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Offese poste in una chat di classe ai danni di uno studente: come procedere?

 08/10/2020
 Alunni, alunni portatori di handicap
 
Alunni/disciplina: sanzioni per offese via web

#pbb #reato #cyberbullismo #salvo #carabiniere #messaggio #genitore #ridicolo #denuncia #sporgere #denigrazione
Domanda
Un genitore di alunno da poco trasferitosi nel mio Istituto, mi informa che in una chat di classe il figlio è stato preso in giro con parole pesanti e gli sono stati inviati messaggi minacciosi. Mi porterà a far vedere i messaggi. Oltre alla applicazione di sanzioni disciplinari, chiedo: immagino sia necessario segnalare il tutto ai carabinieri, anche se il genitore non intende sporgere denuncia? nella segnalazione è il caso di evitare nomi e riferimenti puntuali, affermando di essere a disposizione dell'autorità giudiziaria per gli approfondimenti del caso?
Grazie
Risposta
La legge n.71/2017, all’art.1, reca la seguente definizione del cyberbullismo: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. L’art.5, comma 1, della legge in esame prevede che: “Salvo che il fatto costituisca reato, in applicazione della normativa vigente e delle disposizioni di cui al comma 2, il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo ne informa tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e attiva adeguate azioni di carattere educativo”. Ovviamente, come si ricava dal comma 2 dell’art.5, l’altro adempimento è l’attivazione dello strumento disciplinare.
La locuzione “salvo che il fatto costituisca reato” chiarisce che non ogni condotta astrattamente riconducibile nella definizione dell’art.1 della legge 71/2017 integra, necessariamente, gli estremi di un reato perseguibile. Possono quindi darsi delle condotte rilevanti ai fini disciplinari, ma non penalmente illecite.
Alla luce di un tanto, ad avviso della redazione, il coinvolgimento della magistratura penale presuppone la sussistenza di almeno tre elementi: a) l’età dei responsabili (o presunti tali), che non deve essere inferiore a anni quattordici; b) la riconducibilità del fatto a una fattispecie astratta prevista dalla legge come reato procedibile d’ufficio; c) una certa soglia di offensività misurata alla luce della gravità della condotta con riguardo alla sua durata nel tempo e alle conseguenze pregiudizievoli a essa riconducibili.
Da quanto riferito, non sembrerebbe che i suevidenziati presupposti siano pienamente integrati, anche con riferimento all’identificazione di un reato procedibile d’ufficio (solo i reati procedibili d’ufficio fanno scattare l’obbligo di denuncia del dirigente nella sua qualità di pubblico ufficiale). Parimenti, in tale frangente, non sembra opportuno interessare i carabinieri (che sono obbligati a riferire alla procura della repubblica), specie qualora il genitore della vittima abbia espresso la sua contrarietà. Peraltro, una segnalazione priva di dati personali sarebbe priva di significato pratico.
In buona sostanza, secondo la redazione è preferibile procedere con azioni di tipo educativo e disciplinare, stimolando la riflessione sul disvalore di quanto posto in essere dai responsabili. Il tutto mediante un coinvolgimento dei genitori, così come previsto dalla normativa.

