CCNL Area V 11 aprile 2006).
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#personale dipendente: questioni retributive#estero #indennità #stipendio #ccnl #servizio #personale #voce #assegno #trattenuta #comparto
Sentenza 14/01/2009 n° 36
Area: Giurisprudenza

Nell'ambito della procedura di valutazione del punteggio per l'inserimento/aggiornamento nelle graduatorie d'istituto, la previsione contenuta nel bando di cui al d.m. 21 luglio 2007, n. 53, all’allegato A (tabella di valutazione dei titoli), punto D, n. 3 (che considera , fra i titoli di servizio relativi a particolari attività d’insegnamento svolte presso svariate strutture, anche i corsi “presso enti pubblici o da questi ultimi autorizzati e controllati”, attribuendo “per ogni mese o frazione superiore a 15 giorni” punti 0,50, “fino a un massimo di punti 3 per ciascun anno scolastico”) e la successiva nota 19 dello stesso allegato A, (secondo cui “i servizi prestati con contratti atipici, non da lavoro dipendente, ove stipulati nelle scuole non statali per insegnamenti curriculari rispetto all’ordinamento delle scuole stesse e svolti secondo le medesime modalità continuative delle corrispondenti attività d’insegnamento delle scuole statali, debitamente certificati con la data di inizio e termine del servizio stesso, sono valutati per l’intero periodo, secondo i medesimi criteri previsti per i contratti di lavoro dipendente”) rendono legittima la vautazione, da parte dell'amministrazione scolastica, nella classe di concorso C500 (tecnica dei servizi ed esercitazioni pratiche di cucina) di un periodo di servizio annuale, superiore ai tre mesi, per attività didattiche (anche se eterogenee, spaziando, nel tempo, dagli elementi di anatomia alla tecnica alberghiera) prestate nell’ambito di progetti formativi per figure professionali, nei settori turistico, alberghiero e del benessere personale, di durata anche variabile, ma ricompresa tra gli otto ed i dieci mesi, per un numero di ore tra le 200 e le 600 (2005), con un impegno che non è mai sceso sotto la media delle sette ore settimanali.
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#spaziare #giorni #fino #presso #impossibile #coordinato #cardare
Sentenza 06/05/2016 n° 95
Area: Giurisprudenza

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, che stabilisce, nell'àmbito del lavoro pubblico, che le ferie, i riposi e i permessi siano obbligatoriamente goduti secondo le previsioni dei rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere «in nessun caso» trattamenti economici sostitutivi. Il legislatore correla il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie. La normativa in questione si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla “monetizzazione” delle ferie non godute e mira a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro. Del resto la prassi amministrativa e la magistratura contabile convergono nell'escludere dall'àmbito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro. Inoltre, le pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, riconoscono al lavoratore il diritto di beneficiare di un'indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti una previsione negoziale esplicita che consacri tale diritto, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di “monetizzare” le ferie (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 ottobre 2000, n. 13860; Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 8 ottobre 2010, n. 7360). Così correttamente interpretata, la disciplina impugnata non pregiudica il diritto alle ferie, come garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma terzo). dalle fonti internazionali (Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157) e da quelle europee (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, poi confluita nella direttiva n. 2003/88/CE, che interviene a codificare la materia). Infatti, tale diritto inderogabile sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore.
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#godere #godimento #direttiva #divieto #monetizzazione #trattamento #rafforzamento #rimettere #cessazione #invarianza
Sentenza 02/03/2017 n° 5317
Area: Giurisprudenza

Nel procedimento disciplinare, la comunicazione al dipendente dell'atto sanzionatorio, per sua natura recettizio, si colloca al di fuori del procedimento medesimo, riguardando esclusivamente la fase, successiva, di perfezionamento e di efficacia nei confronti del destinatario della sanzione medesima, e non assume rilievo ai fini del rispetto dell'anzidetto termine di decadenza. Infatti, la normativa sul procedimento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, di cui agli artt. 55 bis e seguenti del D.Lgs. n. 165 del 2001, non prevede che la sanzione debba essere portata a conoscenza dell'interessato entro il termine di decadenza, per cui l'effetto impeditivo si produce con la formazione dell'atto, a prescindere dalla sua successiva comunicazione. Nell'accertamento della sussistenza di determinati fatti e della loro idoneità a costituire giusta causa di licenziamento, il giudice del lavoro può fondare il suo convincimento sugli atti assunti nel corso delle indagini preliminari, ivi comprese le intercettazioni telefoniche, anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento, giacchè la parte può sempre contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti acquisiti in sede penale. (Nel caso di specie la Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza della Corte di Appello, ha ritenuto tempestiva l' adozione della sanzione disciplinare, rilevando che l'UPD aveva acquisito la notizia il 27 aprile 2012 ed aveva irrogato il licenziamento il 23 agosto 2012, nel rispetto, quindi, del termine perentorio di legge, non avendo a tal fine rilievo la data della successiva comunicazione all'interessato).
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#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#procedimento #licenziamento #ufficio #agenzia #cass #intercettazione #atto #cpc #corte
Sentenza 15/01/2018 n° 340
Area: Giurisprudenza

Il diritto all’istruzione dello studente disabile, in quanto parte del servizio scolastico, appartiene alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, rientrando nella materia dei pubblici servizi ex art. 133 comma 1 cpa. In quanto materia di giurisdizione esclusiva, al GA spetta anche la tutela dei diritti fondamentali, ancorchè la loro lesione sia derivata da un comportamento materiale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della PA. Il provvedimento con cui la PA ha attribuito allo studente disabile un numero limitato di ore di sostegno, in mancanza di un documento tecnico che ne stabilisca la finalità concreta e le quantifichi espressamente, è illegittimo in quanto la PA era obbligata ad adottare tempestivamente il PEI per l’a.s. in corso e a darvi esecuzione. (Nel condannare l’Amministrazione scolastica alla tempestiva redazione del PEI, il TAR ha previsto per il caso di inadempimento la nomina di un Commissario ad acta per il compimento di tutte le attività necessarie a dare esecuzione alla pronuncia.)
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#istruzione primaria#studenti: integrazione e disabilità#sostegno #redazione #amministrazione #esecuzione #documento #diritto #quantificare #istruzione #commissario #numero
Ordinanza 21/04/2017 n° 1662
Area: Giurisprudenza

Va respinta la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 20 del 2007##226L, resistendo la stessa alle censure formulate, avendo evidenziato come la prescrizione di vaccinazioni obbligatorie per l’accesso ai servizi educativi comunali, oltre ad essere coerente con il sistema normativo generale in materia sanitaria e con le esigenze di profilassi imposte dai cambiamenti in atto (minore copertura vaccinale in Europa e aumento dell’esposizione al contatto con soggetti provenienti da Paesi in cui anche malattie debellate in Europa sono ancora presenti), non si ponga in conflitto con i principi di precauzione e proporzionalità. (La vicenda giudiziaria riguarda l’iscrizione alla scuola dell’infanzia e la delibera del Comune di Trieste che, modificando il regolamento delle scuole materne comunali e dei servizi per la prima infanzia, ha posto quale requisito per l'accesso a detti servizi comunali l'assolvimento dell'obbligo vaccinale. Per l’iscrizione alla scuola dell’obbligo si applica la disposizione contenuta nell’art. 1 del D.P.R. n. 355 del 1999 che, confermata la doverosità delle vaccinazioni obbligatorie, esplicitamente dispone che “La mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dell'alunno alla scuola dell'obbligo o agli esami”. Le vaccinazioni obbligatorie sono: antidifterica (Legge del 6 giugno 1939 n. 891 – Legge del 27 aprile 1981 n. 166); antitetanica (Legge del 20 marzo 1968 n. 419); antipoliomielitica (Legge del 4 febbraio 1966 n. 51); antiepatitevirale B (Legge del 27 maggio 1991 n. 165) Fattispecie ratione temporis precdente il DL n. 73/2017).
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#enti locali#genitori: responsabilità genitoriale#studenti: iscrizioni#scuola e salute#barzazi #bellomo #fallacia #rasoio
Sentenza 18/01/2018 n° 1106
Area: Giurisprudenza

La regola principale cui ogni conducente (nel caso concreto di scuolabus) deve attenersi è quella della salvaguardia dell'incolumità propria ed altrui, dettata dall'art. 140, comma 1, Codice della strada, tanto che, su qualsiasi altra esigenza (di circolazione, di celerità, di efficienza d'un servizio), prevale per la nostra legge sempre e comunque la salvaguardia dell'incolumità delle persone. Con specifico riguardo alla condotta dei conducenti rispetto ai pedoni, il successivo art. 191, comma 3, Codice della strada stabilisce che i conducenti devono comunque prevenire situazioni di pericolo che possano derivare da comportamenti scorretti o maldestri di bambini o di anziani, quando sia ragionevole prevederli in relazione alla situazione di fatto. Le due norme, lette nel loro insieme, stabiliscono che il conducente di un veicolo a motore, massimamente quando si tratti di veicoli di ingombranti dimensioni come gli autobus, prima di eseguire qualsiasi manovra deve accertarsi non solo che nel raggio d'azione del mezzo non vi siano pedoni, ma anche che non possano ragionevolmente entrarvi od interferirvi. Il conducente di un mezzo di ingombranti dimensioni, dunque, ha l'obbligo di non iniziare o proseguire alcuna manovra, quando avvisti intorno a sé pedoni che tardino a scansarsi, e che possano teoricamente interferire coi movimenti del mezzo, adeguando coerentemente la propria condotta di guida, e all'occorrenza arrestando la marcia. (Nel caso in esame, un bambino di quattro anni, dopo essere sceso dallo scuolabus ed essere stato recuperato dalla madre che lo aveva preso in braccio, era immediatamente caduto, rimanendo investito e riportando ferite a seguito delle quali era deceduto. La Corte di Cassazione ha pertanto stabilito il principio in base al quale il conducente di uno scuolabus non deve riprendere la marcia, dopo aver fatto discendere i passeggeri, “sino a quando questi ultimi non si siano portati a debita distanza dal mezzo, ovvero non si trovino in condizioni di non interferenza con le manovre di esso”. Fattispecie ovviamente precedente all’art.19 bis del D.L. n.148/2017).
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#responsabilità civile#conducente #pedone #scuolabus #strada #condotta #marcia #veicolo #madre #bambino #bus
Sentenza 25/08/2010 n° 31634
Area: Giurisprudenza

Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, mentre il singolo docente ha la competenza per la valutazione in itinere degli apprendimenti dell’alunno in relazione alla propria materia, le competenze relative alla valutazione periodica e finale dell’attività didattica e degli apprendimenti degli alunni spettano al Consiglio di classe, con la presenza della sola componente docente nella sua interezza, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Pertanto, i voti di profitto e di condotta degli alunni, ai fini della promozione alle classi successive alla prima, sono deliberati dal consiglio di classe al termine delle lezioni, con la sola presenza dei docenti, ai sensi dell’art. 193, comma 1, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Il Consiglio di classe, costituito da tutti i docenti della classe, è presieduto dal Dirigente scolastico. Nell'attività valutativa opera come un collegio perfetto e come tale deve operare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici. Pertanto, qualora un docente sia impedito a partecipare per giustificati motivi, il Dirigente scolastico deve affidare l'incarico di sostituirlo ad un altro docente della stessa materia in servizio presso la stessa scuola. Il Dirigente scolastico può delegare la presidenza del Consiglio ad un docente che faccia parte dello stesso organo collegiale. La delega a presiedere il Consiglio deve risultare da provvedimento scritto (è sufficiente l'indicazione anche nell'atto di convocazione dell'organo) e deve essere inserita a verbale. Nella fattispecie concreta, è stato dichiarato illegittimo, e annullato, il provvedimento di non ammissione alla classe successiva deliberato dal Consiglio di classe senza la presenza dei due docenti di spagnolo e di informatica, presenza necessaria pur trattandosi di materie extracurricolari essendo tali materie inserite nel giudizio finale con le rispettive votazioni, che hanno oltretutto fatto media.
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#atto e documento amministrativo#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#procedimento amministrativo#ginnasio #quorum #scoliosi
n° 424
Area: Normativa

[1. Nei limiti di cui al successivo articolo 497, sono esclusi dai concorsi a posti del personale ispettivo tecnico, con provvedimento motivato del direttore generale, oltre coloro che risultino sforniti dei requisiti prescritti, coloro che abbiano riportato, dopo la nomina nei ruoli del personale della scuola, la sanzione disciplinare superiore alla censura, salvo che sia intervenuta la riabilitazione.]
(1) Articolo abrogato dal D.L. n. 1/2020, convertito con modificazioni dalla Legge n. 12/2020, con la decorrenza di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis del medesimo D.L. 1/2020. Successivamente tale articolo è stato abrogato dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#valutazione delle istituzioni scolastiche#sfornire #censura #riabilitazione
n° 420
Area: Normativa

1. L'accesso alla sezione dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive, di cui all'articolo 419, comma 1, si consegue mediante concorsi per titoli ed esami, [distinti a seconda dei contingenti risultanti dalla ripartizione di cui al comma 1 dell'articolo 419] (3).
2. Ai concorsi di cui al comma 1 sono ammessi:
a) i dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche ed educative statali;
b) il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali che abbia superato il periodo di prova e che abbia maturato un'anzianità complessiva, nel profilo di appartenenza o anche nei diversi profili indicati nel presente comma, di almeno dieci anni (4) .
2-bis. Per l'ammissione ai concorsi, i soggetti di cui al comma 2 devono essere in possesso di uno tra i seguenti titoli di studio:
a) laurea magistrale;
b) laurea specialistica;
c) diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 2 del 4 gennaio 2000;
d) diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
e) diploma accademico di vecchio ordinamento congiunto con diploma di istituto secondario superiore (5) .
[3. Per l'ammissione ai concorsi di cui al presente articolo è richiesto il possesso della laurea, salvo i casi in cui, limitatamente all'istruzione artistica, per l'accesso all'insegnamento o a posti di preside, essa non sia prevista.] (6)
[4. Il personale docente ed educativo deve avere una anzianità complessiva di effettivo servizio di ruolo di almeno 9 anni.] (6)
[5. Ai fini dell'ammissione ai concorsi ispettivi, sono da considerare equiparati agli appartenenti ai ruoli del personale docente del tipo di scuola, cui si riferiscono i concorsi medesimi, coloro i quali vi abbiano appartenuto in passato e conservino titolo alla restituzione ai detti ruoli.] (6)
6. I concorsi a posti di dirigente tecnico con funzioni ispettive sono indetti ogni due anni dal Ministero dell'istruzione, nei limiti dei posti vacanti e disponibili [nei contingenti relativi ai vari gradi e tipi di scuola, e tenuto conto dei settori d'insegnamento] (7) .
7. Con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti:
a) le modalità di svolgimento del concorso e dell'eventuale preselezione, nonché le modalità di pubblicazione del bando e dei successivi adempimenti informativi;
b) le prove e i programmi concorsuali, nonché i titoli valutabili;
c) le modalità di individuazione e di nomina delle Commissioni esaminatrici di cui all'articolo 421;
d) la valutazione della eventuale preselezione;
e) la valutazione delle prove e dei titoli;
f) la quantificazione e le modalità di versamento da parte dei candidati di un diritto di segreteria da riassegnare al Ministero dell'istruzione e del merito;
g) le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo e di cui agli articoli 421, 422, 423 e 430 (8) .
7.1. Le singole prove scritte e la prova orale si intendono superate con una valutazione pari ad almeno sette decimi o equivalente. Il decreto di cui al comma 7 può definire, altresì, una eventuale soglia di superamento della prova preselettiva, anche diversa da quella di cui al primo periodo, nonché un eventuale numero massimo di candidati ammessi alle prove scritte (9) .
7-bis. I bandi di concorso possono prevedere una riserva fino al 10 per cento dei posti messi a concorso per i soggetti che, avendo i requisiti per partecipare al concorso, abbiano ottenuto l'incarico di dirigente tecnico, ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e abbiano svolto le relative funzioni ispettive per almeno tre anni, entro il termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, presso gli uffici dell'amministrazione centrale o periferica del Ministero dell'istruzione (10) .
(1) Rubrica modificata dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
(2) Articolo abrogato dal D.L. n. 1/2020, convertito con modificazioni dalla Legge n. 12/2020, con la decorrenza di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis del medesimo D.L. 1/2020. Successivamente tale articolo è stato sostituito dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
(3) Comma così modificato dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
(4) Comma sostituito dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021 e successivamente dal D.L. n. 44/2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 74/2023.
(5) Comma inserito dal D.L. n. 44/2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 74/2023.
(6) Comma abrogato dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
(7) Comma modificato dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
(8) Comma sostituito dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021. e successivamente dal D.L. n. 44/2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 74/2023.
(9) Comma inserito per effetto della sostituzione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), numero 3), del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 21 giugno 2023, n. 74.
(10) Comma aggiunto dal D.L. n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2021.
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#valutazione del personale#istitutore #istitutrice
n° 436
Area: Normativa

1. Per il personale docente le nomine sono conferite nei limiti di cui agli articoli 442 e 470, comma 1. L'assegnazione della sede è disposta, secondo l'ordine di graduatoria, tenuto conto delle preferenze espresse dagli aventi diritto con riferimento sia alle cattedre e posti disponibili negli istituti e scuole sia ai posti delle dotazioni organiche aggiuntive.
2. Nel caso di mancata accettazione della nomina entro il termine stabilito, e di accettazione condizionata, l'interessato decade dalla nomina. La rinuncia alla nomina in ruolo comporta la decadenza dalla graduatoria per la quale la nomina stessa è stata conferita.
3. Il personale, che ha accettato la nomina con l'assegnazione della sede, decade da eventuali precedenti impieghi pubblici di ruolo e non di ruolo, con effetto dalla data stabilita per l'assunzione del servizio. La cattedra o il posto precedentemente occupato è immediatamente disponibile a tutti gli effetti, qualora trattasi di personale contemplato dal presente testo unico.
4. Decade parimenti dalla nomina il personale, che, pur avendola accettata, non assume servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito.
5. Il personale scolastico di ruolo in servizio all'estero, il quale ha seguito del superamento di un concorso possa accedere ad altro ruolo, può chiedere la proroga dell'assunzione in servizio e dell'effettuazione del relativo periodo di prova, per un periodo non superiore a tre anni. I relativi effetti giuridici ed economici decorrono dalla data di effettiva assunzione del servizio.
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#personale dipendente: assunzione e periodo di prova#personale docente#cattedra #graduatoria #rinuncia #proroga
n° 509
Area: Normativa

[1. (1)]
2. Il personale in servizio al 1° ottobre 1974, che debba essere collocato a riposo per limiti di età e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio richiesto per il massimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento della pensione nella misura massima e non oltre il settantesimo anno di età.
3. Il personale, che, al compimento del 65° anno di età, non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il 70° anno di età.
[4. (2)]
5. Al personale di cui al presente titolo è attribuita, come alla generalità dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, la facoltà di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti.
6. Ai soli fini del computo del trattamento di quiescenza la decorrenza per il collocamento a riposo del personale rimane fissata al 1° ottobre ed al 10 settembre, a seconda che il personale stesso sia stato assunto prima della data di entrata in vigore della legge 4 agosto 1977, n. 517, ovvero successivamente alla data medesima.
(1) Comma abrogato per effetto dell'art. 4, comma 1, D.P.R. 28 aprile 1998, n. 351, come modificato dall'art. 3, comma 1, D.P.R. 11 gennaio 2001, n. 101.
(2) Comma abrogato per effetto dell'art. 4, comma 1, D.P.R. 28 aprile 1998, n. 351.
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#personale dipendente: cessazione dal servizio e trattamento di quiescenza#età #riposo #collocamento #raggiungere #pensione #personale #anno #dpr #limite #trattenere
n° 69
Area: Normativa

1. Dopo l'articolo 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono inseriti i seguenti:
«Art. 55-bis (Forme e termini del procedimento disciplinare). - 1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l'addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa. Dopo l'espletamento dell'eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell'addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all'ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l'addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l'eventuale sospensione ai sensi dell'articolo 55-ter. Il termine per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l'ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell'infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell'ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell'addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all'uso della posta elettronica certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. E' esclusa l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell'istruttoria, il capo della struttura o l'ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell'incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all'applicazione, da parte dell'amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell'illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un'altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest'ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell'addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale). - 1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l'irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l'autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all'esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell'articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l'autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell'articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.
Art. 55-quater (Licenziamento disciplinare). - 1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso.
Art. 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni). - 1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.
Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilità per l'esercizio dell'azione disciplinare). - 1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta l'applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all'entità del risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33, comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l'eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.
4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
Art. 55-septies (Controlli sulle assenze). - 1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall'articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall'articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata.
3. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta l'applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
5. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto all'amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità dell'ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3.
Art. 55-octies (Permanente inidoneità psicofisica). - 1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 2, comma 2, l'amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell'idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell'Amministrazione;
b) la possibilità per l'amministrazione, nei casi di pericolo per l'incolumità del dipendente interessato nonché per la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in attesa dell'effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;
c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in seguito all'effettuazione della visita di idoneità;
d) la possibilità, per l'amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità.
Art. 55-novies (Identificazione del personale a contatto con il pubblico). - 1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.
2. Dall'obbligo di cui al comma 1 è escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.».
KEYWORDS
#procedimento #amministrazione #dipendente #sanzione #sospensione #licenziamento #infrazione #caso #comma #servizio
n° 1 COMMA 99
Area: Normativa

