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    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Congedo senza assegni per borsa di studio post-dottorato: un docente può usufruire di un secondo periodo in deroga ai limiti ordinari?
  • L'art. 453, comma 9, del D.Lgs. n. 297 del 1994 prevede che al personale assegnatario di borse di studio da parte di Amministrazioni statali, di enti pubblici, di Stati od enti stranieri, di organismi ed enti internazionali si applica il disposto di cui all'articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476 (ovvero la normativa sul dottorato di ricerca). La CM del 2011 prevede "Al riguardo, in relazione a quanto comunicato dall’Ufficio Legislativo, si ritiene di potersi concordare con il parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato con nota 2 marzo 2005, n. 30098, sulla base dal comma 9, ultimo periodo, dell’art. 453 del D.Lgs. 297/94, il quale prevede l’applicabilità dell’art. 2 della legge 14 agosto 1984, n. 476, al personale assegnatario di borse di studio da parte anche di Stati o Enti stranieri, ponendo in tal modo sullo stesso piano la disciplina prevista nella materia dalla citata legge sia per le Università italiane sia per quelle straniere". Il medesimo parere precisa altresì che: "Le stesse disposizioni si ritiene possano trovare applicazione nei riguardi dei beneficiari di Borse post-dottorato e per gli assegnisti universitari, per i quali, l’art. 51 della legge 449 del 27.12.1997 prevede esplicitamente la "possibilità" dell’aspettativa senza assegni per tutti i pubblici dipendenti vincitori di un assegno di ricerca". La C.M. n. 15/2011 richiama impropriamente l’art. 51 della legge 449 del 27/12/1997 nel punto relativo ai beneficiari di borse post-dottorato e agli assegnisti universitari, in quanto detta norma era stata abrogata dalla L. n. 240 del 2010 che ha dettato nuove disposizioni in tema di assegni di ricerca. Ad ogni modo, dalla normativa suesposta si ritiene applicabile analogicamente al caso di cui al quesito (borsa di studio) la normativa sul dottorato di ricerca con le relative interpretazioni fornite dal MIUR con la citata C.M. n. 15 del 2011. Pertanto, si ritiene che il docente titolare di borsa di studio post dottorato all'estero possa essere collocato in aspettativa secondo la normativa prevista per il dottorato di ricerca. Tuttavia detto riferimento è, a nostro avviso, al trattamento giuridico ed economico e non anche al divieto di congedo per coloro i quali hanno già conseguito un dottorato proprio perchè nel caso di specie si tratta di borsa post dottorato. Quindi, a nostro avviso, il docente ha diritto a fruire del congedo non retribuito per borsa post dottorato.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Un docente può godere delle ferie non fruite dell'a.s. 2023/2024 nonostante la circolare del 2024 che chiedeva di consumarle?
  • Per quanto concerne le ferie, in via generale, la recente giurisprudenza della Cassazione (cfr. Corte di Cassazione - Lavoro - Ordinanza 27/11/2023, n. 32807) prevede che la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto qualora il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie (se necessario formalmente) e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Infatti, la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: i) di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; ii) di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire iii) del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Quindi, la prescrizione del diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l'invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l'avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. (Corte di Cassazione - Lavoro - Ordinanza 20/06/2023, n. 17643) Nel caso di specie l’ Istituzione scolastica aveva, in data 06/06/2024 emesso circolare in cui si invitava tutto il personale docente a fruire delle ferie spettanti per a.s.2023/2024 E’ vero che mancava l’avviso di cui sopra ( che le ferie e i riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato) ma comunque il personale docente era stato invitato a fruire delle ferie maturate. Per quanto concerne la traslazione delle ferie, l'art. 13, comma 10, del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l'anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell'attività didattica. Pertanto, a nostro avviso, non ci sono le condizioni per permettere la fruizione delle ferie maturate nello scorso anno scolastico.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • I criteri di assegnazione dei docenti alle classi: prevale la continuità sulla classe o sulla materia ai fini dell'attribuzione di un docente a una classe quinta del primo ciclo?
  • L’assegnazione dei docenti alle classi è un atto datoriale che deve avvenire in osservanza dei criteri stabiliti dal consiglio di istituto e delle proposte formulate dal collegio dei docenti (cfr. art. 10, c. 4 e art. 7, c. 2, lettera b), D.Lgs. n. 297/1994), come da ultimo ribadito dalla sentenza della Cassazione 15/6/2020, n. 11548. Inoltre, “i criteri riguardanti le assegnazioni alle sedi di servizio all’interno dell’istituzione scolastica del personale docente, educativo ed ATA” costituiscono materia di confronto con la parte sindacale ex art. 30, c. 9, lettera b2) del CCNL di comparto 2019-2021. Nessun ruolo in materia riveste il contratto integrativo di istituto che della questione non deve occuparsi, dal momento che l’assegnazione dei docenti alle classi è espressione di un potere datoriale che deve esercitarsi alla luce dei criteri del consiglio di istituto e delle proposte del collegio dei docenti e previo confronto con la parte sindacale nei termini anzidetti. Ovviamente, la contraddittorietà insita in un simile quadro normativo è evidente, posto che, se la legge attribuisce la gestione del personale al dirigente scolastico “in via esclusiva” (art. 5 D.Lgs. n. 165/2001), non dovrebbe poi essere possibile l’interferenza di altro organo. Sussiste pertanto un unico modo per superare una simile contraddizione: fare in modo che il consiglio d’istituto adotti dei criteri che lascino al dirigente un ampio margine di discrezionalità e che gli consentano di intervenire là dove si presentino problematicità di varia natura, ad esempio di natura relazionale. Da tale punto di vista va rilevato che i criteri riportati nel quesito appaiono molto stringenti e dovrebbero dunque essere modificati alla prima occasione disponibile. Infatti, il dirigente può discostarsi motivatamente dalle decisioni degli organi collegiali ma, nel caso di specie, l’onere motivazionale sarà più stringente, non potendo egli ricorrere a una clausola elastica all’interno dei criteri stessi. Premesso questo, a parere di chi scrive, se il dirigente non ha motivazioni per discostarsi dall’ordine di priorità indicato nelle delibere degli organi collegiali, deve procedere all’assegnazione delle ore “scoperte” al docente che già opera nelle classi in questione. Infatti, se è pur vero che la continuità didattica viene solitamente intesa come riferita al tempo stesso alla classe e alla disciplina, occorre tenere presente che il modello organizzativo di riferimento nella scuola primaria dovrebbe essere quello dell'insegnante prevalente cui vengono assegnati diversi ambiti disciplinari, secondo quanto previsto dal DPR n. 89/2009 e in particolare dal comma 3 dell’art. 4 (“il tempo scuola della primaria è svolto ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, secondo il modello dell'insegnante unico che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze, e secondo le differenti articolazioni dell'orario scolastico settimanale a 24, 27, e sino a 30 ore, nei limiti delle risorse dell'organico assegnato; è previsto altresì il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno”). Si sconsiglia pertanto di “frantumare” e parcellizzare l’insegnamento delle discipline riferibili a un medesimo ambito – così come individuato a livello di singola istituzione scolastica – tra più docenti sia nel modello del tempo pieno che in quello del tempo normale, proprio in ossequio ai principi di trasversalità e integrazione disciplinare che detto disposto normativo ha inteso realizzare.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • La scuola può rifiutare di riconoscere a una docente a t.d. permessi personali aggiuntivi se finalizzati alla monetizzazione delle ferie non godute?
  • Una nostra docente al 30 giugno chiede la monetizzazione delle ferie non godute per numerosi impegni (tutti correttamente verificati) per 4 gg...

