Area Tematica: Autonomia gestionale e finanziaria
Argomenti:
Acquisti/forniture/contratti: fattura elettronica
Acquisti/forniture/contratti: gara per le assicurazioni
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Ho stipulato la polizza assicurativa della scuola per il nuovo anno con e al momento del pagamento ho chiesto la fattura elettronica, ma mi è stato risposto dall'Agenzia della Compagnia Assicuratrice che la polizza è già un titolo con inoltre anche le tasse esposte e che quindi non serve la fattura elettronica.
Il mio Dsga mi dice invece che la fattura elettronica è assolutamente necessaria per il pagamento anche per le polizze assicurative.
Vorrei sapere se è obbligatorio avere la fattura elettronica e se è obbligatoria a chi richiederla; all'agenzia a cui verso il premio o alla Compagnia di Assicurazione che emette il contratto?
Le società di assicurazione hanno un regime Iva particolare e consistente nel fatto che le operazioni tipiche, quelle assicurative, usufruiscono del regime di esenzione Iva, di cui all’articolo 10, n. 2 del DPR n. 633/72.
Le operazioni esenti non comportano l’applicazione dell’iva ma fanno sorgere obblighi formali (fatturazione, dichiarazione, etc). L’Art. 36-bis D.P.R. 633/72, tuttavia, rubricato “Dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti (ex art.10 decreto Iva)” prevede, fra l’altro, l’esonero degli obblighi di fatturazione e la possibilità, prevista dal medesimo articolo, di richiedere l’emissione della fattura da parte del cliente (in questo caso la scuola). Per cui resta l’obbligo di rilasciare fattura a richiesta del cliente. Tale documento, qualora sia relativo ad operazioni esenti, assume rilevanza soltanto per il soggetto richiedente e, conseguentemente, il soggetto che lo ha rilasciato è dispensato dai conseguenti adempimenti e formalità (CM Finanze 10 Luglio 1979 n. 19).
La normativa di riferimento per tutte le Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001, fra cui la scuola, è la Legge Finanziaria 2008, che fissa l’obbligo della fatturazione elettronica per le operazioni poste in essere nei confronti della Pubblica Amministrazione, e il DM n. 55/2013, che fissa i termini di decorrenza di tale obbligo. Tale normativa non prevede esoneri né per i regimi semplificati né per gli operatori assicurativi.
In particolare, quest’ultimi, in un’ottica di collaborazione dovranno essere informati, fin dalla fase procedimentale, della richiesta di emissione della fatturazione elettronica per la liquidazione dei compensi di loro spettanza, quindi anche quando la compagnia assicurativa ritenga di essere esonerata sarà obbligata ad emettere la fattura elettronica perché richiesta dal cliente/scuola che spesso esprime la richiesta già dall’ordine. Le scuole, dovranno prevedere la fatturazione elettronica, per i premi, già nella fase precedente all’assegnazione del servizio, inserendo quest’aspetto, quindi, già nella Lettera d’invito alla presentazione delle offerte.
Per cui in risposta al quesito posto la compagnia assicurativa deve rilasciare la fattura elettronica nei confronti della Istituzione scolastica che deve richiederla già in fase di lettera di invito alla presentazione dell’offerta.
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Ordinanza 01/06/2018 n° 14124
Area: Giurisprudenza
Ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20, DPR 633/1972 sono esenti IVA le prestazioni educative dell’infanzia e didattiche di ogni tipo – ivi incluse, secondo la prassi amministrativa, anche le attività di insegnamento delle pratiche sportive – se sono rese da soggetti riconosciuti da pubbliche amministrazioni (MIUR o altre amministrazioni pubbliche di volta in volta competenti o organismi da esse vigilati) oppure da ONLUS. Per l’agevolazione è quindi sufficiente il formale riconoscimento da parte della PA, secondo le disposizioni vigenti (l. n. 62/2000 e n. 27/2006), così come chiarito anche dalla circolare 22/E dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui comunque sono riconducibili nell'ambito applicativo del beneficio dell'esenzione dall'IVA di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 20, le prestazioni educative, didattiche e formative approvate e finanziate da enti pubblici (Amministrazioni statali, Regioni, Enti locali, Università, ecc.) in quanto nel finanziamento della gestione e dello svolgimento del progetto educativo e didattico è insita l'attività di controllo e di vigilanza da parte dell'ente pubblico, costituendo detto finanziamento "riconoscimento per atto concludente della specifica attività didattica e formativa posta in essere" da parte dell'organismo non riconosciuto, consentendo al medesimo, in tal modo, di "soddisfare il requisito di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 20), per fruire del regime di esenzione dall'IVA.
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#imposte, tasse e tributi#esenzione #organismo #ente #finanziare #attività #amministrazione #dpr #contribuente #finanziamento #prestazione
Sentenza 18/01/2018 n° 4
Area: Giurisprudenza
Il regime pubblicistico di esclusività con la P.A. ed il conseguente regime autorizzatorio dell’art.53, co.7 segg. d. lgs. n. 165 del 2001 (o ex art.508, d.lgs. n.297/1994 per i docenti non universitari) opera anche per il personale in part-time. La normativa prevede tuttavia una eccezione: difatti, per il personale in part-time c.d. ridotto (con prestazione non superiore al 50% della prestazione lavoristica a tempo pieno), in base all’art.53, co.6, d.lgs. n.165 cit. ed all’art.1, co.56, l.23 dicembre 1996, n. 662, le disposizioni di cui all'art.53, co.7 segg. d. lgs. cit., nonché le disposizioni di legge e di regolamento che vietano l'iscrizione in albi professionali, non si applicano. Pertanto, i limiti normativi all’espletamento di incarichi professionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno. L’inosservanza della previa doverosa autorizzazione comporta dunque sanzioni disciplinari oltre alla sanzione pecuniaria per tutti i dipendenti, compresi quelli in part-time, ma non per quelli in part-time c.d. ridotto, che possono invece liberamente svolgere attività libero-professionale purché, ovviamente, non in conflitto di interesse con la P.A.-datore ex l. n.190 del 2012 ed ex art.7, d.P.R. n.62 del 2013; norma, quest’ultima, di portata assolutamente generale anche per dipendenti in part-time c.d. ridotto, sottoposti però non ad una autorizzazione previa per lo svolgimento dell’incarico esterno, ma solo ad un successivo obbligo di astensione ove trattassero “pratiche” per la P.A. in conflitto di interesse con il pregresso già espletato libero incarico professionale. Ciò premesso, stante la peculiarità del regime del personale docente a tempo determinato delle Istituzioni scolastiche autonome, un docente che non goda di contratto di lavoro a tempo indeterminato non può sapere ex ante il numero di ore (talvolta rinnovate in corso d’opera) che potrà svolgere per ciascuna delle varie Istituzioni scolastiche per le quali lavorerà, essendo evenienza frutto di molte variabili (posizione nelle graduatorie, tasso di assenze del personale docente , scoperture di organico etc.). Difatti, in capo al docente a tempo determinato, non vi è alcuna aprioristica certezza, come invece per un docente a tempo indeterminato, circa le ore che gli potrebbero essere assegnate da ciascun Istituto scolastico. ( La Corte dei Conti ha assolto un docente cui la Procura aveva richiesto la condanna al pagamento delle somme percepite per aver esercitato, in costanza di rapporti di lavoro a t.d., attività extralavorativa di consulenza aziendale svolta senza la prescritta autorizzazione, e quindi in asserita violazione dell’art.53, co.7, d.lgs. n.165/2001 e dell’art.508, co.10-15, d.lgs. 297/1994) La Corte ha escluso la sussistenza della colpa grave nella condotta del docente che non poteva essere onerato di presentare presso ogni Istituto scolastico una richiesta di autorizzazione “al buio” ed eventuale, qualora le espletabili ore di insegnamento superassero, per ogni Istituto,il tetto delle 9 ore settimanali. Conferma ulteriore della assenza di colpa grave, ad avviso della Corte, si trae sia dallo svolgimento delle attività da parte del docente prevalentemente in periodo estivo, in cui l’incarico didattico part-time non operava, che dal fatto che il docente medesimo ha correttamente inserito in dichiarazione dei redditi gli introiti extralavorativi, senza intento alcuno di occultamento, nella verosimile consapevolezza di svolgere attività non intralciante l’insegnamento part-time).
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#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#incarico #docente #attività #autorizzazione #parttime #tempo #svolgere #procura #dlgs
Sentenza 13/10/2016 n° 20684
Area: Giurisprudenza
L'art. 2, comma 3 ter del D.L. n. 324 del 1993, (convertito con modificazioni in L. n. 423 del 1993) è norma di interpretazione autentica che chiarisce come anche nel settore pubblico, come già nel settore privato, i permessi prevsiti dall'art. 33 comma 3, primo periodo, della L. n. 104 del 1992 e successive modifiche devono intendersi retribuiti, ricomprendendo anche i cc.dd. "compensi incentivanti", il cui pagamento è dovuto unicamente "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti", escludendosi che legittimamente il datore di lavoro pubblico possa rifiutare l'erogazione di tali compensi nei giorni di permesso retribuito di cui all'art. 33 comma 3 L. n. 104 del 1992. E invero la contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, art. 28, comma 1, lett. e) e sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella dei dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti "... anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato" (cfr, art. 23, comma 5), con ciò implicitamente riconoscendo che la "previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti" richiesta dalla legge non è limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.
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#personale dipendente: assenze, ferie, malattia, permessi#personale dipendente: questioni retributive#cartolina
Sentenza 12/10/2017 n° 24033
Area: Giurisprudenza
Le procedure ministeriali previste per l'accettazione delle nomine per supplenze annuali o temporanee, presuppongono, nei diversi passaggi, una partecipazione attiva dell'interessato collocato utilmente in graduatoria, o personalmente o per il tramite di un soggetto di sua fiducia cui abbia conferito il potere di rappresentanza. L'inerzia è, pertanto, sottoposta alla grave sanzione della decadenza dalla graduatoria. L'ipotesi dell'espressa delega al Provveditore agli studi (ora Dirigente dell'Ambito Territoriale) deve ritenersi ipotesi residuale, e l'Ufficio è altresì tenuto a rispettare, nel caso di accettazione della nomina su delega, regole rigide che non scompaginino l'ordine della graduatoria degli aspiranti. Anche l'interessato è, tuttavia, tenuto a partecipare alla procedura in ciascun anno scolastico, in caso di delega all'Ufficio, conferendo la stessa di volta in volta almeno tre giorni prima della data di convocazione, o comunque in tempo utile per le operazioni di nomina, di tal che è del pari escluso che detta delega possa essere conferita una volta per tutte e per una successione di anni scolastici, senza che l'interessato si attivi specificamente nell'ambito delle modalità di accettazione previste dalle istruzioni ministeriali. (La Cassazione ha affermato i suesposti principi con riferimento ad una fattispecie cui erano ratione temporis applicabili le indicazioni di cui all' O.M. n. 59 del 1994 relative alle nomine del personale ATA non di ruolo a decorrere dal triennio 1994-95/1996-97. Ad ogni modo quanto affermato dalla Suprema Corte è applicabile anche con riferimento alla normativa attuale stante che il MIUR, con la Nota n. 37381 del 29 agosto 2017, ha confermato anche per il personale ATA la possibilità di farsi rappresentare da proprio delegato in sede di conferimento della nomina. Inoltre, per quanto concerne il personale docente, l’istituto della delega è disciplinato dall’art. 3, comma 2, del Regolamento adottato con D.M. n. 131 del 13 giugno 2007, ai sensi del quale hanno titolo a conseguire le supplenze mediante l'accettazione scritta della relativa proposta di assunzione gli aspiranti, utilmente collocati in graduatoria, presenti alla convocazione, personalmente o tramite persona munita di specifica delega, e gli aspiranti che abbiano fatto pervenire, nei tempi previsti, delega preventiva di accettazione al dirigente responsabile delle operazioni in questione. Non hanno titolo a conseguire le supplenze gli aspiranti che non siano presenti alla convocazione e che non si siano giovati di alcuna delle tipologie di delega sopra specificate. Il MIUR, con la citata Nota n. 37381/2017, ha precisato che la delega deve intendersi ugualmente valida sia nella fase di competenza degli Uffici territoriali che nella successiva fase di competenza dei dirigenti scolastici delle scuole di riferimento).
