Data di pubblicazione: 24/01/2025
La sentenza trasmessa dall’Ufficio d’Ambito s’inserisce nell’ambito di un contenzioso seriale che vede l’amministrazione scolastica soccombente in via generalizzata in materia di retribuzione professionale docente. L’esecuzione della sentenza compete all’ufficio scolastico regionale per quanto riguarda il pagamento delle spese di lite; per quanto attiene alla corresponsione, ora per allora, della retribuzione professionale docente, l’adempimento spetta alle singole istituzioni scolastiche. Si dovrà pertanto predisporre apposito decreto che rechi, nelle premesse, a) I riferimenti del ricorso, compresi gli estremi del ricorrente e la descrizione del petitum; b) La data di notificazione e i riferimenti della sentenza con l’enunciazione del dispositivo in essa contenuta; c) La specificazione se si tratta di sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva alla quale è stata fatta opposizione; d) La dichiarazione che nessuna procedura esecutiva sia stata posta in essere, e che l’interessato non ha percepito somme al medesimo titolo. Si dovrà calcolare quanto spettante all’interessato sulla base dei medesimi importi che il collega di ruolo avrebbe al tempo percepito, salvo che sia la sentenza a liquidare quanto dovuto, nel qual caso bisogna attenersi a quanto esplicitamente riconosciuto dal giudice. Ovviamente, occorre esaminare con attenzione il dispositivo della sentenza alla luce di quanto indicato nelle motivazioni. Come precisato dalla Ragioneria Generale dello Stato, con nota 1676 del 2.2.24, al pagamento degli importi deve provvedere direttamente l’amministrazione scolastica per il tramite delle scuole e il Ministero, in caso di incapienza, dovrà assicurare la relativa provvista finanziaria.
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Data di pubblicazione: 24/01/2025
La nota MIM prot. n. 2382 del 26/11/2024 prevede che siano tenuti a svolgere l'anno di formazione e prova anche "i docenti assunti a tempo indeterminato con decorrenza giuridica 01/09/2024 ed economica 01/09/2025, se in possesso dei prescritti requisiti di servizio nel medesimo grado di istruzione". E prosegue affermando: “Ai sensi del D.M n. 226/2022, il superamento del periodo di formazione e prova è subordinato allo svolgimento del servizio effettivamente prestato per almeno centottanta giorni nel corso dell'anno scolastico, di cui almeno centoventi per le attività didattiche, al superamento del test finale e alla valutazione positiva del percorso di formazione e periodo di prova in servizio. Fermo restando l'obbligo delle 50 ore di formazione previste, i centottanta giorni di servizio e i centoventi giorni di attività didattica sono proporzionalmente ridotti per i docenti con prestazione o orario inferiore su cattedra o posto.” La docente, essendo assunta a tempo indeterminato con decorrenza giuridica 1/9/2024 ed economica 1/9/2025, è tenuta a svolgere il periodo di prova se in possesso dei requisiti di servizio nel medesimo grado di istruzione. E, da quanto si evince nel quesito, la stessa prevedibilmente li compirebbe nel corrente anno scolastico, se rinunciasse alla borsa di studio e riprendesse servizio. Tuttavia, si rileva che: - alla luce della nota annuale sulle supplenze per l’anno scolastico 2024/2025 (si tratta della Nota prot. n. 115135 del 25/07/2024), “La stipula del contratto, analogamente a quanto avviene per le assunzioni a tempo indeterminato, opportunamente perfezionata dal dirigente scolastico attraverso le funzioni del sistema informativo, rende immediatamente fruibili gli istituti di aspettativa e congedo previsti dal CCNL. È inoltre estesa al personale a tempo determinato la possibilità di differire la presa di servizio per i casi contemplati dalla normativa (a titolo esemplificativo, maternità, malattia, infortunio)”; - secondo l’art. 2, c. 3 del D.M. n. 226/2022, “Il percorso di formazione e periodo annuale di prova in servizio è rinviabile nei casi di fruizione di assegno di ricerca o di frequenza di dottorato di ricerca, sino al primo anno scolastico utile dopo la fine dell’impegno, oltre che in tutti gli altri casi previsti dalla normativa vigente.” Dunque, da un lato, la docente fruisce legittimamente di un’aspettativa per motivi di studio pur in costanza di contratto a tempo determinato; dall’altro lato, detta aspettativa legittima la proroga del periodo di prova in forza dell’art. 2, c. 3 del D.M. n. 226/2022. Quest’ultimo infatti consente la proroga del periodo di prova, oltreché per tutta la durata della fruizione dell’assegno di ricerca e della frequenza del dottorato di ricerca, “anche in tutti gli altri casi previsti dalla normativa vigente”, espressione riferibile a tutti i casi di assenza previsti dalla normativa vigente e dalla regolamentazione contrattuale.
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Data di pubblicazione: 24/01/2025
Nello scorso mese di novembre 2024, per la selezione degli operatori, da invitare alla presentazione dell’offerta per...
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Data di pubblicazione: 24/01/2025
È possibile. Sino al 30 giugno 2023, data di attivazione dell’efficacia delle disposizioni del D.Lgs. 36/2023, le Linee Guida ANAC n. 4 consentivano la legittima elusione della rotazione, purché motivata: “Negli affidamenti di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito derogare all’applicazione del presente paragrafo, con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella determinazione a contrarre od in atto equivalente”. Quanto alla motivazione, si poteva fare riferimento al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) ed alla competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. Dal 1° luglio 2023, il sesto comma dell’art. 49 D.Lgs. 36/2023 consente di derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro (la disposizione non è stata impattata dal D.Lgs. 209/2024). Mettendo in ordine le disposizioni applicabili otteniamo quanto segue: - il canone annuale, moltiplicato per gli anni di contratto (è applicabile il quarto comma dell’art. 14 D.Lgs. 36/2023: “Il calcolo dell’importo stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull'importo totale pagabile, al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), valutato dalla stazione appaltante. Il calcolo tiene conto dell'importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara”), resta spesso al di sotto della soglia di 5.000 euro; - conseguentemente, è applicabile l’art. 49 sesto comma: “È comunque consentito derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro”; - quanto al metodo di aggiudicazione, trova applicazione l’art. 50 del Codice, che prevede (comma primo, lett. b) “affidamento diretto dei servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante”, dunque è possibile procedere senza la richiesta di preventivi e tramite affidamento diretto.
