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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Calcolo dei giorni di congedo parentale del personale in regime part-time verticale...
Gentile Utente In merito al calcolo del congedo parentale in caso di part-time verticale, come per analoghe risposte, di seguito le nostre osservazioni. In particolare, sono presi in considerazione diversi orientamenti ARAN anche di altri Comparti (cfr. M24 -M19 del 24/05/2011 comparto Ministeri), ma per analogia di legge e CCNL applicabili anche al comparto scuola. L’Agenzia precisa che "il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi (vedi art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 del Comparto Ministeri)." Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. Da ultimo l’ARAN, proprio per il comparto scuola, con l’O.A. del 13 aprile 2021 CIRS79, per quanto concerne l’esatto computo del periodo di congedo parentale chiesto da un dipendente a tempo determinato in regime di part time verticale, ha ribadito che il calcolo di tale periodo di assenza deve effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. Premesso che non ci sono precise regole contrattuali per il personale del comparto scuola, alla luce di questi orientamenti, si ritiene che, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e il congedo parentale è computato con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno, tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio. Sempre l’ARAN proprio per il comparto scuola, invece, con l’orientamento CIRS92 del 8.02.2022 seppur riferito al congedo straordinario art. 42, comma 5, del D.lgs. 151/2001, ma stesse regole per il congedo parentale, conclude precisando che:” Nel caso di part time verticale, il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l’attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part time”. In conclusione, come da precedenti risposte sull’argomento, dal momento che non viene previsto il riproporzionamento, teoricamente il dipendente dovrebbe essere considerato in congedo per tutta la durata del periodo richiesto e ciò vale per tutti i periodi di congedo parentale indipendentemente se indennizzati o meno. Per evitare ciò le domande di congedo del dipendente possono essere riferite per legge non con riferimento non all’intero periodo dal……al……. ma, frazionato per singola giornata e, solo per le giornate in cui si presta servizio. In conclusione e, in riferimento alla specifica domanda: “Come vengono calcolati i giorni di congedo parentale del personale con contratto in regime di part-time verticale dal mercoledì al sabato per un lungo periodo” si ritiene che, il calcolo di tale periodo di assenza debba effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. In alternativa se la domanda è specifica per i soli settimanali di servizio (mercoledì-giovedì -venerdì e sabato) si ritiene che, nel calcolo del congedo devono essere considerati i soli giorni richiesti.
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Supplenti nominati su assenza del titolare in interdizione anticipata: che fare in caso di interruzione della gravidanza?
Gentile utente, nel caso sottoposto i supplenti hanno diritto a rimanere in servizio fino alla scadenza del contratto, se nello stesso non sono state indicate delle cause risolutive. L'Aran infatti nell'orientamento applicativo n. 110 in materia ha precisato : "In merito si osserva che da un lato che l’art. 18 comma 2 lett c) del CCNL 04/08/1995 è stato superato dalle previsioni contenute nel CCNL comparto scuola del 29/11/2007, dall’altro tale ultimo contratto agli artt. 25 e 44 ha disciplinato – rispettivamente per il personale docente ed ATA – gli elementi caratterizzanti il contratto individuale di lavoro, anche a tempo determinato. In particolare, è richiesta la forma scritta e l’indicazione di alcuni elementi essenziali definiti alle lettere a), b), c), d), e), f) e g) del comma 4 del citato art. 25 e del comma 6 del suindicato art. 44, nonché la specificazione “delle cause che ne costituiscono condizioni risolutive”, salvo l’ipotesi di “ individuazione di un nuovo avene titolo a seguito dell’intervenuta approvazione di nuove graduatorie” espressamente prevista dall’art. 41, comma 1, del CCNL comparto istruzione e ricerca del 19 aprile 2018. Pertanto, il CCNL non esclude la possibilità di risoluzione anticipata del contratto di supplenza ma richiede l’indicazione delle cause che comportano detta risoluzione." La risoluzione anticipata è prevista solo in presenza di una clausola risolutiva che ne indichi il motivo. Per quanto riguarda la tipologia, nel manuale del sidi non è prevista un diverso contratto e pertanto si ritiene che quello già instaurato con i supplenti possa continuare i suoi effetti.
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
La collaboratrice scolastica titolare con contratto a tempo indeterminato per 24 ore settimanali è assente per infortunio fino al 04/12/2024, la supplente chiede un periodo di congedo parentale dal 20/11/2024 al 04/12/2024. Si devono rispettare sempre anche in questo caso i sette giorni di assenza prima di nominare un nuovo supplente ?
Gentile utente, il divieto di nomina del supplente in caso di assenza di un collaboratore scolastico per i primi 7 giorni è previsto nella legge194/2014 e ribadito nella circolare annuale sulle supplenze n. 115135/2024. Non sono state previste eccezioni in caso di una seconda assenza e pertanto si ritiene che il divieto debba essere osservato anche in tale situazione, come nel caso sottoposto. L'unica eccezione al divieto previsto dalla normativa è relativa a particolari esigenze di servizio, come indicato dalla circolare n. 2116/2015 che precisa: “Il predetto divieto potrà essere superato laddove il dirigente scolastico, sotto la propria esclusiva responsabilità, con determinazione congruamente motivata e dopo aver prioritariamente posto in essere tutte le misure organizzative complessive che vedano coinvolta l’organizzazione dell’intera istituzione scolastica […], raggiunga la certezza che: l’assenza del collaboratore scolastico determinerebbe delle urgenze che non potrebbero trovare altra risposta atta a garantire l’incolumità e la sicurezza degli alunni, nonché l’assistenza agli alunni con disabilità, inoltre necessità obiettive non procrastinabili, improrogabili e non diversamente rimediabili, che renderebbero impossibile assicurare le condizioni minime di funzionamento del servizio scolastico tanto da compromettere in modo determinante il diritto allo studio costituzionalmente garantito”.
