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Esami di Stato e PCTO: vanno calcolate solo le ore svolte nel triennio?

 10/02/2021
 Alunni, alunni portatori di handicap
 
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Ordinamenti/didattica/esami secondo ciclo: esami di stato

#pbb #biennio #scuolalavoro #curriculum #triennio #ammissione #alternanza #studente #svolgere #studio #percorso
Domanda
Buongiorno,
avrei bisogno di un chiarimento in merito alle ore di PCTO.

Nella normativa, in merito alle ore minime necessarie per l’ammissione all’esame di Stato, si parla di ore svolte nel triennio finale (classe terza, quarta e quinta)… eventuali ore svolte nel biennio (classe prima e seconda) possono essere legittimamente computate al fine dell’ammissione o sono solo parte del curriculum dello studente?

Ringraziando per l’attenzione, porgo cordiali saluti

Risposta
L’articolo 13, comma 2 c, del decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 62, recita testualmente:
……….E' ammesso all'esame di Stato, la studentessa o lo studente in possesso dei seguenti requisiti: omissis c) svolgimento dell'attività di alternanza scuola-lavoro secondo quanto previsto dall'indirizzo di studio nel secondo biennio e nell'ultimo anno di corso.

Rispetto a tale previsione normativa, si sottolinea che la legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018 n.145) ha apportato modifiche alla previsione della legge 107/2015, ridenominando l’alternanza scuola-lavoro in PCTO e prevedendo una durata complessiva:
a) non inferiore a 210 ore nel triennio terminale del percorso di studi degli istituti professionali;
b) non inferiore a 150 ore nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi degli istituti tecnici;
c) non inferiore a 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei licei.

Tanto premesso, si ritiene che una interpretazione stringente delle fonti normative sopra citate faccia dedurre che sia necessario un computo riferito alle ore svolte negli ultimi tre anni di corso.
Tutte le altre attivitĂ  programmate ed attuate dalla scuola saranno, come correttamente indicato nel quesito, inserite nel curriculum dello studente.

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Approfondimenti

Decreto legislativo 15/04/2005 n° 77 Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della L. 28 marzo 2003, n. 53
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 28 marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, ed in particolare, l'articolo 4 che prevede l'emanazione di un apposito decreto legislativo per la definizione delle norme generali in materia di alternanza scuola-lavoro;

Vista la legge 20 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione;

Vista la legge 14 febbraio 2003, n. 30, recante delega al Governo in materia di occupazione e del mercato del lavoro;

Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, ed in particolare l'articolo 21;

Vista la legge 24 giugno 1997, n. 196, che fissa norme in materia di promozione dell'occupazione;

Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 maggio 2004;

Sentite le Associazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro;

Considerato che, nella seduta del 14 ottobre 2004, la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ha espresso la mancata intesa;

Ritenuto necessario, al fine di dare concreta attuazione alla delega prevista dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, attivare la procedura di cui all'articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 novembre 2004;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati, resi in data 9 e 16 febbraio 2005, e del Senato della Repubblica, espressi in data 9 e 23 febbraio 2005;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 marzo 2005;

Su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per la funzione pubblica;

Emana il seguente decreto legislativo:

Keywords
#apprendistato, tirocini formativi, alternanza scuola-lavoro#istruzione secondaria di secondo grado#vistare #ministro #decreto #marzo #alternanza #norma #articolo #definizione #riunione #deliberazione
Decreto legislativo 13/04/2017 n° 62 Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Vista la legge 13 luglio 2015, n. 107 recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, ed in particolare il comma 181 lettera i);

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri», e successive modificazioni, ed in particolare l'articolo 14;

Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;

Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, e successive modificazioni;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa e successive modificazioni ed in particolare l'articolo 20;

Vista la legge 10 dicembre 1997, n. 425, recante disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado, come modificata dalla legge 11 gennaio 2007, n. 1;

Vista la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione»;

Visto il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo di istruzione, e successive modificazioni, ed in particolare gli articoli 4, 8 e 11;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, concernente norme generali e livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione;

Vista la legge 11 gennaio 2007, n. 1, concernente disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio;

Visto il decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e in particolare l'articolo 1, comma 4, concernente il giudizio di ammissione e la prova nazionale per l'esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione;

Visto il decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, che agli articoli 1, 2 e 3 ha dettato norme in materia di acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», di valutazione del comportamento e degli apprendimenti degli alunni;

Vista la legge 8 ottobre 2010, n. 170 recante norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico;

Visto il decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13 concernete la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione degli apprendimenti non formali e formali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751 recante esecuzione dell'intesa tra l'autorità scolastica e la Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, concernente lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, recante disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, relativo al regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (1), ed in particolare l'articolo 45;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, concernente regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, recante Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2010, recante approvazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento dell'insegnamento della religione cattolica per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d'istruzione;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, che adotta il «Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, che adotta il «Regolamento recante norme per il riordino degli istituti tecnici a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, che adotta il «Regolamento recante revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263, relativo al regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei Centri d'istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Vista la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente;

Visto il decreto del Ministro della pubblica istruzione 22 agosto 2007, n. 139, concernente regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di istruzione, ai sensi dell'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 14 gennaio 2017;

Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 espresso nella seduta del 23 febbraio 2017;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 7 aprile 2017;

Sulla proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze;

EMANA

il seguente decreto legislativo:

(1) Si segnala che in GU è riportato il seguente riferimento normativo errato "decreto legislativo 15 luglio 1998 n. 286».

Keywords
#esami di stato#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#invalsi#decretolegge #ciclo #regolamento #apprendimento #marzo #riordino #esame #assetto #adottare #certificazione
Decreto legislativo 13/04/2017 n° 59 Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera b), della legge 13 luglio 2015, n. 107
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attivitaĚ€ di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri», e successive modificazioni, ed in particolare l'articolo 14;

Vista la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, e in particolare i commi 180 e 181, lettera b);

Vista la legge 19 novembre 1990, n. 341, recante riforma degli ordinamenti didattici universitari;

Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;

Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, e successive modificazioni;

Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo e in particolare l'articolo 17;

Vista la legge 3 agosto 1998, n. 315, recante interventi finanziari per l'università e la ricerca e in particolare l'articolo 1, commi 4 e 5;

Vista la legge 2 agosto 1999, n. 264, recante norme in materia di accessi ai corsi universitari;

Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 508, recante riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati;

Vista la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, recante misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale, convertito con modificazioni dalla legge 22novembre 2002, n. 268;

Visto il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo di istruzione, e successive modificazioni, ed in particolare gli articoli 4, 8 e 11;

Visto il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, concernente norme generali e livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione;

Vista la legge 30 dicembre 2010, n. 240 recante norme in materia di organizzazione delle universitaĚ€, di personale accademico e reclutamento, noncheĚ delega al Governo per incentivare la qualitaĚ€ e l'efficienza del sistema universitario;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, recante revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto 10 settembre 2010, n. 249, recante regolamento concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, che adotta il regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, che adotta il regolamento recante norme per il riordino degli istituti tecnici a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, che adotta il regolamento recante revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263, relativo al regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei centri d'istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 14 gennaio 2017;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 23 febbraio 2017;

Acquisiti i pareri delle commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 7 aprile 2017;

Sulla proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze;

E m an a

il seguente decreto legislativo:

Keywords
#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#personale docente#snellimento #danza
Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