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Approfondimenti

Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Keywords
#valutazione del personale#dipendente #articolo #amministrazione #ufficio #codice #comportamento #decreto #comma #utilità #collaborazione
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 26/06/2001 n° 8740
Giurisprudenza
La disposizione contenuta nell’art. 2047 cod. civ. si applica all’infortunio cagionato da soggetto incapace di intendere e di volere, mentre la norma di cui all’art. 2048 cod. civ. disciplina l’ipotesi di infortunio cagionato da minore capace di intendere e di volere. L'art. 2048 c.c. postula l'esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto sono configurabili la "culpa in educando" dei genitori e la "culpa in vigilando" della scuola. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. La sola circostanza che l'autore del fatto illecito abbia meno di quattordici anni, non comporta che detto soggetto sia un incapace di intendere e volere; spetterà al giudice il compito di compiere il relativo accertamento alla stregua dei criteri tratti dalla comune esperienza e dalle nozioni della scienza. Premesso che un minore di dodici anni ben può essere ritenuto capace di intendere e di volere, affinché possa applicarsi l’art. 2048 cod. civ. è dunque necessario innanzitutto che sussista un fatto antigiuridico, costituito dal comportamento del minore. Nel caso esaminato dai giudici, durante un campo scuola organizzato da una parrocchia una minore ha subito un infortunio durante lo svolgimento del gioco ruba-bandiera: la Corte di Cassazione ha escluso l’antigiuridicità della condotta del minore responsabile, in quanto non vi era stata violazione delle c.d. regole del gioco e il gioco non era oggettivamente pericoloso in sé. Essendo stata esclusa l’antigiuridicità della condotta del responsabile dell’infortunio, non è ipotizzabile alcuna responsabilità in capo al soggetto tenuto alla vigilanza al momento del fatto.
Keywords
#infortunio scolastico#responsabilità civile#parrocchia #antigiuridicità #scontro #vigilatore #pesare #bandiera #accidentalità #esule #radio #dodicenne
Osservazione psicologica a scuola e consenso dei genitori - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 05/09/2017 n° 40291
Giurisprudenza
L'assenza di un esplicito consenso da parte dei genitori di un minore, che sia stato oggetto di "osservazione" in classe da parte di uno psicologo a ciò incaricato dalla scuola, integra una compressione della loro libertà di autodeterminazione astrattamente rilevante in relazione al reato di violenza privata (art. 610 c.p.). Costituisce atto pubblico la relazione predisposta dallo psicologo di un istituto scolastico qualora abbia compiti di non esclusivo supporto tecnico ai docenti ma di diretta osservazione e valutazione degli alunni trattandosi di un soggetto che svolge una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi: ne consegue che la omessa protocollazione agli atti dell'ente di tale documento integra la condotta del reato di soppressione, distruzione, occultamento di atto pubblico (art. 490 c.p.) Con riferimento al primo principio, nel rimettere il caso al giudice del merito, afferma la Corte di Cassazione: "Se nella prima ipotesi, in cui la psicologa avrebbe avuto il ruolo di "consulente" della maestra per suggerirle indirizzi didattici, non involgendo, quindi, in alcun modo i comportamenti degli alunni, si potrebbe escludere che l'attività di osservazione potesse interferire nella sfera personale degli alunni e quindi necessitare del preventivo consenso dei genitori, non altrettanto può dirsi se oggetto dell'osservazione erano proprio i comportamenti degli alunni e ancor di più, di alcuni degli alunni ritenuti portatori di problematiche. In questo secondo caso, a prescindere dal fatto che siano stati o meno somministrati test o che le lezioni siano state specificamente modulate, non vi è dubbio che l'osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli alunni sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava una invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava il preventivo consenso").
Keywords
#genitori: responsabilità genitoriale#reato#gup #psicologa #psicologo #maestra #bernardi #fumare #cartellina #contestatagli #investigare #martinelli
Responsabilità penale in caso di rifiuto di cambiare il pannolino ad alunni disabili - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 30/05/2016 n° 22786
Giurisprudenza
Integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio la condotta del collaboratore scolastico che, tenuto in forza del contratto collettivo nazionale di lavoro a prestare assistenza agli alunni con disabilità per le loro esigenze igieniche e più volte sollecitato dal dirigente scolastico all'espletamento di tali funzioni, abbia omesso di procedere al cambio dei pannolini di un minore disabile. La doverosità dell'intervento richiesto al personale ausiliario risiede nell'art. 47 del CCNL e nella tabella che si riferisce alle competenze dei collaboratori scolastici (tabella A), ove è previsto che i suddetti collaboratori sono tenuti a "prestare ausilio agli alunni portatori di handicap nell'accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche e all'interno e all'uscita da esse, nonchè nell'uso dei servizi igienici e nella cura dell'igiene personale, anche con riferimento alle attività previste dall'art. 47".
Keywords
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La maestra che non denuncia i maltrattamenti posti in essere dalle colleghe concorre nel reato di maltrattamenti in famiglia - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 09/03/2018 n° 10763
Giurisprudenza
Il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. può essere realizzato anche mediante concorso per omissione in condotte commissive ed è configurabile anche in assenza di un rapporto diretto tra reo e vittima. L'elemento soggettivo richiesto per la configurabilità del reato è costituito dal dolo generico, da ravvisarsi nella coscienza e nella volontà di sottoporre la persona ad un'abituale condizione di soggezione psicologica e di sofferenza. E', pertanto, irrilevante valutare le specifiche motivazioni che inducono l'agente ad assumere il comportamento rilevante: del resto, proprio sul presupposto della sufficienza del dolo generico, il reato di maltrattamenti in famiglia é configurabile anche quando l'intento perseguito consiste nella volontà di agire esclusivamente per finalità educative. Nè i motivi che orientano la volontà dell'agente diventano rilevanti quando il reato è commesso mediante omissione, stante l'assenza di puntuali disposizioni o di principi generali in tale senso. Inoltre, il reato di omessa denuncia può essere fonte di responsabilità civile, ma richiede che si accerti l'esistenza di un nesso causale tra l'inadempimento dell'obbligo ed il fatto dannoso, e che quest'ultimo si ponga come conseguenza immediata e diretta dell'illecito Ciò premesso, concorre nel reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. l' educatrice di asilo che, ricoprendo tra l'altro il ruolo di referente del Comune all'interno del nido, non ha denunciato i maltrattamenti posti in essere dalle colleghe ed ha negato espressamente di essere a conoscenza diretta o per sentito dire di tali episodi. ( La Cassazione, in riforma della Sentenza della Corte di Appello, ha affermato che non esclude il reato di cui all'art. 572 c.p., il fatto che la condotta della maestra era caratterizzata dall' intento omertoso di tutelare prima di tutto se stessa, le proprie coadiutrici ed i minori a lei direttamente affidati e non, invece, dalla volontà di coadiuvare le illecite azioni delle colleghe. Infatti, la valorizzazione dell'intento specificamente perseguito dalla educatrice, operata dalla sentenza impugnata, non rileva in quanto ai fini dell'elemento psicologico necessario per l'integrazione della fattispecie di cui all'art. 572 c.p., anche nella forma del concorso nel reato commissivo mediante omissione, è sufficiente il dolo generico, per la cui sussistenza sono irrilevanti i motivi della condotta del soggetto agente).
Keywords
#personale docente#reato#maltrattamento #reato #imputata #famiglia #omissione #volontà #educatore #intento #collega #dolo
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 10/08/2004 n° 15419
Giurisprudenza
In relazione alla colpa in educando, ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., al danneggiato è sufficiente provare il fatto illecito commesso dal minore e il danno subito, senza dover dimostrare anche la colpa dei genitori; questi ultimi, invece, per potersi sottrarre alla responsabilità, devono provare di non aver potuto impedire il fatto. I genitori, quindi, devono dimostrare di aver impartito una idonea educazione ai propri figli, nell’osservanza dei precetti contenuti nell’art. 147 cod. civ. Le modalità stesse del fatto illecito possono dimostrare l’esistenza di un deficit educativo. Infatti, l'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può esser ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori ai sensi dell’art. 147 cod. civ. Ciò significa che le particolari modalità del fatto possono consentire di dedurre l'inadeguatezza dell'educazione impartita (nel caso di specie, un minore, in riscontrato stato di ebbrezza, alla guida di un ciclomotore investiva un soggetto cagionandone la morte).
Keywords
#genitori: responsabilità genitoriale#infortunio scolastico#responsabilità civile#ciclomotore #ebbrezza #trenta #perdono
T.A.R. EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA - Sezione Seconda Sentenza 15/11/2001 n° 305/02
Giurisprudenza
