Data di pubblicazione: 28/10/2025
Il metodo che il MIM ha predisposto per il calcolo del valore della concessione è oggetto di discussione, ma è l’unico esistente e valido come istruzione impartita alle Istituzioni Scolastiche. D’altra parte, ciò che è emerso dall’analisi della Delibera ANAC n. 273 del 9 luglio 2025, oggetto di discussione nell’evento annuale di LexForSchool, è che seguire le indicazioni del Quaderno n. 2 avrebbe almeno avvicinato il risultato del calcolo all’opinione di ANAC, che ha ritenuto eccessivo il valore della concessione invitando l’Istituzione Scolastica a rivedere il valore in autotutela, su reclamo del concessionario uscente. Di contro, la lettura della delibera consente di verificare che, mentre applicando il metodo del Quaderno n. 2 si sarebbe raggiunta una cifra dalle parti del 75% del valore utilizzato in sede di gara e ritenuto eccessivo da parte di ANAC, l’applicazione del valore dichiarato dal concessionario uscente avrebbe assestato il valore della concessione in una cifra più vicina al 25%. Ne deriva, a nostro avviso, che ben può capitare che il concessionario uscente dichiari una cifra inferiore alle aspettative e, anche se il valore dichiarato corrisponde a quello reale, il calcolo del valore della concessione resta una stima per la quale sembra avere più senso appoggiarsi all’istruzione ufficiale del Quaderno. Anche nei corsi di formazione che stiamo tenendo in queste settimane, prudenzialmente, stiamo suggerendo, anche in un'ottica di responsabilità del DS, di seguire pedissequamente alle indicazioni del Quaderno MIM.
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Data di pubblicazione: 28/10/2025
Gentile utente, la durata dell'incarico stabilito dall'art. 70 del CCNL scuola 2024 non inferiore all'anno scolastico costituisce il requisito necessario per ottenere l'aspettativa non retribuita nel ruolo e profilo di provenienza, non essendo possibile tale aspettativa nel caso di attribuzione di supplenze brevi e saltuarie. Tuttavia non è indicata l'impossibilità di rientro anticipato nel proprio ruolo o profilo. In tale ultimo caso l'abbandono della supplenza comporta l'impossibilità di stipulare altri apporti a tempo determinato per l'anno scolastico in corso. Infatti ai sensi dell'art. 70 comma 2." L’accettazione dell’incarico comporta l’applicazione della relativa disciplina prevista dal presente CCNL per il personale assunto a tempo determinato, ivi inclusa quella relativa alle ferie." La disciplina del personale assunto a tempo determinato è costituita dal regolamento delle supplenze del personale ata D.M. 430\2000 che all'art. 7 prevede degli effetti per la rinuncia all'incarico o l'abbandono del servizio ed in particolare stabilisce che: "L'esito negativo di una proposta di assunzione a tempo determinato comporta i seguenti effetti: A) Per supplenze conferite sulla base delle graduatorie di cui all'articolo 2, comma 1: 1) la rinuncia ad una proposta di assunzione o la mancata assunzione di servizio comportano la perdita della possibilità di conseguire analoghi rapporti di lavoro sulla base delle graduatorie di cui all'articolo 2, per l'anno scolastico successivo; 2) l'abbandono del servizio comporta sia l'effetto di cui al punto 1) sia la perdita della possibilità di conseguire qualsiasi tipo di supplenza, conferita sia sulla base delle graduatorie permanenti che delle graduatorie di circolo e di istituto, per l'anno scolastico in corso." B) Per supplenze conferite sulla base delle graduatorie di circolo e di istituto: 1) la rinuncia ad una proposta contrattuale, o alla sua proroga o conferma, non comporta alcun effetto; 2) l'abbandono della supplenza comporta la perdita della possibilità di conseguire qualsiasi tipo di supplenza conferita, sia sulla base delle graduatorie di cui all'articolo 2, che delle graduatorie di circolo e di istituto, per l'anno scolastico in corso."