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T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 17/08/2016 n° 4055
Giurisprudenza
E’ improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso presentato avverso il provvedimento che riconosceva allo studente diversamente abile un numero di ore settimanali di sostegno inferiore a quello indicato all’esito della diagnosi della ASL, essendo ormai terminato l’anno scolastico. Né è possibile accertare il diritto del minore disabile all’insegnante di sostegno per gli anni futuri, in quanto la determinazione delle ore di sostegno spetta all’Amministrazione di anno in anno, in base alle concrete esigenze del disabile e a quanto emergente dal profilo dinamico funzionale e dal PEI. Il diritto del disabile al sostegno, infatti, non può essere cristallizzato in una formula unica ed immutabile, essendo inevitabilmente correlato alle mutevoli esigenze del disabile stesso e alla sua evoluzione.
Keywords
#studenti: integrazione e disabilitĂ #affievolimento #presone #riservatogli #distorsione
La determinazione del numero di ore di sostegno non può prescindere dalle risultanze del GLOH - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 05/06/2018 n° 6255
Giurisprudenza
Ai sensi dell’art. 10 d.l. 78/2010, in sede di formulazione del PEI, il GLOH elabora proposte finalizzate all’educazione e all’istruzione del disabile, tra le quali rientra la determinazione del numero di ore di sostegno, lasciando a carico degli altri attori istituzionali la fornitura delle risorse necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile. Il GLOH, quando propone il numero delle ore di sostegno, tiene conto della fascia di gravità dell’handicap, per cui propone per la disabilità grave o gravissima la copertura della totalità dell’orario scolastico di un insegnante di sostegno, per la disabilità media circa la metà e per la disabilità lieve poco meno della metà. Tali orari corrispondono a 25 ore settimanali per la scuola dell’infanzia, a 22 ore settimanali per la scuola primaria e a 18 ore per la scuola secondaria, di primo o di secondo grado. Nel caso di specie, riguardante un’alunna di scuola dell’infanzia, pur non avendo individuato il numero di ore di sostegno necessarie, in violazione della normativa di riferimento, il PEI ed il GLOH davano conto dell’insufficienza delle ore accordate all’allieva dalla precedente determinazione, ma ciononostante l’istituto scolastico assegnava un numero di ore inferiore a quelle dovute in considerazione della tipologia di handicap e del contenuto dell’accertamento del GLOH (25 ore). Va quindi annullato il provvedimento dell’istituto scolastico con l’ordine alla scuola di emettere nuovamente un provvedimento volto a garantire la legittima e dovuta copertura dell’insegnante di sostegno all’alunna disabile. (La presente pronuncia ribadisce quanto già affermato da Consiglio di Stato sent. 2023/2017, dando seguito all’orientamento formatosi sulla materia.)
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La statuizione del GA sulle ore di sostegno da assegnare può valere anche per gli aa.ss. successivi della scuola dell'obbligo - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 13/02/2018 n° 1670
Giurisprudenza
I ricorsi avverso il PEI ed il verbale GLI rientrano nella giurisdizione del GA, in quanto trattasi di controversie concernenti un pubblico servizio (l’istruzione) ex art. 133, coma 1 lett. c) c.p.a. nelle quali sono ravvisabili posizioni di interesse legittimo, poiché tali dell’Amministrazione scolastica sono posti in essere nell’esercizio di un ampio potere tecnico-discrezionale. Come già riconosciuto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2023/2017, in sede di formulazione del PEI il GLOH elabora proposte finalizzate all’educazione e all’istruzione del disabile, tra le quali rientra la determinazione del numero di ore di sostegno, lasciando a carico degli altri attori istituzionali la fornitura delle risorse necessarie. Il GLOH, quando propone il numero delle ore di sostegno, tiene conto della fascia di gravità dell’handicap, per cui propone per la disabilità grave o gravissima la copertura della totalità dell’orario scolastico di un insegnante di sostegno, per la disabilità media circa la metà e per la disabilità lieve poco meno della metà. Tali orari corrispondono a 25 ore settimanali per la scuola dell’infanzia, a 22 ore settimanali per la scuola primaria e a 18 ore per la scuola secondaria, di primo o di secondo grado. Pertanto, vanno annullati i provvedimenti con i quali si sono riconosciuti a un alunno di scuola prima e a un alunno di scuola secondaria di primo grado, entrambi affetti da handicap grave, un numero di ore inferiore rispettivamente a 22 e 18. La richiesta di ottenere una statuizione in ordine alle ore di sostegno anche per gli anni scolastici successivi non trova generalmente accoglimento, stante la presumibile mutevolezza delle condizioni di salute del discente disabile. Tuttavia, nel caso di specie, in considerazione della situazione di particolare gravità dell’handicap, si ritiene di poter estendere gli effetti della presente pronuncia, riconoscendo il rapporto 1/1 del sostegno anche ai successivi anni scolastici della scuola dell’obbligo, a condizione che continui a permanere lo stato di disabilità grave e che lo studente continui a frequentare il medesimo istituto. (Nell’aderire alle conclusioni raggiunte dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 2023/2017, il TAR Lazio sembra ammettere una sorta di automatismo tra la proposta formulata dal GLOH con riferimento alle numero di ore di sostegno per ciascun alunno disabile ed il relativo provvedimento di assegnazione, per cui lo stesso, sul punto, non potrebbe discostarsi dalla proposta. Inoltre, la presente pronuncia si segnala per aver eccezionalmente esteso l’efficacia della statuizione anche agli anni scolastici successivi. Solitamente la giurisprudenza amministrativa, essendo il quadro clinico soggetto a mutevolezza, ha sempre ritenuto necessaria una valutazione anno per anno delle condizioni dello studente disabile, con conseguente rigetto in parte qua dei ricorsi. Nel caso di specie, però, il Giudice, alla luce della particolare gravità dell’handicap dello studente, ha ritenuto di poter effettuare una sorta di prognosi anticipata sulla irreversibilità della patologia, sì da riconoscere perdurante validità alla sua statuizione anche per gli aa.ss. successivi, pur nei limiti sopra indicati e riconoscendo i genitori e gli organi certificatori responsabili delle dichiarazioni anno per anno rese in ordine allo stato di salute del disabile.)
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E’ illegittimo ridurre le ore di strumento del liceo musicale - T.A.R. LAZIO - Sezione Terza Bis Sentenza 14/03/2018 n° 2915
Giurisprudenza
E’ illegittimo ridurre le ore di strumento previste per il biennio iniziale del liceo musicale, essendo il monte ore previsto espressamente dal legislatore, in considerazione della peculiare finalità di tale liceo. Il “liceo musicale e coreutico” è, infatti, tipicamente indirizzato all’apprendimento tecnico-pratico della musica, ragione per la quale il piano di studi dello stesso è espressamente definito nell’Allegato E del D.P.R. 15.3.2010, n. 89, avente ad oggetto il “Regolamento recante revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei a norma dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”. Tale Allegato E prevede, per il primo biennio della sezione musicale, l’orario annuale di n. 99 ore di “Esecuzione e interpretazione”, mostrando che il legislatore ha inteso attribuire priorità all’apprendimento tecnico-pratico della musica, riconosciuto quale finalità principale della predetta tipologia di liceo. Pertanto, è illegittima la Nota Prot. 21315/2017 del 15 maggio 2017 con la quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha ridotto le ore di insegnamento della materia “Esecuzione e interpretazione”, assegnando a tale materia soltanto un’ora per il primo strumento e un’ora per il secondo strumento, decurtando espressamente un’ora per il primo strumento, e andando ad aggiungere un’ora di ascolto musicale. In sostanza un’ora di lezione frontale per il primo strumento musicale è stata, illegittimamente, sostituita con un’ora di ascolto, sebbene la normativa in materia non preveda alcuna ora di "ascolto" nella disciplina "Esecuzione e interpretazione", né evidentemente l’ascolto possa essere ricondotto comunque all’esecuzione e all’interpretazione dello strumento musicale.
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Il giudice non può sostituirsi alla amministrazione nelle scelte contenute nel PDP - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 05/01/2018 n° 67
Giurisprudenza
Il Giudice Amministrativo non può spingersi fino a censurare le scelte compiute nella predisposizione del PDP, in quanto si tratta di scelte di merito della scuola rispetto alle quali il GA non ha sindacato pieno né la normativa di riferimento fissa i contenuti necessari e una modalità di stesura obbligatoria del PDP. E’ legittima la bocciatura di uno studente affetto da DSA che abbia riportato 6 insufficienze e la votazione di 6 in condotta, in quanto è dimostrato che il PDP era stato tempestivamente adottato e condiviso con i genitori, mentre il suo aggiornamento era stato ritardato per mancata disponibilità della famiglia, ed in quanto i genitori non potevano dirsi non informati del rischio di non ammissione alla classe successiva, in considerazione degli esiti già preoccupanti dello scrutinio del I quadrimestre.
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Disabile grave e scuola dell'infanzia: spetta la totalità delle ore di sostegno, in accordo con la proposta del GLOH - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 16/02/2018 n° 1861
Giurisprudenza
Va annullato il provvedimento che assegna ad un alunno di scuola dell’infanzia, con handicap riconosciuto grave ex art. 3 comma 3 l. 104/92, un numero di ore di sostegno inferiore alla totalità dell’orario scolastico. Come già riconosciuto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2023/2017, in sede di formulazione del PEI, il GLOH elabora proposte finalizzate all’educazione e all’istruzione del disabile, tra le quali rientra la determinazione del numero di ore di sostegno, lasciando a carico degli altri attori istituzionali la fornitura delle risorse necessarie. Il GLOH, quando propone il numero delle ore di sostegno, tiene conto della fascia di gravità dell’handicap, per cui propone per la disabilità grave o gravissima la copertura della totalità dell’orario scolastico di un insegnante di sostegno, per la disabilità media circa la metà e per la disabilità lieve poco meno della metà. Tali orari corrispondono a 25 ore settimanali per la scuola dell’infanzia, a 22 ore settimanali per la scuola primaria e a 18 ore per la scuola secondaria, di primo o di secondo grado. In presenza di un alunno di scuola dell’infanzia con handicap grave, pertanto, non poteva assegnarsi un numero di ore di sostegno inferiore a 25. (Nell’aderire alle conclusioni raggiunte dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 2023/2017, il TAR Lazio sembra ammettere una sorta di automatismo tra la proposta formulata dal GLOH con riferimento alle numero di ore di sostegno per ciascun alunno disabile ed il relativo provvedimento di assegnazione, per cui lo stesso, sul punto, non potrebbe discostarsi dalla proposta.)
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T.A.R. VENETO - Sezione Terza Sentenza 14/01/2009 n° 36
Giurisprudenza
Nell'ambito della procedura di valutazione del punteggio per l'inserimento/aggiornamento nelle graduatorie d'istituto, la previsione contenuta nel bando di cui al d.m. 21 luglio 2007, n. 53, all’allegato A (tabella di valutazione dei titoli), punto D, n. 3 (che considera , fra i titoli di servizio relativi a particolari attività d’insegnamento svolte presso svariate strutture, anche i corsi “presso enti pubblici o da questi ultimi autorizzati e controllati”, attribuendo “per ogni mese o frazione superiore a 15 giorni” punti 0,50, “fino a un massimo di punti 3 per ciascun anno scolastico”) e la successiva nota 19 dello stesso allegato A, (secondo cui “i servizi prestati con contratti atipici, non da lavoro dipendente, ove stipulati nelle scuole non statali per insegnamenti curriculari rispetto all’ordinamento delle scuole stesse e svolti secondo le medesime modalità continuative delle corrispondenti attività d’insegnamento delle scuole statali, debitamente certificati con la data di inizio e termine del servizio stesso, sono valutati per l’intero periodo, secondo i medesimi criteri previsti per i contratti di lavoro dipendente”) rendono legittima la vautazione, da parte dell'amministrazione scolastica, nella classe di concorso C500 (tecnica dei servizi ed esercitazioni pratiche di cucina) di un periodo di servizio annuale, superiore ai tre mesi, per attività didattiche (anche se eterogenee, spaziando, nel tempo, dagli elementi di anatomia alla tecnica alberghiera) prestate nell’ambito di progetti formativi per figure professionali, nei settori turistico, alberghiero e del benessere personale, di durata anche variabile, ma ricompresa tra gli otto ed i dieci mesi, per un numero di ore tra le 200 e le 600 (2005), con un impegno che non è mai sceso sotto la media delle sette ore settimanali.
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Il disabile grave ha diritto al sostegno per tutte le ore di frequenza - T.A.R. LAZIO - Sezione Terza Bis Sentenza 05/04/2018 n° 3790
Giurisprudenza
In caso di studente con certificato handicap grave, è illegittimo il provvedimento con il quale il dirigente scolastico ponga un limite alle ore di sostegno, assegnando all’alunno un monte ore inferiore al numero di ore frequentate dall’alunno. Tale limitazione, infatti, contrasta con il diritto all’istruzione del disabile grave riconosciuto dall’art. 38, comma 3 della Costituzione, nonché con i principi di diritto internazionale della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, e viola la legge-quadro n. 104 del 1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, nonché il d.lgs. n. 297 del 1994, recante disposizioni legislative in materia di istruzione. Pertanto, in caso di accertata disabilità grave, i principi costituzionali sopra richiamati impongono di dare una lettura sistematica alle disposizioni sulla tutela degli alunni disabili ed a quelle sull’organizzazione scolastica e sulle disponibilità degli insegnanti di sostegno, nel senso che le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria, con conseguente irrilevanza delle giustificazioni in tal senso avanzate dall’amministrazione sotto il profilo economico. Va pertanto riconosciuto il diritto all'insegnante di sostegno per l’intero arco della giornata scolastica, per un numero di ore pari a quello delle ore frequentate, ossia secondo il rapporto 1:1, oltre al risarcimento del danno subito dall’alunno stesso per la mancata attivazione del sostegno nel rapporto 1:1, dovendo ritenersi, secondo l’esperienza della scienza medica, che tale mancata attivazione abbia verosimilmente accresciuto le difficoltà di inserimento e di partecipazione alla vita scolastica e relazionale del minore.
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Vaccini: il TAR Lazio rigetta tutte le censure - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Quater Sentenza 16/03/2018 n° 2995
Giurisprudenza
