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    Data di pubblicazione: 08/07/2025

  • I verbali del collegio docenti debbano essere sottoposti ad approvazione dello stesso collegio?
  • Riguardo alla redazione e approvazione dei verbali degli organi collegiali della scuola, e in genere di tutti gli organi collegiali della pubblica amministrazione, non si riscontrano norme positive ma si procede sulla base di orientamenti giurisprudenziali e di indicazioni dottrinali; e alla luce di tali orientamenti e indicazioni saranno di seguito esaminate le questioni poste nel quesito. Il verbale di una seduta di un organo collegiale ha una funzione storico-documentale. Quindi non può mancare e il presidente del collegio deve porlo in approvazione al termine della seduta, dopo la lettura, o portarlo in lettura e approvazione nella seduta successiva. Attraverso la lettura e approvazione del verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, il collegio effettua un riesame dell’attività del segretario , controllando ciò che è stato realmente fatto e, se del caso, apportando le dovute modifiche; si accerta – in altre parole - che il contenuto del verbale corrisponda esattamente allo svolgimento della riunione e alle dichiarazioni rese dai componenti. Il verbale dovrebbe essere letto e approvato alla fine della riunione o, come di suole dire, seduta stante. Tuttavia, anche sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, è consentito che, in ragione della complessità di una precisa verbalizzazione immediata, la lettura e l’approvazione del verbale siano poste all’ordine del giorno della seduta successiva (per prassi al primo punto). Ne consegue che in detta riunione il presidente, dopo la lettura e l’esame di eventuali modifiche e integrazioni, su cui il collegio è chiamato a votare con puntuale registrazione nel verbale della riunione stessa, ponga in votazione il verbale della seduta precedente come eventualmente modificato e/o integrato a seguito delle osservazioni e richieste di uno o più componenti. Quindi l’approvazione del verbale, in quanto pronunciamento dell’organo collegiale riguardo la redazione della seduta precedente, costituisce una delibera e come tale deve essere riportata nel verbale della seduta in cui è stata assunta. Detto questo è bene ricordare che una cosa è la delibera dell’organo collegiale su un a determinata questione posta all’ordine del giorno, altra cosa è la approvazione del verbale della seduta in cui è stata assunta. La delibera, ferma restando la possibilità di richiesta d i riesame (DPR 275/1999 art. 14), infatti, è immediatamente esecutiva, anche se il relativo verbale viene letto e approvato in seduta successiva o, addirittura, non viene approvato.. La questione più rilevante, in caso di mancata approvazione del verbale di una seduta di un organo collegiale, concerne appunto la validità ed efficacia delle deliberazioni assunte e riportate nel verbale. Infatti, secondo costante giurisprudenza e orientamento dottrinale, non è necessaria l’intervenuta approvazione del verbale per dare esecuzione a quanto deliberato. Il Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 6208 dell’11/12/2001) ha precisato che “l’esistenza giuridica di una deliberazione collegiale è riconducibile alla sola manifestazione di volontà dell’organo, indipendentemente dalla verbalizzazione della stessa; sono infatti due momenti distinti la manifestazione di volontà, che costituisce il contenuto della deliberazione, e la verbalizzazione che riproduce e documenta tale manifestazione attestandone l’esistenza, ma che, sebbene necessaria, non è determinante per la formazione della volontà dell’organo collegiale. La sottoscrizione del verbale da parte del Presidente e del Segretario, prima della sua approvazione, serve a far fede di quanto deliberato nella seduta, la cui approvazione, per prassi normale, è approvata nella seduta successiva; tale approvazione garantisce che il verbale, sottoscritto dal solo Presidente e dal Segretario, risponda esattamente a quanto deliberato”. In materia il TAR Sicilia, sez. staccata di Catania, sez. III Sent. 02/07/2002 n. 1635, rifacendosi a precedenti sentenze del giudice amministrativo (TAR Lazio, sez. I, 31 dicembre 1990, n. 1339; TAR Lazio Sez. I, 14 gennaio 2000,n. 103; Consiglio di Stato IV, 30 gennaio 2001,n. 709) “le deliberazioni degli organi collegiali vengono in essere e producono effetti sostanziali nella seduta in cui componenti del collegio hanno espresso la loro determinazione in ordine ad un determinato affare, e non quando viene approvato il verbale della seduta, dal momento che l’approvazione non incide in alcun modo sull’oggetto in precedenza esaminato, esprimendo unicamente il convincimento del Collegio circa la corrispondenza tra la verbalizzazione e la deliberazione all’epoca assunta”. E, ancora, “il verbale è pienamente esecutivo e fa prova anche prima dell’approvazione della seduta successiva fino a eventuale querela di falso” (Cons, Stato – Sez. IV – dec. 454 del 6/7/1982; Cons. Stato , sez. IV – dec. 600 del 27/10/1965). Anche la dottrina si muove nella stessa direzione. “Le deliberazioni prese sono valide anche nel caso in cui la lettura del verbale venga omessa e anche nel caso in cui non venga approvato” (Luigi Agazzi, in “Struttura, organizzazione, attività degli organi collegiali”, Editrice La Scuola, 1982, pag. 121). E, infine, sulla questione dell’approvazione del verbale nella seduta successiva, il TAR del Lazio, sentenza 939 del 2/2/2004, precisa che “l’approvazione del verbale non è elemento costitutivo della delibera collegiale né elemento essenziale dell’atto che la documenta, ma soltanto momento di perfezionamento dell’iter procedurale, che ha rilievo determinante per i componenti del Collegio che hanno adottato la delibera, lasciando aperto il termine per una loro eventuale impugnativa di detto verbale”. Circa l’approvazione del verbale si fa presente che talvolta si ritiene che il verbale non sia stato approvato in quanto la mozione di approvazione non ha conseguito la maggioranza dei presenti, ma, giusto quanto prevede l’art. 37 del D. Lgs. 297/1994, una proposta si intende approvata se consegue la maggioranza dei voti “validamente espressi”: e i voti “validamente espressi” , come precisato in alcune note ministeriali, a meno che il regolamento di istituto non preveda altrimenti, sono quelli a favore e quelli contro: gli astenuti non si contano. Si riporta in merito la nota ministeriale 771 dell’8 aprile 1980: .“In relazione alle disposizioni dell’art. 28 del D.P.R. 416/1974 (articolo integralmente trasfuso nel citato articolo 37 del T.U; n.d.r) ), rimane del tutto irrilevante il comportamento di coloro che, pur essendo presenti e concorrendo, quindi, a formare la validità della seduta, con la dichiarazione di astensione non hanno espresso alcun voto. Sono anche irrilevanti ai fini della determinazione del quorum in esame i voti nulli e le schede bianche in quanto entrambi non possono ritenersi voti validamente espressi, i primo perché invalidi e i secondi perché non contengono una precisa manifestazione di volontà” Quindi, segnalata l’opportunità di una verifica in tal senso, ove comunque il numero di contrari sia superiore a quello dei favorevoli, il verbale, redatto dal segretario e controfirmato da presidente, resta agli atti così come è: potrà essere impugnato per falso, ma fino alla eventuale pronuncia giurisprudenziale, continua a fare fede. Infine, se il verbale non viene approvato, è necessario che agli atti rimangano: il verbale redatto dal segretario e controfirmato dal presidente e, nel caso di lettura e approvazione nella riunione successiva, puntuale registrazione nel verbale di detta riunione della mancata approvazione.