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Data di pubblicazione: 28/10/2025
L’ordinanza ministeriale n. 88 del 2024, nel disciplinare i comportamenti consentiti a chi già in possesso di un contratto a tempo determinato nell’anno scolastico di riferimento, prevede che – fatto salvo il diritto al completamento in caso di contratto a orario non intero – “Il personale in servizio per supplenza conferita sulla base delle graduatorie di istituto ha facoltà di lasciare tale supplenza per accettare una supplenza ai sensi dell’articolo 2, comma 5, lettere a) e b)”. In altri termini, chi è in servizio per una supplenza breve può sempre lasciarla per una supplenza al 31/08 o al 30/06. In tutti i casi diversi da quello prospettato, il comportamento di chi lasciasse una supplenza in essere per accettarne un’altra configurerebbe un abbandono di servizio, cui si accompagnerebbe la relativa sanzione. Quanto sopra esplicitato in riferimento al conferimento delle supplenze sulla base delle ordinarie procedure di reclutamento vale certamente anche per il cosiddetto “interpello”. Ne consegue che, se il docente reclutato tramite interpello fosse in servizio su supplenza breve, potrebbe lasciarla per accettare una supplenza al 30/06/2026 o al 31/08/2026; ma, essendo in servizio su una supplenza fino al termine delle attività didattiche (30/06/2026) in nessun caso ha facoltà – a pena di irrogazione di sanzione – di lasciare la supplenza di cui è attualmente titolare, neppure per accettarne una fino al termine dell’anno scolastico. Correttamente, dunque, la scuola ritiene di non dover prendere in esame la disponibilità manifestata dalla docente nell’ambito della seconda procedura di interpello.
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Data di pubblicazione: 28/10/2025
La richiesta di riduzione a sole 6 ore dell'orario di servizio giornaliero, nel caso di cui al presente quesito, equivale alla richiesta di recuperare la giornata festiva che cade di sabato, ovvero in un giorno in cui - secondo il normale orario settimanale - i dipendenti sono liberi da obblighi di servizio. Tale richiesta, a nostro parere, è infondata e non può essere accolta dall'amministrazione. Non essendo il sabato, nell'istituzione scolastica considerata, giorno lavorativo, la conclusione non può essere diversa, infatti, da quella alla quale si perverrebbe se il giorno festivo cadesse di domenica. La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza n. 146 del 2008, ha affermato che i dipendenti pubblici non hanno diritto ad alcuna indennità specifica nell'ipotesi in cui una festività nazionale coincida con la domenica. La questione affrontata riguardava la presunta illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 224 che riguarda, appunto, l'impossibilità di retribuire ai dipendenti pubblici i giorni festivi, qualora essi cadano nella giornata della domenica. Sempre secondo la Corte, infatti, "le differenze ancora esistenti tra il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e il rapporto di lavoro alle dipendenze dei datori di lavoro privati rendono ingiustificata la pretesa di estendere, in nome del principio di eguaglianza, l'attribuzione di una singola disposizione, quale quella oggetto di censura, senza tenere conto del quadro complessivo del trattamento economico-normativo dei dipendenti della pubblica amministrazione, quale risulta a seguito dell'applicazione delle procedure di contrattazione collettiva previste dal legislatore". La pronuncia di infondatezza della questione, pronunciata dalla Corte costituzionale sull'assunto che tale previsione, sostanzialmente, è da considerarsi una scelta discrezionale del legislatore, nell'ambito delle peculiari caratteristiche del rapporto di impiego pubblico, può senz'altro estendersi anche al caso in cui l'amministrazione, nell'ambito della sua organizzazione, abbia deciso di articolare il servizio su cinque giorni settimanali. In conclusione, l'orario giornaliero va mantenuto a sette ore e dodici minuti. La circostanza che, nella giornata del venerdì, l'istituto abbia deliberato una chiusura prefestiva, non ha in proposito alcuna rilevanza. Il personale, in tale giorno, dovrà necessariamente chiedere di usufruire di un giorno di ferie o recuperare ore precedentemente prestate in eccedenza, senza che ciò influisca sulla impossibilità di retribuzione (o di recupero) del giorno festivo cadente di sabato.
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Data di pubblicazione: 28/10/2025
Nel nostro Collegio dei Docenti, e più nello specifico nel contesto di alcuni Dipartimenti di materia, non è infrequente il dibattito intorno alla complessa...