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Data di pubblicazione: 24/01/2025
A seguito del decreto ministeriale n. 226 del 12 novembre 2024, si chiede di sapere se i percorsi per le competenze trasversali...
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
In premessa va fatto presente che le istituzioni scolastiche che ne accorpano altre a seguito di dimensionamento assumono i diritti e gli obblighi delle istituzioni coinvolte e proseguono senza soluzione di continuità i propri rapporti contrattuali anteriori alla razionalizzazione della rete scolastica. Quindi, con riferimento al quesito, correttamente la scuola accorpante prosegue il rapporto con l’RSPP a cui ha precedentemente conferito l’incarico. Quando una istituzione scolastica intende individuare tale figura ai sensi dell'articolo 32, commi 8-10, del D.lgs. n. 81/2008, pubblica un avviso/bando di selezione recante l’indicazione dei criteri di selezione per l’attribuzione che costituisce “lex specialis” della procedura comparativa. In tal modo agisce in coerenza con il principio generale che vuole che la P.A. predetermini e renda noti detti criteri “al fine preminente di evitare abusi o violazioni della par condicio e del principio di imparzialità (cfr. Corte dei conti, Sez. regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 122/2014/REG). Anche il Quaderno 3 MIM recante Istruzione per il conferimento di incarichi individuali, aggiornato al 16 dicembre 2024, in merito alla necessità di esperire procedure comparative per il conferimento di incarichi riporta che la Corte dei conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, con la Deliberazione n. 3, del 21 gennaio 2021, ha così affermato: “A differenza di quanto avviene per gli appalti pubblici, infatti, le modalità di affidamento dell’incarico professionale non mutano in ragione dell’importo dell’incarico da conferire, ma devono essere sempre conformi alle già richiamate regole di pubblicità, trasparenza e parità di trattamento nell’assegnazione dell’incarico. Ne deriva che qualunque incarico, a prescindere dal suo importo, può essere conferito solo dopo una procedura pubblica comparativa, caratterizzata da trasparenza e pubblicità e, dunque, instaurata a seguito di un’adeguata pubblicizzazione dell’avviso relativo”. Nel momento in cui, per il sopraggiunto dimensionamento che ha in parte mutato la fisionomia dell’istituzione scolastica, quest’ultima decidesse di operare una modifica o una integrazione dell’incarico e del relativo contratto dell’RSPP, incidendo sulla parte economica, verrebbero meno la finalità preminente sopra enunciata. Pertanto, è doveroso che la scuola accorpante renda noto al RSPP che il suo incarico riguarderà anche gli ambienti acquisiti e che, dunque, anche su questi svolgerà la sua attività riconducibile alle relative funzioni previste dal D.lgs. n. 81/2008 e richiamate nell'oggetto del contratto, ferma restando la misura del compenso pattuito al momento dell’affidamento dell'incarico. Invece, a parere della redazione, qualsiasi modifica e/o integrazione sul compenso predeterminato nell’avviso, insieme all’oggetto e alla durata della prestazione, comporterebbe la conseguente violazione dei principi di parità di trattamento, trasparenza, pubblicità.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
In riferimento al quesito posto una preliminare precisazione: l'art. 95 del CCNL 2024 si riferisce al personale delle Università ed Aziende Ospedaliere Universitarie. Questa, invece, la normativa di riferimento per il personale scolastico. Il CCNL 2007 all’art. 13, comma 5 (non modificato sul punto dal CCNL 2024), prevede che in caso di distribuzione dell’orario di lavoro del personale ATA su cinque giorni, il sesto è comunque considerato lavorativo ai fini del computo delle ferie e i giorni di ferie goduti per frazioni inferiori alla settimana vengono calcolati in ragione di 1,2 per ciascun giorno. Le ferie annuali del personale ATA, indipendentemente dall’orario settimanale effettuato, devono essere sempre rapportate a 32 giorni effettivi (sul presupposto di dipendente con più di tre anni di servizio prestati a qualsiasi titolo). Solo in caso di ferie usufruite per limitati periodi, meno di 6 giorni nell’arco di un determinata settimana, queste comportano un computo maggiorato del 20%. La norma vuole, evidentemente, non determinare sperequazioni rispetto a coloro che richiedono periodi di ferie al cui interno è collocato il giorno lavorativo in cui i dipendenti non sono in servizio (di norma il sabato) che, come già affermato sopra, deve essere incluso nei 32 giorni di ferie spettanti. Quindi, in caso di orario su cinque giorni settimanali nel caso in cui il lavoratore richieda un solo giorno di ferie o un periodo inferiore alla settimana (ad es. lunedì e martedì; martedì e mercoledì …) questi giorni impediscono al lavoratore di completare l’orario settimanale e quindi vanno calcolati nella misura di 1,2 per ogni giorno. Pertanto 1 giorno singolo di ferie verrà calcolato 1,2 da scomputare dai 32 giorni previsti; - 2 giorni di ferie varranno 2,4 da scomputare dai 32 giorni previsti; - 3 giorni 3,6 da scomputare e così via. L'assunto che, indipendentemente dall'orario settimanale, il monte ferie annuale rimane 32 (o 30 se trattasi di dipendenti con meno di tre anni di servizio) è confermato dall'Orientamento ARAN Scu 083 del 6 maggio 2014 che riportiamo: "Come si calcolano i giorni di ferie per il personale ATA a tempo indeterminato e con orario di servizio su 5 giorni settimanali? Le ferie del personale ATA vengono regolate dal CCNL 29/11/2007, all’articolo 13, comma 5 in cui viene specificato che nel caso in cui il POF d’istituto preveda la settimana articolata su cinque giorni di lavoro il sesto è considerato lavorativo ai fini del computo delle ferie. In questo modo, è irrilevante per il calcolo delle ferie che la settimana lavorativa di 36 ore sia articolata su cinque o sei giorni. Ferma rimanendo la regola che se il personale ATA è stato assunto da meno di 3 anni ha diritto a 30 giorni di ferie all’anno, che diventano 32, dopo tre anni di contratto."