Le censure proposte sotto più profili avverso il dl 73/2017, convertito con modificazioni dalla legge 119/2017, le circolari, gli atti e provvedimenti applicativi del medesimo vanno rigettate. In primo luogo, i termini assegnati per la presentazione della documentazione attestante l’avvenuta vaccinazione non possono dirsi eccessivamente ristretti poiché, proprio in considerazione della trasformazione da facoltative ad obbligatorie di alcune vaccinazioni, il legislatore ha previsto uno scaglionamento degli obblighi documentali a carico dei genitori e delle scuole che non appare irragionevole. In secondo luogo, non viola il principio di precauzione la sottoposizione dei bambini a vaccini, che un tempo erano raccomandati e ora sono obbligatori, in quanto l’estensione dell’obbligo vaccinale portata dal dl 73/2017 è attuazione dei Piani Nazionali di Prevenzione Vaccinale adottati previ accordi e/o intese Stato/Regioni già a far data dal 1999 e in adesione agli obblighi di livello europeo e internazionale. In terzo luogo, con riferimento ai casi di soggetti già immunizzati e agli esami prevaccinali, la normativa prevede che il minore sia esonerato dall’obbligo in caso di immunizzazione a seguito di malattia naturale e non pone a carico dei genitori altri oneri se non la produzione della copia del certificato di malattia infettiva eventualmente contratta dal minore, mentre per il medico curante comporta il rilascio delle attestazioni relative alla pregressa malattia e alla controindicazione alle vaccinazioni. In quarto luogo, quanto agli effetti collaterali del vaccino esavalente, la tipologia di vaccino in ordine al quale si sono segnalati casi di autismo non è commercializzato né autorizzato in Italia e comunque la censura dei ricorrenti in merito alle controindicazioni appare vaga e non supportata da dati scientifici. Ad ogni modo, ove i ricorrenti avessero voluto sconfessare le evidenze scientifiche recate dal Piano Vaccinazioni, per il quale non c’è dannosità a priori dei vaccini, avrebbero dovuto impugnare il provvedimento generale pubblicato in GU il 18/2/2017. In quinto luogo, nel prevedere l’obbligatorietà della vaccinazione, la legge ha, altresì, previsto una sanzione la cui determinazione è rimessa alla discrezionalità del legislatore e non è censurabile se non arbitraria, circostanza che non risulta dimostrata da parte ricorrente. Peraltro, sul punto si è pronunciata anche la Corte Costituzionale con sent. 5/2018, escludendo l’irragionevolezza o arbitrarietà delle previsioni di legge, con la conseguenza che tale conclusione va estesa anche con riguardo alle circolari applicative che replicano, in parte qua, la disposizione di legge. In sesto luogo, sotto il profilo della privacy, il flusso di dati sensibili tra amministrazione scolastica e ASL, imposto dalla legge per effettuare le attività di controllo in ordine all’obbligo vaccinale, è tutelato dal Codice dell’Amministrazione digitale. (In ordine alle censure proposte avverso gli atti prodromici all’adozione del dl 73/2017 e della l. di conversione 119/2017, trattandosi di atti di natura politica, il GA ha affermato il difetto di giurisdizione. Quanto alle censure di incostituzionalità, queste sono state tutte rigettate in considerazione delle statuizioni già assunte da Corte Costituzione sent. 5/2018 o comunque sono state ritenute manifestamente infondate.)
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Sostegno: chi fa cosa - Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 03/05/2017 n° 2023
Giurisprudenza
Le “proposte” del GLOH sulla determinazione delle ore di sostegno, che devono avere un seguito anche nei casi di disabilità lieve o medie, non possono essere oggetto di riesame nel merito da parte degli Uffici scolastici, in quanto nessuna norma attribuisce loro un simile potere. L’attività posta in essere da parte degli Uffici scolastici in tale ambito è, dunque, meramente ricognitiva, salva la facoltà di esercitare un potere correttivo sulla base di riscontri oggettivi (quali, ad esempio, errori materiali o il trasferimento di un alunno disabile presso altro istituto); allo stesso modo, il dirigente scolastico non potrà discostarsi dalle risultanze del GLOH e dovrà attribuire a ciascun alunno disabile un numero di ore di sostegno corrispondente a quello della “proposta” del GLOH. Invero, i principi costituzionali espressi dagli articolo 2, 3, 34 comma 1 e 38 comma 2 ed una lettura costituzionalmente orientata della normativa sulla tutela degli alunni disabili, sull’organizzazione scolastica, sulle disponibilità degli insegnanti di sostegno e delle “assunzioni in deroga” degli stessi inducono a ritenere che le posizioni degli alunni disabili ed il loro diritto fondamentale all’istruzione devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria. Appartiene alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo la controversia nella quale la parte ricorrente si dolga puramente e semplicemente della mancata attribuzione delle ore di sostegno nel numero determinato dal GLOH. (Dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema delle ore di sostegno agli alunni disabili, nonché i passaggi procedimentali per giungere al provvedimento finale di riconoscimento del numero di ore si sostegno, sotto il profilo della giurisdizione la presente pronuncia compie una particolareggiata analisi delle diverse fattispecie e della loro riconducibilità alla giurisdizione ordinaria ovvero amministrativa. Quanto al merito, nel giungere alle conclusioni sopra riportate, la pronuncia assegna prevalenza al diritto fondamentale dell’alunno disabile all’istruzione e, quindi, ad ottenere le ore di sostegno come determinate dal GLOH , assegnando alle relative proposte una forza in qualche modo “vincolante”, anche in considerazione delle competenze tecniche di parte dei suoi membri, rispetto a qualsivoglia considerazione ed esigenza di natura economica.)
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La scuola on demand: se i genitori vogliono che il figlio ripeta l’anno.... - T.A.R. MARCHE - Sezione Prima Sentenza 19/10/2017 n° 792
Giurisprudenza
E’ legittimo il verbale dello scrutinio di un Istituto scolastico, nella parte in cui si è deliberata l’ammissione un’alunna alla classe successiva (nella specie, alla seconda elementare), a nulla rilevando che i genitori abbiano chiesto la sua bocciatura sulla base di alcuni pareri di professionisti privati, che avevano in osservazione la bambina da non più di due mesi. Infatti la scuola, in presenza di alunni della scuola primaria con livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, attiva, di regola, specifiche strategie di miglioramento nell’ambito dell’autonomia didattica ed organizzativa riconosciutale, e solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, i docenti, con decisione presa all’unanimità, possono decidere di non ammettere l’alunno alla classe successiva. (Nel caso in esame, pur in assenza di una certificazione medica proveniente da centri specialistici pubblici o accreditati -che la famiglia aveva ottenuto soltanto al termine delle lezioni e dopo il giudizio di ammissione- la scuola, a fronte delle difficoltà della bambina riscontrate nel corso dell’anno, ha individuato quest’ultima come alunna con bisogni educativi speciali (BES), redigendo un Piano didattico personalizzato (PDP) concordato con la famiglia, in cui sono state individuate misure dispensative e compensative volte a favorire l’apprendimento e il raggiungimento degli obiettivi programmati, conformemente a quanto stabilito dalla normativa di riferimento (in particolare, DPR n. 275 del 1999, legge n. 244 del 2010 e d.lgs. n. 62 del 2017). Il legislatore, quindi, da un lato, sottolinea la natura discrezionale delle scelte e delle valutazioni operate dalla scuola, anche in merito alle strategie da approntare, dall’altro, evidenzia la mera eventualità, peraltro giustificata dall’eccezionalità del caso e da comprovati motivi, della decisione di non ammissione. Nella fattispecie concreta, si è pertanto affermato che la scuola non è comunque tenuta ad uniformarsi al consiglio degli specialisti, essendo piuttosto vincolata alle strategie e agli obiettivi fissati nel PDP, come peraltro stabilito dall’art. 3 del d.lgs. n. 62 del 2017; né può dirsi che nella specie il giudizio di ammissione non fosse stato motivato, essendo la motivazione contenuta nel documento di valutazione relativo all’alunna - in cui si fa riferimento al parziale raggiungimento degli obiettivi programmati (ossia non quelli generali, bensì quelli personali specificamente individuati) e al legame costruito dalla minore con alcuni compagni e con le insegnanti - oltre che desumibile per relationem dai diversi atti adottati nel corso dell’intero anno scolastico e riguardanti l’alunna in parola (verbali, relazioni, piani, ecc.).
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Corte di Appello BOLOGNA - Lavoro Sentenza 02/09/2015 n° 864
Giurisprudenza
L'attività di sostegno non corrisponde ad una specifica ed autonoma classe di concorso ma si abbina alla titolarità di una classe di concorso di abilitazione, la cui titolarità presuppone con la conseguenza che è quest'ultima che rileva in via esclusiva al fine di determinare il trattamento economico. Inoltre, anche in considerazione dell'art. 52 dlgs 165/01, lo svolgimento dell'attività di sostegno non può costituire mansione superiore rispetto alla funzione di docente in base ai contenuti della stessa come descritti nella normativa contrattuale. Infatti, il rilievo che la funzione docente sia inclusa in un'unica area comprensiva di tutto il personale insegnante, avvalora e corrobora la tesi che correla l'inquadramento retributivo e l'attribuzione delle posizioni stipendiali non alle mansioni svolte bensì alla collocazione dell'insegnante nei ruoli cui alla tabella n. 1 allegata al ccnl di Comparto, in base ai diversi ordini di scuola e, a parità di ordine di scuola (come per le scuole secondarie di secondo grado), al titolo di studio di accesso al relativo ruolo. (Nel caso di specie la Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di un ITP, qualifica KA06, volta ad ottenere l'accertamento del diritto all'inquadramento nella qualifica funzionale KA08 o, in subordino, il pagamento delle differenze retributive maturate . E' stato ribadito che il passaggio su posto di sostegno della scuola secondaria di II grado non ha comportato automaticamente il passaggio al ruolo dei docenti laureati, essendo a tal fine necessario, in base all'art. 3 comma 1 n . 4 del ccnl 12.02.2009 , il possesso del titolo di studio prescritto, cioè la laurea, non in possesso del docente ricorrente)
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La bocciatura costituisce un giudizio tipicamente discrezionale - T.A.R. EMILIA ROMAGNA - PARMA - Sezione Prima Sentenza 05/03/2018 n° 70
Giurisprudenza
E’ infondato il ricorso proposto avverso il giudizio di non ammissione alla classe successiva poiché, secondo giurisprudenza consolidata in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Qualora il ricorrente deduca, a sostegno del ricorso, la mancata attivazione dei corsi di recupero in tutte le materie in cui lo studente risultava deficitario, si osserva che, come già affermato in giurisprudenza, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove, poiché il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente, sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Non risulta fondata l’eccezione relativa al mancato coinvolgimento dei genitori, considerato che, grazie alla possibilità di accesso al registro elettronico, questi ultimi, se interessati, sono in condizione di monitorare costantemente il rendimento del proprio figlio.
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Esame di Stato e whatsApp: l’annullamento di una prova comporta l'esclusione dalle ulteriori prove - T.A.R. MARCHE Sentenza 22/01/2018 n° 57
Giurisprudenza
Quando il dirigente scolastico abbia avuto cura di informare gli studenti circa il divieto di uso dei cellulari durante le prove scritte degli esami di Stato e circa le sanzioni previste in caso di violazione, è corretto, in virtù delle istruzioni MIUR n. 5754/2017, escludere dalle ulteriori prove d’esame uno studente al quale sia stata annullata la prova scritta di matematica per violazione di tali disposizioni. (Nel caso concreto, uno studente del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado veniva sorpreso, durante la prova scritta di matematica dell’esame di Stato, ad utilizzare un telefono cellulare, sul quale erano attive, attraverso l’applicazione "whatsapp", delle schermate che contenevano la trattazione di alcuni problemi e quesiti, riguardanti la prova in questione, verosimilmente svolti da un soggetto mittente con cui il telefono era collegato. La prova veniva quindi annullata e il ricorrente escluso dalle prove successive in applicazione delle istruzioni impartite dal Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca con atto 24.5.2017 n. 5754. In sede cautelare, il T.A.R. Marche rilevava che il ricorso e i motivi aggiunti apparivano “prima facie fondati solo con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 95 del R.D. n. 653/1925 nella parte in cui si prevede l’annullamento della singola prova e non l’esclusione dall’esame del candidato sorpreso ad utilizzare dispositivi tecnologici durante lo svolgimento delle prove”. Di conseguenza l’amministrazione provvedeva, in via cautelativa, ad ammettere il ricorrente alla sessione straordinaria di settembre per lo svolgimento della terza prova scritta e della prova orale, disponendo altresì che, per la prova di matematica, comunque da considerarsi annullata, avrebbe dovuto essere attribuito il voto corrispondente alla “prova non svolta/consegna in bianco”. All’esito delle ulteriori prove e sotto riserva in pendenza di giudizio, il ricorrente conseguiva il punteggio complessivo di 60/100. In sede di decisione sul merito, tuttavia, il T.A.R. Marche ha respinto il ricorso ritenendo preminente il fatto che i divieti e le sanzioni per l’utilizzo dei cellulari durante le prove d’esame in oggetto erano stati riportati nel calendario delle prove scritte firmato dal dirigente scolastico del Liceo, in ossequio all’adempimento prescritto dal MIUR, secondo cui “I Dirigenti scolastici avranno cura di avvertire tempestivamente i candidati….”, e che dei medesimi divieti e sanzioni era stato dato altresì avviso orale prima dell’inizio delle prove. Ciò premesso, l’art. 95, comma 3, del R.D. n. 653/1925, disciplina esclusivamente la competenza ad annullare singole prove “durante la sessione” (attribuendo la stessa alla commissione) oppure “dopo la chiusura della sessione” (attribuendo la stessa al Preside o al Ministro). Nulla tuttavia stabilisce circa le conseguenze di tale annullamento in punto di legittimazione del candidato a partecipare alle prove successive. Questo profilo è disciplinato invece dalle norme integrative ministeriali contenute nelle istruzioni MIUR n. 5754/2017. L’annullamento della prova di matematica e la conseguente esclusione dalle ulteriori prove sono quindi da ritenersi legittimi in virtù delle istruzioni MIUR in esame, secondo cui “nei confronti di coloro che violassero tali disposizioni è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, la esclusione da tutte le prove di esame”; formula che non lascia all’autorità scolastica margini per valutazioni discrezionali).
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#esami di stato#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#prova #esame #istruzione #miur #candidato #sessione #telefono #esclusione #matematica #annullare
T.A.R. EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA - Sezione Prima Sentenza 08/09/2016 n° 800
Giurisprudenza
In materia di sanzioni disciplinari, il Regolamento d’Istituto deve essere interpretato alla luce ed in coerenza con la normativa gerarchicamente sovraordinata. Pertanto, ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. 235/2007, le sanzioni disciplinari che, in base alla valutazione prognostica compiuta dall’Autorità scolastica procedente, comportino l’allontanamento dello studente responsabile dalla comunità scolastica per un periodo inferiore ai 15 giorni, devono essere adottate dal Consiglio di classe. Nella riunione del consiglio di classe chiamato a pronunciarsi sulla sanzione disciplinare non può essere convocato il genitore dell’alunno incolpato pur se rappresentante di classe, stante l'evidente conflitto di interessi in cui costui versa.
Keywords
#studenti: azione disciplinare#delucca #sovraordinate
T.A.R. PUGLIA - BARI Sentenza 20/09/2007 n° 2227
Giurisprudenza
Il D.P.R. 249/98##195L fissa gli indirizzi per l’organizzazione scolastica nei rapporti con gli studenti e non incide sulla legittimità degli atti. Ad ogni modo, risulta che la scuola ha adottato gli interventi di recupero e gli ordinari strumenti di colloquio con i genitori per coinvolgere gli stessi nel percorso educativo del figlio. Stante quanto previsto dall’art. 193 comma 1 d.lgs. 297/94, la non ammissione alla classe superiore non è un evento straordinario tale da richiede un impegno motivazionale rafforzato, con la conseguenza che le ragioni della non ammissione possono desumersi dai verbali del Consiglio di classe, dai registri e pagelle dell’intero anno scolastico. Nel presupposto che non vige una regola che impone ai docenti un arrotondamento dei voti per eccesso, a fronte di un quadro con sei insufficienze tale situazione non poteva consentire l’attribuzione di sei debiti formativi, prima di tutto per ragioni logiche e, in secondo luogo, per ragioni giuridiche, avendo il Collegio dei docenti fissato il limite di quattro debiti formativi. (In senso conforme Tar Puglia sentenza 20 settembre 2007 n. 2222.)
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#istruzione secondaria di primo grado#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#arrotondamento #lagnanza #assurdo #orale
Assetto organizzativo - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 61 n° 4
Normativa