99. Per i soggetti assunti nelle fasi di cui alle lettere b) e c) del comma 98, l'assegnazione alla sede avviene al termine della relativa fase, salvo che siano titolari di contratti di supplenza diversi da quelli per supplenze brevi e saltuarie. In tal caso l'assegnazione avviene al 1° settembre 2016, per i soggetti impegnati in supplenze annuali, e al 1° luglio 2016 ovvero al termine degli esami conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria di secondo grado, per il personale titolare di supplenze sino al termine delle attività didattiche. La decorrenza economica del relativo contratto di lavoro consegue alla presa di servizio presso la sede assegnata.
KEYWORDS
#personale dipendente: assunzione e periodo di prova#personale docente#decorrenza
n° 25
Area: Normativa

1. Nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 12, le procedure dei concorsi per soli titoli indetti con i decreti del Ministro della pubblica istruzione in data 12 luglio 1989, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - 4ª serie speciale - n. 55 del 21 luglio 1989, per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, dei licei artistici e degli istituti d'arte, possono essere completate entro il termine del 31 dicembre 1989, ai fini dell'effettuazione delle nomine sul contingente dei posti disponibili e vacanti riferiti all'anno scolastico 19891990. Tali nomine hanno decorrenza giuridica dal 1° settembre 1989 ed effetti economici dalla data di effettiva assunzione del servizio.
2. Sempre nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 12, le procedure degli analoghi concorsi per soli titoli indetti con i decreti del Ministro della pubblica istruzione in data 12 luglio 1989, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale indicata al comma 1, per l'accesso ai ruoli del personale docente ed assistente, delle assistenti educatrici, degli accompagnatori al pianoforte e dei pianisti accompagnatori dei conservatori di musica e delle Accademie possono essere parimenti completate entro il termine del 31 dicembre 1989, ai fini dell'effettuazione delle nomine sul contingente dei posti disponibili e vacanti riferibili all'anno scolastico 1989-90. Tali nomine hanno decorrenza giuridica dal 1° ottobre 1989 ed effetti economici dalla data di effettiva assunzione del servizio.
3. Restano ferme le procedure già espletate e le nomine effettuate in applicazione dei decreti del Ministro della pubblica istruzione di cui ai commi 1 e 2.
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#nomina #data #accompagnatore #completare #contingente #decorrenza #luglio #indire #effettuazione #gazzetta
27/02/2018 n° 467
Area: Prassi, Circolari, Note

Premessa
L'articolo 18-ter, comma 1, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, consente di anticipare all'anno scolastico - calendario annuale 2018/2019 l'applicazione della procedura semplificata delineata dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 nelle regioni e province autonome presso le quali sia istituita un'anagrafe vaccinale, nel rispetto delle modalità operative congiuntamente definite dal Ministero della salute e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Il successivo comma 2 del citato articolo 18-ter dispone che nelle medesime regioni e province autonome, la predetta procedura semplificata è applicabile già per l'anno scolastico e il calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2017/2018, a condizione che il controllo sul rispetto degli adempimenti vaccinali si concluda entro il 10 marzo 2018.
1. Anno scolastico e calendario annuale 2017/2018
1.1 Adempimenti vaccinali relativi ai minori di anni 16 che frequentano le istituzioni scolastiche, educative e formative nelle regioni e province autonome presso le quali non sono istituite anagrafi vaccinali
Entro il 10 marzo 2018, i genitori/tutori/affidatari, che, in base all'articolo 5 del decreto-legge n. 73 del 2017, abbiano presentato la dichiarazione sostitutiva, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dovranno presentare ai servizi educativi per l'infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, ossia: copia del libretto delle vaccinazioni timbrato dal competente servizio della ASL o il certificato vaccinale oppure l'attestazione datata rilasciata dal competente servizio della ASL, che indichi se il soggetto sia in regola con le vaccinazioni obbligatorie previste per l'età.
I genitori/tutori/affidatari che, in alternativa alla presentazione della copia della formale richiesta di vaccinazione, si siano avvalsi della possibilità di dichiarare, ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, di aver richiesto alla ASL di effettuare le vaccinazioni non ancora somministrate (1), nel caso in cui ai minori non siano ancora state somministrate tutte le vaccinazioni obbligatorie, entro il 10 marzo 2018, dovranno dare prova, con documentazione rilasciata dalla Azienda sanitaria locale, di aver presentato alla medesima Azienda la richiesta di effettuazione delle vaccinazioni e che la somministrazione di queste ultime sia stata fissata successivamente alla predetta data. I genitori/tutori/affidatari sono tenuti, non appena assolto l'obbligo vaccinale, a produrre idonea documentazione comprovante l'avvenuto adempimento.
La presentazione, entro il 10 marzo 2018, della documentazione sopra riportata costituisce requisito per continuare a frequentare, fino alla fine dell'anno scolastico o del calendario annuale, i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie.
Nelle ipotesi di mancata presentazione della idonea documentazione nei termini sopra indicati, il diniego di accesso ai servizi sarà reso noto ai genitori/tutori/affidatari del minore mediante comunicazione formale del dirigente scolastico ovvero del responsabile del servizio educativo, adeguatamente motivata.
Si ribadisce che il minore non in regola con gli adempimenti vaccinali ed escluso dall'accesso ai servizi rimarrà iscritto ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia. Il minore sarà nuovamente ammesso ai servizi, successivamente alla presentazione della documentazione richiesta.
Nell'ipotesi di iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, nonché di raggiungimento di posizione utile per effetto dello scorrimento nelle liste di attesa dopo il 10 marzo 2018, il minore avrà accesso ai servizi solo a far data dalla presentazione della documentazione di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017.
In ogni caso, anche con riferimento ai minori iscritti alle altre scuole o ai centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione in questione entro il 10 marzo 2018 sarà segnalata, entro i successivi dieci giorni, dal dirigente scolastico ovvero dal responsabile all'ASL del luogo in cui insistono le singole istituzioni, che, ove la medesima o altra ASL non si sia già attivata per la medesima violazione, avvierà la procedura prevista per il recupero dell'inadempimento, di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017 (cfr. paragrafo 4 della Circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017).
1.2 Adempimenti vaccinali relativi ai minori di anni 16 che frequentano le istituzioni scolastiche, educative e formative nelle regioni e province autonome presso le quali sono istituite anagrafi vaccinali
Nelle regioni e province autonome presso le quali sono istituite anagrafi vaccinali e che intendono avvalersi della procedura semplificata di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017, entro il 10 marzo 2018, i genitori/tutori/affidatari non dovranno presentare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie ovvero l'avvenuta prenotazione delle vaccinazioni non ancora effettuate. In tal caso, entro la predetta data, il rispetto degli adempimenti vaccinali sarà accertato secondo le modalità operative dettate dal documento tecnico di cui all'allegato A alla presente nota, predisposto con il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali (cfr. provvedimento n. 117 del 22 febbraio 2018).
I dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole private non paritarie e dei centri di formazione professionale provvederanno a inviare l'elenco degli iscritti, al corrente anno scolastico, entro il 2 marzo 2018. Le Aziende sanitarie locali, entro il 10 marzo 2018, nel rispetto delle modalità operative dettate dal documento tecnico di cui all'allegato A, restituiranno i predetti elenchi completandoli, ove necessario, con le seguenti diciture: "non in regola con gli obblighi vaccinali", "non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento", "non ha presentato formale richiesta di vaccinazione".
Per soggetto "non in regola con gli obblighi vaccinali" si intende il minore che non risulta vaccinato. Per la verifica dell'adempimento degli obblighi vaccinali si rinvia all'Allegato 2 alla circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017.
Per "formale richiesta di vaccinazione" si intende la richiesta di vaccinazione, contenente le generalità del minore nonché l'indicazione delle vaccinazioni di cui si chiede la somministrazione, inoltrata tramite posta elettronica ordinaria (PEO) o certificata (PEC) ovvero tramite raccomandata con avviso di ricevimento. La formale richiesta equivale all'appuntamento fissato dalla ASL, che dello stesso abbia dato comunicazione all'interessato per iscritto.
Entro il 20 marzo 2018, i dirigenti delle istituzioni del sistema nazionale d'istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie inviteranno per iscritto i genitori/tutori/affidatari dei soli minori indicati nei suddetti elenchi con le diciture "non in regola con gli obblighi vaccinali", "non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento", "non ha presentato formale richiesta di vaccinazione", a depositare, entro dieci giorni dalla ricezione della predetta comunicazione, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda sanitaria locale.
Entro il 30 aprile 2018, i predetti dirigenti scolastici e responsabili trasmetteranno la documentazione fornita dai genitori/tutori/affidatari ovvero comunicheranno l'eventuale mancato deposito, alla Azienda sanitaria locale che, qualora la medesima o altra Azienda sanitaria non si sia già attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provvederà agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, a quello di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73/2017.
Per i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, ai minori non in regola con gli adempimenti vaccinali, i cui genitori/tutori/affidatari non presentino documentazione idonea a dimostrare la regolarità della loro posizione, saranno esclusi dal servizio e potranno essere riammessi solo a decorrere dalla data di presentazione della documentazione medesima.
Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non determinerà il divieto di accesso né impedirà la partecipazione agli esami.
Si fa presente che l'anticipazione del regime previsto dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 non comporterà l'applicazione della misura della decadenza dall'iscrizione (cfr. articolo 18-ter, comma 2, d.l. n. 148/2017).
Nell'ipotesi di presentazione della richiesta di iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia nonché di raggiungimento di posizione utile per effetto dello scorrimento nelle liste d'attesa dopo la data del 10 marzo 2018, il minore, una volta perfezionata l'iscrizione, avrà accesso ai servizi solo a far data dalla effettuazione della verifica da parte della ASL della regolarità della relativa posizione vaccinale. A tal fine, il responsabile del servizio educativo e della scuola dell'infanzia invierà una specifica richiesta di verifica all'Azienda sanitaria locale; nel caso in cui l'accertamento non dia esiti positivi, ai fini dell'accesso al servizio, i genitori/tutori/affidatari saranno invitati a depositare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda sanitaria locale. Resta ferma la possibilità per il minore di avere accesso ai servizi, qualora il genitore/tutore/affidatario presenti, all'atto del perfezionamento dell'iscrizione, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse, o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'Azienda sanitaria locale.
Nelle regioni e province autonome presso le quali sono istituite anagrafi vaccinali che non intendono avvalersi della procedura semplificata di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017, i genitori/tutori/affidatari sono tenuti a presentare la documentazione di cui al paragrafo 1.1, entro il 10 marzo 2018.
Gli assessorati alla sanità delle Regioni a statuto ordinario e speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano che hanno istituito l'anagrafe vaccinale sono invitati a comunicare con la massima sollecitudine agli Uffici scolastici regionali e ai Comuni la modalità operativa, riportata nell'Allegato A, che intendono utilizzare per lo scambio dei dati relativi alla situazione vaccinale degli iscritti alle istituzioni scolastiche/educative e formative. Gli Uffici scolastici regionali e i Comuni provvederanno tempestivamente, e comunque non oltre il 2 marzo 2018, a dare, per il tramite delle istituzioni scolastiche/educative e formative interessate, conseguente informazione alle famiglie in merito alle modalità di certificazione dell'adempimento degli obblighi vaccinali previsti dalla procedura semplificata.
2. Anno scolastico e calendario annuale 2018/2019
2.1 Adempimenti vaccinali relativi ai minori di anni 16 che frequentano le istituzioni scolastiche, formative e educative nelle regioni e province autonome presso le quali non sono istituite anagrafi vaccinali
In attuazione dell'articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale d'istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie provvederanno a richiedere ai genitori/tutori/affidatari, all'atto del perfezionamento dell'iscrizione del minore, la presentazione di idonea documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse, o la formale richiesta di vaccinazione all'Azienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguirà le vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in relazione all'età, entro la fine dell'anno scolastico o la conclusione del calendario annuale. La documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni potrà essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni dovrà essere presentata entro il 10 luglio 2018. Per i casi in cui la procedura di iscrizione avviene d'ufficio la predetta documentazione dovrà essere presentata entro il 10 luglio 2018, senza preventiva presentazione di una dichiarazione resa ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.
La mancata presentazione della predetta documentazione nei termini previsti, è segnalata, entro i successivi dieci giorni, dai dirigenti scolastici e dai responsabili all'Azienda sanitaria locale che, qualora la medesima o altra Azienda sanitaria non si sia già attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provvederà agli adempimenti di competenza ex articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017.
Ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del medesimo decreto-legge, per i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della menzionata documentazione costituisce requisito di accesso.
Al riguardo, valgono le indicazioni già fornite con riferimento all'anno scolastico - calendario annuale 2017/2018 dalla presente nota e dalla circolare congiuntamente adottata dagli scriventi Dicasteri in data 1° settembre 2017.
Si rammenta che per l'anno scolastico e calendario annuale 2018/2019, genitori/tutori/affidatari non potranno avvalersi della possibilità di presentare una dichiarazione sostitutiva dell'avvenuta prenotazione.
Nell'ipotesi di iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, dopo il 10 luglio 2018, il minore avrà accesso ai servizi solo a far data dalla presentazione della documentazione di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017.
2.2 Adempimenti vaccinali relativi ai minori di anni 16 che frequentano le istituzioni scolastiche, formative e educative nelle regioni e province autonome presso le quali sono istituite anagrafi vaccinali
Come rappresentato in premessa, l'art. 18-fer, comma 1, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, consente di anticipare all'anno scolastico-calendario annuale 2018-2019 l'applicazione della procedura semplificata delineata dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 nelle regioni e province autonome presso le quali sia istituita un'anagrafe vaccinale, nel rispetto delle modalità operative congiuntamente definite dal Ministero della salute e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Pertanto, senza pregiudizio per il perseguimento delle finalità di prevenzione che fondano il decreto-legge n. 73 del 2017, i genitori/tutori/affidatari non saranno tenuti a presentare all'atto dell'iscrizione la documentazione prevista dall'articolo 3 del medesimo decreto-legge, in quanto il rispetto degli adempimenti vaccinali sarà accertato secondo le modalità operative dettate dall'allegato A alla presente nota.
I dirigenti delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, delle scuole private non paritarie e dei centri di formazione professionale provvederanno a inviare alle Aziende sanitarie locali l'elenco degli iscritti entro il 10 marzo 2018. Le Aziende sanitarie locali, entro il 10 giugno 2018, nel rispetto delle modalità operative dettate dall'allegato A, restituiranno i predetti elenchi completandoli, ove necessario, con le seguenti diciture: a) "non in regola con gli obblighi vaccinali"; b) "non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento"; c) "non ha presentato formale richiesta di vaccinazione".
Per soggetto "non in regola con gli obblighi vaccinali" si intende il minore che non risulta vaccinato. Per la verifica dell'adempimento degli obblighi vaccinali si rinvia all'Allegato 2 alla circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017.
Per "formale richiesta di vaccinazione" si intende la richiesta di vaccinazione, contenente le generalità del minore nonché l'indicazione delle vaccinazioni di cui si chiede la somministrazione, inoltrata tramite posta elettronica ordinaria (PEO) o certificata (PEC) ovvero tramite raccomandata con avviso di ricevimento. La formale richiesta equivale all'appuntamento per la vaccinazione fissato dalla ASL, che dello stesso abbia dato comunicazione all'interessato per iscritto.
Nei dieci giorni successivi, i dirigenti delle istituzioni del sistema nazionale d'istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie inviteranno per iscritto i genitori/tutori/affidatari dei soli minori indicati nei suddetti elenchi, con le diciture "non in regola con gli obblighi vaccinali", "non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento", "non ha presentato formale richiesta di vaccinazione", a depositare, entro il 10 luglio 2018, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse, o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'Azienda sanitaria locale.
Entro il 20 luglio 2018, i predetti dirigenti scolastici e responsabili trasmetteranno la documentazione fornita dai genitori/tutori/affidatari ovvero comunicheranno l'eventuale mancato deposito, all'Azienda sanitaria locale che, qualora la medesima o altra Azienda sanitaria non si sia già attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provvede agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, a quello di cui all'articolo 1, comma 4, del d.l. n. 73/2017.
Per i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, i minori non in regola con gli adempimenti vaccinali, i cui genitori/tutori/affidatari non presentino documentazione idonea a dimostrare la regolarità della loro posizione, saranno esclusi dal servizio e potranno essere riammessi solo a decorrere dalla data di presentazione della documentazione medesima.
Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non determinerà il divieto di accesso né impedirà la partecipazione agli esami.
Si fa presente che l'anticipazione del regime previsto dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 non comporterà l'applicazione della misura della decadenza dall'iscrizione (cfr. articolo 18-ter, comma 1, d.l. n. 148/2017).
Nell'ipotesi di presentazione della richiesta di iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia nonché di raggiungimento di posizione utile per effetto dello scorrimento nelle liste d'attesa dopo la data del 10 marzo 2018, il minore, una volta perfezionata l'iscrizione, avrà accesso ai servizi solo a far data dalla effettuazione della verifica da parte della ASL della regolarità della relativa posizione vaccinale. A tal fine, il responsabile del servizio educativo e della scuola dell'infanzia invierà una specifica richiesta di verifica all'Azienda sanitaria locale; nel caso in cui l'accertamento non dia esiti positivi, ai fini dell'accesso al servizio, i genitori/tutori/affidatari saranno invitati a depositare la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'Azienda sanitaria locale. Resta ferma la possibilità per il minore di avere accesso ai servizi, qualora il genitore/tutore/affidatario produca, all'atto del perfezionamento dell'iscrizione, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse, o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'Azienda sanitaria locale.
Nelle regioni e province autonome presso le quali sono istituite anagrafi vaccinali che non intendono avvalersi della procedura semplificata di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 i genitori/tutori/affidatari sono tenuti a presentare la documentazione di cui all'articolo 3, comma 1, del d.l. n. 73 del 2017.
Gli Assessorati alla sanità delle Regioni a statuto ordinario e speciale e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano provvederanno a comunicare tempestivamente agli Uffici scolastici regionali e ai Comuni se hanno istituito l'anagrafe vaccinale, indicando quale modalità tecnica, riportata nell'Allegato A alla presente nota, intendano utilizzare per lo scambio dei dati relativi alla situazione vaccinale degli iscritti alle istituzioni scolastiche/educative e formative.
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(1) Cfr. Circolare del Ministero della salute e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 1° settembre 2017 che prevede tale possibilità "limitatamente all'anno scolastico e al calendario annuale 2017/2018, al fine di agevolare le famiglie nell'adempimento dei nuovi obblighi vaccinali".
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n° 5
Area: Normativa

1. È istituito il ruolo unico degli ispettori tecnici con una dotazione organica di seicentonovantasei unità.
2. Essi esercitano le funzioni di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417 .
3. Il Ministro della pubblica istruzione provvede, con proprio decreto, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla ripartizione dei posti tra la scuola materna, elementare e secondaria, nell'ambito dell'Amministrazione centrale e di quella periferica e, relativamente alla scuola secondaria, alla suddivisione per settori disciplinari.
4. Per il reclutamento degli ispettori tecnici si applicano le disposizioni previste dagli articoli 37, 39, 40, 41, 43 e 44 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, numero 417.
5. I vincitori dei concorsi a posti di ispettore tecnico sono assegnati agli uffici scolastici periferici e vi permangono per un periodo non inferiore a tre anni.
6. Agli ispettori tecnici appartenenti al ruolo unico istituito dal presente articolo si applicano le disposizioni di stato giuridico e di trattamento economico concernenti gli ispettori tecnici centrali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 , e successive modificazioni ed integrazioni.
7. Sono soppressi i ruoli degli ispettori tecnici centrali e periferici.
8. Gli ispettori tecnici attualmente in servizio sono inquadrati nel ruolo unico di cui al comma 1 agli effetti giuridici dalla data di entrata in vigore del presente decreto e, agli effetti economici, dal 1° gennaio 1991. Gli ispettori tecnici provenienti dal ruolo degli ispettori tecnici periferici mantengono il trattamento economico in godimento fino alla data del 31 dicembre 1990.
9. Le procedure relative ai concorsi a posti di ispettore tecnico periferico indetti prima della data di entrata in vigore del presente decreto conservano validità ai fini dell'accesso al ruolo unico degli ispettori tecnici. I vincitori dei predetti concorsi sono inquadrati nel ruolo unico degli ispettori tecnici con decorrenza giuridica dalla data dell'atto di nomina e con effetti economici dalla data di effettiva assunzione in servizio e, comunque, da data non anteriore al 1° gennaio 1991. Qualora l'assunzione in servizio avvenga in data antecedente al 1° gennaio 1991, all'interessato spetta, sino a tale data, il trattamento economico già previsto per il soppresso ruolo degli ispettori tecnici periferici.
10. Al fine di potenziare i servizi relativi alle verifiche tecnico-amministrative, la dotazione dei posti di dirigente superiore con funzioni di consigliere ministeriale aggiunto ed ispettore generale, di cui alla tabella IX - quadro A dell'allegato II al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 , e successive modificazioni ed integrazioni, è incrementata di 25 unità. Dette unità sono portate in detrazione alla dotazione organica di 119 posti di ispettore centrale, di cui alla tabella IX - quadro B, dell'allegato II al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 , e successive modificazioni ed integrazioni, dotazione che, per la quota residua di 94 posti, concorre alla determinazione della dotazione organica di seicentonovantasei unità del ruolo unico degli ispettori tecnici di cui al comma 1.
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n° 5-bis
Area: Normativa

