PNRR: un esperto esterno è stato erroneamente contrattualizzato con lettera di incarico invece che contratto di prestazione d'opera occasionale...
Nella fase c.d. pubblicistica l’amministrazione agisce secondo moduli autoritativi (nell’ambito del “procedimento” selettivo ad evidenza pubblica), disciplinati dal diritto interno, in conformità alle direttive europee e retto dai principi di trasparenza e pubblicità, proporzionalità ed economicità.
Giova precisare, ad ogni buon conto, che per statuizione dell’art. 1 comma 1-bis della L. 241/1990 “La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”.
Occorre a questo punto ricordare che l’incarico, alla stregua del contratto, è un atto di diritto privato in base al dettato dell'articolo 2 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e ss.mm.ii - che stabilisce che "i rapporti individuali di lavoro sono regolati contrattualmente", sancendo così, definitivamente, che fonte del rapporto di lavoro dei dipendenti di pubbliche amministrazioni è un atto di diritto privato, e non più un atto amministrativo unilaterale.
Tuttavia, sia l’incarico a un dipendente che un contratto di collaborazione sono atti conseguenti alla fase pubblicistica svolta dall’Amministrazione, necessariamente preceduti da un provvedimento di individuazione emanato nell’ambito del “procedimento” selettivo ad evidenza pubblica.
Ciò posto, il perimetro delle modalità e degli effetti che l’attività “emendativa” della P.A. produce rispetto alla correzione di vizi ed imperfezioni del documento qualora gli stessi dovessero risultare colpiti da un c.d. errore materiale (per sua natura non incidente sulla finalità e sulla sostanza della volontà rappresentata dalla P.A.), si appalesano come doverosi, necessari e funzionali alla migliore realizzazione dell’interesse collettivo e, pertanto, non altrimenti procrastinabili e ineludibili.
Peraltro, la natura dell’intervento di correzione degli errori materiali determina un esito conservativo mediante l’adozione dì un rimedio con funzione “sanante” dai vizi che affliggevano il documento.
La riferita esigenza di salvaguardare la validità e l’efficacia degli atti compiuti si esplica nel potere di revisione degli atti adottati sotto il profilo della legittimità o dell’opportunità al fine di assicurarne la costante rispondenza al pubblico interesse assegnato dalla legge.
Orbene, tra i procedimenti ad esito conservativo, specifico interesse riveste l’istituto della rettifica con riferimento alla correzione dell’errore materiale. In buona sostanza, affinchè in senso tecnico-giuridico si manifesti la fattispecie dell’errore materiale, occorre che lo stesso sia il frutto di una svista che determini una discrasia tra manifestazione della volontà esternata nell’atto e la volontà sostanziale dell’autorità emanante, obiettivamente rilevabile dall’atto medesimo e riconoscibile come errore palese secondo un criterio di normalità “senza necessità di ricorrere ad un particolare sforzo valutativo e/o interpretativo”.
In estrema sintesi, nell’ambito dell’autotutela decisoria, l’attività di riesame determina un procedimento di secondo grado, anche ad iniziativa d’ufficio, riferito ad un provvedimento (di primo grado) già emanato. I provvedimenti conseguenti (c.d. secondo grado) hanno effetti retroattivi dal momento in cui i provvedimenti di primo grado sono divenuti efficaci.
Anche il Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 05 marzo 2014, n. 1036, ha analizzato gli elementi costitutivi dell’istituto della rettifica precisando che lo stesso: ”…consiste nella eliminazione di errori ostativi o di errori materiali in cui l’amministrazione sia incappata, di natura non invalidante ma che diano luogo a mere irregolarità. Affinché ricorra un’ipotesi di errore materiale in senso tecnico-giuridico, occorre che esso sia il frutto di una svista che determini una discrasia tra manifestazione della volontà esternata nell’atto e volontà sostanziale dell’autorità emanante, obiettivamente rilevabile dall’atto medesimo e riconoscibile come errore palese secondo un criterio di normalità, senza necessità di ricorrere ad un particolare sforzo valutativo e/o interpretativo, valendo il requisito della riconoscibilità ad escludere l’insorgenza di un affidamento incolpevole del soggetto destinatario dell’atto in ordine alla corrispondenza di quanto dichiarato nell’atto a ciò che risulti effettivamente voluto. Né alla rettifica si può far luogo oltre un congruo limite temporale, onde non pregiudicare la certezza dei rapporti, specie in caso di incidenza pregiudizievole sulla situazione giuridica del destinatario dell’atto”.