Qualora l’addebito disciplinare sia incontestato nella sua materialità, il ricorrente sanzionato non ha alcun interesse a far valere in giudizio la violazione del diritto al contraddittorio procedimentale, poiché l’addebito poggia su una mancanza di gravità tale che qualsiasi osservazione dell’allievo in proposito sarebbe risultata priva di utilità. La condotta di soggetti terzi, consistente nella asserita mancanza di adeguata custodia dell’ingresso al cortile scolastico, non incide, eliminandola o riducendola, sulla responsabilità disciplinare dell’allievo. Il fatto che solo alcuni allievi, fra quelli che avrebbero preso parte all’episodio censurato, siano stati sanzionati è giustificato dal mancato riconoscimento dell’identità degli altri, ma ciò non rende illegittima l’azione disciplinare nei confronti di coloro che siano stati identificati. (Il caso concreto riguardava un episodio di ingresso di alcuni alunni nel cortile della scuola in orario notturno.)
Keywords
#studenti: azione disciplinare#segreta #penetrare
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 21/09/2000 n° 12501
Giurisprudenza
Nel procedimento di responsabilità civile promosso per il risarcimento dei danni cagionati dall'allievo minorenne ad un compagno nel corso di una lezione, possono essere convenuti in giudizio sia i genitori dell'autore del danno, a titolo di "culpa in educando" ai sensi dell’art. 2048, comma 1, cod. civ., sia il Ministero dell’istruzione per il fatto dannoso del dipendente responsabile a titolo di "culpa in vigilando" ai sensi dell’art. 2048, comma 2, cod. civ. Ai sensi dell’art. 61, Legge 11 luglio 1980 n. 312, è invece esclusa la legittimazione passiva degli insegnanti statali (tenuti alla vigilanza al momento in cui si è verificato l’infortunio) i quali pertanto non possono essere convenuti in giudizio in tali casi, essendo il Ministero dell’istruzione l’unico soggetto legittimato passivo. I convenuti rispondono in via solidale ai sensi dell'art. 2055 cod. civ. del fatto illecito del minore; pertanto, una volta accertata la responsabilità dei genitori, è irrilevante, rispetto all’azione risarcitoria esercitata dai danneggiati, l’accertamento dell’eventuale concorrente responsabilità dell’insegnante (e quindi del Ministero), che assume rilievo soltanto nei rapporti interni tra i convenuti, ai fini dell'azione di regresso (nel caso concreto il genitore, convenuto in giudizio dai danneggiati, non ha esercitato l’azione di regresso nei confronti del Ministero dell’istruzione).
Keywords
#infortunio scolastico#responsabilità civile#scagliare #sconsideratezza #impartitagli #abituale #chiesta #tenda
Commette falso e abuso d'ufficio il dirigente scolastico che falsifica il verbale del consiglio di classe per danneggiare un'insegnante - Corte di Cassazione - Sezione Sesta Sentenza 25/10/2017 n° 49057
Giurisprudenza
Commette il reato di falso ideologico e materiale in atto pubblico il dirigente scolastico che, in concorso con il segretario verbalizzante, alteri, nel contenuto e nella forma, il verbale del consiglio di classe, inserendo in esso la falsa circostanza in base alla quale un insegnante aveva dichiarato di aver lasciato gli alunni da soli per venti minuti (mentre l'insegnante aveva dichiarato di aver lasciato gli alunni da soli per dieci minuti e per finalità educativa, affinché discutessero liberamente in sua assenza di quanto accaduto il giorno precedente con un loro compagno). Tale aggiunta era stata inserita evidentemente in sede di redazione dattiloscritta del verbale che, contrariamente a quanto attestato in calce allo stesso, non fu letto, approvato e sottoscritto dai presenti al termine della riunione, né ratificato nella seduta successiva, bensì redatto in seguito e firmato dalla dirigente imputata. La dirigente scolastica aveva poi trasmesso tale verbale all'ex provveditorato agli studi, allegandolo alla richiesta di ispezione a carico della predetta professoressa. In concorso con il reato di falso, sussiste altresì il reato di abuso d'ufficio in quanto il falso verbale era funzionale ad aggravare la posizione dell'insegnante per la sua sottoposizione ad ispezione e procurare ad esso un danno all'immagine e alla reputazione ben più grave rispetto ad un procedimento disciplinare (che la dirigente non avviò, pur essendovi tenuta), abusando della propria posizione gerarchica e strumentalizzando i propri poteri. L'abuso d'ufficio sussiste anche quando al fine privato si affianchi una finalità pubblica, che rappresenti una mera occasione o un pretesto per coprire la condotta illecita. Il concorso tra i due reati, quindi, sussiste quando il falso non esaurisce la condotta di abuso, ma è strumentale a nascondere l'abuso.
Keywords
#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#organi collegiali#reato#imputata #falso #abuso #reato #verbale #insegnante #classe #ispezione #dirigente #danno
T.A.R. PUGLIA - BARI - Sezione Prima Sentenza 15/09/2004 n° 4172
Giurisprudenza
Per l’applicazione della sanzione dell’allontanamento dello studente dalla comunità scolastica, di cui all’art. 4 comma 9 d.P.R. 249/1998, non è richiesta la cd pregiudiziale penale, vale a dire il previo accertamento del reato da parte dell’Autorità Giudiziaria. Invero, il processo penale e il procedimento disciplinare seguono strade parallele per il perseguimento di scopi diversi. Pertanto, l’organo disciplinare deve verificare, nell’ambito delle proprie competenze e per le proprie finalità, se il fatto possa integrare reato e, dunque, violare i doveri degli studenti, indicati all’art. 3 d.P.R. n. 249/1998. Sul giudizio di proporzionalità tra condotta e durata dell’allontanamento incide lo scandalo generato dal fatto nella comunità locale, gli effetti negativi dello stesso sull’immagine della scuola, il rischio cui è stata esposta la comunità scolastica in viaggio se la droga fosse stata scoperta dalle Autorità greche, nonché i precedenti dello studente sanzionato, già distintosi in passato per mancanze disciplinari. Per l’applicazione della sanzione dell’allontanamento dalla comunità scolastica, l’art. 4 comma 9 d.P.R. 249/1998 pone in via alternativa due presupposti: la commissione di un reato o il pericolo per l’incolumità delle persone. La circostanza che la droga fosse stata sequestrata dalle forze dell’ordine non incide sull’esistenza del pericolo, essendo la droga di per sé un grave pericolo quando reperita nell’ambiente scolastico, anche per l’effetto emulativo che potrebbe generare sugli studenti, ed è, pertanto, interesse della scuola stigmatizzare, fin da subito, tali comportamenti. La sanzione dell’allontanamento dalla comunità scolastica per un periodo superiore a 15 giorni non contrasta con la funzione della scuola di essere vicina agli studenti più manchevoli, in quanto è una delle sanzioni contemplate dall’ordinamento, da applicare nei casi più estremi. La definizione della durata dell’allontanamento rientra nella discrezionalità (anche tecnica) dell’organo di disciplina. Ai sensi dell’art. 5 d.P.R. 249/1998 avverso le sanzioni disciplinari diverse dall’allontanamento per un periodo non superiore a 15 giorni (e, dunque, per fattispecie analoghe alla presente) è ammesso il ricorso all’organo di garanzia interno della scuola. Avverso la decisione di quest’ultimo, invece, non è previsto ulteriore ricorso in via amministrativa all’ex Provveditorato. (Nel caso di specie, le Forze dell’Ordine avevano sorpreso due alunni, in partenza con le rispettive classi per il viaggio di istruzione in Grecia, in possesso di un quantitativo di hashish tale da produrre 40-60 dosi di “fumo”, immediatamente sequestrato.)
Keywords
#istruzione secondaria di secondo grado#reato#studenti: azione disciplinare#csa #scandalo #grammo #perquisire #sigaretta #poziore #giustiziare #verdetto #assuefazione #cabina
Corte di Cassazione - Penale Sentenza 10/09/2012 n° 34492
Giurisprudenza
Costituisce abuso punibile a norma dell’art. 571 c.p. (per tale intendendosi anche quello psicologico) il comportamento volto intenzionalmente ad umiliare, svalutare, denigrare, violentare psicologicamente un minore, causando pericolo per la sua salute, anche se compiuto con intenzione educativa o di disciplina. Infatti, non ogni intervento correttivo è lecito solo perché soggettivamente finalizzato a scopi educativi, mentre può essere abusiva la condotta, di per sé non illecita, quando il mezzo viene usato per un interesse diverso da quello conferito, per esempio a scopo vessatorio, di punizione esemplare, di umiliazione o per mero esercizio di autorità dell’agente. Si configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 571 II comma c.p. ove vi sia la prova della lesione psichica e fisica, non essendo sufficiente la probabilità o la mera possibilità della stessa. (Fattispecie nella quale una docente aveva imposto ad un alunno, responsabile di atti di bullismo nei confronti di un compagno, di scrivere cento volte ”sono deficiente”. In primo grado il Tribunale di Palermo aveva escluso la rilevanza penale della condotta con la sentenza 27/06/2007##404L.)
Keywords
#istruzione secondaria di primo grado#personale docente#reato#studenti: bullismo e cyberbullismo#umiliare #punizione #svalutare #violentare #denigrare #bigliettino #psicologo #emerito #afflittivi #etc
Nel consiglio di classe il docente sottoposto a procedimento disciplinare si deve astenere sul voto in condotta - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 20/04/2018 n° 17913
Giurisprudenza