1. L'istruzione professionale è caratterizzata da una struttura quinquennale dei percorsi, secondo quanto previsto dai quadri orari di cui all'Allegato B, che sono articolati in un biennio e in un successivo triennio.

2. Il biennio dei percorsi dell'istruzione professionale comprende 2112 ore complessive, articolate in 1188 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 924 ore di attività e insegnamenti di indirizzo, comprensive del tempo da destinare al potenziamento dei laboratori. Le attività e gli insegnamenti di istruzione generale e di indirizzo sono aggregati in assi culturali. Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale, nell'esercizio della propria autonomia organizzativa e didattica, e con riferimento al Progetto formativo individuale, possono organizzare le azioni didattiche, formative ed educative in periodi didattici. I periodi didattici possono essere collocati anche in due diversi anni scolastici ai fini dell'accesso al terzo anno dei percorsi. Nell'ambito delle 2112 ore, una quota, non superiore a 264 ore, è destinata alla personalizzazione degli apprendimenti, alla realizzazione del progetto formativo individuale ed allo sviluppo della dimensione professionalizzate delle attività di alternanza scuola-lavoro, previste dall'articolo 5, comma 1, lettera e). Nel biennio le istituzioni scolastiche possono prevedere, per la realizzazione dei percorsi di cui al comma 4, specifiche attività finalizzate ad accompagnare e supportare le studentesse e gli studenti, anche facendo ricorso alla rimodulazione dei quadri orari e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Le disposizioni del presente comma si realizzano nei limiti degli assetti ordinamentali e delle consistenze di organico previste dalla normativa vigente.

3. Il triennio dei percorsi dell'istruzione professionale è articolato in un terzo, quarto e quinto anno. Per ciascun anno del triennio, l'orario scolastico è di 1056 ore, articolate in 462 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e in 594 ore di attività e insegnamenti di indirizzo, al fine di consentire alla studentessa e allo studente di:

a) consolidare e innalzare progressivamente, soprattutto in contesti di laboratorio e di lavoro, i livelli di istruzione generale acquisiti nel biennio, anche attraverso spazi orari riservati nell'ambito della quota di autonomia, determinata a norma del successivo articolo 6, comma 1, lettera a);
b) acquisire e approfondire, specializzandole progressivamente, le competenze, le abilità e le conoscenze di indirizzo in funzione di un rapido accesso al lavoro;
c) partecipare alle attività di alternanza scuola-lavoro, previste dall'articolo 1, comma 33, della legge 13 luglio 2015, n. 107, anche in apprendistato ai sensi degli articoli 41, 42 e 43 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
d) costruire il curriculum della studentessa e dello studente previsto dall'articolo 1, comma 28, della legge 13 luglio 2015, n. 107, in coerenza con il Progetto formativo individuale;
e) effettuare i passaggi tra i percorsi di istruzione professionale e quelli di istruzione e formazione professionale e viceversa, secondo le modalità previste dall'articolo 8.

4. Al fine di realizzare l'integrazione, l'ampliamento e la differenziazione dei percorsi e degli interventi in rapporto alle esigenze e specificità territoriali, le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono attivare, in via sussidiaria, previo accreditamento regionale secondo modalità da definirsi con gli accordi di cui all'articolo 7, comma 2, percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. Tali percorsi sono realizzati nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna regione e secondo i criteri e le modalità definiti ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2.

5. Il quinto anno dell'istruzione professionale è strutturato dalle istituzioni scolastiche nell'ambito della loro autonomia, in modo da consentire il conseguimento del diploma di istruzione professionale previo superamento degli esami di Stato, nonché di maturare i crediti per l'acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS), ove previsto dalla programmazione delle singole Regioni.

6. Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale sono dotate di un ufficio tecnico, senza ulteriori oneri di funzionamento se non quelli previsti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, con il compito di sostenere la migliore organizzazione e funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento in relazione alle esigenze poste dall'innovazione tecnologica nonché per la sicurezza delle persone e dell'ambiente.

Keywords
#insegnamento #percorrere #laboratorio #scuolalavoro #alternanza #diploma #asso #rimodulazione #asse #consolidare
Attribuzione del credito scolastico - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 62 n° 15
Normativa

1.  In sede di scrutinio finale il consiglio di classe attribuisce il punteggio per il credito scolastico maturato nel secondo biennio e nell'ultimo anno fino ad un massimo di quaranta punti, di cui dodici per il terzo anno, tredici per il quarto anno e quindici per il quinto anno. Partecipano al consiglio tutti i docenti che svolgono attività e insegnamenti per tutte le studentesse e tutti gli studenti o per gruppi degli stessi, compresi gli insegnanti di religione cattolica e per le attività alternative alla religione cattolica, limitatamente agli studenti che si avvalgono di questi insegnamenti.

2.  Con la tabella di cui all'allegato A del presente decreto è stabilita la corrispondenza tra la media dei voti conseguiti dalle studentesse e dagli studenti negli scrutini finali per ciascun anno di corso e la fascia di attribuzione del credito scolastico. Il credito scolastico, nei casi di abbreviazione del corso di studi per merito ai sensi dell'articolo 13, comma 4, è attribuito, per l'anno non frequentato, nella misura massima prevista per lo stesso. La tabella di cui all'allegato A si applica anche ai candidati esterni ammessi all'esame a seguito di esame preliminare e a coloro che hanno sostenuto esami di idoneità. Per i candidati che svolgono l'esame di Stato negli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020 la stessa tabella reca la conversione del credito scolastico conseguito, rispettivamente nel terzo e quarto anno di corso e nel terzo anno di corso.

3.  Per i candidati esterni il credito scolastico è attribuito dal consiglio di classe davanti al quale sostengono l'esame preliminare di cui al comma 2 dell'articolo 14, sulla base della documentazione del curriculum scolastico e dei risultati delle prove preliminari.

Keywords
#credito #religione #insegnamento #abbreviazione #curriculum #punteggio #conversione
Legge statale 13/07/2015 n° 107 n° 1 COMMA 33
Normativa

33.  Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio. Le disposizioni del primo periodo si applicano a partire dalle classi terze attivate nell'anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. I percorsi di alternanza sono inseriti nei piani triennali dell'offerta formativa.

Keywords
#apprendistato, tirocini formativi, alternanza scuola-lavoro#alternanza
Legge statale 13/07/2015 n° 107 n° 1 COMMA 28
Normativa

28.  Le scuole secondarie di secondo grado introducono insegnamenti opzionali nel secondo biennio e nell'ultimo anno anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Tali insegnamenti, attivati nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e dei posti di organico dell'autonomia assegnati sulla base dei piani triennali dell'offerta formativa, sono parte del percorso dello studente e sono inseriti nel curriculum dello studente, che ne individua il profilo associandolo a un'identità digitale e raccoglie tutti i dati utili anche ai fini dell'orientamento e dell'accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono disciplinate le modalità di individuazione del profilo dello studente da associare ad un'identità digitale, le modalità di trattamento dei dati personali contenuti nel curriculum dello studente da parte di ciascuna istituzione scolastica, le modalità di trasmissione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dei suddetti dati ai fini di renderli accessibili nel Portale unico di cui al comma 136, nonché i criteri e le modalità per la mappatura del curriculum dello studente ai fini di una trasparente lettura della progettazione e della valutazione per competenze.

Keywords
#mappatura
Ammissione dei candidati interni - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 62 n° 13
Normativa

1.  Sono ammessi a sostenere l'esame di Stato in qualità di candidati interni le studentesse e gli studenti che hanno frequentato l'ultimo anno di corso dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado presso istituzioni scolastiche statali e paritarie.

2.  L'ammissione all'esame di Stato è disposta, in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato. E' ammesso all'esame di Stato, salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica del 24 giugno 1998 n. 249, la studentessa o lo studente in possesso dei seguenti requisiti:

a)  frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato, fermo restando quanto previsto dall'articolo 14, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2009, n. 122;

b)  partecipazione, durante l'ultimo anno di corso, alle prove predisposte dall'INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento conseguiti nelle discipline oggetto di rilevazione di cui all'articolo 19;

c)  svolgimento dell'attività di alternanza scuola-lavoro secondo quanto previsto dall'indirizzo di studio nel secondo biennio e nell'ultimo anno di corso. Nel caso di candidati che, a seguito di esame di idoneità, siano ammessi al penultimo o all'ultimo anno di corso, le tipologie e i criteri di riconoscimento delle attività di alternanza scuola-lavoro necessarie per l'ammissione all'esame di Stato sono definiti con il decreto di cui all'articolo 14, comma 3, ultimo periodo;

d)  votazione non inferiore ai sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l'attribuzione di un unico voto secondo l'ordinamento vigente e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi. Nel caso di votazione inferiore a sei decimi in una disciplina o in un gruppo di discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, l'ammissione all'esame conclusivo del secondo ciclo. Nella relativa deliberazione, il voto dell'insegnante di religione cattolica, per le alunne e gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica, è espresso secondo quanto previsto dal punto 2.7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751; il voto espresso dal docente per le attività alternative, per le alunne e gli alunni che si sono avvalsi di detto insegnamento, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale.