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Scuole di montagna e organico: è possibile derogare alle norme sulla formazione delle classi prime della scuola primaria?
  • In considerazione della legge 28 febbraio 2025, n. 20, né di quanto disposto dalla Nota n. 93862 del MIM che definisce le istruzioni operative per...

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Una questione sull'irrogazione di un rimprovero scritto o verbale per prevaricazione...
  • Allo stato attuale non è possibile né sarebbe legittimo procedere ad irrogare un rimprovero verbale, in quanto mancherebbe il requisito dell’immediatezza che è tipico e caratterizzante di tale sanzione, che si contraddistingue per la sua particolare tenuità e per questo non prevede l’avvio di un procedimento formale. L’immediatezza e tempestività dell’irrogazione del rimprovero verbale non vengono meno per il fatto di procedere a verbalizzazione dell’irrogazione che avviene essa stessa a stretto giro. Va da sé che concludere un procedimento formalmente avviato con l’applicazione del rimprovero verbale non è azione legittima, anche nella considerazione che il datore di lavoro, nel momento in cui avvia un procedimento disciplinare ha già operato una preliminare valutazione in ordine alla spèndita del proprio potere disciplinare, in funzione del comportamento disciplinarmente rilevante che intende punire. Sotto altro profilo, nel caso in esame, le contestazioni levate appaiono confermate e neppure attenuate dalla memoria difensiva presentata dal lavoratore, per cui un decreto di archiviazione sarebbe illegittimo. Pertanto, alla luce della fattispecie dedotta in quesito, si ritiene opportuno che il procedimento venga concluso con l’irrogazione della sanzione minima del rimprovero scritto.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Alcuni chiarimento sulla possibilità per le scuole di adeguare il calendario scolastico regionale prevedendo fino ad un massimo di 3 giorni di chiusura...
  • Circa le competenze sul calendario scolastico la attuale normativa prevede una ripartizione fra Ministero, Regioni e Istituzioni Scolastiche Autonome. Al Ministero spetta la determinazione delle festività civili e religiose nonché del giorno di inizio degli esami di stato nelle istituzioni secondarie di secondo grado, Le Regioni stabiliscono il numero dei giorni di lezione (nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 74 del D. Lgs. 297/1994: i 200 giorni di lezione necessari per la validità dell’anno scolastico). Alle istituzioni scolastiche il DPR 275/1999, all’articolo 5, riconosce il potere di adattamento del calendario in relazione alle esigenze del piano dell’offerta formativa, nel rispetto del numero dei giorni di attività didattiche determinato dalla Regione, e il D.Lgs. 297/1994 all’art. 10 comma 3 lettera c) riconosce la possibilità di adattare il calendario scolastico “alle specifiche esigenze ambientali” In altre parole, sulla base dei predetti principi le scuole, tenendo conto dei vincoli posti dalle delibere regionali, possono “adattare” il calendario; il che vuol dire prevedere giorni di sospensione delle lezioni e corrispondente integrale recupero delle ore così perdute: sempre – ovviamente – per soddisfare esigenze del piano formativo delle scuole o per specifiche esigenze ambientali, esigenze da indicare puntualmente nella delibera consiliare. Alla luce di quanto sopra è evidente che il potere di adattamento del calendario scolastico da parte delle scuole non si estende al potere di riduzione dei giorni di lezione previsti nel calendario regionale. In tema di sospensione delle lezioni, però, alcune Giunte regionali hanno esplicitamente prevista la possibilità per le singole istituzioni scolastiche di sospendere, diciamo così “tour court”, le lezioni per un prestabilito limite di giorni al di fuori delle previsioni di cui all’art. 5 del DPR, 275/1999 e del D. Lgs. 297/1994 soprarichiamate. E' questo il caso, a puro titolo di esempio, per l’anno scolastico 2025 -26 della Liguria (Delibera Giunta 230 del 7/5/2025) e del Piemonte (Delibera Giunta 5 -1057 del 6 maggio 2025). La delibera della Regione Lombardia sul calendario scolastico (delibera a carattere permanete IX/3318 del 18/4/2012), a differenza di quelle delle predette regioni, non prevede espressamente l’assegnazione alle istituzioni scolastiche della possibilità di sospendere per qualche giorno le lezioni (quindi senza corrispondente recupero per alunni e docenti). Tuttavia, al paragrafo 4 a) della delibera, richiamando come presupposto dell’adattamento le “esigenze derivanti dal Piano dell’Offerta Formativa, in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 5 comma 2 del DPR 275/99 nonché dell’art. 10 comma 3 lett. c) del D. Lgs. 297/94, aggiunge: "Qualora l’adattamento del calendario comporti sospensione delle lezioni, nel limite massimo di tre giorni annuali, è necessario un preventivo accordo con gli enti territoriali competenti ad assicurare i servizi per il diritto allo studio”. Trattasi di un periodo confuso e contradditorio. Infatti nell’adattamento del calendario scolastico la sospensione è un fatto certo, non ipotetico come sembrerebbe nel testo della delibera. E poi perché sarebbe necessario “l’accordo con gli enti territoriali competenti ad assicurare i servizi per il diritto allo studio (scuolabus, mense, personale assistenziale ecc. n.d.r.) se il giorno della sospensione non ci sono attività didattiche? Semmai l’accordo sarebbe necessario per supportare le attività didattiche della scuola nel giorno di “recupero” di quello “sospeso”. Tuttavia, l’ambiguità del dettato normativo regionale ha favorito, in non pochi istituti, una interpretazione, diciamo così, di comodo per il personale docente, che, in ragione della “sospensione” deliberata dagli organi collegiali, ha potuto usufruire fino a tre giorni di sospensione del suo servizio. Non si riscontrano sulla sospensione “tout court” di cui sopra interventi censori da parte delle competenti autorità ,,,,di cui sarebbe quanto mai opportuna una nota di interpretazione autentica. E, in effetti, circa la vicenda della scuola di Pioltello citata nella descrizione del quesito, stando alle notizie di stampa (ovviamente non si conosce il testo della relazione ispettiva), sembrerebbe che il rilievo mosso alla scuola , in riferimento alla sospensione delle lezioni il giorno del ramadan, sia stato relativo al superamento del tetto dei tre giorni di “sospensione” di cui al citato passo della delibera della Giunta regionale della Lombardia del 2012 , senza considerazioni censorie per il mancato recupero dei giorni di “vacanza” così scaturiti per alunni e docenti.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • I docenti a t.d. che hanno superato il periodo di prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita, c.d.detto anno sabbatico?
  • I docenti con contratto a tempo indeterminato che hanno superato il periodo di prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita (detto anno sabbatico) della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni, compreso il primo decennio, (cfr comma 14 art. 26 Legge n. 448 del 23/12/1998). La C.M. n. 96 del 28/03/2000 (che ha trasmesso la Nota n. 7574 del 6 marzo 2000) ha chiarito che: a) la richiesta è sottratta all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione; b) tale aspettativa non può essere oggetto di frazionamento, sicché la fruizione di un periodo inferiore esaurisce il diritto. Per quanto concerne la discrezionalità nella concessione si osserva che la Nota del MEF del 26 aprile 2000 aveva previsto che i periodi di aspettativa spettano di diritto ai docenti e dirigenti scolastici, senza pertanto la richiesta di specifiche motivazioni per la loro fruizione, compatibilmente, però, con le esigenze di servizio valutate dal dirigente per i docenti o dal Provveditore agli Studi per i dirigenti. Come detto sopra, la Circolare Ministeriale n. 96 del 28 marzo 2000, di trasmissione della Nota n. 7574 del 6 marzo 2000, ha precisato che la richiesta di fruizione del periodo di aspettativa per anno sabbatico, è sottratta all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione. Non risultano ulteriori interventi del MIM né della giurisprudenza; pertanto, seppur precedente (ma solo di un mese) a quella del MEF, riteniamo che sia applicabile la posizione specifica espressa dal MIM con la conseguenza che la richiesta dell’anno sabbatico non è soggetta alla valutazione discrezionale del dirigente in riferimento alle esigenze di servizio. Tra l’altro la citata Nota n. 7574 del 2000 del MIM precisa quanto segue “ lo scrivente concorda con il parere espresso al riguardo da codesto Gabinetto orientato nel senso di ritenere che i dipendenti aventi titolo a richiedere il periodo di aspettativa non retribuita ex art. 26, comma 14, della legge n. 448/1998 non sono tenuti ad enunciare i motivi della richiesta medesima e che pertanto la fruizione del periodo di assenza in parola è sottratta all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione”. Stante quanto sopra, si ritiene che il dirigente scolastico non ha potere discrezionale in merito alla concessione e quindi debba essere concessa l’aspettativa per c.d. anno sabbatico.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Affidamento dell'incarico per la gestione della biblioteca scolastica: essendo un progetto consolidato e inserito nel PTOF è possibile emettere un avviso triennale anzichè annuale?
  • Del tutto correttamente la scuola pone in essere una procedura selettiva per l’individuazione dell’esperto esterno ( cfr. art. 7 comma 6bis del D.Lgs. n. 165 del 2001). Un limite al conferimento degli incarichi è rappresentato dal disposto dell’art. 43, comma 3, del DI 129/2018 ai sensi del quale è fatto divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie funzioni o mansioni proprie del personale in servizio nella scuola, fatti salvi i contratti di prestazione d'opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti. Ciò premesso nulla vieta che la scuola possa stipulare un contratto pluriennale ma va ricordato che ai sensi dell'art. 45 del D.I. n. 129/2018 il Consiglio di istituto delibera in ordine a determinate fattispecie contrattuali tra le quali, alla lettera d) del primo comma, vengono indicati "i contratti di durata pluriennale". Quindi, in caso di contratto pluriennale, il CdI non delibera solo sui criteri e limiti ma proprio sulla singola operazione e quindi sullo specifico contratto da stipulare.