1. L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;
b) la sicurezza nazionale;
c) la difesa e le questioni militari;
d) le relazioni internazionali;
e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
g) il regolare svolgimento di attività ispettive.
2. L'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;
c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
3. Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti.
5. I limiti di cui ai commi 1 e 2 si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato. L'accesso civico non può essere negato ove, per la tutela degli interessi di cui ai commi 1 e 2, sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.
6. Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui al presente articolo, l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.
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26/09/2017 n° 2065
Area: Prassi, Circolari, Note

Numero 02065/2017 e data 26/09/2017 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Adunanza della Commissione speciale del 20 settembre 2017
NUMERO AFFARE 01614/2017
OGGETTO:
Regione Veneto.
Richiesta di parere del Presidente della Regione Veneto sull’interpretazione degli articoli 3 e 3-bis della legge 31 luglio 2017, n. 119, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, in ordine all’applicazione delle sanzioni a carico dei genitori, dei tutori o comunque delle figure esercenti la potestà parentale dei bambini che frequentano le scuole d’infanzia o che ricevono servizi educativi per l’infanzia, ivi inclusi quelli privati non paritari, e con particolare riguardo alle determinazioni conseguenti alla mancata presentazione della documentazione che dimostri l’adempimento agli obblighi vaccinali per i minori da zero a sedici anni di età previsto dalla predetta legge.
LA SEZIONE
Vista la nota dell’8 settembre 2017, con la quale il Presidente della Regione Veneto ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Gabriele Carlotti;
PREMESSO E CONSIDERATO
Sommario: I.) La richiesta di parere (quesito). – II.) La vicenda e il contesto normativo di riferimento. – II.A) Il decreto-legge n. 73/2017. – II.B) La circolare congiunta dei Ministeri del 1° settembre 2017. – II.C) Il decreto n. 111 del 4 settembre 2017 del Direttore generale – Area sanità e sociale – della Regione Veneto. – II.D) La lettera delle Ministre della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca al Presidente della Regione Veneto del 6 settembre 2017; il decreto n. 114 del 6 settembre 2017 del Direttore generale – Area sanità e sociale – della Regione Veneto del Direttore e la lettera del Presidente della Regione Veneto del 7 settembre 2017. – III.) La funzione consultiva del Consiglio di Stato. – IV.) La risposta al quesito.
I.) La richiesta di parere (quesito).
1.) Con nota dell’8 settembre 2017 il Presidente della Regione Veneto ha indirizzato alla Seconda Sezione consultiva di questo Consiglio la richiesta di parere in oggetto.
Il Presidente ha riferito di un recente contrasto interpretativo, insorto tra la Regione e i Ministeri della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca (d’ora in poi: i Ministeri), in ordine all’applicazione degli articoli 3, comma 3, e 3-bis, comma 5, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119. In particolare, il Presidente ritiene che le previsioni sopra richiamate non si prestino a un’esegesi univoca e che occorra un chiarimento in merito alle conseguenze della mancata presentazione della documentazione che dimostri l’avvenuto adempimento agli obblighi vaccinali. Più in dettaglio, il Presidente ha chiesto a questo Consiglio di precisare, sulla base dell’interpretazione del plesso normativo sopra richiamato, se già con decorrenza dall’anno scolastico corrente, ossia dall’anno scolastico 2017/2018, si debba ritenere preclusa la frequenza scolastica ai minori i cui rappresentanti legali, ancorché tenuti a dimostrare nei modi e nei tempi stabiliti dalla fonte primaria l’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale, non abbiano presentato la documentazione occorrente.
Il dubbio ermeneutico oggetto del quesito poggia sulla considerazione che i Ministeri, con circolare congiunta del 1° settembre 2017, hanno diramato indicazioni operative per l’attuazione del citato decreto-legge n. 73/2017 con le quali si è previsto che i minori, i cui genitori (o tutori o affidatari) non abbiano presentato entro l’11 settembre 2017 la documentazione prescritta, non possano frequentare i servizi educativi per l’infanzia né le scuole dell’infanzia, pur rimanendo comunque iscritti, con possibilità di essere nuovamente ammessi ai servizi stessi, una volta assolto l’obbligo di presentare la ridetta documentazione.
In difformità rispetto a quanto stabilito con la predetta circolare congiunta, nella Regione Veneto si è disposto, invece, con atto amministrativo a carattere generale (v. infra), che nell’anno scolastico 2017/2018, ai bambini già iscritti si applichi un “regime transitorio”, senza preclusione della frequenza fino all’anno scolastico 2019/2020 anche in mancanza di prova documentale dell’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale. Secondo tale ricostruzione, il comma 5 dell’articolo 3-bis prevedrebbe la decadenza dall’iscrizione, quale conseguenza della mancata presentazione della surricordata documentazione, soltanto a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020.
Sostiene il Presidente della Regione Veneto che la riferita interpretazione applicativa del combinato disposto degli articoli 3 e 3-bis del decreto-legge n. 73/2017 sia quella corretta dal momento che, diversamente opinando, si determinerebbe l’esito paradossale di impedire la frequenza a bambini già iscritti e considerati tali (ossia, come iscritti) ai fini dell’erogazione dei servizi e della programmazione scolastica.
Sulla base di tali argomentazioni il Presidente della Regione Veneto ha formulato il seguente quesito: “La disposizione di cui al comma 5 dell’art. 3-bis della Legge 31 luglio 2017, n. 119, deve intendersi che la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 dello stesso articolo nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, e ai servizi educativi per l’infanzia e con decorrenza dall’anno scolastico 2019/2020, come previsto dallo stesso articolo o con decorrenza dall’anno scolastico 2017/2018, come deducibile dal contenuto del comma 3 dell’art. 3 che dichiara che la presentazione della documentazione che dimostra il soddisfacimento dell’obbligo vaccinale di cui al comma 1 dello stesso art. 3 costituisce requisito di accesso, fino al punto di non consentire la frequenza, agli stessi servizi educativi per l’infanzia e scuole dell’infanzia?”.
La richiesta del Presidente della Regione Veneto – alla quale è stata allegata una scheda di approfondimento giuridico, proveniente dall’Avvocatura regionale veneta – si conclude con la raccomandazione di una celere espressione del parere a tutela delle esigenze di garanzia della corretta e completa erogazione delle prestazioni scolastiche e del loro contemperamento con il diritto alla salute, nonché nell’interesse degli alunni, delle famiglie, degli istituti e degli operatori scolastici, stante il recente avvio della frequenza presso le scuole dell’infanzia e i servizi educativi per l’infanzia.
2.) Con il decreto indicato nelle premesse, il Presidente del Consiglio di Stato, stante la rilevanza del quesito e la portata generale delle questioni giuridiche sollevate, ha stabilito di affidare l’esame della richiesta di parere a questa Commissione Speciale, come consentito dall’articolo 22 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato).
3.) In vista dell’adunanza della Commissione Speciale, fissata per il giorno 20 settembre 2017, la Ministra della salute e la Ministra dell’istruzione dell’università e della ricerca hanno fatto pervenire una nota, a firma congiunta, del 18 settembre 2017, recante in allegato una relazione – sottoscritta dai rispettivi Capi di Gabinetto – sul tema investito dal quesito. Nella citata relazione sono stati dedotti argomenti giuridici contrari all’interpretazione del dettato legislativo, siccome patrocinata dal Presidente della Regione Veneto.
Con la predetta nota le Ministre si sono comunque rimesse alle valutazioni che, in merito al quesito, saranno espresse da questo Consiglio, facendo così propria la richiesta di un parere dell’Istituto.
4.) Nell’adunanza del 20 settembre 2017 la Commissione Speciale si è riunita e ha deliberato sul quesito, esprimendo il presente parere.
Si anticipa fin d’ora che la risposta al quesito – sorretta dalle motivazioni che seguono – si rinviene nel susseguente dispositivo.
II.) La vicenda e il contesto normativo di riferimento.
5.) La Commissione Speciale, prima di esaminare le questioni sottoposte al vaglio consultivo, ritiene opportuno, ai fini di una migliore e generale intelligenza delle medesime questioni, ricostruire la vicenda sulla quale si è innestato l’interrogativo del Presidente della Regione Veneto.
II.A) Il decreto-legge n. 73/2017.
6.) Con il decreto-legge n. 73/2017 il Governo ha ravvisato la necessità di emanare, in via d’urgenza, disposizioni per:
– garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica;
– assicurare il costante mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale;
– garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell’area geografica europea.
Le ragioni della straordinaria necessità e urgenza del provvedimento sono state ravvisate, in particolare, nella tendenza, di recente riscontrata nelle statistiche epidemiologiche, alla riduzione, in Italia, delle coperture vaccinali al di sotto della soglia del 95%, obiettivo percentuale raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per impedire la circolazione e la trasmissione degli agenti patogeni.
7.) A questi fini, con l’articolo 1 del decreto-legge, nel testo risultante dalla conversione, si è stabilito, tra l’altro, che i minori di età compresa tra 0 e 16 anni siano sottoposti a 10 vaccinazioni obbligatorie e gratuite. Di tali 10 vaccinazioni 6 sono state previste in via permanente (anti-poliomelitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse e anti-Haemophilus influenzae tipo b) e le residue 4 (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella) soltanto per tre anni, decorrenti dal 6 agosto 2017 (data di entrata in vigore della legge n. 119/2017, di conversione del decreto-legge), qualora la loro somministrazione non sia confermata con apposito decreto del Ministro della salute, a seguito di uno specifico monitoraggio.
L’obbligatorietà delle vaccinazioni, secondo il medesimo articolo 1, è esclusa unicamente in due casi, ossia:
a.) in presenza di un’avvenuta immunizzazione, in conseguenza di malattia naturale, se comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante o dagli esiti dell’analisi sierologica (comma 2);
b.) al ricorrere di un’ipotesi di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta (comma 3).
Prevede poi il comma 4 dell’articolo 1 del decreto-legge che, in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari siano convocati dall’azienda sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine di fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e di sollecitarne l’effettuazione. In caso di perdurante inosservanza dell’obbligo vaccinale, nei confronti dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, dei tutori o dei soggetti affidatari è irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100 a euro 500, salvo che i medesimi soggetti, a seguito di contestazione da parte dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente, provvedano, nel termine indicato nell’atto di contestazione, a far somministrare al minore il vaccino (o la prima dose, ove si tratti di ciclo vaccinale e a condizione del completamento del ciclo previsto).
8.) Il quesito del Presidente della Regione Veneto riguarda, tuttavia, gli articoli 3 e 3-bis del decreto-legge, entrambi in materia di adempimenti vaccinali per l’iscrizione scolastica.
In sintesi, l’articolo 3 dispone, al comma 1, che i dirigenti scolastici, all’atto dell’iscrizione del minore di età compresa tra 0 e 16 anni, sono tenuti a richiedere ai genitori (o ai tutori o ai soggetti affidatari) di presentare, entro il termine di scadenza dell’iscrizione, in alternativa:
a.) la documentazione idonea a comprovare l’effettuazione delle 10 vaccinazioni obbligatorie o la condizione che giustifichi l’esonero (o l’omissione o il differimento delle vaccinazioni);
b.) la formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguirà le vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in relazione all’età, entro la fine dell’anno scolastico o la conclusione del calendario annuale dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale.
Precisa, però, l’articolo 3 che la presentazione della documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni (di cui alla precedente lettera a) può essere sostituita dal deposito di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio e che, in questo caso, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni potrà essere presentata entro il 10 luglio di ogni anno (anteriore a quello a cui si riferisce l’iscrizione).
La mancata presentazione della documentazione nei termini previsti è segnalata, entro i successivi 10 giorni, dai dirigenti scolastici all’azienda sanitaria locale che, ove non si sia già attivata, provvede agli adempimenti di competenza e, se del caso, alla convocazione dei genitori (o dei tutori o dei soggetti affidatari) e all’eventuale sanzione degli stessi, in caso di perdurante inottemperanza.
Il comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge – una delle disposizioni della quale è chiesta l’interpretazione – stabilisce che: “Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la presentazione della documentazione di cui al comma 1 non costituisce requisito di accesso alla scuola o, al centro ovvero agli esami.”.
L’articolo 3-bis, introdotto in sede di conversione del decreto-legge onde recepire le osservazioni della Conferenza Stato-regioni e autonomie locali, verte sempre in materia di adempimenti vaccinali per l’iscrizione scolastica, ma si applica a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 e, soprattutto, allo scopo ridurre gli oneri amministrativi a carico dei genitori (o dei tutori o dei soggetti affidatari), introduce una disciplina semplificata rispetto a quella regolata dall’articolo 3. In particolare, l’articolo 3-bis non prevede un obbligo di iniziale attivazione dei genitori (o dei tutori o dei soggetti affidatari) al fine di presentare la documentazione relativa all’obbligo vaccinale. Al contrario, si stabilisce che:
– i dirigenti scolastici trasmettano alle aziende sanitarie locali territorialmente competenti, entro il 10 marzo di ogni anno, l’elenco degli iscritti per l’anno scolastico di età compresa tra 0 e 16 anni (comma 1);
– una volta avvenuta tale trasmissione, le aziende sanitarie locali restituiscano, entro il 10 giugno di ogni anno, gli elenchi inviati dai dirigenti scolastici, completandoli con l’indicazione dei soggetti che risultino non in regola con gli obblighi vaccinali, che non ricadano nelle condizioni di esonero, omissione o differimento delle vaccinazioni e che non abbiano presentato formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale (comma 2);
– nei 10 giorni successivi all’acquisizione degli elenchi così completati dalle aziende sanitarie locali, i dirigenti debbano invitare i genitori (o i tutori o i soggetti affidatari) a depositare, entro il 10 luglio di ogni anno, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni ovvero l’esonero, l’omissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale (comma 3);
– entro il 20 luglio di ogni anno, i dirigenti scolastici trasmettano la documentazione pervenuta, ovvero ne comunichino l’eventuale mancato deposito, alla azienda sanitaria locale che, ove non si sia già attivata, dovrà provvedere agli adempimenti di competenza e, se del caso, alla convocazione dei genitori (o dei tutori o dei soggetti affidatari) e all’eventuale sanzione degli stessi, in caso di perdurante inottemperanza (comma 4).
La semplificazione correlata al descritto meccanismo si avvale delle funzionalità assicurate dallo scambio di dati tra gli istituti scolastici e le aziende sanitarie (senza alcun onere per i genitori degli alunni), di guisa che le scuole, invece di richiedere ai genitori la documentazione occorrente, si limiteranno, come accennato, a trasmettere alle aziende sanitarie, nell’anno precedente a quello di effettiva frequenza, l’elenco degli iscritti per l’anno scolastico successivo e spetterà poi alle aziende sanitarie verificare d’ufficio – attraverso l’incrocio dei dati in loro possesso con i predetti elenchi – se l’obbligo vaccinale sia stato, o no, rispettato. Postulando, tuttavia, la procedura appena descritta l’avvenuta costituzione e l’efficiente funzionamento di anagrafi vaccinali informatizzate presso le aziende sanitarie locali, il decreto-legge ha ragionevolmente posticipato all’anno scolastico 2019/2020 l’avvio del nuovo sistema.
Infine il comma 5 dell’articolo 3-bis – l’altra disposizione sulla cui interpretazione il Presidente della Regione Veneto ha chiesto di conoscere l’avviso di questo Consiglio – stabilisce che: “Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione dì cui al comma 3 nei termini previsti non determina la decadenza dall’iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.”.
9.) Il decreto-legge equipara, ai fini dell’applicazione delle richiamate disposizioni, la situazione del minore da 0 a 16 anni a quella del minore straniero non accompagnato e, come sopra ripetuto, quella del genitore (che eserciti la potestà genitoriale) a quella dei tutori e dei soggetti affidatari dei minori.
10.) Per completezza di esposizione va segnalato che il decreto-legge n. 73/2017 reca disposizioni transitorie e finali nel successivo articolo 5, il cui comma 1 prevede: “Per l’anno scolastico 2017/2018 e per il calendario dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2017/2018, la documentazione di cui all’articolo 3, comma 1, deve essere presentata entro il 10 settembre 2017 presso i servizi educativi e le scuole per l’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, ed entro il 31 ottobre 2017 presso le istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i centri di formazione professionale regionale. La documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie può essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2018.”.
Allo scopo di agevolare l’adempimento dell’obbligo vaccinale il comma 1-bis del suddetto articolo 5 introduce poi modalità semplificate per prenotare le vaccinazioni.
11.) Occorre, infine, incidentalmente ricordare che la Regione Veneto ha proposto un ricorso per questione di legittimità costituzionale (in relazione a vari parametri), depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 21 luglio 2017, contro il decreto-legge n. 73/2017 e, in particolare, contro gli articoli 1 (commi 1, 2, 3, 4 e 5), 3, 4, 5 e 7. Tale ricorso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Speciale – Corte Costituzionale, n. 32 del 9 agosto 2017, reca altresì un’incidentale istanza di sospensione delle disposizioni impugnate.
II.B) La circolare congiunta dei Ministeri del 1° settembre 2017.
12.) In data 16 agosto 2017 i Ministeri, con proprie circolari (rispettivamente, prot. n. 1622, del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e, n. 25233, del Ministero della salute), fornirono le prime indicazioni operative per l’applicazione delle disposizioni del decreto-legge n. 73/2017.
Successivamente, con circolare congiunta del 1° settembre 2017, rivolta a numerose autorità (tra le quali – primi in indirizzo – gli Assessorati regionali alla sanità), i Ministeri hanno diramato ulteriori indicazioni operative, con particolare riferimento all’anno scolastico 2017/2018, anche in relazione agli articoli 3 e 5 del decreto.
13.) Giova riportare, per quanto d’interesse ai fini della risposta al quesito, alcuni stralci di quest’ultima circolare. Invero, nel paragrafo I, intitolato “Documentazione da presentare ai servizi educativi per l’infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie”, è dato leggere quanto segue:
“Per l’anno scolastico e il calendario annuale 2017/2018, atteso che il decreto-legge è entrato in vigore quando era già conclusa la procedura per l’iscrizione ai servizi educativi per l’infanzia, alle scuole dell’infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e ai centri di formazione professionale regionale, i genitori/tutori/affidatari dei minori di età compresa tra 0 a 16 anni dovranno presentare la documentazione richiesta:
– ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, entro l’11 settembre 2017, atteso che il termine indicato dal decreto-legge (10 settembre 20 I 7) è un giorno festivo;
– alle altre istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie, entro il 31 ottobre 2017.
In luogo della documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni … i genitori/tutori/affidatari potranno presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, entro i termini di cui sopra. In tal caso, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni dovrà comunque essere prodotta entro il 10 marzo 2018.”.
Nel paragrafo II della circolare, rubricato “Accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie”, è scritto che: “La presentazione della documentazione di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge (paragrafo I della presente circolare) costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie.
Ciò significa che, già per l’anno scolastico e il calendario annuale 2017/2018, a decorrere dal 12 settembre 2017, non potranno avere accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia i minori i cui genitori/tutori/affidatari non abbiano presentato entro l’11 settembre 2017 la documentazione di cui al paragrafo I. …
Nel caso in cui i genitori/tutori/affidatari presentino entro l’11 settembre 2017 la dichiarazione sostitutiva, il minore avrà accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alla scuola dell’infanzia; tuttavia, nel caso in cui, entro il 10 marzo 2018, i genitori/tutori/affidatari non facciano pervenire idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (paragrafo I, lettera a), della presente circolare), il minore sarà escluso dall’accesso ai servizi.