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Buongiono, chiediamo un parere in merito al seguente quesito: una docente vorrebbe chiedere un periodo di congedo biennale per assistere il marito affetto da grave patologia riconoscita con verbale ai sensi dell’ar. 4 legge 104/92 comma 3 art. 3. La docente fa presente che il marito continua a lavorare ma comunque ha bisogno di assistenza domiciliare e di essere accompagnato alle terapie. Si chiede parere in merito se la presenza al lavoro del coniuge possa essere un impedimento oggettivo alla fruizione del congedo biennale da parte della docente. Cordiali saluti
La presenza al lavoro del coniuge per il quale si chiede il congedo biennale può essere un impedimento oggettivo alla fruizione del congedo da parte della docente? ARGOMENTO: permessi congedi aspettative: L.104 fruiti da soggetti diversi dal disabile o dai suoi genitori
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Incarico affidato in regime di collaborazione plurima a dipendente di altra scuola, ora non più dipendente del MIM: come procedere per la liquidazione del compenso?
Dovremmo pagare un formatore per un incarico assegnato nel 2023, anno in cui il formatore in questione era dipendente di altra scuola, pertanto l'incarico era stato affidato...
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Calcolo del congedo parentale in caso di assistente tecnico in part-time verticale...
Gentile Utente In merito al calcolo del congedo parentale in caso di part-time verticale, come per analoghe risposte, di seguito le nostre osservazioni. In particolare, sono presi in considerazione diversi orientamenti ARAN anche di altri Comparti (cfr. M24 -M19 del 24/05/2011 comparto Ministeri), ma per analogia di legge e CCNL applicabili anche al comparto scuola. L’Agenzia precisa che "il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi (vedi art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 del Comparto Ministeri)."Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. Da ultimo l’ARAN, proprio per il comparto scuola, con l’O.A. del 13 aprile 2021 CIRS79, per quanto concerne l’esatto computo del periodo di congedo parentale chiesto da un dipendente a tempo determinato in regime di part time verticale, ha ribadito che il calcolo di tale periodo di assenza deve effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. Premesso che non ci sono precise regole contrattuali per il personale del comparto scuola, alla luce di questi orientamenti, si ritiene che, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e il congedo parentale è computato con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno, tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio. Sempre l’ARAN proprio per il comparto scuola, invece, con l’orientamento CIRS92 del 8.02.2022 seppur riferito al congedo straordinario art. 42, comma 5, del D.lgs. 151/2001, ma stesse regole per il congedo parentale, conclude precisando che:” Nel caso di part time verticale, il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l’attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part time”. In conclusione, come da precedenti risposte sull’argomento, dal momento che non viene previsto il riproporzionamento, teoricamente il dipendente dovrebbe essere considerato in congedo per tutta la durata del periodo richiesto e ciò vale per tutti i periodi di congedo parentale indipendentemente se indennizzati o meno. Per evitare ciò le domande di congedo del dipendente possono essere riferite per legge non con riferimento non all’intero periodo dal……al……. ma, frazionato per singola giornata e, solo per le giornate in cui si presta servizio. Quindi, anche in riferimento al caso di specie, poiché l’interessato ha presentato la specifica richiesta per i soli giorni in cui presta servizio settimanalmente ( lunedì – martedì – mercoledì e giovedì) si ritiene che, nel calcolo del congedo devono essere considerati i soli giorni richiesti.
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Una docente rientra dalla maternità chiedendo 5 ore di allattamento: chiarimenti sulla proroga del contratto al supplente...
Gentile utente, nel caso sottoposto la supplente ha diritto alla proroga del contratto per le 5 ore di allattamento, in base a quanto disposto dalla circolare sulle supplenze n. 115135/2024, poichè l'assenza della titolare è continuativa sulle suddette ore, mentre non è possibile la proroga sulle restanti ore , visto il rientro in servizio della titolare. Pera quanto riguarda la salvaguardia dell'unicità dell'insegnamento, è possibile attribuire alla supplente un contratto superiore alle 5 ore in base al numero di ore assegnato ad ogni alunno. Se per un alunno sono state assegnate più di 5 ore la supplente può ottenere la proroga per tutte le ore necessarie a quell'alunno, salvaguardando l'unicità dell'insegnante, mentre per gli altri alunni il sostegno sarà garantito dal rientro della titolare, senza alcuna compresenza con la supplente.
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Data di pubblicazione: 20/11/2024
Si può fruire del congedo parentale nello stesso giorno in cui l'altro genitore chiede il congedo per malattia del figlio?
IL Testo Unico sulla maternità e paternità D.lgs. n. 151/2001 riconosce diversi benefici per i genitori: madre e padre, questi in alcune circostanze possono essere condivisi, in altre possono essere fruiti separatamente o solo in alternativa. Il congedo parentale di cui all'art. 32 del T.U. n.151/2001 deve essere nettamente distinto dal congedo per malattia del figlio di cui all'art. 47 dello stesso T.U.; si tratta di istituti profondamente diversi sia sotto il profilo dei presupposti legittimanti sia sotto quello della disciplina. Diversamente da ciò che avviene con il congedo parentale che, nei limiti di durata complessiva fra padre e madre, può essere fruito anche contemporaneamente da madre e padre (anche per lo stesso figlio), non è possibile né che padre e madre fruiscano contemporaneamente dei congedi per malattia del figlio (l’art. 47, comma 1 del D. Lgs. 151/2001 prevede espressamente l’alternatività tra i genitori) né che un genitore fruisca di un congedo per malattia del figlio contemporaneamente al congedo parentale (art. 22, comma 6 D.Lgs. n. 151/2001, richiamato dall’art. 34, comma 6 stesso decreto. L’ARAN in diversi orientamenti e, in particolare, nel RAL 861 del Comparto Regioni e Autonomie Locali ma, applicabile anche ai dipendenti della Scuola, si è pronunciato proprio sulla cumulabilità tra congedo per malattia del bambino nel primo anno e congedo parentale. Dalle citate norme di legge non risulta in alcun modo il divieto di cumulare i due istituti nel primo anno di vita del bambino, se per cumulo si intende la possibilità di fruire, non contemporaneamente, sia del congedo parentale sia del congedo per malattia del figlio. Le assenze possono dunque essere cumulate precisando ulteriormente che, non è invece possibile né che padre e madre fruiscano contemporaneamente dei congedi per malattia del figlio (l'art.47, comma 1 del D. Lgs. 151/2001 prevede espressamente l'alternatività tra i genitori) né che un genitore fruisca di un congedo per malattia del figlio contemporaneamente al congedo parentale (art.22, comma 6 D.Lgs.n.151/2001, richiamato dall’art.34, comma 6 stesso decreto). Quindi in risposta al quesito, il genitore per il figlio di età inferiore a 1 anno non può usufruire del congedo parentale per lo stesso giorno per il quale l'altro genitore ha chiesto congedo per malattia dello stesso figlio.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Uscita autonoma degli studenti della scuola del 1^ ciclo a tempo pieno: chiarimenti normativi sul riparto della responsabilità...