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
La normativa di riferimento è rappresentata dall'art. 24 della Legge n. 240 del 2010 che al terzo comma prevede che il contratto per ricercatore universitario a tempo determinato ha una durata complessiva di sei anni e non è rinnovabile. Il comma 9-bis prevede che per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni ne' contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza. La dicitura " sono collocati" porta a ritenere che trattasi di aspettativa non soggetta a valutazione discrezionale da parte del DS. Per quanto concerne il periodo di prova, il D.M. n. 226 del 16 agosto 2022, prevede che il percorso di formazione e periodo annuale di prova in servizio è rinviabile nei casi di fruizione di assegno di ricerca o di frequenza di dottorato di ricerca, sino al primo anno scolastico utile dopo la fine dell’impegno, oltre che in tutti gli altri casi previsti dalla normativa vigente ( come nel caso di specie trattandosi di aspettativa dovuta). Per quanto non espressamente previsto dal decreto si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 27 ottobre 2015, n. 850. La Legge n. 107/2015, nulla ha innovato in merito al mancato superamento del periodo di prova per mancata prestazione dei giorni effettivi richiesti (180 di cui almeno 120 nelle attività didattiche); pertanto, in questa ipotesi, continua a non sussistere un limite massimo di proroghe del periodo di prova. Ovviamente il mancato servizio effettivo deve essere giustificato e riconducibile periodo di congedi ed aspettative a qualsiasi titolo concessi.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Data la specificità di tali percorsi e le peculiari esigenze formative degli adulti, nei corsi "ex serali" i PCTO sono gestiti in modo altamente flessibile e personalizzato; è perciò nel PFI (definito dalle Commissioni incardinate presso il CPIA di riferimento) che vengono individuati tempi e modalità delle esperienze anche in ambiente extra scolastico da svolgere. Quindi, fermo restando che nella nuova Ordinanza sugli Esami di Stato la questione sarà senza dubbio affrontata, in analogia con quanto già previsto nelle Linee Guida dell'Alternanza Scuola Lavoro, si ritiene che lo svolgimento delle attività di PCTO non debba costituire requisito obbligatorio di accesso all'Esame di Stato.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Per quanto concerne la selezione di esperti esterni l'art. 7, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001 prevede che le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione. Quindi, rilevata in via generale la necessità dell'espletamento di una procedura comparativa ogni volta che un'amministrazione deve conferire incarichi a esperti esterni, la circolare n. 2 del 2008 della Funzione Pubblica ha precisato che le collaborazioni meramente occasionali che si esauriscono in una sola azione o prestazione, caratterizzata da un rapporto "intuitu personae" che consente il raggiungimento del fine, e che comportano, per loro stessa natura, una spesa equiparabile ad un rimborso spese, quali ad esempio la partecipazione a convegni e seminari, la singola docenza, la traduzione di pubblicazioni e simili, non debbano comportare l'utilizzo delle procedure comparative per la scelta del collaboratore. La Corte dei Conti, con un orientamento costante e più rigoroso, ha precisato che il ricorso a procedure comparative può essere derogato con affidamento diretto nei seguenti casi: 1) unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo (C. Conti, sez. contr. Piemonte, 20 giugno 2014, n. 122); 2) interventi formativi che si svolgono nell’arco di una sola giornata (Corte Conti Emilia Romagna Delib. n. 50/2016). Con la Deliberazione n. 122/2014 sopra citata è stato precisato che la materia è estranea a quella degli appalti di lavori, di beni o servizi e, pertanto, non può farsi ricorso a detti criteri; pertanto, il ricorso a procedure concorsuali deve essere generalizzato e che può prescindersi solo in circostanze del tutto particolari, come per esempio procedura concorsuale andata deserta, unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo, assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione ad un termine prefissato o ad un evento eccezionale. Ne consegue che in caso di esperti esterni, con i quali sono stati stipulati contratti di lavoro autonomo, le uniche condizioni per non porre in essere una procedura comparativa sono quelle di cui alla circolare Funzione Pubblica e della Corta dei Conti sopra ricordate. Il M.I.M, con la Nota 4 novembre 2021, n. 25415, facendo seguito alla prima pubblicazione del Quaderno n. 3 di cui alla Nota n. 3201 del 10 febbraio 2021, ha trasmesso lo Schema di Regolamento per il conferimento di incarichi individuali, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. h), del D.I. n. 129/2018. Ferma la necessità di individuare prioritariamente soggetti idonei all’interno, il Regolamento trasmesso dal Ministero, richiamando la giurisprudenza della Corte dei Conti e le indicazioni della Funzione Pubblica in materia, ribadisce che l’Istituzione Scolastica, può conferire Incarichi in via diretta, derogando alla procedura comparativa, quando ricorrono le seguenti situazioni: - assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità di conferire l’Incarico; - prestazione che non consente forme di comparazione (condizione soggettiva di unicità della prestazione); - precedente procedura comparativa andata deserta; - collaborazioni meramente occasionali. Anche la nuova edizione di dicembre 2024 del Quaderno 3 ribadisce che l’obbligo di ricorrere a procedure comparative potrà essere derogato in casi eccezionali e congruamente motivati (a titolo esemplificativo, nei casi di unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo, di assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità di conferire l’Incarico o di procedura comparativa andata deserta). Viene richiamata la" Deliberazione Corte dei conti, Sez. regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, 12 settembre 2017, n. 134: «[…] Invece, relativamente all'ultima versione dell'art. 54, comma 1, lett. d), l'affidamento diretto di incarichi viene previsto qualora si ravvisi la necessità di avvalersi di "prestazioni professionali altamente qualificate per la realizzazione di interventi formativi limitatamente ad interventi che si svolgono