Nelle ipotesi di mancata presentazione della idonea documentazione nei termini sopra indicati, il diniego di accesso ai servizi sarà reso noto ai genitori/tutori/affidatari del minore mediante comunicazione formale adeguatamente motivata.
Va precisato che ove il genitore/tutore/affidatario non abbia presentato la documentazione richiesta entro l’11 settembre 2017 o, nell’ipotesi di previa presentazione della dichiarazione sostitutiva della documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni, entro il 10 marzo 2018, il minore non in regola con gli adempimenti vaccinali ed escluso dall’accesso ai servizi rimarrà iscritto ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia.
Il minore sarà nuovamente ammesso ai servizi, successivamente alla presentazione della documentazione richiesta.
In ogni caso, la mancata presentazione della documentazione nei richiamati termini sarà segnalata, entro i successivi dieci giorni, dai dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole private non paritarie alla ASL territorialmente competente che, ove la medesima o altra ASL non si siano già attivate per la medesima violazione, avvierà la procedura prevista per il recupero dell’inadempimento, di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge …”.
II.C) Il decreto n. 111 del 4 settembre 2017 del Direttore generale – Area sanità e sociale – della Regione Veneto.
14.) Tre giorni dopo la diramazione della circolare dei Ministri, del cui contenuto si è dato succintamente conto, il Direttore generale – Area sanità e sociale – della Regione Veneto (nel prosieguo: Direttore generale) ha adottato il decreto n. 111 del 4 settembre 2017, con oggetto: “Regime transitorio di applicazione della legge 119/2017 in attesa dell’esito della richiesta di sospensione contenuta nel ricorso alla Corte Costituzionale”.
15.) Con tale decreto il Direttore generale ha dichiaratamente inteso fornire indicazioni operative regionali, in regime transitorio, per l’attuazione del decreto-legge n. 73/2017, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119/2017.
16.) Il provvedimento in discorso poggia, tra l’altro, su motivazioni delle quali – anche in questo caso – è utile riportare alcuni stralci per esteso: “CONSIDERATO quanto espresso nella Legge n. 119/2017, che ha convertito il D.L. 7 giugno 2017, la quale all’articolo 3 comma 3, recita … e quanto espresso all’articolo 3 bis che descrive le misure per l’anno scolastico 2019/2020 dove al comma 5, recita … II contenuto degli articoli sopracitati non rende chiaro se le misure di restrizione alla frequenza scolastica siano applicabili sin dall’anno scolastico 2017/2018 e per l’anno scolastico 2018/2019, peri bambini già iscritti alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia ed alle scuole dell’infanzia prima dell’entrata in vigore della legge.
… DATO ATTO che la Regione del Veneto, al fine di rendere più semplice la gestione degli adempimenti previsti dalla Legge in oggetto ed agevolare le famiglie e le scuole, mette in atto sin dal corrente anno scolastico 2017/18 quanto disposto dall’Art. 3 bis comma 1 e 2 per l’anno scolastico 2019/20, anticipandone i tempi di attuazione. … La scelta è giustificata ed immediatamente applicabile grazie al percorso che Ia Regione ha già fatto in attuazione alla DGR 1935/2016.”.
17.) Sulla scorta di siffatte argomentazioni e dopo aver preso atto (nel preambolo del decreto) della sola circolare del Ministero della salute, prot. n. 17892, del 12 giugno 2017, il Direttore generale ha, tra l’altro, decretato, nel punto 2 del dispositivo, “di dare atto che in attesa di eventuali ulteriori chiarimenti ministeriali per quanto riguarda la frequenza dei servizi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia dall’anno scolastico 2017/2018 per i bambini già iscritti si applicherà il regime transitorio fino al 2019/2020 anno che prevede invece, la decadenza dall’iscrizione …”.
II.D) La lettera delle Ministre della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca al Presidente della Regione Veneto del 6 settembre 2017; il decreto n. 114 del 6 settembre 2017 del Direttore generale – Area sanità e sociale – della Regione Veneto del Direttore e la lettera del Presidente della Regione Veneto del 7 settembre 2017.
18.) A seguito dell’adozione del decreto n. 111/2017, le Ministre della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in data 6 settembre 2017, hanno indirizzato al Presidente della Regione Veneto una lettera a firma congiunta, sollecitando un riesame, da parte della Regione, del contenuto del predetto decreto del Direttore generale, tanto in ragione della ritenuta assenza di qualunque opacità precettiva della fonte di rango primario e dell’intervenuta diramazione dei chiarimenti ministeriali, con la sunnominata circolare del 1° settembre 2017.
19.) Successivamente il Direttore generale, interpellato dal Presidente della Regione Veneto, ha ritenuto, all’insegna del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, di sospendere l’esecuzione del proprio decreto n. 111/2017; in particolare, con il decreto n. 114 del 6 settembre 2017, il Direttore generale – preso atto della succitata lettera delle Ministre – ha disposto l’immediata (ossia a decorrere dal 6 settembre 2017) sospensione dell’esecuzione delle misure temporanee di cui al decreto n. 111/2017, peraltro senza fissare alcun termine finale di efficacia della sospensione.
Il Presidente della Regione Veneto ha quindi formulato il quesito in esame, reputando necessario un approfondimento giuridico da parte di questo Consiglio.
III.) La funzione consultiva del Consiglio di Stato.
20.) Tanto premesso, la Commissione Speciale esprime innanzi tutto l’avviso che l’approdo a questo Consiglio della vicenda sopra tratteggiata rappresenti un esempio virtuoso di gestione dei conflitti, effettivi o potenziali, tra le amministrazioni della Repubblica. Il clamore mediatico che ancor oggi accompagna le, talora vibrate, contestazioni dell’obbligo vaccinale non deve infatti oscurare, sul versante strettamente amministrativo, l’importanza della scelta di sana e prudente gestione degli interessi pubblici compiuta dal Presidente della Regione Veneto; parimenti deve essere apprezzata l’altrettanto responsabile condotta delle Ministre. Ed invero, in presenza di un contrasto (sfociato anche nell’instaurazione di un giudizio pendente avanti alla Corte costituzionale) circa l’interpretazione di alcune disposizioni di una legge dello Stato sia il Presidente della Regione Veneto sia le Ministre, tenuto conto del rilievo e della delicatezza degli interessi coinvolti (ossia la salute e l’istruzione dei bambini del Veneto), hanno richiesto il parere di questo Consiglio, nell’auspicio di una rapida soluzione del conflitto (almeno per gli aspetti di carattere amministrativo).
21.) Il quesito in esame offre allora l’occasione di svolgere alcune considerazioni di carattere generale sulla natura e sulla fisionomia della funzione consultiva del Consiglio di Stato e sulle utilità che le amministrazioni pubbliche possono trarre dai pareri resi dall’Istituto.
22.) La funzione consultiva esercitata dal Consiglio di Stato trova fondamento nell’articolo 100, primo comma, della Costituzione, secondo cui: “Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione.”.
Nonostante la particolare collocazione di tale disposizione nell’ambito della topografia normativa della Carta Fondamentale (nella Sezione III del Titolo III, dedicata agli “Organi ausiliari” del “Governo”), il Consiglio di Stato ha costantemente ricordato, anche di recente (v., tra i molti, i pareri n. 515/2016 e n. 1458/2017), che la funzione consultiva non è mai esercitata dall’Istituto nell’interesse dello Stato-Governo né di quello dello Stato-Amministrazione, ma esclusivamente nell’interesse dello Stato-Comunità. Il Consiglio di Stato, dunque, può rendere pareri anche a favore di enti e soggetti pubblici differenti dallo Stato strettamente inteso, quali le Autorità amministrative indipendenti e le Regioni (a tal riguardo, correttamente il Presidente della Regione Veneto ha richiamato il parere n. 30/1980, reso dall’Adunanza generale di questo Consiglio, nell’adunanza del 24 aprile 1980 e spedito il 12 maggio 1980).
23.) In concreto, l’esercizio della funzione consultiva si estrinseca nell’espressione di pareri, taluni dei quali debbono essere richiesti obbligatoriamente (dallo Stato) e altri possono essere resi sulla base di una richiesta facoltativa proveniente dalle amministrazioni pubbliche.
Le ipotesi in cui è prevista la richiesta obbligatoria di un parere del Consiglio di Stato sono poco numerose e sono tassativamente previste dall’articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Si tratta dei pareri richiesti: a) per l’emanazione degli atti normativi del Governo e dei singoli ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché per l’emanazione di testi unici; b) per la decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica; c) sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti da uno o più ministri. Tali pareri, pur presentando il tratto comune della obbligatorietà della relativa richiesta (sicché l’eventuale omissione comporta l’illegittimità dell’atto conclusivo del relativo procedimento), seguono differenziati regimi giuridici. Il parere del Consiglio di Stato su un ricorso straordinario, ad esempio, è ormai sostanzialmente equiparato quoad effectum a una decisione giurisdizionale, specialmente dopo la riforma attuata dall’articolo 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
24.) Esistono poi i pareri facoltativi, definiti “quesiti”, che le amministrazioni a loro discrezione possono richiedere al Consiglio di Stato per risolvere un dubbio relativo all’interpretazione o all’applicazione del diritto, anche in vista dell’adozione di un determinato atto (ovviamente solo per questioni o atti di particolare rilievo). Si tratta di pareri espressi in “funzione di ausilio tecnico-giuridico indispensabile per indirizzare nell’alveo della legittimità e della buona amministrazione l’attività di amministrazione attiva” (così il citato parere dell’Adunanza generale n. 30/1980).
25.) In questa sede occorre soffermarsi a considerare che, dal punto di vista teleologico, la funzione consultiva – a prescindere dalla sua estrinsecazione sotto forma di pareri obbligatori o facoltativi – può assumere due distinte connotazioni, a seconda delle esigenze sottese alle relative richieste di parere.
Talora, infatti, la richiesta di parere soddisfa il bisogno dell’amministrazione di ottenere (da parte dell’Istituto) un chiarimento circa l’esatta interpretazione del diritto vigente o la conformità all’ordinamento giuridico di atti normativi in formazione: tipicamente assolvono a quest’ultima finalità le richieste (obbligatorie) di parere, rivolte alla Sezione consultiva per gli atti normativi, su schemi di regolamento o di decreti legislativi delegati o di testi unici; ad analogo scopo mirano i quesiti che le amministrazioni sottopongono al Consiglio di Stato nell’ambito di un procedimento, quando sia necessario ricevere una qualificata opinione di carattere giuridico su un tema di interesse generale.
In altri casi, invece, la richiesta di parere, sebbene sempre sorretta dalla necessità di sciogliere un dubbio di ordine giuridico, punta anche a risolvere una controversia, attuale o potenziale, tra amministrazioni e cittadini o imprese oppure tra amministrazioni. Al ricorrere di queste ipotesi la funzione consultiva assolve a una diversa finalità, di tipo “giustiziale”, in linea con la missione che il sopra richiamato articolo 100 della Costituzione assegna al Consiglio di Stato. Eloquente manifestazione della funzione consultiva di natura “giustiziale” è il parere obbligatorio che l’Istituto rende su ogni ricorso straordinario. Possono, tuttavia, presentare una connotazione latamente “giustiziale” anche i pareri sui quesiti che le amministrazioni rivolgano al Consiglio di Stato.
26.) A ben vedere, infatti, anche la risposta ai quesiti è uno strumento che in talune circostanze concorre a prevenire i conflitti e a deflazionare il contenzioso giurisdizionale in maniera teleologicamente assimilabile ai metodi di ADR (Alternative dispute resolution). Anzi, il ricorso ai quesiti dovrebbe essere promosso presso le amministrazioni pubbliche, giacché – almeno nei casi di controversie tra soggetti pubblici legittimati a richiedere l’avviso del Consiglio di Stato – tale istituto offre alcuni significativi vantaggi (sui quali, v. infra). Soprattutto un maggiore utilizzo dei quesiti potrebbe consentire di attenuare il tasso di giurisdizionalizzazione dei conflitti tra le amministrazioni pubbliche, canalizzando in via preventiva i contrasti sul terreno consultivo. A questo proposito si è pure osservato che, de jure condendo, specialmente sulle “questioni generali di maggior rilievo economico-sociale, si potrebbe prevedere – anche in chiave deflattiva di contenziosi seriali – la proposizione di quesiti di massima, secondo un procedimento che consenta la partecipazione dei soggetti interessati in veste collaborativa, al fine di determinare indirizzi esegetici di carattere generale che possano servire come elemento di certezza del diritto e di indirizzo applicativo su questioni incerte” (così il parere di questo Consiglio n. 515/2016).
27.) Si è sopra accennato alle utilità che possono ritrarsi da un quesito rivolto al Consiglio di Stato. Al riguardo si segnala, in particolare, che:
a.) il quesito conduce all’espressione di un parere non vincolante – che, dunque, può essere motivatamente disatteso dai richiedenti – la cui autorevolezza è dovuta semmai alla competenza giuridica dell’Organo che lo rende;
b.) il relativo procedimento è gratuito e si conclude in tempi molto brevi;
c.) nell’esprimere il parere il Consiglio di Stato non è soggetto ai vincoli propri dell’esercizio della funzione giurisdizionale quali le limitazioni derivanti dal principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato o dai ristretti confini della cognizione incidentale (in conseguenza delle regole di riparto della giurisdizione); sicché, in risposta a quesiti, il Consiglio di Stato può pronunciarsi anche su aspetti connessi a quelli sui quali poggi la richiesta di parere, allorquando tali aspetti risultino rilevanti, e può anche affrontare questioni giuridiche che esulino dall’ambito della giurisdizione amministrativa.
28.) In ordine poi al profilo generale dell’ammissibilità dei quesiti, si registrano pronunce di questo Consiglio (ad esempio, sez. I, n. 3006/2013 e sez. II, n. 1589/2011), in cui si trova affermato che, in presenza di contrasti interpretativi già insorti, la richiesta di parere sarebbe inammissibile. Espressa in termini così categorici, una posizione del genere non potrebbe essere condivisa, dal momento che ogni quesito sottende sempre un contrasto interpretativo, potenziale o reale, di tal che negare in questi casi la possibilità per il Consiglio di Stato di esprimere un parere equivarrebbe a negare in radice lo stessa ragion d’essere della funzione consultiva prevista a livello costituzionale.
In realtà, negli stessi pareri testé richiamati, si è inteso enunciare una diversa regola che discende dalla sopra ricordata disciplina costituzionale della funzione consultiva. Si è difatti condivisibilmente stabilito che “(n)ell’esercizio dell’attività consultiva, il Consiglio di Stato, quale organo di consulenza imparziale e terzo dello Stato-ordinamento e non dello Stato-apparato, non è destinato, …, a supportare le scelte decisionali delle Amministrazioni, quante volte esse ritengano, a loro discrezione, di avvalersi della consulenza del Consiglio stesso, dal momento che la funzione consultiva svolta nell’interesse non dell’ordinamento generale, ma dell’Amministrazione assistita, compete all’Avvocatura dello Stato. Il Consiglio di Stato fornisce il proprio parere solo su questioni di massima, la cui soluzione potrà guidare la successiva azione amministrativa nel suo concreto, futuro esplicarsi” (così Cons. Stato, sez. II, n. 1589/2011).Questo Consiglio, dunque, non è tenuto a rendere pareri su aspetti minuti che attengano a “un ordinario segmento del procedimento amministrativo” (v. il parere della sez. I, n. 1/2012), non potendo l’Istituto sostituirsi all’amministrazione nel dovere di quest’ultima di provvedere e nemmeno potendo invadere il campo riservato alla (differente) consulenza prestata alle pubbliche amministrazioni dall’Avvocatura dello Stato, anche in vista della difesa in giudizio.
Analoghe considerazioni valgono anche in riferimento al caso, peraltro ricorrente nella fattispecie, in cui il quesito pervenga al Consiglio di Stato dopo l’avvenuta proposizione di una questione di legittimità costituzionale, promossa in via principale o incidentale. Invero la risposta a un quesito, quand’anche esso investa l’esegesi di fonti di rango primario, non è interdetta dalla pendenza di un giudizio costituzionale avente ad oggetto le medesime fonti, giacché la funzione consultiva concerne l’interpretazione del diritto vigente (fermo restando che, nel caso di specie, l’eventuale futura dichiarazione di incostituzionalità del decreto-legge n. 73/2017 supererebbe il presente parere).
29.) Alla luce dei superiori rilievi possono pertanto comprendersi le ragioni dell’apprezzamento manifestato da questa Commissione Speciale per la scelta, compiuta dal Presidente della Regione Veneto e dalle Ministre della salute e dell’istruzione dell’università e della ricerca, di percorrere la via del quesito condiviso per risolvere in tempi rapidi un conflitto interpretativo potenzialmente foriero di pesanti ricadute negative sulla salute e sull’istruzione della popolazione minorile italiana in Veneto.
IV.) La risposta al quesito.
30.) Muovendo dal quadro di principi sopra delineato è ora possibile rispondere all’interrogativo, sollevato dal Presidente della Regione Veneto, interrogativo che, come chiarito, attiene all’esatta interpretazione di disposizioni di una legge dello Stato.
Occorre in primo luogo osservare che la richiesta di parere si sofferma, essenzialmente, sul tema della frequenza dei servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie e, quindi, riguarda il primo periodo del comma 3 dell’articolo 3 e il primo periodo del comma 5 dell’articolo 3-bis del decreto-legge n. 73/2017. Difatti i successivi commi 2 di entrambe le richiamate disposizioni, per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, prevedono, rispettivamente, che la presentazione della documentazione non costituisca requisito di accesso alla scuola, al centro o agli esami e che la mancata presentazione della medesima documentazione nei termini non determini, a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, la decadenza dall’iscrizione né impedisca la partecipazione agli esami.
La ragione di siffatta disciplina differenziata riposa sulla considerazione che i rischi di contagio più elevati si registrano tra i bambini che frequentano, per l’appunto, i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia (anche private non paritarie) o che comunque frequentino luoghi in cui vi sia la presenza contemporanea di bambini di più famiglie. Si tratta, pertanto, dei minori compresi nella fascia di età da 0 a 6 anni.
31.) Riducendo il quesito all’essenziale, la Regione Veneto chiede se già a decorrere dall’anno scolastico 2017/2018 (ossia quello da poco iniziato) si applichi la regola, stabilita dal comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge, secondo cui la mancata presentazione della documentazione relativa all’adempimento degli obblighi vaccinali preclude l’accesso alla scuola. Questa è, infatti, la posizione espressa dai Ministeri.
32.) La diversa tesi propugnata dalla Regione Veneto (v. la scheda proveniente dall’Avvocatura regionale) si basa invece sulla considerazione che soltanto il comma 5 dell’articolo 3-bis del medesimo decreto-legge, che si applica a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, configura la mancata presentazione della documentazione come causa di decadenza dall’iscrizione, sicché – così la conclusione della Regione Veneto – per l’anno 2017/2018, almeno nei casi in cui l’iscrizione sia avvenuta prima dell’entrata in vigore della legge n. 119/2017, non sarebbe prevista alcuna interdizione dell’accesso ai servizi e alle scuole dell’infanzia, anche in assenza della prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale.
33.) Tale esegesi del dato positivo, posta a supporto motivazionale del decreto del Direttore generale n. 111/2017, sarebbe ulteriormente corroborata, ad avviso dell’Avvocatura regionale veneta, dai seguenti argomenti:
a.) nella Regione Veneto, la DGR (delibera di Giunta regionale) n. 1935/2016 avrebbe già consentito di conseguire l’obiettivo di garantire la c.d. “immunità di gregge”, altrimenti detta herd immunity (v. infra), ossia una copertura vaccinale in misura non inferiore al 95% (quest’ultima circostanza è, però, contestata dai Ministeri; v. a pag. 3, penultimo paragrafo, della relazione allegata alla nota del 18 settembre 2017, ove si afferma che nel Veneto non sarebbe stata raggiunta la herd immunity), vigendo il divieto di costituire classi per le quale tale soglia percentuale non sia assicurata;
b.) premesso che nella Regione Veneto i servizi scolastici all’infanzia sono in larga parte erogati da strutture private, l’esegesi applicativa sostenuta dai Ministeri condurrebbe a negative conseguenze, ritenute paradossali, per i genitori di bambini già iscritti alle scuole dell’infanzia; costoro, infatti, rimarrebbero obbligati civilmente a pagare le rette delle scuole private (permanendo negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019 l’iscrizione ai servizi) pur non potendo far accedere i propri figli ai servizi educativi offerti dalle stesse scuole. Inoltre una soluzione del genere condurrebbe anche al blocco delle graduatorie di accesso.