Secondo il comma 1 dell’art. 19-bis del D.L. n. 148/2017, convertito dalla Legge n. 172/2017, rubricato “Disposizioni in materia di uscita dei minori di 14 anni dai locali scolastici”, “I genitori […] dei minori di 14 anni, in considerazione dell'età di questi ultimi, del loro grado di autonomia e dello specifico contesto, nell'ambito di un processo volto alla loro autoresponsabilizzazione, possono autorizzare le istituzioni del sistema nazionale di istruzione a consentire l'uscita autonoma dei minori di 14 anni dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni. L'autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all'adempimento dell'obbligo di vigilanza”. Alla luce di un simile disposto, come sostenuto in altri pareri in banca dati, spetta alle scuole con proprio atto organizzativo interno (il regolamento di istituto) dare attuazione all’istituto dell’uscita autonoma, provvedendo al contempo a dettare una procedura chiara al riguardo. Il D.L. n. 148/2017, infatti, non indica alcuna età minima, a partire dalla quale consentirla. La sua individuazione sembrerebbe dunque rimessa all’apprezzamento dei genitori. Tuttavia, poiché i margini di detto apprezzamento, cui consegue l'effetto di liberare la scuola da ogni responsabilità, sono molto elastici, vanno calati nel contesto specifico. Viene così in considerazione l'art. 10, c. 3, lettera a) del D.Lgs. n. 297/1994 che demanda alle scuole la disciplina, con proprio regolamento, della “vigilanza degli alunni durante l'ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l'uscita dalla medesima”. È per questo che si ritiene che i singoli istituti possano individuare una soglia di età dei bambini al di sotto della quale, tranne motivate eccezioni, non sia consentita l'uscita autonoma da scuola. In buona sostanza spetta alla singola istituzione scolastica intervenire sulla questione sollevata con il quesito attraverso il proprio regolamento deliberato dal consiglio di istituto. Occorre infine rilevare che: - alla luce del richiamato comma 1 dell’art. 19-bis del D.L. n. 148/2017, l’uscita autonoma degli alunni costituisce un elemento del processo di crescita personale, volto ad alimentare i meccanismi di auto-responsabilizzazione del minore, quale parte del percorso formativo funzionale al raggiungimento dell’autonomia personale. La scuola pertanto ha il solo potere di regolamentare la facoltà riconosciuta ai genitori, senza poterla vietare in assoluto; - l’età minima a partire dalla quale consentire l’uscita autonoma, proprio in considerazione di quanto sopra riportato, dovrà essere fissata nel regolamento di istituto non solo con riferimento a criteri di ragionevolezza ma altresì tenendo conto del contesto ambientale in cui essa si inserisce (collocazione della maggior parte del bacino di utenza in prossimità della scuola; assenza di vie trafficate nei dintorni ecc.); - l’uscita autonoma può essere consentita solo “al termine dell’orario delle lezioni”. Come sostenuto in altri pareri in banca dati, non può darsi alcuna interpretazione estensiva del disposto del D.L. n. 148/2017 che – pur nell’ottica della auto-responsabilizzazione del minore infraquattordicenne – introduce una deroga a una disposizione di carattere penale (l’art. 591 c.p.) e non può che essere interpretata in senso letterale e tassativo. Ciò significa che il regolamento di istituto non può consentire l'uscita autonoma agli alunni che non si avvalgono del servizio mensa, in occasione della sua erogazione.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Scade la deroga sull'uso del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti: come procedere per viaggi di istruzione e casi simili?
Il 30 settembre è scaduta la deroga per le scuole sull'utilizzo del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti. A settembre il MIM ha svolto una rilevazione...
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Alunno con disabilità della scuola secondaria di primo grado: genitori, docente di sostegno e specialisti chiedono di far ripetere l'anno...
Innanzitutto, occorre ricordare che per la secondaria di primo grado si applica il comma 2 dell’art. 6 e l’articolo 11 del d.lgs 62/2017 relativo alla valutazione degli alunni con disabilità frequentanti il primo ciclo: “Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo”. Tale delibera può essere presa a maggioranza. Certamente il mancato raggiungimento degli obiettivi va esplicitato con voti negativi. La ripetenza degli alunni con disabilità è disciplinata dal D.I. 182/2020 e D.I. 153/2023, dalla L. 104/1992 e dal d.Lvo 16.4.1994, n.297, pertanto la ripetenza di un alunno con disabilità può essere previsto se vi sono concreti motivi che devono emergere in sede di Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione. A parere dello scrivente, si sconsiglia di far ripetere l’anno scolastico allo studente che versa in condizione di disabilità perché la scuola deve garantire una crescita “negli apprendimenti scolastici”, secondo le effettive capacità di ciascuno. Stando ai più recenti protocolli clinici e pedagogici, di norma è consigliabile mantenere il ragazzo con disabilità in un gruppo classe dell’età anagrafica a lui più vicina. Il corretto sviluppo evolutivo, infatti, lo si raggiunge con il gruppo dei pari. In base al d.lgs. 62/2017, al D.M. n° 741/2017 e alla Nota ministeriale esplicativa prot. n° 1865/17 gli studenti con disabilità hanno diritto al diploma conclusivo del primo ciclo, purché effettuino l’esame su tutte