    Data di pubblicazione: 04/07/2025

  • Il DS può chiedere la visita medica collegiale per una docente di sostegno che attua strani comportamenti e rinvia l'anno di prova?
  • Il DPR 171/2011 recante il “Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica”, indica all’art. 3 comma 3 che “La pubblica amministrazione avvia la procedura per l'accertamento dell'inidoneità psicofisica del dipendente, in qualsiasi momento successivo al superamento del periodo di prova”. Tale previsione normativa determina un significativo vincolo per il datore di lavoro pubblico che intercetti durante la fase precedente al superamento della prova segnali di inidoneità. Peraltro ai sensi dell’ art.438 - D.Lgs.297/1994 la prova per il personale docente ha la durata di un anno scolastico, ma, qualora nell'anno scolastico non siano stati prestati 180 giorni di effettivo servizio, la prova è prorogata di un anno scolastico, con provvedimento motivato, dall'organo competente per la conferma in ruolo. Ciò potrebbe condurre a proroghe anche di diversi anni, senza la possibilità di conferma nel ruolo e dei conseguenti provvedimenti per attivare le procedure di accertamento dell’idoneità psicofisica, fino al punto che il periodo di prova potrebbe avere durata illimitata in caso di assenza per malattia che non consenta di raggiungere il periodo di 180 giorni di servizio, necessario alla valutazione della prova. Va, tuttavia, chiarito che l’art. 3 comma 3 del DPR 171/2011 citato, non ha come fine quello di assicurare un beneficio al dipendente in prova, che non sarebbe consentito dalla norma primaria che ha previsto proprio l‘emanazione del regolamento reso con il DPR 171/2011, ovvero l’art.55 octies del D.Lgs.165/2001, in quanto essa non esonera dal licenziamento per inidoneità psicofisica il lavoratore in prova. Diversamente il regolamento rinvia ogni accertamento al riguardo all'esito della valutazione della prova, che potrebbe essa stessa determinare la risoluzione del rapporto di lavoro (dispensa per mancato superamento della prova). Infatti, ben sarebbe possibile procedere ad attenta verifica della docente durante l’anno di prova. L’inidoneità, in questo caso, si manifesterebbe ed avrebbe una ricaduta negativa sulle prestazioni, facendo emergere la mancanza degli standard professionali minimi necessari per lo svolgimento della professione docente, a mente dell’art.4 del DM 226/2022. In situazioni di prolungate assenze per malattia che determinano più rinvii dell’anno di prova, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che possa essere comunque avviato un procedimento di accertamento dell’inidoneità psicofisica del dipendente anche se non ancora confermato nel ruolo (Cassazione civile sez. lav., 16/12/2021, n.40406). In questo caso, se si volesse procedere alla richiesta di visita medico legale sarebbe necessario suffragare l’istanza di idonea documentazione, riconducendola ad una delle casistiche tutelate dal citato articolo del DPR 171/2011 ovvero a) assenza del dipendente per malattia, superato il primo periodo di conservazione del posto previsto nei contratti collettivi di riferimento; b) disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l'esistenza dell'inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio; c) condizioni fisiche che facciano presumere l'inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio. Ovviamente, i gravi disturbi del comportamento ascritti alla docente dovranno essere circostanziati e suffragati da testimonianze e dichiarazioni scritte di più persone e con precipuo riguardo all’attività professionale.