nell'arco di un'unica giornata o sessione formativa": in questo caso, come già ribadito con deliberazione n. 113/2016/REG, l'affidamento senza procedura comparativa è consentito limitatamente ad interventi che si svolgono nell'arco di una singola giornata […]». Pertanto, nel caso di specie, l'affidamento diretto dell'incarico all'esperto è al limite ma riteniamo che possa comunque essere motivato sulla base della giurisprudenza sopra riportata. L'impossibilità del ricorso alla procedura comparativa, a causa della peculiarità o specificità dell'attività oggetto dell'incarico e/o del fatto che trattasi di unica sessione formativa, si dovrà evincere con chiarezza dalla determina dirigenziale. Per quanto concerne la questione del pagamento delle spese, il M.I.M., con il Quaderno 3, ha ricordato che i criteri di determinazione dei compensi ed i relativi limiti devono essere definiti all’interno del regolamento di cui si dota la singola istituzione scolastica per l’affidamento di incarichi individuali. In linea generale, si evidenzia che per tutti i destinatari di incarico (sia interni che esterni all’Amministrazione): - in caso di attività per le quali esistono riferimenti normativi/contrattuali specifici, si applicano i compensi da essi previsti (ad esempio, tabelle allegate al CCNL, parametri e indicazioni contenute nel D.I. n. 326/95 ovvero compensi previsti dalla Circolare del Ministero del lavoro n. 101/97 del 17/07/1997); - è possibile stabilire un compenso forfettario (si veda al riguardo l’art. 88, comma 1, del CCNL), il quale tenga conto della complessità dell’incarico e del tempo presumibilmente necessario per espletarlo, dell’impegno e delle competenze professionali richieste all’esperto e delle disponibilità finanziarie programmate, qualora ciò sia economicamente più conveniente all’Amministrazione. Sono fatti salvi i compensi per i quali è escluso il regime di forfetizzazione (a titolo esemplificativo: compensi previsti in specifici progetti finanziati con fondi comunitari e/o regolamentati dagli stessi enti erogatori). L'art. 12 dello Schema di Regolamento sopra citato così prevede "Art. 12 - Fissazione del compenso 1. Il Dirigente Scolastico provvede alla determinazione del compenso tenendo conto della complessità dell’incarico e del tempo presumibilmente necessario ad espletarlo, dell’impegno e delle competenze professionali richieste all’esperto e delle disponibilità finanziarie programmate. 2. Si applicano, in ogni caso, le norme o i CCNL che disciplinano nel dettaglio i compensi (ad esempio: tabelle allegate al CCNL in vigore, parametri e indicazioni contenute nel D.I. n. 326/95). 3. La liquidazione del compenso avviene dopo le necessarie verifiche sulla corretta esecuzione delle prestazioni". Pertanto, in merito all'entità dei compensi da attribuire agli esperti si osserva quanto segue: 1. i compensi con gli esperti esterni non sono determinati da regole fisse ma il limite massimo è stabilito dal regolamento della scuola ai sensi dell'art. 45, comma 2 del D.I. n. 129/2018; 2. i compensi per il personale interno e per quello in collaborazione plurima è quello delle tabelle allegate al CCNL 2007 e sono soggetti a tutte le ritenute; 3. solo per la formazione i compensi sono quelli stabiliti dal D.I. n. 326 del 1995; 4. per esperti impegnati nei PON e PNRR i relativi compensi sono quelli fissati dalla normativa specifica Ciò premesso si osserva che: - la scuola non è obbligata a prevedere rimborsi spese o a provvedere direttamente al pagamento dell'albergo potendo benissimo essere pattuito un compenso forfettario comprensivo anche delle spese; - se previsti, nella determinazione della misura dei rimborsi spese e delle relative modalità giustificative, trattandosi di contratti di prestazione d'opera, la scuola può liberamente decidere l’entità tali rimborsi (in osservanza dei criteri fissati dal C.d.I.) non essendo vincolata ad alcuna normativa né potendo applicarsi direttamente al caso di specie quella per le missioni. Alla stessa stregua potrà provvedere al pagamento dell'albergo o delle spese di viaggio se vi è stata detta previsione a livello generale nel regolamento.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
L'art. 55 septies comma 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001, prevede che nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. Nel caso di specie la certificazione medica è comunque sempre rilasciata da un medico convenzionato con il SSN. L’INPS, con una Guida pubblicata in data 26 luglio 2018, ha precisato che nei giorni festivi e prefestivi deve rivolgersi al medico di Continuità assistenziale per il rilascio del certificato di malattia sia per eventi insorti nei suddetti giorni sia per giustificare la continuazione di un evento certificato sino al venerdì; da ciò si deduce la piena legittimità del medico di Continuità assistenziale al rilascio della certificazione medica anche per più giorni ( nel caso di specie si presume che il 1° gennaio il medico curante non era in servizio). Ciò premesso, se il certificato è datato 1° gennaio e la prognosi decorre dalla data di rilascio, si ritiene che siano coperti dalla certificazione ( due giorni di prognosi) i giorni 1 e 2 gennaio 2025.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Trattandosi di docente ( non è specificato se di ruolo o meno) che lavora un giorno a settimana si applica la normativa sul part time verticale. Il CCNL Scuola 2007 non specifica in modo chiaro ed esaustivo in riferimento alle assenze dal servizio, escluso le ferie, quali sono le tipologie di assenze che devono essere riproporzionate, ed è necessario quindi ricorrere necessariamente agli Orientamenti ARAN. Nessuna previsione è presente nell'art. 35 del CCNL 2024 allorchè si trattasse di docente a t.d. Al riguardo alcuni interessanti orientamenti che confermano l’interpretazione della redazione da sempre sulla materia, possono essere desunti dall’ARAN con l’orientamento L 8 Comparto Ministeri dell’8 luglio 2004 “Come vanno riproporzionati gli istituti normativi per il personale con rapporto di lavoro di tipo part-time verticale?”