    Data di pubblicazione: 08/07/2025

  • Esami di Stato e rimborsi spese: è lecito basarsi sulla sede di servizio anziché sul domicilio dichiarato per il calcolo del compenso quadro B?
  • In tema di compensi da corrispondere ai Presidenti ed ai Commissari impegnati negli esami di Stato, anche per questo anno scolastico, la normativa cui fare riferimento è il D.I. 24 maggio 2007 e le relative indicazioni di cui alla Nota prot. n. 7054 del 2.07.2007 e prot. n. 7321 del 12 novembre 2012 del Ministero dell'Istruzione. I compensi per gli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore sono omnicomprensivi e sostitutivi di ogni altro emolumento accessorio. Il MIUR, con la nota prot. n. 5850 del 23.06.2015, ha fornito ulteriori chiarimenti sui compensi degli Esami di Stato, al fine di uniformare l'operato delle singole Istituzioni Scolastiche, in relazione ai costi relativi allo svolgimento degli esami medesimi. Relativamente ai tempi di percorrenza, è stato chiarito che, ai fini del calcolo del compenso da corrispondere ai commissari esterni, non assumono alcuna rilevanza nè i mezzi effettivamente utilizzati per l'espletamento dell'incarico, nè le spese effettivamente sostenute (spese di viaggio, vitto, pernottamento, ecc.), dovendosi fare riferimento esclusivo ai tempi di percorrenza come individuati e definiti dall'articolo 1, comma 2, del Decreto Interministeriale citato. Pertanto, il compenso da corrispondere per la trasferta al commissario è unicamente quello di cui al QUADRO B - Tabella 1 allegata al D.I. 24.05.2007, spettante in base al tempo di percorrenza tra la sede di servizio o di residenza (dichiarate dagli interessati) e la sede d'esame; tra la sede di servizio e di residenza si considera quella più vicina (sempre in termini di tempo di percorrenza) alla sede d'esame. Per sede di servizio si intende in maniera inequivocabile la sede dell'Istituto scolastico principale, sede di Dirigenza. Inoltre, il Ministero dell'Istruzione, sempre nella nota N. 7054/2007 ha chiarito che devono essere prese in considerazione esclusivamente le indicazioni riferite alla sede di servizio o di residenza dichiarate dagli interessati in occasione della presentazione della domanda e riportate sui tabulati elaborati dal Sistema Informativo. In riferimento alla normativa citata, si ritiene corretta la considerazione da parte della scuola di riferirsi alla sede di servizio al fine della corresponsione del compenso di cui trattasi.

    Data di pubblicazione: 08/07/2025

  • Come calcolare i compensi per la trasferta di una commissione d'esame che si reca presso il domicilio di uno studente in istruzione domiciliare?
  • In tema di compensi da corrispondere ai Presidenti ed ai Commissari impegnati negli esami di Stato, anche per questo anno scolastico, la normativa cui fare riferimento è il D.I. 24 maggio 2007 e le relative indicazioni di cui alla Nota prot. n. 7054 del 2.07.2007 e prot. n. 7321 del 12 novembre 2012 del Ministero dell'Istruzione. I compensi per gli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore sono omnicomprensivi e sostitutivi di ogni altro emolumento accessorio. Il MIUR, con la nota prot. n. 5850 del 23.06.2015, ha fornito ulteriori chiarimenti sui compensi degli Esami di Stato, al fine di uniformare l'operato delle singole Istituzioni Scolastiche, in relazione ai costi relativi allo svolgimento degli esami medesimi. Relativamente ai tempi di percorrenza, è stato chiarito che, ai fini del calcolo del compenso da corrispondere ai commissari esterni, non assumono alcuna rilevanza nè i mezzi effettivamente utilizzati per l'espletamento dell'incarico, nè le spese effettivamente sostenute (spese di viaggio, vitto, pernottamento, ecc.), dovendosi fare riferimento esclusivo ai tempi di percorrenza come individuati e definiti dall'articolo 1, comma 2, del Decreto Interministeriale citato. Pertanto, il compenso da corrispondere per la trasferta al commissario è unicamente quello di cui al QUADRO B - Tabella 1 allegata al D.I. 24.05.2007, spettante in base al tempo di percorrenza tra la sede di servizio o di residenza (dichiarate dagli interessati) e la sede d'esame; tra la sede di servizio e di residenza si considera quella più vicina (sempre in termini di tempo di percorrenza) alla sede d'esame. Per sede di servizio si intende in maniera inequivocabile la sede dell'Istituto scolastico principale, sede di Dirigenza. Inoltre, il Ministero dell'Istruzione, sempre nella nota N. 7054/2007 ha chiarito che devono essere prese in considerazione esclusivamente le indicazioni riferite alla sede di servizio o di residenza dichiarate dagli interessati in occasione della presentazione della domanda e riportate sui tabulati elaborati dal Sistema Informativo. Le classi abbinate in un'unica commissione d'esame possono appartenere ad istituti diversi entrambi sede d'esame, talvolta ubicati in comuni diversi. Pertanto, per i periodi nei quali tutti o parte dei membri della commissione operano anche nell'altra sede d'esame, la quota del compenso per trasferta deve essere rideterminata prendendo a riferimento i tempi di percorrenza intercorrenti tra sede di servizio o di residenza e la seconda sede d'esame. In questo caso, quindi, il compenso previsto dal Quadro B, deve essere determinato proporzionalmente in base al periodo impiegato in ciascuna delle sedi di esame, prendendo a riferimento i tempi di percorrenza intercorrenti tra la sede di servizio o o di residenza ed ognuna delle sedi di esame stesse. Esempio: dal 21 giugno al 9 luglio per un totale di 19 giorni. La Commissione opera per 3 giorni in una sede il cui compenso per la trasferta è di € 568,00 e per 16 giorni in altra sede il cui compenso è di € 171,00. Il calcolo è il seguente: 568,00/19 x 3 + 171,00/19 x 16. Nel caso la commissione si riunisca nella stessa giornata su entrambe le sedi, si ritiene che il compenso per quella giornata vada calcolato sulla sede più favorevole all'Amministrazione, secondo un principio generale adottato anche nel calcolo della distanza per il compenso relativo alla trasferta. Per analogia, presupponendo che lo studente in istruzione domiciliare si trovi in un Comune diverso da quello dove è ubicata la scuola sede di esame, (anche se non specificato nel quesito) sarà attribuito il compenso per trasferta per le 5 giornate di impegno, calcolando i tempi di percorrenza tra la sede di esame o di residenza di ogni docente (si considera quella più vicina, sempre in termini di tempo di percorrenza) ed il Comune dove risiede lo studente.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Alcuni dubbi sulla corretta procedura da seguire per stipulare accordi di rete con una scuola paritaria privata....