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Aspettativa per altra attività lavorativa all'estero: una docente può accettare supplenze in una scuola italiana extra UE mantenendo il ruolo in Italia?
  • L’ Art. 31 del D.Lgs. n. 64 del 2017 al comma 4 prevede che i contratti a tempo determinato previsti dal suddetto articolo hanno la durata strettamente necessaria ad assicurare l'attività didattica. L'art. 18, comma 3, del CCNL/2007 prevede che il dipendente è collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova. In merito ai presupposti richiesti, ricordiamo che la concessione dell’aspettativa non è discrezionale, in quanto la norma prevede testualmente che il dipendente, a domanda, è collocato in aspettativa, non lasciando, pertanto, alla scuola alcun margine di discrezionalità legato a esigenze di servizio. Naturalmente nella domanda il dipendente dovrà precisare ed attestare l’esperienza lavorativa per la quale chiede di essere collocato in aspettativa. Pertanto, la suddetta norma offre al dipendente la possibilità di stipulare un altro contratto di lavoro anche per superare un periodo di prova. Il tenore letterale della norma, che fa riferimento esclusivo ad “un anno scolastico”, è da intendere ad un determinato anno scolastico e non ad un periodo massimo di durata comprensivo della sommatoria di più mesi fino alla concorrenza di un anno. Anche l’ARAN, nell’orientamento applicativo del 14 dicembre 2011, ha precisato che per l’art. 18, comma 3, il periodo è circoscritto ad un anno scolastico. L'ARAN, con l'Orientamento Applicativo SCU_100 del 1° agosto 2016, ha ribadito in merito all'aspettativa di cui all’art. 18, comma 3, del CCNL 2007 per svolgimento di altra attività lavorativa che: - è senza retribuzione; - l’anno scolastico risulta essere il periodo massimo di durata; - può essere richiesta anche per un più breve periodo ma comunque esaurirà i suoi effetti alla fine dell’anno scolastico; - una volta fruita, anche se per un periodo inferiore all’anno scolastico, la stessa non potrà essere prorogata. L’aspettativa quindi potrebbe essere richiesta solo per i periodi in cui la docente è destinataria del contratto a t.d. di natura subordinata presso la scuola all’estero. Nel quesito si parla di prestazione professionale; allorchè si trattasse quindi una collaborazione di lavoro autonomo che presuppone l’apertura di partita iva, può rilevare, invece, l'aspettativa prevista dall'art. 18 della legge 183 del 2010 che nell'attuale testo normativo è così prevede: "1. I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massimo di trentasei mesi e rinnovabile per una sola volta, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L'aspettativa è concessa dall'amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall'interessato. 2. Nel periodo di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni 3. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni". L'aspettativa in questione può essere fruita anche in modo frazionato. Pertanto, in riferimento al quesito posto: - Se trattasi di attività di lavoro subordinato a termine la docente potrà chiedere l’aspettativa ex art. 18 co. 3 CCNL 2007 secondi i presupposti sopra richiamati; - Se invece la dipendente apre la partita iva quale libera professionista non regolamentata o come ditta individuale potrà richiedere l’aspettativa di cui all’art. 18 della legge 183 del 2010.

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Visita fiscale non espletata: l'assenza del citofono è una giustificazione valida per la dipendente o si può procedere alla decurtazione economica per i giorni di assenza?
  • La Corte di Cassazione, con la Sentenza 19 febbraio 2016, n. 3294, ha ricordato che l’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo - per la quale del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, comma 14, convertito, con modifiche, nella L. 11 novembre 1983, n. 638, prevede la decadenza (in varia misura) del lavoratore medesimo dal diritto al trattamento economico di malattia - non coincide necessariamente con l’assenza del lavoratore dalla propria abitazione, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore - pur presente in casa - che sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale. La prova dell’osservanza del dovere di diligenza incombe al lavoratore (cfr. Cass., 18 novembre 1991 n. 12534; 23 marzo 1994 n. 2816; 14 maggio 1997 n. 4216, Cass. 22 maggio 1999, n. 5000). In particolare, il potere del datore di lavoro (nelle scuole il riferimento è al dirigente scolastico) di verificare il fatto generatore del debito verrebbe vanificato dalla contrapposta facoltà del preteso creditore di sottrarsi alla verifica se non per serie e comprovate ragioni, quale l’indifferibile necessità di recarsi presso altro luogo (usualmente la giurisprudenza ha valutato l’ipotesi di allontanamento dal domicilio per esigenza improcrastinabile di recarsi presso l’ambulatorio del medico curante. Cfr. Cass. 30 agosto 2006, n. 18718). La Corte di Cassazione con la sentenza 25 marzo 2002 n. 4233, ha affermato che ricorrono i presupposti della assenza ingiustificata dal servizio e della conseguente decadenza dal trattamento medesimo non solo quando il lavoratore sia assente dal domicilio nelle fasce orarie predeterminate ma anche quando, pur essendo presente, ponga in essere una condotta che, per incuria, negligenza o altro motivo giuridicamente non apprezzabile, impedisca in concreto l'esecuzione del controllo sanitario. (Nella specie, la lavoratrice aveva affermato di essere stata presente in casa ma di non aver potuto tempestivamente aprire la porta per lo stato di malattia; la S.C. ha ritenuto che questo non escludesse la negligenza della lavoratrice, cui incombeva l'onere di provare la diligente predisposizione di una situazione tale da consentire il controllo domiciliare, tenuto anche conto del fatto che sul campanello non vi era il nome della donna, ma quella del marito, tanto che il medico aveva suonato tutti i campanelli del condominio senza riuscire a trovarla). Inoltre, con la sentenza del 17 aprile 1990, n. 3180, è stato escluso che il mancato reperimento del lavoratore potesse essere giustificato dal fatto che egli si tratteneva sul balcone e non aveva percepito il suono del campanello azionato dal medico di controllo. Alla stessa stregua, l’irreperibilità del lavoratore non può essere giustificata dalla sua ipoacusia o dal mancato funzionamento di un citofono, in relazione agli obblighi di diligenza che impongono di adottare mezzi idonei per superare eventuali difficoltà di ordine pratico che si frappongono all’incontro con il medico (Cassazione sentenza 14 settembre 1993 n. 9523). Richiamata la giurisprudenza in materia si ritiene che nel caso di specie la giustificazione è molto al limite ma l’aspetto dirimente è che non risulta alcuna comunicazione formale alla scuola sulla questione citofono il che avrebbe integrato una condotta del dipendente improntata a buona fede e correttezza. Infatti, è obbligo del dipendente ammalato essere reperibile all’indirizzo durante il periodo di congedo per salute, ma per concretizzare tale reperibilità lo stesso ha l’onere di predisporre diligentemente una situazione tale da consentire il suddetto controllo domiciliare. Nel caso di specie, a nostro avviso, la dipendente non ha posto in essere tutti i mezzi idonei per superare eventuali difficoltà di ordine pratico che si frapponevano all’incontro con il medico e consentire il controllo domiciliare. Conclusivamente, a nostro avviso, l’assenza alla visita fiscale è ingiustificata con tutte le conseguenze dal punto di vista economico.