3.  Sono equiparati ai candidati interni le studentesse e gli studenti in possesso del diploma professionale quadriennale di «Tecnico» conseguito nei percorsi del Sistema di istruzione e formazione professionale, che abbiano positivamente frequentato il corso annuale previsto dall'articolo 15, comma 6, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e recepito dalle Intese stipulate tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le regioni o province autonome.

4.  Sono ammessi, a domanda, direttamente all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, le studentesse e gli studenti che hanno riportato, nello scrutinio finale della penultima classe, non meno di otto decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline e non meno di otto decimi nel comportamento, che hanno seguito un regolare corso di studi di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno riportato una votazione non inferiore a sette decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline e non inferiore a otto decimi nel comportamento negli scrutini finali dei due anni antecedenti il penultimo, senza essere incorsi in non ammissioni alla classe successiva nei due anni predetti. Le votazioni suddette non si riferiscono all'insegnamento della religione cattolica e alle attività alternative.

Keywords
#decimo #religione #penultimo #scuolalavoro #insegnamento #alternanza #alunna #quarto #incorrere #personalizzare
Consiglio di Stato - Parere - Ministero dell'istruzione dell’università e della ricerca - Ufficio legislativo. decreto recante disciplina dei percorsi di istruzione professionale, a norma dell'art. 3, comma 3 del d.lgs. n. 61/2017 07/03/2018 n° 564
Prassi, Circolari, Note

Numero 00564/2018 e data 07/03/2018 Spedizione

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 22 febbraio 2018

NUMERO AFFARE 00192/2018

OGGETTO: Ministero dell'istruzione dell’università e della ricerca - Ufficio legislativo. decreto recante disciplina dei percorsi di istruzione professionale, a norma dell'art. 3, comma 3 del d.lgs. n. 61/2017;

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. in data 02/02/2018 con la quale il Ministero dell'istruzione dell’università e della ricerca - Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Daniele Ravenna;

Premesso.

Lo schema di regolamento sottoposto al parere della Sezione viene adottato ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, e trova fondamento normativo nell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, recante “Revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, nel rispetto dell’articolo 117 della costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107”.

L’articolo 3, comma 3, citato così dispone: “Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinati i profili di uscita degli indirizzi di studio di cui al comma 1, i relativi risultati di apprendimento, declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze. Con il medesimo decreto è indicato il riferimento degli indirizzi di studio alle attività economiche referenziate ai codici ATECO adottati dall'Istituto nazionale di statistica per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico ed esplicitati almeno sino a livello di sezione e di correlate divisioni. Il decreto contiene altresì le indicazioni per il passaggio al nuovo ordinamento, di cui al successivo articolo 11, e le indicazioni per la correlazione tra le qualifiche e i diplomi professionali conseguiti nell'ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale e gli indirizzi dei percorsi quinquennali dell'istruzione professionale anche al fine di facilitare il sistema dei passaggi di cui all'articolo 8”.

I successivi commi 4 e 5 del citato articolo 3 completano il quadro normativo che si pone alla base dello schema di regolamento. Il comma 4 infatti prevede che: “Il decreto di cui al comma 3 individua i profili di uscita e i risultati di apprendimento secondo criteri che ne rendono trasparente la distinzione rispetto ai profili e ai criteri degli indirizzi dei settori tecnologico ed economico degli istituti tecnici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.

88. Il medesimo decreto correla i profili in uscita degli indirizzi di studio anche ai settori economico-professionali di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del 30 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 luglio 2015, n. 166” e il comma 5 che: “Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono declinare gli indirizzi di studio di cui al comma 1 in percorsi formativi richiesti dal territorio coerenti con le priorità indicate dalle Regioni nella propria programmazione, nei limiti degli spazi di flessibilità di cui al successivo articolo 6, comma 1, lettera b). Tale declinazione può riferirsi solo alle attività economiche previste nella sezione e nella divisione cui si riferisce il codice ATECO attribuito all'indirizzo con il decreto di cui al comma 3. La declinazione è altresì riferita alla nomenclatura e classificazione delle unità professionali (NUP) adottate dall’ISTAT. L’utilizzo della flessibilità avviene nei limiti delle dotazioni organiche assegnate senza determinare esuberi di personale”.


Lo schema di decreto consta di 9 articoli e 4 corposi allegati, di seguito sinteticamente descritti.

Articolo 1 (Oggetto)

Il comma 1 descrive l’oggetto del regolamento con rinvio ai profili definiti dettagliatamente negli allegati. In particolare:

- l’Allegato 1 indica i risultati di apprendimento delle attività e degli insegnamenti di istruzione generale nell’ambito degli assi culturali che caratterizzano i percorsi di istruzione professionale nel biennio e nel triennio;

- l’Allegato 2 indica i profili di uscita degli undici indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale e i relativi risultati di apprendimento nonché, per ciascun profilo di indirizzo, il riferimento alle attività economiche referenziate ai codici ATECO adottati dall’ISTAT e la correlazione ai settori economico-professionali indicati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

- l’Allegato 3 reca la specifica articolazione dei quadri orari degli indirizzi di cui all’Allegato B) del decreto legislativo n.61 del 2017, distinti per biennio e triennio;

- l’Allegato 4 reca una tabella di correlazione fra ciascuno degli indirizzi dei percorsi quinquennali dell’istruzione professionale e le qualifiche e i diplomi professionali conseguiti nell’ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale.

Il comma 2 richiama le indicazioni per il passaggio al nuovo ordinamento.

Articolo 2 (Definizioni)

L’articolo contiene un elenco di definizioni relative a termini ricorrenti nello schema di regolamento, solo alcune delle quali costituiscono nuove definizioni normative, mentre altre hanno un valore meramente ricognitivo di termini già presenti nell’ordinamento.

Articolo 3 (Profili di uscita degli indirizzi e risultati di apprendimento)

L’articolo, al comma 1, riprende l’inquadramento, già previsto normativamente, dei percorsi dell’istruzione professionale nell’istruzione secondaria superiore, quale articolazione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Precisa, tuttavia, che essi hanno una specifica identità culturale, metodologica e organizzativa, riassumibile nel Profilo educativo, culturale e professionale (P.E.C.U.P) del diplomato dell’istruzione professionale.

Il comma 2 riporta l’individuazione degli undici indirizzi di studio dei predetti percorsi, come peraltro già prevista all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 61 del 2017.

Il comma 3 prevede che i profili di uscita collegati ai suddetti indirizzi di studio, associati agli specifici risultati di apprendimento, integrano il P.E.C.U.P. e realizzano il raccordo dei percorsi dell’istruzione professionale con il mondo del lavoro e delle professioni.

Il comma 4 mira a rendere spendibile in ambito sanitario il titolo di studio conseguito in esito al percorso di studi dell’indirizzo denominato “Servizi per la sanità e l’assistenza sociale”.

Il comma 5 prevede la strutturazione degli indirizzi di studio nelle attività e negli insegnamenti di istruzione generale e nelle attività ed insegnamenti di indirizzo, come definiti, rispettivamente, agli Allegati 1 e 2.

Il comma 5 rimanda all’Allegato 3, il quale prevede l’articolazione dei quadri orari, basata, nel biennio, sull’aggregazione delle discipline all’interno degli assi culturali caratterizzanti l’obbligo di istruzione e, nel triennio, delle attività e degli insegnamenti di istruzione generale. Stabilisce, inoltre, che i quadri orari sono articolati in una parte comune, che riguarda tutti gli indirizzi e comprende le attività e gli insegnamenti di istruzione generale, e in una parte specifica per ciascun indirizzo. Nell’ambito della cornice dei quadri orari così fissata, si ribadisce che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale possono costruire i percorsi formativi utilizzando gli strumenti dell’autonomia, nei limiti di quanto stabilito all’articolo 5.

Articolo 4 (Passaggio al nuovo ordinamento)

I commi 1 e 2 riprendono quanto stabilito all’articolo 11 del decreto legislativo n. 61 del 2017 in merito al passaggio al nuovo ordinamento. Si prevede, infatti, che esso inizierà ad essere attuato a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2018/2019 e che gli indirizzi, le articolazioni e le opzioni, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, confluiscano nei nuovi indirizzi, secondo quanto stabilito nella “Tabella di confluenza” (Allegato C al decreto legislativo n. 61), a partire dalle classi prime funzionanti nello stesso anno scolastico 2018/2019.

Il comma 3 disciplina l’attivazione dell’indirizzo relativo alla “Gestione delle acque e risanamento ambientale”.

Il comma 4 rimanda a Linee guida, da adottare con decreto ministeriale, la fissazione di criteri e indicazioni per favorire e sostenere l’adozione del nuovo assetto didattico e organizzativo dei percorsi di istruzione professionale.

Il comma 5 stabilisce che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale si dovranno dotare di un ufficio tecnico, oppure potranno riorganizzare quello già esistente e ne indica i compiti.

Il comma 6 stabilisce che la valutazione intermedia e finale dei risultati di apprendimento resti regolata dalle disposizioni normative vigenti in tema di valutazione degli studenti. Tale valutazione, nonché la certificazione e il riconoscimento dei crediti posseduti dallo studente, anche ai fini del passaggio ad altri percorsi di istruzione e formazione, saranno parametrati sulle unità di apprendimento (UDA) nelle quali è strutturato il Progetto formativo individuale (P.F.I.).

Il comma 7 prevede che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale effettuino, al termine del primo anno, la valutazione intermedia concernente i risultati delle unità di apprendimento inseriti nel P.F.I. In presenza di carenze eventualmente riscontrate, possono essere stabilite misure di recupero, sostegno ed eventuale riorientamento.

I commi 8 e 10 prevedono:

- che il diploma finale, rilasciato all’esito dello svolgimento dell’esame di Stato, attesti, oltre all’indirizzo, alla durata del corso e al punteggio complessivo ottenuto, anche l’indicazione del codice ATECO attribuito all’indirizzo in base all’Allegato 2;

- che il diploma finale, oltre ad aver il valore di titolo legale produttivo degli effetti previsti dall’ordinamento giuridico, costituisca anche titolo valido ai fini dell’accesso all’università ed agli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli istituti tecnici superiori e ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore.

Il comma 9 prevede che al diploma finale sia allegato il curriculum della studentessa e dello studente e che, ricorrendone le condizioni, il curriculum indichi il riferimento alla nomenclatura e classificazione delle unità professionali (NUP) adottate dall'ISTAT, nonché i crediti maturati per l’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS).

Il comma 11 prevede che, con decreto ministeriale sia definito l’adattamento dei quadri orari ai percorsi di istruzione di secondo livello per adulti.

Articolo 5 (Indicazioni per la definizione dei piani triennali dell’offerta formativa)

L’articolo contiene le indicazioni per la definizione del piani triennali dell’offerta formativa

da parte delle istituzioni scolastiche di istruzione professionale, nel rispetto dei principi e delle finalità fissati dalla legge n. 107 del 2017 e dal decreto legislativo n. 61 del 2017.

