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Selezione di esperti esterni: può partecipare un cittadino non comunitario con permesso di soggiorno biennale?

 11/02/2020
 Altro
 
Personale: esperti esterni

#pbb #cittadino #soggiorno #rifugiato #status #cittadinanza #titolare #soggiornante #paese #permesso #dlgs
Domanda
Si chiede se possa partecipare a procedura di selezione per esperto ai fini di formazione del personale docente (incarico di 10 ore), cittadino non comunitario, in possesso di permesso di soggiorno biennale. Il soggetto non rientra quindi né tra i titolari di carta blu né tra i soggetti con permesso di soggiorno a lungo termine pur essendo in Italia da vari anni a seguito di rinnovi del permesso biennale.
Risposta
In merito al quesito posto analizziamo la normativa in tema di accesso dei cittadini stranieri alla PA, che potremo applicare anche la caso di specie seppur non si tratti tecnicamente di accesso alla PA ma di collaborazione di lavoro autonomo con una amministrazione pubblica.
L'art. 38, primo comma, del D.Lgs. n. 165 del 2001 prevede che i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
Il comma 2 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
Il comma 3-bis prevede che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.
Il Tribunale Roma sez. II, 28/01/2019, n.798 ha ricordato che il quadro normativo nazionale in tema di accesso dei cittadini comunitari e di paesi terzi ai posti di lavoro pubblici è dettato dall'art. 38, comma 1, d.lgs 165/2001 (così modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b, L. 6 agosto 2013, n. 97 Legge europea 2013).
Il successivo comma 3 bis (anch'esso modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b, L. 6 agosto 2013, n. 97 Legge europea 2013) prevede che le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano, "ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria".
La legge n. 97/2013 ha, pertanto, esteso l'accesso al pubblico impiego, con i medesimi limiti previsti per i cittadini UE (introdotti con la riforma del pubblico impiego del 93), a determinate categorie di cittadini di paesi terzi, cioè ai familiari di cittadini UE non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ai cittadini di Paesi terzi lungosoggiornanti, ai titolari dello status di rifugiato ed ai titolari dello status di protezione sussidiaria.
L'estensione della disciplina è piena, con la conseguenza che i cittadini terzi appartenenti a dette categorie sono ammessi all'accesso al lavoro pubblico alle stesse condizioni riconosciute ai cittadini comunitari.
Al di fuori di queste categorie, di contro, non è possibile estendere l'accesso al pubblico impiego agli stranieri, non esistendo un principio generale di ammissione dello straniero non comunitario al lavoro pubblico (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., n. 18523/2014).
Inoltre, ai sensi dell'art. 38, comma 2, d.lgs 165/2001 è, tuttavia, rimesso al D.P.C.M. ai sensi dell'art. 17 L. 400/88 l'individuazione dei posti e delle funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
Il D.P.C.M. n. 174/94 ha individuato i posti per i quali non può prescindersi dal requisito della cittadinanza sulla base di un criterio organizzativo-settoriale, comprendendo: lett. a) e b) la categoria dei dirigenti delle Amministrazioni dello Stato e strutture periferiche, enti pubblici non economici, Regioni e enti locali, Banca d'Italia; lett. c) le carriere (le magistrature, avvocati e procuratori dello stato); lett. d) intere Amministrazioni statuali (ruoli civili e militari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri degli Affari Esteri, dell'Interno, della Giustizia, della Difesa, delle Finanze).
In sostanza, per l'ammissione ad una procedura selettiva per collaborazione esterna, il candidato deve soddisfare uno dei seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano;
b) essere cittadino di uno degli Stati membri dell’Unione Europea;
c) essere cittadino non comunitario, in possesso di un diritto di soggiorno o di un diritto di soggiorno permanente, essendo familiare di un cittadino comunitario (art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001);
d) essere cittadino non comunitario con permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo CE (art. 38, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165/2001);
e) essere cittadino non comunitario, titolare dello status di rifugiato (art. 38, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165/2001);
f) essere cittadino non comunitario, titolare dello status di protezione sussidiaria (art. 38, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165/2001).


Pertanto, se il cittadino non comunitario di cui al quesito non rientra tra i soggetti di cui all'art. 38 del D.Lgs. n. 165 del 2001, si ritiene che non possa partecipare alla procedura di selezione posta in essere dalla scuola.
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Approfondimenti

Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Keywords
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Tempestività della conclusione del procedimento disciplinare: non rileva la comunicazione al dipendente del provvedimento sanzionatorio - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 04/12/2017 n° 28975
Giurisprudenza
La comunicazione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare si pone fuori del termine previsto per la conclusione del procedimento disciplinare. Infatti, la comunicazione all'interessato dell'atto sanzionatorio, per sua natura recettizio, riguarda esclusivamente la fase, successiva, di perfezionamento e di efficacia nei confronti del destinatario della sanzione medesima, e non assume rilievo ai fini del rispetto dell'anzidetto termine di decadenza. ( In senso conforme cfr Cass. 9390/2017, 5317/2017, 19183/2016, 16900/2016) I suesposti principi trovano applicazione anche nei casi in cui viene rilievo la questione della tempestività della conclusione del procedimento disciplinare e, dunque, della decadenza della pubblica amministrazione, datrice di lavoro, dall'azione disciplinare, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, in quanto nessuna delle disposizioni contenute in detta norma prevede che la decadenza dall'esercizio dell'azione disciplinare sia impedita non già dall'adozione del provvedimento sanzionatorio bensì dal fatto che essa sia portata a conoscenza dell'interessato entro il termine di decadenza. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, nel disporre che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, prevede che, in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Nei casi in cui è contestata in sede disciplinare la violazione del suddetto divieto di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, la Pubblica Amministrazione datrice di lavoro, sulla quale, a norma della L. n. 604 del 1966, art. 5, grava l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, può limitarsi a provare, nel caso in cui la giusta causa sia costituita dalla violazione del divieto di espletare incarichi privi dell'autorizzazione, l'avvenuto espletamento di incarichi non autorizzati nella loro oggettività. Grava, invece sul pubblico dipendente, che, ai fini del giudizio di proporzionalità deduca la scarsa rilevanza dell'inadempimento, l'onere di allegare e dimostrare, secondo la regola generale in tema di onere probatorio, la durata, la consistenza in termini quantitativi e qualitativi dell'impegno richiesto dall'espletamento degli incarichi non autorizzati. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato il licenziamento disciplinare irrogato nei confronti di un dipendente pubblico che aveva svolto una serie di incarichi extraistituzionali senza autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza; trattavasi, nello specifico, di incarichi di formazione e di docenza svolti in favore di pubblici dipendenti prima della introduzione, ad opera della L. n. 43 del 2005, della lett. f bis) all'art. 53, comma 6 -che ha previsto, per l'appunto, che per detti incarichi non è richiesta la preventiva autorizzazione- nonché di incarichi svolti nei confronti di terzi soggetti privati)
Keywords
#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#incarico #spa #croce #autorizzazione #decadenza #dipendente #corte #motivo #comma
Recupero delle somme percepite dal pubblico dipendente per lo svolgimento di incarichi non autorizzati: la giurisdizione è del G.O. - Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili Ordinanza 19/01/2018 n° 1415
Giurisprudenza
L'obbligo di versamento all'amministrazione delle somme percepite nello svolgimento di attività professionali in situazione di incompatibilità con lo status di pubblico dipendente (obbligo previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7) costituisce una particolare sanzione prevista dalla legge per la violazione del dovere di fedeltà. Pertanto, la controversia avente ad oggetto il pagamento delle somme percepite dal dipendente nello svolgimento di un incarico non autorizzato appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario anche dopo l'inserimento, nell'art. 53, d.lgs. n. 165 del 2001, del comma 7 bis, attesa la natura sanzionatoria dell'obbligo di versamento previsto dal citato comma 7, che prescinde dalla sussistenza di specifici profili di danno richiesti per la giurisdizione del giudice contabile. Sussiste, invece, la giurisdizione della Corte dei Conti solo se alla violazione del dovere di fedeltà e/o all'omesso versamento della somma pari al compenso indebitamente percepito dal dipendente si accompagnino specifici profili di danno.
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T.A.R. PUGLIA - LECCE - Sezione Terza Sentenza 30/09/2016 n° 1514
Giurisprudenza
Il gestore uscente dello stesso servizio cui si riferisce la trattativa privata, in relazione alla quale censura il mancato invito a presentare un’offerta, versa in una posizione peculiare e differenziata rispetto all’interesse semplice di cui sono normalmente titolari i privati di fronte alle analoghe scelte dell’amministrazione e assume la natura e consistenza dell’interesse legittimo tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. La determinazione della P.A. di non invitare il gestore uscente a presentare un’offerta in una procedura negoziata indetta ai sensi dell’art.57, comma 2, lett.c) del D.Lgs n.163 del 2006 deve essere specificatamente e congruamente motivata ai sensi dell’art. 38, primo comma, lett. f) del D.Lgs. n. 163/2006. La motivazione deve illustrare espressamente la gravità della negligenza o dell’errore professionale commesso, idonei a determinare il venir meno dell’elemento fiduciario destinato a caratterizzare, sin dal momento genetico, i contratti di appalto pubblico e il rilievo che tali elementi hanno sull’affidabilità dell’impresa nei confronti della stazione appaltante e sull’interesse (pubblico) dell’Amministrazione a stipulare un nuovo contratto con il predetto gestore. E’ illegittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante determina di non invitare il precedente gestore del servizio a una procedura negoziata senza preventiva pubblicazione di bando ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett.c) del D.Lgs n.163 del 2006 senza esternare con adeguata motivazione la sussistenza delle condizioni di cui all’art.38,primo comma,lettera f) dello stesso decreto. La gravità della generica negligenza o dell'inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all'affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell'impresa cui decide di affidare l'esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale. (La decisione è relativa a una procedura negoziata disciplinata dal D.Lgs n.163 del 2006. Mentre l’art.63, u.c., del D.Lgs n.50 del 2016 richiama il principio di rotazione alla stessa stregua dell’omologa disposizione del D.Lgs n.163 del 2006, in relazione ai contratti sotto soglia, l’art.36 del nuovo codice insiste in modo particolare sulla necessità di osservare detto principio. In particolar modo, il comma 2, alle lettere a) e b), si riferisce espressamente alla rotazione degli inviti. In questa prospettiva, almeno per quanto riguarda i contratti sotto soglia comunitaria, il principio affermato nella sentenza in commento potrebbe trovare applicazione solo alla fattispecie dell’invito –legittimo- del precedente gestore che sia risultato affidatario del contratto a seguito di una procedura ordinaria –aperta o ristretta-).
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#amministrazione digitale#aro #arpa #legittimo #aperta #ristretta #ristrettezza #diserzione #risanamento #maestranza
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 13/10/2016 n° 20684
Giurisprudenza
L'art. 2, comma 3 ter del D.L. n. 324 del 1993, (convertito con modificazioni in L. n. 423 del 1993) è norma di interpretazione autentica che chiarisce come anche nel settore pubblico, come già nel settore privato, i permessi prevsiti dall'art. 33 comma 3, primo periodo, della L. n. 104 del 1992 e successive modifiche devono intendersi retribuiti, ricomprendendo anche i cc.dd. "compensi incentivanti", il cui pagamento è dovuto unicamente "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti", escludendosi che legittimamente il datore di lavoro pubblico possa rifiutare l'erogazione di tali compensi nei giorni di permesso retribuito di cui all'art. 33 comma 3 L. n. 104 del 1992. E invero la contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, art. 28, comma 1, lett. e) e sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella dei dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti "... anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato" (cfr, art. 23, comma 5), con ciò implicitamente riconoscendo che la "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti" richiesta dalla legge non è limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: questioni retributive#cartolina
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 17/03/2009 n° 6460
Giurisprudenza
Con riferimento al rapporto di pubblico impiego privatizzato, la domanda di repressione della condotta antisindacale, ex art. 28 della legge n. 300 del 1970, va proposta nei confronti della P.A. intesa impersonalmente e non verso il singolo dirigente o funzionario autore della condotta contestata. In tema di poteri dei dirigenti pubblici, ai dirigenti delle istituzioni scolastiche competono, in base all'art. 25 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, funzioni decisamente più ridotte rispetto a quelle spettanti ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, e limitati all'ambito dell'autonomia organizzativa, didattica e finanziaria, con la conseguenza che ai primi non spetta il potere di promuovere e resistere alle liti, che è, invece, esplicitamente previsto (dall'art. 16 del citato d.lgs. n. 165 del 2001) per i dirigenti di uffici dirigenziali generali. (Nella specie, la S.C., affermando il principio su esteso, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non legittimato passivamente in proprio il soggetto che all'epoca dei fatti denunciati era dirigente titolare di un istituto scolastico comprensivo, essendo per converso legittimata l'amministrazione scolastica, sebbene rappresentata da un nuovo dirigente diverso da quello cui veniva contestato materialmente il comportamento antisindacale). (Massima ufficiale CED della Corte di Cassazione)
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#relazioni sindacali#questioni processuali: legittimazione delle scuole e degli altri organi#snals #guardavaccaro #artefice
Le controversie sulle graduatorie ATA rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario - Consiglio di Stato - Sezione Seconda Parere 14/03/2018 n° 634
Giurisprudenza
Le questioni concernenti le graduatorie ATA rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto si è al di fuori di una procedura concorsuale utile a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, essendo le graduatorie riconducibili a vere e proprie procedure selettive. Infatti, le questioni concernenti le graduatorie ATA implicano l’adozione di atti che non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001), di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi . Ciò vale anche per gli atti che, come nel caso di specie, attengono alla cancellazione di soggetto già incluso nelle graduatorie, cui peraltro ha fatto necessariamente seguito la risoluzione del rapporto di lavoro instaurato in ragione di tale inclusione. Nel caso in esame, infatti, il ricorrente era iscritto nella graduatoria ATA ed è stata disposta la sua esclusione dalla stessa essendo emersa una condanna (per il reato di “Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope”) non dichiarata all’atto della presentazione della domanda. Tale esclusione dalla graduatoria, disposta con provvedimento dirigenziale, è stata impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato, procedura nell’ambito della quale il Consiglio di Stato si pronuncia in sede consultiva, esprimendo parere, come nel caso in esame. Quanto alla giurisdizione, l’articolo 63 del d.lgs. n. 165/2001 prevede al comma 1, che “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2…., incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca di incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorchè vengano in questione atti amministrativi presupposti…”. L'art. 7, comma 8, del Codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n° 104) stabilisce a sua volta che ”Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”.