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#personale ata#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#accettazione #delega #nomina #supplenza #aspirante #convocazione #graduatoria #conferire #provveditore #interessato
Ordinanza 05/04/2018 n° 133
Area: Giurisprudenza
Il provvedimento del Comune di esclusione del minore dall’asilo nido comunale per non avere i genitori presentato, entro il termine del 10 marzo, la documentazione rilasciata dalla ASL attestante l’avvenuta richiesta delle vaccinazioni obbligatorie e la loro fissazione in data successiva al 10 marzo, ovvero la documentazione attestante le ragioni dell’esonero, va sospeso in considerazione della richiesta di informazioni avanzata alla ASL da parte dei genitori ai sensi dell’art. 2 d.l. 73/2017, non ancora riscontrata dall'amministrazione sanitaria, inerente chiarimenti sui vaccini proposti, sulla sicurezza, sulle reazioni avverse e sulle componenti dei vaccini, ferma restando comunque l’ineludibile attuazione l’obbligo vaccinale, con la conseguenza che assolto l’obbligo informativo in questione dovrà necessariamente completarsi il percorso vaccinale del minore. (La vicenda in questione era già stata oggetto di decreto cautelare numero 112/2018##681L)
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#istruzione dell’infanzia#scuola e salute#vaccinazione #vaccinare #vaccino #asst #data #convocazione #percorrere #attestare #est #chiarimento
Ordinanza 24/11/2016 n° 261
Area: Giurisprudenza
Va accolta la domanda cautelare connessa al ricorso per l’annullamento del giudizio di non ammissione dell’alunno alla classe successiva, essendo risultato che il POF aveva procedimentalizzato in modo analitico (anche per fasi temporali) i presupposti dei corsi di recupero, prevedendo la somministrazione degli stessi nei casi più gravi, quale quello dell’alunno in questione, e che nel caso il corso di recupero nella fase finale non era stato somministrato allo studente, anche per carenza di fondi, e rilevandosi altresì il vizio di motivazione del verbale dello scrutinio finale nel quale non è stato dato adeguatamente conto del miglioramento degli esiti ottenuto dall’alunno a seguito della frequenza dei corsi di recupero nella fase intermedia. La tutela cautelare nel caso va disposta mediante la predisposizione di un apposito corso individuale a favore dello studente della durata non inferiore a ore 6 di contenuti corrispondenti a quelli di cui alla terza fase del piano di recupero prevista dal POF e mediante la successiva ripetizione della verifica finale e della rinnovazione della deliberazione di integrazione dello scrutinio finale. (La decisione del TAR si fonda nel caso sul riscontrato mancato rispetto di quanto la stessa istituzione scolastica aveva deliberato nel POF in relazione a valutazione degli apprendimenti/periodi dell’anno scolastico/corsi di recupero e sul riscontrato vizio di motivazione nel verbale di scrutinio finale, non essendosi dato conto del miglioramento degli apprendimenti comunque ottenuto dallo studente nel periodo precedente dell’anno, desumendosi così che un corso di recupero nella fase finale dell’anno, avrebbe significativamente ampliato le chanches di promozione dello studente. La decisione in questione, pertanto, costituisce applicazione del peculiare caso concreto e non consente di mettere in discussione il consolidato orientamento del giudice amministrativo (fra le altre, Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 17 gennaio 2011, n. 236; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 10 dicembre 2015, n. 5613; T.A.R. Sicilia, sede di Palermo, sezione II, sentenza 09 novembre 2016, n. 2571) secondo il quale sulla legittimità del giudizio finale di valutazione degli apprendimenti non possono incidere l'incompleta, carente o omessa attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola, tenuto conto che il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa sull'insufficiente rendimento scolastico e quindi sull'insufficiente preparazione e maturazione per accedere alla successiva fase degli studi. Se infatti è vero che la scuola predispone gli interventi necessari al recupero dell'alunno, tuttavia le eventuali carenze nell'esercizio di tale attività non incidono sull'autonomia del giudizio di ammissione dell'allievo alla classe successiva, che deve essere compiuto sulla base della preparazione e della maturità comunque raggiunte dall'alunno stesso).
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#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#prod #cocco #cocchio #pupilella #intensificare
Sentenza 26/02/2018 n° 531
Area: Giurisprudenza
Allorché la stazione appaltante (nel caso un istituto scolastico) per l’affidamento del servizio di noleggio pullman di valore inferiore ai 40.000 euro si determi ad indire una gara a cinque inviti, adottando come criterio di aggiudicazione quello "ordinario" dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016, la scelta di tale criterio di aggiudicazione comporta l’assoggettamento della procedura concorsuale al principio di segretezza delle offerte. Il principio di segretezza delle offerte (posto a tutela dell'imparzialità delle operazioni di gara e della par condicio dei concorrenti) implica che le offerte economiche devono restare segrete fino alla conclusione della fase relativa alla valutazione di quelle tecniche, a presidio della genuinità, della trasparenza e della correttezza delle operazioni valutative, che resterebbero irrimediabilmente compromesse e inquinate da un'anticipata conoscenza del contenuto delle offerte economiche. (Nella fattispecie, era risultato che la presentazione dell’offerta era avvenuta in un unico plico, senza alcuna separazione tra offerta tecnica ed economica. Afferma pertanto il T.A.R. che nel caso "è stato, dunque, di certo reso conoscibile un elemento dell’offerta economica prima dell’attribuzione del punteggio tecnico, in violazione del succitato principio di segretezza delle offerte").
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#viaggi di istruzione#appalti e contratti pubblici: selezione delle offerte e questioni relative alla gara#segretezza #gara #pullman #noleggio #aggiudicazione #plico #principio #viaggio #separazione #assoggettamento
Ordinanza 19/10/2016
Area: Giurisprudenza
La possibilità, contemplata da circolari ministeriali, di chiedere alla scuola di seguire specifici regimi alimentari, nel rispetto delle scelte etico-religiose dei genitori, presuppone una convergenza di scelte educative dei genitori stessi. In mancanza di accordo su tale scelta, che rientra tra le decisioni di maggiore interesse per i figli ai sensi dell’art. 337-ter c.c., inerendo la salute degli stessi, la decisione è rimessa al Giudice, il quale deve applicare parametri di normalità statistica e riferirsi alle condotte normalmente tenute dai genitori nella generalità dei casi, laddove, come nel caso di specie, il minore non mostri alcun tipo di allergia, intolleranza o esigenza medica che giustifichi l’imposizione di particolari restrizioni alimentari. Il regime alimentare seguito nelle scuole prevede l’introduzione nella dieta di qualsiasi alimento senza restrizioni, lasciando presumere che le strutture pubbliche a ciò deputate abbiano ritenuto questo regime idoneo per la corretta crescita dei minori. Peraltro, lo stretto controllo pubblico sulle mense scolastiche scongiura il rischio che la salute del minore possa essere pregiudicata dall’inserimento nella dieta di carne, pesce o cibi confezionati, dovendosi altrimenti concludere che nelle mense scolastiche viene compromessa la salute di tutti i bambini che seguono un regime alimentare “normale”. (Nel caso di specie, in un quadro di forte tensione tra i genitori, la madre aveva unilateralmente richiesto alla scuola che la propria figlia seguisse alla mensa un regime alimentare di tipo vegano, vale a dire con l’esclusione dalla dieta di carne, pesce, latticini, prodotti conservati e cereali raffinati, fondando tale scelta non su esigenze mediche della minore, ma sulla propria convinzione etica e sulla presunta minore salubrità di certi tipi di alimenti.)
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#genitori: responsabilità genitoriale#istruzione dell’infanzia#istruzione primaria#figlia #padre #minore #dieta #regime #scelta #frequentazione #abitazione #madre
Sentenza 15/05/2013 n° 11751
Area: Giurisprudenza
In caso di infortunio scolastico occorso ad alunno maggiore d’età, permane la responsabilità della scuola, ma trova applicazione la disposizione di cui all’art. 1218 cod. civ. sulla responsabilità contrattuale per inadempimento e non quella di cui all’art. 2048 cod. civ. sulla responsabilità extracontrattuale dei precettori, applicabile soltanto all’ipotesi di alunni minori d’età. Infatti, la domanda e l'accoglimento di iscrizione alla frequenza di una scuola - nella specie statale - fondano un vincolo giuridico tra l'allievo e l'istituto. Da tale vincolo scaturisce, a carico dei dipendenti dell'istituto, appartenenti all'apparato organizzativo dello Stato, accanto all'obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull'incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni. Questi obblighi sono da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell'allievo. (Nella fattispecie concreta, una studentessa maggiorenne subiva gravi danni da ustione in occasione di una recita scolastica a causa delle fiamme derivate da un incendio appiccato da un compagno al vestito della compagna vicina, che la prima ha cercato di soccorrere rimanendo ustionata nel tentativo di spegnere le fiamme. La scuola è stata ritenuta responsabile non avendo dimostrato di aver adottato tutti i provvedimenti organizzativi, informativi e disciplinari idonei a garantire la sicurezza nella scuola, a fronte di un evento che la Corte ha ritenuto non imprevedibile “stante la pericolosità del costume elevatamente infiammabile”. Era infatti risultato accertato che gli abiti utilizzati nella recita erano infiammabili, che mancavano gli estintori nei luoghi adiacenti e che era mancato il primo intervento da parte degli ausiliari).
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#fiamma #appiccare #assitalia #infermeria #atrio #incendiare #ustionare #accendino #allertare #propagare
Sentenza 20/07/2017 n° 773
Area: Giurisprudenza
Dagli artt. 1 della legge 62/2000 e 2, comma 2, d.lvo 255/ si evince che il principio di equivalenza tra il servizio d'insegnamento svolto nelle scuole Statali e quello svolto nelle scuole paritarie può essere riconosciuto solo ai fini dell'inserimento nelle GAE, di assoluto favore per gli insegnanti delle scuole paritarie. Si tratta, infatti, di due datori di lavoro diversi, con la conseguenza che, anche a voler dare applicazione del principio di cui all'art. 4 dell'Accordo quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, il servizio reso presso le scuole paritarie non può essere valutato ai fini della ricostruzione di carriera. (Nel caso di specie il Tribunale ha rigettato la domanda con cui una docente aveva richiesto il riconoscimento del servizio svolto presso una scuola paritaria nel periodo 2008-2015, nell'ambito delle operazioni di mobilità del personale docente per l'anno 2016/2017. La giurisprudenza sul punto è controversa).
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#concorso a pubblico impiego e procedure selettive del personale#personale docente#incluso #porcaro #mater #bazzoni #riconosciutole #assunta
Ordinanza 30/03/2018 n° 7981
Area: Giurisprudenza
L'art. 33 comma 5 della Legge n. 104 del 1992 si limita ad attribuire al lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti) il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede ma non obbliga assolutamente il titolare del diritto a scegliere la sede che appaia più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza. Pertanto, il dipendente ATA che partecipa alle operazioni di mobilità non può dolersi in alcun modo dell'eventuale violazione della disposizione di cui al citato art. 33 comma 5 in danno del soggetto avente diritto alla scelta della sede più prossima al domicilio della persona da assistere. ( L'attuale CCNI sulla mobilità all'art. 40 prevede, per il personale ATA, la precedenza nelle operazioni di mobilità per l'assistenza al coniuge ed al figlio con disabilità nonchè per l' assistenza da parte del figlio referente unico al genitore con disabilità. Il successivo art. 41 prevede che il personale ATA (parente, affine o affidatario) che intende assistere il familiare ai sensi dell’art. 33, commi 5 e 7, della Legge n. 104/92, in qualità di referente unico, non è destinatario di una precedenza nell’ambito delle operazioni di mobilità; al fine di realizzare l’assistenza al familiare disabile, il personale interessato partecipa alle operazioni di utilizzazione e/o di assegnazione provvisoria, usufruendo della precedenza che sarà prevista dal CCNI sulla mobilità annuale).
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Modalità e termini per il versamento dell'imposta sul valore aggiunto da parte delle pubbliche amministrazioni.
Area: Normativa
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di seguito “ decreto n. 633 del 1972”, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto;
Visto il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, recante, al capo II del titolo II, disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell'imposta sul valore aggiunto;
Visto l'art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, che ha introdotto l'obbligo di emissione, trasmissione, conservazione e archiviazione in forma elettronica delle fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 7 marzo 2008, con il quale è stato individuato il gestore del sistema di interscambio della fatturazione elettronica e le relative attribuzioni e competenze;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del 3 aprile 2013, n. 55, con il quale è stato adottato il regolamento in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 1, commi da 209 a 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
Visto l'art. 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che introduce l'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, che stabilisce che, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di talune pubbliche amministrazioni, per le quali dette amministrazioni non siano debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dalle medesime secondo modalità e termini da determinare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
Visto l'art. 1, comma 632, secondo periodo, della citata legge n. 190 del 2014, che stabilisce che le disposizioni di cui al comma 629, lettera b), dello stesso articolo, nelle more del rilascio della misura di deroga da parte del Consiglio dell'Unione europea, trovano comunque applicazione per le operazioni per le quali l'imposta sul valore aggiunto è esigibile a partire dal 1° gennaio 2015;
Vista la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto;
Vista la nota n. 8006 del 14 novembre 2014 con la quale il Dipartimento delle finanze ha inoltrato alla Commissione europea la richiesta di una misura di deroga ai sensi dell'art. 395 della direttiva 2006/112/CE che autorizzi l'Italia a prevedere che per le forniture di beni e servizi effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni queste ultime siano responsabili del pagamento dell'imposta;
Considerata l'esigenza di adeguare i sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni centrali dello Stato alle disposizioni recate dal presente decreto;
Visto l'art. 1, comma 630, della citata legge n. 190 del 2014, che prescrive al Ministro dell'economia e delle finanze di includere i soggetti passivi che effettuano le operazioni di cui all'art. 17-ter del citato decreto n. 633 del 1972, limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni ivi indicate, fra le categorie di contribuenti per i quali i rimborsi dell'IVA sono eseguiti in via prioritaria ai sensi dell'art. 38-bis, comma 10, dello stesso decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni;
Visto l'art. 30 del citato decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, in materia di versamento di conguaglio e rimborso dell'eccedenza;
Visto l'art. 38-bis del citato decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, in materia di esecuzione dei rimborsi, e, in particolare, il comma 10 con il quale è stabilito che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuate, anche progressivamente, in relazione all'attività esercitata ed alle tipologie di operazioni effettuate, le categorie di contribuenti per i quali i rimborsi di cui al predetto art. 38-bis sono eseguiti in via prioritaria;
Visto l'art. 7-bis del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, in materia di crediti d'imposta relativi all'IVA;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 22 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2007;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 maggio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 2007;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 18 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2007;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2008;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 10 luglio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2014;
Decreta:
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Art. 1. Principi generali
1. Alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi di cui all'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e delle società ivi contemplate, di seguito «pubbliche amministrazioni e società», e per le quali tali soggetti non sono debitori d'imposta ai sensi della normativa in materia di imposta sul valore aggiunto, si applicano le disposizioni del presente decreto.
2. Per le operazioni di cui al comma 1 l'imposta sul valore aggiunto è versata dalle pubbliche amministrazioni e dalle società cessionarie di beni o committenti di servizi con effetto dalla data in cui l'imposta diviene esigibile.
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Art. 2. Effetti sui soggetti passivi fornitori
1. I soggetti passivi dell'IVA, che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi di cui all'art. 1, emettono la fattura secondo quanto previsto dall'art. 21 del decreto n. 633 del 1972 con l'annotazione “scissione dei pagamenti”.