34.) La Commissione Speciale ritiene che le perplessità esternate dal Presidente della Regione Veneto non possano essere condivise. La trama prescrittiva del decreto-legge n. 73/2017 è chiaramente riconoscibile, intrinsecamente coerente e agevolmente interpretabile. I dubbi nutriti dalla Regione Veneto originano, apparentemente, nella mancata considerazione dell’articolo 5 del decreto-legge. Ed invero, un’esegesi che consideri sinotticamente le tre disposizioni (articolo 3, articolo 3-bis e articolo 5) consente di cogliere appieno il senso del complessivo intervento del Legislatore statale.
In sintesi, il plesso normativo testé richiamato stabilisce tre differenti regimi, rispettivamente, per gli anni scolastici 2017/2018, 2018/2019 e 2019/2020 (quest’ultimo regime varrà anche per gli anni scolastici successivi).
Nell’anno scolastico 2017/2018 si applicano gli articoli 3 e 5 del decreto-legge, sicché vale già nel corrente anno scolastico il divieto di accesso nel caso di mancata presentazione della documentazione idonea a comprovare l’adempimento dell’obbligo vaccinale. L’unica particolarità è che il decreto-legge n. 73/2017 è intervenuto a procedure di iscrizione già perfezionatesi, sicché si è reso necessario stabilire uno specifico regime transitorio, regolato dal sunnominato articolo 5, relativo ai termini (differenti da quelli fissati dall’articolo 3, comma 1) per la presentazione della documentazione sopra richiamata. Nel caso della mancata prova dell’adempimento dell’obbligo vaccinale, le iscrizioni – già avvenute – rimarranno pertanto efficaci, ma al minore sarà interdetto l’accesso ai servizi; a detti servizi il minore potrà essere nuovamente ammesso soltanto successivamente alla presentazione della documentazione da parte dei soggetti a ciò tenuti.
Nell’anno scolastico 2018/2019 si applicherà unicamente l’articolo 3 e, quindi, i genitori (e le figure a questi equiparate) dovranno produrre la prescritta documentazione all’atto dell’iscrizione del minore (ossia entro il termine di scadenza dell’iscrizione o entro il successivo 10 luglio, qualora si opti per l’iniziale presentazione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio), fermo restando la regola del divieto di accesso nell’ipotesi in cui la suddetta documentazione non sia tempestivamente prodotta.
Infine, nell’anno scolastico 2019/2020 e nei successivi anni scolastici, si applicherà soltanto l’articolo 3-bis, recante il meccanismo semplificato e informatizzato del quale si è dato sopra conto, con la conseguenza che, qualora dal controllo effettuato sulle banche di dati delle aziende sanitarie locali risulti l’inadempimento dell’obbligo vaccinale, si produrrà l’effetto automatico della decadenza dall’iscrizione dell’alunno e, quindi, a maggior ragione varrà anche il divieto dell’accesso ai servizi scolastici.
La diversità dei regimi giuridici, sopra succintamente ricostruiti, spiega dunque la ragione dell’uso, unicamente nell’articolo 3-bis, del termine “decadenza”. La disciplina recata da tale articolo non indica dunque alcun termine finale di una pretesa fase transitoria destinata a durare fino all’anno scolastico 2019/2020, come opinato dalla Regione Veneto, ma più semplicemente individua la futura regolamentazione a valere dall’anno scolastico 2019/2020 e per gli anni scolastici successivi.
35.) Non conducono a differenti conclusioni i due argomenti spesi dall’Avvocatura regionale sopra riferiti. Si tratta, in realtà, di argomenti che non attengono in senso stretto all’interpretazione del raccordo normativo tra i predetti articoli; piuttosto sono diretti contro le scelte compiute dal Legislatore statale e, in particolare, contro la decisione di percorrere la via della “imposizione” (per legge) delle vaccinazioni in luogo del “metodo della persuasione”, al quale si sarebbe conformata l’azione della Regione Veneto.
Nondimeno, fermo restando quello che sarà il giudizio della Corte costituzionale e tenuto conto di quanto sopra osservato sulla funzione consultiva del Consiglio di Stato, questa Commissione, ai fini della risposta al quesito, ben può prendere posizione su detti argomenti.
36.) In primo luogo la circostanza che la Regione Veneto abbia intrapreso un percorso normativo e amministrativo, basato sul consenso informatico e sull’alleanza terapeutica, in grado di assicurare il prodursi dell’effetto di “immunità di gregge” (effetto derivante dal raggiungimento di una soglia critica di soggetti vaccinati tale da mettere al sicuro anche i bambini che non possano essere vaccinati perché immunodepressi, affetti da gravi patologie croniche o da tumori) è un elemento che – ove confermato dai dati epidemiologici ufficiali – certamente va a merito del Governo regionale. Nondimeno il raggiungimento di tale risultato non esonera la Regione Veneto dal rispetto di una legge dello Stato (almeno fino a quando tale legge non venga abrogata o dichiarata incostituzionale) che si proponga l’obiettivo di rendere omogenee su tutto il territorio nazionale le condizioni di sicurezza epidemiologica, anche in termini di copertura vaccinale. Se lo scopo è l’omogeneità, allora inevitabilmente le previsioni del decreto-legge n. 73/2017 debbono riguardare la popolazione italiana nella sua interezza, sia essa stanziata in Regioni virtuose (come afferma di essere la Regione Veneto) o in altre (v., infra, le considerazioni sulla competenza legislativa dello Stato e delle Regioni in materia di tutela della salute).
37.) Un profilo di specifico interesse della Regione Veneto si coglie invece nel secondo argomento. È certamente ragionevole e comprensibile che il Presidente di una Regione i cui servizi educativi per l’infanzia siano prevalentemente gestiti da scuole private si preoccupi delle conseguenze di un provvedimento legislativo che, ove male interpretato, interferisca sulla gestione dei rapporti tra utenti e istituzioni scolastiche.
Tale argomento, che colora uno specifico profilo del diritto all’istruzione, apre, tuttavia, ad alcune considerazioni di ordine giuridico in ordine alla prevalenza, o no, della preoccupazione manifestata dalla Regione Veneto rispetto a contrapposti interessi-valori.
38.) Il tema della copertura vaccinale nella scuola dell’infanzia presenta, invero, profili di particolare delicatezza che intercettano plurimi e fondamentali valori costituzionali quali, tra i principali, il diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione), l’universalità dell’accesso scolastico (articolo 34 della Costituzione) e il principio autonomistico regionale (articolo 117 della Costituzione).
Ancor prima, tuttavia, il tema delle vaccinazioni obbligatorie va riguardato attraverso la lente di valori giuridici che si collocano nei Principi Fondamentali della Carta costituzionale e, in particolare, nell’articolo 2, là dove è scritto che la Repubblica, oltre a riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo, richiede al contempo l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economia e sociale, e nell’articolo 3, il cui comma secondo assegna alla Repubblica il compito di rimuovere tutti “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Orbene, ad avviso di questa Commissione Speciale, le vicende della copertura vaccinale vanno esaminate proprio sul versante della loro dimensione solidaristica e di fattore primario di eguaglianza sostanziale.
Ritiene, invero, questa Commissione Speciale che la previsione della copertura vaccinale sia funzionale all’adempimento di un generale dovere di solidarietà che pervade e innerva tutti i rapporti sociali e giuridici. Senza entrare in valutazioni di carattere epidemiologico che dovrebbe essere riservate agli esperti (e che certamente non spettano ai giuristi), risulta infatti evidente – sulla base delle acquisizioni della migliore scienza medica e delle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali – che soltanto la più ampia vaccinazione dei bambini costituisca misura idonea e proporzionata a garantire la salute di altri bambini e che solo la vaccinazione permetta di proteggere, proprio grazie al raggiungimento dell’obiettivo dell’”immunità di gregge”, la salute delle fasce più deboli, ossia di coloro che, per particolari ragioni di ordine sanitario, non possano vaccinarsi. Porre ostacoli di qualunque genere alla vaccinazione (la cui “appropriatezza” sia riconosciuta dalla più accreditata scienza medico-legale e dalle autorità pubbliche, legislative o amministrative, a ciò deputate) può risolversi in un pregiudizio per il singolo individuo non vaccinato, ma soprattutto vulnera immediatamente l’interesse collettivo, giacché rischia di ledere, talora irreparabilmente, la salute di altri soggetti deboli.
Del resto lo stesso articolo 32 della Costituzione enfatizza la dimensione solidaristica del diritto alla salute e il tema del possibile conflitto tra diritto individuale e interesse collettivo nell’ambito delle vaccinazioni obbligatorie è stato approfondito autorevolmente dalla Corte costituzionale (tra l’altro, nelle sentenze del 22 giugno 1990, n. 307, del 23 giugno 1994, n. 258 e del 18 aprile 1996, n. 118). Si è infatti affermato (nella sentenza n. 258 del 23 giugno 1994, sopra menzionata) che: “…la norma del citato art. 32 Cost. postul[a] il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti od accettati) con il coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo (sent. n. 218 del 1994) e con la salute della collettività (sent. n. 307 del 1990); nonché, nel caso in particolare di vaccinazioni obbligatorie, “con l’interesse del bambino”, che esige “tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai compiti inerenti alla cura del minore” (sent. n. 132 del 1992). Su questa linea si è ulteriormente precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.:
a) “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (cfr. sent. n. 307 del 1990);
b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili” (ivi);
c) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato (cfr. sent. n. 307 del 1992 cit. e v. … legge n. 210 del 1992). E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria, la quale “trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura” (sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori pieni previsti dall’art. 2043 c.c.: sent. n. 307 del 1990 cit.”.
La Costituzione, dunque, contrariamente a quanto divisato dai sostenitori di alcune interpretazioni riduzionistiche del diritto alla salute, non riconosce un’incondizionata e assoluta libertà di non curarsi o di non essere sottoposti trattamenti sanitari obbligatori (anche in relazione a terapie preventive quali sono i vaccini), per la semplice ragione che, soprattutto nelle patologie ad alta diffusività, una cura sbagliata o la decisione individuale di non curarsi può danneggiare la salute di molti altri esseri umani e, in particolare, la salute dei più deboli, ossia dei bambini e di chi è già ammalato.
L’articolo 32 – è bene ricordarlo – recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”.
Alla stregua della riferita disposizione la salute non è solo oggetto di un diritto (variamente declinabile come diritto alla cura e diritto di non curarsi e comunque ad esprimere un consenso informato alla cura), ma è anche un interesse della collettività; sicché, come ricordato dalla Corte costituzionale nella sentenza del 2 giugno 1994, n. 218, la tutela della salute implica anche il “dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri”; il tutto nel rispetto del limite della normale tollerabilità (limite la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità del Legislatore statale; v. infra) delle conseguenze per chi sia soggetto a “determinati” trattamenti sanitari imposti per legge (e solo per legge, stante la relativa riserva) e sulla base di un rapporto di proporzionalità con le esigenze di tutela della salute altrui.
Invero, tali simmetriche posizioni di diritto e dovere “… dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell’interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari. Situazioni di questo tipo sono evidenti nel caso delle malattie infettive e contagiose … Salvaguardata in ogni caso la dignità della persona, …, l’art. 32 della Costituzione prevede un contemperamento del coesistente diritto alla salute di ciascun individuo; implica inoltre il bilanciamento di tale diritto con il dovere di tutelare il diritto dei terzi che vengono in necessario contatto conla persona per attività che comportino un serio rischio, non volontariamente assunto, di contagio.” (così la succitata sentenza n. 218/1994).
Sulla base del riferito disposto costituzionale, dunque, la copertura vaccinale può non essere oggetto dell’interesse di un singolo individuo, ma sicuramente è d’interesse primario della collettività e la sua obbligatorietà – funzionale all’attuazione del fondamentale dovere di solidarietà rispetto alla tutela dell’altrui integrità fisica – può essere imposta ai cittadini dalla legge, con sanzioni proporzionate e forme di coazione indiretta variamente configurate, fermo restando il dovere della Repubblica (anch’esso fondato sul dovere di solidarietà) di indennizzare adeguatamente i pochi soggetti che dovessero essere danneggiati dalla somministrazione del vaccino (e a ciò provvede la legge 25 febbraio 1992, n. 210) e di risarcire i medesimi soggetti, qualora il pregiudizio a costoro cagionato dipenda da colpa dell’amministrazione.
La mancata considerazione di siffatto dovere di solidarietà rischierebbe, peraltro, di minare alla base anche l’eguaglianza sostanziale tra i cittadini sulla quale poggia la stessa democrazia repubblicana, atteso che i bambini costretti a frequentare classi in cui sia bassa l’immunità di gregge potrebbero essere esposti a pericoli per la loro salute, rischi ai quali invece non andrebbero incontro bambini appartenenti a famiglie stanziate in altre parti del territorio nazionale. La discriminazione tra bambini e bambini, tra cittadini sani e cittadini deboli, non potrebbe essere più eclatante. Il servizio sanitario e il servizio scolastico, da chiunque gestiti, debbono quindi garantire alti e omogenei livelli di copertura vaccinale in tutto il Paese, dal momento che la stessa ragion d’essere di tali servizi è quella di rendere effettivi, all’insegna del buon andamento amministrativo e della leale collaborazione tra i vari livelli di governo, i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e, tra questi, in primo luogo il diritto alla vita e alla salute, quali indefettibili precondizioni per un pieno sviluppo della persona umana, pure in quella particolare formazione sociale che è la scuola.
39.) Si è sopra riferito che l’articolo 32 della Costituzione assegna alla Repubblica il compito, da attuare in via legislativa e amministrativa, di tutelare la salute. Ove letta la previsione sia letta insieme ad altre disposizioni dello stesso testo costituzionale, si evince che tale compito è essenzialmente ripartito tra lo Stato e le Regioni, posto che la “tutela della salute” rientra nell’elenco di materie che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione assegna alla potestà legislativa concorrente delle Regioni, conservando tuttavia allo Stato la fissazione dei principi fondamentali. Inoltre il medesimo compito di tutela è altresì riconducibile, per taluni aspetti, alla sola potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dello stesso articolo 117, secondo comma, lettere m) e q), allorquando si tratti di assicurare la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” o di disporre in tema di “profilassi internazionale”.
Orbene, prescindendo in questa sede dalle competenze esclusive dello Stato in materia di ambiente (di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione) che pure interferiscono con quelle in tema di tutela della salute (sotto il profilo dell’esistenza di diritto a un ambiente salubre), la Commissione ritiene, sulla base di quanto sopra osservato, che le norme di legge sulle vaccinazioni obbligatorie (e, comunque, quelle relative all’individuazione di tali vaccinazioni) siano ascrivibili al novero dei principi fondamentali alla cui osservanza è tenuta la legislazione regionale concorrente sia, soprattutto, all’ambito della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie che, per le elementari esigenze di uguaglianza prima ricordate, debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi internazionali relativi alla profilassi (anch’essi poggianti sulla solidarietà tra gli Stati e le popolazioni di altri Paesi).
40.) Non confligge con il quadro appena delineato – e, anzi, lo rafforza – il principio di precauzione applicato al settore della salute. Non ignora difatti questa Commissione che in talune argomentazioni giuridiche dirette contro l’obbligo vaccinale ricorra sovente l’invocazione del suddetto principio. Di esso però è offerta un’interpretazione secondo la quale, in sintesi, lo Stato dovrebbe astenersi dall’imporre l’obbligo vaccinale giacché le vaccinazioni implicherebbero un inevitabile rischio di reazioni avverse o di più gravi pregiudizi dell’integrità fisica dei soggetti vaccinati; in altri termini, sarebbe assente una condizione di c.d. “rischio zero”. Ebbene, premesso che a nessuna condotta umana si correla un “rischio zero”, appare evidente che la riferita concezione del principio di precauzione impedirebbe in radice qualunque sviluppo delle scienze medico-chirurgiche (e di qualunque altra scienza). Inoltre le tesi, testé richiamate, tendono travisare il senso e il finalismo del principio di precauzione la cui dinamica applicativa, lungi dal fondarsi su un pregiudizio antiscientifico, postula più di qualunque altro principio del diritto una solida base scientifica.
Il principio di precauzione non vive, infatti, in una dimensione prevalentemente assiologica (esso cioè non presuppone una precisa scelta di valori-fine) né opera in un’unica direzione (segnatamente, in quella dell’interdizione delle decisioni pubbliche “rischiose”). Al contrario, il principio di precauzione vige in una dimensione essenzialmente metodologica ed è bidirezionale. Non a caso è stato sostenuto in dottrina che il principio di precauzione non offra “regole per decidere”, ma soltanto “regole per procedere”, poiché permette di individuare il percorso di procedimentalizzazione delle decisioni delle autorità pubbliche in situazioni di incertezza, consentendo una gestione collettiva del rischio. In altri termini, il principio di precauzione non obbliga affatto alla scelta del “rischio zero”, semmai impone al decisore pubblico (legislatore o amministratore), in contesti determinati, di prediligere, tra le plurime ipotizzabili, la soluzione che renda possibile il bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi, attraverso l’individuazione, sulla base di un test di proporzionalità, di una soglia di pericolo accettabile; la selezione di tale soglia, tuttavia, può compiersi unicamente sulla base di una conoscenza completa e, soprattutto, accreditata dalla migliore scienza disponibile. Sicché il principio di precauzione può, talora, condurre le autorità pubbliche a non agire oppure, in altri casi, può spingerle ad attivarsi, adottando misure proporzionate al livello di protezione prescelto (cioè adeguate rispetto alla soglia di pericolo accettabile). Che questa sia l’interpretazione corretta del principio di precauzione è confermato dalla giurisprudenza amministrativa nazionale che si è occupata del tema (tra i molti precedenti, si richiama la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana 3 settembre 2015, n. 581) e, specialmente, dalla comunicazione interpretativa della Commissione europea del 2 febbraio 2000 – COM/2000/01 def. (va ricordato infatti che il principio di precauzione è di origine internazionale e sovranazionale), nella quale si è chiarito che “(l)’attuazione di una strategia basata sul principio di precauzione dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica, quanto più possibile completa, identificando, ove possibile, in ciascuna fase il grado d’incertezza scientifica.”.
41.) La base scientifica del principio di precauzione rappresenta anche un presidio di garanzia della ragionevolezza delle scelte pubbliche e rafforza conseguentemente la compliance delle regole positive (su di esso fondate) che impongano obblighi di comportamento per i consociati. La consapevolezza, invero, che il decisore pubblico sia tenuto a seguire una strategia valutativa (di problem solving) poggiante sulle verificabili e verificate acquisizioni della miglior scienza del momento (e sul rigore del relativo metodo) concorre ad escludere il sospetto di arbitrarietà inevitabilmente connesso a ogni epifania dell’autoritatività, specialmente quando quest’ultima si manifesti sotto forma di biopotere (ossia di esercizio della politicità, in questo caso estrinsecantesi in cogenza normativa, nella gestione del corpo umano).
42.) A quello di precauzione si accompagna poi il principio di prevenzione, atteso che la massima efficacia della minimizzazione del rischio, nei sensi sopra indicati, si ottiene, in genere, attraverso un intervento sulle cause della possibile insorgenza del pericolo. Ebbene, non vi è dubbio che il sistema della vaccinazioni obbligatorie sia informato anche a questo principio giuridico, complementare a quello di precauzione e altrettanto rilevante.
43.) Le precedenti considerazioni portano a concludere che, al cospetto dei profili costituzionali sopra esaminati, si presentino inconferenti e non assumano rilievo, perché recessivi rispetto alla tutela della salute pubblica, gli argomenti di natura “civilistica” volti a valorizzare l’interesse economico dei genitori dei bambini non vaccinati a non sostenere inutilmente l’onere economico di rette scolastiche e pure l’interesse a far frequentare ai propri figli un determinato istituto scolastico privato.
P.Q.M.
In risposta al quesito formulato dal Presidente della Regione Veneto, si esprime il parere che, in base al diritto vigente, già a decorrere dall’anno scolastico 2017/2018 (in corso), si applichi, anche nella Regione Veneto, la norma, ricavabile dal combinato disposto degli articoli 3, comma 1, e 5, comma 1, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, secondo cui la presentazione della documentazione attestante l’avvenuto adempimento dell’obbligo vaccinale costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gabriele Carlotti Gianpiero Paolo Cirillo
IL SEGRETARIO Roberto Mustafà
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19/02/2018 n° 1
Area: Prassi, Circolari, Note