  • L’articolo 7 del DPR n. 275/1999 ha introdotto l’istituto giuridico delle reti di scuole affinché sia data facoltà alle istituzioni scolastiche di promuovere accordi di rete o di aderire a essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. Come dispone il comma 2 di detto articolo, l'accordo può riguardare “attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma restando l'autonomia dei singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le finalità istituzionali”. Il comma 9, poi, dispone che alle istituzioni scolastiche è consentita la promozione e la partecipazione “ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale.” Ma già l’articolo 6 del citato DPR, anticipando i contenuti dell’articolo 7, prevede che le istituzioni scolastiche esercitano l'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo “singolarmente o tra loro associate”. L’articolo 9, poi, nell’ambito dell’ampliamento dell'offerta formativa, focalizza la sua attenzione sulla possibilità per le istituzioni scolastiche di “promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti.” Successivamente, la Legge n. 107/2015 ha potenziato l’istituto giuridico delle reti ampliandone l’oggetto con la razionalizzazione degli adempimenti amministrativi a carico delle istituzioni scolastiche. Infatti, il comma 73 dell’articolo 1 dispone che, attraverso la collaborazione tra il personale di segreteria in servizio presso le istituzioni in rete, può svolgersi “l'istruttoria sugli atti relativi a cessazioni dal servizio, pratiche in materia di contributi e pensioni, progressioni e ricostruzioni di carriera, trattamento di fine rapporto del personale della scuola, nonché sugli ulteriori atti non strettamente connessi alla gestione della singola istituzione scolastica”. Con la Nota 7 giugno 2016, n. 2151, il Ministero ha fornito indicazioni per la formazione delle reti ai sensi della Legge n.107/2015 (articolo 1, commi 70, 71, 72 e 74) nonché dei modelli per la sottoscrizione degli accordi. In quello riguardante la costituzione di una rete di scopo ai sensi dell’articolo 7 del DPR n. 275/1999 è espressamente previsto che il dirigente scolastico, in qualità di legale rappresentante pro-tempore dell’istituzione scolastica, sia autorizzato alla stipulazione dell’accordo per effetto della relativa delibera del consiglio d'istituto. Infine, l’articolo 45, comma 1, lettere f) e h) del D.I. n. 129/2018 richiamato nel quesito prevede che il consiglio di istituto deliberi in ordine sia all'adesione a reti di scuole e consorzi che alla partecipazione dell'istituzione scolastica a iniziative con il coinvolgimento di agenzie, enti, università, soggetti pubblici o privati. Alla luce di tale quadro, la stipulazione dell’accordo di rete da parte del dirigente scolastico senza previa delibera del consiglio di istituto non rispetta il regolare iter previsto dalla normativa vigente. Peraltro, si fa presente che sempre il comma 2 del già citato articolo 7 del DPR n. 275/1999 puntualizza che, qualora l'accordo preveda attività didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, esso deve essere approvato non solo dal consiglio di circolo o di istituto, ma anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Chiarimenti sulla corretta interpretazione normativa e contrattuale relativa alla liquidazione dell'indennità sostitutiva per ferie non godute agli eredi del docente...
  • L'ARAN, con l'OA RAL 4 novembre 2013 (in riferimento alla sospensione cautelare) ha affermato che "durante il periodo di sospensione il dipendente non matura ferie, per la mancanza del necessario presupposto della prestazione lavorativa effettivamente reso (sul necessario collegamento delle ferie al servizio effettivamente prestato si veda Corte Cass. n.6872 del 1988 e n.504 del 1985 – sull’impossibilità di maturare le ferie in caso di assenza non retribuita si veda Corte Cass. 1315 del 1985). Infatti, la giurisprudenza del lavoro tende a collegare il diritto alla maturazione delle ferie al solo servizio effettivamente prestato. Conseguentemente, a seguito della riammissione in servizio, il dipendente non ha giorni di ferie maturati durante il periodo di sospensione e non fruiti a causa della stessa". Pertanto: - durante il periodo di sospensione il dipendente non matura ferie; - spetta il pagamento delle ferie maturate prima del periodo di sospensione e non godute. Per quanto concerne le ferie non godute, la RTS di Milano, con Circolare del 21 giugno 2012, dopo aver richiamato il calcolo della citata Circolare n. 244/1999, ha precisato che gli emolumenti, su base mensile, su cui effettuare il calcolo sono: - stipendio come da CCNL vigente; - indennità integrativa speciale; - RPD; - CIA; - indennità di vacanza contrattuale; - assegno di valorizzazione ATA (personale a t.i.). La retribuzione di riferimento è quella percepita nell'ultime mese di servizio. A nostro avviso, e fatte salve diverse indicazioni da parte della RTS competente, il calcolo delle ferie non godute include anche il rateo di tredicesima. Il M.I.M., con Nota prot. n. 452 del 2 agosto 2002, ha precisato che alla determinazione della retribuzione da utilizzare per il calcolo del compenso sostitutivo concorrono, oltre al trattamento economico fondamentale, anche tutti i tipi di compenso accessorio che si concretizzano in emolumenti fissi continuativi.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • È legittimo che un dirigente del Comune invii alla scuola una richiesta di accesso agli atti sulla procedura seguita dalla scuola per individuare l'operatore economico?