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Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 18/10/2016 n° 21032
Giurisprudenza
I procedimenti disciplinari contemplati dall'art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 non costituiscono procedimenti amministrativi essendo condotti dalle P.A. con i poteri propri del datore di lavoro privato, sicché, nel caso in cui la lettera di contestazione di un illecito, prevista dal comma 4 dell'art. 55 cit., sia firmata da un membro supplente dell'ufficio disciplinare, essa è soggetta alla generale disciplina privatistica in materia di rappresentanza senza potere, e quale negozio giuridico posto in essere in assenza del potere di rappresentanza, può essere ratificata, con effetto "ex tunc", dal suddetto ufficio. Anche nel pubblico impiego contrattualizzato deve ritenersi, relativamente alle sanzioni disciplinari conservative (e non per le sole espulsive), che, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare prevista dall'art. 55 del d.lgs. n. 150 del 2009, in quanto il dipendente pubblico, come quello del settore privato, ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta. (Nella specie, consistente nell'aver attestato, nei rapporti con i terzi, il possesso della qualità di ufficiale di polizia giudiziaria, revocata dalla P.A. datrice di lavoro, e nell'avere utilizzato, per tale attestazione, un timbro non autorizzato). (Massima ufficiale CED della Corte di Cassazione)
Keywords
#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#ucpd #upg #dominus #ndr #geom #romanelli #continuato
La responsabilità solidale negli appalti non si applica alla PA - Corte di Cassazione - Lavoro Ordinanza 11/07/2017 n° 17105
Giurisprudenza
In materia di appalti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall'art. 29, comma 2, del richiamato decreto. Infatti, l'art. 9 del d.l. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni nella l. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto articolo 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, non ha carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni. Pertanto, in relazione agli appalti pubblici, l'Amministrazione non è responsabile in solido con l'appaltatore per il mancato pagamento delle retribuzioni dei lavoratori impegnati nell'esecuzione del contratto, in quanto gli enti pubblici sono tenuti a predeterminare la spesa e, quindi, non possono sottoscrivere contratti che li espongano ad esborsi non previamente preventivati e deliberati.
Keywords
#appalti e contratti pubblici (in generale)#castello #mirafiori #preventivare #lievitazione #sgambare #vertenza
Impugnazione del prospetto di disponibilità per la fase "A" della mobilità: la giurisdizione è del g.a. - Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili Ordinanza 27/12/2017 n° 30987
Giurisprudenza
In tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico privatizzato, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi. Sussiste, pertanto, la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di impugnazione di atti organizzativi della Pubblica Amministrazione di contenuto generale sulla definizione delle linee fondamentali di organizzazione delle cattedre di insegnamento, anche in termini di rilevanza e di modalità di conferimento della loro titolarità, oltre che di determinazione delle complessive dotazioni organiche D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 2, comma 1. (La fattispecie oggetto della Sentenza delle Sezioni Unite concerneva la richiesta di annullamento del prospetto delle disponibilità e del provvedimento di trasferimento per mobilità in relazione alla cosiddetta fase "A" di tale procedura nella parte in cui erano omesse le riferite specifiche previsioni ed attribuzioni)
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#questioni processuali: giurisdizione#personale dipendente: trasferimento#giurisdizione #mobilità #titolarità #prospetto #cattedra #insegnamento #giudice #organizzazione #sez
Non è trasferimento il passaggio dal liceo all'istituto professionale della stessa scuola - Corte di Appello MILANO - Lavoro Sentenza 07/03/2018 n° 76
Giurisprudenza
Le prerogative e attribuzioni del Dirigente scolastico previste in via generale nel D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 (il T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione) sono state ampliate nel T.U. sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (il D.Lgs. 165/2001 e successive modificazioni) e poi rafforzate con la legge 107/2015 (c.d. "Buona scuola"). Ai dirigenti scolastici spetta adottare i provvedimenti di gestione delle risorse e del personale (comma 4, art. 25 D.Lgs n. 165/2001) nonché le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (art. 5, comma 2, D.Lgs. 165/2001). Non è qualificabile come trasferimento l'assegnazione di un docente dal Liceo scientifico all'Istituto professionale aggregati in un'unica istituzione scolastica disposta dal Dirigente scolastico. Ciò che manca palesemente nella specie è il passaggio da una unità produttiva a un'altra (art. 2013, ottavo comma, c.c.). Non costituisce mutamento di mansioni l'assegnazione a classi del settore professionale in luogo che a classi del Liceo: si tratta di mansioni perfettamente compatibili con la disciplina dell'articolo 2103 c.c., ossia riconducibili allo stesso livello categoria legale di inquadramento. Le graduatorie interne, suddivise per settore, rilevano ai fini della mobilità, cioè del passaggio ad altra scuola, circostanza non ricorrente allorché il docente rimanga incardinato presso la medesima scuola. (La Corte di Appello conferma la sentenza del Tribunale di Como n. 247 del 2016##200L).
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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale dipendente: trasferimento#liceo #isiss #dirigente #classe #dlgs #assegnazione #trasferimento #passaggio #omissis #mobilitare
Ancora sulle differenze tra accesso civico e accesso documentale: no alla pubblicazione integrale delle delibere degli oo.cc. - T.A.R. VENETO - Sezione Prima Sentenza 15/02/2018 n° 171
Giurisprudenza
L’accesso civico regolato dal D.Lgs n. 33 del 2013 non riconduce a sé e assorbe ogni regolamentazione in materia di accesso agli atti a superamento anche dalla disciplina normativa dettata dalla legge 241 del 1990, essendo diversa la ratio e le finalità delle due normative. Quella dettata dalla legge 241 del 1990 prevede e regola l’accesso agli atti amministrativi da parte di soggetti che abbiano un interesse personale e diretto alla conoscenza di atti in possesso di un’amministrazione pubblica al fine di meglio tutelare la loro personale posizione soggettiva. Si tratta di atti che normalmente attengono all’istruttoria procedimentale o anche a provvedimenti conclusivi della stessa, i quali in qualche modo interessano il soggetto che intenda acquisirli e la cui conoscenza possa essere utile allo stesso e che per questo l’interessato deve motivare la propria richiesta. Per tale accesso valgono i casi di esclusione previsti dall’art. 24 della legge 241 del 1990 e fra questi vi è la tutela della riservatezza. L’istituto dell’accesso civico risponde, invece, a esigenze diverse, delineate chiaramente dall’art. 1 del dec. lgv n. 33 del 2013 laddove richiama i principi di trasparenza, intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche. Il riferimento ai cittadini e all’utilizzo delle risorse pubbliche evidenzia la diversa caratterizzazione dell’interesse generale, e per questo non soggetto ad alcuna formalità motivazionale, rispetto a quello personale. Ciò è meglio chiarito dal riferimento all’obbligo della pubblicazione nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni stesse con particolare riferimento alle risorse pubbliche (art. 4 bis). In tale specifica ratio e connotazione vanno letti i casi di esclusione regolati dall’art. 5 bis nel quale, non a caso al 1° comma, si fa riferimento, come limiti all’accesso civico, esclusivamente agli interessi pubblici specificamente indicati e quelli a tutela di peculiari interessi privati che il comma 2° individua e tra questi la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina vigente in materia e che il comma 3° ribadisce con riferimento all’art. 24 della legge 241 del 1990, a conferma della netta distinzione esistente fra l’accesso civico e l’”ordinario” accesso agli atti amministrativi. In sostanza, l’accesso civico non può essere utilizzato per superare, in particolare in materia di interessi personali e dei principi della riservatezza, i limiti imposti dalla legge 241 del 1990. (Nel caso di specie l’Amministrazione aveva rifiutato di inserire nella Sezione di Amministrazione trasparente la pubblicazione di atti non meglio specificati negli estremi quali ordini del giorno, verbali delibere dei vari organi collegiali ai quali il ricorrente, docente dell'Istituzione intendeva esercitare l’accesso civico generalizzato. Afferma il TAR che una domanda di accesso civico non può estendersi ad atti per i quali non solo non vi è obbligo di pubblicazione, ma che non rientrano fra quelli che rispondono alla tipologia di determinazioni indicate dal dc.lgs. n. 33 del 2013 in base ai principi esposti dalla legge stessa: "Ciò vale sia per le delibere del consiglio di amministrazione, contenendo esse una varietà di determinazioni a contenuto diversificato che può anche riguardare situazioni rientranti nelle ipotesi di esclusione indicati dall’art. 5 bis, sia a maggior ragione per gli ordini del giorno, i verbali e le delibere del consiglio accademico e del consiglio di scuola di scenografia, che riguardano prevalentemente atti interni all’istituzione afferenti l’attività organizzativa dei corsi e didattica che possono interessare il ricorrente non come cittadino, ma come docente" Sentenza resa nei confronti di una istituzione AFAM, esportabile nel contesto scolastico).
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Permessi L.104/1992 e part time verticale - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 29/09/2017 n° 22925
Giurisprudenza
La disciplina di attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale non si configura quale ostacolo alla esclusione dal riproporzionamento del part time verticale in ordine ai permessi mensili di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 3. Ciò premesso, si pone la necessità di evitare che le particolari modalità di articolazione della prestazione lavorativa nel caso di part time verticale si traducano, quanto alla fruizione dei permessi sopra citati, in un irragionevole sacrificio per la parte datoriale. Vi è, quindi, la necessità di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, e di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all'adozione del rapporto di lavoro in part time verticale. In coerenza con tale criterio, appare ragionevole distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell'anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettività di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto. Pertanto, in materia di permessi mensili riconosciuti per assistere un familiare in condizione di grave disabilità, la trasformazione in part time del rapporto di lavoro originariamente a tempo pieno non ha alcun effetto sulla misura dei permessi di cui il lavoratore può fruire, a condizione che la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario. In caso contrario, le ore di permesso dovranno essere proporzionalmente ridotte. (La sentenza, pur non riferita all'impiego pubblico, afferma principi generali applicabili anche ad esso e quindi anche in ambito scolastico. I principi affermati dalla Cassazione si pongono in contrasto con le precedenti interpretazioni di INPS ed l'INPDAP che - in varie circolari - avevano previsto, in caso di part time verticale, la proporzionale riduzione dei permessi)