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Ferie forzate per commissari esterni: la scuola può chiedere la fruizione di ferie non monetizzabili ai docenti con contratto al 30/06?
  • L’art. 1, co. 4, del D.M. n. 183 del 2019, richiamato nell’annuale Circolare sulla formazione delle commissioni d’esame, prevede che la partecipazione ai lavori delle commissioni di esame di Stato rientri tra gli obblighi inerenti allo svolgimento delle funzioni proprie del personale della scuola, salvo le deroghe consentite dalle disposizioni normative vigenti. L’art. 2 del DI 24 maggio 2007 all’art. 2 prevede che il compenso spetta in modo continuativo a decorrere dall’effettivo inizio dello svolgimento dell’incarico. In caso di interruzione dell’incarico, il compenso complessivo spettante viene corrisposto al componente uscente in proporzione ai giorni effettivamente prestati dallo stesso. I compensi per gli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore sono onnicomprensivi e sostitutivi di ogni altro emolumento accessorio. Ne consegue, a nostro avviso, che il docente è formalmente impegnato nei lavori della Commissione, giusta nomina, e non è tenuto a presentare domanda di ferie nelle giornate in cui la presenza non è dovuta ( per indicazioni del presidente) non essendo queste assimilabili a giorni di sospensione delle lezioni in cui si deve presentare domanda di ferie giusto invito/diffida della scuola ( cfr Nota MIM 27 marzo 2025).

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Se la scuola acquista un prodotto che non soddisfa le aspettative lo può restituire o la restituzione del prodotto è prerogativa delle persone fisiche?
  • Attraverso il portale Mepa è stato acquistato un deumidificatore. Una volta ricevuto il prodotto ci siamo accorti che lo stesso non soddisfa...

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Affidamento distributori automatici sotto soglia: la scuola può procedere autonomamente con ASP o MePA e prorogare il contratto in essere?
  • Dopo la modifica del D.Lgs. 209/2024 (cd. Correttivo Appalti) le scuole possono procedere autonomamente all’affidamento delle concessioni sotto soglia (cioè di importo inferiore a 140.000 euro: la soglia comunitaria è molto più alta ed irraggiungibile): la procedura e la modulistica sono integralmente pubblicate sul cd. Quaderno n. 2, appena aggiornato nell’edizione 2025. Non è pertanto necessario passare per una stazione appaltante qualificata, ed anzi sembrerebbe imprudente farlo proprio per il rischio erariale sotteso all’affidamento ad altri di un procedimento che può e deve essere trattenuto; sembra il caso di precisare che gli artt. 1 e 17 del disciplinare ministeriale prevedono l’integrale digitalizzazione della gara. Per quanto riguarda la proroga tecnica, si ritiene che non sia motivabile in termini di difficoltà interpretative, visto che la modifica è di dicembre 2024 e riporta la scuola alla possibilità di procedere direttamente, come era prima della questione qualificazione. Si potrà tentare la proroga tecnica semestrale, ma solo a condizione che sia già stato avviato il procedimento per l’affidamento della concessione e sia pertanto possibile motivare con la necessità di attenderne la conclusione.

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Trasferimento di un'alunna tra due plessi della stessa scuola: l'autorizzazione di entrambi i genitori è necessaria anche in caso di affidamento esclusivo alla madre?
  • E’ pervenuta la richiesta di un genitore (madre) che vuole cambiare il plesso di scuola primaria di sua figlia: vuole spostare la figlia da un plesso di scuola...