. In detto parere è stato precisato che il principio della proporzionalità è insito nello stesso rapporto di lavoro a tempo parziale, in quanto la sua ratio sembra rinvenirsi nella necessità di mantenere un quadro di generale equilibrio delle tutele previste per i dipendenti a prescindere dalla diversità delle tipologie del rapporto di lavoro instaurato. Una diversa interpretazione comporterebbe un ingiustificato vantaggio per il personale in part-time, con la conseguente penalizzazione dei dipendenti a tempo pieno. Inoltre, l'ARAN con l'Orientamento SCU_070 del 14 giugno 2013 ha così precisato: "Il periodo massimo di comporto relativo alle assenze per malattia deve essere rapportato al periodo lavorato presso l’Amministrazione in caso di regime di part time verticale? ...Sulla base quindi dei principi desumibili dalla normativa di legge, dalla contrattazione collettiva e dalla giurisprudenza (vedi in particolare le sentenze di Cassazione Sez. lavoro, 30/12/2009, n. 27762 e 14 dicembre 1999, n. 14065 che hanno affermato il principio del riproporzionamento del periodo di comporto in caso di part time verticale) si ritiene che il trattamento del lavoratore a tempo parziale verticale debba necessariamente tenere conto della ridotta entità della prestazione lavorativa, relativamente sia ai trattamenti economici per malattia, sia alle assenze dovute a malattia, SIA AI PERMESSI RETRIBUITI che al periodo massimo di conservazione del posto, tutti elementi che dovranno essere rideterminati tenendo conto di tale criterio". Ciò premesso, mancando indicazioni precise sul punto, come redazione, abbiamo osservato che in caso di part-time verticale i giorni di permesso devono essere proporzionati al numero dei giorni di lavoro e non alle ore. Ad esempio nel caso si trattasse di personale di ruolo si potrebbe applicare la seguente proporzione 1:6= X:3 0,5 arrotondato a zero. ( nessuna spettanza nel caso di specie)
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
All’esito dell’accertamento da parte dell’ASL circa il mancato invio delle comunicazioni all’Ente locale, dovute ex art. 18, cc. 3 e 3.1 del D.Lgs. n. 81/2008, questa potrebbe applicare una delle sanzioni previste dall’art. 55 del Decreto citato. In particolare, la inottemperanza delle disposizioni sopra richiamate non appare autonomamente sanzionata; tuttavia secondo l’art. 55, c. 3 “È punito con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro il datore di lavoro che adotta il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in assenza degli elementi di cui all’articolo 28, comma 2, lettere b), c) o d), […].” L’art. 28, c. 2, lettera d) dispone proprio: “Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 53, su supporto informatico e, deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato, e contenere: […] d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; […].” Orbene, se la ASL si determinasse in tal senso, la sanzione prevista sarebbe indirizzata al dirigente scolastico che non ha verificato l’adempimento delle disposizioni impartite da parte dell’assistente amministrativo, ovvero non ha previsto efficaci meccanismi di controllo (ad esempio, incaricandone il DSGA nella direttiva). Si ritiene, in buona sostanza, che l’aver avviato il procedimento disciplinare – seppure costituisca atto dovuto da parte del dirigente a fronte della violazione di precisi obblighi ricadenti sul lavoratore – non possa esonerarlo da responsabilità, comunque a lui imputabile a titolo di culpa in vigilando. Né, peraltro, le sanzioni irrogate dagli organi di controllo in tali casi sono soggette a un meccanismo di traslazione o rivalsa quale quello prefigurato dall’art. 6, cc. 3 e 4 della legge n. 689/1981 (“Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione.”) In altri termini, se il dirigente fosse destinatario di una sanzione pecuniaria, sarebbe egli stesso tenuto a pagarla senza potersi rivalere sull’assistente amministrativo. Infatti, a partire dall’intervento operato con il D.Lgs. n. 758/1994, attuativo della legge delega n. 499/1993, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro sono stati depenalizzati gli illeciti di minor rilievo ed è stato ridisegnato l’intero apparato sanzionatorio. Gli snodi di detto quadro normativo possono così riassumersi: conversione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda in fattispecie di illecito amministrativo e generale applicazione a tutte le contravvenzioni (dunque, sia quelle punite con l’ammenda che quelle sanzionate con l’arresto) della causa di estinzione del reato, rappresentata dalla prescrizione. Difatti, l’adempimento della prescrizione o delle prescrizioni formulate dall’autorità procedente (ASL, Vigili del Fuoco ecc.) e il pagamento di un importo pari a un quarto dell’ammontare massimo della ammenda estinguono il reato e impediscono la prosecuzione del procedimento penale. La peculiarità di queste sanzioni spiega perché esse siano rette dal principio di personalità della responsabilità. Ciò significa, nel caso di specie, che chi è tenuto al pagamento della sanzione è il suo destinatario. Non è possibile (né tantomeno lecito) alcun coinvolgimento nel pagamento della stessa da parte dell’istituzione scolastica o dell’autore materiale della violazione, posto che non si applica, nel caso di specie, l’art. 6, cc. 3 e 4, legge n. 689/1981sopra richiamato. Del resto, l’art. 34, c. 1, lettere m) e n) di quella medesima legge esclude apertamente la sostituzione della sanzione amministrativa alla multa e alla ammenda per “le leggi relative ai rapporti di lavoro, anche per quanto riguarda l’assunzione dei lavoratori e le assicurazioni sociali” e “le leggi relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all’igiene del lavoro”, con ciò escludendo – al tempo stesso – detta materia dal campo di applicazione della legge in questione. In conclusione, il dirigente scolastico, in quanto datore di lavoro, è responsabile della sicurezza nell'istituzione scolastica. Benché la negligenza sia stata commessa da un lavoratore, egli potrebbe dunque essere chiamato a risponderne personalmente sulla base del meccanismo sopra descritto. Si consiglia tuttavia, al fine di minimizzare le ricadute del comportamento dell’assistente amministrativo, dopo aver sentito anche l’RSPP sul punto, di trasmettere tempestivamente all’Ente locale le richieste a suo tempo formulate e di accompagnare la documentazione indirizzata all’ASL da una relazione in cui si evidenzi che le stesse sono state inviate, seppur tardivamente e che la mancata trasmissione è imputabile a negligenza dell’incaricato e non già alla mancata individuazione di un soggetto a ciò tenuto.