In tale ottica, i commi da 2 a 4 prevedono che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale possano utilizzare, per la progettazione e gestione dei Piani triennali dell’offerta formativa, la quota di autonomia del 20 per cento dell’orario complessivo del biennio e dell’orario complessivo del triennio, nonché gli spazi di flessibilità, entro il 40 per cento dell’orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno. Le istituzioni scolastiche di istruzione professionale, nell’utilizzo delle suddette quote di autonomia, dovranno garantire il perseguimento degli obiettivi comuni di apprendimento. A tal fine, si prevede che, con riguardo agli insegnamenti e alle attività dell’area generale, le istituzioni scolastiche di istruzione professionale possano diminuire le ore, per il biennio e per ciascuna classe del triennio, non oltre il 20 per cento rispetto al monte ore previsto per ciascuno di essi all’Allegato 3. Con riguardo agli insegnamenti e alle attività dell’area di indirizzo, si stabilisce che le suddette istituzioni scolastiche debbano assicurare l’inserimento, nel percorso formativo, del monte ore minimo previsto, per ciascuno di essi, nello stesso Allegato 3.

Inoltre, si prevede che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale possano utilizzare gli spazi di flessibilità del 40 per cento dell’orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno, nei limiti delle dotazioni organiche assegnate, senza determinare esuberi di personale a norma dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 61 del 2017, e garantendo comunque l’inserimento nel percorso formativo del monte ore minimo previsto, per ciascun insegnamento e attività, nel suddetto Allegato 3.

Il comma 5 prevede che le Regioni indichino, nell’ambito delle linee guida per la programmazione regionale dell’offerta formativa, le priorità di cui le istituzioni scolastiche di istruzione professionale debbono tener conto per la declinazione degli indirizzi di studio in percorsi formativi richiesti dal territorio.

Il comma 6 prevede che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale, nell’esercizio della propria autonomia, possano strutturare il quinto anno dei percorsi in modo da consentire, oltre al conseguimento del diploma di istruzione professionale, anche l’acquisizione di crediti per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS). Tale strutturazione, sempreché prevista dalla programmazione dell’offerta formativa delle singole Regioni, deve essere coerente con l’indirizzo di studio seguito dallo studentessa e dallo studente.

Il comma 7 prevede che i piani triennali dell’offerta formativa possano comprendere attività e progetti di orientamento scolastico. A tal fine, le istituzioni scolastiche di istruzione professionale possono attivare, tra gli altri strumenti, anche partenariati territoriali e ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati.

Il comma 8 impone un obbligo di trasparenza, prevedendo che nei piani triennali dell’offerta formativa sia resa trasparente e leggibile la declinazione degli indirizzi di studio nei percorsi richiesti dal territorio con l’indicazione delle attività economiche di riferimento.

Il comma 9 prevede che le istituzioni scolastiche di istruzione professionale, nell’esercizio della propria autonomia, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli di bilancio, possano:

a) stipulare contratti di prestazioni d’opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni in possesso di competenze specialistiche non presenti nell’istituto;

b) dotarsi di dipartimenti quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa e di un comitato tecnico-scientifico, composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro e delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica.

Il comma 10 disciplina la possibilità di prevedere nei piani triennali dell’offerta formativa, l’attivazione (in via sussidiaria) di percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio di qualifiche triennali e diplomi professionali quadriennali, di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (si tratta del d. lgs che detta le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione), previo accreditamento regionale secondo modalità da definire con appositi accordi tra la Regione e l’Ufficio scolastico regionale.

Si precisa, inoltre, in linea con il riparto delle competenze legislative fissate costituzionalmente, che tali percorsi devono essere realizzati nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna Regione e secondo i criteri generali e le modalità che verranno definiti con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza permanente, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 61.

Il comma 11 fornisce indicazioni alle istituzioni scolastiche per l’utilizzo delle dotazioni organiche, al fine di progettare e realizzare i piani triennali dell’offerta formativa.

Il comma 12 prevede che il dirigente dell’istituzione scolastica di istruzione professionale, nei limiti della consistenza complessiva dell’organico dell’autonomia del personale docente, determini l’articolazione delle cattedre.

Articolo 6 (Indicazioni per l’attivazione dei percorsi)

L’articolo contiene indicazioni per l’attivazione dei percorsi di istruzione professionale. A tal fine, il comma 2 prevede che ciascun consiglio di classe rediga, entro il 31 gennaio del primo anno di frequenza, il progetto formativo individuale (P.F.I), aggiornandolo durante l’intero percorso scolastico, e ne indica le finalità.

Il comma 3 si occupa del figura dei tutor, già prevista nel decreto legislativo n. 61 del 2017, che il

Dirigente scolastico individua, sentito il consiglio di classe, all’interno di quest’ultimo.

La funzione del tutor è quella sostenere gli studenti nell’attuazione e nello sviluppo del P.F.I. e consiste nell’accompagnamento di ciascuno studente nel processo di apprendimento personalizzato, finalizzato alla progressiva maturazione delle competenze.

Il comma 4 fornisce indicazioni su caratteri e articolazione dei percorsi didattici.

Articolo 7 (Indicazioni sulle misure nazionali di sistema)

Il comma 1 prevede che il passaggio al nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione professionale sia accompagnato da misure nazionali di sistema per l’aggiornamento dei dirigenti, dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, delle istituzioni scolastiche di istruzione professionale sul nuovo assetto organizzativo e didattico.

Il comma 2 prevede che il suddetto passaggio al nuovo ordinamento sia accompagnato da un programma nazionale per l’informazione e l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie sulle opportunità offerte dallo stesso anche in relazione alle scelte degli indirizzi di studio.

Articolo 8 (Indicazioni per la correlazione tra i titoli e i percorsi)

L’ articolo, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 61 del 2017, contiene le indicazioni per la correlazione tra le qualifiche e i diplomi professionali conseguiti nell’ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale e gli indirizzi dei percorsi quinquennali di istruzione professionale.

In tal senso, al comma 1, prevede che tale correlazione sia effettuata in relazione:

a) ai profili degli indirizzi di studio, di cui all’articolo 3 del regolamento;

b) alle figure di riferimento previste dal “Repertorio nazionale dell’offerta di istruzione e formazione professionale”, di cui ai decreti ministeriali 11 novembre 2011 e 23 aprile 2012. La descritta correlazione costituisce il riferimento essenziale per realizzare i passaggi tra i due diversi sistemi formativi.

Al comma 2 specifica le modalità attraverso le quali è effettuata la correlazione di cui al comma 1. Stabilisce, inoltre, che la correlazione tiene conto dei riferimenti alle attività economiche referenziate ai codici ATECO e ai settori economico professionali di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del 30 giugno 2015.

Il comma 3 prevede la modifica e l’integrazione dell’Allegato 4 (da effettuare con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previo accordo in sede Conferenza permanente per rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano), al fine di adeguarlo all’aggiornamento del “Repertorio nazionale dell’offerta di istruzione e formazione professionale” sopra ricordato.

Il comma 4, in coerenza con l’articolo 8, comma 8, del decreto legislativo n. 61 del 2017, stabilisce che i diplomi rilasciati in esito agli esami di Stato conclusivi dei percorsi quinquennali di istruzione professionale, insieme alle qualifiche e ai diplomi professionali rilasciati in esito agli esami conclusivi dei percorsi di istruzione e formazione professionale, sono titoli di studio tra loro correlati nel “Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali” di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.

Articolo 9 (Disposizioni finali)

La norma disciplina l’applicabilità del regolamento alle Regioni a statuto speciale e

alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito delle competenze riconosciute a tali soggetti dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché in coerenza con i relativi ordinamenti e con le norme di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 14 del d. lgs. n.

61del 2017. Si stabilisce, inoltre, che le disposizioni del regolamento si applicano anche alle scuole con lingua di insegnamento slovena, fatte salve le modifiche e integrazioni per gli opportuni adattamenti agli specifici ordinamenti di tali scuole.


Lo schema di regolamento è corredato da:

1) relazione illustrativa;

2) relazione tecnica;

3) analisi di impatto della regolamentazione;

4) analisi tecnico-normativa;

5) concerto del Ministero della salute;

6) concerto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

7) intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

8) parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Rispetto al percorso procedurale disegnato dal d. lgs. 61 per l’adozione del regolamento, sono presenti tutti gli adempimenti prescritti, cui si è aggiunto il parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, organo di alta consulenza tecnico-scientifica del Ministero.

Considerato.

Come ricordato anche nella relazione illustrativa, la materia dell’istruzione professionale trova esplicito richiamo nella Costituzione, fin dalla formulazione originaria dell’art. 117 (che attribuiva alla competenza legislativa concorrente delle Regioni la materia “istruzione artigiana e professionale”), mentre il fondamento costituzionale della odierna disciplina viene rinvenuta nel testo vigente del suddetto articolo, che al secondo comma riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (lettera m) e le “norme generali sull'istruzione” (lettera n), mentre al terzo comma rimette alle legislazione concorrente la materia “istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”. Né può prescindersi – nel valutare i termini in cui le indicazioni costituzionali sono state declinate dall’ordinamento - dalla considerazione che l’istruzione professionale di ambito statale rappresenta una corposa e radicata realtà che storicamente preesiste alla stessa Costituzione repubblicana.

Lo schema di regolamento in esame rappresenta un elemento fondamentale nella riforma dell’istruzione professionale, avviata dalla legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” (cd. “Buona scuola”), che all’art. 1, comma 180, ha conferito ampie deleghe al Governo per “provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione”. Per quanto qui specificamente rileva, il comma 181, lettera d), di tale legge ha delegato il Governo a provvedere alla “revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, attraverso: 1) la ridefinizione degli indirizzi, delle articolazioni e delle opzioni dell'istruzione professionale; 2) il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali anche attraverso una rimodulazione, a parità di tempo scolastico, dei quadri orari degli indirizzi, con particolare riferimento al primo biennio”.

Tale delega è stata esercitata con il già ricordato decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, che ha disegnato le grandi linee dell’intervento riformatore e, come sopra illustrato, demandato a un regolamento (lo schema ora in esame) le ulteriori indicazioni necessarie ad avviare concretamente la riforma. Lo stesso legislatore delegato ha dettato, all’art. 11, l’ambizioso obiettivo di avviare l’attuazione della riforma a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2018/2019, e ha conseguentemente disposto, a decorrere dall’anno scolastico 2022/2023, l’abrogazione del regolamento attualmente vigente sugli istituti professionali (d.P.R. 15 marzo 2010, n. 87). In tale prospettiva, il legislatore delegato ha assegnato un termine particolarmente stringente (ancorché da intendersi come ordinatorio) per l’emanazione del regolamento (90 giorni dall’entrata in vigore del d. lgs. stesso, che è stato pubblicato nel S.O. alla GU 16 maggio 2017, n. 112), il che peraltro contrasta da un lato con la complessità dell’iter formativo dettato dalla stessa fonte primaria per il regolamento, e dall’altro con l’ampiezza, la delicatezza e la complessità tecnica dei contenuti che esso è chiamato a disciplinare, sì da legittimare più che qualche dubbio sulla congruità della tempistica dettata dalla fonte primaria.

Dunque, il fatto che l’Amministrazione abbia predisposto lo schema di regolamento in esame in forte ritardo rispetto al termine formalmente assegnatole, se può apparire comprensibile per le ragioni ora dette, dall’altro le impone un oneroso tour de force al fine di effettuare sollecitamente gli ulteriori adempimenti e di assicurare che, per l’inizio dell’anno scolastico 2018/19, ormai incombente, siano compiutamente assicurate tutte le condizioni – normative, organizzative, di risorse, di aggiornamento del personale docente e non docente, di informazione delle famiglie, eccetera – necessarie al concreto avvio della riforma.