2. I soggetti passivi dell'IVA che effettuano le operazioni di cui all'art. 1 non sono tenuti al pagamento dell'imposta ed operano la registrazione delle fatture emesse ai sensi degli articoli 23 e 24 del decreto n. 633 del 1972 senza computare l'imposta ivi indicata nella liquidazione periodica.
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Art. 3. Esigibilità dell'imposta
1. L'imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi di cui all'art. 1 diviene esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi.
2. Le pubbliche amministrazioni e società possono comunque optare per l'esigibilità dell'imposta anticipata al momento della ricezione della fattura ovvero al momento della registrazione della medesima.
3. Per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi disciplinate dal medesimo articolo non è applicabile la disposizione di cui all'art. 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto n. 633 del 1972.
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Art. 4. Versamento dell'imposta
1. Il versamento dell'IVA dovuta è effettuato dalle pubbliche amministrazioni entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l'imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo, con le seguenti modalità:
a) per le pubbliche amministrazioni titolari di conti presso la Banca d'Italia, tramite modello “F24 Enti pubblici” approvato con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 28 giugno 2013;
b) per le pubbliche amministrazioni, diverse da quelle di cui alla lettera a), autorizzate a detenere un conto corrente presso una banca convenzionata con l'Agenzia delle entrate ovvero presso Poste italiane, mediante versamento unificato di cui all'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
c) per le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), direttamente all'entrata del bilancio dello Stato con imputazione ad un articolo di nuova istituzione del capitolo 1203.
2. Le pubbliche amministrazioni possono, in ogni caso, effettuare, entro la scadenza indicata al comma 1 del presente articolo, distinti versamenti per l'IVA dovuta così come segue:
a) in ciascun giorno del mese, relativamente al complesso delle fatture per le quali l'imposta è divenuta esigibile in tale giorno;
b) relativamente a ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile.
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Art. 5. Disposizioni per le pubbliche amministrazioni e le società soggetti passivi dell'IVA
01. Le pubbliche amministrazioni e le società che effettuano acquisti di beni e servizi nell'esercizio di attività commerciali, in relazione alle quali sono identificate agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, effettuano il versamento dell'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 con modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l'imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo.
1. In alternativa a quanto previsto dal comma 01, i soggetti ivi contemplati possono annotare le relative fatture nel registro di cui agli articoli 23 o 24 del decreto n. 633 del 1972 entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l'imposta è divenuta esigibile, con riferimento al mese precedente.
2. Nei casi di cui al comma 1, l'imposta dovuta partecipa alla liquidazione periodica del mese dell'esigibilità od, eventualmente, del relativo trimestre.
2-bis. I soggetti di cui al comma 01 effettuano il versamento di cui all'art. 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, secondo le modalità ivi previste tenendo conto anche dell'imposta divenuta esigibile ai sensi del presente decreto.
2-ter. Resta fermo quanto previsto per le banche dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 12 febbraio 2004, n. 75, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 2004, nonché, per le società assicurative, dal decreto del Ministro delle finanze del 30 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 5 giugno 1989.
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Art. 5-bis Individuazione delle pubbliche amministrazioni
1. In sede di prima applicazione, per le operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017 fino al 31 dicembre 2017, le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, individuate dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, come da elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2016.
2. Per le operazioni per le quali è emessa fattura nell'anno 2018 e negli anni successivi, le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, individuate dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, come da elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi della stessa norma, entro il 30 settembre dell'anno precedente.
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Art. 5-ter Individuazione delle società
1. In sede di prima applicazione, per le operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017 fino al 31 dicembre 2017, le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle società controllate o incluse nell'indice FTSE MIB, di cui al comma 1-bis dello stesso art. 17 ter, che risultano tali alla data di entrata in vigore del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, come individuate nell'elenco pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.
2. Per le operazioni per le quali è emessa fattura nell'anno 2018 e negli anni successivi, le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano alle società controllate o incluse nell'indice FTSE MIB, di cui al comma 1-bis dello stesso art. 17-ter, che risultano tali alla data del 30 settembre precedente. Tali società sono individuate a seguito della pubblicazione entro il 20 ottobre di ciascun anno, da parte del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, del relativo elenco. Le società interessate possono, entro quindici giorni dalla pubblicazione dell'elenco, segnalare eventuali incongruenze o errori al suddetto Dipartimento. L'elenco definitivo è approvato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 15 novembre di ciascun anno con effetti a valere per l'anno successivo.
3. Nel caso in cui il controllo o l'inclusione nell'indice FTSE MIB si verifichi in corso d'anno entro il 30 settembre, le nuove società controllate o incluse nell'indice applicano le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo. Nel caso in cui il controllo o l'inclusione nell'indice FTSE MIB si verifichi in corso d'anno dopo il 30 settembre, le nuove società controllate o incluse nell'indice applicano le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo.
4. Nel caso in cui il controllo o l'inclusione nell'indice FTSE MIB venga a mancare in corso d'anno entro il 30 settembre, le società non più controllate o incluse nell'indice continuano ad applicare le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell'anno. Nel caso in cui il controllo o l'inclusione nell'indice FTSE MIB venga a mancare in corso d'anno dopo il 30 settembre, le società non più controllate o incluse nell'indice continuano ad applicare le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell'anno successivo.
5. Nell'ambito delle società controllate di cui al comma 1-bis, lettere a), b) e c), dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 sono incluse le società il cui controllo è esercitato congiuntamente da pubbliche amministrazioni centrali di cui alla lettera a) dello stesso comma 1-bis e/o da società controllate da queste ultime e/o da pubbliche amministrazioni locali di cui alla lettera b) dello stesso comma 1-bis e/o da società controllate da queste ultime.
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Art. 6. Attività di monitoraggio e controllo
1. Per il monitoraggio dei versamenti I.V.A. di cui all'art. 4, l'Agenzia delle entrate, previa intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, acquisisce ed elabora le informazioni dei predetti versamenti e le informazioni contenute nelle fatture elettroniche trasmesse ai sensi dell'art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e relativi decreti attuativi.
2. In caso di verifiche, controlli o ispezioni, le pubbliche amministrazioni mettono a disposizione dell'Amministrazione finanziaria, eventualmente in formato elettronico, la documentazione utile per verificare la corrispondenza tra l'importo dell'IVA dovuta e quello dell'IVA versata per ciascun mese di riferimento.
3. Nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, gli organi interni di revisione e di controllo vigilano, in particolare, sulla corretta esecuzione dei versamenti dell'imposta da parte delle pubbliche amministrazioni.
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Art. 7. Rinvio
1. Resta fermo quanto previsto dalle disposizioni generali in materia di imposta sul valore aggiunto per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e delle società per le quali queste ultime sono debitori d'imposta.
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Art. 8. Contribuenti ammessi al rimborso in via prioritaria
1. La disposizione di cui all'art. 38-bis, comma 10, del decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, che prevede l'erogazione dei rimborsi in via prioritaria dell'eccedenza d'imposta detraibile, si applica, a partire dalla richiesta relativa al primo trimestre dell'anno d'imposta 2015, ai soggetti passivi che hanno effettuato operazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni e delle società di cui all'art. 17-ter dello stesso decreto n. 633 del 1972, nel rispetto dei presupposti di cui all'art. 30, secondo comma, lettera a), del decreto n. 633 del 1972.
2. I rimborsi di cui al comma 1 sono erogati in via prioritaria per un ammontare non superiore all'ammontare complessivo dell'imposta applicata alle operazioni, di cui all'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, effettuate nel periodo in cui si è avuta l'eccedenza d'imposta detraibile oggetto della richiesta di rimborso.
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Art. 9. Efficacia
1. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle operazioni per le quali è stata emessa fattura a partire dal 1° gennaio 2015.
2. Fino all'adeguamento dei processi e dei sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo contabile e, comunque, non oltre il 31 marzo 2015, le pubbliche amministrazioni individuate nell'art. 1 del presente decreto sono tenute ad accantonare le somme occorrenti per il successivo versamento dell'imposta, da effettuarsi in ogni caso entro il 16 aprile 2015.
Il presente decreto sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
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#imposte, tasse e tributi#mib #contribuente #esigibilità #istat #tributo #incongruenza #cessionario #scissione #interscambio #fornitore
Sentenza 28/10/2010 n° 7650
Area: Giurisprudenza
E’ da riconoscere l’interesse del genitore a prendere visione o estrarre copia dell’elaborato del proprio figlio ma non degli elaborati degli altri compagni di classe. L’istanza di accesso concernente gli scritti realizzati da alunni diversi dal proprio figlio, è illegittima poiché preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato della P.A., considerato inammissibile ex art. 24, terzo comma della L. 241/1990. La visione dei suddetti elaborati è ininfluente per la tutela dell’interesse giuridico del richiedente in quanto nel caso di specie non si tratta di una procedura comparativa ove sarebbe al contrario rilevante il contenuto e la valutazione degli altri scritti. Il diritto di accesso ai documenti scolastici, come disposto dall'art. 39 dell'O.M. n. 90/2001, si esercita "mediante esame e visione degli atti, senza alcun pagamento, o con rilascio di copie informi con rimborso del costo di produzione…". Ne consegue la legittimità dell'operato dell'istituzione scolastica che abbia rilasciato copia dell'elaborato senza concedere la visione degli atti. Non vi è alcuna lesione di diritti degli istanti ai quali, in alternativa alla visione degli atti, sia stata rilasciata copia degli stessi, dietro corresponsione di un'irrisoria somma di denaro per le copie.
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#accesso agli atti amministrativi#atto e documento amministrativo#mascheratura
Decreto 07/09/2017 n° 4588
Area: Giurisprudenza
Non sussistono le ragioni di estrema gravità ed urgenza per la concessione della tutela cautelare monocratica, rinviandosi la decisione alla sede cautelare collegiale con riferimento alla richiesta sospensione degli effetti della circolare dei Ministeri della Salute e dell'Istruzione n. 0001679 del 1/09/017 nella parte in cui impone a carico dei genitori l’obbligo della presentazione della documentazione vaccinale entro il termine dell’11 settembre 2017 (pena il mancato accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia), in quanto ritenuto termine "palesemente ristretto" rispetto alle attività da compiere. Va considerato tuttavia che la stessa circolare impugnata prevede che entro tale termine possa essere presentata una semplice dichiarazione sostitutiva e che la relativa documentazione debba, in tal caso, essere presentata entro il ben più ampio termine del 10 marzo 2018.
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#scuola e salute#implementazione
Sentenza 27/06/2002 n° 9346
Area: Giurisprudenza
Nel caso di danno arrecato dall'allievo a se stesso, appare più corretto ricondurre la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., bensì nell'ambito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. Quanto all'istituto scolastico, l'accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo determina infatti l'instaurazione di un vincolo negoziale, in virtù del quale, nell'ambito delle obbligazioni assunte dall'istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso. Quanto al precettore dipendente dall'istituto scolastico, tra precettore ed allievo si instaura pur sempre, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Circa l'onere probatorio, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, l'attore dovrà quindi soltanto provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sarà onere dei convenuti dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa a loro non imputabile. Ciò premesso, in relazione alle scuole statali, si pone in rilievo l’importanza della disciplina contenuta nell’art. 61, comma 2, della legge n. 312 del 1980. Tale norma, infatti, esclude infatti in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando. La tutela opera quindi sul piano strettamente processuale, mediante l'esonero dell'insegnante statale dal peso del processo, nel quale unico legittimato passivo è il Ministero della pubblica istruzione. E poiché la norma in esame non pone distinzioni circa il titolo, contrattuale o extracontrattuale, dell'azione risarcitoria, va ribadito che la legittimazione passiva dell'insegnante è esclusa non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell'ambito di una azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all'art. 2048, comma 2), ma anche all'ipotesi di danni arrecati dall'allievo a se stesso (ipotesi da far valere, per quanto sopra osservato, secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218). In entrambi i casi, qualora l'Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo (ed è tale rispetto al successivo rapporto di rivalsa tra Amministrazione ed insegnante anche l'alunno che si sia autodanneggiato), l'insegnante sarà successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto nel caso in cui sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave.
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#infortunio scolastico#responsabilità civile#incapace #autolesione #ras #scivolare #dannare #ascrivibile #frattura #urto #preden #sorvegliante
Sentenza 26/09/2016 n° 18861
Area: Giurisprudenza
Il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 60, richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, sancisce che "l'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, nè alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del ministro competente". Il successivo art. 61 nel delimitare l'incompatibilità statuisce che "il divieto di cui all'articolo precedente non si applica nei casi di società cooperative (...)". Il combinato disposto delle due norme pone in evidenza come l'esclusione della incompatibilità con riguardo alle società cooperative sia riferito all'assunzione della qualità di socio delle stesse e non alla prestazione di lavoro presso le medesime. Pertanto, allorchè la richiesta di autorizzazione del dipendente non riguardi la qualità di socio di una cooperativa ma l' attività lavorativa prestata presso la stessa, non è stabilita dal legislatore alcuna deroga al regime delle incompatibilità.
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#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#distretto #rsa #infermiera #dpgp #apss #orfano #caposala #intimatole #supplire #riformulazione
Sentenza 02/12/2016 n° 330
Area: Giurisprudenza
Un dipendente pubblico che rende false dichiarazioni in sede di presentazione della domanda per un concorso pubblico (dichiarando di possedere una pregressa esperienza lavorativa professionale, che in realtà possiede per un periodo inferiore rispetto a quello richiesto dal bando) e supera grazie ad esse tale procedura selettiva, è soggetto al licenziamento senza preavviso ai sensi dell’articolo 55 quater lettera D), del decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150/2009, per aver reso dichiarazioni false in sede d’instaurazione del rapporto di lavoro. Lo stesso dipendente è inoltre ritenuto responsabile dalla Corte dei Conti per il danno arrecato all’Amministrazione, quantificato nel 10% delle retribuzioni lorde complessivamente percepite nel quadriennio di durata del rapporto lavorativo, desumibile dalla compromessa qualità tecnica dell’attività svolta in favore dell’Amministrazione derivante dalla mancanza dell’esperienza professionale richiesta dal medesimo bando. Ciò in quanto l’Amministrazione si è dovuta accontentare di un minus rispetto a quanto avrebbe potuto conseguire da altro candidato alla selezione in possesso integrale del requisito richiesto.