  • Una amministrazione comunale può esercitare nei confronti di una istituzione scolastica il diritto di accesso documentale dimostrando nell’istanza, secondo quanto disposto dalla legge 241/1990 (art. 22 comma 1 lettera a) e dal DPR 184/1996 (art. 2), di possedere un interesse: -diretto: ossia afferente alla sfera del richiedente e attinente o connesso alla documentazione richiesta e con le ragioni poste a fondamento dell’istanza; -concreto: avente cioè una consistenza tale da consentire una effettiva e seria realizzazione della situazione oggettiva del richiedente; -attuale; caratteristica da riferire alla richiesta di accesso -corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Da quanto sopra si desume che è precluso, secondo la legge, l’accesso per motivi di pura curiosità: il cosiddetto accesso esplorativo (Consiglio di Stato, sentenza n. 5571 del 18/10/2011: “Il diritto di accesso non può essere utilizzato come strumento per un mero generico e generalizzato controllo esplorativo sull’azione amministrativa per verificare la possibilità di eventuali, future lesioni di interessi privati , né può essere configurato come un particolare tipo di azione popolare”. Detto questo in via generale, e venendo alla questione concreta posta nel quesito, l’amministrazione comunale non ha,” ex se”, un diritto conoscitivo relativo alla amministrazione e gestione di una istituzione scolastica, dotata – come rilevato nella descrizione del quesito – di una sua autonomia, tra l ‘altro, di rango costituzionale (D, Lgs. 165/2001 art. 1 comma 2). Tuttavia, circa la documentazione richiesta (a parte la genericità onnicomprensiva dell’istanza) riguardo alla procedura di individuazione dell’operatore economico per viaggi di istruzione, si osserva che un certo interesse dell’amministrazione comunale alla conoscenza della relativa documentazione potrebbe essere ravvisato nel caso in cui l’amministrazione abbia corrisposto suoi fondi come contributo per la realizzazione, da parte della scuola, delle gite scolastiche o viaggi di istruzione: situazione, quest’ultima, non esplicitata nell’istanza ma di cui il dirigente scolastico è certamente a conoscenza. A questo punto, a nostro avviso, il dirigente, considerato che la richiesta comunale si presenta generica e non consente al momento all’ufficio la adeguata valutazione dei requisiti necessari per procedere al rilascio delle copie dei documenti relativi alla pratica, dovrebbe inoltrare all’ufficio comunale una richiesta di integrazione. In questa comunicazione, precisato in esordio che tutta la documentazione relativa alla pratica è stata inserita all’albo on line sezione Amministrazione trasparente, si dovrebbe richiedere all’ufficio comunale l’integrazione della istanza presentata con la specificazione dell’interesse, giuridicamente rilevante, del comune al rilascio di atti in possesso della scuola relativi alla pratica e non pubblicati on line. Come accennato sopra, l’interesse rilevante potrebbe essere costituito dall’assegnazione di fondi comunali per la realizzazione dei viaggi di istruzione. I trenta giorni per trasmettere la documentazione al comune avranno così decorrenza dalla data di ricezione, da parte della scuola, dell’integrazione richiesta, ovviamente se ritenuta valida a dimostrare l’interesse giuridicamente rilevante del comune a conoscere gli atti dell’istituzione scolastica, di cui il comune ha chiesto l’estrazione di copia.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Analizziamo la possibilità di attivare presso un IC una o più sezioni primavera anche senza i finanziamenti della Regionee con un contributo dei genitori...
  • Ai sensi dell’articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell’art. 2, comma 3, lett. b) del d. lgs. 65/2017, è realizzata sul territorio regionale, con il concorso dello Stato, della Regione e degli Enti locali, l’offerta di un servizio educativo per bambini di età compresa tra i ventiquattro e trentasei mesi (Sezioni Primavera). L’offerta è da intendersi come servizio socio educativo integrativo e aggregato alle attuali strutture delle scuole dell’infanzia statali e paritarie (comunali e private paritarie), di nidi d’infanzia gestiti direttamente dal Comune o da soggetti in regolare esercizio accreditati/convenzionati con i Comuni e concorre a fornire una risposta alla domanda delle famiglie per servizi della prima infanzia, contribuendo alla diffusione di una cultura attenta ai bisogni e alle potenzialità dei bambini da zero a sei anni in coerenza con il principio della continuità educativa, avvalendosi delle esperienze positive già avviate in numerosi territori e realtà. I gestori di scuole dell’infanzia statali, comunali e paritarie (comunali e private paritarie), di nidi d’infanzia gestiti direttamente dal Comune o da soggetti accreditati/convenzionati con i Comuni, possono richiedere il contributo per il servizio educativo delle sezioni primavera all’Ufficio Scolastico Regionale. Al fine di assicurare la qualità e funzionalità del servizio, nel rispetto della vigente normativa, le istituzioni educative devono essere in possesso di precisi requisiti, definiti nell’Accordo quadro nazionale e declinati negli accordi regionali. Per quanto concerne la regione Sicilia, è stata recentemente rinnovata in data 27 novembre 2024 l’intesa tra l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia e l’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale della Regione Sicilia relativo alla prosecuzione e al finanziamento delle Sezioni Primavera ai fini dell’offerta formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età sul territorio regionale per l’anno scolastico 2024/2025. Ciò non toglie che i gestori pubblici e privati, in vista di una nuova attivazione, possano comunque dare inizio alla procedura per poter attivare le sezioni nel corso del prossimo anno scolastico, previa stipula di convenzione con il Comune ove dovrà essere ubicata tale offerta educativa; le sezioni di nuova istituzione non avranno però garanzia di accedere al finanziamento con fondi pubblici (regionali e statali). In sintesi, per una nuova attivazione riferita al prossimo anno, si ritiene necessario: - Predisporre uno specifico progetto educativo - Attivare urgenti interlocuzioni con il Comune, finalizzate a stipulare un accordo locale o comunque a chiedere ed ottenere uno specifico nulla osta - Contattare l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, al fine di acquisire informazioni sulle prossime scadenze per le nuove autorizzazioni. Per quanto concerne il finanziamento dell’iniziativa, nulla toglie che possa essere previsto un co-finanziamento delle famiglie, da far transitare nel bilancio della scuola, o un contributo del Comune stesso o di altri soggetti esterni, al fine di non far gravare il costo totalmente sulle famiglie in attesa di un eventuale finanziamento ministeriale e regionale.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Criteri di assegnazione dei docenti alle classi: prevale la continuità sulla classe o sulla materia ai fini dell'attribuzione di un docente a una classe quinta della primaria?
  • Abbiamo come criteri per assegnazione docenti alle classi questi: 1) Continuità; 2) Graduatoria di Istituto...

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Uno studente che ha frequentato il corso di istruzione per gli adulti-secondo periodo e ammesso al terzo periodo può iscriversi al quinto anno di un corso diurno?
  • Non vi sono motivi ostativi all'ammissione dello studente al quinto anno, fermo restando che, trattandosi di due diversi sistemi di fruizione di un percorso di istruzione facenti capo allo stesso indirizzo, il consiglio di classe che dovrà accoglierlo ha il compito di analizzare il percorso pregresso, tramite l'acquisizione di tutta la documentazione riferita allo studente, con particolare riferimento al PFI, in modo da poter verificare le competenze acquisite e programmare eventuali interventi di potenziamento/sostegno/accompagnamento, in linea proprio con quanto affermato nella sentenza del Consiglio di Stato citata nel quesito.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Dimensionamento scolastico e risorse finanziarie: i criteri di assegnazione dei fondi per la continuità didattica in caso di aggregazione e cessione di plessi...