Non a caso, del resto, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha affermato, nel parere reso sullo schema in esame, che “appare oggettivamente difficile realizzare in tempo utile le necessarie attività di formazione del personale connesse all’attuazione del riordino” e sottolineato l’esigenza di un forte investimento in: - organici; formazione e valorizzazione professionale del personale; risorse e investimento in laboratori e strutture di contesto; implementazione delle risorse. Di conseguenza ha dichiarato di ritenere opportuno un rinvio dell’attuazione del provvedimento, rinvio che peraltro – come fa notare l’Amministrazione nella sua relazione – richiederebbe di modificare una norma di rango primario.

Per ciò che attiene ai contenuti, lo schema reca una nuova e organica disciplina della materia trattata, destinata a sostituire progressivamente, anno scolastico dopo anno scolastico, quella attualmente vigente e di cui, come detto sopra, il d. lgs. n. 61 ha disposto l’abrogazione esplicita a decorrere dall’anno scolastico 2022/2023 (l’anno cioè in cui le classi prime dell’a.s. 2018/2019, primo della riforma, giungeranno al quinto anno del ciclo).

Lo schema in esame appare nel suo complesso rispettoso delle indicazioni della fonte primaria, cui dà coerente e puntuale sviluppo, con particolare riferimento ai due cruciali nodi del passaggio progressivo dal vecchio al nuovo ordinamento della istruzione professionale e dei meccanismi di raccordo fra percorsi di istruzione e di formazione professionale, laddove si devono coniugare i rispettivi ruoli e competenze dello Stato e delle Regioni.

Per ciò che attiene alla tecnica redazionale, lo schema appare correttamente redatto in conformità alle regole dettate dalla Circolare congiunta “Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi”, adottata dalla Presidenza di Camera e Senato e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (aprile del 2001) e ulteriormente dettagliate nella circolare della Presidenza del Consiglio 2 maggio 2001, “Guida alla redazione dei testi normativi” (S. O. alla “Gazzetta Ufficiale” n. 101 del 3 maggio 2001).

La relazione di AIR, della quale merita apprezzamento la schietta enunciazione dei problemi da risolvere e delle criticità presenti nell’attuale sistema che la riforma intende affrontare, appare ancora non sufficientemente adeguata sul piano della offerta degli elementi quantitativi che consentano, secondo la logica propria del “ciclo della regolamentazione” che dall’AIR conduce alla VIR, di valutare – a muovere da una situazione di partenza nota – gli effetti prodotti dalla nuova disciplina introdotta, rapportarli agli obiettivi perseguiti e valutare eventuali aggiustamenti da apportare alla disciplina stessa. Sia consentito ricordare che: “Il Consiglio di Stato ha ribadito in molti pareri che, nella predisposizione degli schemi di provvedimenti legislativi e regolamentari, si deve tener conto soprattutto di ciò che accadrà dopo la loro entrata in vigore; si deve cioè compiere lo sforzo di analizzare la prevedibile (ex ante) e la reale (ex post) attuazione delle regole come percepita dai destinatari di esse e come “rilevata” sulla base di verifiche quantitative nell’ambito di periodici, programmati monitoraggi” (parere n. 1458 del 19 giugno 2017).

In tale prospettiva, anche nello spirito del disegno delineato dal recentissimo d.P.C.M. 15 settembre 2017, n. 169, “Regolamento recante disciplina sull'analisi dell'impatto della regolamentazione, la verifica dell'impatto della regolamentazione e la consultazione” (la cui entrata in vigore è peraltro subordinata all’emanazione di una direttiva volta a dettagliarne il contenuto), la relazione AIR e lo stesso schema di regolamento appaiono – pur nella consapevolezza della particolare complessità della materia trattata e della parzialità di un approccio meramente quantitativo ai temi dell’istruzione e della formazione - non pienamente appaganti sul piano della indicazione degli indicatori quantitativi e delle procedure volte al monitoraggio degli effetti prodotti e alla “manutenzione” della nuova disciplina. E’ ben vero che il tema generale del monitoraggio sulla efficacia e l’efficienza del sistema nazionale di istruzione è non da ora centrale nell’azione del Ministero e che il d. P.R. 28 marzo 2013, n. 80, “Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione”, ha strutturato il “Sistema nazionale di valutazione del sistema educativo” e riordinato gli Istituti che concorrono a formarlo. Tuttavia l’importanza strategica della riforma del sistema di istruzione e formazione, affermata dallo stesso Ministero, la sua specificità nel quadro del sistema dell’istruzione statale e la centralità, in tale ambito, dello schema in esame, inducono la Sezione a prospettare l’opportunità che l’Amministrazione lo integri con specifiche previsioni in ordine ai processi di valutazione degli effetti prodotti, in funzione della “manutenzione” della normativa stessa e dell’aggiornamento degli obiettivi da essa perseguiti.

Con riferimento ai singoli articoli, appare particolarmente opportuno l’articolo 2, recante le definizioni utilizzate nel testo, stante il tecnicismo della materia. Eventualmente i singoli lemmi potrebbero essere disposti in ordine alfabetico.

All’art. 4 suscitano perplessità le previsioni di cui ai commi 4 e 11, che paiono demandare una integrazione della disciplina regolamentare a strumenti sottordinati quali due decreti ministeriali, con formulazioni che appaiono di problematica legittimità. In ogni caso, valuti l’Amministrazione se i termini temporali indicati per l’adozione dei suddetti atti (120 giorni) non siano eccessivi, alla luce della sopra illustrata problematica sui tempi di attuazione della riforma.

Valuti l’Amministrazione se conservare l’art. 7 nella attuale formulazione, che appare priva di sostanziale contenuto normativo, dal momento che prospetta una vasta e indeterminata gamma di azioni, certamente in astratto opportune e anzi necessarie e urgenti per dare attuazione alla riforma (“misure nazionali di sistema”, “programma nazionale per l’informazione e l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie”), ma delle quali non sono indicati contenuti, forme, procedure di adozione e soprattutto risorse (tema che ricorre con toni preoccupati nel parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione). In ogni caso, preso atto che l’Amministrazione ritiene di adeguarsi a recenti tendenze evolutive della lingua italiana in ordine ai generi (art. 2, comma 1: “ciascuna studentessa e ciascuno studente”; cfr. anche art. 4, commi 7, 9, ecc.), anche l’art. 7 dovrebbe conformarvisi (non “dei dirigenti”, ma “delle dirigenti e dei dirigenti”, ecc.).

P.Q.M.

Nei termini esposti è il parere favorevole, con le riportate osservazioni, della Sezione.


L'ESTENSORE Daniele Ravenna
IL PRESIDENTE Claudio Zucchelli  
IL SEGRETARIO Giuseppe Carmine Rainone
Keywords
#istruzione secondaria di secondo grado#istruzione #percorso #indirizzo #comma #decreto #formazione #prevedere #schema #indicazione #articolo
Lavoro stagionale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 59
Normativa

1.  Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre 1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma della lettera b) del comma 3 dell'articolo 54, hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, sempreché non si trovino in periodo di congedo di maternità, alla ripresa dell'attività lavorativa stagionale e alla precedenza nelle riassunzioni.

2.  Alle lavoratrici e ai lavoratori stagionali si applicano le disposizioni dell'articolo 7 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia contributiva.

3.  Alle straniere titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale è riconosciuta l'assicurazione di maternità, ai sensi della lettera d), comma 1, dell'articolo 25 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Keywords
#maternitĂ  #lavoratrice #riassunzione #disoccupazione #lavoro #comma #decreto #licenziare #soggiorno #dicembre
Polizia di Stato, penitenziaria e municipale(legge 7 agosto 1990, n. 232, art. 13; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 14) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 9
Normativa

1.  Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, durante la gravidanza è vietato adibire al lavoro operativo le appartenenti alla Polizia di Stato.

2.  Per le appartenenti alla Polizia di Stato, gli accertamenti tecnico-sanitari previsti dal presente testo unico sono devoluti al servizio sanitario dell'amministrazione della pubblica sicurezza, in conformità all'articolo 6, lettera z), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

3.  Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale femminile del corpo di polizia penitenziaria e ai corpi di polizia municipale.

Keywords
#polizia #appartenente #stato #corpo #devoluti #legge #agosto #marzo #adibire
Assetto didattico - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 61 n° 5
Normativa

1. L'assetto didattico dell'istruzione professionale è caratterizzato:

a) dalla personalizzazione del percorso di apprendimento, che si avvale di una quota del monte ore non superiore a 264 nel biennio di cui all'articolo 4, comma 2 e dal Progetto formativo individuale che viene redatto dal consiglio di classe entro il 31 gennaio del primo anno di frequenza e aggiornato durante l'intero percorso scolastico. Il Progetto formativo individuale si basa su un bilancio personale che evidenzia i saperi e le competenze acquisiti da ciascuna studentessa e da ciascuno studente, anche in modo non formale e informale ed è idoneo a rilevare le potenzialità e le carenze riscontrate, al fine di motivare ed orientare nella progressiva costruzione del percorso formativo e lavorativo. Il dirigente scolastico, sentito il consiglio di classe, individua, all'interno di quest'ultimo, i docenti che assumono la funzione di tutor per sostenere le studentesse e gli studenti nell'attuazione e nello sviluppo del Progetto formativo individuale. L'attività di tutorato è svolta dai docenti designati, fatto salvo lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 107 del 2015, nell'ambito delle risorse disponibili presso l'istituzione scolastica a legislazione vigente;
b) dall'aggregazione, nel biennio, delle discipline all'interno degli assi culturali caratterizzanti l'obbligo di istruzione e dall'aggregazione, nel triennio, delle discipline di istruzione generale;
c) dalla progettazione interdisciplinare dei percorsi didattici caratterizzanti i diversi assi culturali;
d) dall'utilizzo prevalente di metodologie didattiche per l'apprendimento di tipo induttivo, attraverso esperienze laboratoriali e in contesti operativi, analisi e soluzione dei problemi relativi alle attività economiche di riferimento, il lavoro cooperativo per progetti, nonché la gestione di processi in contesti organizzati;
e) dalla possibilità di attivare percorsi di alternanza scuola-lavoro, già dalla seconda classe del biennio, e percorsi di apprendistato ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
f) all'organizzazione per unità di apprendimento, che, partendo da obiettivi formativi adatti e significativi per le singole studentesse e i singoli studenti, sviluppano appositi percorsi di metodo e di contenuto, tramite i quali si valuta il livello delle conoscenze e delle abilità acquisite e la misura in cui la studentessa e lo studente abbiano maturato le competenze attese. Le unità di apprendimento rappresentano il necessario riferimento per il riconoscimento dei crediti posseduti dalla studentessa e dallo studente, soprattutto nel caso di passaggi ad altri percorsi di istruzione e formazione;
g) dalla certificazione delle competenze che è effettuata, nel corso del biennio, con riferimento alle unità di apprendimento, secondo un modello adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ferma restando la disciplina vigente in merito alla certificazione delle competenze per il triennio, nonché per le qualifiche triennali e i diplomi quadriennali, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.
Keywords
#apprendimento #asso #asse #aggregazione #sapere #potenzialitĂ  #alternanza #abilitĂ  #costruzione #diploma
Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 16
Normativa

1.  E' vietato adibire al lavoro le donne:

a)  durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;

b)  ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c)  durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20; (1)

d)  durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.

1-bis.  Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 4-7 aprile 2011, n. 116 (pubblicata nella Gazz. Uff. 13 aprile 2011, n. 16 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera, nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare.

Keywords
#parto #data #adibire #donna #congedo #giorno #lavoro #mese #presumere #maternitĂ 
Licei musicali, coreutici e artistici - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 60 n° 14
Normativa

1. I licei musicali, coreutici e artistici possono rimodulare il monte orario complessivo e introdurre insegnamenti opzionali anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità, nel secondo biennio e nell'ultimo anno, in attuazione dell'articolo 1, comma 28, della legge n. 107 del 2015, ferme restando le dotazioni organiche previste a legislazione vigente e al fine di offrire agli studenti la possibilità di scelta tra diversi insegnamenti, prevedendo specifici adattamenti del piano di studi e per attuare i progetti previsti dal Piano triennale dell'offerta formativa.