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Dimissioni volontarie ATA e ferie non godute: è dovuto il pagamento delle ferie residue al collaboratore scolastico con contratto al 30 giugno?
  • La Dichiarazione Congiunta n. 2 al CCNL 2024 prevede quanto segue " In relazione a quanto previsto all’art. 38 (Ferie) le parti si danno reciprocamente atto che, in base alle circolari applicative di quanto stabilito dall’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 convertito nella legge n. 135 del 2012 (MEF-Dip. Ragioneria Generale dello Stato prot. 77389 del 14/09/2012 e prot. 94806 del 9/11/2012- Dip. Funzione Pubblica prot. 32937 del 6/08/2012 e prot. 40033 dell’8/10/2012), all’atto della cessazione del servizio le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta, congedo obbligatorio per maternità o paternità. Resta fermo, inoltre, anche quanto previsto dall’art. 1, commi 54, 55 e 56 della legge n. 228 del 20122. Recentemente è intervenuta in argomento la Corte giustizia UE sez. I, che con la Sentenza 18/01/2024, n.218 ha affermato che non è conforme al diritto UE la normativa nazionale che vieta il pagamento delle ferie al dipendente che si è dimesso volontariamente dal servizio. Questi i punti principali della motivazione della sentenza. L'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da tale direttiva, che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, tuttavia, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce. Tale direttiva non può, in linea di principio, vietare una disposizione nazionale ai sensi della quale, al termine di tale periodo, i giorni di ferie annuali retribuite non goduti non potranno più essere sostituiti da un'indennità finanziaria, neppure in caso di successiva cessazione del rapporto di lavoro, allorché il lavoratore ha avuto la possibilità di esercitare il diritto che detta direttiva gli attribuisce. Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse, l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un'indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, circostanza la cui verifica spetta al giudice, si deve ritenere che l'estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o del periodo di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un'indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l'articolo 7, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nonché l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punti 46 e 55). Pertanto, l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell'ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà. Conclusivamente, alla luce della recente giurisprudenza comunitaria, si ritiene che al dipendente spetti il pagamento a meno che la scuola dimostri di aver posto il dipendente stesso nelle condizioni di fruire delle ferie maturate così come precisato nella citata sentenza (in senso analogo sul punto le recenti sentenze della Cassazione). Per quanto concerne la traslazione delle ferie, l'art. 13, comma 10, del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l'anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell'attività didattica. In analoga situazione, il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA. Il nuovo CCNL 2024 non ha introdotto ulteriori disposizioni in materia. L'ARAN, nelle raccolte sistematiche degli Orientamenti Applicativi, ha precisato che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. L’assegnazione delle ferie rientra tra i compiti gestionali del datore di lavoro a cui, pertanto, verrebbe imputata, in caso di mancato godimento delle stesse, la relativa responsabilità, con le eventuali conseguenze anche sotto il profilo del risarcimento del danno; l’onere della prova spetta al datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per consentire ai lavoratori la fruizione delle ferie. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici. L'ARAN (Orientamento 8.4 della Raccolta Sistematica sulle Ferie e Festività del dicembre 2015), ha precisato, in riferimento all’espressione “motivate esigenze di carattere personale” contenuta nel comma 10 dell’art. 13 del CCNL 2007, che qualunque esigenza, purché motivata, del dipendente può dar luogo al rinvio all’anno successivo e non deve trattarsi quindi necessariamente di impossibilità di fruizione delle stesse da parte dell’interessato. Infatti, il concetto di ” motivate esigenze personali” è sicuramente più ampio e generico di quello di “impossibilità”, e quindi può ricomprendere ipotesi riconducibili alle più diverse motivazioni e non solo quelle di impedimento oggettivo o soggettivo alla fruizione delle ferie, come avveniva precedentemente in virtù dell’art. 4 del DPR n. 395/1988. Le ipotesi di rinvio dovrebbero, tuttavia, rappresentare un’eccezione che, in virtù del richiamo all’art. 2109 c.c. ed ai principi di buona organizzazione, consente alle amministrazioni di procedere ad una adeguata programmazione annuale dei calendari feriali del personale, in modo da evitare ogni possibile disfunzione, ed anche, in caso di inerzia o di resistenza dei dipendenti rispetto tali piani, di fissare essa stessa i periodi di fruizione delle ferie. La formulazione letterale della norma "il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA" depone nel senso che il termine del 30 aprile non è perentorio ed in presenza, di adeguata motivazione, può anche essere oltrepassato. L'ARAN con l' Orientamento Applicativo SCU_093 del 15 luglio 2015 ha ribadito che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici. Atteso che la regola ordinaria della fruizione delle ferie durante il periodo di riferimento può subire delle eccezioni, dovute tanto a motivate esigenze di servizio che ad eventi oggettivi (malattia, infortunio, etc), soccorre la possibilità di traslare le ferie secondo la disciplina del comma 10 dell'art. 13 che, come detto sopra, stabilisce che la fruizione della ferie non godute a causa di particolari esigenze di servizio o in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia dal suddetto personale possa essere differita all'anno scolastico successivo con tempistiche diverse per personale ATA e docente. L'ARAN, con l'O.A. SCU_085 del 2015, ha precisato altresì che le ferie, essendo un diritto irrinunciabile e indisponibile del lavoratore, qualora siano maturate e non godute per causa indipendente dalla sua volontà, come può essere una grave patologia, potranno essere fruite dallo stesso, anche per motivate esigenze, al di là dei termini stabiliti dall’art. 13 del CCNL sopra citato, ma sarà l’amministrazione, eventualmente, a fissare i termini di fruizione delle stesse in applicazione dell’art. 2109 cc (le ferie sono assegnate dal datore di lavoro tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore). Pertanto: 1) gestione ordinaria delle ferie: l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse; 2) recupero entro il 30 aprile: in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale ATA di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA; 3) recupero oltre il 30 aprile: il dipendente, in caso di ferie maturate e non godute per causa indipendente dalla sua volontà, come può essere una grave patologia, potrà fruirle, anche per motivate esigenze, al di là dei termini stabiliti dall’art. 13 del CCNL ( 30 aprile), ma sarà il Dirigente, eventualmente, a fissare i termini di fruizione delle stesse. Nel caso di specie, se la scuola prima della concessione del congedo biennale a febbraio, non aveva rappresentato alla dipendente la necessità di recuperare prima le ferie pregresse, si ritiene che debba permetterne ora la fruizione stante, tra l’altro, che il sopra citato termine del 30 aprile non è perentorio.

    Data di pubblicazione: 03/07/2025

  • Congedo biennale e ferie: il collaboratore scolastico part-time matura ferie anche per sabati e domeniche durante l'assenza?
  • Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con parere n. 36667 del 12 settembre 2012, ha fornito chiarimenti sul riproporzionamento del congedo straordinario in caso di part-time verticale come per l'appunto nel caso di specie. Il chiarimento concerne il CCNL Comparto Ministeri del 16 maggio 2001, integrativo del CCNL del 16 febbraio 1999, ma i principi ivi espressi possono essere applicati in via analogica anche al Comparto Scuola. Ad avviso della Funzione Pubblica: - in caso di part-time verticale la durata del congedo straordinario deve essere riproporzionata. Tale calcolo andrà effettuato sulla base delle giornate lavorative del dipendente per tutto il periodo in cui il lavoratore presta la sua opera in regime di part-time, la cui durata è fissata in precedenza; - nel caso di ritorno a tempo pieno, il periodo di congedo già fruito andrà poi riproporzionato (rapportandolo alla situazione di rapporto di lavoro a tempo pieno) e così detratto dal complessivo periodo biennale per conoscere il periodo di congedo residuo, ancora fruibile dal dipendente; - le festività, le domeniche e le giornate del sabato (nel caso di articolazione dell'orario su 5 giorni alla settimana) ricadenti nel periodo non lavorativo dovrebbero essere escluse dal conteggio, con eccezione di quelle immediatamente antecedenti e seguenti il periodo se al termine del periodo stesso non si verifica la ripresa del servizio ovvero se il dipendente ha chiesto la fruizione del congedo in maniera continuativa. L'ARAN, con l'O.A. CIRS91 dell'8 febbraio 2022, richiamando la Circolare n. 1/2012 della Funzione Pubblica, ha ribadito che nel caso di part-time verticale il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l'attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part time. Riportiamo l'Orientamento ARAN in integrale "O.A. 8 febbraio 2022 CIRS91 Come debbano essere conteggiati i giorni di assenza per congedo biennale frazionato di cui all’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151 del 2001 e all’art. 4, comma 2, Legge n. 53 del 2000 in caso di un collaboratore scolastico in part-time verticale che svolga servizio dal lunedì al giovedì? E’ corretto contare tutto il periodo richiesto o i soli giorni di effettivo servizio, ossia il lunedì, martedì, mercoledì e giovedì? L’art. 58, comma 11, seconda alinea del CCNL Scuola del 29/11/2007, in materia di rapporto di lavoro part-time espressamente dispone che “I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno”. In particolare, con riguardo al congedo biennale, analogo criterio è contenuto nella circolare n. 1 del 3/02/2012 con la quale il Dipartimento della Funzione Pubblica chiarisce che “il congedo è fruito anche in modo frazionato (a giorni interi, ma non ad ore). Affinché non vengano computati nel periodo di congedo i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso di articolazione dell’orario su cinque giorni) è necessario che si verifichi l’effettiva ripresa del lavoro al termine del periodo di congedo richiesto. Tali giornate non saranno conteggiate nel caso in cui la domanda di congedo è presentata dal lunedì al venerdì, se il lunedì successivo si verifica la ripresa dell’attività lavorativa ovvero anche un’assenza per malattia del dipendente o del figlio. Pertanto, due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo di congedo, debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario anche i giorni festivi e i sabati (per l’articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o subito dopo le ferie o altri congedi o permessi. Quanto precede vale anche nel caso in cui il dipendente abbia un rapporto di lavoro part time con l’amministrazione. Nel caso di part time verticale, il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l’attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part time”. Pertanto, in riferimento al quesito posto, alla luce degli orientamenti dell'ARAN e della Funzione Pubblica, in caso di fruizione di congedo straordinario da parte di dipendente in part time, si applica il principio del riproporzionamento secondo le modalità sopra esposte. Ciò premesso, per quanto concerne le ferie, l’art. 42 comma 5-quinquies, prevede che il periodo di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Conclusivamente, si ritiene che il periodo di congedo biennale non sia utile ai fini della maturazione delle ferie.