In un collegio perfetto tutti debbono poter esprimere le proprie valutazioni, senza che nessuno si assenti. In sede di consiglio di docenti l'esigenza della partecipazione riguarda il contributo specifico del singolo professore nella disciplina di competenza, che altrimenti verrebbe a mancare. Pertanto, un conto è l'impossibilità di omettere il voto di matematica o italiano, laddove l'unico a poterlo esprimere è l'insegnante di quella materia; ben altro è il voto concernente la condotta dello studente, su cui tutti possono interloquire senza pretese di esclusività. Ne consegue, in ordine alla configurabilità del delitto di abuso d'ufficio, l'obbligo di astensione di un docente allorchè il medesimo non rilevi semplicemente come membro di un organo collegiale perfetto, tale da poter assumere atti formali alla necessaria presenza di tutti i suoi componenti, ma anche come membro che sapeva di essere sottoposto a procedimenti disciplinari, od almeno immaginava a ragion veduta che ciò sarebbe inevitabilmente accaduto di lì a poco. (La fattispecie oggetto della Sentenza concerne il procedimento inerente un docente di disegno di liceo artistico aduso a comportamenti con allusioni sessuali nei confronti delle alunne, fino ad avere egli stesso tratteggiato il profilo di un fallo a mo' di commento sul disegno di una ragazza Il suddetto episodio aveva portato non solo alla denuncia penale, ma anche all'apertura del procedimento disciplinare nei confronti del docente il quale, successivamente, aveva omesso di astenersi in occasione degli scrutini del primo quadrimestre proponendo nella circostanza di assegnare la votazione di "6" in condotta a una diversa allieva che, sul foglio del suddetto disegno, aveva scritto l'epiteto di "pervertito" rivolto a lui. All'esito della discussione, tuttavia, alla studentessa il Consiglio dava la votazione di 7 in condotta. Ad avviso della Cassazione si configura il reato di tentativo di abuso d'ufficio nella condotta del docente non già perchè, quale protagonista di un episodio suscettibile di valutazione nei riguardi di una studentessa, egli non potesse dire la propria, al limite per riferirne doverosamente ai colleghi; ma, appunto in relazione alla specifica iniziativa da lui intrapresa in occasione degli scrutini con tanto di proposta di un inusitato e certamente rarissimo "6" in condotta, perchè l'obiettivo era quello di strumentalizzare l'operato del consiglio, al fine di ottenere un deliberato utile alle sue ragioni; tentativo poi non riuscito perche il Collegio si è espresso in maniera difforme rispetto alla sua proposta).
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#organi collegiali#personale docente#reato#pagina #voto #ragazza #disegno #studentessa #imputato #condotta #classe #abuso #omissis
Il dipendente pubblico non è libero di decidere quando e se fruire delle ferie - Corte di Appello TRIESTE - Lavoro Sentenza 29/01/2018 n° 385
Giurisprudenza
Deve escludersi l'esistenza in capo al lavoratore della facoltà di decidere discrezionalmente quando, e addirittura se godere o meno, delle ferie maturate (e pertanto di scegliere di usufruirne oppure di "accantonarle" per farsele retribuire alla fine del rapporto). L'art.1 comma 55 della legge 228/2012 ha permesso la monetizzazione (fino al 31/8/2013) solo dei giorni di ferie di cui il dipendente abbia fatto richiesta (non necessariamente nei periodi indicati dall'art.1 comma 54 della legge 228 del 2012, poiché, per questo aspetto, opera il rinvio all'1/9/2013 contenuto nel comma 56) e che il datore di lavoro non gli abbia consentito di utilizzare. (Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato l’impugnata sentenza n.123/2017 del Tribunale di Trieste che aveva respinto la richiesta di una docente a tempo determinato volta ad accertare il proprio preteso diritto a non essere collocata in ferie d’ufficio nei giorni di sospensione delle lezioni con condanna dell’amministrazione al pagamento dell’indennità sostitutiva. Il Tribunale aveva accertato che l’interessata, pur essendo stata espressamente invitata dal dirigente a presentare istanza di ferie, aveva omesso di richiederle prima della scadenza naturale del contratto; peraltro, detraendo dal numero di giorni di ferie maturato durante l’anno scolastico 2012/2013 i giorni di sospensione delle attività didattiche in cui la docente era stata collocata in ferie d’ufficio, costei aveva beneficiato di un periodo di ferie addirittura superiore al dovuto).
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#personale dipendente: orario di lavoro#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#godere #monetizzazione #maturare #lezione #periodo #lavorare #attività #sospensione #collocare #anno
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 06/10/2017 n° 45947
Giurisprudenza
Le figure di reato contemplate dall'art. 609-bis c.p. sono riconducibili a due categorie fondamentali. All'interno della prima, concernente il fatto di colui il quale "con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali", rientrano le condotte realizzate con modalità costrittive, tra le quali vengono in rilievo sia gli atti sessuali posti in essere esercitando sulla vittima comportamenti di violenza fisica scricto sensu, di violenza morale consistente in una intimidazione psicologica in grado di provocare la coartazione della vittima nonchè le condotte realizzate con modalità insidiosamente repentine, tali da sorprendere la persona offesa impedendole di opporre il proprio dissenso e, per questa via, ponendola nell'impossibilità di difendersi. Per escludere la rilevanza penale delle condotte sessuali repentine non è sufficiente il consenso o comunque la mancanza di dissenso, dovendo verificarsi se tale stato psicologico da parte di chi subisce gli atti sessuali sia eventualmente viziato. All'interno dell'altra categoria, rientrano, invece, le condotte caratterizzate da modalità induttive, ovvero attraverso comportamenti positivi, consistenti nell'esercizio di una subdola attività di persuasione e di pressione realizzati approfittando di una condizione personale di inferiorità psichica o fisica tale da viziare il consenso prestato dalla persona offesa (o addirittura, traendola in inganno attraverso una sostituzione di persona). In questa seconda ipotesi, la persona offesa non deve versare necessariamente in uno stato di conclamata psicopatologia ma può anche trovarsi in una semplice condizione di menomazione dovuta sia a fenomeni patologici, permanenti o passeggeri, di carattere organico e funzionale, sia a traumi e fattori ambientali tali da incidere negativamente sulla formazione della personalità dell'individuo venga indotta all'atto sessuale mediante abuso della predetta condizione di inferiorità. Infine, l’ art 609-quater cod. pen., comma 2, punisce "fuori dei casi previsti dall'art. 609-bis c.p.", l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici". L'abuso dei poteri connessi alla posizione del soggetto agente deve riferirsi anche alle situazione di supremazia derivante da un'autorità privata e quindi alle condotte connotate da una relazione asimmetrica di potere che inerisca a un rapporto di natura privatistica. Pertanto, mentre nel caso dell'art. 609-bis c.p., viene configurata "una strumentalizzazione della dimensione "soggettiva" dell'autorità", nel caso contemplato dall'art. 609-quater la penalizzazione concerne i casi di "strumentalizzazione della dimensione "oggettiva", funzionale, dei poteri connessi alla posizione". (Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione di un insegnante tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., n. 5-bis per avere nell'esercizio delle funzioni di docente presso un Istituto di Formazione professionale alberghiero abusato delle condizioni di inferiorità psichica dd una studentessa del medesimo istituto certificata ex lege n. 104 del 1992, costringendola a subire atti sessuali. La Corte ha affermato che il fatto, quale ricostruito dalle sentenze di merito, può ritenersi cristallizzato nei termini del compimento di una sequenza di atti sessuali, realizzata sia all'interno che fuori dai locali scolastici, da parte dell'insegnante nei confronti di un' alunna, all'epoca diciassettenne, consenziente, affetta da un ritardo mentale diagnosticato come di grado lieve; ritardo rispetto al quale i giudici di merito, hanno ritenuto indimostrato che la condizione di deficit (cognitivo e relazionale) avesse effettivamente viziato il consenso espresso dalla ragazza. Nè, è stato riscontrato alcun abuso dei poteri connessi alla posizione di docente; infatti, ad avviso della Corte, gli atti sessuali non ebbero luogo attraverso una qualche forma di esercizio dei poteri derivanti dall'ufficio svolto, non emergendo affatto che il docente si fosse avvalso di qualunque delle facoltà derivanti dal suo status per commettere le contestate attività sessuali. Infine, si osserva che comunque i principi affermati dalla Suprema Corte non incidono sulla perseguibilità d’ufficio dei reati in questione stante l'applicazione dell'art. 609 septies c.p. e quindi sull'obbligo di denuncia da parte del pubblico ufficiale che ne abbia notizia)
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#personale docente#reato#approfittare #pianto #inerisca #coartazione #psicopatologia #intimidazione #conclamare #ascendente #penalizzazione #trauma
Corte di Cassazione - Penale Sentenza 30/03/2015 n° 13538
Giurisprudenza
Integra il reato di violenza privata la condotta di colui che, abusando della sua qualità di insegnante di sostegno ed approfittando dello stato di soggezione e di incapacità di un minore portatore di handicap, costringa questi, senza autorizzazione del genitore, a subire un taglio di capelli.
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#personale docente#reato#studenti: integrazione e disabilità#incoscienza #approfittare #artis #anestetizzare #leges #coa #tagliare #fumo #autismo #pezzullo