le materie, anche se svolti con prove differenziate, basate sugli obbiettivi del proprio PEI e volte a verificare “il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali”. In caso di difficoltà manifestate dall’alunno per un percorso troppo complesso rispetto agli obiettivi previsti, il GLO avrebbe dovuto individuare traguardi più consoni alle abilità e conoscenze dello studente possibilmente individuati nelle 4 dimensioni previste nella sezione 4 del PEI: 1) Dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione; 2) Dimensione della comunicazione e del linguaggio; 3) Dimensione dell’autonomia e dell’orientamento; 4) Dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento. Dalle Linee Guida si evince che il GLO ha il compito in particolare di verificare “se l’impianto complessivo della personalizzazione abbia funzionato o meno, ossia se l’insieme di interventi e di strategie attivati, assieme a quelli destinati alla realizzazione di un ambiente di apprendimento inclusivo (così come indicato nella Sezione 7), abbia dato i risultati attesi, considerando altresì la verifica degli obiettivi didattici definiti dal team docenti e dal consiglio di classe, ma senza limitarsi al solo aspetto didattico”. “La valutazione va, dunque, impostata in un’ottica di miglioramento, al fine di riflettere sul superamento di limiti, difficoltà e barriere, senza soffermarsi soltanto sulle criticità rilevate. La Sezione 8 racchiude gli interventi previsti per impostare una programmazione didattica personalizzata che andrà a ridefinire il curricolo elaborato all’interno dell’istituzione scolastica, in base alle esigenze educative e didattiche dell’alunno/a. Sarà necessario considerare tutte le diverse componenti del processo: contenuti, metodi, attori, tempi, luoghi, modalità e criteri di verifica e valutazione”. Infine, “per la Scuola Secondaria di primo grado la progettazione è articolata per discipline, o per aree disciplinari o altri raggruppamenti se ritenuti più funzionali, e prevede anche l’indicazione delle modalità di valutazione rispetto alle discipline e rispetto al comportamento.” Come in tutte le sezioni del PEI, quando si parla di verifica conclusiva degli esiti, la valutazione è riferita prioritariamente all'efficacia degli interventi, non solo al raggiungimento degli obiettivi previsti da parte dell’alunno con disabilità. In questo specifico caso lo studente con disabilità ha raggiunto il livello degli apprendimenti previsto nel suo PEI. Si suggerisce a tale scopo di verificare le sezioni 4, 5, 6, e 7 del PEI e valutare se siano state osservate tutte le indicazioni contenute nelle suddette sezioni. La proposta di far ripetere l’anno all’alunno con disabilità presentata dal neuropsichiatra e da parte di alcuni docenti tra cui l’insegnante di sostegno deve trovare un fondamento concreto che sia evidenziato nel PEI. La motivazione avanzata, ossia la necessità di consolidare le autonomie in fase di acquisizione e gli obiettivi in via di raggiungimento legate allo sviluppo neuro-cognitivo potrebbe trovare riscontro nella sezione 4 del PEI “Dimensione Cognitiva, Neuropsicologica e dell'Apprendimento” che fa riferimento alle capacità mnesiche, intellettive e all’organizzazione spazio-temporale; al livello di sviluppo raggiunto in ordine alle strategie utilizzate per la risoluzione di compiti propri per la fascia d’età, agli stili cognitivi, alla capacità di integrare competenze diverse per la risoluzione di compiti, e - a partire dalla scuola primaria - alle competenze di lettura, scrittura, calcolo, decodi?ca di testi o messaggi. In ogni caso è nella sezione 5 dove si evidenziano gli obiettivi, specificando anche gli esiti attesi, gli interventi educativi, didattici e metodologici, strategie e strumenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi, la verifica (metodi, criteri e strumenti utilizzati per verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti) relativi alla sezione 4, e in questa sezione dovrebbe risultare il mancato raggiungimento di tali traguardi. Infine, se nonostante la progettazione di interventi sul contesto e sull’ambiente di apprendimento per favorire il raggiungimento degli obiettivi indicati nella sezione 5 non si dovesse raggiungere lo scopo prefisso, allora sarà possibile ipotizzare una ripetenza dell’alunno con disabilità.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Un docente ottiene il part-time e l'assegnazione provvisoria in altro istituto diverso da quello di titolarità: chi predispone il contratto?
Gentile utente, il contratto a tempo parziale deve essere stipulato dall'istituzione scolastica di titolarità del docente. Infatti ai sensi dell l’OM. 446/1997 integrata dall'O.M. 55/1998 la domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, debitamente sottoscritta dall’interessato, deve essere presentata, per il tramite del dirigente scolastico, all’ufficio scolastico provinciale della provincia in cui si trova la sede di titolarità entro il 15 marzo . L'assegnazione provvisoria è un provvedimento d carattere annuale disciplinato da un apposito contratto integrativo e motivato da esigenze di famiglia o di salute. La trasformazione del rapporto ad tempo pieno a part--time è di durata almeno biennale e quindi è relativo alla situazione di titolarità del docente e non a quella di servizio.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Le ore relative alla formazione obbligatoria sulla sicurezza rientrano in quelle funzionali all'insegnamento?