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Congedo per dottorato di ricerca e trattamento retributivo - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 03/05/2017 n° 10695
Giurisprudenza
Sussiste una diversità di disciplina dei congedi straordinari per svolgimento di corsi di dottorato prima e dopo il 1/1/2002, data di entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 che ha riformato la legge n. 476 del 1984. Prima del gennaio 2002 l'amministrazione pubblica di appartenenza non doveva pagare alcun emolumento economico al dipendente posto in congedo straordinario, godendo - il dipendente stesso - di borsa di studio. La legge n. 448 del 2001, art. 52, comma 57, ha, invece, previsto espressamente il pagamento del trattamento economico per i dipendenti pubblici ammessi al dottorato di ricerca senza borsa di studio. Nello stesso tempo, è stato previsto l'obbligo di restituzione nel caso in cui, pur avendo il dipendente frequentato l'intero corso di studi e conseguito il titolo di dottore di ricerca, di sua volontà si dimetta nei due anni successivi. Pertanto, la riforma del 2001 ha ritenuto di contemperare il diritto allo studio del pubblico dipendente con l'interesse della pubblica amministrazione stabilendo, da una parte, l'incondizionata erogazione di un emolumento economico (la borsa di studio o la retribuzione) e, dall'altra, una condizione di stabilità del rapporto di pubblico impiego. (Nel senso che prima dell'entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 era possibile usufruire solamente dell'aspettativa senza retribuzione si veda Cass. 2/9/2013, n. 21625).
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Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili Sentenza 27/03/2017 n° 7757
Giurisprudenza
Le controversie relative a procedure concorsuali volte al conferimento di incarichi di natura para-subordinata appartengono alla giurisdizione del Giudice Amministrativo in quanto il concetto di "assunzione" di dipendenti della P.A., ex art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretato estensivamente, con equiparazione, per ragioni di ordine sistematico e teleologico, dell'assunzione di lavoratori subordinati e di quella di lavoratori parasubordinati cui vengano attribuiti incarichi volti a realizzare identiche finalità. Ne consegue che appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo la controversia relativa ad una procedura concorsuale volta al conferimento di incarichi ex art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, assegnati ad esperti, mediante contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa, per far fronte alle medesime esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati della P.A. (La presente pronuncia ribadisce quanto già affermato dalle stesse Sezioni Unite con le sentenze n. 72/2014 e n. 13531/2016. Sui presupposti sostanziali per il legittimo conferimento di incarichi ad esterni, si veda la sentenza della Corte di Conti, Seconda sezione in appello, n. 82/2017##183L).
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#contratto di prestazione d’opera ed esperti esterni#personale dipendente: assunzione e periodo di prova#questioni processuali: giurisdizione#pontone #bianchini
Legittima l'esclusione dalla gara dell'impresa il cui amministratore ometta la menzione di condanna penale non definitiva - Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) - Sezione Quarta Sentenza 20/12/2017 n° C-178/16
Giurisprudenza
La direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, in particolare l’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettere c), d) e g), di tale direttiva, nonché i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente all’amministrazione aggiudicatrice: - di tener conto, secondo le condizioni da essa stabilite, di una condanna penale a carico dell’amministratore di un’impresa offerente, anche se detta condanna non è ancora definitiva, per un reato che incide sulla moralità professionale di tale impresa, qualora il suddetto amministratore abbia cessato di esercitare le sue funzioni nell’anno precedente la pubblicazione del bando di gara d’appalto pubblico, e - di escludere tale impresa dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione di appalto in questione con la motivazione che, omettendo di dichiarare detta condanna non ancora definitiva, l’impresa non si è effettivamente e completamente dissociata dalla condotta del suddetto amministratore. (La questione era stata posta dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con ordinanza 21 marzo 2016 n. 1160, che aveva rimesso alla Corte di giustizia U.E. la seguente questione pregiudiziale: «Se osti alla corretta applicazione dell’art. 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett. a) della Direttiva [2004/18] e dei principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, una normativa nazionale, quale quella dell’art. 38, comma 1, lett. c), [del decreto legislativo n. 163/2006], nella parte in cui estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo sull’assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti), per i reati ivi indicati, ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di tali soggetti, rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa che consente alla stazione appaltante di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara: i) oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica; ii) oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti; iii) oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede». La disciplina di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 sul requisito della moralità professionale, con particolare riferimento alla dimostrazione della dissociazione nel caso di condanna penale è stato riprodotto all’art. 80 del Dlgs 50/2016, come modificato dal Dlgs 56/2017 (c.d. correttivo del codice degli appalti pubblici), al comma terzo, ove si legge: <<3. L’esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l'esclusione non va disposta e il divieto non si applica quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima.>> La Corte di Giustizia, dunque, afferma la legittimità di discipline nazionali rigorose in tema di requisiti di moralità delle imprese.
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#appalti e contratti pubblici: requisiti soggettivi e selezione dei concorrenti#impresa #amministratore #paragrafo #appalto #esclusione #dissociazione #direttiva #condanna #offerente #moralità
Corte Costituzionale Sentenza 23/09/2016 n° 213
Giurisprudenza
È costituzionalmente illegittimo l'art. 33, comma 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'art. 24, comma 1, lett. a), l. 4 novembre 2010, n. 183, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado. Infatti, la ratio legis del diritto al permesso mensile retribuito consiste nel favorire l'assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare. La salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell'individuo tutelato dall'art. 32 Cost., rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.). E', quindi, irragionevole che nell'elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito ivi disciplinato, non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravità.
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#usl #coniugio #ammortizzatore #legis #invalidare #divorziare #affectio #ricovero #coperto #discrasia
Assunzione disabile iscritto nelle liste di collocamento: efficacia del contratto - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 13/07/2017 n° 17361
Giurisprudenza
Nel pubblico impiego privatizzato, i rapporti di lavoro sono disciplinati, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel T.U. di cui al D. Lgs. n. 165 del 2001, dal codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa, in quanto gli atti di gestione sono adottati dall'ente con le capacità e i poteri del datore di lavoro privato. Non è, quindi, consentito all'Amministrazione di sciogliersi unilateralmente dal contratto già stipulato se non nei casi in cui il contratto stesso, in quanto viziato da nullità, sia totalmente inefficace, di modo che il comportamento dell'amministrazione, la quale non può esercitare in questa materia poteri di autotutela, possa essere equiparato a quello del contraente che faccia valere l'assenza del vincolo contrattuale quale conseguenza della sussistenza di una causa di invalidità insanabile dell'atto. Pertanto, il datore di lavoro pubblico non può esercitare poteri di autotutela nè sottrarsi alla esecuzione del contratto, se non nel caso in cui lo stesso sia affetto da nullità per contrasto con norma inderogabile di legge, che si verifica qualora l'assunzione sia avvenuta in violazione delle norme che disciplinano le forme di reclutamento. Ciò premesso, il momento di insorgenza del diritto alla assunzione del disabile iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio è connesso alla forma di reclutamento e, per le qualifiche meno elevate, sorge con l'atto di avviamento al lavoro, successivo, nell'ipotesi prevista dall'art. 9, comma 5, della l. n. 68 del 1999 (soppresso dal d.lgs. n. 151 del 2015) ed attualmente dall'art. 7, comma 1, della stessa legge (sostituito dal richiamato d.lgs. n. 151 del 2015), alla formazione della graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro. (Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la Sentenza di merito che aveva accertato la validità ed efficacia di un contratto di lavoro concluso con il MIUR da un lavoratore iscritto nelle liste di cui alla l. n. 68 del 1999, al quale la Pubblica Amministrazione non aveva dato esecuzione, ritenendo esaurita la quota di riserva in favore dei soggetti affetti da disabilità sulla base di un calcolo effettuato con riferimento al solo organico nazionale).
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#svantaggiare #lamento #incoercibilità #collocatosi #accantonamento #salario
Indennità di maternità fuori nomina - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 24/03/2017 n° 7675
Giurisprudenza
Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 24, comma 2, prevede che le lavoratici che si trovino all'inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione ovvero disoccupate sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità purchè tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni. Con riguardo alla suddetta indennità, l'espressione "senza retribuzione" deve intendersi nel senso che la lavoratrice non ha diritto alla retribuzione in dipendenza dell'assenza e non già quale mero fatto da cui deriva l'esclusione del beneficio E', quindi, necessario che la situazione di mancanza di diritto alla retribuzione in dipendenza dell'assenza, sia stata accertata in maniera definitiva per effetto di un accordo tra le parti del rapporto di lavoro. Pertanto, i periodi di assenza dal lavoro a titolo di aspettativa, congedo o permesso senza retribuzione, giustificati da motivi di famiglia o altre ragioni personali, non sono esclusi dal computo dei sessanta giorni immediatamente antecedenti al congedo di maternità di cui all’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto le ipotesi di deroga di cui al comma 3 dello stesso articolo (assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità, periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale) hanno un contenuto limitato.
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#personale dipendente: maternità (tutela della) e congedi parentali#disoccupata #lavoratici #gestante #calafiore #contiguità #mammone #coretto
Legge statale 23/12/1996 n° 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
Normativa
Keywords
#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#modificazione #albo #novembre #finanza #legge #divieto #disposto #iscrizione #convertire #restare
Riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero dai cittadini che hanno acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio o naturalizzazione - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 381
Normativa