Vaccini e mancata presentazione della documentazione nei termini: la scuola chiede notizie all'ASL e il TAR rigetta la domanda cautelare - T.A.R. SARDEGNA - Sezione Prima Decreto 02/03/2018 n° 64
Giurisprudenza
Non può essere accolta la domanda cautelare proposta dai genitori di una minore avverso il provvedimento con il quale la scuola della bambina chiedeva notizie in ordine ai necessari accertamenti clinici, cui la minore sarebbe stata sottoposta, stante la mancata produzione nei termini della documentazione richiesta ex art. 5 comma 1 dl 73/2017, in materia di vaccinazioni obbligatorie, e l’assenza di qualsivoglia comunicazione dei genitori circa le azioni intraprese, in quanto la condotta dell’amministrazione appare coerente con il dettato normativo, mentre la domanda cautelare risulta priva di apprezzabili elementi di fondatezza, dal momento che la documentazione prodotta in giudizio non soddisfa i requisiti di legge. La normativa in tema di vaccinazioni obbligatorie, peraltro, è stata già oggetto di valutazione da parte della Corte Costituzionale, la quale ha affermato che, nel caso dei minori, il diritto alla salute, protetto dall’art. 32 Cost., esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura ed ha rilevato la legittimità costituzionale di una previsione impositiva se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri e se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per le conseguenze normali e, pertanto, tollerabili, ammettendo la discrezionalità del legislatore nello scegliere le modalità attraverso cui attuare un’efficace azione di prevenzione e le relative misure per garantirne il rispetto.
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#istruzione dell’infanzia#scuola e salute#salute #vaccinazione #documentazione #preservare #minore #genitore #notizia #domanda #omissis #stato
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 29/06/2011 n° 3480
Giurisprudenza
in base al combinato disposto degli artt. 2 comma 3 del DL 137/2008 e 5 comma 7 del D.lgs. 297/1994, l ’assegnazione del voto in condotta è materia di competenza esclusiva del Consiglio di Classe in composizione ristretta ai soli docenti. Il voto in condotta può essere il frutto di una valutazione collettiva, che riguardi, cioè, una pluralità di alunni per uno o più episodi espressione di uno scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile e può riguardare anche il comportamento assunto dagli alunni durante attività ed interventi educativi realizzati dalla scuola anche fuori dalla propria sede. A differenza del voto delle singole materie che, esprimendo un giudizio didattico, sul processo di apprendimento, deve essere giustificato e sorretto da una motivazione riferibile all’avvenuta acquisizione delle nozioni prevista dai programmi, il voto in condotta è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di Classe ed esprime un giudizio più ampio, che investe la maturità personale complessiva della persona, intesa come capacità di interazione con l’ambiente e come inserimento nel sistema di valori fonanti la società ed il vivere civile. Non sono invocabili le norme riguardanti i procedimenti disciplinari poiché l’assegnazione del voto di sette in condotta non rappresenta una sanzione disciplinare, ma una valutazione del comportamento. (Fattispecie nella quale il Consiglio di Classe aveva deciso di attribuire il voto di sette in condotta esclusivamente agli studenti che avevano partecipato al viaggio di istruzione, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato tenuto durante il viaggio, e di confermare il voto del secondo trimestre per gli studenti che non avevano partecipato al viaggio in questione.)
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#viaggi di istruzione#studenti: valutazione del comportamento#setta #pasanisi #assiduità #riviera #rileggere
Tribunale TERAMO Sentenza 16/01/2012 n° 18
Giurisprudenza
I genitori di un minore naturalmente capace possono andare esenti da culpa in educando per i fatti illeciti commessi dal proprio figlio dimostrando di avere adempiuto all’onere educativo loro imposto dall’art. 147 c.c., che consiste non soltanto nella indicazione di regole, conoscenze, moduli di comportamento consoni alle proprie condizioni economico-sociali, ma anche nell’avere effettivamente e concretamente esercitato una attività di controllo per accertare che tutte le regole di educazione impartite siano state assimilate dal minore. Nel caso di specie, l’aver posto in essere da parte del minore, nei confronti di una coetanea, una condotta diffamatoria persistente e continuata per giorni attraverso la creazione di un gruppo sul social network Facebook contenente messaggi offensivi, dimostra l’inadempimento da parte dei genitori al dovere di verifica dell’effettiva assimilazione dell’educazione impartita e al dovere di controllo della corrispondenza concreta tra i principi inculcati ed i comportamenti posti in essere dal minore.
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#genitori: responsabilità genitoriale#responsabilità civile#studenti: bullismo e cyberbullismo#rissa #amica #inculcare #nrr #assimilazione #esondazione #approssimare #tagging #persistenza #baruffa
Corte di Cassazione - Sezione Terza Sentenza 06/12/2011 n° 26200
Giurisprudenza
I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono, sia nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, sia anche, e soprattutto, nell’obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari. La norma dell'art. 2048 c.c. è costruita in termini di presunzione di colpa dei genitori. E’ pertanto necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa desumibile dalla norma, offrano, non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (e ciò perché si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere ed all'indole del minore. A volte, l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su di un minore può essere ritenuta, in mancanza di prova liberatoria, dalle stesse modalità di svolgimento del fatto illecito, le quali possono essere interpretate come indice di un deficit educativo. Nel caso in esame, durante una partita di calcio, un minore d’età aveva colpito, un giocatore avversario, anch’egli minorenne, con una violenta testata alla bocca, e ciò mentre il gioco era fermo e senza avere in precedenza subito un’aggressione da parte dell’infortunato. Sulla base di tali circostanze di fatto, non avendo i genitori fornito la prova liberatoria sopra illustrata, i Giudici hanno affermato il principio in base al quale “ai sensi dell'art. 2048 c.c., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, per quanto concerne gli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell'attività educativa, che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare”.
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#giocatore #indole #bocca #fiore #andriola #competizione #squadra #concitazione #omologo #intimato
T.A.R. CALABRIA - CATANZARO - Sezione Seconda Sentenza 09/11/2007 n° 1936
Giurisprudenza
L’occupazione dei locali della scuola da parte di alcuni studenti può integrare il reato di interruzione di pubblico servizio, previsto e punito dall’art. 340 c.p., trattandosi quest’ultima di fattispecie criminosa integrata anche dall’alterazione dell’ordinato e regolare svolgimento di un servizio pubblico, seppure in maniera temporanea e marginale. Ne consegue che l’occupazione in questione può essere valutata anche come violazione dei doveri dello studente, contemplati dall’art. 3 commi 2 e 5 del D.P.R. 249/1998 e, come tale, rilevare quale illecito amministrativo-disciplinare. Il voto negativo in condotta non può essere considerato come una misura di carattere disciplinare e divenire di per sè una sanzione “atipica”, irrogata ignorando le norme procedimentali a garanzia degli incolpati. Al contrario, il voto in condotta, esprimendo la valutazione complessiva dello studente, soprattutto con riguardo alla maturità della sua personalità, al suo comportamento verso la comunità scolastica e al rispetto delle regole del vivere civile, se negativo, deve rappresentare la risultante di precedenti misure sanzionatorie, irrogate nel rispetto delle regole del procedimento disciplinare. In tal modo è possibile rendere verificabile il giudizio sulla condotta dello studente e consentire a costui di rendere le opportune controdeduzioni e di migliorare il proprio comportamento nel corso dell’anno scolastico. E’ illegittima l’attribuzione di un voto negativo in condotta assegnato con riguardo ad un unico episodio (l’occupazione, nel caso di specie). (Per le motivazioni sopra riportate, il Tribunale Amministrativo ha ritenuto che l’Amministrazione scolastica sia incorsa nell’eccesso di potere per sviamento dalla funzione tipica e nella violazione dell’art. 4 D.P.R. 249/1998 ed ha annullato i provvedimenti con cui veniva assegnato il voto di 6 in condotta ad alcuni studenti promotori dell’occupazione dei locali scolastici. Circa la qualificazione penale dell’occupazione studentesca si veda anche Cass. Pen. 22 febbraio 2000 n. 1044. Sulla natura del voto in condotta TAR Puglia - Lecce sez. I sent. 25 luglio 1991 n. 475. Sulla sufficienza anche di un solo episodio riprovevole per l’assegnazione di un voto negativo in condotta TAR Calabria - Reggio Calabria sent. 629/2009.)
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#istruzione secondaria di secondo grado#reato#reato#studenti: azione disciplinare#atipica #interessamento #infisso #intonacatura #sobillatore #inconcesso #occupante #tinteggiatura
Definizioni(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 1, e 13) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 2
Normativa