Per quanto riguarda la formazione: - il c. 4 dell’art. 44 del CCNL comparto istruzione e ricerca del 2024 stabilisce che: “Fermo restando che le ore di cui alle lettere a) e b) del comma 3 sono prioritariamente destinate alle attività collegiali ivi indicate, le ore non utilizzate a tal fine sono destinate, nei limiti di cui alle lett. a) e b), alle attività di formazione programmate annualmente dal collegio docenti con il PTOF”; - il c. 7 dell’art. 36 del medesimo CCNL precisa poi che “Per il personale docente, la formazione avviene in orario non coincidente con le ore destinate all’attività di insegnamento di cui all’art. 43 (Attività dei docenti). Le ore di formazione ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 44, comma 4 (Attività funzionali all’insegnamento) sono remunerate con compensi, anche forfettari stabiliti in contrattazione integrativa, a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa di cui all’art. 78.” Ciò significa che le ore di formazione programmate dal collegio docenti nel PTOF confluiscono nelle 40 ore+40 ore, con obbligo di remunerazione a carico dell’istituzione scolastica delle ore eventualmente eccedenti, anche con compensi forfettari stabiliti in sede di contrattazione integrativa di istituto. In altri termini, se i percorsi di formazione vengono inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa, di essi si può imporre la frequenza fino a concorrenza delle 40 ore+40 ore. Oltre questo monte orario annuo, la formazione per il personale docente diviene volontaria (come accade con tutte le attività aggiuntive); tuttavia, se effettuata, deve essere remunerata anche con compensi stabiliti in misura forfetaria come previsto dal c. 7 dell’art. 36 citato. Se invece i percorsi formativi in questione non sono stati inseriti nel PTOF, a rigore viene meno la possibilità di imporne la frequenza fino a concorrenza delle 40 ore+40 ore ma anche e parimenti l’obbligo di prevedere una remunerazione della formazione svolta in eccedenza secondo quanto previsto dall’art. 36, c. 7, CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021. Per quanto riguarda la formazione sulla sicurezza, è di palmare evidenza che la stessa sia obbligatoria per legge e che non debba essere inserita nel PTOF per esserlo. In teoria, dunque, la formazione in questione è obbligatoria, non solo a prescindere dalla sua inclusione nel PTOF ma anche a prescindere dalla sua riconducibilità all’interno del monte orario annuo delle 40 ore+40 ore. Come sottolineato in precedenti risposte ad analoghi quesiti, del resto tra le attività funzionali all’insegnamento, previste dall’art. 44, c. 1, CCNL del 18/01/2024 – come in precedenza dall’art. 29 del CCNL del 29/11/2007 –, rientra anche la “formazione/aggiornamento”, espressione generica che non distingue tra la formazione culturale del docente propedeutica e strumentale allo svolgimento delle attività didattiche e la formazione del docente sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre, come già anticipato, la formazione dei docenti in materia di salute e sicurezza non è definita dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa, ma risulta imposta da norme cogenti quali il D.Lgs n. 81/2008 e gli Accordi Stato – Regioni del 21 dicembre 2011, del 27 luglio 2012 e del 7 luglio 2016. Ciò premesso, tuttavia, sulla dibattuta questione della collocazione delle ore di frequenza dei docenti ai corsi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro e, nello specifico, in merito alla richiesta di chiarimento posta nel quesito non può non farsi riferimento alla sentenza del Tribunale di Modena n. 277 del 4 ottobre 2011, confermata dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza 25 maggio 2016 n. 376. Il Tribunale di Modena aveva respinto la domanda della ricorrente, intesa a farsi riconoscere la retribuzione del corso di formazione sulla sicurezza svolto al di fuori del proprio orario di lavoro, affermando che la frequenza di detto corso costituiva “attività ricompresa nell’ampia dizione di cui all’art. 29” del CCNL 2007 quale “attività funzionale all’insegnamento” comprendente, fra le altre, le attività di “aggiornamento e formazione”. A seguito del ricorso in appello proposto dalla stessa docente la Corte d’Appello di Bologna ha per contro sostenuto: «[…] Il citato art. 29, sub "attività funzionali all'insegnamento", prevede al co. 1 che “L’attività funzionale all'insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. Essa comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, dì programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l'attuazione delle delibere adottate dai predetti organi" e prosegue in via esemplificativa (e non esaustiva: co. 2 " tra gli adempimenti individuali dovuti rientrano le attività relative ...") all'individuazione di una serie di attività rientranti nel predetto novero cui si ricollegano i due plafond di 40 + 40 ore annuali esigibili dai docenti. […] Posto che il corso di formazione frequentato dalla xxx non costituisce senza dubbio attività didattica eccedente l'orario d'insegnamento d'obbligo ovvero destinata all'implementazione dell'offerta formativa dell'istituto scolastico, è giocoforza ritenere detto impegno ricompreso nell'ampia dizione di cui all'art. 29 cit. con riferimento all'"aggiornamento e formazione", senza che la mancata esplicitazione della tipologia di formazione in questione nella norma contrattuale, esemplificativa e non esaustiva, come detto, autorizzi in alcun modo l'illazione su cui si fonda la tesi della ricorrente/appellante.» Quanto alla questione di merito, ovvero se la formazione sia attività qualificabile come attività “collegiale” o come attività “individuale”, la Corte di Appello di Bologna sottolinea che l’impegno della partecipazione dei docenti alla formazione sulla sicurezza è da ritenersi “ricompreso nell’ampia dizione di cui all’art. 29 citato”, senza distinzione tra le 40 ore previste al comma 3, lett. a) (“partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti (…)” e le 40 ore previste al comma 3, lett. b) (“partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione (…)”, in quanto tutte, indistintamente, sono considerate attività funzionali all’insegnamento. Sulla base delle affermazioni contenute nella sentenza citata, in precedenti risposte si è sostenuto che la formazione svolta dai docenti in materia di sicurezza dovesse essere computata all’interno delle 80 ore (40 + 40) previste dall’art. 29 CCNL del 29/11/2007 e, attualmente, dall’art. 44 del CCNL del 18/01/2024. In via cautelativa e in attesa che la giurisprudenza si pronunci sulle nuove disposizioni pattizie, si ritiene opportuno suggerire di attenersi alle stesse indicazioni fornite in precedenza. Si consiglia dunque di programmare le ore di formazione/aggiornamento obbligatorie in materia di sicurezza nel PTOF e di conteggiarle, in base a quanto sopra esposto, nelle 80 ore all'interno del piano annuale delle attività. Solo in caso di superamento di detto monte orario annuo, la contrattazione integrativa di istituto dovrà farsi carico di individuare i relativi compensi, anche in misura forfetaria.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
In caso di pluriclasse, qual è la composizione del consiglio di interclasse?
La pluriclasse è una classe che ha, giuridicamente, una sua unitarietà ancorché comprenda alunni iscritti e frequentanti diverse annualità del ciclo scolastico. In ragione di tale unitarietà i genitori degli alunni sono inseriti in un unico elenco degli aventi diritto all’elettorato attivo e passivo e risulta eletto il genitore che ha conseguito il maggior numero di preferenze. L’eletto partecipa alle riunioni del consiglio di interclasse per tutte le annualità di ciclo presenti nella pluriclasse in applicazione dell’art. 6 comma 7 dell’O.M. 215/1991. Si segnala l’opportunità che, dovendo rappresentare nel consiglio di interclasse anche istanze di genitori di annualità diverse da quella del figlio/a, siano adottate forme di comunicazione con i genitori dell’altra annualità in modo che possa, in sede collegiale, farsi portavoce delle loro istanze.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Insegnamento dell'educazione civica: un parere sull'organizzazione e sui criteri adottati nel nostro Istituto...