Un ulteriore valido contributo è contenuto nella Sentenza del Consiglio di Stato Sezione II 4 giugno 2020, n. 3537 che rassegna alcuni interessanti passaggi ermeneutici e sostanziali:
“…Il provvedimento di rettifica…ha natura di atto di autotutela (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, 13 dicembre 2010, n. 36323) e dunque ne è corretta la qualificazione come “di secondo grado” in quanto va ad incidere su un sottostante provvedimento. Esso, tuttavia, si caratterizza per il suo fondarsi su un errore che non attiene all’accertamento dei presupposti dell’agire dell’amministrazione, all’interpretazione della disciplina applicabile alla fattispecie, ovvero all’esercizio dell’eventuale discrezionalità; bensì consiste nella mera errata trasposizione nel provvedimento della volontà dell’amministrazione, per come risultante dallo stesso atto. …D’altro canto, la mera correzione di errori materiali non implica, per sua natura, alcuna ponderazione di interessi, non essendo astrattamente configurabile un’esigenza pubblica alla conservazione di un atto a contenuto errato (sul punto cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 5 marzo 2020, n. 2990). I principi in questione sono a tal punto immanenti all’ordinamento giuridico che il legislatore impone persino al giudice di intervenire sui propri provvedimenti in presenza di un’istanza di correzione di errore materiale, senza che ciò determini alcuna violazione del divieto del ne bis in idem (cfr., per il processo amministrativo, l’art. 86 c.p.a.). Mutuando peraltro le risultanze giurisprudenziali cristallizzatesi proprio in ambito giudiziario, può affermarsi che sussistono gli estremi di un errore materiale quando ci si trovi di fronte ad «una inesattezza o svista accidentale rilevando una discrepanza tra la volontà del giudicante e la sua rappresentazione, chiaramente riconoscibile da chiunque e che è rilevabile dal contesto stesso dell’atto» (C.d.S., sez. III, 5 agosto 2011, n. 4695). …La natura doverosa della rettifica…, impone peraltro solo che la motivazione dia conto dell’errore di fatto commesso (T.A.R. Calabria, sez. II, 9 maggio 2014, n. 699)… …Inquadrata dunque la rettifica che sia effettivamente tale nell’ambito di quei particolari provvedimenti di secondo grado connotati dall’avere tipicamente ad oggetto l’eliminazione di un errore materiale, gli eventuali vizi formali e/o procedurali dai quali essa risulti affetta non possono che ricadere nel paradigma automaticamente conformativo, anziché caducatorio, declinato nel primo alinea del comma 2 dell’art. 21-octies della l. n. 241/1990, senza che sia richiesta alcuna allegazione aggiuntiva da parte dell’Amministrazione procedente”.
Inoltre, con precedente pronuncia del T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, 17 /7/2013, n.644, erano stati stati delineati i limiti e le caratteristiche del provvedimento di rettifica precisando che:
“…La giurisprudenza è, infatti, costante nell’affermare che la rettifica è il provvedimento mediante cui, di regola, viene eliminato l’errore materiale in cui è incorsa l’Autorità emanante nella determinazione del contenuto del provvedimento (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 8 ottobre 2012, n. 1973). Invero, la rettifica, quale provvedimento di secondo grado volto alla semplice correzione di errori materiali o di semplici irregolarità involontarie (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 13 luglio 2012, n. 1548), si distingue profondamente dall’annullamento d’ufficio e dalla revoca, non avendo natura di vero e proprio provvedimento di riesame e non essendo assoggettato alla disciplina di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241/1990, in quanto:
a) non riguarda atti affetti da vizi di merito o di legittimità e non presuppone alcuna valutazione, più o meno discrezionale, in ordine alla modifica del precedente operato della P.A. (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.), anzi secondo parte della giurisprudenza, ha natura doverosa, in luogo della discrezionalità insita nel potere di annullamento d’ufficio (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 7 luglio 1988, n. 297);
b) non coinvolge la valutazione dell’interesse pubblico sotteso all’emanazione del provvedimento di primo grado (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
c) non comporta nessuna valutazione tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, Sez. I, 19 luglio 2009, n. 271);
d) non richiede una motivazione rigorosa (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
e) si distingue, altresì, dalla regolarizzazione e dalla correzione, le quali, normalmente, comportano l’integrazione dell’atto (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.)”.
In relazione a quanto precede, individuati i limiti dell’esercizio del potere di rettifica con riferimento alla correzione di errori materiali, è possibile, in relazione ai fini pubblicistici che connotano l’attività della P.A., adottare provvedimenti di correzione di errori materiali nei documenti propedeutici e conseguenti (vedi incarico/contratto) all’affidamento, elementi questi non incidenti sulla volontà effettiva della P.A.
Riepilogando, è nostro avviso che l’Istituto possa sanare l’errore nel seguente modo:
- emanazione di motivato e circostanziato provvedimento dirigenziale con cui - dato atto degli esiti della procedura selettiva svolta e dell’errore materiale commesso in fase di conferimento, viene disposto l’annullamento dell’atto di incarico all’esperto e la sua contestuale sostituzione con un contratto di prestazione d'opera occasionale, ai sensi dell'art. 2222 cc., avente decorrenza ed efficacia retroattiva dalla data di conferimento dell’incarico erroneo.
- predisposizione e sottoscrizione (con decorrenza ed efficacia retroattiva dalla data di conferimento dell’incarico erroneo) del contratto di prestazione d'opera occasionale ex art. 2222 cc,
Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, contano moltissimo le indicazioni che periodicamente vengono dal Ministero, che raccoglie casi e poi pubblica indicazioni per le scuole o le fornisce direttamente in risposta ad appositi quesiti.