  • Dal testo del quesito si rileva che l’assegnazione all’istituto delle risorse per la valorizzazione della professionalità dei docenti (in applicazione del DM 242 del 3 dicembre 2024) è chiaramente riferita all’anno scolastico 2023/24. Questo sta a dimostrare che le risorse sono riservate al personale docente che in quello specifico anno scolastico faceva parte dell’organico dell’autonomia dell’istituto e si è distinto per le attività che il ministero ha deciso di incentivare, a partire dalla continuità didattica. Quindi l’Ufficio di segreteria provvederà a liquidare i compensi a questi docenti, benché non siano più titolari di cattedra o di incarico annuale nell’istituto. Lo stesso meccanismo sarà applicato dai rispettivi Uffici di segreteria ai docenti dei due plessi che nell’anno scolastico 2023/24 facevano parte di un altro istituto e che sono stati aggregati nell’anno scolastico 2024/25 al nuovo istituto. Costoro riceveranno il premio dal loro ex-istituto.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Rendicontazione finale del progetto PNRR DM65: come comportarsi se l'importo indicato dal sistema è più alto di quello effettivamente speso?
  • Riprendendo precedenti risposte, ricordiamo nuovamente che il DM 65/2023 (ed anche i 170/2022, 66/2023 e 19/2024) si basa sul sistema di rendicontazione a costi standard che prende a riferimento l'Unità di Costo (UCS) della tipologia formativa, moltiplicando il relativo importo per la durata effettiva del corso, così come risultante dalla rilevazione digitale delle presenze, tenuto conto del numero minimo di allievi previsto. Tale modalità di rendicontazione è basata sulle opzioni di costo semplificate (OCS), in conformità a quanto previsto dall’articolo 10, comma 4, del decreto-legge n. 121/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 156/2021, in coerenza con quanto previsto dagli articoli 52 e seguenti del Regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021. Come indicato dal MIM nella Guida operativa per l’attuazione dei progetti a costi semplificati (https://www.mim.gov.it/documents/7190124/7413870/Guida+FUTURA+gestione+progetti+-+rendicontazione+costi+semplificati+-+attuazione+-+v1.1.pdf/378a6d5c-9bfe-d395-7376-63419fa6e89d?version=1.0&t=1688631801256 ) “L’adozione di tale metodologia consente una notevole semplificazione nella gestione e nella rendicontazione dei costi, a fronte della più forte attenzione alle performance, ai risultati e al raggiungimento di target e milestone previsti”. Detto metodo, come più volte chiarito, non tiene quindi conto delle spese concretamente sostenute (in particolare sui costi indiretti), bensì dell’effettiva realizzazione delle attività e dei conseguenti risultati. Rammentiamo inoltre che le Istruzioni operative del MIM (prot. 132935 del 15/11/2023), riguardanti le Azioni di potenziamento delle competenze STEM e multilinguistiche (D.M. 65/2023), prevedono per le attività ricomprese nelle relative linee di intervento che “È riconosciuto, altresì, un importo pari al 40% dei costi ammissibili di personale dell’UCS per il rimborso degli altri costi sostenuti per l’organizzazione del percorso”. Aggiungiamo altresì che nella FAQ n. 9 del 20.02.2023 (prot. MIM n. 21092) viene ulteriormente precisato che “I costi indiretti non vengono rendicontati a piè di lista come accade per i costi reali, ma sono calcolati in automatico dalla piattaforma per una quota del 40% sulla base del numero di ore effettivamente registrate e certificate a sistema da ciascuna scuola”. Pertanto, i costi indiretti – che non sono rendicontabili - vengono riconosciuti in ragione del 40% forfetario sulla base delle attività realizzate e validate dall’Unità di missione. Tanto premesso, riteniamo che la quota non spesa dei costi indiretti (come calcolati e riconosciuti dalla piattaforma) possa essere utilizzata per incrementare il numero di ore di lavoro - effettivamente svolte al di fuori dell’ordinario servizio entro il termine previsto del 5 giugno 2025 - del personale ATA già in precedenza individuato (attraverso apposito avviso interno) e incaricato per le attività di tipo tecnico-operativo necessarie e funzionali alla realizzazione dei percorsi PNRR. In tal caso dovrà essere predisposto un addendum all’incarico iniziale che riconosca, “ora per allora”, l’ulteriore carico lavorativo effettuato in eccedenza rispetto al numero di ore assegnate inizialmente. Di contro, qualora entro il termine delle attività del DM 65/2023 (5.6.2025) non fosse stato conferito alcun incarico al personale ATA (quindi non prevedendo per detto personale alcun impegno lavorativo eccedente l’ordinario servizio e le abituali mansioni), siamo dell’avviso che, trascorso ormai un mese dalla conclusione delle attività progettuali, non sia possibile, ex post, individuare e compensare figure e attività non già previste nel corso di svolgimento del progetto. Riteniamo infine che, nel caso non fosse possibile per l’Istituto ridistribuire l'importo eccedente secondo quanto sopra descritto, la scuola, inviata e validata la rendicontazione, riceverà l'importo rendicontato, come risultante da sistema (quindi superiore rispetto alla spesa effettiva), la cui eccedenza dovrebbe rimanere nelle disponibilità del bilancio scolastico per la realizzazione di future analoghe iniziative, in analogia a quanto previsto per i PON FSE a costi standard. Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, contano molto le indicazioni che periodicamente vengono dal Ministero, che raccoglie casi e poi pubblica indicazioni per le scuole o le fornisce direttamente in risposta ad appositi quesiti. Tanto premesso, occorre sottolineare che le risposte date tengono conto dello stato delle conoscenze attuali.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Dubbi sulla privacy: l'istituto può pubblicare sul proprio sito nome, contatti e voto dei diplomati per agevolarne l'assunzione?
  • Nel 2023, il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato una versione aggiornata del vademecum "La scuola a prova di privacy", con l'obiettivo di "offrire alle istituzioni scolastiche, alle famiglie, agli studenti e ai docenti un agile strumento per assicurare la più ampia protezione dei dati delle persone che crescono, studiano e lavorano nel mondo scolastico". La guida, facendo riferimento alle disposizioni di legge in materia, pone severe restrizioni alla pubblicazione dei dati personali degli alunni: in particolare, non è consentito pubblicare sul sito della scuola gli esiti degli scrutini delle classi intermedie e di ammissione agli esami di Stato; parimenti, non è consentita la diffusione dei dati relativi alla composizione delle classi, né i nominativi degli studenti che usufruiscono gratuitamente di servizi appartenendo a famiglie a basso reddito, o che sono in ritardo con i pagamenti. Tali restrizioni, tuttavia, subiscono una rilevante deroga nel caso in cui la finalità del trattamento sia quella di agevolare l'orientamento, la formazione e l'inserimento professionale anche all'estero. In tal caso, come previsto dall'articolo 96 del Codice della privacy, approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e modificato dall'articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 (in applicazione del Regolamento UE n. 679/2016), è consentita sia la comunicazione, sia la diffusione degli esiti formativi, intermedi e finali, degli studenti, nonché anche dei loro dati personali, a condizione che ciò avvenga su richiesta degli interessati e previa informativa agli stessi sul trattamento dei dati. Restano esclusi da tale deroga i dati di cui agli artt. 9 e 10 del Regolamento UE 679/2016, ovvero quelli che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l'appartenenza sindacale, dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona e, infine, dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza. Alla luce di tale deroga, la diffusione dei dati personali degli studenti sul sito della scuola, nella modalità descritta nel quesito, appare in linea con le disposizioni vigenti e non presenta alcuna criticità. La circolare predisposta dall'istituto e il modulo di richiesta ad essa allegato appaiono, infatti, pienamente rispettosi della normativa vigente, in quanto i dati trattati non sono ricompresi fra quelli esclusi dal trattamento e, correttamente, viene resa agli interessati la necessaria informativa e la richiesta alla comunicazione o diffusione dei loro dati personali, in aderenza alle espresse previsioni di cui all'art. 96 del Codice della privacy.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Dopo varie aspettative, a partire dal 2022, un docente mi presenta la richiesta di anno sabbatico: sembra che non ci siano margini per rifiutare...