Nell'Istituto Comprensivo che dirigo relativamente all'insegnamento dell'educazione civica ed in continuità con le scelte già compiute nei precedenti anni scolastici...
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Organizzazione di viaggi di istruzione e stage di importo superiore a 140.000 euro: è possibile procedere con un suddivisione per fasce?
Almeno dal 2016 sollecitiamo la ripartizione degli acquisti delle scuole in settori merceologici diversi, ma nessuno ha mai messo mano alla questione indicando con quali criteri si possano distinguere le diverse tipologie di viaggi di istruzione (ovvero l’unica tipologia di acquisti per la quale ricorre il rischio, spesso molto concreto, di superare la soglia comunitaria). In difetto di indicazioni da parte del Ministero o del Quaderno, è la nota del 29 febbraio 2024 a costituire il maggior ostacolo alla soluzione prospettata: la nota in esame, infatti, si limita a prospettare l’ipotesi del superamento della soglia (cui pone rimedio tramite la qualificazione o il ricorso ad una SAQ) senza nulla specificare quanto alle “fasce” proposte nella determina in esame. Sembra pertanto evidente che, per il Ministero, il cumulo dei viaggi di istruzione non distingue in alcun modo fra le tipologie di affidamento. Restano pertanto, a normativa invariata, le soluzioni della qualificazione o del ricorso a stazione appaltante qualificata secondo il decimo comma dell’art. 62 D.Lgs. 36/2023.
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Data di pubblicazione: 19/11/2024
Programma annuale e gestione degli impegni/pagamenti e accertamenti/reversali...
L’art. 2, comma 1 del Regolamento amministrativo-contabile (D.I. n. 129/2018) stabilisce i criteri e i principi su cui si impronta la gestione finanziaria ed amministrativo-contabile delle Istituzioni scolastiche. Con riferimento alla fase di programmazione, l’articolo 5 del Regolamento disciplina, inoltre, l’iter di predisposizione e approvazione del Programma Annuale: - il DS, con la collaborazione del DSGA per la parte economico-finanziaria, predispone il Programma Annuale e la relazione illustrativa; - entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento, la Giunta esecutiva sottopone il Programma Annuale e la relazione illustrativa all’esame dei Revisori dei conti che sono tenuti ad esprimere un parere non vincolante di regolarità amministrativo-contabile; contestualmente, entro la medesima data, il programma annuale viene inviato anche al Consiglio d’Istituto per l’approvazione; - entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, i Revisori dei conti rendono il suddetto parere; tale parere può essere acquisito anche con modalità telematiche ed essere verbalizzato successivamente, nella prima visita utile; - entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, il Consiglio d’Istituto, con apposita delibera, provvede all’approvazione del Programma Annuale, anche nel caso di mancata acquisizione del predetto parere dei Revisori dei conti entro la data fissata per la deliberazione stessa. Si precisa che nel caso in cui i Revisori dei conti rilevino irregolarità contabili e rendano, pertanto, un parere non favorevole, l’Istituzione scolastica deve tener conto delle osservazioni ivi formulate e, in caso di mancato recepimento, deve fornirne adeguata motivazione, anche qualora il predetto parere sia stato acquisito in un momento successivo alla deliberazione del Consiglio d’Istituto; - entro quindici giorni dall’approvazione il Programma Annuale è pubblicato sul sito internet di ciascuna Istituzione scolastica, nella sezione “Amministrazione trasparente”. Premesso quanto sopra, e stante la scadenza del 30 novembre per l'invio del programma ai Revisori ed al Consiglio per le successive determinazioni di competenza, il Dirigente ed il Direttore devono fissare una data congrua per poter quantificare nella maniera più reale possibile le poste in entrata ed in uscita del programma stesso, quantificando anche l'ammontare dell'avanzo di amministrazione presunto da riportare nel programma dell'esercizio finanziario successivo. Potrebbe verosimilmente essere il 15 o 20 novembre, ma non esiste una data stabilita dalla normativa.
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Alcune questione relative al nuovo modello di certificazione delle competenze...
L’evoluzione normativa e regolamentare degli ultimi anni ha indotto l’Amministrazione centrale ad elaborare correttamente modelli che hanno come punto di riferimento le competenze chiave europee aggiornate già dal 2018. Non a caso, nell’articolo 2 del DM 14/2024 è contenuta la seguente formulazione: La certificazione descrive, ai fini dell’orientamento, il progressivo sviluppo dei livelli delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, a cui l’intero processo di insegnamento-apprendimento è mirato. La distinzione per assi culturali inserita nel DM 139/2007 resta un riferimento importante per la progettualità, ma non si ritiene costituisca un vincolo per la elaborazione del curricolo scolastico. Nell’ambito della propria autonomia, l’istituzione scolastica ha quindi la possibilità di verificare e valutare l’opportunità di continuare ad organizzare le articolazioni del Collegio, come i Dipartimenti, per assi culturali (scelta che potrebbe essere preferibile ma non obbligatoria) o adattarli alle esigenze specifiche del proprio o dei propri indirizzi di studio
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
PNRR: i compensi per i docenti incaricati progettisti e collaudatori a quali ritenute vanno assoggettati?