1.  Ai fini del presente testo unico:

a)  per "congedo di maternità" si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice;

b)  per "congedo di paternità" si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, fruito in alternativa al congedo di maternità;

c)  per "congedo parentale", si intende l'astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore;

d)  per "congedo per la malattia del figlio" si intende l'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa;

e)  per "lavoratrice" o "lavoratore", salvo che non sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori di cooperative.

2.  Le indennità di cui al presente testo unico corrispondono, per le pubbliche amministrazioni, ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non possono essere inferiori alle predette indennità.

Keywords
#astensione #congedo #lavoratrice #intendere #lavoratore #maternità #lavoro #indennità #malattia #testo
Adozioni e affidamenti(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 26
Normativa

1.  Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.

2.  In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.

3.  In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia.

4.  La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all’estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.

5.  L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della lavoratrice.

6.  Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi.

6-bis.  La disposizione di cui all'articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.

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#congedo #fruire #adozione #lavoratrice #mese #permanenza #minore #ingresso #maternità #periodo
Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 18
Normativa

1.  L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 è punita con l'arresto fino a sei mesi.

Keywords
#sanzione #dicembre #inosservanza #arresto #punire #legge #mese #comma #contenere
Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 32
Normativa

1.  Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a)  alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b)  al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;

c)  qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

1-bis.  La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo.

1-ter.  In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.

2.  Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

3.  Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.

4.  Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4-bis.  Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.

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Vigilanza (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 30, comma 1, e 31, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 77
Normativa

1.  L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative previste dal presente testo unico e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione è il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.

2.  La vigilanza sul presente testo unico, ad eccezione dei Capi XI, XII e XIII, è demandata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso i servizi ispettivi.

3.  La vigilanza in materia di controlli di carattere sanitario spetta alle regioni, e per esse al Servizio sanitario nazionale.

Keywords
#xii
Congedo per la malattia del figlio (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30, comma 5) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 47
Normativa

1.  Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni.

2.  Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.

3.  La certificazione di malattia necessaria al genitore per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 è inviata per via telematica direttamente dal medico curante del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, che ha in cura il minore, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, utilizzando il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia di cui al decreto del Ministro della salute in data 26 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010, secondo le modalità stabilite con decreto di cui al successivo comma 3-bis, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, al datore di lavoro interessato e all'indirizzo di posta elettronica della lavoratrice o del lavoratore che ne facciano richiesta.

3-bis.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro il 30 giugno 2013, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sono adottate, in conformità alle regole tecniche previste dal Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le disposizioni necessarie per l'attuazione di quanto disposto al comma 3, comprese la definizione del modello di certificazione e le relative specifiche.

4.  La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2.

5.  Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.

6.  Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Linea Guida - Aggiornamento LINEE DI ORIENTAMENTO per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo 27/10/2017
Prassi, Circolari, Note

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA

Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

Aggiornamento
LINEE DI ORIENTAMENTO
per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo

Ottobre 2017

Indice

Premessa

1. Interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno
1.1
L’iniziativa Generazioni connesse e altri strumenti utili per un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali

2. Modalità di segnalazione di situazioni e/o comportamenti a rischio

3. Governance: una nuova organizzazione

3.1 Azioni mirate delle scuole rivolte agli studenti e alle loro famiglie: il ruolo del Dirigente scolastico e del docente referente

4. Nuovi strumenti introdotti dalla L. 71/2017: l’ammonimento

Premessa

Il presente testo ha lo scopo di dare continuità alle Linee di orientamento emanate nell’aprile del 2015, apportando le integrazioni e le modifiche necessarie in linea con i recenti interventi normativi1, con particolare riferimento alle innovazioni introdotte con l’emanazione della L. 71/2017: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Lo stesso è, quindi, da intendersi quale strumento flessibile e suscettibile di periodici aggiornamenti2, tale da rispondere alle sfide educative e pedagogiche derivanti dall’evolversi costante e veloce delle nuove tecnologie.

La Legge 71/2017 si presenta con un approccio inclusivo e invita diversi soggetti a sviluppare una progettualità volta alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, secondo una prospettiva di intervento educativo e mai punitivo, prevedendo all’art.3 l’istituzione di un Tavolo di lavoro, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dal MIUR, con il compito di redigere un piano di azione integrato e realizzare un sistema di raccolta di dati per il monitoraggio, avvalendosi anche della collaborazione della Polizia Postale e delle Comunicazioni e delle altre Forze di polizia.

Tale piano sarà integrato con un codice di co-regolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo a cui dovranno attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e tutti gli altri operatori della rete Internet; con il predetto codice sarà istituito un comitato di monitoraggio con il compito di definire gli standard per l'istanza di oscuramento di cui all'articolo 2, comma 1, della Legge 71/2017.

Il Piano dovrà stabilire, altresì, le iniziative di informazione e di prevenzione del cyberbullismo con il coinvolgimento dei servizi socio-educativi territoriali, in sinergia con le scuole, anche attraverso periodiche campagne informative, di prevenzione e di sensibilizzazione avvalendosi dei media, degli organi di comunicazione, di stampa e di enti privati.

Il dettato normativo attribuisce, quindi, a una pluralità di soggetti compiti e responsabilità ben precisi, ribadendo il ruolo centrale della Scuola che è chiamata a realizzare azioni in un’ottica di governance diretta dal MIUR che includano “la formazione del personale, la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica, la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer education, la previsione di misure di sostegno e di rieducazione dei minori coinvolti”.3 Sentito il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (DGMC), il MIUR adotta le presenti linee di orientamento per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo nelle scuole.

Centrale risulta la figura del docente referente che la scuola individua preferibilmente tra i docenti che posseggano competenze specifiche ed abbiano manifestato l’interesse ad avviare un percorso di formazione specifico.

Il referente diventa, così, l’interfaccia con le forze di Polizia, con i servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia, le associazioni e i centri di aggregazione giovanile sul territorio, per il coordinamento delle iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo.

Nelle more, quindi, della costituzione e dell’operatività del Tavolo inter-istituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le presenti linee di orientamento rappresentano un primo strumento che potrà essere utile a orientare le azioni che le scuole vorranno autonomamente intraprendere, e che saranno successivamente integrate in un complessivo Piano di Azione nazionale.

1. Interventi per la prevenzione e contrasto del fenomeno del cyberbullismo.

La Legge 107 del 20154 ha introdotto, tra gli obiettivi formativi prioritari, lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, finalizzato anche a un utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media, e declinato dal Piano Nazionale Scuola Digitale.5

Le studentesse e gli studenti devono essere sensibilizzati ad un uso responsabile della Rete e resi capaci di gestire le relazioni digitali in agorà non protette. Ed è per questo che diventa indispensabile la maturazione della consapevolezza che Internet può diventare, se non usata in maniera opportuna, una pericolosa forma di dipendenza. Compito della Scuola è anche quello di favorire l’acquisizione delle competenze necessarie all’esercizio di una cittadinanza digitale consapevole. Responsabilizzare le alunne e gli alunni significa, quindi, mettere in atto interventi formativi, informativi e partecipativi. Tale principio è alla base dello Statuto delle studentesse e degli studenti6 che sottolinea la finalità educativa anche quando si rendano necessari provvedimenti disciplinari, comunque tesi a rispristinare comportamenti corretti all’interno dell’istituto “attraverso attività di natura sociale e culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica”.

Nel corso degli ultimi anni, inoltre, il MIUR ha siglato Protocolli di Intesa e avviato collaborazioni con le più importanti Istituzioni e Associazioni che, a vario titolo, si occupano di prevenzione e contrasto del bullismo e cyberbullismo al fine di creare un’alleanza e una convergenza di strumenti e risorse atti a rispondere alla crescente richiesta di aiuto da parte delle istituzioni scolastiche e delle famiglie7.