  • Docente neo immesso in ruolo nell'anno scolastico 2022/2023. In data 1.09.2022 chiede di essere posizionato in aspettativa per motivi di famiglia...

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Superato il terzo anno del percorso professionale, uno studente può iscriversi al quarto di un corso tecnico di elettronica senza l'esame con valutazione e scrutinio?
  • Mentre il passaggio tra i percorsi di Istruzione professionale e i percorsi del sistema di IeFP è stato puntualmente regolamentato (cfr il recente decreto ministeriale n. 118 del 12 giugno 2024 che adotta le specifiche Linee Guida), il caso di cui al quesito si riferisce ad un passaggio tra diversi sistemi che fanno capo a due ordinamenti con una propria identità e con specifici standard formativi (dal sistema regionale di istruzione e formazione professionale al sistema nazionale di istruzione). Si ritiene, pertanto, che l'ammissione alla frequenza del quarto anno di un istituto tecnico debba essere preceduto da un vero e proprio esame di idoneità; si precisa, in ogni caso, che la commissione incaricata di predisporre le prove dovrà tenere in debito conto (e ove possibile valorizzare) di tutto il percorso formativo pregresso, con particolare riferimento ai crediti formativi acquisiti e alle competenze certificate attinenti al nuovo percorso di studi da seguire. In altre prole, le prove dovranno vertere solo su discipline o parti di discipline che non trovano corrispondenza nel percorso di formazione pregresso

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • È possibile accogliere la richiesta di un genitore di far partecipare il figlio come uditore in una classe prima di scuola primaria giacchè non può iscriverlo come anticipatario?
  • Gentile utente, per quanto riguarda la possibilità di far frequentare un alunno non iscritto, si osserva che il quadro normativo vigente non prevede questa possibilità; in particolare l’art. 1 del Regio decreto 653/1925, esclude esplicitamente la presenza di uditori nelle classi. Si sottolinea altresì che esistono precise responsabilità di vigilanza a carico della scuola e degli operatori scolastici sui minori durante le attività didattiche e formative che, nel caso di specie, non sarebbero escluse. Si consiglia pertanto di non accogliere la richiesta sulla base dell’art. 1 del R.D. n. 653/1925, esplicitando nel rigetto che nel nostro sistema ordinamentale non è prevista la figura dell'uditore.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Cambio di percorso scolastico: quali sono le opportunità per uno studente dopo un esito negativo all'esame di idoneità per indirizzo differente...
  • Il comma 5 dell'articolo 192 del testo unico scuola (d.lgs 297/94) così recita: ...... 5. E' consentito, subordinatamente alla decorrenza dell'intervallo prescritto, sostenere nello stesso anno, ma non nella stessa sessione, due diversi esami, anche in istituti di diverso tipo. A tale effetto lo scrutinio finale per la promozione non si considera come sessione di esame..... Si ritiene, pertanto, che lo studente possa essere ammesso a sostenere prove integrative per consentire la frequenza della terza classe. Si osserva, peraltro, che una recente sentenza del Consiglio di Stato (n.3250 del 9 aprile 2024) ha evidenziato la necessità di favorire il riorientamento degli studenti, finalizzato al conseguimento di un titolo conclusivo di un percorso di istruzione e/o di formazione, “tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire l’integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro”, grazie a misure di valorizzazione del percorso pregresso e di accompagnamento/sostegno/recupero.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Abbiamo un problema di assegnazione dell'IRC: prevale il criterio territoriale o quello del codice meccanografico per le sezioni di liceo sdoppiate in comuni diversi?
  • In primis, va sottolineato che la situazione segnalata dovrebbe trovare una "regolarizzazione" di concerto con l'ufficio scolastico provinciale, con l'attribuzione di un codice distinto, tenendo conto proprio che i plessi fanno capo a comuni diversi. Sarebbe altresì consigliabile che la situazione venisse inserita nel piano di organizzazione e razionalizzazione dell'offerta formativa nell'ambito del piano provinciale di organizzazione della rete scolastica. Ciò premesso, si rileva che l'articolo 2.5 del DPR 751/185 così recita: ....2.5. L'insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall'ordinario diocesano e da esso non revocata, nominati, d'intesa con l'ordinario diocesano, dalle competenti autorità scolastiche ai sensi della normativa statale. Ai fini del raggiungimento dell'intesa per la nomina dei singoli docenti l'ordinario diocesano, ricevuta comunicazione dall'autorità scolastica delle esigenze anche orarie relative all'insegnamento in ciascun circolo o istituto, propone i nominativi delle persone ritenute idonee e in possesso dei titoli di qualificazione professionale..... In pratica, è l'Ufficio scolastico territoriale che comunica all'ufficio diocesano i fabbisogni dell'istituto; evidentemente, in questo anni, facendo riferimento solo al codice meccanografico, ha ritenuto di fare richiesta all'ufficio diocesano della diocesi ove è ubicata la sede principale indicata nel quesito con la lettera A. In estrema sintesi: - si ritiene che la situazione "di fatto" dell'organizzazione dell'offerta formativa vada chiarita e regolarizzata come sopra indicato - la scelta concernente l'attribuzione delle ore alla sede A o alla sede B è oggetto di appositi accordi tra l'ufficio scolastico, cui spetta comunque la gestione complessiva dell'organico, e gli uffici diocesani, rispetto ai quali l'istituzione scolastica non può far altro che adeguarsi.

    Data di pubblicazione: 07/07/2025

  • Quali siano i periodi di possibile fruizione dell'aspettativa senza retribuzione nel quinquennio di riferimento per docenti?