Riprendendo precedenti risposte, si ricorda che la circolare MIUR n. 3761 del 30/07/2009, nella quale vengono richiamate le circolari n. 3 del 15/01/1996 e n. 138 del 04/04/1996, esenta “dalla base imponibile ai fini previdenziali i compensi percepiti per prestazioni non direttamente connesse con lo svolgimento del rapporto di lavoro dipendente”, quali potrebbero configurarsi le funzioni di progettista e collaudatore svolte dai docenti nell’ambito dei progetti PNRR. Di fatto, tale assunto viene confermato anche dalla circolare INPS n. 6 del 16/01/2014 che non introduce innovazioni rispetto alle precedenti disposizioni, bensì delinea e precisa ulteriormente gli ambiti applicativi, fornendo un elenco puntale delle fattispecie rientranti nella base contributiva e di quelle escluse. Permangono tuttavia delle perplessità stante l’assenza di recenti indicazioni specifiche sul punto da parte del MIM. La questione, a nostro avviso, deve essere pertanto esaminata alla luce delle disposizioni riguardanti altri progetti finanziati dalla UE, ovvero i Progetti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Nell’ambito dei Progetto FESR Ambienti Digitali, analogamente al PNRR Scuola 4.0, sono previste nelle Linee Guida emanate dall’Autorità di gestione due figure professionali: il Progettista e il Collaudatore. Ebbene, i compensi da corrispondere ai destinatari di tali incarichi, devono essere assoggettati a tutte le ritenute previdenziali ed assistenziali sia a carico del dipendente che a carico dello Stato, nella seguente misura: a) Fondo Credito Dipendente 0,35% b) Inpdap carico Dipendente 8,80% c) Inpdap carico Stato 24,20% d) Irap 8,50% oltre l’Irpef alla massima aliquota. Tanto è stato specificato dall’A.D.G. nelle Faq aggiornate al 18 marzo 2016, ove alla pagina 6, è citato testualmente “I compensi corrisposti al personale scolastico per le attività svolte nell’ambito dei Progetti FESR sono assoggettati all’applicazione delle ritenute assistenziali e previdenziali, anche nel caso in cui esse siano svolte dal personale docente. Gli importi corrispondenti dovranno essere imputati alle voci di costo di pertinenza di ciascuna attività, in quanto i relativi massimali sono da intendersi come omnicomprensivi”. Tale indicazione è stata poi confermata nel Manuale edizione Febbraio 2018. Tanto premesso, riteniamo opportuno che i compensi ai docenti interni incaricati come progettista e collaudatore, pur non rientrando tra le attività direttamente connesse con lo svolgimento del rapporto di lavoro dipendente, siano assoggettati alle ritenute e contributi previdenziali e assistenziali, in analogia a quanto previsto per le analoghe funzioni nell’ambito dei Progetti FESR. Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, le risposte date tengono conto dello stato delle conoscenze attuali.
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Personale con incarichi nell'ambito dei progetti PNRR: va prodotto il timesheet delle ore svolte?
In premessa si rappresenta che la Legge n. 244 del 24 dicembre 2007, all’art. 3, comma 83, specifica che “Le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze”. Il legislatore impone pertanto la rilevazione automatizzata (ad esempio mediante badge) delle ore di straordinario ai fini della liquidazione dei relativi compensi accessori. I controlli delle presenze dei dipendenti effettuati tramite sistemi automatici marcatempo sono legittimi e non vìolano lo Statuto dei Lavoratori – Legge n. 300/1970, che com’è noto si applica anche ai pubblici dipendenti– poiché hanno lo scopo non già di verificare l'esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare i beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti (ex multis, Cass. civ. Sez. lavoro, 21/08/2018, n. 20879); Ancora, tutti i dipendenti sono tenuti all’obbligo di registrazione delle ore di entrata e di uscita dal luogo di lavoro, mediante la timbratura di un cartellino personale cd. “badge” (cfr. Cons. Stato Sez. VI Sent., 18/04/2007, n. 1763 sui segretari comunali ma, argumentum a simili, estensibile a tutti i dipendenti). Tuttavia, si precisa che la disposizione contenuta nel citato articolo 3 della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 dovrebbe trovare applicazione per tutti i dipendenti scolastici, inclusi i docenti, per quelle attività non rientranti nell’ordinaria attività di docenza, ove siano stati previste liquidazioni di compensi accessori. Nel CCNL del 18 gennaio 2024, al Comma 3 dell’art. 23 (intitolato “Obblighi del dipendente”) alla lettera e), si statuisce: rispettare l'orario di lavoro e adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze. Detta disposizione è prevista per tutti i dipendenti. Ciascuna istituzione scolastica che abbia in dotazione un sistema di rilevazione automatizzato delle presenze deve dotarsi di apposito regolamento interno, adottato dal Dirigente scolastico, nel quale si fornisca puntuale disciplina sulle procedure da seguire per l’entrata e l’uscita, comprese le entrate posticipate, i permessi e le uscite anticipate, le fasce temporali di flessibilità, nonché le procedure da seguire in caso di malfunzionamento del sistema. Da quanto sopra premesso, appare lapalissiano che il personale ATA debba usare il badge (o altro sistema automatico delle presenze). Al contempo, nell’ambito dei progetti del PNRR, “le attività retribuite al personale scolastico interno devono essere svolte al di fuori dell’orario di servizio, devono essere prestate unicamente per lo svolgimento delle azioni strettamente connesse ed essenziali per la realizzazione del progetto finanziato, funzionalmente vincolate all’effettivo raggiungimento di target e milestone di progetto, ed espletate in maniera specifica per assicurare le condizioni di realizzazione del medesimo progetto”. “In caso di incarichi aggiuntivi da conferire al personale interno individuato, gli stessi dovranno essere conferiti nel rispetto puntuale della parte normativa dei CCNL vigenti di riferimento per ciascuna figura operante nella scuola ed essere autorizzate sulla base delle norme vigenti”. Dette attività vanno certificate con i time sheet, dove oltre ad evidenziare l’orario vanno indicate anche le attività svolte. Per quanto sopra esposto il dipendente, anche in presenza del badge, dovrà produrre, nell’ambito delle citate attività progettuali, il timesheet che ovviamente dovrà trovare corrispondenza con la rilevazione oraria automatica.
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
A.S. 1992/93: ai docenti con supplenza breve le assenze per malattia erano retribuite?