REPUBBLICA ITALIANA
la
Corte dei conti
Sezione Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato
formata dai Magistrati: Raffaele DAINELLI, Presidente;
componenti: Valeria CHIAROTTI, Maria Elena RASO, Andrea ZACCHIA, Roberto BENEDETTI, Roberto MILANESCHI, Maria Teresa POLVERINO, Antonio ATTANASIO, Cinzia BARISANO, Luisa D’EVOLI, Donatella SCANDURRA;
integrata dai Consiglieri delegati delle Sezioni regionali di controllo: Lucilla VALENTE, Massimo ROMANO, Fabrizio PICOTTI, Rossella CASSANETI, Nicola BENEDIZIONE, Massimo VALERO (relatore), Giuseppe IMPARATO, Alessandro BENIGNI, Laura DE RENTIIS, Giampiero PIZZICONI, Vanessa PINTO;
nell’Adunanza Generale del 25 gennaio 2018
VISTI gli artt. 95, 97, 100 e 103 della Costituzione;
VISTO il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214;
VISTA la legge 21 marzo 1953, n. 161 contenente modificazioni al predetto Testo Unico;
VISTO l’art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni;
VISTO l’art. 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340;
VISTO l'art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
VISTO l'art. 10 del decreto legislativo 30 giugno 2011, n.123;
VISTO il "Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti" adottato dalle Sezioni Riunite con deliberazione n.14/2000, modificato, da ultimo, con provvedimento del Consiglio di Presidenza in data 24 giugno 2011 (G.U. n. 153 del 4.7.2011);
VISTA la deliberazione n. 9/CONTR/2012 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti in data 27 marzo 2012;
VISTI il Decreto n. 527 del Dirigente scolastico del Liceo Statale ............., in data 30 agosto 2017, concernente il riconoscimento della cessazione dal servizio per dimissioni, con decorrenza 1°settembre 2017, della docente XXX, trasmesso dalla competente Ragioneria territoriale dello Stato di Torino alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 123/2011;
VISTE le osservazioni formulate dalla predetta Ragioneria territoriale e le risposte dell'Amministrazione, con le quali viene comunicato l'intento di dare comunque esecuzione al provvedimento;
VISTA la nota del 6 ottobre 2017 della citata Ragioneria territoriale, con la quale l'atto, corredato della relativa documentazione, è stato inviato alla competente Sezione di controllo della Corte dei conti, ai sensi del citato art. 10 del d.l.gs. n. 123/2011, per il controllo successivo di legittimità;
VISTO il foglio di osservazioni formulato dal Magistrato istruttore in data 18 ottobre 2017 e la risposta dell'Amministrazione in data 30 ottobre 2017;
VISTA la relazione in data 16 novembre 2017, con la quale il Magistrato istruttore, esaminate le controdeduzioni fornite dal Dirigente scolastico interessato, ha chiesto al Consigliere delegato il deferimento della questione all'esame collegiale della Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte;
VISTA la nota, in data 22 dicembre 2017, del Presidente della Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con la quale, a seguito della deliberazione n.251/2017/SUCC della stessa Sezione, allo scopo di definire una preliminare questione di massima, si chiede al Presidente della Corte dei conti di deferire il provvedimento sopraindicato all'Adunanza generale della Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del citato Regolamento;
VISTA l’Ordinanza del Presidente della Corte dei conti in data 9 gennaio 2018, con la quale è stata convocata per il giorno 25 gennaio 2018 l’Adunanza Generale per l’esame della questione proposta ed è stato nominato relatore il Consigliere Massimo VALERO;
VISTA la nota della Segreteria della Sezione centrale di legittimità del 10 gennaio 2018, con la quale la predetta ordinanza di convocazione, unitamente alle copie della richiesta di deferimento del Presidente della Sezione regionale di controllo per il Piemonte e della Deliberazione n.251/2017/SUCC, sono state inoltrate alle Amministrazioni interessate;
UDITI il relatore, Consigliere Massimo VALERO, il Dirigente dell’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte, dott. Stefano SURANITI, il Dirigente della Direzione generale del personale scolastico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dott. Giacomo MOLITIERNO, il Dirigente scolastico del Liceo.......... ed il Dirigente del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (IGOP – Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale) dott. Francesco DE SARIO;
Con l’assistenza della dr.ssa Maria Enrica DI BIAGIO, in qualità di Segretario di adunanza.
Ritenuto in
Fatto
1. È pervenuto all’esame della Sezione regionale di controllo per il Piemonte per il riscontro successivo di legittimità, di cui all’art. 10 del d.lgs. 30 giugno 2011, n. 123, in data 9 ottobre 2017, il decreto n. 527 del Dirigente scolastico del Liceo ........, del 30 agosto 2017 concernente il riconoscimento della cessazione dal servizio per dimissioni, con decorrenza 1° settembre 2017, della docente XXX;
La Ragioneria Territoriale di Torino, competente per territorio, aveva restituito all’Amministrazione il provvedimento in esame, denegando il visto, sul presupposto che lo stesso non fosse conforme a legge secondo distinti profili, diffusamente argomentati in merito e, in particolare: 1) le dimissioni non potrebbero avere decorrenza che dal successivo anno scolastico rispetto a quello di riferimento; 2) poiché la docente risulta aver sottoscritto il contratto a tempo indeterminato in data 1° settembre 2015 con differimento della presa di servizio al 1° settembre 2016, poi in malattia dal 1° settembre 2016 al 5 settembre 2016, quindi in aspettativa per motivi di famiglia dal 6 settembre 2016 al 31 agosto 2017, la stessa si trova in pieno periodo di prova di 180 giorni di servizio effettivo, ai sensi dell’art. 438 del d.lgs. n.297/1994, che di fatto non si è mai compiuto in relazione all’aspettativa fruita all’atto di presentazione dell’istanza di dimissioni. In difetto di compimento “la prova è prorogata di un anno scolastico, con provvedimento motivato, dall’organo competente per la conferma in ruolo” (art. 438, comma 5, del d.lgs. n.297/1994). Di tal ché trova attuazione, ad avviso dell’Ufficio di Ragioneria, l’articolo 2096 c.c., nella parte in cui dispone che “Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine”.
Il Dirigente scolastico, di contro, con nota del 6 ottobre 2017, ha ritenuto di dare comunque corso, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n.123/2011, al decreto in esame, adducendo a sostegno della sua posizione che: 1) essendo pervenuta la domanda di dimissioni della docente in data 29 agosto 2017, sia stato rispettato il termine dell’ “anno successivo” di cui all’art. 1, comma 1, del DPR n.351/1998; 2) l’imminenza dell’apertura dell’anno scolastico 2017/18 e le relative operazioni di nomina dei docenti hanno suggerito di dar corso alla risoluzione del contratto in tempi brevi al fine di salvaguardare il diritto degli studenti ad avere docenti stabili fin dall’inizio delle lezioni.
2. Il Magistrato istruttore, con rilievo in data 18 ottobre 2017, ha chiesto al Dirigente scolastico l’esplicazione delle ragioni giuridiche a sostegno del provvedimento in esame. Ha replicato il Dirigente scolastico con nota in data 6 novembre 2017, ribadendo l’opportunità in fatto del provvedimento oggetto di esame in quanto “non si intravvede di quale diritto risulti lesivo il provvedimento di risoluzione in oggetto, tenuto conto che esso rispecchia una soluzione consensuale, scaturita da un incontro di volontà; la ratio che ha ispirato l'atto deriva dalla convenienza di non lasciare in essere un rapporto non voluto da entrambe le parti e indirettamente lesivo del diritto degli studenti alla stabilità e alla continuità dell'insegnamento”.
Ritenendo non superati i predetti rilievi, il Magistrato istruttore, con nota del 16 novembre 2017, ha relazionato in merito al Consigliere delegato, il quale, esprimendo il proprio conforme avviso, chiedeva al Presidente della Sezione regionale di controllo per il Piemonte il deferimento del provvedimento all’esame collegiale.
La Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con deliberazione n.251/2017/SUCC, allo scopo di definire una preliminare questione di massima, chiedeva al Presidente della Corte dei conti di deferire il provvedimento sopraindicato all'Adunanza generale della Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti;
In esito alla predetta richiesta, il Presidente della Corte dei conti, con ordinanza in data 9 gennaio 2018, ha deferito la questione all’odierna Adunanza Generale.
In vista della trattazione della questione, è pervenuta una memoria da parte del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato in data 23 gennaio 2018 in cui, esposto il quadro normativo che disciplina la materia in questione, viene sottolineato che le dimissioni presentate dalla docente di che trattasi ad agosto 2017 appaiono fuori termine e, conseguentemente, destinate ad avere effetto non dal 1° settembre 2017, ma dallo stesso giorno dell'anno successivo. Dopo aver richiamato le due tesi in discussione circa la derogabilità o meno della richiamata disciplina, il Dipartimento richiamando le deduzioni della sentenza della Corte di Cassazione n.2795 del 12 febbraio 2015 - segnatamente nella parte in cui afferma che l'efficacia immediata delle dimissioni andrebbe contemperata con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell'attività scolastica e di razionalizzazione del servizio - ha rilevato come il regime assunzionale della Scuola, non vincolato al turn over ed obbligato alla sostituzione del personale cessato, sia caratterizzato dal fatto che le cessazioni (con i relativi posti vacanti e/o disponibili) costituiscono le risorse finanziarie certe per la determinazione delle dotazioni organiche.
All’adunanza pubblica i rappresentanti delle Amministrazioni intervenuti hanno confermato le argomentazioni già espresse in precedenza ed illustrato le rispettive posizioni.
Considerato in
Diritto
1. Il Collegio è chiamato preliminarmente a pronunciarsi, ai sensi dell'art. 3, comma, 3 del Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti n. 14/2000, per la soluzione della questione di massima sulla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 2, del D.P.R. n. 351/1998 “Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti in materia di cessazione dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59” e dei decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono i termini di efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico. In particolare, occorre definire se tale normativa sia o meno inderogabile, anche per quanto riguarda l’amministrazione scolastica. Considerato che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la normativa risponde alla superiore esigenza di continuità del servizio pubblico, occorre stabilire, nello specifico, se la valutazione dell’interesse pubblico sia stabilita in via astratta dai decreti ministeriali che ogni anno fissano i termini per le domande di cessazione dal servizio ovvero se sia in facoltà della singola amministrazione scolastica valutare la migliore soluzione per assicurare la continuità del servizio, accettando eventuali domande di dimissione anche in deroga ai limiti temporali fissati dai decreti ministeriali. Per effetto della soluzione della predetta questione di massima, questa Sezione è chiamata ad affermare la conformità o meno a legge del provvedimento oggetto di controllo.
2. È opportuno richiamare, in proposito, la deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede di controllo n. 9/2012, con la quale si è stabilito il principio che il controllo demandato alla Corte, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n.123/2011, “per il contenuto della valutazione (conformità a legge) e per le procedure da seguire, non possa che essere ricondotto nell’ambito del controllo di legittimità, seppur successivo a causa dell’intervenuta efficacia dei provvedimenti medesimi. Detto procedimento di controllo - da attuare con le consuete modalità procedimentali - si potrà concludere con esito positivo ovvero con una dichiarazione di non conformità a legge, a seguito della quale l’amministrazione adotterà le consequenziali misure di competenza anche in relazione agli eventuali profili di responsabilità del dirigente.”
Tale controllo si attua, pertanto, con le consuete modalità procedimentali, inclusa, evidentemente, la pronuncia della Sezione centrale in Adunanza Generale, nella composizione integrata da tutti i Consiglieri delegati delle Sezioni Regionali, per la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza, per le quali il Presidente della Corte dei conti ravvisi la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 3, comma 3, del Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti n.14/2000.
3. Al fine di chiarire i termini della questione in diritto oggetto di esame è necessario offrire la cornice normativa che regola la materia de qua.
Il D.P.R. n.351/1998 dispone, all’articolo 1, comma 2, che “Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è stabilito il termine entro il quale, annualmente, il personale di cui al comma 1 può presentare o ritirare la domanda di collocamento a riposo o di dimissioni”. Il personale indicato nel comma 1 è il personale del comparto “Scuola”.
Per l’anno scolastico 2016/2017 il D.M. n.941 del 1°dicembre 2016 ha previsto che “È fissato al 20 gennaio 2017 il termine per la presentazione, per il personale docente…delle domande…di dimissioni volontarie…con effetti dal primo settembre 2017”.
A mente del disposto normativo sopra riportato, pertanto, solo se la domanda di dimissioni fosse stata presentata entro il 20 gennaio 2017 essa avrebbe potuto avere effetto dal 1° settembre del medesimo anno. Al contrario, nella fattispecie, le dimissioni presentate ad agosto 2017, ossia fuori dal termine del D.M. n.941/2016, non avrebbero potuto avere effetto dal 1° settembre 2017. In proposito, può aggiungersi che, ai sensi dell’articolo 10, commi 4 e 5, del decreto-legge n.357/89, convertito nella legge n.417/89, “Il personale ispettivo, direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato, che abbia presentato le proprie dimissioni dall'impiego, non può revocarle dopo il 31 marzo successivo. Le dimissioni presentate dopo tale data, ma prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo, avranno effetto dal 1° settembre dell'anno che segue il suddetto anno scolastico”.
Secondo il dato testuale della normativa citata, le dimissioni presentate nel mese di agosto 2017, pertanto, potrebbero avere efficacia dall’inizio dell’anno scolastico 2018 cioè, “dal primo settembre dell’anno che segue”.
4. La Sezione di controllo per la Regione Piemonte, nella deliberazione di remissione n.251/2017, ha evidenziato che la questione in diritto oggetto di esame è già stata decisa dalla Sezione stessa, in analogo precedente, nel senso della ricusazione del visto, con la deliberazione n. 114 del 7 giugno 2017.
Cionondimeno, a fronte della posizione assunta in precedenza dalla Sezione regionale remittente (nel senso dell’inderogabilità della menzionata disciplina), la deliberazione n.251/2017 ha rilevato che recentemente si è pronunciato sul tema il Tribunale di Torino in funzione di Giudice del Lavoro (sentenza n.1940/2017). Con tale pronuncia, a fronte dell’impugnazione di un licenziamento disciplinare fondato dall’Amministrazione sull’assenza ingiustificata dal servizio stante l’inefficacia delle dimissioni rese, il Tribunale di Torino annullava l’intimato licenziamento. Il Giudice del Lavoro, pur fondando l’illegittimità del licenziamento sul presupposto del difetto di elemento soggettivo nella condotta della docente (ed anzi espressamente richiamando la decorrenza delle dimissioni come stabilita dalla normativa speciale), concludeva, comunque, ritenendo la risoluzione del contratto dal momento dell’incontro della volontà delle due parti (non, dunque, dalle dimissioni ma dal provvedimento, seppur dichiarato illegittimo, di licenziamento, ritenendo quest’ultimo espressione della volontà risolutiva dell’Amministrazione).
Quest’ultima affermazione, in effetti, sembrerebbe sottendere l’espressione di un principio giuridico antitetico a quello espresso dalla Sezione nel proprio precedente: i termini di efficacia delle dimissioni sono nella disponibilità dell’Amministrazione.
Si delineano, pertanto, due tesi astrattamente sostenibili circa la corretta interpretazione della normativa sopra menzionata: la prima la considera come inderogabile, la seconda, invece, impone di considerare tale disciplina come nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione la quale, pertanto, avrebbe piena facoltà di rinunciarvi.
5. La questione è stata esaminata anche dalla giurisprudenza di legittimità in due distinte occasioni.
Con la sentenza n.3267/2009 la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che “In materia di pubblico impiego privatizzato, il termine del 10 gennaio 2003, stabilito dal d.m. del 2 dicembre 2002 n. 127, per presentare, da parte del personale scolastico docente e non, la domanda di dimissioni o di collocamento a riposo è posto nell'interesse della P.A. che deve poter organizzare il normale svolgimento dell'anno scolastico successivo, da cui avranno effetto le dimissioni. Ne consegue che è inammissibile la deduzione del dipendente scolastico intesa a far valere la tardiva presentazione della propria domanda di pensionamento quale ragione di nullità delle dimissioni”.
In tale sentenza è affermato che nel pubblico impiego privatizzato “l'atto di dimissioni è negozio unilaterale recettizio…idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui venga a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle”. Inoltre, la sentenza stessa argomenta che “i termini per la presentazione delle dimissioni sono posti nell'interesse della pubblica amministrazione che deve poter organizzare il normale svolgimento dell'anno scolastico; nella fattispecie in esame la amministrazione ha provveduto, come cennato, alla sostituzione della (…), nominando il nuovo direttore del convitto”.
Da tale pronuncia, dunque, si può ricavare un chiaro argomento favorevole alla tesi della disponibilità dell’Amministrazione al rispetto o meno dei termini di efficacia delle dimissioni di un docente.
Anche in caso di tardiva presentazione delle dimissioni, sarebbe piena facoltà dell’Amministrazione scolastica interessata, previa valutazione di convenienza organizzativa, l’immediata accettazione delle stesse.
Sul tema è nuovamente intervenuta la Suprema Corte con la sentenza n.2795/2015: questa volta, pronunciandosi in una vicenda conclusasi con licenziamento disciplinare stante l’inefficacia delle dimissioni presentate, la Cassazione ha affermato che “In caso di dimissioni di dipendenti di scuola pubblica, il principio secondo il quale l'atto di recesso unilaterale è idoneo a determinare la risoluzione del rapporto, a prescindere dall'accettazione del datore di lavoro, va contemperato con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell'attività scolastica, che impongono che i termini per la presentazione delle domande siano individuati dalla normativa di riferimento, e che, ai sensi dell'art. 10 del d.l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni nella legge 27 dicembre 1989, n. 417, ne individuano la decorrenza dal 1 settembre di ogni anno”.
Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto inefficaci le dimissioni di un collaboratore scolastico, in data 26 marzo 2006, in relazione all'anno scolastico 2006-2007, in quanto presentate oltre il termine previsto dal D.M. 18 novembre 2005, n.87, restando suscettibili di efficacia per la prima successiva data utile del 1° settembre 2007.
Dunque, mentre nella pronuncia del 2009 le dimissioni, seppure senza rispetto dei termini di efficacia, risultavano accettate dall’Amministrazione che, anzi, aveva tempestivamente proceduto a coprire il posto vacante, nella sentenza del 2015 le dimissioni non venivano accettate dall’Amministrazione che, contestata l’assenza ingiustificata, procedeva al licenziamento disciplinare.
Nella parte motiva della sentenza n.2795/2015 la Suprema Corte ha richiamato il precedente del 2009, ricordando l’efficacia immediata delle dimissioni, precisando, tuttavia, che “Nel sistema scolastico, tale principio va contemperato con le esigenze di natura organizzativa collegate al buon andamento dell'attività scolastica e di razionalizzazione del servizio, che impongono i termini per la presentazione delle domande, individuati come sopra detto, con riferimento a ciascun anno scolastico, nonché, ai sensi del D.L. n. 357 del 1989, art. 10, convertito con modificazioni nella L. n. 417 dello stesso anno, la loro decorrenza dal 1° settembre di ogni anno. Nel caso, con l'inoltro della domanda di dimissioni si era quindi determinato l'effetto estintivo del rapporto di pubblico impiego, effetto estintivo avente la decorrenza stabilita dalla normativa del settore”.
Le due pronunce, invero, possono ragionevolmente comporsi ritenendo la normativa speciale sulla cessazione dal servizio in ambito scolastico come unilateralmente derogabile dall’Amministrazione. In sostanza, trattandosi di normativa volta ad assicurare esigenze organizzative di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione, può essere ragionevole rimettere a quest’ultima ogni valutazione sul miglior soddisfacimento di tali esigenze.
In questo senso sembra esprimersi la sentenza n. 3267/2009 laddove, pur affermando in generale l’immediata efficacia delle dimissioni in quanto atto unilaterale recettizio, in realtà le ritiene efficaci anche se fuori termini perché, di fatto, accettate dall’Amministrazione.
La successiva sentenza n.2795/2015, dunque, pur affermando un principio diverso, troverebbe giustificazione e coerenza con la precedente pronuncia, nella considerazione che nel caso esaminato l’Amministrazione aveva espressamente ritenuto inefficaci le dimissioni.
La difforme interpretazione, nel senso della inderogabilità della disciplina speciale, si fonda, da un lato, sull’assenza testuale di alcun riferimento a margini valutativi in capo all’Amministrazione e, dall’altro, sulla considerazione che il provvedimento che individua i termini di efficacia delle domande di dimissioni è un provvedimento amministrativo emesso dal vertice dell’Amministrazione interessata (Decreto Ministeriale) su cui non potrebbe incidere il singolo dirigente scolastico il quale, pertanto, non potrebbe accettare le dimissioni se non con le decorrenze fissate dalla disciplina speciale.
6. Nell’affrontare la questione sottoposta all’esame del Collegio, è opportuno inquadrare la fattispecie secondo i principi, delineati dall’art. 97 della Costituzione, che regolano l’organizzazione e l’azione della Pubblica Amministrazione. In proposito, giova ricordare che la norma testé richiamata impone che i pubblici uffici siano organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione (comma 2) e che nell'ordinamento degli uffici siano determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari (comma 3).
Il ridetto principio costituzionale di “buon andamento” risponde all’esigenza del funzionamento ottimale della Pubblica Amministrazione, sia sul piano dell’organizzazione sia su quello della sua attività, ed è principalmente volto a migliorare il rendimento dell’apparato pubblico, nel segno dell’efficienza dell’azione della Pubblica Amministrazione.
In tale ottica di efficientamento, non possono non trovare accoglimento tutti i possibili strumenti che possono rinvenirsi nell’ordinamento giuridico, che siano adeguati a raggiungere il fine prestabilito dalla norma, mediante il miglior utilizzo delle risorse a disposizione dell’Amministrazione.
Il buon andamento richiede, inoltre, una congrua valutazione dell’economicità dell’azione, dal punto di vista organizzativo, funzionale e contabile. Rientrano in tali parametri le valutazioni della razionale ripartizione delle competenze fra gli uffici, della bontà dei procedimenti amministrativi adottati in relazione all’interesse pubblico e delle utilità conseguibili rispetto agli oneri finanziari impiegati nei procedimenti stessi.
7. Tra le norme con le quali il legislatore ha dato attuazione a tali principi costituzionali, per quanto rileva in questa sede, quelle generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, di cui d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, hanno esplicitato che le amministrazioni pubbliche ispirano la loro organizzazione, fra l’altro, al criterio di “ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 5, comma 2;” (art. 1, comma 1, lett. b, del d.lgs. cit.). L’art. 5, comma 2, richiamato, attinente al potere di organizzazione nella P.A., prevede che “nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (…)”.
La normativa di cui al D.P.R. 28 aprile 1998, n. 351/1998 e al D.M. n.941/2016, che regolano la fattispecie in esame, deve pertanto essere interpretata secondo i predetti principi. In primo luogo, è evidente che i decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono l’efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico prevedono dei termini che l’ordinamento pone a tutela esclusiva degli interessi della P.A.. La norma, imponendo un termine unico per tutto il personale del comparto, ha riguardo all’ordinato svolgimento delle lezioni nel contesto dell’anno scolastico e costituisce, pertanto, una disciplina generale di organizzazione dell’amministrazione valida per ogni istituto scolastico.
Comunque, proprio in ossequio ai ridetti principi costituzionali, così come specificati nella citata disciplina generale sul pubblico impiego, e ferma restando la ratio della regola di cui all’art. 1, comma 1, del D.P.R. n.351/1998, deve essere assicurato, anche nella sua pratica applicazione, il rispetto del fine proprio della norma, la cui pedissequa applicazione comporterebbe, paradossalmente, effetti distorsivi e contrari alla finalità che con la medesima si vuole conseguire. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi, non dissimile da quella in esame, in cui le dimissioni vengano rese da un docente in aspettativa: l’eventuale rigetto delle stesse, in uno con il formale mantenimento del posto in ruolo, impedirebbe al dirigente scolastico la chiamata di un docente sostitutivo, protraendo una situazione indefinita fino all’esaurimento del periodo indicato dai decreti ministeriali, o anche oltre, qualora il docente andasse ad esaurimento dei periodi di aspettativa fruibili. Appare quindi del tutto ragionevole rimettere all’Amministrazione la valutazione della soluzione più coerente con l’efficienza del servizio scolastico nel caso specifico, tenendo conto della disponibilità di altri soggetti al fine di assicurare la continuità dell’insegnamento.
D’altra parte, affidare una simile facoltà all’Amministrazione appare altresì coerente con i poteri decisionali affidati al dirigente scolastico che, infatti, “assicura la gestione unitaria dell'istituzione” ed è “responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio” e inoltre, “spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali” (articolo 25, comma 2, d.lgs. n. 165/2001).
8. Resta da sottolineare, ad ulteriore conforto della ricostruzione interpretativa sopra esposta, che la disposizione in esame di cui all’art.1, comma 2, del D.P.R. n.351/1998 non qualifica il precetto in essa contenuto, relativamente al termine, come perentorio:“Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è stabilito il termine entro il quale, annualmente, il personale di cui al comma può presentare o ritirare la domanda di collocamento a riposo o di dimissioni”.
9. Alla luce delle suesposte considerazioni, il Collegio in Adunanza Generale, ritiene che la questione di massima proposta debba essere definita come segue:
“I termini previsti dai decreti ministeriali che ogni anno stabiliscono l’efficacia delle dimissioni del personale del comparto scolastico sono posti a tutela esclusiva degli interessi della Pubblica Amministrazione, che li può disattendere in caso di eccezionali, specifiche e comprovate esigenze di garanzia del buon andamento del servizio in termini di efficienza ed economicità dello stesso”.
Per l’effetto, il sopra richiamato provvedimento sottoposto allo scrutinio della Sezione deve essere ritenuto conforme a legge.
P.Q.M.
l’Adunanza Generale della Sezione Centrale del controllo di legittimità, dichiara, previa risoluzione della questione di massima, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del vigente Regolamento, che il provvedimento deferito è conforme a legge, ammettendolo al visto e alla registrazione.
Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura della Segreteria, alla Ragioneria Territoriale dello Stato di Torino, al Dirigente dell’Istituto scolastico di cui al decreto scrutinato, al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca - Gabinetto del Ministro, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero dell’economia e delle finanze - Gabinetto del Ministro e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 gennaio 2018.
Il Presidente
Raffaele DAINELLI
Il relatore
Massimo VALERO
Depositata in Segreteria il 19 febbraio 2018
Il Dirigente
Dott. Massimo BIAGI
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n° 20
Area: Normativa