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Data di pubblicazione: 28/10/2025
Occorre premettere che le azioni adottate dall’Istituzione scolastica per l’uscita anticipata richiesta dai genitori dello studente con disabilità sono corrette. Chiedere alla famiglia di assumersi la responsabilità dell'uscita anticipata strutturale in assenza di certificazione medica o indicazione del GLO è un accorgimento fondamentale poiché la scuola ha l’obbligo di garantire allo studente con disabilità la frequenza dell’intero orario scolastico e le assenze sono correttamente giustificate dalla famiglia, evitando che siano considerate riduzione d'orario imposta dalla scuola. L'Art. 13, comma 2, lettera a del D.I. 182/2020 (come modificato dal D.I. 153/2023) stabilisce che la riduzione dell'orario scolastico può essere prevista solo se la necessità deriva da "eccezionali e documentate esigenze sanitarie attestate" e solo su "richiesta congiunta della famiglia e degli specialisti sanitari che hanno in carico l'alunno". Tale decisione va poi formalizzata nella Sezione 9 del PEI. Poiché la famiglia chiede l'uscita anticipata senza certificazione sanitaria e senza il coinvolgimento del GLO e degli specialisti in ambito sanitario, la scuola non può considerare tale uscita una "riduzione d'orario" legittimata dal PEI. L'offerta formativa completa e quindi l’orario scolastico previsto vanno mantenuti e occorre registrare le uscite come assenze su richiesta della famiglia, che se ne assume la responsabilità. Si consiglia nella prossima verifica intermedia o finale del PEI (o in una riunione straordinaria del GLO), di prendere atto di questa frequenza ridotta non per scelta del GLO o dovute a esigenze di carattere sanitario dello studente, ma per scelta unilaterale e strutturale della famiglia. Questo dato di fatto potrebbe influenzare la valutazione finale degli obiettivi e inevitabilmente la successiva proposta di quantificazione delle ore di sostegno per l'anno a venire. Pertanto, la strada migliore è la riprogrammazione della struttura oraria del docente di sostegno per farla coincidere con la frequenza effettiva dello studente. Questa soluzione è senz’altro la più efficiente e vi è la possibilità di massimizzare l'efficacia del supporto. Il docente di sostegno risulterà presente quando l'alunno è in classe, garantendo il supporto previsto dal PEI. Per ciò che attiene alla presenza in contemporanea di più figure professionali non esiste alcun divieto normativo. Anzi, la presenza di più figure in contemporanea, se coordinate efficacemente dal Docente Curricolare e dal Docente di Sostegno, può potenziare l'intervento inclusivo a beneficio dello studente con disabilità e dell'intera classe. In ottica inclusiva, le tre figure possono lavorare in sinergia: l’assistente educatore può focalizzarsi sull'autonomia o sulla comunicazione; il Docente di Sostegno sulla personalizzazione didattica; il Docente Curricolare sulla gestione della classe o sull'attività con il gruppo dei pari. L'importante è che i ruoli e le attività siano chiari e coordinati all'interno della programmazione didattica e del PEI favorendo ad esempio l'apprendimento in piccoli gruppi o un'attenzione individualizzata. Lo stesso docente di sostegno potrebbe operare anche a favore di altri alunni della classe (inclusione diffusa), soprattutto in momenti complessi o in attività di gruppo, come previsto dalle norme sull'inclusione.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Il CCNL istruzione e ricerca 2024 all’art. 44 (attività funzionali all’insegnamento) enumera fra le attività a carattere obbligatorio anche la partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, nella misura di 40 ore anno (salvo che gli impegni programmati siano eccedenti, nel qual caso sono da remunerare). Se è dunque pacifico che la partecipazione alle sedute del Collegio dei docenti è un obbligo di servizio, sul piano giuslavoristico e a prescindere da valutazioni di ordine disciplinare, la mancata o ridotta partecipazione, in assenza di valida giustificazione, rompe il sinallagma fra lavoro ed emolumenti e dovrebbe comportare una trattenuta salariale proporzionale alla mancata prestazione. Inoltre, come confermato da consolidata prassi e giurisprudenza (ad es. Trib. Modena, 25 marzo 2016) il docente che lascia volontariamente la seduta PRIMA della conclusione programmata dei lavori è anche sanzionabile disciplinarmente. Cosa diversa è però l’abbandono AL PROTRARSI di una riunione oltre l’orario programmato. Terreno scivoloso perché non risulta una norma specifica che preveda che il collegio debba terminare all’ora indicata senza proseguire nella trattazione dei punti all’ordine del giorno inevasi, né una norma che si pronunci in senso contrario. Si tratta tipicamente di