1.1. L’iniziativa Generazioni connesse e altri strumenti utili per un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali.

Per promuovere strategie finalizzate a rendere Internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, favorendone un uso positivo e consapevole, il MIUR ha avviato l’iniziativa “Generazioni Connesse”, sostenuta dalla Commissione Europea8, con lo scopo di fornire alle istituzioni scolastiche una serie di strumenti didattici, di immediato utilizzo, tra cui:

- attività di formazione (online e in presenza) rivolte in maniera specifica alle comunità scolastiche (insegnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) che intraprenderanno un percorso dedicato;

- attività di informazione e sensibilizzazione realizzate in collaborazione con la Polizia di Stato per approfondire i temi della navigazione sicura in Rete.

Le scuole che intendano partecipare all’iniziativa possono collegarsi all’indirizzo www.generazioniconnesse.it e seguire le istruzioni riportate per effettuare l’iscrizione al progetto.

Attraverso un iter guidato e materiali specifici di lavoro, le scuole iscritte a Generazioni connesse, intraprendono un percorso per far emergere i punti di forza e di debolezza dell’istituto stesso, sulle tematiche connesse al Progetto, mediante la compilazione di un questionario di autovalutazione disponibile sul sito www.generazioniconnesse.it. Il questionario è uno strumento che consente all’istituto di identificare i propri bisogni, le aree di miglioramento e le azioni da intraprendere per giungere all’elaborazione di un progetto personalizzato denominato “Piano d’azione”.

Tale Piano9 consentirà alle istituzioni scolastiche di focalizzare il proprio Piano Triennale dell’Offerta Formativa al fine di definire:

- il proprio approccio alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza online e ad un uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica;

- le norme comportamentali e le procedure per l’utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) in ambiente scolastico;

- le misure per la prevenzione;

- le misure per la rilevazione e gestione delle problematiche connesse a un uso non consapevole delle tecnologie digitali;

Il percorso è rivolto alle classi quarta e quinta della scuola primaria e a tutte le classi della scuola secondaria di primo grado.

Per la realizzazione del “Piano d’azione”, l’istituto scolastico è affiancato da un servizio di “supporto scuole” (supportoscuole@generazioniconnesse.it) e da personale qualificato del Safer Internet Centre italiano.

Un ulteriore strumento per contrastare comportamenti dannosi online e allo stesso tempo accrescere la conoscenza del fenomeno è “iGloss@ 1.110, l’Abc dei comportamenti devianti online, elaborato dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.

Il glossario, nella ricognizione dei termini specialistici sui comportamenti online a rischio, offre una sintetica spiegazione delle principali caratteristiche delle condotte devianti e dei risvolti socio-giuridici.

L’obiettivo non è esclusivamente descrivere e inquadrare i nuovi fenomeni della devianza online, ma favorire, altresì, l’acquisizione di consapevolezza sulle conseguenze sociali e giudiziarie di queste specifiche trasgressioni.

Il glossario, disponibile online in lingua italiana e inglese sul sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it), è rivolto a operatori dei servizi sociali, sanitari, giudiziari, giovani e loro genitori.

2. Modalità di segnalazione di situazioni e/o comportamenti a rischio

La Legge 71/2017 indica per la prima volta tempi e modalità per richiedere la rimozione di contenuti ritenuti dannosi per i minori. L’art.2, infatti, prevede che il minore di quattordici anni, ovvero il genitore o altro soggetto esercente la responsabilità sul minore che abbia subito un atto di cyberbullismo, può inoltrare un'istanza per l'oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore, diffuso nella rete:

al titolare del trattamento al gestore del sito internet al gestore del social media

Infatti, se entro ventiquattro ore dal ricevimento dell'istanza i soggetti responsabili non abbiano comunicato di avere preso in carico la segnalazione, e entro quarantotto ore provveduto, l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante11 per la protezione dei dati personali, il quale provvede entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta.

Le scuole possono, altresì. segnalare episodi di cyberbullismo e la presenza di materiale pedopornografico on line al servizio Helpline di Telefono Azzurro 1.96.96, una piattaforma integrata che si avvale di telefono, chat, sms, whatsapp e skype -strumenti per aiutare i ragazzi e le ragazze a comunicare il proprio disagio-e alla Hotline “Stop-It" di Save the Children, all’indirizzo www.stop-it.it, che consente agli utenti della Rete di segnalare la presenza di materiale pedopornografico12 online. Attraverso procedure concordate, le segnalazioni sono successivamente trasmesse al Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia su Internet, istituito presso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, per consentire le attività di investigazione necessarie.

3 Governance: una nuova organizzazione.

In linea con quanto previsto dalla Legge 71/2017, il MIUR ha intrapreso una riorganizzazione della struttura amministrativa centrale e periferica che opera per la prevenzione del cyberbullismo, nella convinzione che la migliore modalità di intervento passi attraverso l’istituzione di un efficace sistema di governance che coinvolga le istituzioni, la società civile, gli adulti e gli stessi minori.

È stato introdotto un nuovo sistema di governance che parte dalla costituzione di un Tavolo tecnico centrale, previsto dall’art. 3 della L. 71/2017 e di prossima costituzione, di cui faranno parte istituzioni, associazioni, operatori di social networking e della rete internet, fino a giungere alla richiesta dell’individuazione, nel rispetto dell’autonomia, di un docente referente per ogni istituzione scolastica.

Nelle more della costituzione di detto Tavolo di coordinamento nazionale, rimane e rimarrà fondamentale l’importante azione di coordinamento territoriale esercitata degli Uffici Scolastici Regionali, per il tramite degli Osservatori Regionali all’uopo istituiti e al supporto della rete locale dei Centri Territoriali. La Legge richiama, infine, ad un’ulteriore azione di raccordo con ulteriori figure professionali, altri Enti e istituzioni deputati alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo quali assistenti sociali, educatori, operatori della Giustizia minorile.

3.1 Azioni mirate delle scuole e rivolte agli studenti e alle loro famiglie: il ruolo del dirigente scolastico e del docente referente

La L. 71/2017 all’art. 5 prevede che, nell’ambito della promozione degli interventi finalizzati ad assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali del territorio, il dirigente scolastico, definisca le linee di indirizzo del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) e del Patto di Corresponsabilità (D.P.R. 235/07) affinché contemplino misure specificatamente dedicate alla prevenzione del cyberbullismo13.

Le misure di intervento immediato che i dirigenti scolastici sono chiamati a effettuare, qualora vengano a conoscenza di episodi di cyberbullismo, dovranno essere integrate e previste nei Regolamenti di Istituto e nei Patti di Corresponsabilità, al fine di meglio regolamentare l’insieme dei provvedimenti sia di natura disciplinare che di natura educativa e di prevenzione.

Sarà cura del dirigente assicurare la massima informazione alle famiglie di tutte le attività e iniziative intraprese, anche attraverso una sezione dedicata sul sito web della scuola, che potrà rimandare al sito del MIUR www.generazioniconnesse.it per tutte le altre informazioni di carattere generale.

Parimenti è auspicabile che il dirigente scolastico attivi specifiche intese con i servizi territoriali (servizi della salute, servizi sociali, forze dell’ordine, servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia) in grado di fornire supporto specializzato e continuativo ai minori coinvolti ove la scuola non disponga di adeguate risorse.

Secondo la stessa logica, la L. 71/2017 prevede che presso ciascuna istituzione scolastica venga individuato un docente referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio.14

Nell’ambito dell’istituzione scolastica il docente referente potrà, quindi, svolgere un importante compito di supporto al dirigente scolastico per la revisione/stesura di Regolamenti (Regolamento d'istituto), atti e documenti (PTOF, PdM, Rav).