1.  Coloro che abbiano acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio o per naturalizzazione possono beneficiare delle disposizioni di cui all'art. 379, relativamente alle dichiarazioni di equipollenza dei titoli di studio conseguiti all'estero nelle scuole straniere corrispondenti alle scuole italiane elementari e medie e dei titoli finali di studio conseguiti nelle scuole straniere corrispondenti ai titoli di studio finali di istruzione secondaria superiore.
2.  Gli interessati devono esibire al provveditorato agli studi, a cui inoltrano la prescritta domanda di equipollenza, documentazione idonea a comprovare la precedente condizione di cittadino straniero.
3.  Le prove di cui all'art. 379, comma 1, possono essere sostenute dai soggetti di cui al comma 1 del presente articolo soltanto dopo un soggiorno in Italia di almeno sei mesi. Gli interessati possono comprovare il requisito di cui al presente comma con qualunque documento proveniente dalla pubblica amministrazione che sia idoneo a provarlo.

Keywords
#parità scolastica#matrimonio #soggiorno
Riconoscimento dei titoli di studio conseguiti dai cittadini jugoslavi appartenenti alla minoranza italiana - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 384
Normativa

1.  Ai cittadini della ex Jugoslavia appartenenti alla minoranza italiana, costretti a lasciare il loro Paese per eventi bellici o per motivi di guerra civile, che abbiano ottenuto il permesso straordinario di soggiorno ai sensi dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1991, n. 423 e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'art. 383.
2.  I soggetti di cui al comma 1, provenienti da scuole aventi riconoscimento legale secondo l'ordinamento scolastico della ex Jugoslavia, che chiedono l'iscrizione ad una classe della scuola dell'obbligo, sono iscritti, indipendentemente dall'età, alla classe a cui si viene iscritti nella scuola italiana dell'obbligo dopo un numero di anni di scolarità corrispondente a quelli frequentati all'estero con esito positivo. Il carattere legale della scuola di provenienza è attestato dalla competente autorità diplomatica o consolare italiana. La disposizione di cui al presente comma si applica anche ai cittadini italiani che sono costretti a lasciare la ex Jugoslavia per eventi bellici o per motivi di guerra civile.
3.  Ai fini dell'iscrizione a classi di istituti di istruzione secondaria superiore si applica l'art. 378.

Keywords
#parità scolastica#costringere #guerra #scolarità #soggiorno
Riconoscimento dei titoli di studio e professionali e delle qualifiche di mestiere acquisiti dai cittadini extracomunitari nei paesi di origine - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 387
Normativa

1.  Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, è disciplinato, in conformità con la normativa comunitaria, il riconoscimento dei titoli di studio e professionali, nonché delle qualifiche di mestiere acquisite dai cittadini extracomunitari nei paesi di origine, e sono istituiti altresì gli eventuali corsi di adeguamento e di integrazione da svolgersi presso istituti scolastici italiani.

Keywords
#parità scolastica#mestiere
Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea(Art. 37 d.lgs n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 24 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 38
Normativa

1.  I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
2.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3.  Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina adottata al livello dell'Unione europea, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali provvede la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Secondo le disposizioni del primo periodo è altresì stabilita l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.
3-bis.  Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.
3-ter.   Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, in materia di conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella provincia autonoma di Bolzano.
 