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Occorre precisare che tali percorsi sono disciplinati dalle singole Linee Guida regionali. Pertanto occorre fare riferimento alla normativa della propria regione di appartenenza. La risposta che viene data in questo caso, ricalca ciò che viene a determinarsi nella maggior parte delle regioni italiane. Gli Istituti Professionali, al fine di favorire l’inserimento degli alunni con disabilità nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, e al pari di quanto avviene nei percorsi di istruzione, possono progettare percorsi personalizzati, differenziati per obiettivi didattici e formativi rispetto ai normali percorsi IeFP, che tengano conto delle specificità dell’allievo. I percorsi personalizzati possono prevedere anche modalità differenziate di valutazione degli apprendimenti, al fine di accertare le competenze raggiunte. Gli studenti con disabilità partecipano agli esami finali di qualifica professionale, svolgendo, solo ove necessario, prove differenziate, omogenee al percorso svolto e finalizzate all’attestazione delle competenze acquisite. Per tali allievi è indispensabile prevedere la disponibilità, durante la prova d’esame, di mezzi che abbiano funzionalità strumentale al raggiungimento dei medesimi obiettivi (es. ausili, protesi, tastiere speciali, dizionari braille, etc.). Agli studenti con disabilità può essere rilasciato, al termine del percorso triennale di IeFP: l'attestato di qualifica professionale nel caso in cui l’allievo sia in grado di affrontare le prove previste per l’esame finale di qualifica professionale e si accerti che abbia acquisito tutte le competenze relative alla figura professionale di riferimento; il certificato di competenze relativo alle Unità di Competenze di cui l’allievo ha dimostrato il possesso in sede di esame finale l'attestazione intermedia delle competenze nel caso in cui l’allievo non sia in grado di affrontare le prove previste per l’esame di qualifica professionale ma si sia accertata l’acquisizione durante il percorso di singole competenze, ovvero singole capacità/conoscenze, attraverso le prove intermedie degli apprendimenti. Qualora l'allievo sostenga l'esame finale senza ottenere l'attestato di qualifica professionale, l'attestazione intermedia delle competenze contiene sia le competenze certificate in sede di esame finale, sia le competenze valutate durante il percorso ma non certificate a seguito dell’esame finale. Il certificato di crediti formativi o delle competenze descrive i livelli degli apprendimenti raggiunti e può essere utilizzato per favorire l’assunzione attraverso l’ufficio di collocamento mirato se lo studente ha una invalidità di livello pari o superiore al 46%. Essendo un’attestazione di competenze e non un titolo di studio con valore legale come un diploma di scuola secondaria di secondo grado o una qualifica regionale, tali attestazioni di competenze non possono essere utilizzati come titoli utili per l’accesso a concorsi negli enti pubblici o privati.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
L’organizzazione delle assemblee sindacali, proprio per il motivo che hanno una evidente ricaduta sulle attività educative di un istituto, deve seguire le regole stabilite in sede di CCNL. Un dirigente scolastico non può applicare né logiche restrittive né logiche elastiche, deve attenersi al contratto. La materia è stata disciplinata ex-novo dall’art. 31 del CCNL di comparto 2019/21. Considerando che l’articolo ha provveduto ad abrogare l’art. 23 del CCNL 19/04/2018, oggi costituisce l’unico riferimento al quale attingere. Sono confermate le 10 ore di diritto alla partecipazione (comma 1); è confermato il limite delle due assemblee al mese (comma 2); è confermato anche che ciascuna assemblea può avere una durata massima di due ore, se si svolge a livello di singola Istituzione scolastica, mentre la durata massima delle assemblee territoriali è definita in sede di contrattazione integrativa regionale. Al comma 7 si aggiunge: “La convocazione dell'assemblea, la durata, la sede e l'eventuale partecipazione di dirigenti sindacali esterni sono rese note dai soggetti sindacali promotori almeno 6 giorni prima, con comunicazione scritta, e-mail o pec, ai dirigenti scolastici delle scuole o istituzioni educative interessate all'assemblea”. Quindi è chiaro che la convocazione che viene inoltrata alle scuole deve stabilire anche la “durata” dell’assemblea e a questa deve essere fatto riferimento nel computo delle ore di coloro che decideranno di parteciparvi. Il dirigente scolastico non potrà fare altro che prendere atto della convocazione, affiggerla all’albo e nei plessi, diramarla mediante circolare interna al personale al fine di raccogliere la dichiarazione individuale di partecipazione espressa in forma scritta del personale in servizio nell'orario dell'assemblea. L’art. 31 nulla aggiunge in riferimento alle assemblee che si tengano on line. Si tratta di una mancanza che sarà probabilmente colmata dal prossimo CCNL. Al momento non sono disponibili deroghe o altre modalità di calcolo dei tempi. Continuerà pertanto a fare testo la convocazione ufficiale pervenuta dalle organizzazioni sindacali. La scuola non può che regolarsi in questo modo, tenendo anche presente l’orientamento fornito dall’ARAN. Se le organizzazioni sindacali comprendono nella “durata” anche il tempo necessario allo spostamento le scuole non potranno calcolare un orario diverso. Non esiste infatti una norma contrattuale che preveda la possibilità di calcolare diversamente i tempi impegnati nell’assemblea ed è dunque necessario che il dirigente scolastico si attenga al contenuto della comunicazione sindacale che gli è pervenuta. E' possibile, forse, che la prossima campagna elettorale per il rinnovo delle RSU moltiplicherà le occasioni di potenziale contrasto, anche tra le stesse sigle sindacali. L’unico modo per non essere coinvolti nei conflitti è quello di dimostrare che si è operato nell’esclusivo rispetto del CCNL.
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Al fine di corrispondere all’obbligo previsto dal comma 4 dell’articolo 44 del CCNL IR 19-21 un gruppo di docenti chiede un collegio straordinario...
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Data di pubblicazione: 23/01/2025
Scrivo per chiedere un parere in merito alla possibilità di derogare alla convenzione Consip per il noleggio di fotocopiatori multifunzione...