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Gestione ferie ATA: la collaboratrice scolastica può fruire delle ferie maturate in maternità e malattia senza rientro in servizio, dopo congedo biennale e legge 104?
  • In merito all’ultima parte del quesito non condividiamo la posizione della RTS. Infatti, come già osservato in precedenti risposte in argomento, a nostro avviso, non è necessaria la previa ripresa del servizio per usufruire delle ferie subito dopo una assenza ad altro titolo ( ad esempio permessi L. 104/1992 e festività come nel caso di specie). In giurisprudenza, seppur con riferimento ai permessi L. 104/1992 (cfr Cassazione civile sez. lav., 17/02/2016, n.3065) è stato precisato che la fruizione dei permessi non presuppone un previo rientro in servizio dopo un periodo di assenza per malattia od aspettativa (non essendo - questa - una condizione prevista dalla legge), ma soltanto l'attualità del rapporto di lavoro. In definitiva, dopo un periodo di assenza il dipendente può assentarsi ad altro titolo (es. ferie), senza previa ripresa del servizio a meno che detta condizione non sia stabilita dalla legge o dal CCNL (ma nulla viene previsto in merito). Ciò premesso riteniamo però che non sia possibile traslare all’A.S. in corso - in cui la dipendente è a tempo indeterminato – le ferie maturate durante le precedenti supplenze. Infatti, l'art. 13, comma 10, è previsione che si applica unicamente al personale di ruolo in quanto il riferimento all'anno successivo non può che essere esclusivamente al personale che ha un rapporto a tempo indeterminato con l'Amministrazione. Le ferie non godute dovevano essere oggetto di monetizzazione in caso la mancata fruizione fosse dipesa da cause oggettive ( cfr. Dichiarazione Congiunta n. 2 al CCNL 2024)

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Assenze ingiustificate docente: come agire di fronte alla mancata partecipazione a consigli di classe ed esami di Stato...
  • Primo caso (assenza del docente alla riunione del consiglio di classe) Si prescinde dall’ovvia considerazione etico-professionale del docente e si esaminano gli aspetti giuridico- amministrativi della questione posta. In primo luogo, occorre che il dirigente, consultando i verbali dei consigli delle classi in cui il docente è stato impegnato nell’anno appena concluso, verifichi se con le partecipazioni alle riunioni dei consigli di classe abbia raggiunto o superato le quaranta ore di cui all’art. 44 comma 3 lettera b) del CCNL 18/1(2024 o, comunque, il tetto massimo delle ore deliberate dal collegio per la partecipazione ai consigli di classe. Se il tetto delle predette 40 ore o della quota stabilita dal collegio non è stato raggiunto, non vi è dubbio che il docente sia incorso in una mancanza di una certa gravità (mancata prestazione del servizio dovuto), sanzionabile a seconda di una valutazione complessiva (quindi in relazione a sanzioni disciplinari negli ultimi due anni) o con una censura del dirigente o con segnalazione, per competenza, all’UPD dell’ambito territoriale di riferimento. In quest’ultimo caso però, considerato che sono certamente passati i dieci giorni per la segnalazione all’UPD secondo la previsione dell’art. 55 bis del D. Lgs. 165/2001, ma probabilmente non i 30 per la contestazione d’addebito da parte del dirigente va verificata quest’ultima possibilità Se, a conclusione del procedimento disciplinare avviato dal dirigente, sarà riconosciuta la colpevolezza del docente, sarà irrogata una sanzione fino alla censura e disposta la trattenuta oraria per il tempo preventivato della riunione nell’atto di convocazione. Qualora poi i 30 giorni utili per la contestazione d’addebiti da parte del dirigente fossero scaduti, il dirigente, stando alla descrizione del quesito, avrebbe comunque gli elementi per procedere alla trattenuta di cui sopra. Secondo caso (mancata presenza a scuola, nei giorni ed ore stabiliti, in occasione delle prove scritte degli esami di stato conclusivi del secondo ciclo). Come è noto, sulla materia è intervenuto anche per il corrente anno scolastico il MIM. L’O.M. 67 del 31 marzo 25 precisa che il personale utilizzabile per le sostituzioni, con esclusione di quello con rapporto di supplenza breve e saltuaria, deve rimanere a disposizione della scuola di servizio fino al 30 giugno e assicurare la presenza in servizio nei giorni di svolgimento delle prove scritte”, ribadendo quanto in tale senso affermato dal decreto ministeriale 11942 del 24 marzo 2025. Considerato che l’assenza dal servizio del docente in tali giorni, nonostante la formale richiesta del dirigente, si configura come assenza ingiustificata e perciò passibile di una sanzione ascrivibile almeno ex art. 494 comma 1 lettera a) del D. Lgs. 297/1994, il dirigente deve segnalare all’UPD d’ambito entro i dieci giorni , ai sensi dell’art. 55 bis, l’illecito della assenza ingiustificata dal servizio, Se i 10 giorni sono passati, ma non i 30 di cui al citato D.Lgs. 165/2001 (art. 55 bis) il procedimento disciplinare può essere avviato dal dirigente, ma la sanzione non andrà oltre la censura, ferma restando la trattenuta giornaliera per l’assenza dal servizio da comminare a conclusione del procedimento se non saranno accolte le eventuali giustificazioni.

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Il caso di un docente che chiede la monetizzazione delle ferie per il periodo in cui era stato raggiunto da un provvedimento disciplinare...
  • Si presuppone che il docente sia a tempo indeterminato. Ciò premesso non può essere accolta la richiesta di monetizzazione in quanto presupposto necessario è comunque la cessazione del servizio. L' art. 38 CCNL 2024, abrogando l'art. 41 del CCNL 2018, ha sostituito il comma 15 dell'art. 13 del CCNL 2007 con il seguente "Le ferie maturate e non godute per esigenze di servizio sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative". Ed, infatti, per quanto concerne la monetizzazione, la Dichiarazione Congiunta n. 2 prevede quanto segue "In relazione a quanto previsto all’art. 38 (Ferie) le parti si danno reciprocamente atto che, in base alle circolari applicative di quanto stabilito dall’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 convertito nella legge n. 135 del 2012 (MEF-Dip. Ragioneria Generale dello Stato prot. 77389 del 14/09/2012 e prot. 94806 del 9/11/2012- Dip. Funzione Pubblica prot. 32937 del 6/08/2012 e prot. 40033 dell’8/10/2012), all’atto della CESSAZIONE DEL SERVIZIO le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta, congedo obbligatorio per maternità o paternità. Resta fermo, inoltre, anche quanto previsto dall’art. 1, commi 54, 55 e 56 della legge n. 228 del 2012". Dal momento che, nell’A.S. 2022/2023 la fruizione delle ferie fu interrotta per far scontare la sospensione disciplinare, queste potranno essere recuperare nel corrente periodo di sospensione delle attività didattiche stante che, per interpretazione dell’ARAN, i termini per la traslazione ( art. 13 comma 10 del CCNL 2007) non hanno comunque natura perentoria.