Keywords
#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#soggiorno #status #soggiornante #rifugiato #equivalenza #equiparazione
Poteri di indirizzo nei confronti dell' ARAN(Art. 46 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 3 del d.lgs n. 396 del 1997 e successivamente modificato prima dall'art. 44, comma 3 del d.lgs n. 80 del 1998 e poi dall'art. 55 del d.lgs n. 300 del 1999; Art. 44, comma 8 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 41
Normativa

1.  Il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale sono esercitati dalle pubbliche amministrazioni attraverso le proprie istanze associative o rappresentative, le quali costituiscono comitati di settore che regolano autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere sull'ipotesi di accordo nell'ambito della procedura di contrattazione collettiva di cui all'articolo 47, si considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.
2.  E' costituito un comitato di settore nell'ambito della Conferenza delle Regioni, che esercita le competenze di cui al comma 1, per le regioni, i relativi enti dipendenti, e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale; a tale comitato partecipa un rappresentante del Governo, designato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali per le competenze delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. E' costituito un comitato di settore nell'ambito dell'Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e dell'Unioncamere che esercita le competenze di cui al comma 1, per i dipendenti degli enti locali, delle Camere di commercio e dei segretari comunali e provinciali.
3.  Per tutte le altre amministrazioni opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Al fine di assicurare la salvaguardia delle specificità delle diverse amministrazioni e delle categorie di personale ivi comprese, gli indirizzi sono emanati per il sistema scolastico, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, sentiti i direttori delle Agenzie fiscali, la Conferenza dei rettori delle università italiane; le istanze rappresentative promosse dai presidenti degli enti di ricerca e degli enti pubblici non economici ed il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
4.  Rappresentanti designati dai Comitati di settore possono assistere l'ARAN nello svolgimento delle trattative. I comitati di settore possono stipulare con l'ARAN specifici accordi per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per eventuali attività in comune. Nell'ambito del regolamento di organizzazione dell'ARAN per assicurare il miglior raccordo tra i Comitati di settore delle Regioni e degli enti locali e l'ARAN, a ciascun comitato corrisponde una specifica struttura, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
5.  Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o le aree di contrattazione collettiva di cui all'articolo 40, comma 2, o che regolano istituti comuni a più comparti o che si applicano a un comparto per il quale operano più comitati di settore le funzioni di indirizzo e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitate collegialmente dai comitati di settore.

Keywords
#contrattazione collettiva#rettore #ratifica #trattativa #assistere
Modifica all'articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Decreto legislativo 27/10/2009 n° 150 n° 34
Normativa

1.  All'articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)  il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti di cui all'articolo 9. Rientrano, in particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici.»;
b)  dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle Autorità amministrative indipendenti.».

Keywords
#gestione #articolo #marzo #modifica #lavoro #decreto #organizzazione #ufficio #ambito #sindacato
Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Decreto legislativo 27/10/2009 n° 150 n° 52
Normativa

1.  All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)  dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.»;
b)  il comma 16-bis è sostituito dal seguente:
«16-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica può disporre verifiche del rispetto delle disposizioni del presente articolo e dell'articolo 1, commi 56 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il tramite dell'Ispettorato per la funzione pubblica. A tale fine quest'ultimo opera d'intesa con i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.».

Keywords
#rivestire #marzo #dipartimento #articolo #modifica #decreto #ispettorato #organizzazione #deputare #ragioneria
Modifiche all'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Decreto legislativo 27/10/2009 n° 150 n° 54
Normativa

1.  All'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, i commi da 1 a 3 sono sostituiti dai seguenti:
«1. La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge.
2. Tramite appositi accordi tra l'ARAN e le Confederazioni rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza. Una apposita sezione contrattuale di un'area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per gli effetti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.
3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica.
3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell'articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance ai sensi dell'articolo 45, comma 3. A tale fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato. Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione.
3-ter. Al fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, qualora non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis.
3-quater. La Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, fornisce, entro il 31 maggio di ogni anno, all'ARAN una graduatoria di performance delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali. Tale graduatoria raggruppa le singole amministrazioni, per settori, su almeno tre livelli di merito, in funzione dei risultati di performance ottenuti. La contrattazione nazionale definisce le modalità di ripartizione delle risorse per la contrattazione decentrata tra i diversi livelli di merito assicurando l'invarianza complessiva dei relativi oneri nel comparto o nell'area di contrattazione.
3-quinquies. La contrattazione collettiva nazionale dispone, per le amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 41, le modalità di utilizzo delle risorse indicate all'articolo 45, comma 3-bis, individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve svolgere la contrattazione integrativa. Le regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di analoghi strumenti del contenimento della spesa. Lo stanziamento delle risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa è correlato all'effettivo rispetto dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance e in materia di merito e premi applicabili alle regioni e agli enti locali secondo quanto previsto dagli articoli 16 e 31 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione a decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
3-sexies. A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell'economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis, comma 1.».

Keywords
#contrattazione #amministrazione #materia #vincolo #articolo #contratto #performance #produttività #limite #livello
Verifica dei risultati(Art. 20 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del d.lgs n. 470 del 1993 e successivamente modificato prima dall'art. 43, comma 1 del d.lgs n. 80 del 1998, poi dall'art. 6 del d.lgs n. 387 del 1998 e, infine, dagli artt. 5, comma 5 e 10, comma 2 del d.lgs n. 286 del 1999) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 20
Normativa

1. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di cui verifica sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal Consiglio dei ministri per i dirigenti preposti ad ufficio di livello dirigenziale generale. I termini e le modalità di attuazione del procedimento di verifica dei risultati da parte del Ministro competente e del Consiglio dei ministri sono stabiliti rispettivamente con regolamento ministeriale e con decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero, fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, con provvedimenti dei singoli ministeri interessati.

Keywords
#verifica #consiglio #preporre #presidenza #giustizia #polizia #difesa #operazione
Contratti collettivi nazionali e integrativi(Art. 45 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 15 del d.lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 1 del d.lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall'art. 43, comma 1 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 40
Normativa

1.  La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal presente decreto. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità, la contrattazione collettiva è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge. Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421. (1)
2.  Tramite appositi accordi tra l'ARAN e le Confederazioni rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza. Una apposita area o sezione contrattuale di un'area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per gli effetti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità. (1)
3.  La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica.
3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell'articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance destinandovi, per l'ottimale perseguimento degli obiettivi organizzativi ed individuali, una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori comunque denominati ai sensi dell'articolo 45, comma 3. La predetta quota è collegata alle risorse variabili determinate per l’anno di riferimento. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione. (1)
3-ter.  Nel caso in cui non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, qualora il protrarsi delle trattative determini un pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede fra le parti, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo fino alla successiva sottoscrizione e prosegue le trattative al fine di pervenire in tempi celeri alla conclusione dell'accordo. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis. I contratti collettivi nazionali possono individuare un termine minimo di durata delle sessioni negoziali in sede decentrata, decorso il quale l'amministrazione interessata può in ogni caso provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo. E' istituito presso l'ARAN, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un osservatorio a composizione paritetica con il compito di monitorare i casi e le modalità con cui ciascuna amministrazione adotta gli atti di cui al primo periodo. L'osservatorio verifica altresì che tali atti siano adeguatamente motivati in ordine alla sussistenza del pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa. Ai componenti non spettano compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati. (1)
[3-quater.  (2)]
3-quinquies.  3-quinquies.  La contrattazione collettiva nazionale dispone, per le amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 41, le modalità di utilizzo delle risorse indicate all'articolo 45, comma 3-bis, individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve svolgere la contrattazione integrativa. Le regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e di analoghi strumenti del contenimento della spesa. Lo stanziamento delle risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa è correlato all'effettivo rispetto dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance e in materia di merito e premi applicabili alle regioni e agli enti locali secondo quanto previsto dagli articoli 16 e 31 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di superamento di vincoli finanziari accertato da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli. Al fine di non pregiudicare l'ordinata prosecuzione dell'attività amministrativa delle amministrazioni interessate, la quota del recupero non può eccedere il 25 per cento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa ed il numero di annualità di cui al periodo precedente, previa certificazione degli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis, comma 1, è corrispondentemente incrementato. In alternativa a quanto disposto dal periodo precedente, le regioni e gli enti locali possono prorogare il termine per procedere al recupero delle somme indebitamente erogate, per un periodo non superiore a cinque anni, a condizione che adottino o abbiano adottato le misure di contenimento della spesa di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, dimostrino l'effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa previste dalle predette misure, nonché il conseguimento di ulteriori riduzioni di spesa derivanti dall'adozione di misure di razionalizzazione relative ad altri settori anche con riferimento a processi di soppressione e fusione di società, enti o agenzie strumentali. Le regioni e gli enti locali forniscono la dimostrazione di cui al periodo precedente con apposita relazione, corredata del parere dell'organo di revisione economico-finanziaria, allegata al conto consuntivo di ciascun anno in cui è effettuato il recupero.
Le disposizioni del presente comma trovano applicazione a decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. (1)
3-sexies.  A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell'economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis, comma 1.
4.  Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
4-bis. I contratti collettivi nazionali di lavoro devono prevedere apposite clausole che impediscono incrementi della consistenza complessiva delle risorse destinate ai trattamenti economici accessori, nei casi in cui i dati sulle assenze, a livello di amministrazione o di sede di contrattazione integrativa, rilevati a consuntivo, evidenzino, anche con riferimento alla concentrazione in determinati periodi in cui è necessario assicurare continuità nell'erogazione dei servizi all'utenza o, comunque, in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale, significativi scostamenti rispetto a dati medi annuali nazionali o di settore. (3)
4-ter. Al fine di semplificare la gestione amministrativa dei fondi destinati alla contrattazione integrativa e di consentirne un utilizzo più funzionale ad obiettivi di valorizzazione degli apporti del personale, nonché di miglioramento della produttività e della qualità dei servizi, la contrattazione collettiva nazionale provvede al riordino, alla razionalizzazione ed alla semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. (3)