Il CCNL 1994/1997 stipulato in data 4 agosto 1995 ha contrattualizzato la disciplina delle assenze per malattia del personale scolastico. Prima di detta data, a nostro avviso, si applica al personale a t.d. il Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 (in G.U. 11/11/1983, n.310). L'art. 5 prevede quanto segue " 1. Ai lavoratori, pubblici e privati, con contratto a tempo determinato, i trattamenti economici e le indennità economiche di malattia sono corrisposti per un periodo non superiore a quello di attività lavorativa nei dodici mesi immediatamente precedenti l'evento morboso, fermi restando i limiti massimi di durata previsti dalle vigenti disposizioni. 2. Non possono essere corrisposti trattamenti economici e indennità economiche per malattia per periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato. 3. Nel caso in cui il lavoratore a tempo determinato nei dodici mesi immediatamente precedenti non possa far valere periodi lavorativi superiori a trenta giorni, il trattamento economico e l'indennità economica di malattia sono concessi per un periodo massimo di trenta giorni nell'anno solare. In tal caso l'indennità economica di malattia è corrisposta, previa comunicazione del datore di lavoro, direttamente dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. 4. Il periodo di malattia di cui al precedente comma si computa ai fini del limite massimo delle giornate indennizzabili. 5. Il datore di lavoro non può corrispondere l'indennità economica di malattia per un numero di giornate superiore a quelle effettuate dal lavoratore a tempo determinato alle proprie dipendenze. Le indennità relative ad un maggior numero di giornate indennizzabili sono corrisposte al lavoratore direttamente dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. ...omissis..."
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Liceo Made in Italy: alcune questioni legate alla scelta della seconda lingua straniera e agli organi della scuola da coinvolgere...
Per ciò che attiene la decisione sulla seconda lingua straniera in un Liceo del Made in Italy che si avvierà dal prossimo anno scolastico 2024/25, il collegio docenti...
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Comportamenti inappropriati di una docente: il procedimento è di competenza del DS o dell’ufficio disciplinare?
Considerata la delicatezza della situazione, e visto che il comportamento era stato precedentemente già oggetto di richiami verbali, si ritiene consigliabile segnalare il caso all’UPD competente per territorio. Nel merito, l’Ufficio scolastico regionale potrà disporre, se ritenuto necessario, anche un accertamento ispettivo per verificare ancora meglio i fatti segnalati.
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Dal 1 settembre di questo a.s. si è trasferita nell’Istituto che dirigo una collaboratrice scolastica che, tuttavia, non ha mai preso servizio inviando certificati medici. In data 8 settembre è terminato il suo primo periodo di comporto. Ho inviato tempestivamente i decreti di malattia con decurtazione stipendiale alla RTS ed ho informato la dipendente. Tuttavia, le comunicazioni con l’interessata sono completamente disattese: non risponde al telefono, alle mail PEO o PEC, né ritira le raccomandate. La dipendente non è in “grave patologia”. Nonostante ciò, nello stesso interesse della dipendente, ed in linea con il DPR 171 art. 3 comma 3, al fine di una qualsiasi mia valutazione relativa alla possibile risoluzione del contratto di lavoro, ho fatto richiesta di visita medico collegiale. La collaboratrice però continua ad inviare certificati medici ed oramai siamo a ridosso dell’appuntamento per la visita medico collegiale che, plausibilmente, andrà disertata con la giustificazione della malattia. Domando: 1) Dovrò richiedere una nuova visita medico collegiale? E se anche in quella occasione l’interessata non si presentasse per motivi di salute? Che fare per interrompere questa catena? 2) Potrò procedere con la risoluzione del contratto anche in assenza di valutazione medico collegiale? Preciso che la collaboratrice non ha fatto richiesta di usufruire del secondo periodo di comporto. 3) Qualora dovessi procedere con il licenziamento e poiché sono trascorsi oramai tre mesi dalla fine del primo periodo di comporto, posso aver leso il c.d. “principio di tempestività” avviando la procedura di richiesta della visita medico collegiale?
Collaboratrice scolastica in assenza prolungata: chiarimenti normativi sul periodo di comporto, sulla richiesta di visita collegiale e sulla risoluzione del contratto AARGOMENTO:
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Data di pubblicazione: 18/11/2024
Graduatorie ATA: un parere sulla condanna riportata nel casellario di un dipendente e non dichiarata...
Allo scopo di verificare la natura escludente delle condanne occorre fare riferimento a quanto previsto dalla lex specialis della procedura. Al riguardo, va evidenziato che in epoca recente è stata abbandonata la specifica indicazione delle stesse. Le vecchie disposizioni, infatti, prevedevano espressamente il richiamo a reati commessi in relazione agli stupefacenti attraverso il rinvio all’elencazione alla legge n.16/1992 (peraltro abrogata). Tale elencazione non è più attuale. Il D.M n.50/2021, in materia di reati escludenti, ha posto una regola piuttosto ambigua in quanto ha dismesso il criterio (che invece andava conservato e, semmai adeguato alle specificità della scuola) della preventiva individuazione dei reati ostativi, lasciando spazio a interpretazioni opinabili e destinate ad alimentare il contenzioso. Le cose non sono cambiate con il D.M. n.89/2024, il cui art.3, alla lettera e) prevede: l’esclusione di “coloro che abbiano riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione, ovvero che siano stati destinatari dei provvedimenti giudiziari indicati nell’articolo 25-bis del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313”. Ebbene, l’art.2 del D.P.R. n.487/1994, nel declinare i requisiti generali di accesso al pubblico impiego, non è di nessun aiuto in quanto non reca alcuna elencazione, ma demanda a ciascuna amministrazione di declinare ulteriori requisiti in relazione alle proprie specifiche esigenze (comma 2), per il resto rinviando alle ipotesi che conducono alla perdita dell’elettorato attivo. Ebbene, ricostruendo la normativa applicabile in via interpretativa, la condanna riportata dal collaboratore scolastico non ha natura ostativa. Giova altresì rammentare che, il reato riscontrato non sembri formalmente estinto, l’art.166, secondo comma, del codice penale prevede: “La condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione, né d'impedimento all'accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa”. Ciò premesso, l’interessato non risulta nemmeno aver violato l’obbligo dichiarativo. Invero, ai sensi del combinato disposto degli artt.24 e 28 del DPR 313/2002, le condanne inflitte con decreto penale di condanna e con sentenza di patteggiamento (quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria) o, comunque, per reati estinti, non sono assoggettate a obbligo dichiarativo. Ricorrendo tali condizioni, la mancata dichiarazione è giuridicamente irrilevante, sia ai fini penali, che a quelli disciplinari. Alla luce di quanto precede, la condanna riportata non è ostativa all’accesso alla graduatoria e la mancata dichiarazione della stessa non è illecita.
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