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#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#responsabilità amministrativa#accontentare #quadriennio #disservizio #fto #ssa #scittarelli #venuto #castagna #venuta #ombra
Sentenza 15/06/2017 n° 302
Area: Giurisprudenza
Qualora l'Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all'alunno autodanneggiatosi, l'insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave. Il giudizio civile e il giudizio contabile, tuttavia, sono tra loro autonomi e pertanto va escluso qualsiasi automatismo derivante dalla sentenza intervenuta nel giudizio civile in merito alla responsabilità di un insegnante (ritenuta responsabile, nel caso in esame, per l’infortunio occorso ad un alunno di una scuola media, colpito all’occhio dal lancio di una gomma da cancellare da parte di un compagno di classe). Ciò in quanto il giudizio civile si svolge nei confronti di soggetti diversi (il Ministero, unico legittimato passivo in tale sede), con l’applicazione del regime probatorio di cui all’art. 2048, comma 2, cod. civ., che si fonda su una presunzione di culpa in vigilando superabile solo con la prova liberatoria di non avere potuto impedire il fatto. In sede contabile, invece, la presunzione di colpevolezza prevista in tale norma non trova applicazione ed è pertanto onere della Procura dimostrare la colpa grave dell’insegnante convenuta. (Nel caso in esame, la Sezione Centrale d’Appello della Corte dei Conti ha respinto l’appello confermando la sentenza di primo grado, in quanto la Procura si sarebbe limitata a richiamare le risultanze del giudizio civile, senza fornire ulteriori riscontri probatori e senza riuscire a dimostrare la colpa grave dell’insegnante convenuta).
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Sentenza 05/03/2018 n° 70
Area: Giurisprudenza
E’ infondato il ricorso proposto avverso il giudizio di non ammissione alla classe successiva poiché, secondo giurisprudenza consolidata in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Qualora il ricorrente deduca, a sostegno del ricorso, la mancata attivazione dei corsi di recupero in tutte le materie in cui lo studente risultava deficitario, si osserva che, come già affermato in giurisprudenza, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove, poiché il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente, sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Non risulta fondata l’eccezione relativa al mancato coinvolgimento dei genitori, considerato che, grazie alla possibilità di accesso al registro elettronico, questi ultimi, se interessati, sono in condizione di monitorare costantemente il rendimento del proprio figlio.
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#amministrazione digitale#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#studente #classe #giudizio #recupero #voto #ammissione #scrutinio #ricorso #lingua #trimestre
Ordinanza 11/07/2017 n° 17105
Area: Giurisprudenza
In materia di appalti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall'art. 29, comma 2, del richiamato decreto. Infatti, l'art. 9 del d.l. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni nella l. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto articolo 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, non ha carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni. Pertanto, in relazione agli appalti pubblici, l'Amministrazione non è responsabile in solido con l'appaltatore per il mancato pagamento delle retribuzioni dei lavoratori impegnati nell'esecuzione del contratto, in quanto gli enti pubblici sono tenuti a predeterminare la spesa e, quindi, non possono sottoscrivere contratti che li espongano ad esborsi non previamente preventivati e deliberati.
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#castello #mirafiori #preventivare #lievitazione #sgambare #vertenza
n° 124
Area: Normativa
1. Il contraente ha diritto di ricevere in dettaglio, a richiesta e senza alcun aggravio di spesa, la dimostrazione degli elementi che compongono la fattura relativi, in particolare, alla data e all'ora di inizio della conversazione, al numero selezionato, al tipo di numerazione, alla località, alla durata e al numero di scatti addebitati per ciascuna conversazione.
2. Il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico è tenuto ad abilitare l'utente ad effettuare comunicazioni e a richiedere servizi da qualsiasi terminale, gratuitamente ed in modo agevole, avvalendosi per il pagamento di modalità alternative alla fatturazione, anche impersonali, quali carte di credito o di debito o carte prepagate.
3. Nella documentazione inviata al contraente relativa alle comunicazioni effettuate non sono evidenziati i servizi e le comunicazioni di cui al comma 2, né le comunicazioni necessarie per attivare le modalità alternative alla fatturazione.
4. Nella fatturazione al contraente non sono evidenziate le ultime tre cifre dei numeri chiamati. Ad esclusivi fini di specifica contestazione dell'esattezza di addebiti determinati o riferiti a periodi limitati, il contraente può richiedere la comunicazione dei numeri completi delle comunicazioni in questione.
5. Il Garante, accertata l'effettiva disponibilità delle modalità di cui al comma 2, può autorizzare il fornitore ad indicare nella fatturazione i numeri completi delle comunicazioni.
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#privacy e trattamento dei dati personali#fatturazione #conversazione #fornitore #scatto #terminale #numerazione #cifra
n° 123
Area: Normativa
1. I dati relativi al traffico riguardanti contraenti ed utenti trattati dal fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico sono cancellati o resi anonimi quando non sono più necessari ai fini della trasmissione della comunicazione elettronica, fatte salve le disposizioni dei commi 2, 3 e 5.
2. Il trattamento dei dati relativi al traffico strettamente necessari a fini di fatturazione per il contraente, ovvero di pagamenti in caso di interconnessione, è consentito al fornitore, a fini di documentazione in caso di contestazione della fattura o per la pretesa del pagamento, per un periodo non superiore a sei mesi, salva l'ulteriore specifica conservazione necessaria per effetto di una contestazione anche in sede giudiziale.
3. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico può trattare i dati di cui al comma 2 nella misura e per la durata necessarie a fini di commercializzazione di servizi di comunicazione elettronica o per la fornitura di servizi a valore aggiunto, solo se il contraente o l'utente cui i dati si riferiscono hanno manifestato preliminarmente il proprio consenso, che è revocabile in ogni momento.
4. Nel fornire l'informativa di cui all'articolo 13 il fornitore del servizio informa il contraente o l'utente sulla natura dei dati relativi al traffico che sono sottoposti a trattamento e sulla durata del medesimo trattamento ai fini di cui ai commi 2 e 3.
5. Il trattamento dei dati personali relativi al traffico è consentito unicamente ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell'articolo 30 sotto la diretta autorità del fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o, a seconda dei casi, del fornitore della rete pubblica di comunicazioni e che si occupano della fatturazione o della gestione del traffico, di analisi per conto di clienti, dell'accertamento di frodi, o della commercializzazione dei servizi di comunicazione elettronica o della prestazione dei servizi a valore aggiunto. Il trattamento è limitato a quanto è strettamente necessario per lo svolgimento di tali attività e deve assicurare l'identificazione dell'incaricato che accede ai dati anche mediante un'operazione di interrogazione automatizzata.
6. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può ottenere i dati relativi alla fatturazione o al traffico necessari ai fini della risoluzione di controversie attinenti, in particolare, all'interconnessione o alla fatturazione.
KEYWORDS
#privacy e trattamento dei dati personali#fornitore #fatturazione #frode
n° 4
Area: Normativa
1. Ai fini del presente codice si intende per:
a) "trattamento", qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;
b) "dato personale", qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;
c) "dati identificativi", i dati personali che permettono l'identificazione diretta dell'interessato;
d) "dati sensibili", i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
e) "dati giudiziari", i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale;
f) "titolare", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;
g) "responsabile", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali; (14)
h) "incaricati", le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile;
i) "interessato", la persona fisica, cui si riferiscono i dati personali;
l) "comunicazione", il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall'interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;
m) "diffusione", il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;
n) "dato anonimo", il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile;
o) "blocco", la conservazione di dati personali con sospensione temporanea di ogni altra operazione del trattamento;
p) "banca di dati", qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti;
q) "Garante", l'autorità di cui all'articolo 153, istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675.
2. Ai fini del presente codice si intende, inoltre, per:
a) "comunicazione elettronica", ogni informazione scambiata o trasmessa tra un numero finito di soggetti tramite un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico. Sono escluse le informazioni trasmesse al pubblico tramite una rete di comunicazione elettronica, come parte di un servizio di radiodiffusione, salvo che le stesse informazioni siano collegate ad un contraente o utente ricevente, identificato o identificabile;
b) “chiamata”, la connessione istituita da un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico che consente la comunicazione bidirezionale;
c) “reti di comunicazione elettronica”, i sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse, inclusi gli elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;
d) “rete pubblica di comunicazioni”, una rete di comunicazione elettronica utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, che supporta il trasferimento di informazioni tra i punti terminali di reti;
e) "servizio di comunicazione elettronica", i servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, nei limiti previsti dall'articolo 2, lettera c), della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002;
f) "contraente", qualunque persona fisica, persona giuridica, ente o associazione parte di un contratto con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico per la fornitura di tali servizi, o comunque destinatario di tali servizi tramite schede prepagate;
g) "utente", qualsiasi persona fisica che utilizza un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, per motivi privati o commerciali, senza esservi necessariamente abbonata;
h) "dati relativi al traffico", qualsiasi dato sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione;
i) "dati relativi all'ubicazione", ogni dato trattato in una rete di comunicazione elettronica o da un servizio di comunicazione elettronica che indica la posizione geografica dell'apparecchiatura terminale dell'utente di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico;
l) "servizio a valore aggiunto", il servizio che richiede il trattamento dei dati relativi al traffico o dei dati relativi all'ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, oltre a quanto è necessario per la trasmissione di una comunicazione o della relativa fatturazione;
m) "posta elettronica", messaggi contenenti testi, voci, suoni o immagini trasmessi attraverso una rete pubblica di comunicazione, che possono essere archiviati in rete o nell'apparecchiatura terminale ricevente, fino a che il ricevente non ne ha preso conoscenza.
3. Ai fini del presente codice si intende, altresì, per:
a) "misure minime", il complesso delle misure tecniche, informatiche, organizzative, logistiche e procedurali di sicurezza che configurano il livello minimo di protezione richiesto in relazione ai rischi previsti nell'articolo 31;
b) "strumenti elettronici", gli elaboratori, i programmi per elaboratori e qualunque dispositivo elettronico o comunque automatizzato con cui si effettua il trattamento;
c) "autenticazione informatica", l'insieme degli strumenti elettronici e delle procedure per la verifica anche indiretta dell'identità;
d) "credenziali di autenticazione", i dati ed i dispositivi, in possesso di una persona, da questa conosciuti o ad essa univocamente correlati, utilizzati per l' autenticazione informatica;
e) "parola chiave", componente di una credenziale di autenticazione associata ad una persona ed a questa nota, costituita da una sequenza di caratteri o altri dati in forma elettronica;
f) "profilo di autorizzazione", l'insieme delle informazioni, univocamente associate ad una persona, che consente di individuare a quali dati essa può accedere, nonché i trattamenti ad essa consentiti;
g) “sistema di autorizzazione”, l'insieme degli strumenti e delle procedure che abilitano l'accesso ai dati e alle modalità di trattamento degli stessi, in funzione del profilo di autorizzazione del richiedente;
g-bis) “violazione di dati personali”: violazione della sicurezza che comporta anche accidentalmente la distruzione, la perdita, la modifica, la rivelazione non autorizzata o l'accesso ai dati personali trasmessi, memorizzati o comunque elaborati nel contesto della fornitura di un servizio di comunicazione accessibile al pubblico.
Ai fini del presente codice si intende per:
a) "scopi storici", le finalità di studio, indagine, ricerca e documentazione di figure, fatti e circostanze del passato;
b) "scopi statistici", le finalità di indagine statistica o di produzione di risultati statistici, anche a mezzo di sistemi informativi statistici;
c) "scopi scientifici", le finalità di studio e di indagine sistematica finalizzata allo sviluppo delle conoscenze scientifiche in uno specifico settore.
KEYWORDS
#privacy e trattamento dei dati personali#dato #comunicazione #rete #persona #servizio #pubblico #trattamento #commutazione #informazione #utilizzare
01/02/2018 n° 53
Area: Prassi, Circolari, Note
Registro dei provvedimenti
n. 53 del 1° febbraio 2018
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
VISTO il d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito "Codice");
VISTO il reclamo presentato da XX concernente il trattamento di dati personali riferiti all'interessato effettuato da Sicily by Car S.p.A.;
VISTO il d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito "Codice");
VISTE le "Linee guida per posta elettronica e internet", adottate con provvedimento n. 13 del 1° marzo 2007 (pubblicato nella G.U. 10 marzo 2007, n. 58);
ESAMINATA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE il dott. Antonello Soro;
PREMESSO
1.1. Il reclamo nei confronti della società.
Con reclamo pervenuto il 23 dicembre 2016 il Sig. XX ha chiesto all'Autorità di disporre il blocco o il divieto del trattamento effettuato da Sicily by Car S.p.A. (di seguito: la società), ritenuto illecito, di dati personali a sé riferiti contenuti nella casella di posta elettronica (XX) assegnatagli nell'ambito del rapporto di lavoro allo stato non più in essere, con particolare riferimento ai dati esterni ed al contenuto di alcune email conservate e utilizzate dalla società al fine di elevare una contestazione disciplinare.