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Una questione sulla monetizzazione ferie non godute per maternità a rischio...
  • In merito al quesito posto si riporta l'Orientamento ARAN CIRS17 del 24 febbraio 2021 relativo alle ferie spettanti al personale a t.d. "A quante ferie hanno diritto i dipendenti a tempo determinato dopo tre anni di servizio? In merito, va osservato che da un lato l’art. 19 del CCNL 29.11.2007 comparto Scuola ( ora cfr art. 35 CCNL 2024) prevede che “al personale assunto a tempo determinato […] si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie […] stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, con le precisazioni di cui ai seguenti commi”. Tra le citate precisazioni assume rilevanza quella di cui al comma 2 del medesimo art. 19, in base alla quale “Le ferie del personale assunto a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato”. (Anche l'art. 35 del nuovo CCNL 2024 al comma 2 prevede che le ferie del personale assunto a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato). Dall’altro, con riferimento all’istituto delle ferie, l’art. 13, comma 4, del CCNL in parola prevede che “dopo 3 anni di servizio, a qualsiasi titolo prestato, ai dipendenti di cui al comma 3 spettano i giorni di ferie previsti dal comma 2”. La norma in parola non prevede l’obbligo della continuità dei 3 anni di servizio né una durata minima dei periodi da prendere in considerazione. Pertanto, il combinato disposto delle norme sopra richiamate induce a ritenere che - fermo restando che le ferie maturate dal personale a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato - laddove il dipendente abbia complessivamente maturato 3 anni di servizio, allo stesso competano 32 giorni di ferie per anno scolastico". Pertanto, per avere diritto a 32 giorni di ferie annuali (fermo restando che le ferie maturate dal personale a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato) è necessario aver svolto almeno tre anni di servizio a qualunque titolo ( quindi anche a t.d.) anche non continuativi. Pertanto, nel caso di specie, il dipendente a t.d. ha diritto a 32 giorni di ferie annuali avendo svolto almeno tre anni di servizio a qualunque titolo. ( ricordiamo inoltre che le ferie del personale a t.d. sono proporzionali al servizio prestato).

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Un docente di sostegno non supera l'anno di prova per incapacità di relazionarsi con i colleghi e gli alunni: come strutturare il decreto di mancato superamento?
  • Quali sono i riferimenti normativi e come dovrebbe essere strutturato un decreto di non superamento dell'anno di prova per un docente di sostegno...

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Alcuni dubbi in merito all'orario di servizio del personale scolastico in occasione degli spettacoli di fine anno...
  • Questa istituzione scolastica ha organizzato quest'anno, come eventi finali, spettacoli musicali e teatrali, in piazza e di pomeriggio...

    Data di pubblicazione: 02/07/2025

  • Anno di prova per ATA e sospensioni: il limite dei due anni per il rientro in ruolo e le implicazioni per chi non completa la prova a causa dell'aspettativa ex art. 70...
  • L'art. 70 del CCNL comparto “Istruzione e ricerca” 2019-2021, relativo ai "Contratti a tempo determinato per il personale ATA in servizio" prevede che il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato possa accettare, nell’ambito del settore scuola, contratti a tempo determinato su posto intero di Area superiore o – a parità di Area – di diverso profilo professionale o relativo alle categorie di cui all’art. 33, comma 2 (Categorie professionali), di durata non inferiore al 30 giugno o ad un anno scolastico (31 agosto), mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni scolastici, la titolarità della sede. L'accettazione dell'incarico comporta la richiesta di un periodo di aspettativa non retribuita non inferiore alla durata dell’incarico (cfr. comma 3 del medesimo art. 70). Una simile situazione situazione consente, cioè, al dipendente di mantenere la titolarità della sede senza assegni, per un periodo complessivo di tre anni scolastici. La "Dichiarazione Congiunta n. 6" specifica, inoltre, che tale periodo di tre anni ricomincia a decorrere solo in caso di nuova assegnazione di sede di titolarità L'art. 62 del CCNL citato disciplina, invece, il “periodo di prova" per il personale ATA assunto a tempo indeterminato, stabilendone la durata (c.1); specifica inoltre che, “decorso il periodo di prova senza che il rapporto di lavoro sia stato risolto”, il dipendente è confermato in servizio con il riconoscimento dell'anzianità dal giorno dell'assunzione (c. 7); afferma che esso può essere rinnovato o prorogato alla scadenza per una sola volta (c. 9); precisa infine che, ai fini del compimento del periodo di prova, si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato (c. 3). Il periodo di prova è sospeso in caso di assenza per malattia e negli altri casi previsti dalla legge o dal CCNL (c. 4). Alla luce di quanto precede, si può dedurre che, durante gli anni scolastici in cui il collaboratore scolastico ha accettato contratti a tempo determinato come assistente amministrativo, si è trovato in una posizione di aspettativa senza assegni dal suo ruolo di collaboratore scolastico a tempo indeterminato. In detti periodi di aspettativa, non ha prestato servizio effettivo, utile al superamento del periodo di prova per il profilo di appartenenza. Né può applicarsi il disposto dell'articolo 62 del CCNL, là dove prevede la possibilità di rinnovo o proroga del periodo di prova per una sola volta sì, ma alla sua scadenza, con ciò intendendo che lo stesso si sia compiuto per effetto della prestazione del servizio effettivo. La situazione del dipendente in questione è diversa, in quanto il periodo di prova non è stato compiuto a causa della mancata prestazione del servizio nel profilo specifico. Per quanto riguarda il numero di anni scolastici o quante volte il periodo di prova possa essere rinviato, non vi è un limite specifico per il personale che si trovi nella situazione descritta nel quesito. In conclusione, il periodo di prova del dipendente viene rinviato ogni volta che lo stesso accetta la supplenza. Il CCNL non indica un limite preciso al numero di rinvii o agli anni scolastici in cui ciò può avvenire. Occorre comunque, posto che il dipendente potrebbe prestare qualche giorno di servizio ogni anno nel profilo di appartenenza, verificare con accuratezza a quanto ammontano i giorni di servizio effettivo svolti in modo da avere contezza dell’avvenuto superamento del periodo di prova di due mesi.

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