Ai fini dell'ammissione ai concorsi ispettivi, sono da considerare equiparati agli appartenenti ai ruoli del personale docente del tipo di scuola, cui si riferiscono i concorsi medesimi, coloro i quali vi abbiano appartenuto in passato e conservino titolo alla restituzione ai detti ruoli. Ai concorsi relativi al contingente per la scuola materna è ammesso anche il personale direttivo della scuola elementare. Il Ministro della pubblica istruzione è tenuto a riesaminare le posizioni di coloro i quali abbiano superato le prove concorsuali in concorsi già espletati dopo la data di entrata in vigore della legge 10 giugno 1982, n. 349, o in fase di espletamento e si trovino nella predetta situazione, adottando provvedimenti di nomina nei limiti dei posti disponibili e vacanti, con decorrenza economica dall'effettiva assunzione in servizio.
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n° 32
Area: Normativa

1. Le procedure di affidamento dei contratti pubblici hanno luogo nel rispetto degli atti di programmazione delle stazioni appaltanti previsti dal presente codice o dalle norme vigenti.
2. Prima dell’avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti, in conformità ai propri ordinamenti, decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte. Nella procedura di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico‐professionali, ove richiesti. (1)
3. La selezione dei partecipanti e delle offerte avviene mediante uno dei sistemi e secondo i criteri previsti dal presente codice.
4. Ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta. L’offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine.
5. La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 33, comma 1, provvede all’aggiudicazione.
6. L’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta. L’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine stabilito nel comma 8.
7. L’aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti.
8. Divenuta efficace l’aggiudicazione, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l’aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All’aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate. Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza e nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all’esecuzione del contratto in via d’urgenza, l’aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali. Nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all’esecuzione del contratto in via d’urgenza, l’aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate su ordine del direttore dell’esecuzione. L’esecuzione d’urgenza di cui al presente comma è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l’igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.
9. Il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione.
10. Il termine dilatorio di cui al comma 9 non si applica nei seguenti casi:
a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o dell’inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;
b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all’articolo 54, nel caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all’articolo 55, nel caso di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico nei limiti di cui all’articolo 3, lettera bbbb) e nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettere a) e b). (1)
11. Se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L’effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice del processo amministrativo di cui all’Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare.
12. Il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell’esito positivo dell’eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti.
13. L’esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l’esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previste al comma 8.
14. Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedura negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri.
14‐bis. I capitolati e il computo estimativo metrico, richiamati nel bando o nell’invito, fanno parte integrante del contratto. (2)
(1) Comma così modificato dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
(2) Comma aggiunto dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
KEYWORDS
#appalti e contratti pubblici (in generale)#procedimento amministrativo#appaltare #stazione #contratto #aggiudicazione #affidamento #caso #esecuzione #offerta #aggiudicatario #invito
n° 52
Area: Normativa

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a). L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all'interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell'attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore.
[1-ter. (1)]
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.
(1) Comma abrogato per effetto dell’ art. 18, comma 1, lett. e), D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70 a decorrere dal 9 luglio 2013.
KEYWORDS
#progressione #vacanza #sopperire #assimilare #assente #inquadrare #dolo #colpa
16/08/2017 n° 1622
Area: Prassi, Circolari, Note

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
All'Ufficio speciale di lingua slovena
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana di Bolzano
All'Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
All'Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine di Bolzano
Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia di TRENTO
Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D'Aosta
Alle Istituzioni scolastiche statali e paritarie
Alle scuole private non paritarie
ep.c.
Al Capo di Gabinetto
Al Capo Segreteria Tecnica del Ministro
Alle Direzioni Generali del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Ministero della salute Ufficio di Gabinetto
LORO SEDI
Oggetto: Prime indicazioni operative alle istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione per l'applicazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 20l7, n. 119,recante "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci".
Il decreto-legge in oggetto, come modificato in sede di conversione, intervenendo sull'obbligatorietà delle vaccinazioni, assicura a tutta la popolazione, in maniera omogenea sul territorio nazionale, la prevenzione, il contenimento e la riduzione dei rischi per la salute personale e pubblica. L'estensione della vaccinazione rappresenta, pertanto, un progresso alla cui realizzazione hanno collaborato il Parlamento e il Governo assicurando, fra l'altro, in sede di conversione del decreto-legge, che le istituzioni scolastiche possano contribuire alla tutela della salute collettiva, nell'ambito delle proprie competenze e nel pieno rispetto del diritto all'istruzione.
Come noto il decreto-legge, nella sua legge di conversione, non cambia la normativa vigente in merito all'accesso al servizio dell'istruzione, poiché l'articolo 100 del Testo Unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994già subordinava l'ammissione alla scuola dell'infanzia alla presentazione della certificazione di talune vaccinazioni, inoltre, l'art. 117 del medesimo Testo Unico disponeva che all'atto della prima iscrizione fosse presentata la certificazione delle vaccinazioni allora obbligatorie.
L'articolo 3-bis del decreto-legge, aggiunto in sede di conversione, prevede, inoltre, una importante procedura di semplificazione per cui, a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, le ASL, ricevuto dalle scuole l'elenco degli iscritti sino a sedici anni di età, restituiranno l'indicazione di coloro che eventualmente non risultino in regola con gli adempimenti vaccinali. Le istituzioni scolastiche, pertanto, non dovranno più acquisire, direttamente, per tutti gli iscritti dei vari gradi di istruzione, le certificazioni in merito alle vaccinazioni effettuate.
Sino all'anno scolastico 2018/2019 valgono le modalità transitorie illustrate nel seguito del presente documento, fermo restando che eventuali semplificazioni potranno essere previste, tanto per le famiglie quanto per le istituzioni scolastiche, eventualmente già dall'anno scolastico 2017/2018 a seguito di accordi tra gli Uffici Scolastici Regionali, le Regioni e, per loro tramite, le Aziende Sanitarie Locali, nel rispetto della normativa sulla privacy, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, e delle disposizioni della legge di conversione del decreto-legge.
Il decreto-legge, come modificato in sede di conversione, all'art. 1 commi l e l-bis, estende a dieci il novero delle vaccinazioni obbligatorie e gratuite per i minori di età compresa tra zero e sedici anni, come da sotto riportato elenco:
• Anti-poliomielitica;
• Anti-difterica
• Anti-tetanica
• Anti-epatite B
• Anti-pertosse
• Anti-Haemophilus injluenzae tipo B
• Anti-morbillo
• Anti-rosolia
• Anti-parotite
• Anti-varicella
Inoltre il decreto, all'art. 1, co. l-quater, dispone l'obbligo per le Regioni di assicurare l'offerta attiva e gratuita, per i minori di età compresa tra O e 16 anni, anche di altre 4 vaccinazioni (1) non obbligatorie.
Ai fini dell'attuazione delle disposizioni del decreto-legge, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni operative.
All'obbligo si adempie secondo le indicazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita. Il calendario vaccinale è reperibile sul sito istituzionale del Ministero della Salute, al link: www.salute.gov.it/vaccini
Le istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione e le scuole private non paritarie acquisiscono la documentazione concernente l'obbligo vaccinale, segnalano all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) di competenza l'eventuale mancata presentazione di tale documentazione e adottano le misure relative alla composizione delle classi.
Per completezza di informazione si precisa che tali obblighi sono a carico, oltre che dei dirigenti scolastici, anche dei responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale.
(1) Anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus
Adempimenti relativi agli obblighi vaccinali
I dirigenti scolastici, all'atto dell'iscrizione, richiedono ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni, ivi compresi i minori stranieri non accompagnati, la presentazione di dichiarazioni o documenti atti a comprovare l'adempimento degli obblighi vaccinali.
Al fine di attestare l'effettuazione delle vaccinazioni, potrà essere presentata una dichiarazione sostituiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da compilare utilizzando l'allegato l.
In alternativa alla dichiarazione sostitutiva sopra citata, potrà essere presentata idonea documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (ad es. attestazione delle vaccinazioni effettuate rilasciata dall'ASL competente o certificato vaccinale ugualmente rilasciato dall'ASL competente o copia del libretto vaccinale vidimato dall'ASL, in quest'ultimo caso, i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni dovranno verificare che la documentazione prodotta non contenga informazioni ulteriori oltre a quelle strettamente indispensabili per attestare l'assolvimento degli adempimenti vaccinali previsti dal decreto-legge). Ancora, con riferimento all'art. 3, commi l e l-bis, potrà essere prodotta copia di formale richiesta di vaccinazione alla ASL territorialmente competente; detta vaccinazione dovrà essere effettuata entro la fine dell'anno scolastico di cui trattasi. La presentazione della richiesta può essere eventualmente dichiarata, in alternativa, avvalendosi dello stesso modello di dichiarazione sostitutiva (allegato l).
In caso, viceversa, di esonero, omissione o differimento delle vaccinazioni, potranno essere presentati uno o più dei seguenti documenti, rilasciati dalle autorità sanitarie competenti:
a) attestazione del differimento o dell'omissione delle vaccinazioni per motivi di salute redatta dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta del Servizio Sanitario Nazionale (art. l, co. 3);
b) attestazione di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale rilasciata dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta del SSN o copia della notifica di malattia infettiva rilasciata dalla azienda sanitaria locale competente ovvero verificata con analisi sierologica (art. 1,co. 2);
Per l'anno scolastico 2017-2018, la suddetta documentazione deve essere presentata alle Istituzioni scolastiche, ivi incluse quelle private non paritarie:
- entro il 10 settembre 2017 per le bambine e i bambini della scuola dell'infanzia e delle sezioni primavera;
- entro il 31 ottobre 2017 per tutti gli altri gradi di istruzione.
Si precisa che la documentazione di cui sopra deve essere acquisita, nei tempi sopra indicati, anche per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, già frequentanti l'istituzione scolastica.
La mancata presentazione della documentazione dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla ASL territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati.
Per l'anno scolastico 2017-2018, in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva (come da allegato 1) la documentazione comprovante l'adempimento degli obblighi vaccinali dovrà essere consegnata all'Istituzione scolastica, entro il 10 marzo 2018.
La mancata presentazione della documentazione dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla ASL territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati.
Per l'anno scolastico 2018-2019, la documentazione dovrà essere prodotta dai genitori, dai tutori o dai soggetti affidatari, all'atto dell'iscrizione del minore; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva il termine per la consegna della documentazione comprovante l'adempimento degli obblighi vaccinali è fissato al 10 luglio 2018.
Per le iscrizioni alle classi prime dell'a.s. 2018/2019, in occasione dell'emanazione della relativa circolare, verranno fomite specifiche indicazioni operative, anche riguardo alla possibilità di rendere la dichiarazione sostitutiva contestualmente all'iscrizione on line.
Come già detto, a decorrere dall'anno scolastico 2019-2020, per le istituzioni scolastiche la procedura di acquisizione della documentazione vaccinale sarà semplificata attraverso l'invio degli elenchi degli iscritti a scuola alla ASL territorialmente competente come da art. 3-bis del citato decreto.
Scuole dell'infanzia e sezioni primavera ivi incluse quelle private non paritarie
Dall'anno scolastico 2017-18 la presentazione della documentazione vaccinale entro il 10 settembre 2017 (art. 5, co. 1) costituisce requisito di accesso alle scuole dell'infanzia e alle sezioni primavera (art. 3 co. 3).
A norma del combinato disposto dell'art. 1, co. 4 e dell'art. 3, commi l, 2 e 3, decorso tale termine, entro i successivi IO giorni, i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, comunicano alla ASL la mancata presentazione della idonea documentazione e i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari dei minori fino a 16 anni saranno invitati a regolarizzare la propria posizione per consentire l'accesso ai servizi.
A decorrere dall'anno scolastico 2019-2020 la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti determinerà la decadenza dall'iscrizione delle scuole dell'infanzia e delle sezioni primavera (art. 3-bis, co. 5).
Altri gradi di istruzione
In caso di mancata osservanza della presentazione dell'idonea documentazione entro i termini stabiliti dalla legge sopra richiamati, il dirigente scolastico, o il responsabile del servizio, nei successivi 10 giorni, effettua la segnalazione all'azienda sanitaria locale (art. 3, commi 2 e 3) al fine di attivare quanto previsto dall'art. 1, co. 4. In ogni caso la mancata presentazione della documentazione, nei termini previsti, non determina la decadenza dell'iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.
Formazione delle classi
L'art. 4, co. 1,del decreto-legge prevede che i dirigenti delle istituzioni scolastiche, o i responsabili del servizio, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di formazione delle classi e fatta salva la segnalazione alla ASL competente, inseriscano, di norma, i minori che si trovino nelle condizioni di omissione o differimento delle vaccinazioni per accertato pericolo per la salute, in classi nelle quali siano presenti solo minori vaccinati o immunizzati.
Tale principio generale, a tutela dei minori non vaccinabili per motivi di salute, deve essere applicato tenendo conto delle specifiche problematiche di carattere organizzativo riferibili alla strutturazione dei percorsi di studio, al numero e alla composizione delle classi, alla continuità didattica e pedagogica dei gruppi classe, all'organizzazione dell'offerta formativa, alla distribuzione del servizio sul territorio e a tutti quegli aspetti inerenti la tutela del diritto allo studio.
Ai sensi dell'art. 4, co. 2, del decreto-legge i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, comunicheranno alla ASL competente, entro il 31 ottobre di ogni anno, i casi in cui nella stessa classe siano presenti più di due minori non vaccinati.
Per l'anno scolastico 2017/2018 per le classi della scuola primaria, secondaria di primo e di secondo grado, tenuto conto che la documentazione comprovante gli adempimenti vaccinali può essere presentata entro il 31 ottobre 2017 e, quindi successivamente alla formazione delle classi, non può trovare applicazione la presente disposizione normativa.
Operatori scolastici
L'art. 3, co. 3-bis, del decreto-legge dispone che, entro il 16 novembre 2017, gli operatori scolastici presentino alle Istituzioni scolastiche presso le quali prestano servizio una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, comprovante la propria situazione vaccinale, utilizzando il modello di cui all'allegato 2.
Comunicazione con le famiglie e informazione
Data l'imminenza dell'avvio del nuovo anno scolastico, si invitano i dirigenti scolastici, o i responsabili del servizio, a dare tempestiva informazione in merito alla presentazione della documentazione vaccinale, in particolare, circa le indicazioni dettate per l'a.s. 20l7/2018, utilizzando il sito web della scuola ed eventuali altri canali comunemente usati nei rapporti scuola famiglia.
Al fine di informare le famiglie In merito all'applicazione dei nuovi obblighi vaccinali, il Ministero della Salute ha messo a disposizione il numero verde 1500e un'area dedicata sul sito istituzionale all'indirizzo www.salute.gov.it/vaccini
Inoltre, come previsto dall'articolo 2 del decreto-legge, il Ministero della Salute promuove iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni concernenti l'obbligo vaccinale.
Il Ministero della Salute e il MIUR, per l'anno scolastico 2017/2018, avvieranno anche iniziative di informazione per il personale scolastico ed educativo nonché di formazione rivolto alle alunne e agli alunni, alle studentesse e agli studenti sui temi della prevenzione sanitaria e in particolare delle vaccinazioni, anche con il coinvolgimento delle associazioni dei genitori e delle associazioni di categoria delle professioni sanitarie. Di tali iniziative si darà tempestiva informazione tramite gli Uffici Scolastici Regionali e gli altri canali istituzionali.
Le istituzioni scolastiche potranno rivolgersi direttamente al Ministero della Salute attraverso un apposito indirizzo mail (infovaccini@sanita.it), tramite il quale personale medico fornirà risposte ai quesiti formulati.
Il MIUR, inoltre, ha istituito il seguente indirizzo mail (infovaccini@istruzione.it) dedicato ai dirigenti scolastici, o ai responsabili del servizio, per eventuali richieste di chiarimenti.
Trattamento dei dati
Le Istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione possono trattare esclusivamente i dati personali, anche sensibili, relativi all'adempimento, differimento, esonero o omissione dell'obbligo vaccinale che siano indicati nella documentazione prevista negli articoli 3, 3-bis e 4 del decreto-legge richiamata nella presente nota. Analogamente, tali dati personali, compreso quelli degli operatori scolastici, possono essere oggetto delle sole operazioni di trattamento e comunicazione strettamente indispensabili per assolvere agli adempimenti previsti dal decreto-legge e, in particolare, a quelli di segnalazione nei confronti delle aziende sanitarie locali. Le modalità e i tempi di acquisizione della comunicazione e del trasferimento diretto, tra amministrazioni, dei dati personali, relativi all'adempimento dell'obbligo vaccinale, devono essere quelli previsti dalla legge di conversione del decreto-legge.
Il Capo Dipartimento
Rosa De Pasquale
KEYWORDS
#scuola e salute#vaccinare #vaccinazione #decretolegge #documentazione #asl #presentazione #anno #istituzione #classe #scuola
n° 183
Area: Normativa