2. Al fine di pervenire a un'adeguata distribuzione delle specificità strumentali nei licei musicali è progressivamente prevista, per ciascun corso quinquennale, la presenza di almeno otto insegnamenti di strumento differenti, e di non più di tre insegnamenti dello stesso strumento, con possibilità di derogare a tale limite sino a cinque insegnamenti solo nel caso del pianoforte, ferma restando la necessità di non generare esuberi di personale nell'ambito della dotazione organica prevista dalla normativa vigente.

3. I licei artistici, anche in rete tra loro, le accademie di belle arti, gli istituti superiori per le industrie artistiche e le università possono stipulare accordi con gli enti locali, le istituzioni culturali e le realtà produttive, al fine di valorizzare le creazioni artistiche e artigianali dei diversi territori e di potenziare le competenze delle studentesse e degli studenti nella pratica artistica.

4. Le scuole di cui all'articolo 12, i licei musicali e coreutici, anche in rete tra loro, gli istituti superiori di studi musicali e coreutici e gli istituti di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, possono stipulare accordi di programma, anche con gli enti locali, per regolare forme di collaborazione.

Keywords
#coreutici #liceo #insegnamento #rimodulare #pianoforte #generare #esubero #pratica #spazio
Oneri derivanti dall'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui (legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 9) - Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 n° 81
Normativa

1.  L'assegno di cui all'articolo 75 è posto a carico dello Stato.

Keywords
#maternitĂ 
Strumenti per l'attuazione dell'Autonomia - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 61 n° 6
Normativa

1. Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica:

a) utilizzare la quota di autonomia del 20 per cento dell'orario complessivo del biennio, nonché dell'orario complessivo del triennio, per il perseguimento degli obiettivi di apprendimento relativi al profilo di uscita di ciascun indirizzo di studio e per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutte le studentesse e tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sulla base dei criteri generali e delle indicazioni contenuti nel Profilo educativo, culturale e professionale, nell'ambito dell'organico dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 107 del 2015;
b) utilizzare gli spazi di flessibilità, in coerenza con gli indirizzi attivati e con i profili di uscita di cui all'articolo 3, entro il 40 per cento dell'orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno, nell'ambito dell'organico dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
c) sviluppare le attività e i progetti di orientamento scolastico, nonché di inserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso l'apprendistato formativo di primo livello di cui al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
d) stipulare contratti d'opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni, in possesso di una specifica e documentata esperienza professionale maturata nell'ambito delle attività economiche di riferimento dell'indirizzo di studio e in possesso di competenze specialistiche non presenti nell'Istituto, ai fini dell'arricchimento dell'offerta formativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ferma restando la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati. A riguardo, le istituzioni scolastiche provvedono nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente;
e) attivare partenariati territoriali per il miglioramento e l'ampliamento dell'offerta formativa, per il potenziamento dei laboratori, ivi comprese le dotazioni strumentali degli stessi, per la realizzazione dei percorsi in alternanza, comprese le esperienze di scuola-impresa e di bottega-scuola, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ferma restando la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati;
f) costituire, nell'esercizio della propria autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, i dipartimenti quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa;
g) dotarsi, nell'esercizio della propria autonomia didattica e organizzativa, di un comitato tecnico-scientifico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l'organizzazione delle attività e degli insegnamenti di indirizzo e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità. Ai componenti del comitato non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza o altre utilità comunque denominate.
Keywords
#uscita #laboratorio #spazio #insegnamento #arricchimento #partenariato #percorrere #didattica #potenziamento #alternanza
Diploma finale e curriculum della studentessa e dello studente - Decreto legislativo 13/04/2017 n° 62 n° 21
Normativa

1.  Il diploma finale rilasciato in esito al superamento dell'esame di Stato, anche in relazione alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di studio nell'ambito dell'Unione europea, attesta l'indirizzo e la durata del corso di studi, nonché il punteggio ottenuto.

2.  Al diploma è allegato il curriculum della studentessa e dello studente, in cui sono riportate le discipline ricomprese nel piano degli studi con l'indicazione del monte ore complessivo destinato a ciascuna di esse. In una specifica sezione sono indicati, in forma descrittiva, i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove scritte a carattere nazionale di cui all'articolo 19, distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione e la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese. Sono altresì indicate le competenze, le conoscenze e le abilità anche professionali acquisite e le attività culturali, artistiche e di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extra scolastico nonché le attività di alternanza scuola-lavoro ed altre eventuali certificazioni conseguite, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 28, della legge 13 luglio 2015, n. 107, anche ai fini dell'orientamento e dell'accesso al mondo del lavoro.

3.  Con proprio decreto il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adotta i modelli di cui ai commi precedenti.

Keywords
#diploma #curriculum #abilitĂ  #volontariato #punteggio #alternanza #allegare #apprendimento #lingua
Decreto legge 06/11/1989 n° 357 n° 8
Normativa

1. Le graduatorie di cui all'articolo 2 della legge 9 agosto 1978, n. 463 , da compilare dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, hanno carattere permanente.

2. Il Ministro della pubblica istruzione dispone ogni triennio, con propria ordinanza, l'integrazione delle graduatorie di cui al comma 1, con l'inclusione di nuovi aspiranti e l'aggiornamento delle stesse con la valutazione di nuovi titoli. In prima applicazione l'integrazione delle graduatorie provinciali del personale docente avverrà alla scadenza del primo biennio.

3. Coloro i quali sono inseriti nelle graduatorie dei concorsi per soli titoli hanno diritto alla precedenza assoluta nel conferimento delle supplenze annuali e temporanee del personale docente e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario nella provincia in cui hanno presentato le relative domande di supplenza.

4. La precedenza assoluta di cui all'articolo 17 comma 5, del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 1988, n. 246, si applica nell'ambito della provincia nelle cui graduatorie l'interessato si trovi inserito ai fini del conferimento delle supplenze annuali e temporanee.

5. La precedenza assoluta di cui al comma 3 opera dopo quella prevista dal comma 5 dell' articolo 17 del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 1988, n. 246.

6. Le supplenze di durata annuale per la copertura di un numero di ore settimanali non superiore a sei sono conferite dal capo d'istituto sulla base delle graduatorie compilate dall'istituto o scuola, sempre che si tratti di ore comunicate, preventivamente e in tempo utile, ai provveditori agli studi, ai fini degli accorpamenti per la costituzione dei posti-orario, dopo aver effettuato a livello provinciale tutti gli accorpamenti necessari per la costituzione dei medesimi posti-orario, per le ore rimaste comunque vacanti. Tali supplenze sono da considerarsi assimilate, a tutti gli effetti, a quelle conferite dal provveditore agli studi.

7. La nomina delle commissioni per la formazione delle graduatorie degli aspiranti a supplenza annuale o temporanea nei Conservatori di musica, nelle Accademie di belle arti e nelle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza è disposta dal Ministro della pubblica istruzione. Qualora il numero degli aspiranti sia superiore a 500, le commissioni possono costituirsi in sottocommissioni, ciascuna con un numero di componenti pari a quello della commissione originaria. Alle sottocommissioni è preposto il presidente della commissione originaria, la quale a sua volta è integrata da un altro componente e si trasforma in sottocommissione, in modo che il presidente possa assicurare il coordinamento di tutte le sottocommissioni così costituite.

8. Le commissioni possono funzionare anche presso alcune delle istituzioni interessate, scelte dal Ministro della pubblica istruzione; alle commissioni, costituite in sottocommissioni, sarà assegnata comunque una unica sede.

9. Ciascun aspirante indica nella domanda fino a tre Conservatori o Accademie presso cui aspira alle supplenze.

10. Il disposto di cui al comma 7 si applica per la formazione delle graduatorie da compilare dopo che avranno cessato di avere validità, secondo le disposizioni vigenti, le graduatorie attuali.

11. La precedenza assoluta di cui ai commi 3 e 4 si applica anche ai fini del conferimento delle supplenze nei Conservatori e nelle Accademie indicati nella domanda di supplenza.

Keywords
#aspirante #precedenza #postiorario #compilare #conferimento #accorpamento #numero #decretolegge #integrazione #costituzione
Licenziamento disciplinare - Decreto legislativo 30/03/2001 n° 165 n° 55-quater
Normativa

1.  Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a)  falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b)  assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c)  ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d)  falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
e)  reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;
f)  condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
f-bis) gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento, ai sensi dell'articolo 54, comma 3; (1)
f-ter) commissione dolosa, o gravemente colposa, dell'infrazione di cui all'articolo 55-sexies, comma 3; (1)
f-quater) la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l'applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell'arco di un biennio; (1)
f-quinquies) insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell'ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell'articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150 del 2009.(1)
1-bis.  Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.
[2.  (2)]
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso. Nei casi in cui le condotte punibili con il licenziamento sono accertate in flagranza, si applicano le previsioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies. (3)
3-bis.  Nel caso di cui al comma 1, lettera a), la falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l'immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all'assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell'interessato. La sospensione è disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall'ufficio di cui all'articolo 55-bis, comma 4, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.
3-ter.  Con il medesimo provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma 3-bis si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell'addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all'Ufficio di cui all'articolo 55-bis, comma 4. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell'audizione, il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente può essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. L'Ufficio conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell'addebito. La violazione dei suddetti termini, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all'articolo 55-bis, comma 4.
3-quater.  Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro venti giorni dall'avvio del procedimento disciplinare. La Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d'immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L'azione di responsabilità è esercitata, con le modalità e nei termini di cui all'articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, entro i centocinquanta giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga. L'ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l'eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia (4).
3-quinquies.  Nei casi di cui al comma 3-bis, per i dirigenti che abbiano acquisito conoscenza del fatto, ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, per i responsabili di servizio competenti, l'omessa attivazione del procedimento disciplinare e l'omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono illecito disciplinare punibile con il licenziamento e di esse è data notizia, da parte dell'ufficio competente per il procedimento disciplinare, all'Autorità giudiziaria ai fini dell'accertamento della sussistenza di eventuali reati.

3-sexies.  I provvedimenti di cui ai commi 3-bis e 3-ter e quelli conclusivi dei procedimenti di cui al presente articolo sono comunicati all'Ispettorato per la funzione pubblica ai sensi di quanto previsto dall'articolo 55-bis, comma 4. (5)

(1) Lettera inserita dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(2) Comma abrogato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(3) Comma così modificato dal d.lgs. 75/2017, con effetto a decorrere dal 22 giugno 2017. Ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 75/2017, le modifiche introdotte si applicano agli illeciti commessi successivamente al 22 giugno 2017.

(4) Comma così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 20 luglio 2017, n. 118, a decorrere dal 5 agosto 2017, stante il disposto dall’ art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 118/2017.(5) Comma inserito per effetto dell'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 20 luglio 2017, n. 118, a decorrere dal 5 agosto 2017, stante il disposto dall’ art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 118/2017;

Keywords
#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#flagranza #audizione #addebito #stipendio #grave #rilevamento #omissiva #equitativa #inganno #onore
vedi tutto
Alternanza scuola-lavoro: chiarimenti in merito agli esami di Stato
C.M. 24 aprile 2018, n. 7194
Pagina: 2
Keywords
#alternanza #scuolalavoro #atleta #candidato #federazione #studentessa #esperienza #lega #attestazione #campionato
Riforma degli Esami di Stato e nuove disposizioni in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo
D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62
Pagina: 2
Keywords
#esame #prova #alunna #articolo #classe #candidato #alunno #studentessa #comma #valutazione
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Esami di Stato e PCTO: vanno calcolate solo le ore svolte nel triennio?

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