  • Gentile utente, si presume che il quesito si riferisca all’art. 18 del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 19-21, che si cita integralmente: “1. L'aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L'aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L'aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all'art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell'art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell'incarico. 2. Ai sensi della predetta norma il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca. Per gli incarichi e le borse di studio resta in vigore l'art. 453 del D.P.R. n. 297 del 1994. 3. Il dipendente è inoltre collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova.” Riguardo alle tre tipologie di aspettativa previste dall’art. 18 sopra citato, si precisa preliminarmente quanto segue: 1. il dottorato di ricerca è disciplinato dalla Legge n. 476 del 1984 novellata dalla Legge 448 del 2011; 2. l’aspettativa per motivi di lavoro di cui al comma 3 ha una durata limitata ad unno scolastico e non si cumula con i periodi usufruibili a titolo di aspettativa per motivi di famiglia/personali. Per quanto concerne, invece, l’aspettativa per motivi di famiglia o personali, i limiti temporali sono definiti dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. Dal combinato disposto dei due articoli si deduce che: 1. L’aspettativa può essere fruita senza soluzione di continuità o in modo frazionato. 2. Il periodo di aspettativa non può eccedere la durata di un anno, se fruita senza soluzione di continuità (art. 69, c.4). 3. Due periodi di aspettativa per motivi di famiglia/personali si sommano, agli effetti della determinazione del limite massimo di durata previsto dall'art. 69 (un anno), quando tra essi non interceda un periodo di servizio attivo superiore a sei mesi (art. 70, c. 1). Per sospendere l’aspettativa e riattivare il diritto a produrre istanza per ulteriori 12 mesi, è necessario, quindi, il rientro in servizio attivo superiore a 6 mesi. 4. Se fruita in modo frazionato, la durata complessiva dell'aspettativa per motivi di famiglia/personali non può superare in ogni caso due anni e mezzo in un quinquennio (art. 70, c. 2). 5. Il quinquennio di riferimento è quello che avrà come termine di scadenza l’ultimo giorno dell’attuale periodo di aspettativa richiesto e ottenuto dal dipendente. 6. Per motivi di particolare gravità si può chiedere un ulteriore periodo di 6 mesi (art.70, c. 3). Precisiamo che questo parere è stato formulato basandosi esclusivamente sulle informazioni fornite nel quesito. Per quanto non specificato, si rimanda alla normativa vigente e alla nostra banca dati.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Congedo senza assegni per borsa di studio post-dottorato: un docente può usufruire di un secondo periodo in deroga ai limiti ordinari?
  • L'art. 453, comma 9, del D.Lgs. n. 297 del 1994 prevede che al personale assegnatario di borse di studio da parte di Amministrazioni statali, di enti pubblici, di Stati od enti stranieri, di organismi ed enti internazionali si applica il disposto di cui all'articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476 (ovvero la normativa sul dottorato di ricerca). La CM del 2011 prevede "Al riguardo, in relazione a quanto comunicato dall’Ufficio Legislativo, si ritiene di potersi concordare con il parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato con nota 2 marzo 2005, n. 30098, sulla base dal comma 9, ultimo periodo, dell’art. 453 del D.Lgs. 297/94, il quale prevede l’applicabilità dell’art. 2 della legge 14 agosto 1984, n. 476, al personale assegnatario di borse di studio da parte anche di Stati o Enti stranieri, ponendo in tal modo sullo stesso piano la disciplina prevista nella materia dalla citata legge sia per le Università italiane sia per quelle straniere". Il medesimo parere precisa altresì che: "Le stesse disposizioni si ritiene possano trovare applicazione nei riguardi dei beneficiari di Borse post-dottorato e per gli assegnisti universitari, per i quali, l’art. 51 della legge 449 del 27.12.1997 prevede esplicitamente la "possibilità" dell’aspettativa senza assegni per tutti i pubblici dipendenti vincitori di un assegno di ricerca". La C.M. n. 15/2011 richiama impropriamente l’art. 51 della legge 449 del 27/12/1997 nel punto relativo ai beneficiari di borse post-dottorato e agli assegnisti universitari, in quanto detta norma era stata abrogata dalla L. n. 240 del 2010 che ha dettato nuove disposizioni in tema di assegni di ricerca. Ad ogni modo, dalla normativa suesposta si ritiene applicabile analogicamente al caso di cui al quesito (borsa di studio) la normativa sul dottorato di ricerca con le relative interpretazioni fornite dal MIUR con la citata C.M. n. 15 del 2011. Pertanto, si ritiene che il docente titolare di borsa di studio post dottorato all'estero possa essere collocato in aspettativa secondo la normativa prevista per il dottorato di ricerca. Tuttavia detto riferimento è, a nostro avviso, al trattamento giuridico ed economico e non anche al divieto di congedo per coloro i quali hanno già conseguito un dottorato proprio perchè nel caso di specie si tratta di borsa post dottorato. Quindi, a nostro avviso, il docente ha diritto a fruire del congedo non retribuito per borsa post dottorato.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Un docente può godere delle ferie non fruite dell'a.s. 2023/2024 nonostante la circolare del 2024 che chiedeva di consumarle?
  • Per quanto concerne le ferie, in via generale, la recente giurisprudenza della Cassazione (cfr. Corte di Cassazione - Lavoro - Ordinanza 27/11/2023, n. 32807) prevede che la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto qualora il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie (se necessario formalmente) e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Infatti, la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: i) di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; ii) di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire iii) del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Quindi, la prescrizione del diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l'invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l'avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. (Corte di Cassazione - Lavoro - Ordinanza 20/06/2023, n. 17643) Nel caso di specie l’ Istituzione scolastica aveva, in data 06/06/2024 emesso circolare in cui si invitava tutto il personale docente a fruire delle ferie spettanti per a.s.2023/2024 E’ vero che mancava l’avviso di cui sopra ( che le ferie e i riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato) ma comunque il personale docente era stato invitato a fruire delle ferie maturate. Per quanto concerne la traslazione delle ferie, l'art. 13, comma 10, del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l'anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell'attività didattica. Pertanto, a nostro avviso, non ci sono le condizioni per permettere la fruizione delle ferie maturate nello scorso anno scolastico.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • La scuola può rifiutare di riconoscere a una docente a t.d. permessi personali aggiuntivi se finalizzati alla monetizzazione delle ferie non godute?
  • Una nostra docente al 30 giugno chiede la monetizzazione delle ferie non godute per numerosi impegni (tutti correttamente verificati) per 4 gg...

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Scuole di montagna e organico: è possibile derogare alle norme sulla formazione delle classi prime della scuola primaria?
  • In considerazione della legge 28 febbraio 2025, n. 20, né di quanto disposto dalla Nota n. 93862 del MIM che definisce le istruzioni operative per...

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Una questione sull'irrogazione di un rimprovero scritto o verbale per prevaricazione...