Ai docenti referenti, così come ai dirigenti scolastici, non sono quindi attribuite nuove responsabilità o ulteriori compiti, se non quelli di raccogliere e diffondere le buone pratiche educative, organizzative e azioni di monitoraggio, favorendo così l'elaborazione di un modello di e- policy d’istituto.

Tuttavia, al fine assicurare a tutti i soggetti coinvolti in azioni di prevenzione del cyberbullismo strumenti utili per conoscere e attivare azioni di contrasto al fenomeno, il MIUR elaborerà una piattaforma per la formazione dei docenti referenti. Tale azione sarà rafforzata dalle iniziative che saranno previste dal Piano Integrato di cui all’art. 3 della L. 71/2017 nonché dalle iniziative intraprese sia dagli Uffici Scolastici Regionali che dalle istituzioni medesime.

5. Nuovi strumenti introdotti dalla L. 71/2017: l’ammonimento

Nell’ottica di favorire l’anticipo della soglia di sensibilità al rischio e promuovere forme conciliative che possano evitare il coinvolgimento dei minori, sia quali autori del reato sia quali vittime in procedimenti penali, l’art. 7 della Legge 71/2017 prevede uno strumento d’intervento preventivo, già sperimentato in materia di atti persecutori (stalking), ovvero l’ammonimento del Questore.

Tale previsione risulta pienamente coerente con la scelta legislativa di contrastare il fenomeno del cyberbullismo con azioni di tipo educativo, stimolando nel minore ultraquattordicenne una riflessione sul disvalore sociale del proprio atto nonché una generale presa di coscienza sul medesimo.

Nello specifico, nel caso in cui non si ravvisino reati perseguibili d’ufficio o non sia stata formalizzata querela o presentata denuncia per le condotte di ingiuria (reato recentemente depenalizzato), diffamazione, minaccia o trattamento illecito dei dati personali commessi mediante la rete Internet nei confronti di altro minorenne, è possibile rivolgere al Questore, autorità provinciale di Pubblica Sicurezza, un’istanza di ammonimento nei confronti del minore ultraquattordicenne autore della condotta molesta. La richiesta potrà essere presentata presso qualsiasi ufficio di Polizia e dovrà contenere una dettagliata descrizione dei fatti, delle persone a qualunque titolo coinvolte ed eventuali allegati comprovanti quanto esposto.

E’ bene sottolineare che l’ammonimento, in quanto provvedimento amministrativo, non richiede una prova certa e inconfutabile dei fatti, essendo sufficiente la sussistenza di un quadro indiziario che garantisca la verosimiglianza di quanto dichiarato.

Qualora l’istanza sia considerata fondata, anche a seguito degli approfondimenti investigativi ritenuti più opportuni, il Questore convocherà il minore responsabile insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale, ammonendolo oralmente e invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge con specifiche prescrizioni che, ovviamente, varieranno in base ai casi.

La legge non prevede un termine di durata massima dell'ammonimento ma specifica che i relativi effetti cesseranno al compimento della maggiore età.

Pur non prevedendo un’aggravante specifica per i reati che il minore potrà compiere successivamente al provvedimento di ammonimento, senza dubbio tale strumento rappresenta un significativo deterrente per incidere in via preventiva sui minori ed evitare che comportamenti, frequentemente assunti con leggerezza, possano avere conseguenze gravi per vittime e autori.

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1 Art.1, commi 7, 57,58 della Legge n.107del 15 luglio 2015 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”; Legge n. 71 del 29 maggio 2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. 2 L’ articolo 4, comma 1 della Legge 71 del 29 maggio 2017 prevede che l’aggiornamento delle Linee di orientamento avvenga con cadenza biennale.

3 Art. 4, comma. 2 della Legge n. 71 del 29 maggio 2017.

4 Art. 1, commi 57, 58.

5.http://www.miur.gov.it/web/guest/scuola-digitale 6 Art. 4, comma 2,. D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249.

7 Nell’ottica della collaborazione inter-istituzionale che deve caratterizzare le attività dell’amministrazione centrale e periferica e delle stesse istituzioni scolastiche, si auspica un’azione sinergica con le strutture centrali e territoriali del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità che ha previsto, nella propria riorganizzazione, uno specifico ufficio per la prevenzione della devianza e per la giustizia riparativa. 

8 L’iniziativa è coordinata dal MIUR e realizzata in partenariato con: Ministero dell’Interno-Polizia Postale e delle Comunicazioni, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Save the Children Italia Onlus, Sos Il Telefono Azzurro, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Skuola.net, la Cooperativa E.D.I., Movimento Difesa del Cittadino e l’Agenzia Dire. 

9 http://www.generazioniconnesse.it/site/it/area-scuole/ / 

10 Le informazioni sono reperibili al sito: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_5_12.page

11 Il Garante ha predisposto il modello per la segnalazione di casi di cyberbullismo che si trova sul sito http://www.garanteprivacy.it/cyberbullismo. 12 Per la legislazione corrente, anche il materiale prodotto attraverso la pratica del sexting, che abbiamo visto essere molto diffusa tra i giovani, è da considerarsi pedopornografico. 

13 Il comma 1 dell’art. 5 prevede che il dirigente scolastico, “salvo che il fatto costituisca reato, in applicazione della normativa vigente e delle disposizioni di cui al comma 2, il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo ne informa tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e attiva adeguate azioni di carattere educativo”. 

14 Art. 4 , comma 3 della Legge n. 71 del 29 maggio 2017. 

                                                         Firmato digitalmente da VALERIA FEDELI

 

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#studenti: bullismo e cyberbullismo#cyberbullismo #prevenzione #contrasto #azione #scuola #ammonimento #strumento #minore #miur #iniziativa
Oggetto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 3) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 1
Normativa

1.  Il presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.

2.  Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.

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#paternità #legge #maternità #oggetto #comma #marzo #dicembre #permesso #riposo
Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 16
Normativa

1.  E' vietato adibire al lavoro le donne:

a)  durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;

b)  ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c)  durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20; (1)

d)  durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.

1-bis.  Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 4-7 aprile 2011, n. 116 (pubblicata nella Gazz. Uff. 13 aprile 2011, n. 16 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare.

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Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 69
Normativa

1.  Alle lavoratrici di cui al presente Capo, madri di bambini nati a decorrere dal 1° gennaio 2000, è esteso il diritto al congedo parentale di cui all'articolo 32, compresi il relativo trattamento economico e il trattamento previdenziale di cui all'articolo 35, limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino.

1-bis.   Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari.

Keywords
#madre #lavoratrice
Divieto di licenziamento (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 54
Normativa

1.  Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

2.  Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.

3.  Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:

a)  di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;

b)  di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;

c)  di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;

d)  di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.

4.  Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda di cui al comma 3, lettera b).

5.  Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo.

6.  E' altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore.

7.  In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all'articolo 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.

8.  L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da euro 10.032 a euro 2.582. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

9.  Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ai sensi dell'articolo 31, terzo comma, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

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#licenziamento #divieto #lavoratrice #comma #legge #reparto #azienda #bambino #congedo
Diritto al rientro e alla conservazione del posto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 1) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 56
Normativa

1.  Al termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti, nonché di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l'assenza.

2.  La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al lavoratore al rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo di paternità.

3.  Negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo disciplinati dal presente testo unico, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.

4.  Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

4-bis.   L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 54, comma 8. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

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Contrasto del cyberbullismo nelle scuole: adempimenti delle Istituzioni scolastiche
Nota 27 ottobre 2017, n. 5515 - Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole (art. 4 L. 71/2017)
Pagina: 17
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Contrasto del cyberbullismo
Legge 29 maggio 2017, n. 71
Pagina: 9
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Offese poste in una chat di classe ai danni di uno studente: come procedere?

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