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
Per quanto concerne la traslazione delle ferie, l'art. 13, comma 10, del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l'anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell'attività didattica. In analoga situazione, il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA. Il nuovo CCNL 2024 non ha introdotto ulteriori disposizioni in materia. L'ARAN, nelle raccolte sistematiche degli Orientamenti Applicativi, ha precisato che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. L’assegnazione delle ferie rientra tra i compiti gestionali del datore di lavoro a cui, pertanto, verrebbe imputata, in caso di mancato godimento delle stesse, la relativa responsabilità, con le eventuali conseguenze anche sotto il profilo del risarcimento del danno; l’onere della prova spetta al datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per consentire ai lavoratori la fruizione delle ferie. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici. L'ARAN (Orientamento 8.4 della Raccolta Sistematica sulle Ferie e Festività del dicembre 2015), ha precisato, in riferimento all’espressione “motivate esigenze di carattere personale” contenuta nel comma 10 dell’art. 13 del CCNL 2007, che qualunque esigenza, purché motivata, del dipendente può dar luogo al rinvio all’anno successivo e non deve trattarsi quindi necessariamente di impossibilità di fruizione delle stesse da parte dell’interessato. Infatti, il concetto di ” motivate esigenze personali” è sicuramente più ampio e generico di quello di “impossibilità”, e quindi può ricomprendere ipotesi riconducibili alle più diverse motivazioni e non solo quelle di impedimento oggettivo o soggettivo alla fruizione delle ferie, come avveniva precedentemente in virtù dell’art. 4 del DPR n. 395/1988. Le ipotesi di rinvio dovrebbero, tuttavia, rappresentare un’eccezione che, in virtù del richiamo all’art. 2109 c.c. ed ai principi di buona organizzazione, consente alle amministrazioni di procedere ad una adeguata programmazione annuale dei calendari feriali del personale, in modo da evitare ogni possibile disfunzione, ed anche, in caso di inerzia o di resistenza dei dipendenti rispetto tali piani, di fissare essa stessa i periodi di fruizione delle ferie. La formulazione letterale della norma "il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA" depone nel senso che il termine del 30 aprile non è perentorio ed in presenza, di adeguata motivazione, può anche essere oltrepassato. L'ARAN con l' Orientamento Applicativo SCU_093 del 15 luglio 2015 ha ribadito che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici. Atteso che la regola ordinaria della fruizione delle ferie durante il periodo di riferimento può subire delle eccezioni, dovute tanto a motivate esigenze di servizio che ad eventi oggettivi (malattia, infortunio, etc), soccorre la possibilità di traslare le ferie secondo la disciplina del comma 10 dell'art. 13 che, come detto sopra, stabilisce che la fruizione della ferie non godute a causa di particolari esigenze di servizio o in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia dal suddetto personale possa essere differita all'anno scolastico successivo con tempistiche diverse per personale ATA e docente. L'ARAN, con l'O.A. SCU_085 del 2015, ha precisato altresì che le ferie, essendo un diritto irrinunciabile e indisponibile del lavoratore, qualora siano maturate e non godute per causa indipendente dalla sua volontà, come può essere una grave patologia, potranno essere fruite dallo stesso, anche per motivate esigenze, al di là dei termini stabiliti dall’art. 13 del CCNL sopra citato, ma sarà l’amministrazione, eventualmente, a fissare i termini di fruizione delle stesse in applicazione dell’art. 2109 cc (le ferie sono assegnate dal datore di lavoro tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore). Pertanto: 1) gestione ordinaria delle ferie: l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse; 2) recupero entro il 30 aprile: in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale ATA di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA; 3) recupero oltre il 30 aprile: il dipendente, in caso di ferie maturate e non godute per causa indipendente dalla sua volontà, come può essere una grave patologia, potrà fruirle, anche per motivate esigenze, al di là dei termini stabiliti dall’art. 13 del CCNL ( 30 aprile), ma sarà il Dirigente, eventualmente, a fissare i termini di fruizione delle stesse. La giurisprudenza della Cassazione ( cfr da ultimo Corte di Cassazione - Lavoro - Ordinanza 20/06/2023, n. 17643) prevede che la prescrizione del diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l'invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l'avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Pertanto, la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: - di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; - di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Nel caso di specie se il docente non ha prodotto formale domanda di ferie, anche se è stato assente dal servizio durante il periodo estivo, non lo è stato formalmente per ferie ma per mancanza di attività didattiche. Quindi se la scuola non aveva fatto i passaggi di cui sopra, e non risulta l'assenza formale per ferie, al netto del comportamento tenuto dal docente in concreto, si ritiene che comunque allo stessi spetti la traslazione. Per evitare una situazione simile la scuola dovrà sempre osservare quanto prescritto dalla giurisprudenza della Cassazione e sopra richiamato.
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
Si inviano in allegato l’atto di avvio del procedimento di dispensa dal servizio per incapacità didattica ai sensi della L. 241/90...
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
Preliminarmente si ricorda che, per il personale scolastico, con il CCNL 1995-1997 è stato disapplicato ai sensi dell' art. 82 con riferimento all’articolo 18 (Contratto individuale) l'art. 12 del D.P.R. n. 3 del 1957. Di conseguenza, il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato dipendente dalla amministrazione scolastica non è più obbligato a risiedere nel luogo dove presta servizio. Ciò premesso, l'art. 55 septies comma 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001, prevede che nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. Nel caso di specie la certificazione medica è comunque sempre rilasciata da un medico convenzionato con il SSN. L’INPS, con una Guida pubblicata in data 26 luglio 2018, ha precisato che nei giorni festivi e prefestivi deve rivolgersi al medico di Continuità assistenziale per il rilascio del certificato di malattia sia per eventi insorti nei suddetti giorni sia per giustificare la continuazione di un evento certificato sino al venerdì; da ciò si deduce la piena legittimità del medico di Continuità assistenziale al rilascio della certificazione medica. Pertanto, la scuola non può far altro che inviare la visita fiscale ai sensi dell'art. 55 septies comma 5 del D.Lgs. n. 165 del 2001 ( Le pubbliche amministrazioni dispongono per il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all'effettuazione della visita, tenendo conto dell'esigenza di contrastare e prevenire l'assenteismo. Il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando l'assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative) e l'accertamento con visita collegiale ai sensi del DPR 171/2011 al superamento del periodo di comporto ( cfr. art. 17 commi 1-3 del CCNL 2007).