Più specificamente, il reclamante ha rappresentato che in data 14 novembre 2016 la società ha contestato in sede disciplinare, all'esito di "verifiche effettuate dal responsabile amministrativo", l'invio di alcune email a colleghi di lavoro ˗ "nel periodo che va dal mese di luglio al mese di ottobre 2015" ˗ utilizzando il menzionato account di posta elettronica e "rinvenute nel server aziendale" (cfr. reclamo cit., All. 1 "Contestazione di addebiti ex art. 7 dello statuto dei lavoratori"). Successivamente, avendo avuto accesso alla copia delle email oggetto di contestazione, il reclamante ha verificato che la raccolta delle comunicazioni elettroniche scambiate con i colleghi si è estesa fino al gennaio 2016. Quanto al contenuto delle email, questo sarebbe stato caratterizzato "dagli evidenti toni personali […] espressione di goliardia e […] ironia fra colleghi" (cfr. reclamo cit., p. 2). Tale attività di raccolta (e successivo trattamento) delle email da parte della società sarebbe inoltre avvenuto in assenza di informativa circa le specifiche politiche aziendali adottate in proposito.
1.2. La società, in risposta alla richiesta di elementi formulata dall'Ufficio, ha dichiarato che:
a. "le comunicazioni e-mail successivamente utilizzate per la contestazione disciplinare […] sono state rinvenute in occasione di un accesso tramite server aziendale alla casella di posta elettronica di un altro dipendente […], che era uno dei destinatari delle predette e-mail" (cfr. nota 25.5.2017, p. 4);
b. a seguito della relazione presentata nel giugno 2016 dall'advisor incaricato dalla società di "verificare la fattibilità del possibile utilizzo, nell'attività e quindi nella contabilità aziendale, dei principi contabili internazionali al posto di quelli nazionali […] sono emerse rilevanti non conformità nella tenuta della contabilità […]"(cfr. nota cit., p. 4 e 5);
c. la società ha conseguentemente proceduto alla "ricerca della documentazione necessaria, da un canto, per la verifica dei conti e, dall'altro, per comprovare le responsabilità personali di chi […] aveva dato causa alla riscontrata non correttezza della contabilità negli esercizi in esame […]" (cfr. nota cit., p. 5);
d. "in occasione di tale consultazione […] sono state rinvenute le e-mail poste, in uno ad altre rilevanti circostanze, a base della contestazione disciplinare e del licenziamento" (cfr. nota cit., p. 5);
e. le e-mail scambiate dal reclamante sono state ritenute "tendenti a destabilizzare l'intero ufficio contabilità […], a mortificare il lavoro svolto […], a denigrare pesantemente l'azienda [e] dimostrano che il reclamante con la sua condotta […] ha consentito il perseverare di gravi errori nella redazione dei bilanci […]"(cfr. nota cit., p. 6);
f. il trattamento effettuato sarebbe pertanto legittimo in quanto preordinato "alla tutela degli interessi dell'impresa (anche di protezione del patrimonio aziendale) e all'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro" (cfr. nota cit., p. 7);
g. a seguito del licenziamento del reclamante la società "ha provveduto ad attivare un sistema di risposta automatica che invitava il mittente a inviare future comunicazioni" ad un diverso indirizzo aziendale; inoltre in vista delle "richiamate ragioni di tutela aziendale e di difesa giudiziale […] sono state effettuate operazioni di sola lettura sulle e-mail in ingresso sull'account aziendale del [reclamante] per un periodo […] inferiore a sei mesi (oggi del tutto terminato), dopo la sospensione cautelare del rapporto di lavoro e il successivo licenziamento" (cfr. nota cit., p. 7 e 8);
h. relativamente alle modalità con le quali è stata fornita un'informativa ai dipendenti circa le modalità consentite di utilizzo della posta elettronica e del pc aziendale, la società ha fornito una "informativa personalizzata inserita nella lettera di designazione quale incaricato del trattamento" nonché reso noto il menzionato "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" (cfr. nota cit., p. 9);
i. con il menzionato Disciplinare interno la società ha "vieta[to] la tenuta nella rete interna di file non attinenti all'attività lavorativa […] e prescri[tto] che i dispositivi hardware e software concessi in uso dalla società – e quindi anche gli account e-mail aziendali – devono essere utilizzati solo per scopi aziendali";
j. quanto alla normativa in materia di controlli a distanza (art. 4, legge 20.5.1970, n. 300) la società ha dichiarato di "non [aver] attivato alcun tipo di controllo o controllo automatizzato del lavoratore"; pertanto le procedure ivi previste non sono state attivate (cfr. nota cit., p. 11).
1.3. Con nota di replica pervenuta il 19.6.2017 il reclamante ha ribadito le richieste già avanzate all'Autorità, rappresentando ˗ tra l'altro ˗ che "il range di ricerca sulle email contestate", inizialmente individuato tra i mesi di luglio/ottobre 2015 (con lettera di contestazione disciplinare), è stato successivamente esteso dalla società "a tutto l'anno 2015" (nella lettera di licenziamento del 23.11.2016) e, secondo quanto rappresentato in un ulteriore documento depositato nel giudizio di impugnazione del licenziamento incardinato dinnanzi all'autorità giudiziaria competente, anche all'anno 2016 (cfr. nota 19.6.2017, p. 2). Successivamente il reclamante ha inoltrato all'Autorità copia dell'ordinanza del Tribunale di Palermo, Sezione lavoro, 21 giugno 2017 che, disponendo l'annullamento del licenziamento del reclamante, ha tra l'altro stabilito che "l'estrazione dal server aziendale delle predette mail inviate dal ricorrente dal suo account aziendale non appare giustificata – che sia stata o meno effettuata dalla posta [di altro dipendente] – in relazione alle motivazioni addotte dalla società […]"; inoltre "nel merito, il contenuto delle mail […] non appare avere alcuna rilevanza disciplinare, trattandosi di comunicazioni private scambiate tra colleghi con tono scherzoso e senza che ne emerga alcun intento destabilizzante o denigratorio, anche in considerazione del fatto che dovevano essere lette solo dai destinatari che partecipavano alla conversazione […]"; "il ricorrente poneva in essere con lo spedirle [le email oggetto di contestazione] una condotta disciplinarmente irrilevante (anche a mente del regolamento depositato in atti dalla convenuta, peraltro non sottoscritto e, quindi, non valutabile come documento, stante la contestazione relativa alla sua stessa esistenza)".
1.4. Con successiva nota pervenuta il 3.11.2017, la società – rispondendo ad una richiesta di integrazioni e chiarimenti formulata dall'Ufficio – ha precisato che:
a. "gli account aziendali assegnati ai dipendenti […] vengono configurati all'interno del server aziendale, sito nell'apposita sala server presso la sede della società. […] a ciascuna casella email corrisponde un database, residente sul server, il quale raccoglie e conserva tutta la corrispondenza in entrata e in uscita dalla casella medesima" (cfr. nota 3.11.2017, p. 3);
b. "la finalità per cui è stata adottata la decisione di utilizzare il server aziendale per la gestione delle email [è] principalmente riconducibile alla determinante importanza delle comunicazioni per via telematica in un'attività come quella esercitata dalla [società]. Si pensi alle email scambiate con i tour operator […], i clienti […], i fornitori […], le compagnie assicurative […], i professionisti […], nonché tra i diversi uffici della società" (cfr. nota cit., p. 3);
c. "il server allocato all'interno della rete locale della sede societaria […] consente lo svolgimento continuativo del lavoro anche quando si verificano malfunzionamenti della linea internet; infatti […] in tali circostanze ogni operatore può […] continuare a lavorare in modalità offline, anche accedendo alla propria corrispondenza pregressa […]" (cfr. nota cit., p. 3);
d. quanto ai tempi di conservazione delle email in transito sugli account di posta elettronica aziendale, in base a "nuove misure" introdotte "recentemente" e allo stato in essere, "le e-mail dei dipendenti sono conservate […] sino a un mese dopo la cessazione del rapporto di lavoro per gli impiegati e sino a dodici mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro per i dirigenti o altre figure apicali. L'esigenza di conservazione delle suddette e-mail è strettamente correlata all'importanza nell'attività della [società] delle comunicazioni per via telematica, che molto spesso hanno significativa rilevanza giuridica e commerciale" (cfr. nota cit., p. 4); invece "all'epoca del licenziamento del reclamante […] non erano ancora stati prefissati tempi massimi per la conservazione sul server della posta elettronica in transito sugli account dei dipendenti" (cfr. nota cit., p. 5);
e. oltre alla necessità che tali comunicazioni e-mail siano accessibili agli intestatari degli account "per ragioni di efficienza aziendale […] è […] comprensibile che possa sorgere l'esigenza di dimostrare – anche in giudizio e anche dopo tempo – l'avvenuto invio o la ricezione di uno o più messaggi di posta elettronica (ad esempio, nell'ambito di contenziosi relativi ad accordi conclusi tramite scambio di corrispondenza e-mail, oppure riguardanti inadempimenti di incarichi conferiti con l'invio di disposizioni per via telematica, oppure ancora in relazione a contenziosi nascenti da reclami di clienti […])" (cfr. nota cit., p. 4 e 5);
f. i soggetti autorizzati ad accedere alle email conservate sul server aziendale sono: "il titolare dell'account, in forza della lettera di designazione quale incaricato del relativo trattamento"; "gli amministratori di sistema, per finalità tecniche"; "altri soggetti di volta in volta specificamente autorizzati per iscritto dal titolare del trattamento […] per le finalità previste dalla legge e, particolarmente, per quelle di difesa in giudizio o di perseguimento di un legittimo interesse […]" (cfr. nota cit., p. 6);
g. il "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" è stato adottato il 4 marzo 2010 e in pari data "trasmesso […] alla scrivente società e precisamente alla casella di posta elettronica [assegnata al reclamante] in ragione del ruolo rivestito in azienda"; il documento è stato "affisso in bacheca" ed ha "costituito uno degli argomenti trattati durante i corsi di formazione e di aggiornamento che la società organizza periodicamente per i propri dipendenti" (cfr. nota cit., p. 6 e 7);
h. per quanto riguarda la procedura relativa agli account di posta elettronica aziendale assegnati ai dipendenti dopo l'interruzione del rapporto di lavoro, le "nuove misure oggi attuate […] prevedono che alla data della cessazione del rapporto di lavoro venga disattivato l'account […]. Pertanto, nel caso di tentativo di invio di una comunicazione alla casella disattivata il mittente riceve un messaggio di mancato recapito"; diversamente, all'epoca dei fatti oggetto di reclamo, "la disattivazione […] avveniva ancora in due distinte fasi: in un primo momento veniva transitoriamente attivato un sistema di autoreply al fine di rendere noto ai mittenti un altro indirizzo e-mail a cui inviare le future comunicazioni; in una seconda fase veniva definitivamente disattivato l'account e, a quel punto, in caso di tentato invio il mittente riceveva un messaggio di mancato recapito" (cfr. nota cit., p. 7).
2. L'esito dell'istruttoria.
All'esito dell'esame delle dichiarazioni rese all'Autorità nel corso del procedimento ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell'art. 168 del Codice ˗ nonché della documentazione acquisita, risulta che la società in qualità di titolare ha effettuato (e tutt'ora effettua) operazioni di trattamento di dati personali riferiti al reclamante ˗ nonché agli altri dipendenti ˗ che risultano per alcuni profili non conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, nei termini di seguito descritti.
3. Trattamenti di dati effettuati sull'account di posta elettronica aziendale.
Emerge dagli atti che la società, nel corso dell'effettuazione di controlli sul contenuto della corrispondenza elettronica del responsabile amministrativo all'epoca dei fatti (disposti a seguito della ricezione di una relazione commissionata ad una società di consulenza e revisione), ha trattato i dati personali del reclamante (che svolgeva le funzioni di responsabile finanziario) contenuti nelle email in entrata e in uscita sull'account di posta elettronica aziendale a questi assegnato – individualizzato con nome e cognome – scambiate con alcuni colleghi di lavoro e collaboratori. Tali dati personali, raccolti nel corso del 2015 e del 2016, sono stati utilizzati per effettuare una contestazione disciplinare.
Tale trattamento è stato reso possibile dalla circostanza che la società conserva sul server aziendale tutte le comunicazioni elettroniche spedite e ricevute sugli account assegnati ai propri dipendenti (qualsiasi mansione essi svolgano), per l'intera durata del rapporto di lavoro ed anche successivamente all'interruzione dello stesso (v. precedente punto 1.4., lett. a. e d.), in vista del prospettato accesso anche al contenuto delle stesse materialmente effettuato da soggetti di volta in volta "autorizzati" (v. precedente punto 1.4., lett. f.). Ciò anche in vista di futuri ed eventuali contenziosi, consentendo così alla società di precostituire elementi utili alla difesa in giudizio ed alla tutela dei propri diritti (v. precedente punto 1.4., lett. d. e e.). Il flusso di email scambiate su ciascun account aziendale è altresì memorizzato per consentirne la consultazione da parte degli stessi dipendenti (ciascuno ai propri dati).
3.1. L'informativa all'interessato.
In relazione ai descritti trattamenti, in primo luogo, non risulta che la società abbia informato il reclamante ˗ e gli altri dipendenti ˗ circa modalità e finalità della descritta attività di raccolta e conservazione dei dati relativi all'utilizzo della posta elettronica, né con informativa individualizzata né con la messa a disposizione della policy aziendale.
In proposito, infatti, si rileva che la lettera di designazione del reclamante quale incaricato del trattamento (datata 3.12.2012) reca tra l'altro la seguente indicazione: "Le risorse hardware e software devono essere utilizzate solo per scopi aziendali o per altri usi espressamente autorizzati" (cfr. All. 3, nota della società 25.5.2017), mentre il "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" asseritamente adottato il 4 marzo 2010, nella sezione relativa alle "Norme specifiche per l'utilizzo di internet e della posta elettronica" si limita ad avvisare i dipendenti che "potranno essere effettuati controlli sull'utilizzo illecito delle risorse aziendali ed in caso di violazione l'Azienda si riserva la possibilità di adottare le necessarie sanzioni con le modalità e i limiti previsti dallo Statuto dei lavoratori e dai CCNL applicabili" (cfr. All. 2, nota della società 25.5.2017, di cui peraltro non risulta provata la consegna al reclamante, posto che con la email 4.3.2010 ci si è limitati a chiedere allo stesso l'inoltro all'amministratore di sistema del documento allegato: v. All. 1, nota della società 3.11.2017).