1. Per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, ivi inclusi quelli relativi alle strutture dedicate alla nautica da diporto, inseriti negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, ivi inclusi i Piani dei porti, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa all’affidamento mediante concessione ai sensi della parte III, affidare una concessione ponendo a base di gara il progetto di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. In ogni caso per le infrastrutture afferenti le opere in linea, è necessario che le relative proposte siano ricomprese negli strumenti di programmazione approvati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
2. Il bando di gara è pubblicato con le modalità di cui all’articolo 72 ovvero di cui all’articolo 36, comma 9, secondo l’importo dei lavori, ponendo a base di gara il progetto di fattibilità predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice. Il progetto di fattibilità da porre a base di gara è redatto dal personale delle amministrazioni aggiudicatrici in possesso dei requisiti soggettivi necessari per la sua predisposizione in funzione delle diverse professionalità coinvolte nell’approccio multidisciplinare proprio del progetto di fattibilità. In caso di carenza in organico di personale idoneamente qualificato, le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare la redazione del progetto di fattibilità a soggetti esterni, individuati con le procedure previste dal presente codice. Gli oneri connessi all’affidamento di attività a soggetti esterni possono essere ricompresi nel quadro economico dell’opera.
3. Il bando, oltre al contenuto previsto dall'allegato XXI specifica:
a) che l’amministrazione aggiudicatrice ha la possibilità di richiedere al promotore prescelto, di cui al comma 10, lettera b), di apportare al progetto definitivo, da questi presentato, le modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto, anche al fine del rilascio delle concessioni demaniali marittime, ove necessarie, e che, in tal caso, la concessione è aggiudicata al promotore solo successivamente all’accettazione, da parte di quest’ultimo, delle modifiche progettuali nonché del conseguente eventuale adeguamento del piano economico‐finanziario;
b) che, in caso di mancata accettazione da parte del promotore di apportare modifiche al progetto definitivo, l’amministrazione ha facoltà di chiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche da apportare al progetto definitivo presentato dal promotore alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso.
4. Le amministrazioni aggiudicatrici valutano le offerte presentate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. (1)
5. Oltre a quanto previsto dall’articolo 95, l’esame delle proposte è esteso agli aspetti relativi alla qualità del progetto definitivo presentato, al valore economico e finanziario del piano e al contenuto della bozza di convenzione. Per quanto concerne le strutture dedicate alla nautica da diporto, l’esame e la valutazione delle proposte sono svolti anche con riferimento alla maggiore idoneità dell’iniziativa prescelta a soddisfare in via combinata gli interessi pubblici alla valorizzazione turistica ed economica dell’area interessata, alla tutela del paesaggio e dell’ambiente e alla sicurezza della navigazione.
6. Il bando indica i criteri, secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse proposte. La pubblicazione del bando, nel caso di strutture destinate alla nautica da diporto, esaurisce gli oneri di pubblicità previsti per il rilascio della concessione demaniale marittima.
7. Il disciplinare di gara, richiamato espressamente nel bando, indica, in particolare, l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire, in modo da consentire che le proposte siano presentate secondo presupposti omogenei.
8. Alla procedura sono ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari, anche associando o consorziando altri soggetti, ferma restando l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80.
9. Le offerte devono contenere un progetto definitivo, una bozza di convenzione, un piano economico‐finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n.1966, nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, e dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto. Il piano economico‐finanziario, oltre a prevedere il rimborso delle spese sostenute per la predisposizione del progetto di fattibili‐tà posto a base di gara, comprende l’importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’articolo 2578 del codice civile. L’importo complessivo delle spese di cui al periodo precedente non può superare il 2, 5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara. Nel caso di strutture destinate alla nautica da diporto, il progetto definitivo deve definire le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori ed il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire, deve contenere uno studio con la descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente e deve essere integrato con le specifiche richieste dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con propri decreti.
10. L’amministrazione aggiudicatrice:
a) prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando;
b) redige una graduatoria e nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; la nomina del promotore può aver luogo anche in presenza di una sola offerta;
c) pone in approvazione il progetto definitivo presentato dal promotore, con le modalità indicate all’articolo 27, anche al fine del successivo rilascio della concessione demaniale marittima, ove necessaria. In tale fase è onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto, nonché a tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ciò comporti alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario;
d) quando il progetto non necessita di modifiche progettuali, procede direttamente alla stipula della concessione;
e) qualora il promotore non accetti di modificare il progetto, ha facoltà di richiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche al progetto presentato dal promotore alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso.
11. La stipulazione del contratto di concessione può avvenire solamente a seguito della conclusione, con esito positivo, della procedura di approva‐zione del progetto definitivo e della accettazione delle modifiche progettuali da parte del promotore, ovvero del diverso concorrente aggiudicatario. Il rilascio della concessione demaniale marittima, ove necessaria, avviene sulla base del progetto definitivo, redatto in conformità al progetto di fattibilità approvato.
12. Nel caso in cui risulti aggiudicatario della concessione un soggetto di‐verso dal promotore, quest’ultimo ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese di cui al comma 9, terzo periodo.
13. Le offerte sono corredate dalla garanzia di cui all’articolo 93 e da un’ulteriore cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara. Il soggetto aggiudicatario è tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui all’articolo 103. Dalla data di inizio dell’esercizio del servizio, da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all’articolo 103; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale.
14. Si applicano, ove necessario, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni.
15. Gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, incluse le strutture dedicate alla nautica da diporto, non presenti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La proposta contiene un progetto di fattibilità, una bozza di convenzione, il piano economico‐finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. Nel caso di strutture destinate alla nautica da diporto, il progetto di fattibilità deve definire le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e del quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire, deve contenere uno studio con la descrizione del progetto e i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente e deve essere integrato con le specifiche richieste dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con propri decreti. Il piano economico‐finanziario comprende l’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’articolo 2578 del codice civile. La proposta è corredata dalle autodichiarazioni relative al possesso dei requisiti di cui al comma 17, dalla cauzione di cui all’articolo 93, e dall’impegno a prestare una cauzione nella misura dell’importo di cui al comma 9, terzo periodo, nel caso di indizione di gara. L’amministrazione aggiudicatrice valuta, entro il termine perentorio di tre mesi, la fattibilità della proposta. A tal fine l’amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apportale modifiche richieste, la proposta non può essere valutata positivamente. Il progetto di fattibilità eventualmente modificato, è inserito negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ed è posto in approvazione con le modalità previste per l’approvazione di progetti; il proponente è tenuto ad apportare le eventuali ulteriori modifiche chieste in sede di approvazione del progetto; in difetto, il progetto si intende non approvato. Il progetto di fattibilità approvato è posto a base di gara, alla quale è invitato il proponente. Nel bando l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere ai concorrenti, compreso il proponente, la presentazione di eventuali varianti al progetto. Nel bando è specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione. I concorrenti, compreso il promotore, devono essere in possesso dei requisiti di cui al comma 8, e presentare un’offerta contenente una bozza di convenzione, il piano economico‐finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché le eventuali varianti al progetto di fattibilità; si applicano i commi 4, 5, 6, 7 e 13. Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti indicati nel comma 9. Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta nei limiti di cui al comma 9. (1)
16. La proposta di cui al comma 15, primo periodo, può riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di partenariato pubblico privato. (1)
17. Possono presentare le proposte di cui al comma 15, primo periodo, i soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 8, nonché i soggetti con i requisiti per partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici anche per servizi di progettazione eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi. La realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità rientra tra i settori ammessi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c‐bis), del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell’ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse perseguiti, possono aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma 1, ferma restando la loro autonomia decisionale.
18. Al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e il coinvolgimento del sistema bancario nell’operazione, si applicano in quanto compatibili le disposizioni contenute all’articolo 185.
19. Limitatamente alle ipotesi di cui i commi 15 e 17, i soggetti che hanno presentato le proposte possono recedere dalla composizione dei proponenti in ogni fase della procedura fino alla pubblicazione del bando di gara purché tale recesso non faccia venir meno la presenza dei requisiti per la qualificazione. In ogni caso, la mancanza dei requisiti in capo a singoli soggetti comporta l’esclusione dei soggetti medesimi senza inficiare la validità della proposta, a condizione che i restanti componenti posseggano i requisiti necessari per la qualificazione.
20. Ai sensi dell’articolo 2 del presente codice, per quanto attiene alle strutture dedicate alla nautica da diporto, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria normativa ai principi previsti dal presente articolo.
(1) Comma così modificato dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
KEYWORDS
#appalti e contratti pubblici (in generale)#diporto #nautica #aggiudicatario #proponente #cauzione #prelazione #asseverare #prescegliere #ingegno #verso
n° 213
Area: Normativa

1. La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi, sono attribuiti, nei limiti di quanto stabilito dal presente codice, all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all’articolo 19 del decreto legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che agisce anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione.
2. L’ANAC, attraverso linee guida, bandi‐tipo, capitolati‐tipo, contratti‐tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di in‐formazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Trasmette alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, gli atti di regolazione e gli altri atti di cui al precedente periodo ritenuti maggiormente rilevanti in termini di impatto, per numero di operatori potenzialmente coinvolti, riconducibilità a fattispecie criminose, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti. Resta ferma l’impugnabilità delle decisioni e degli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa. L’ANAC, per l’emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell’impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla legge n. 11 del 2016 e dal presente codice.
3. Nell’ambito dei poteri ad essa attribuiti, l’Autorità:
a) vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera f‐bis), della legge 6 novembre 2012, n. 190, nonché sui contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice;
b) vigila affinché sia garantita l’economicità dell’esecuzione dei contratti pubblici e accerta che dalla stessa non derivi pregiudizio per il pubblico erario;
c) segnala al Governo e al Parlamento, con apposito atto, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa di settore;
d) formula al Governo proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore;
e) predispone e invia al Governo e al Parlamento la relazione prevista dall'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n.190, come modificato dall'articolo 19, comma 5‐ter, del decreto‐legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11agosto 2014, n.114, annuale sull’attività svolta evidenziando le disfunzioni riscontrate nell’esercizio delle proprie funzioni;
f) vigila sul sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori ed esercita i correlati poteri sanzionatori;
g) vigila sul divieto di affidamento dei contratti attraverso procedure diverse rispetto a quelle ordinarie ed opera un controllo sulla corretta applicazione della specifica disciplina derogatoria prevista per i casi di somma urgenza e di protezione civile di cui all’articolo 163 del presente codice;
h) per affidamenti di particolare interesse, svolge attività di vigilanza collaborativa attuata previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara.
h‐bis) al fine di favorire l'economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, provvede con apposite linee guida, fatte salve le normative di settore, all'elaborazione dei costi standard dei lavori e dei prezzi di riferimento di beni e servizi, avvalendosi a tal fine, sulla base di apposite convenzioni del supporto dell'ISTAT e degli altri enti del Sistema statistico nazionale, alle condizioni di maggiore efficienza, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, avvalendosi eventualmente anche delle informazioni contenute nelle banche dati esistenti presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici. (1)
4. L’Autorità gestisce il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza.
5. Nell’ambito dello svolgimento della propria attività, l’Autorità può disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, avvalendosi eventualmente della collaborazione di altri organi dello Stato nonché dell’ausilio del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi.
6. Qualora accerti l’esistenza di irregolarità, l’Autorità trasmette gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica. Qualora accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei conti.
7. L’Autorità collabora con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell’attribuzione del “Rating di legalità” delle imprese di cui all’articolo 5‐ter del decreto‐legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il rating di legalità concorre anche alla determinazione del rating di impresa di cui all’articolo 83, comma 10.
8. Per le finalità di cui al comma 2, l'Autorità gestisce la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, nella quale confluiscono, oltre alle informazioni acquisite per competenza tramite i propri sistemi informatizzati, tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive. Con proprio provvedimento, l’Autorità individua le modalità e i tempi entro i quali i titolari di suddette banche dati, previa stipula di protocolli di interoperabilità, garantiscono la confluenza dei dati medesimi nell’unica Banca dati accreditata, di cui la medesima autorità è titolare in via esclusiva.
Per le opere pubbliche, l'Autorità, il Ministero dell'economia c delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Regioni e le Province autonome quali gestori dei sistemi informatizzati di cui al comma 4 dell’articolo 29 concordano le modalità dì rilevazione e interscambio delle informazioni nell'ambito della banca dati nazionale dei contratti pubblici, della banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196,della banca dati di cui all’articolo 1 comma 5 della legge 17 maggio 1999, n. 144 e della banca dati di cui all’articolo 36 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 114, al fine di assicurare, ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e del presente codice, il rispetto del principio di unicità dell’invio delle informazioni e la riduzione degli oneri amministrativi per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1 , l’efficace monitoraggio dalla programmazione alla realizzazione delle opere e la tracciabilità dei relativi flussi finanziari o il raccordo degli adempimenti in termini di trasparenza preventiva.
Ferma restando l’autonomia della banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’articolo 81, l’Autorità e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti concordano le modalità di interscambio delle informazioni per garantire la funzione di prevenzione dalla corruzione e di tutela della legalità dell’Autorità e nel contempo evitare sovrapposizione di competenze e ottimizzare l’utilizzo dei dati nell’interesse della fruizione degli stessi da parte degli operatori economici e delle stazioni appaltanti. (1)
9. Per la gestione della Banca dati di cui al comma 8, l’Autorità si avvale dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, composto da una sezione centrale e da sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome. L’Osservatorio opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con i relativi sistemi in uso presso le sezioni regionali e presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nei settore dei contratti pubblici. L’Autorità stabilisce le modalità di funzionamento dell’Osservatorio nonché le informazioni obbligatorie, i termini e le forme di comunicazione che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a trasmettere all’Osservatorio. Nei confronti del soggetto che ometta, senza giustificato motivo, di fornire informazioni richieste ovvero fornisce informazioni non veritiere, l’Autorità può irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 13. La sezione centrale dell’Osservatorio si avvale delle sezioni regionali competenti per territorio per l’acquisizione delle informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali, sulla base di appositi accordi con le regioni stesse. La sezione centrale dell’Osservatorio provvede a monitorare l’applicazione dei criteri ambientali minimi di cui al decreto di cui all’articolo 34 comma 1 e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano di azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. (1)
10. L’Autorità gestisce il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’articolo 80. L'Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c), dell'attribuzione del rating di impresa di cui all'articolo 83, comma 10, o del conseguimento dell'attestazione di qualificazione dì cui all'articolo 84. L'Autorità assicura, altresì, il collegamento del casellario con la banca dati dì cui all'articolo 81.
11. Presso l’Autorità opera la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture di cui all’articolo 210.
12. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 67, legge 23 dicembre 2005, n. 266.
13. Nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l’eventuale sanzione penale, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 50.000. Con propri atti l’Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza. (1)
14. Le somme derivanti dal pagamento delle sanzioni di cui all’articolo 211 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione in un apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per essere destinate, con decreto dello stesso Ministro, alla premialità delle stazioni appaltanti, secondo i criteri individuati dall’ ANAC ai sensi dell’articolo 38. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
15. L’Autorità gestisce e aggiorna l’Albo Nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui all’articolo 78 nonché l’elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house ai sensi dell’articolo 192.
16. È istituito, presso l’Autorità, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti l’elenco dei soggetti aggregatori.
17. Al fine di garantire la consultazione immediata e suddivisa per materia degli strumenti di regolazione flessibile adottati dall’ANAC comunque denominati, l’ANAC pubblica i suddetti provvedimenti con modalità tali da rendere immediatamente accessibile alle stazioni appaltanti e agli operatori economici la disciplina applicabile a ciascun procedimento.
17‐bis. L'ANAC indica negli strumenti di regolazione flessibile, di cui al comma 2, e negli ulteriori atti previsti dal presente codice, la data in cui gli stessi acquistano efficacia, che di regola coincide con il quindicesimo giorno successive alla loro pubblicazione nella Gazzella Ufficiale della Repubblica italiana e che, in casi di particolare urgenza, non può comunque essere anteriore al giorno successive alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Gli atti stessi si applicano alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o gli avvisi, con cui si indice la procedura di scelta del contraente, siano pubblicali successivamente alla data di decorrenza di efficacia indicata dall’ANAC ai sensi del primo periodo; in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi si applicano alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di decorrenza di efficacia, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte. (2)
(1) Comma così modificato dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
(2) Comma aggiunto dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#appalti e contratti pubblici: controlli#erario #gazzella #impugnabilità #prefissare #distorcere #fatta #esecutore
Comunicazione MIUR inerente la proroga della presentazione delle domande di cessazione dal servizio.
Il MIUR ha comunicato che le funzioni web POLIS “istanze on line” saranno rese disponibili fino al 13 febbraio
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#carattere #news #fontface
Chiarimenti MIUR relativi alle cessazioni dal servizio del personale della Scuola dal 1° settembre 2016.
Il MIUR, a seguito dell'approvazione della Legge di Stabilità per il 2016, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle cessazioni dal servizio del personale della Scuola
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#plafond
Comunicazione MIUR inerente le disposizioni per le cessazioni dal servizio.
Il MIUR ha fornito le indicazioni operative per l'attuazione del D.M. 23 dicembre 2013 n. 1058, recante disposizioni per le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2014
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#char #indent #spaziatura
Ulteriori indicazioni MIUR sulle cessazioni dal servizio dal 1 settembre 2013.
Il MIUR con la Nota n. 339 del 07/02/2013 ha comunicato che sono in corso le attività di aggiornamento delle funzioni SIDI nell'area "Personale Comparto Scuola - Gestione Cessazioni" per la convalida delle domande pervenute tramite le "Istanze on-line"
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#carattere #cessazione #news #domanda
Comunicazioni MIUR inerenti le cessazioni dal servizio del personale scolastico dal 1° settembre 2015.
Il MIUR ha fornito le indicazioni operative per l'attuazione del D.M. n. 886 del 1° dicembre 2014, recante disposizioni per le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2015
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#guadagno #recesso #pensionamento #accoglimento
Comunicazione MIUR sulle cessazioni dal servizio dal 1 settembre 2013.
Con la circolare 20 dicembre 2012 n. 98 il MIUR ha fornito le indicazioni operative per l'attuazione del D.M. 20 dicembre 2012 n. 97, recante disposizioni per le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2013.
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#carattere #cessazione #domanda #news #servizio
Ulteriori chiarimenti MIUR inerenti le cessazioni dal servizio del personale scolastico dal 1° settembre 2017.
Il MIUR, a seguito dell’entrata in vigore della legge di Bilancio per il 2017, ha fornito chiarimenti in merito alle cessazioni del personale scolastico
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#carattere #news #fontface
Comunicazione MIUR inerente le cessazioni dal servizio del personale del comparto scuola dal 1 settembre 2015.
Il MIUR ha fornito indicazioni sul collocamento a riposo dal 1 settembre 2015 di tutto il personale del comparto scuola e trattamento di quiescenza
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Chiarimenti INPS inerenti il rientro anticipato in servizio di un dipendente assente per malattia.
L'Inps ha precisato che è necessario richiedere un certificato medico di rettifica nel caso in cui il lavoratore voglia anticipare il rientro dalla malattia
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#prognosi #refuso
Comunicazione MIUR/INPS inerente le cessazioni dal servizio del personale scolastico dal 1° settembre 2019.
Il 12 dicembre 2018 scade il termine per la presentazione, da parte di tutto il personale del comparto scuola, delle domande di cessazione per dimissioni volontarie dal servizio o delle istanze di permanenza in servizio
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#cessazione #settembre #servizio #domanda #istanza #personale #polis #dicembre #ritirare #circolare
Chiarimenti inerenti le nuove funzioni SIDI per l’invio ad INPS dei servizi preruolo del personale scolastico.
L'INPS ha fornito le indicazioni operative per la predisposizione delle posizioni assicurative propedeutiche al pensionamento del personale del comparto scuola dal 1° settembre 2018
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#carattere #posizione #inps
Chiarimenti MIUR inerenti le istanze di cessazione del personale scolastico.
Il MIUR fornisce precisazioni sui requisiti anagrafici e contributivi utili per la presentazione delle istanze di cessazione del personale scolastico e della domanda di pensione
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#char #indent #spaziatura
Chiarimenti operativi MIUR per l’attuazione del D.M. prot. n. 919 del 23/11/2017 recante disposizioni per le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2018.
È fissato al 20 dicembre 2017 il termine finale per la presentazione delle domande di cessazione per dimissioni volontarie dal servizio o delle istanze di permanenza in servizio ovvero per raggiungere il minimo contributivo
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#carattere #cessazione #news
Comunicazione MIUR relativa alle cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2014.
Il MIUR ha comunicato che è disponibile per il personale DS, docente, educativo ed ATA di ruolo, gli insegnanti di religione, la procedura web POLIS "istanze on line" per l'inoltro delle domande di cessazione
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#char #indent #spaziatura
Pagina: 242
Personale insegnante e ATA - Nomina - Orario di servizio (D.M. n. 417/74 - Legge n. 417/89 - ...
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#semiconvittori #peer #gravosità #spendere #oscillazione #spid #portfolio #turnista #semiconvittrici #tutoraggio
Comunicazione MIUR inerente le domande di cessazione dal servizio del personale della scuola.
Il MIUR ha fornito le indicazioni operative sull'attuazione del D.M. n. 941 del 1° dicembre 2016 recante disposizioni sulle cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2017
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#carattere #cessazione #domanda
Comunicazione MIUR relativa all'inoltro delle istanze POLIS "Opzione donna" per le cessazioni dal servizio.
Il MIUR ha comunicato che è disponibile l'istanza POLIS per la presentazione della domanda di cessazione "Opzione donna"
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#carattere #news #fontface
Chiarimenti MIUR riguardo i termini di approvazione del conto consuntivo per le istituzioni scolastiche localizzate nelle Province colpite dal sisma.
Con nota n. 3483 del 7 giugno 2012 il MIUR ha comunicato l'ulteriore differimento del Conto Consuntivo delle istituzioni scolastiche localizzate nelle Province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova, Rovigo
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#differimento #localizzare
Ulteriori chiarimenti MEF inerenti la rima e seconda posizione economica personale A.T.A.
Il MEF NoiPa ha comunicato che sono in corso di attuazione una serie di interventi nei confronti del personale A.T.A. del comparto scuola
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#char #indent #spaziatura
Pagina: 2
D.M. 27 ottobre 2015, n. 850
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#counseling #prorogabilità
Area Tematica: Personale a.t.a.
Argomenti:
Personale/ATA: collaboratori scolastici
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