(1) Comma così modificato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017.

(2) Comma abrogato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017.

(3) Comma inserito dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017.

Keywords
#contrattazione collettiva#sessione #ottimizzazione #trattativa #virtuosità #fusione #protrarre #fede #nazionale #riassumere #soppressione
(Art. 15 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 4 del d.lgs n. 470 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 10 del d.lgs n. 80 del 1998; Art. 27 del d.lgs n. 29 del 1993, commi 1 e 3, come sostituiti dall'art. 7 del d.lgs n. 470 del 1993) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 15
Normativa

1.  Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente capo, la dirigenza è articolata nelle due fasce dei ruoli di cui all'articolo 23. Restano salve le particolari disposizioni concernenti le carriere diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6.
2.  Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione nonché negli altri istituti pubblici di cui al sesto comma dell'articolo 33 della Costituzione, le attribuzioni della dirigenza amministrativa non si estendono alla gestione della ricerca e dell'insegnamento.
3.  In ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore.
4.  Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni di coordinamento è sovraordinato, limitatamente alla durata dell'incarico, al restante personale dirigenziale.
5.  Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, per la Corte dei conti, per il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e per l'Avvocatura generale dello Stato, le attribuzioni che il presente decreto demanda agli organi di Governo sono di competenza rispettivamente, del Presidente del Consiglio di Stato, del Presidente della Corte dei Conti, del Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e dell'Avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il presente decreto demanda ai dirigenti generali sono di competenza dei segretari generali dei predetti istituti.

Keywords
#sovraordinato #demandare
Modifica all'articolo 40-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Decreto legislativo 27/10/2009 n° 150 n° 55
Normativa

1.  L'articolo 40-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
«Art. 40-bis (Controlli in materia di contrattazione integrativa). - 1. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori è effettuato dal collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti. Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo.
2. Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa certificate dai competenti organi di controllo previsti dal comma 1, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria, ai sensi del presente articolo e dell'articolo 40, comma 3-quinquies. Decorso tale termine, che può essere sospeso in caso di richiesta di elementi istruttori, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative.
3. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, inviano entro il 31 maggio di ogni anno, specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa, certificate dagli organi di controllo interno, al Ministero dell'economia e delle finanze, che predispone, allo scopo, uno specifico modello di rilevazione, d'intesa con la Corte dei conti e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica. Tali informazioni sono volte ad accertare, oltre il rispetto dei vincoli finanziari in ordine sia alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa sia all'evoluzione della consistenza dei fondi e della spesa derivante dai contratti integrativi applicati, anche la concreta definizione ed applicazione di criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell'impegno e della qualità della performance individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche. Le informazioni sono trasmesse alla Corte dei conti che, ferme restando le ipotesi di responsabilità eventualmente ravvisabili le utilizza, unitamente a quelle trasmesse ai sensi del Titolo V, anche ai fini del referto sul costo del lavoro.
4. Le amministrazioni pubbliche hanno l'obbligo di pubblicare in modo permanente sul proprio sito istituzionale, con modalità che garantiscano la piena visibilità e accessibilità delle informazioni ai cittadini, i contratti integrativi stipulati con la relazione tecnico-finanziaria e quella illustrativa certificate dagli organi di controllo di cui al comma 1, nonché le informazioni trasmesse annualmente ai sensi del comma 3. La relazione illustrativa, fra l'altro, evidenzia gli effetti attesi in esito alla sottoscrizione del contratto integrativo in materia di produttività ed efficienza dei servizi erogati, anche in relazione alle richieste dei cittadini. Il Dipartimento per la funzione pubblica di intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e in sede di Conferenza unificata predispone un modello per la valutazione, da parte dell'utenza, dell'impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento dei servizi pubblici, evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività. Tale modello e gli esiti della valutazione vengono pubblicati sul sito istituzionale delle amministrazioni pubbliche interessate dalla contrattazione integrativa.
5. Ai fini dell'articolo 46, comma 4, le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all'ARAN, per via telematica, entro cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale con l'allegata relazione tecnico-finanziaria ed illustrativa e con l'indicazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio. I predetti testi contrattuali sono altresì trasmessi al CNEL.
6. Il Dipartimento della funzione pubblica, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell'economia e delle finanze e la Corte dei conti possono avvalersi ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, di personale in posizione di fuori ruolo o di comando per l'esercizio delle funzioni di controllo sulla contrattazione integrativa.
7. In caso di mancato adempimento delle prescrizioni del presente articolo, oltre alle sanzioni previste dall'articolo 60, comma 2, è fatto divieto alle amministrazioni di procedere a qualsiasi adeguamento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa. Gli organi di controllo previsti dal comma 1 vigilano sulla corretta applicazione delle disposizioni del presente articolo.».

Keywords
#contrattazione #dipartimento #controllo #trasmettere #articolo #conte #contratto #amministrazione #relazione #comma
Trasparenza delle amministrazioni pubbliche(Art. 11 del d.lgs n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 43, comma 9 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 10
Normativa

1.  L'organismo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del procedimento, definisce, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e sistemi informativi utili alla interconnessione tra le amministrazioni pubbliche.
2.  La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all'articolo 18 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono, utilizzando il personale degli uffici di cui all'articolo 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche nell'ambito dei progetti finalizzati di cui all'articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed integrazioni.