All'interno di tali documenti non v'è dunque alcun riferimento alla conservazione sui server aziendali ˗ per tutta la durata del rapporto di lavoro ed anche oltre la cessazione dello stesso (si veda infra punto 3.2.) ˗ di tutte le email scambiate nel corso dell'attività lavorativa, né delle finalità e modalità di conservazione e di accesso della società a tale database. Non sono inoltre state rese note le specifiche attività di controllo ˗ indicando dettagliatamente modalità e procedure adottate ˗ che il datore di lavoro si riserva di effettuare sui dati raccolti nel corso dell'attività lavorativa (con particolare riferimento alla possibilità di accedere al contenuto di tutte le comunicazioni elettroniche scambiate).
Ciò risulta in contrasto con l'obbligo posto in capo al titolare del trattamento di fornire una preventiva informativa all'interessato in ordine alle caratteristiche essenziali dei trattamenti effettuati nonché con il principio di correttezza (in relazione agli articoli 11, comma 1, lett. a) e 13 del Codice; cfr. altresì sul punto Provv. 1° marzo 2007, n. 13, "Linee guida per posta elettronica e internet", citate in premessa, spec. punto 3.1. "Grava […] sul datore di lavoro l'onere di indicare […], chiaramente e in modo particolareggiato, quali siano le modalità di utilizzo degli strumenti messi a disposizione ritenute corrette e se, in che misura e con quali modalità vengano effettuati controlli"; medesime conclusioni in European Court of Human Rights, Grand Chamber, case of Bărbulescu v. Romania, Application no. 61496/08, 5 September 2017, spec. n. 140).
In relazione al prospettato accesso alle email raccolte da parte dell'amministratore di sistema per non meglio specificate "finalità tecniche" (v. precedente punto 1.4., lett. f.), si rammenta che l'informativa ai dipendenti deve altresì indicare le operazioni di trattamento che possono essere effettuate dall'amministratore di sistema per finalità connesse alla fornitura del servizio (cfr. anche Provv. 27 novembre 2008, in G.U. n. 300 del 24 dicembre 2008, modificato con provvedimento del 25 giugno 2009, "Misure e accorgimenti prescritti ai titolari dei trattamenti effettuati con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni delle funzioni di amministratore di sistema", doc. web n. 1577499, spec. n. 2, lett. c) e f) del dispositivo. In base a tale provvedimento il titolare è altresì tenuto ad adottare sistemi che registrino gli "accessi logici (autenticazione informatica) ai sistemi di elaborazione e agli archivi elettronici da parte degli amministratori di sistema").
3.2. Liceità, necessità e proporzionalità del trattamento. Conservazione dei dati.
La conservazione sistematica dei dati esterni e del contenuto di tutte le comunicazioni elettroniche scambiate dai dipendenti attraverso gli account aziendali, allo scopo di poter ricostruire gli scambi di comunicazioni tra gli uffici interni nonché tutti i rapporti intrattenuti con gli interlocutori esterni (clienti, fornitori, enti assicurativi, tour operator), anche in vista di possibili contenziosi, effettuata da soggetti diversi dal titolare della specifica casella di posta elettronica per l'intera durata del rapporto di lavoro e successivamente all'interruzione dello stesso, non risulta altresì conforme ai principi di liceità, necessità e proporzionalità del trattamento (v. artt. 3, 11, comma 1, lett. a) e d) del Codice).
La legittima necessità di assicurare l'ordinario svolgimento e la continuità dell'attività aziendale nonché di provvedere alla dovuta conservazione di documentazione in base a specifiche disposizioni dell'ordinamento è assicurata, in primo luogo, dalla predisposizione di sistemi di gestione documentale con i quali ˗ attraverso l'adozione di appropriate misure organizzative e tecnologiche ˗ individuare i documenti che nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa devono essere via via archiviati con modalità idonee a garantire le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità prescritte dalla disciplina di settore applicabile (si veda quanto stabilito dal D.P.C.M. 3 dicembre 2013, recante le Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5-bis, 23-ter, comma 4, 43, commi 1 e 3, 44, 44-bis e 71, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005; parimenti i documenti che rivestano la qualità di "scritture contabili" devono essere memorizzati e conservati con modalità determinate: artt. 2214 c.c.; artt. 43 e 44, d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, "Codice dell'amministrazione digitale"). I sistemi di posta elettronica, per loro stessa natura, non consentono di assicurare tali caratteristiche.
Pertanto lo scopo di predisporre strumenti per l'ordinaria ed efficiente gestione dei flussi documentali aziendali può ben essere perseguito ˗ conformemente alle disposizioni vigenti oltre che più efficacemente ˗ con strumenti meno invasivi per il diritto alla riservatezza dei dipendenti e dei terzi, rispetto alla sopra descritta attività di sistematica ed estesa conservazione delle comunicazioni elettroniche, che risulta pertanto non necessaria né proporzionata rispetto allo scopo.
Come si evince infatti dal caso oggetto di reclamo, attraverso l'accesso ai contenuti delle email scambiate tra colleghi e collaboratori, la società ha ricostruito lo scambio di comunicazioni anche di natura privata, destinate a rimanere all'interno della cerchia dei soggetti partecipanti alle comunicazioni.
Inoltre si osserva che il trattamento di dati personali effettuato per finalità di tutela dei propri diritti in giudizio deve riferirsi a contenziosi in atto o a situazioni precontenziose, non ad astratte e indeterminate ipotesi di possibile difesa o tutela dei diritti, posto che tale estensiva interpretazione ˗ avanzata dalla società ˗ risulterebbe elusiva delle disposizioni sui criteri di legittimazione del trattamento (v. artt. 23 e 24 del Codice; si vedano anche i provv.ti 19 marzo 2015, doc. web n. 4039439, 20 febbraio 2014, doc. web n. 3115239 e 4 giugno 2009, doc. web n. 1629029).
Risulta inoltre non conforme ai principi di necessità, pertinenza e non eccedenza (in relazione agli artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) e e) del Codice) la conservazione dei predetti dati, in relazione alle descritte eterogenee finalità, per tutta la durata del rapporto di lavoro e anche successivamente all'interruzione dello stesso, al fine di consentirne l'accesso al datore di lavoro nei termini su esposti. Ciò sia con riferimento alla prassi vigente al momento dei fatti oggetto di reclamo ˗ ossia la conservazione senza fissazione di alcun limite temporale ˗ sia in relazione ai termini allo stato fissati dalla società (rispettivamente uno e dodici mesi dopo la cessazione del rapporto per impiegati e dirigenti/figure apicali: v. precedente punto 1.4., lett. d.).
Diversa valutazione riguarda invece la prevista messa a disposizione del dipendente dell'intero archivio delle email scambiate tramite il proprio account aziendale. Tale facoltà, che rientra tra le modalità di messa a disposizione degli strumenti di lavoro, può ˗ se del caso ˗ essere oggetto di istruzioni da parte del datore di lavoro (ad es. individuando limiti temporali di conservazione anche diversificati in base alle funzioni svolte e coerenti con i limiti di spazio a disposizione e/o fornendo indicazioni sulla necessità di effettuare periodicamente la selezione e cancellazione dei messaggi conservati, al fine di evitare eccessivi appesantimenti del sistema di gestione della posta elettronica).
Resta fermo che al database relativo al singolo account, così costituito, può avere accesso (anche effettuando le operazioni consentite dal sistema) solo l'interessato, intestatario dell'account stesso. Resta fermo altresì che in relazione alle attività di raccolta e conservazione necessarie a consentire le operazioni di trattamento da parte dell'interessato, il titolare è tenuto ad osservare quanto stabilito dall'Autorità con il citato Provvedimento 27 novembre 2008 sugli amministratori di sistema.
Si rammenta che l'Autorità si è pronunciata sulle condizioni di liceità di alcuni trattamenti di dati tratti dall'utilizzo di strumenti di lavoro, tra cui la posta elettronica, per finalità di sicurezza dei sistemi e di gestione dei servizi (v. Provv. n. 303 del 13.7.2016, doc. web n. 5408460, spec. par. 4.2., 4.3. e 5, anche con riferimento ai tempi di conservazione, con il quale sono stati indicati tra i "sistemi e le misure che […] consentono il fisiologico e sicuro funzionamento al fine di garantire un elevato livello di sicurezza della rete aziendale messa a disposizione del lavoratore" i "sistemi di logging per il corretto esercizio del servizio di posta elettronica, con conservazione dei soli dati esteriori, contenuti nella cosiddetta "envelope" del messaggio, per una breve durata non superiore comunque ai sette giorni").
3.3. La disciplina lavoristica.
La raccolta sistematica delle comunicazioni elettroniche in transito sugli account aziendali dei dipendenti in servizio, la loro memorizzazione per un periodo non predeterminato e comunque, allo stato, amplissimo e la possibilità per il datore di lavoro di accedervi per finalità indicate in astratto e in termini generali ˗ quali la difesa in giudizio o il perseguimento di un legittimo interesse ˗ consente alla società di effettuare il controllo dell'attività dei dipendenti.
Ciò risulta in contrasto con la disciplina di settore in materia di controlli a distanza (cfr. artt. 11, comma 1, lett. a) e 114 del Codice e art. 4, legge 20.5.1970, n. 300). Tale disciplina infatti, pure a seguito delle modifiche disposte con l'art. 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, non consente l'effettuazione di attività idonee a realizzare il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell'attività del lavoratore (v. Linee guida per posta elettronica e internet citate in premessa, spec. par. 4, 5.2. lett. b) e 6; Consiglio di Europa, Raccomandazione del 1 aprile 2015, CM/Rec(2015)5, spec. princ. 14).
Inoltre il datore di lavoro, pur avendo la facoltà di verificare l'esatto adempimento della prestazione lavorativa ed il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei dipendenti, deve in ogni caso salvaguardarne la libertà e la dignità (v., tra gli altri, Provv. n. 139 del 7 aprile 2011, doc. web n. 1812154; Provv. n. 308 del 21.7.2011, doc. web n. 1829641; Provv. 23 dicembre 2010, doc. web n. 1786116; si veda in proposito Cass. 31.3.2016, n. 13057, laddove si afferma che qualora "siano attivate caselle di posta elettronica – protette da password personalizzate – a nome di uno specifico dipendente, quelle «caselle» rappresentano il domicilio informatico proprio del dipendente […]. La casella rappresenta uno «spazio» a disposizione – in via esclusiva – della persona, sicché la sua invasione costituisce, al contempo, lesione della riservatezza"). Tanto più che l'assenza di una esplicita policy al riguardo può determinare una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione (cfr. Linee guida per posta elettronica e internet, cit., spec. 3; 5.2. lett. b), e 6.1.).
3.4. Trattamenti effettuati sulla posta elettronica aziendale dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Disattivazione account.
Con riferimento ai trattamenti effettuati sulla posta elettronica aziendale dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come già precisato dal Garante in precedenti occasioni, in conformità ai principi in materia di protezione dei dati personali, gli account riconducibili a persone identificate o identificabili devono essere rimossi previa disattivazione degli stessi e contestuale adozione di sistemi automatici volti ad informarne i terzi ed a fornire a questi ultimi indirizzi alternativi riferiti all'attività professionale del titolare del trattamento. L'interesse del titolare ad accedere alle informazioni necessarie all'efficiente gestione della propria attività, pertanto, deve essere contemperato con la legittima aspettativa di riservatezza sulla corrispondenza da parte dei dipendenti nonché dei terzi (v. provv.ti 30 luglio 2015, n. 456, doc. web n. 4298277; 5 marzo 2015, n. 136, doc. web n. 3985524 e 27 novembre 2014, n. 551, doc. web n. 3718714).
Non risulta conforme ai suesposti principi la procedura adottata dalla società a seguito del licenziamento del reclamante, consistente nella raccolta e accesso alle "e-mail in ingresso sull'account aziendale […] per un periodo […] inferiore a sei mesi" (v. precedente punto 1.2., lett. g.). Ciò indipendentemente dall'attivazione di un messaggio di risposta automatico che indicava al mittente un diverso account aziendale da contattare, considerato che la formula adottata risulta per di più fuorviante in quanto reca l'indicazione (ai terzi) che la casella "è stata disattivata" (v. e-mail 6.3.2017, All. 10 nota del reclamante 19.6.2017).
Si prende altresì atto che, allo stato, la società avrebbe invece adottato un sistema coerente con quanto indicato in proposito dall'Autorità, posto che in caso di cessazione del rapporto di lavoro l'account viene "disattivato" con attivazione di un "messaggio di mancato recapito" in caso di tentato invio di una comunicazione elettronica sull'account (v. precedente punto 1.4., lett. h.).
Si rammenta infine che, come precisato dal Garante, la disattivazione deve essere realizzata "secondo modalità tali da inibire in via definitiva la ricezione in entrata di messaggi diretti al predetto account, nonché la conservazione degli stessi su server aziendali" (v. Provv. 5 marzo 2015, n. 136, doc. web n. 3985524).
3.5. Conclusioni: illiceità del trattamento.
Per i suesposti motivi, considerato che il trattamento dei dati personali effettuato dalla società sugli account di posta elettronica aziendale risulta illecito per violazione degli articoli 3, 11, comma 1, lett. a), d) ed e), 13 e 114 del Codice, si dispone il divieto di ulteriore trattamento dei predetti dati, fatta salva la conservazione per esclusiva finalità di tutela dei diritti in sede giudiziaria, nei limiti posti dall'articolo 160, comma 6, del Codice, in base al quale "la validità, l'efficacia e l'utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali, ancorché non conforme a disposizioni di legge o di regolamento, restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale".