materia da disciplinare con Regolamento interno di dettaglio, ma il quesito non specifica se l’istituto abbia adottato un simile regolamento sul funzionamento del Collegio, ed anzi, il fatto che la prosecuzione dei lavori sia stata deliberata seduta stante lascia supporre che tale strumento non sia stato adottato. L’unica fonte esterna rinvenibile è la C.M. 16 aprile 1975, n. 105, “Applicazione del regolamento tipo nelle more dell’adozione del regolamento interno” che però, oltre ad essere risalente agli albori degli organi collegiali (per alcuni dei quali organi, nel mezzo secolo trascorso, è sopravvenuta l’abolizione), non scende nei dettagli, rimandando per l’appunto alla regolamentazione interna che ogni scuola dovrebbe darsi (e questo a maggior ragione dall’istituzione dell’autonomia in poi). Una lettura sistematica della C.M. 105/1975 permette però di enucleare qualche indicazione utile: - la convocazione scritta della seduta, recapitata ad ognuno, e la sua pubblicazione all’albo “devono indicare gli argomenti da trattare nella seduta dell'organo collegiale (art. 1, terzo periodo); - inoltre “La convocazione degli organi collegiali deve essere disposta con un congruo preavviso - di massima non inferiore ai 5 giorni - rispetto alla data delle riunioni.” (art. 1, primo periodo). Il combinato di queste due previsioni sottolinea l’importanza che i componenti dell’organo siano messi nelle condizioni di discutere e deliberare in piena scienza e coscienza, conoscendo cioè gli argomenti con congruo anticipo, ancorché sia un anticipo leggermente depotenziato dall’espressione “di massima”. Tutto ciò induce a ritenere che, se nel singolo atto di convocazione risulta indicata, oltre all’ora di inizio, anche quella di termine dei lavori, allora risulta davvero molto difficile procedere disciplinarmente atteso, peraltro, che nel Piano annuale delle attività, deliberato ad inizio anno dal Collegio stesso ai sensi dell’art. 43, comma 4 del CCNL istruzione e ricerca 2024, è stato predisposto il monte-ore complessivo di impegni. Conclusivamente, se la convocazione prevedeva un orario di termine, e se, superato quel termine, il docente che è uscito non ha utilizzato espressioni volgari o denigratorie, o comunque non si è lasciato andare a gesti impropri, si ritiene che non si possa ravvisare nel comportamento tenuto dal docente un illecito disciplinare e procedere alla contestazione degli addebiti. Perché si ravvisi una vera forma di insubordinazione, disciplinarmente rilevante, la richiesta del Dirigente dovrebbe essere esigibile. Ma oltre l’orario predeteminato nella convocazione, la richiesta non era esigibile. Per cui si sconsiglia di avviare una contestazione d’addebito.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Gentilissimo, ci sembra oggettivamente sorprendente che le OO.SS. non siano state in grado di fornire una risposta adeguata alla docente, ad ogni buon conto la normativa vigente consente, in determinate condizioni, di ricongiungere o totalizzare i periodi contributivi maturati in diverse gestioni previdenziali (pubblica e privata), ai fini del raggiungimento dei requisiti per il diritto e la misura della pensione. Nel caso specifico la docente potrebbe richiedere la Ricongiunzione dei periodi assicurativi (L. 29/1979). Tale istituto permette, a domanda dell’interessato, di ricongiungere i contributi versati in diverse gestioni previdenziali (ad esempio, INPS e Cassa Stato), trasferendoli in un’unica gestione presso l’INPS – Gestione ex INPDAP. Tale operazione comporta però un onere economico a carico dell’interessato, variabile in base ai periodi da ricongiungere e alla retribuzione percepita. Oppure può richiedere la Totalizzazione dei periodi assicurativi (D.Lgs. 42/2006). In tal caso, è possibile optare per la totalizzazione gratuita dei contributi versati in più gestioni (INPS, ex INPDAP, casse professionali, ecc.). Questa modalità consente di sommare i periodi non coincidenti per conseguire un’unica pensione, calcolata però con il metodo contributivo sull’intera anzianità contributiva. Esiste anche il Cumulo dei periodi assicurativi (L. 228/2012, art. 1, c. 239 e seguenti). Il Cumulo gratuito dei contributi, permette di sommare i periodi assicurativi presenti in più gestioni pubbliche e private senza però trasferire materialmente i contributi, con pensione liquidata pro quota da ciascun ente. Cordiali saluti