Keywords
#trasparenza amministrativa#rapidità #utile
Procedimento di contrattazione collettiva(Art. 51 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 18 del d.lgs n. 470 del 1993 e poi dall'art. 4 del d.lgs n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall'art. 14, comma 1 del d.lgs n. 387 del 1998; Art. 44, comma 6 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 47
Normativa

Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono emanati dai Comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, emanati dai rispettivi comitati di settore, sono sottoposti al Governo che, nei successivi venti giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine l'atto di indirizzo può essere inviato all'ARAN. Sono altresì inviati appositi atti di indirizzo all'ARAN in tutti gli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative. L'ipotesi di accordo è trasmessa dall'ARAN, corredata dalla prescritta relazione tecnica, ai comitati di settore ed al Governo entro 10 giorni dalla data di sottoscrizione. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, il comitato di settore esprime il parere sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e indiretti a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate. Fino alla data di entrata in vigore dei decreti di attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Consiglio dei Ministri può esprimere osservazioni entro 20 giorni dall'invio del contratto da parte dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui al comma 3 del medesimo articolo 41, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, nonché la verifica da parte delle amministrazioni interessate sulla copertura degli oneri contrattuali, il giorno successivo l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La Corte dei conti certifica l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'ARAN, al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. La Corte dei conti può acquisire elementi istruttori e valutazioni sul contratto collettivo da parte di tre esperti in materia di relazioni sindacali e costo del lavoro individuati dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, tramite il Capo del Dipartimento della funzione pubblica di intesa con il Capo del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito di un elenco definito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso delle amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, la designazione di due esperti viene effettuata dall'ANCI, dall'UPI e dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. In caso di certificazione non positiva della Corte dei conti le parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell'ipotesi di accordo. Nella predetta ipotesi, il Presidente dell'ARAN, d'intesa con il competente comitato di settore, che può dettare indirizzi aggiuntivi, provvede alla riapertura delle trattative ed alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo adeguando i costi contrattuali ai fini delle certificazioni. In seguito alla sottoscrizione della nuova ipotesi di accordo si riapre la procedura di certificazione prevista dai commi precedenti. Nel caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali l'ipotesi può essere sottoscritta definitivamente ferma restando l'inefficacia delle clausole contrattuali non positivamente certificate. I contratti e accordi collettivi nazionali, nonché le eventuali interpretazioni autentiche sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana oltre che sul sito dell'ARAN e delle amministrazioni interessate. Dal computo dei termini previsti dal presente articolo sono esclusi i giorni considerati festivi per legge, nonché il sabato.

 

Keywords
#contrattazione collettiva#trattativa #sabato #riaprire #attendibilità #inefficacia
Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale(Art. 26, commi 1, 2-quinquies e 3 del d.lgs n. 29 del 1993, modificati prima dall'art. 14 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 45, comma 15 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 26
Normativa

1.  Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni. Relativamente al personale del ruolo tecnico e professionale, l'ammissione è altresì consentita ai candidati in possesso di esperienze lavorative con rapporto di lavoro libero-professionale o di attività coordinata e continuata presso enti o pubbliche amministrazioni, ovvero di attività documentate presso studi professionali privati, società o istituti di ricerca, aventi contenuto analogo a quello previsto per corrispondenti profili del ruolo medesimo.
2.  Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali, determinati in relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si deve tenere conto della posizione funzionale posseduta dal relativo personale all'atto dell'inquadramento nella qualifica di dirigente. E' assicurata la corrispondenza di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del ruolo sanitario.
3.  Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento delle dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo.
 

Keywords
#settimo #candidare #pianta #ridefinizione
Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per portatori di handicap(Art. 42 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del d.lgs n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 1 del d.lgs n. 80 del 1998 e poi dall'art. 22, comma 1 del d.lgs n. 387 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 39
Normativa

1.  Le amministrazioni pubbliche promuovono o propongono programmi di assunzioni per portatori di handicap ai sensi dell'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sulla base delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 45, comma 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 con le decorrenze previste dall'articolo 10, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.

Keywords
#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#confluire
Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 32
Normativa

1.  Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a)  alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b)  al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;

c)  qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

1-bis.  La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo.

1-ter.  In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.

2.  Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

3.  Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.

4.  Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4-bis.  Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.

Keywords
#congedo #genitore #fruizione #frazionare #periodo #mese #comma #astenere #base #modalità
Norme transitorie(Art. 25, comma 4 del d.lgs n. 29 del 1993; art. 50, comma 14 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 17 del d.lgs n. 470 del 1993 e poi dall'art. 2 del d.lgs n. 396 del 1997; art. 72, commi 1 e 4 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art. 36 del d.lgs n. 546 del 1993; art. 73, comma 2 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 37 del d.lgs n. 546 del 1993; art. 28, comma 2 del d.lgs n. 80 del 1998; art. 45, commi 5, 9, 17 e 25 del d.lgs n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6 del d.lgs n. 387 del 1998; art. 24, comma 3 del d.lgs n. 387 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 69
Normativa

1.  Salvo che per le materie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica in base alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all'articolo 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001.
2.  In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto.
3.  Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli art. 60 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui all'articolo 15 della legge 9 marzo 1989, n. 88, i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo.
4.  La disposizione di cui all'art. 56, comma 1, si applica, per ciascun ambito di riferimento a far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio contrattuale 1998-2001.
5.  Le disposizioni di cui all'art. 22, commi 17 e 18, della legge 29 dicembre 1994, n. 724, continuano ad applicarsi alle amministrazioni che non hanno ancora provveduto alla determinazione delle dotazioni organiche previa rilevazione dei carichi di lavoro.
6.  Con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'art. 2, comma 3, del presente decreto, non si applica l'art. 199 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
7.  Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'art. 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000.
8.  Fino all'entrata in vigore della nuova disciplina derivante dal contratto collettivo per il comparto scuola, relativo al quadriennio 1998-2001, continuano ad applicarsi al personale della scuola le procedure di cui all'art. 484 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
9.  Per i primi due bandi successivi alla data del 22 novembre 1998, relativi alla copertura di posti riservati ai concorsi di cui all'art. 28, comma 2, lettera b, del presente decreto, con il regolamento governativo di cui al comma 3, del medesimo articolo è determinata la quota di posti per i quali sono ammessi soggetti anche se non in possesso del previsto titolo di specializzazione.
10.  Sino all'applicazione dell'art. 46, comma 12, l'ARAN utilizza personale in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti massimi delle tabelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1994, n. 144, come modificato dall'articolo 8, comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
11.  In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche l'esercizio delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini od albi professionali. Il personale di cui all'art. 6 comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.
 

Keywords
#quadriennio #controversia #sopprimere #ispezione #rilevazione #giurisdizione #esaurimento #comando #abilitazione #sottoscrizione
Interpretazione autentica dei contratti collettivi(Art. 53 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 24 del d.lgs n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 43, comma 1 del d.lgs n. 80 del 1998) - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 49
Normativa

1.  Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato delle clausole controverse.
2.  L'eventuale accordo di interpretazione autentica, stipulato con le procedure di cui all'articolo 47, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto. Qualora tale accordo non comporti oneri aggiuntivi e non vi sia divergenza sulla valutazione degli stessi, il parere del Presidente del Consiglio dei Ministri è espresso tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
 

Keywords
#contrattazione collettiva#sottoscritto #divergenza #vigenza
Modifica all'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Decreto legislativo 27/10/2009 n° 150 n° 36
Normativa

1.  L'articolo 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è il sostituito dal seguente:
«Art. 9 (Partecipazione sindacale). - 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, i contratti collettivi nazionali disciplinano le modalità e gli istituti della partecipazione.».

Keywords
#marzo #partecipazione #modifica #decreto #articolo #fermo #sostituire #disciplinare #istituto #contratto
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Graduatorie di istituto del personale docente ed educativo valide per il triennio 2014/17: riaperti i termini per i docenti stranieri
Nota 20 aprile 2015, n. 11922 - D.M. 16 aprile 2015, n. 223
Pagina: 18
Keywords
#soggiorno #soggiornare #aquater #respinta #aass #rifugiato #paragrafare
Graduatorie di Istituto del Personale ATA: precisazioni sui requisiti di ammissione
Avviso 24 settembre 2014
Pagina: 3
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#soggiornante
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