4. Aspetti sanzionatori.
L'Autorità si riserva di valutare, con autonomo procedimento, la sussistenza dei presupposti per la contestazione di violazioni amministrative nei confronti della società, in relazione all'omessa informativa agli interessati per i trattamenti effettuati attraverso il servizio di posta elettronica (v. precedente punto 3.1., in relazione all'art. 13 del Codice).
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 170 del Codice, chiunque, essendovi tenuto, non osserva il presente provvedimento di divieto è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e che, ai sensi dell'articolo 162, comma 2-ter del Codice, in caso di inosservanza del medesimo provvedimento, è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila a centottantamila euro.
TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE
1. ritenuto illecito, nei termini di cui in motivazione (punto 3.5.), il trattamento di dati personali effettuato dalla società sugli account di posta elettronica aziendale in violazione degli articoli 3, 11, comma 1, lett. a), d) ed e), 13 e 114 del Codice, ai sensi degli articoli 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice vieta l'ulteriore trattamento dei dati indicati in premessa, salva la loro conservazione per esclusiva finalità di tutela dei diritti in sede giudiziaria, nei limiti di cui all'articolo 160, comma 6 del Codice;
2. ai sensi dell'art. 157 del Codice, invita, altresì, entro 30 giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, a comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto vietato nel presente provvedimento e di fornire comunque un riscontro adeguatamente documentato. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta si sensi dell'articolo 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 164 del Codice.
Ai sensi degli articoli 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.
Roma, 1° febbraio 2018
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Soro
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia
KEYWORDS
#privacy e trattamento dei dati personali#account #email #società #posta #pagina #reclamare #nota #conservazione #server #trattamento
n° 22
Area: Normativa
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L'indennità di maternità, comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale. (1)
(1) Per l'applicazione delle disposizioni del presente articolo, si veda il D.M. 12 luglio 2007.
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23/01/2018 n° 922
Area: Prassi, Circolari, Note
Pervengono a questo Ufficio diverse richieste di autorizzazione allo svolgimento degli incarichi aggiuntivi di cui all’art. 19 CCNL 11/04/2006 integrato dal CCNL 15/07/2010 (area V dirigenza scolastica), prodotte non in conformità a quanto disposto dalla normativa vigente e a quanto già precisato con precedenti circolari di questo USR, relative alle disposizioni ed agli adempimenti concernenti gli incarichi aggiuntivi rientranti o meno nel regime di onnicomprensività del trattamento economico dei Dirigenti scolastici ed ai criteri generali in materia di conferimento degli incarichi istituzionali ed extraistituzionali del personale del MIUR.
Si ritiene, pertanto, opportuno richiamare le novità legislative più rilevanti in materia. In particolare si deve considerare la Legge n. 190/2012, in materia di anticorruzione e trasparenza nella Pubblica Amministrazione, che ha modificato l’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, con riguardo ai casi di incompatibilità e di incarichi ai dipendenti pubblici, nel quadro più generale dei principi di esclusività del rapporto di lavoro con l’Amministrazione a garanzia del buon andamento ed imparzialità dei pubblici Uffici.
In base a tale principio, in tutti i casi nei quali le SS.LL. intendano svolgere attività diverse da quelle propriamente istituzionali, si pone la necessità di presentare preventiva richiesta di autorizzazione (o comunicazione a seconda dei casi di seguito elencati) a questo USR.
Il concetto di preventività presuppone, infatti, che la richiesta sia presentata con un congruo anticipo rispetto all’inizio dell’attività per la quale si chiede l’autorizzazione, e comunque almeno 30 giorni prima dell’inizio effettivo della stessa, in modo da consentire all’Amministrazione una tempestiva valutazione della compatibilità dell’incarico con l’attività istituzionale svolta; la richiesta, inoltre, deve necessariamente contenere copia dell'atto di conferimento dell'incarico da autorizzare (contratto, lettera di incarico, delibera organo collegiale, decreto di approvazione della graduatoria ecc.) ovvero ogni altro atto o documento utile a verificare che l'attività da svolgere non sia suscettibile di pregiudicare il corretto e regolare svolgimento dei doveri d'ufficio e non persegue interessi in contrasto, anche potenziale, con quelli dell'Amministrazione (ex art. 53, comma 9, del Testo Unico, come modificato dalla Legge n. 190/2012 che ha introdotto il controllo dell’insussistenza di conflitti di interesse).
La mancata o tardiva richiesta di autorizzazione è, in base alla normativa vigente, pesantemente sanzionata. Si richiama, infatti, l'attenzione sul disposto dell'art. 53 comma 7 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui in caso di inosservanza del divieto di svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati, "salve le più gravi sanzioni e fermo restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato a cura dell'erogante o, in difetto del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti". Inoltre, ai sensi del nuovo comma 7 bis dell’articolo 53 del citato Testo Unico, "L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti".
Per quanto concerne il principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti scolastici, sancito dall’art. 24, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001, si ricorda che lo stesso, come declinato dall’art. 19 del CCNL 11/04/2006 e dallart. 10 del CCNL 15/07/2010, comporta l’assorbimento di una porzione variabile della remunerazione di ogni funzione o compito agli stessi attribuito. Nella scheda allegata si forniscono chiarimenti e precisazioni su quali incarichi aggiuntivi rientrino o meno nel regime di onnicomprensività e circa gli adempimenti che conseguono in ciascuna casistica.
In conclusione, si sottolinea come tutti gli incarichi, indipendentemente dal regime autorizzativo, dovranno in ogni caso risultare svolti con modalità compatibili con le previsioni di cui all’art. 15, comma 1, del CCNL 11/04/2006 e dall’art. 10 del CCNL 15/07/2010 – Area V, dunque in modo da garantire la corretta funzionalità dell’Istituzione scolastica.
Il direttore generale
Domenico PETRUZZO
(firmato digitalmente)
KEYWORDS
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n° 31
Area: Normativa
1. Per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione. Le stazioni appaltanti che ricorrono ai sistemi di acquisto e di negoziazione delle centrali di committenza nominano, per ciascuno dei detti acquisti, un responsabile del procedimento che assume specificamente, in ordine al singolo acquisto, il ruolo e le funzioni di cui al presente articolo. Fatto salvo quanto previsto al comma 10, il RUP è nominato con atto formale del soggetto responsabile dell’unità organizzativa, che deve essere di livello apicale, tra i dipendenti di ruolo addetti all’unità medesima, dotati del necessario livello di inquadramento giuridico in relazione alla struttura della pubblica amministrazione e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti per cui è nominato; la sostituzione del RUP individuato nella programmazione di cui all’articolo 21, comma 1, non comporta modifiche alla stessa. Laddove sia accertata la carenza nell’organico della suddetta unità organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio. L’ufficio di responsabile unico del procedimento è obbligatorio e non può essere rifiutato. (1)
2. Il nominativo del RUP è indicato nel bando o avviso con cui si indice la gara per l’affidamento del contratto di lavori, servizi, forniture, ovvero, nelle procedure in cui non vi sia bando o avviso con cui
si indice la gara, nell’invito a presentare un’offerta.
3. Il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti.
4. Oltre ai compiti specificatamente previsti da altre disposizioni del codice, in particolare, il RUP:
a) formula proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiorna‐ menti annuali, nonché al fine della predisposizione di ogni altro atto di programmazione di contratti pubblici di servizi e di forniture e della predisposizione dell’avviso di preinformazione;
b) cura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei programmi;
c) cura il corretto e razionale svolgimento delle procedure;
d) segnala eventuali disfunzioni, impedimenti, ritardi nell’attuazione degli interventi;
e) accerta la libera disponibilità di aree e immobili necessari;
f) fornisce all’amministrazione aggiudicatrice i dati e le informazioni relativi alle principali fasi di svolgimento dell’attuazione dell’intervento, necessari per l’attività di coordinamento, indirizzo e controllo di sua competenza e sorveglia la efficiente gestione economica dell’intervento;
g) propone all’amministrazione aggiudicatrice la conclusione di un accordo di programma, ai sensi delle norme vigenti, quando si rende necessaria l’azione integrata e coordinata di diverse amministrazioni;
h) propone l’indizione o, ove competente, indice la conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, quando sia necessario o utile per l’acquisizione di intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, permessi, licenze, nulla osta, assensi, comunque denominati;
i) verifica e vigila sul rispetto delle prescrizioni contrattuali nelle concessioni.
5. L’ANAC con proprie linee guida, da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente codice, definisce una disciplina di maggiore dettaglio sui compiti specifici del RUP, sui presupposti e sulle modalità di nomina, nonché sugli ulteriori requisiti di professionalità rispetto a quanto disposto dal presente codice, in relazione alla complessità dei lavori. Con le medesime linee guida sono determinati, altresì, l'importo massimo e la tipologia dei lavori, servizi e forniture per i quali il RUP può coincidere con il progettista, con il direttore dei lavori o con il direttore dell’esecuzione. Fino all’adozione di detto atto si applica l’articolo 216, comma 8.(1)
6. Per i lavori e i servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura il RUP deve essere un tecnico; ove non sia presente tale figura professionale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare.
7. Nel caso di appalti di particolare complessità in relazione all’opera da realizzare ovvero alla specificità della fornitura o del servizio, che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche, il responsabile unico del procedimento propone alla stazione appaltante di conferire appositi incarichi a supporto dell’intera procedura o di parte di essa, da individuare sin dai primi atti di gara.
8. Gli incarichi di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, direzione dell’esecuzione coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, nonché gli incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell’attività del responsabile unico del procedimento, vengono conferiti secondo le procedure di cui al presente codice e, in caso di importo inferiore alla soglia di 40.000 euro, possono essere affidati in via diretta, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). L’affidatario non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione
per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista. (1)
9. La stazione appaltante, allo scopo di migliorare la qualità della progettazione e della programmazione complessiva, può, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e nel rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa, istituire una struttura stabile a supporto dei RUP, anche alle dirette dipendenze del vertice della pubblica amministrazione di riferimento. Con la medesima finalità, nell’ambito della formazione obbligatoria, organizza attività formativa specifica per tutti i dipendenti che hanno i requisiti di inquadramento idonei al conferimento dell’incarico di RUP, anche in materia di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture.
10. Le stazioni appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni o enti pubblici individuano, secondo i propri ordinamenti, uno o più soggetti cui affidare i compiti propri del responsabile del procedimento, limitatamente al rispetto delle norme del presente decreto alla cui osservanza sono tenute.
11. Nel caso in cui l’organico della stazione appaltante presenti carenze accertate o in esso non sia compreso nessun soggetto in possesso della specifica professionalità necessaria per lo svolgimento dei compiti propri del RUP, secondo quanto attestato dal dirigente competente, i compiti di supporto all’attività del RUP possono essere affidati, con le procedure previste dal presente codice, ai soggetti aventi le specifiche competenze di carattere tecnico, economico‐ finanziario, amministrativo, organizzativo e legale, dotati di adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi professionali come previsto dall’articolo 24, comma 4, assicurando comunque il rispetto dei principi di pubblicità e di trasparenza. Resta fermo il divieto di frazionamento artificioso delle prestazioni allo scopo di sottrarle alle disposizioni del presente codice. Agli affidatari dei servizi di supporto di cui al presente comma si applicano le disposizioni di incompatibilità di cui all’articolo 24, comma 7, comprensive di eventuali incarichi di progettazione.
12. Il soggetto responsabile dell’unità organizzativa competente in relazione all’intervento, individua preventivamente le modalità organizzative e gestionali attraverso le quali garantire il controllo effettivo da parte della stazione appaltante sull’esecuzione delle prestazioni, programmando accessi diretti del RUP o del direttore dei lavori o del direttore dell’esecuzione sul luogo dell’esecuzione stessa, nonché verifiche, anche a sorpresa, sull’effettiva ottemperanza a tutte le misure mitigative e compensative, alle prescrizioni in materia ambientale, paesaggistica, storico‐architettonica, archeologica e di tutela della salute umana impartite dagli enti e dagli organismi competenti. Il documento di programmazione, corredato dalla successiva relazione su quanto effettivamente effettuato, costituisce obiettivo strategico nell’ambito del piano della performance organizzativa dei soggetti interessati e conseguentemente se ne tiene conto in sede di valutazione dell’indennità di risultato. La valutazione di suddetta attività di controllo da parte dei competenti organismi di valutazione incide anche sulla corresponsione degli incentivi di cui all’articolo 113. (1)
13. È vietata, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e nelle altre formule di partenariato pubblico‐ privato, l’attribuzione dei compiti di responsabile unico del procedimento, responsabile dei lavori, direttore dei lavori, di collaudatore allo stesso contraente generale o soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico‐privato o soggetti ad essi collegati.
14. Le centrali di committenza e le aggregazioni di stazioni appaltanti designano un RUP per le attività di propria competenza con i compiti e le funzioni determinate dalla specificità e complessità dei processi di acquisizione gestiti direttamente.
(1) Comma così modificato dal d.lgs. 56/2017 con effetto a decorrere dal 20 maggio 2017.