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
La concessione di ferie e permessi per motivi personali è da sempre questione dibattuta. Il c. 54 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) prevede che il personale docente (senza distinzione alcuna tra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato) fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell'anno la fruizione delle ferie per i docenti è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Ai sensi del successivo comma 56, peraltro, le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013. La dichiarazione congiunta n. 2 al CCNL 2024 prevede che "Resta fermo, inoltre, anche quanto previsto dall’art. 1, commi 54, 55 e 56 della legge n. 228 del 2012". Alla luce di questo disposto, a nostro avviso, quando un docente chiede di poter fruire di giorni di ferie durante il periodo delle lezioni, deve presentare il piano delle sostituzioni. Secondo l’interpretazione sostenuta costantemente nei pareri presenti in banca dati, per i docenti la possibilità di fruire dei sei giorni di ferie facendo ricorso ai motivi familiari o personali ai sensi dell'art. 15, c. 2, CCNL “comparto scuola” 2007 è esclusa dalla previsione introdotta dalla Legge di Stabilità nell'ipotesi in cui comporti oneri per la scuola. Infatti, ai sensi dell'art. 13, c. 9, dello stesso CCNL del 2007 per il personale docente la fruibilità dei predetti sei giorni era subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvaleva senza oneri aggiuntivi anche per l'eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti, salvo quanto previsto dall’art. 15, c. 2. Quest’ultimo tuttora prevede che per motivi personali e familiari sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, c. 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma. Quindi, prima della legge di stabilità del 2013 il ricorso ai motivi personali serviva per richiedere le ferie indipendentemente dal fatto che vi fosse la possibilità di sostituzione senza oneri aggiuntivi. Tuttavia, stante il tenore letterale della stessa e la disapplicazione delle norme contrattuali contrastanti, si ritiene che per i docenti la possibilità di fruire dei sei giorni di ferie facendo ricorso ai motivi familiari o personali ai sensi dell'art. 15, c. 2, CCNL del 2007, con oneri a carico dello Stato, sia adesso esclusa. In altri termini, si ritiene che i docenti possano fruire dei sei giorni di ferie durante il periodo delle lezioni (o nei periodi in cui è impegnato in scrutini, esami, o attività collegiali) solo se la scuola è in grado di sostituire senza oneri. Trattasi di nostra interpretazione, per noi ampiamente motivata, che non esclude, stante la mancanza di indicazioni ufficiali, che sullo stesso argomento vi possano essere anche interpretazioni differenti a livello sindacale e a livello anche di Uffici Regionali. Ad esempio l’USR Calabria si è espresso in senso contrario mentre in senso conforme alla nostra interpretazione si è espresso l’Ufficio Scolastico Regionale per l’Umbria con Parere del 20 gennaio 2015, con il quale è stato precisato che a decorrere dal 1° settembre 2013, i sei giorni di ferie che i docenti possono chiedere durante il periodo delle lezioni possono essere fruiti, (sia cioè che siano chiesti come ferie, che in aggiunta ai tre giorni di permessi retribuiti) solo a condizione che non si determinino oneri per l'erario. Con Avviso del giugno 2018, il MIUR ha adeguato il SIDI alla possibilità di inserire nel codice PE03 (assenze per motivi personali o familiari) anche ulteriori 6 giorni di ferie. Più specificamente nell'Avviso si legge che per il codice PE03 (PERMESSO PER MOTIVI PERSONALI O FAMILIARI) è stata recepita la richiesta di poter inserire a sistema i sei giorni di ferie eventualmente commutati in permessi personali. Si precisa che il sistema non effettuerà nessun tipo di controllo in relazione al numero di giorni di ferie. Inoltre sarà a cura dell’utente valorizzare il sub-codice corretto nel caso si tratti dei giorni di ferie utilizzati come permesso personale. Ad ogni modo la nostra interpretazione ha trovato conferma anche in parte della giurisprudenza di merito ( che comunque, in attesa di un pronunciamento della Cassazione, è divisa). Infatti, il Tribunale di Terni (Sentenza 26/06/2017, n. 232) ha affermato la correttezza del provvedimento del DS di rigetto della richiesta di un giorno di ferie da usufruire al di fuori del periodo di sospensione delle attività didattiche stabilito dal calendario scolastico sul presupposto che ciò avrebbe comportato un maggior onere economico per la scuola, in conformità a quanto previsto dall’art. 1, comma 56, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), che aveva subordinato la fruizione delle ferie al di fuori dei periodi di sospensione delle lezioni alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvalesse senza che venissero a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica (La sentenza è stata confermata dalla decisione della Corte d'Appello di Perugia sezione lavoro n. 106/19). A questo punto, se si aderisce alla nostra interpretazione sopra esposta e richiamata in tutte le nostre precedenti risposte, il docente se chiede ferie durante il periodo delle lezioni queste devono essere senza oneri (e quindi senza possibilità di nomina del supplente) oppure deve imputare ad altro titolo le assenze. Infine, a nostro avviso, in caso di copresenza l'assenza di uno dei docenti deve essere comunque oggetto di sostituzione e non integra la fattispecie di sostituzione senza oneri la copresenza dell'altro docente.
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
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Data di pubblicazione: 22/01/2025
L'art. 14 del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024 prevede che è considerata giorno festivo la ricorrenza del Santo Patrono della località in cui il dipendente presta servizio, purché ricadente in giorno lavorativo. Quindi i presupposti per legittimare l'assenza sono che il Santo Patrono ricada in un giorno lavorativo ed il riferimento è al luogo in cui il dipendente presta servizio. Ciò premesso, a nostro avviso, vista la tassatività della norma del CCNL, la docente non può prestare tutto l'orario di servizio nel plesso aperto e usufruire un domani del giorno del Santo Patrono dell'altro. Invece, a nostro avviso, deve prestare solo l'orario di servizio nel plesso aperto mentre non dovrà prestare alcuna attività nella sede ove ricorre la festività del Santo Patrono.
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