  • Allo stato attuale non è possibile né sarebbe legittimo procedere ad irrogare un rimprovero verbale, in quanto mancherebbe il requisito dell’immediatezza che è tipico e caratterizzante di tale sanzione, che si contraddistingue per la sua particolare tenuità e per questo non prevede l’avvio di un procedimento formale. L’immediatezza e tempestività dell’irrogazione del rimprovero verbale non vengono meno per il fatto di procedere a verbalizzazione dell’irrogazione che avviene essa stessa a stretto giro. Va da sé che concludere un procedimento formalmente avviato con l’applicazione del rimprovero verbale non è azione legittima, anche nella considerazione che il datore di lavoro, nel momento in cui avvia un procedimento disciplinare ha già operato una preliminare valutazione in ordine alla spèndita del proprio potere disciplinare, in funzione del comportamento disciplinarmente rilevante che intende punire. Sotto altro profilo, nel caso in esame, le contestazioni levate appaiono confermate e neppure attenuate dalla memoria difensiva presentata dal lavoratore, per cui un decreto di archiviazione sarebbe illegittimo. Pertanto, alla luce della fattispecie dedotta in quesito, si ritiene opportuno che il procedimento venga concluso con l’irrogazione della sanzione minima del rimprovero scritto.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Alcuni chiarimento sulla possibilità per le scuole di adeguare il calendario scolastico regionale prevedendo fino ad un massimo di 3 giorni di chiusura...
  • Circa le competenze sul calendario scolastico la attuale normativa prevede una ripartizione fra Ministero, Regioni e Istituzioni Scolastiche Autonome. Al Ministero spetta la determinazione delle festività civili e religiose nonché del giorno di inizio degli esami di stato nelle istituzioni secondarie di secondo grado, Le Regioni stabiliscono il numero dei giorni di lezione (nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 74 del D. Lgs. 297/1994: i 200 giorni di lezione necessari per la validità dell’anno scolastico). Alle istituzioni scolastiche il DPR 275/1999, all’articolo 5, riconosce il potere di adattamento del calendario in relazione alle esigenze del piano dell’offerta formativa, nel rispetto del numero dei giorni di attività didattiche determinato dalla Regione, e il D.Lgs. 297/1994 all’art. 10 comma 3 lettera c) riconosce la possibilità di adattare il calendario scolastico “alle specifiche esigenze ambientali” In altre parole, sulla base dei predetti principi le scuole, tenendo conto dei vincoli posti dalle delibere regionali, possono “adattare” il calendario; il che vuol dire prevedere giorni di sospensione delle lezioni e corrispondente integrale recupero delle ore così perdute: sempre – ovviamente – per soddisfare esigenze del piano formativo delle scuole o per specifiche esigenze ambientali, esigenze da indicare puntualmente nella delibera consiliare. Alla luce di quanto sopra è evidente che il potere di adattamento del calendario scolastico da parte delle scuole non si estende al potere di riduzione dei giorni di lezione previsti nel calendario regionale. In tema di sospensione delle lezioni, però, alcune Giunte regionali hanno esplicitamente prevista la possibilità per le singole istituzioni scolastiche di sospendere, diciamo così “tour court”, le lezioni per un prestabilito limite di giorni al di fuori delle previsioni di cui all’art. 5 del DPR, 275/1999 e del D. Lgs. 297/1994 soprarichiamate. E' questo il caso, a puro titolo di esempio, per l’anno scolastico 2025 -26 della Liguria (Delibera Giunta 230 del 7/5/2025) e del Piemonte (Delibera Giunta 5 -1057 del 6 maggio 2025). La delibera della Regione Lombardia sul calendario scolastico (delibera a carattere permanete IX/3318 del 18/4/2012), a differenza di quelle delle predette regioni, non prevede espressamente l’assegnazione alle istituzioni scolastiche della possibilità di sospendere per qualche giorno le lezioni (quindi senza corrispondente recupero per alunni e docenti). Tuttavia, al paragrafo 4 a) della delibera, richiamando come presupposto dell’adattamento le “esigenze derivanti dal Piano dell’Offerta Formativa, in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 5 comma 2 del DPR 275/99 nonché dell’art. 10 comma 3 lett. c) del D. Lgs. 297/94, aggiunge: "Qualora l’adattamento del calendario comporti sospensione delle lezioni, nel limite massimo di tre giorni annuali, è necessario un preventivo accordo con gli enti territoriali competenti ad assicurare i servizi per il diritto allo studio”. Trattasi di un periodo confuso e contradditorio. Infatti nell’adattamento del calendario scolastico la sospensione è un fatto certo, non ipotetico come sembrerebbe nel testo della delibera. E poi perché sarebbe necessario “l’accordo con gli enti territoriali competenti ad assicurare i servizi per il diritto allo studio (scuolabus, mense, personale assistenziale ecc. n.d.r.) se il giorno della sospensione non ci sono attività didattiche? Semmai l’accordo sarebbe necessario per supportare le attività didattiche della scuola nel giorno di “recupero” di quello “sospeso”. Tuttavia, l’ambiguità del dettato normativo regionale ha favorito, in non pochi istituti, una interpretazione, diciamo così, di comodo per il personale docente, che, in ragione della “sospensione” deliberata dagli organi collegiali, ha potuto usufruire fino a tre giorni di sospensione del suo servizio. Non si riscontrano sulla sospensione “tout court” di cui sopra interventi censori da parte delle competenti autorità ,,,,di cui sarebbe quanto mai opportuna una nota di interpretazione autentica. E, in effetti, circa la vicenda della scuola di Pioltello citata nella descrizione del quesito, stando alle notizie di stampa (ovviamente non si conosce il testo della relazione ispettiva), sembrerebbe che il rilievo mosso alla scuola , in riferimento alla sospensione delle lezioni il giorno del ramadan, sia stato relativo al superamento del tetto dei tre giorni di “sospensione” di cui al citato passo della delibera della Giunta regionale della Lombardia del 2012 , senza considerazioni censorie per il mancato recupero dei giorni di “vacanza” così scaturiti per alunni e docenti.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Affidamento dell'incarico per la gestione della biblioteca scolastica: essendo un progetto consolidato e inserito nel PTOF è possibile emettere un avviso triennale anzichè annuale?
  • Del tutto correttamente la scuola pone in essere una procedura selettiva per l’individuazione dell’esperto esterno ( cfr. art. 7 comma 6bis del D.Lgs. n. 165 del 2001). Un limite al conferimento degli incarichi è rappresentato dal disposto dell’art. 43, comma 3, del DI 129/2018 ai sensi del quale è fatto divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie funzioni o mansioni proprie del personale in servizio nella scuola, fatti salvi i contratti di prestazione d'opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti. Ciò premesso nulla vieta che la scuola possa stipulare un contratto pluriennale ma va ricordato che ai sensi dell'art. 45 del D.I. n. 129/2018 il Consiglio di istituto delibera in ordine a determinate fattispecie contrattuali tra le quali, alla lettera d) del primo comma, vengono indicati "i contratti di durata pluriennale". Quindi, in caso di contratto pluriennale, il CdI non delibera solo sui criteri e limiti ma proprio sulla singola operazione e quindi sullo specifico contratto da stipulare.

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