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#appalti e contratti pubblici (in generale)#appalti e contratti pubblici: concessione di servizi#rup #appaltare #stazione #responsabile #procedimento #compito #programmazione #esecuzione #lavoro #progettazione
01/03/2018 n° 264
Area: Prassi, Circolari, Note
Delibera numero 264 del 01 marzo 2018
Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 aprile 2018, n. 80
Il presente Regolamento entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Il Consiglio
VISTA la legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) e, in particolare, l’articolo 1, commi da 1 a 3, riguardanti le competenze attribuite alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, poi denominata Autorità nazionale anticorruzione (di seguito, ANAC);
VISTO il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 (“Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza negli uffici giudiziari) e, in particolare, l’articolo 19, che ha disposto il trasferimento all’ANAC dei compiti e delle funzioni svolti dalla soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), nonché delle funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 1, commi 4, 5 e 8 della legge 190/2012 e all’articolo 48 del l. lgs. 33/2013;
VISTO l’art. 1, co. 32, della legge 190/2012, che sancisce l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di pubblicare, sui propri siti web istituzionali, con riferimento ai procedimenti di cui al comma 16, lettera b) della stessa legge, le informazioni relative alla struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate e di trasmetterle, in formato digitale, all’Anac, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini;
VISTO l’art. 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese) convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 che istituisce, presso l’ANAC, l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA);
VISTO il decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, con il quale sono state attribuite all’ANAC, specifiche competenze in funzione di spending reviewe di vigilanza sulla spesa pubblica concernenti beni e servizi, rispettivamente disciplinate dall’art. 9 co. 1, 2, e 7 e dall’art. 10, co. 3 e 4, lettere a) e b), dello stesso testo normativo;
VISTA la delibera ANAC del 26 novembre 2014, con la quale sono state fornite le disposizioni attuative per la trasmissione delle informazioni necessarie all’elaborazione dei prezzi di riferimento, di cui all’art. 9, co. 7 del d.l. 66/2014 e allo svolgimento delle funzioni di vigilanza di cui all’art. 10 del medesimo testo normativo;
VISTO l’art. 217 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), che abroga il d.lgs. 163/2006 e il d.p.r. 207/2010 (recante il relativo regolamento di esecuzione ed attuazione), secondo le modalità e i tempi stabiliti dall’art. 216 e dal medesimo art. 217 del d.lgs. 50/2016;
VISTO l’art. 62-bis, del d.lgs. 82/2005 che istituisce la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (di seguito BDNCP) presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, oggi Anac;
VISTO l’art. 60, co. 3-bis, del d.lgs. 82/2005 che include la BDNCP tra le basi di dati di interesse nazionale;
VISTO l’art. 213, co. 8, del d.lgs. 50/2016 che attribuisce alla gestione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici nella quale confluiscono tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive;
VISTO l’art. 213, co. 9, del d.lgs. 50/2016 che attribuisce all’ANAC il compito di definire le modalità di funzionamento dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché le informazioni obbligatorie, i termini e le forme di comunicazione che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a trasmettere all'Osservatorio;
VISTO l’art. 213, co. 10, del d. lgs. 50/2016 che attribuisce all’ANAC la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l'Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall'articolo 80 del suddetto decreto legislativo;
VISTA la Delibera ANAC n. 39 del 20 gennaio 2016 recante “Indicazioni alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165 sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione e di trasmissione delle informazioni all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell’art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012, come aggiornato dall’art. 8, comma 2, della legge n. 69/2015”
VISTO l’art. 216, co. 13, del d. lgs. 50/2016 che stabilisce che fino alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 81, co. 2, del medesimo decreto legislativo, le stazioni appaltanti e gli operatori economici utilizzano la banca dati AVCPASS istituita presso l'ANAC per la verifica del possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure di gara;
VISTO il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), così come modificato dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) e, in particolare l’art. 5, comma 2, sull’accesso generalizzato.
VISTO l’art. 50, co. 1, del d.lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) che prevede che i dati formati, raccolti e conservati dalle pubbliche amministrazioni sono resi disponibili e accessibili alle condizioni fissate dall’ordinamento;
VISTO l’art. 60, co. 1 del d.lgs. 82/2005 che definisce base di dati di interesse nazionale l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni, anche per fini statistici, per l'esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti;
VISTO l’art. 60, co. 2, del d.lgs. 82/2005 che dispone che, ferme le competenze di ciascuna pubblica amministrazione, le basi di dati di interesse nazionale costituiscono, per ciascuna tipologia di dati, un sistema informativo unitario che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l'allineamento delle informazioni e l'accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni interessate; VISTO l’art. 18 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) recante principi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici;
VISTO l’art. 19 del d.lgs. 196/2003 recante principi applicabili al trattamento di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari;
VISTO l’art. 8 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica) convertito, con modificazioni, in legge 6 luglio 2012, n. 94, che stabilisce che l'Osservatorio rende pubblici, attraverso il proprio portale, i dati e le informazioni comunicati dalle stazioni appaltanti ai sensi dell’'articolo 7, comma 8, lettere a) e b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, con modalità che consentano la ricerca delle informazioni anche aggregate relative all'amministrazione aggiudicatrice, all’operatore economico aggiudicatario ed all’oggetto di fornitura;
VISTO l’art. 2, co. 5, del d.lgs. 82/2005 il quale riguardo alle finalità e all’ambito di applicazione dello stesso d.lgs. 82/2005 prevede che sia applicata la disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
VISTO il provvedimento n. 393 del 2 luglio 2015 del Garante per Protezione dei dati personali recante “ Misure di sicurezza e modalità di scambio dei dati personali tra amministrazioni pubbliche”;
VISTO il provvedimento n. 243 del 15 maggio 2014 del Garante per Protezione dei dati personali recante le “Linee guida del Garante per la protezione dei dati personali in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”;
VISTO il Regolamento ANAC del 31 maggio 2016 concernente l’accesso ai documenti formati o detenuti dall’Autorità ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
VISTO il Regolamento generale sulla protezione dei dati, Reg. (UE) 2016/679 RAVVISATA la necessità di regolamentare i criteri e le modalità di accesso, comunicazione, diffusione dei dati raccolti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici , sulla base della tipologia di dato, del diverso grado di conoscibilità dello stesso nonché della tipologia del soggetto fruitore;
RITENUTO di dare pubblicità ai dati personali per i quali è già previsto un regime di conoscibilità, eliminando gli indirizzi di posta elettronica in coerenza con il principio di pertinenza e non eccedenza di cui all’art. 11 del d.lgs. 196/03 e con il principio di “minimizzazione dei dati” di cui all’art. 5 del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali Reg. (UE) 2016/679 Visto il parere del Garante per la protezione dei dati personali n. 77 del 15 febbraio 2018
ADOTTA
Il “Regolamento concernente l’accessibilità dei dati raccolti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici”
Art. 1 Definizioni
Nel presente Regolamento si adottano, mutuando anche quanto previsto all’art. 4 del d. lgs. 196/2003 e s.m.i., le seguenti definizioni: per “dato accessibile”, si intende il dato reso conoscibile; per “trattamento”, si intende qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati; per “dato personale”, si intende qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale; per “dati giudiziari”, si intendono i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale; per “dati sensibili” si intendono i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; per “dati identificativi”, si intendono dati personali che permettono l’identificazione diretta dell'interessato; per “interessato”, si intende la persona fisica cui si riferiscono i dati personali; per “comunicazione”, si intende il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall'interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione; per “diffusione”, si intende il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione; per “banca dati”, si intende qui qualsiasi complesso organizzato di dati incluso il relativo sistema di gestione (Data Base Management System) che ne abilita il trattamento.
Art. 2 Oggetto
Il presente Regolamento disciplina l’accessibilità ai dati presenti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici (di seguito BDNCP). Restano esclusi dall’ambito applicativo del presente Regolamento:
il trattamento dei dati sensibili e giudiziari e le modalità di accesso ai documenti amministrativi, sia cartacei che telematici, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, già disciplinati dai regolamenti in uso presso l’Autorità; le modalità di acquisizione dei dati mediante il sistema AVCpass per le finalità di cui all’art. 81 del d.lgs. 50/2016, secondo quanto previsto dall’art. 216, co. 13, del medesimo testo normativo; il diritti di accesso ai dati personali esercitato dagli interessati ai sensi dell’art. 7 del d. lgs. 196/03; le attività di pubblicazione obbligatoria, sul sito web istituzionale, dei dati, informazioni, atti e documenti relativi all’organizzazione e all’attività dell’ANAC previste dalla normativa vigente in materia di trasparenza e pubblicità delle pubbliche amministrazioni e le modalità per l’esercizio dell’accesso civico di cui all’art. 5 comma 1 del d.lgs. 33/2013.
Art. 3 Tipologie di dati resi accessibili
Sono rese accessibili le seguenti tipologie di dati contenute nella BDNCP:
Dati identificativi delle stazioni appaltanti (Codice Fiscale; Partita IVA; Denominazione; Provincia; Città; CAP; pec/e-mail); Dati identificativi delle SOA (Codice Fiscale; Partita IVA; Denominazione; Provincia; Città; CAP; pec/e-mail); Dati identificativi dei soggetti a diverso titolo coinvolti nelle procedure di affidamento dei contratti (Amministrazione o Denominazione/Ragione Sociale dell’Operatore Economico cui appartiene il soggetto; Cognome; Nome); Dati identificativi degli operatori economici (Codice Fiscale; Partita IVA; Denominazione); Dati relativi alle attestazioni SOA possedute dai soggetti qualificati; Dati relativi ai Certificati Esecuzione Lavori (CEL); Dati relativi al Casellario Informatico delle imprese ad eccezione delle annotazioni riservate ; Dati relativi all’appalto (informazioni contenute nel bando; informazioni relative alla procedura di scelta del contraente; imprese partecipanti); Dati relativi al contratto: dati relativi all’aggiudicatario (Codice Fiscale; Partita IVA; Denominazione), importi di aggiudicazione; date di inizio e fine contratto; Dati relativi allo stato avanzamento lavori; Dati relativi alle varianti; Dati relativi a interruzioni e sospensioni dei lavori; Dati relativi al collaudo; Dati relativi al subappalto; Dati relativi ai prezzi di riferimento di cui all’art. 9 del decreto-legge. 66/2014; Dati identificativi dei Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza delle amministrazioni, dei Responsabili per l’amministrazione dell’Anagrafe Unica delle stazioni appaltanti (Amministrazione; Cognome; Nome;).
I dati acquisiti da soggetti terzi sono presentati e resi accessibili così come ricevuti da parte del soggetto responsabile della comunicazione degli stessi all’ANAC. L’ANAC esegue i controlli di propria competenza e, qualora emergano incompletezze o incoerenze, ne dà comunicazione al soggetto o all’Amministrazione che li ha trasmessi affinché provveda alle dovute modifiche o integrazioni. I dati personali resi accessibili sono esclusivamente quelli per i quali è già previsto un regime di pubblicità ai sensi della normativa vigente. L’ANAC è titolare del trattamento e garantisce i diritti dell’interessato che possono essere esercitati ai sensi della normativa vigente.
Art. 4 Libera accessibilità ai dati
Chiunque può accedere ai dati di cui all’art. 3, nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali, attraverso apposite modalità intese quali servizi di consultazione disponibili sul portale dell’ANAC, la quale ne disciplina le caratteristiche tecniche. I dati liberamente accessibili sono riutilizzabili secondo le modalità di cui all’art. 7 del d.lgs. 33/2013. Sono escluse dall’accesso libero le annotazioni riservate inserite nel casellario informatico delle imprese di cui alla lettera g) dell’art. 3, il cui accesso resta regolamentato dalle specifiche disposizioni di settore.
Art. 5 Accessibilità regolamentata ai dati
L’ANAC valuta le richieste che comportino un accesso massivo ai dati ovvero complesse attività di estrazione o che richiedano specifiche modalità tecniche di accesso, e, se ritenute ammissibili anche al fine di perseguire i propri obiettivi istituzionali, mette a disposizione i dati:
mediante servizi di cooperazione applicativa che consentono l’interoperabilità e lo scambio di dati puntuali o massivi tra la BDNCP e le banche dati di altre pubbliche amministrazioni; mediante estrazioni e/o elaborazioni specifiche; in tali casi l’ANAC, valutate entro 30 giorni l’ammissibilità e le condizioni per la accessibilità ai dati richiesti, ne dà comunicazione al richiedente. Entro i 30 giorni successivi dalla data di comunicazione di ammissibilità, l’ANAC fornisce i dati richiesti salvo esigenze elaborative legate alla natura e alla complessità dei dati.
Per l’accesso ai dati secondo le modalità di cui alle lettere a) e b), si può prevedere la stipula di un protocollo d’intesa o convenzione tra le parti su iniziativa dell’ANAC o della parte interessata. Qualora le richieste non siano riconducibili ad un protocollo d’intesa o convenzione già esistente, l’accesso ai dati è autorizzato dal Consiglio o, in via d’urgenza, dal Presidente, previa istruttoria degli uffici competenti che ne verificano la pertinenza, la fattibilità tecnica e la sostenibilità economica. Per l’accesso ai dati con le modalità di cui al presente articolo, di cui l’Autorità disciplina le caratteristiche tecniche, deve essere inviata istanza all’ANAC utilizzando esclusivamente la modulistica prevista disponibile sul sito dell’ANAC nella sezione Servizi-Modulistica, specificando le finalità di trattamento dei dati. In relazione alla tipologia della richiesta, l’ANAC individuerà eventuali costi a carico del richiedente connessi all’erogazione del servizio. Al fine di garantire la protezione dei dati personali nell’ambito dei trasferimenti effettuati ai sensi del presente articolo sono adottate idonee misure di sicurezza.
Art. 6 Richieste di accesso generalizzato
Le richieste di accesso generalizzato ai sensi dell’art. 5 comma 2 del d.lgs. 33/2013 sono, di norma, soddisfatte mediante il rinvio ai dati resi pubblici secondo le modalità di cui all’art. 4 del presente regolamento. Nei rimanenti casi, si procede fornendo riscontro secondo le procedure stabilite nell’apposito regolamento interno dell’Autorità sull’accesso generalizzato.
Art. 7 Disposizioni transitorie
Fino al momento della completa disponibilità dei servizi di cui all’art. 4, le richieste riguardanti dati non già liberamente accessibili attraverso il portale dell’Autorità sono formulate utilizzando l’apposita modulistica messa a disposizione sul sito dell’ANAC.
Art. 8 Entrata in vigore
Il presente Regolamento entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Approvato dal Consiglio nella seduta del 1 marzo 2018
Il Presidente Raffaele Cantone
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 22 marzo 2018
Il Segretario, Maria Esposito
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Area Tematica: Autonomia gestionale e finanziaria
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Acquisti/forniture/contratti: fattura elettronica
Acquisti/forniture/contratti: gara per le assicurazioni
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