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Se bastasse introdurre un “soggetto tramite” per annullare l’effetto del D.L. 127/2025 avremmo a che fare con un elemento distorsivo della concorrenza che, oltre ad allungare la filiera (con un sovrapprezzo), oblitererebbe anche le garanzie di cui all’art. 5. Siamo consapevoli del fatto che molte Istituzioni Scolastiche stanno affidando alle agenzie di viaggio per fare selezionare gli operatori di trasporto sul mercato al fine di liberarsi dell’obbligo di applicare l’art. 5 D.L. 127/2025: tuttavia, riteniamo che tale scelta abbia due limiti: - dovrebbe svolgersi a costo zero, perché diversamente si sarebbe di fronte ad una condotta certamente genetica di danno erariale: si paga un soggetto privato per svolgere un compito che la norma affida alla stazione appaltante; - affida ad un privato un’operazione di valutazione e controllo di matrice pubblica, che il privato non ha gli strumenti per mettere in pratica (sappiamo bene che non li hanno nemmeno le Istituzioni Scolastiche) e potrebbe non eseguire correttamente o non eseguire affatto. Confidiamo nel fatto che la conversione in legge del D.L. 127/2025 terrà conto delle criticità che le Istituzioni Scolastiche stanno segnalando.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Gentilissimo, la Legge n. 207 del 30 dicembre 2024, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”, introduce la possibilità per la pubblica amministrazione di concordare con il dipendente, il trattenimento in servizio oltre i 67 anni, nei limiti del dieci per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente. Tale limite è stato ribadito anche dal ministro della Pubblica Amministrazione nella nota del 20 gennaio 2025 che recita testualmente: "Ai fini del ricorso all’istituto in oggetto, la base di calcolo da considerare per l’individuazione del limite massimo del 10% è quella relativa alle facoltà assunzionali “ordinarie” derivanti dal turn over e da eventuali autorizzazioni ad assumere previste da specifiche misure normative". Considerato che il dirigente scolastico non ha la competenza funzionale nel decidere il numero delle assunzioni del personale docente e ATA, in quanto tale limite e competenza risultano unicamente far capo al superiore MIM, lo stesso, non avendo contezza di tali dati, non può assumere alcuna decisione in merito al trattenimento in servizio. Risolto il problema del limite assunzionale potrebbe restare a carico del dirigente scolastico la valutazione circa "l'indispensabilità" del dipendente per l'ottimale gestione dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica di riferimento. Le note del Ministero dell'Istruzione e del Merito prot. n. 25316 del 31 gennaio 2025 e prot. n. 45357 del 21 febbraio 2025 relativamente al trattenimento in servizio fino a 70 anni (art. 1, comma 165, della Legge di Bilancio 2025) per il personale scolastico (docenti e ATA), che ha raggiunto il limite d’età (67 anni), rinviano ad un ulteriore specifico successivo approfondimento. Purtroppo nella circolare MIM prot. n. 205851 del 25 settembre 2025 non è stato fornito l'atteso approfondimento, pertanto, a nostro avviso, non è possibile procedere con il trattenimento in servizio della collaboratrice scolastica.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Occorre innanzi tutto ricordare il principio generale per cui la Pubblica Amministrazione, preliminarmente ed in via prioritaria, ha l'obbligo di ricercare ed individuare al suo interno le professionalità necessarie per qualsiasi prestazione (a questo proposito si suggerisce di leggere l'art. 97 della Costituzione, l'art. 43, comma 3 del D.I. 129/2018, l'art. 7 comma 6 del D. Lgs.vo 165/2001). Quindi l'obbligo è quello di pubblicare, in primis, un avviso di selezione interno, finalizzato all'individuazione di un esperto interno all'istituzione scolastica. Qualora l'avviso stesso andasse deserto, allora la scuola può applicare l'istituto della collaborazione plurima (avviso pubblico di selezione, ed incarico ai sensi dell'art. 35 per i docenti e 57 per gli ATA del CCNL Scuola 29.11.2007), oppure, in alternativa, pubblicare un avviso pubblico di selezione rivolto ad esperti esterni persone fisiche (in tal caso i professionisti individuati risultano destinatari di contratto di lavoro autonomo, ai sensi dell'art. 7 comma 6 del D.Lgs. 165/2001) ovvero, come ulteriore alternativa, procedere attraverso l’affidamento di appalto di servizi, in base alle disposizioni del Codice contratti. Volendo inoltre descrivere l’ordine da rispettare per il reclutamento del personale da coinvolgere nella realizzazione delle attività di ampliamento dell’offerta formativa, riteniamo che l’iter da seguire sia il seguente: - in primis, l’Istituzione scolastica, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 165/2001 e dell’art. 43 del DI 129/2018 , deve verificare se sono presenti e/o disponibili al suo interno le risorse professionali necessarie. E’ possibile svolgere tale verifica rendendo note le necessità attraverso apposito avviso interno, da pubblicare sul sito web dell’Istituto, contenente i criteri specifici di selezione. - Qualora venga accertata l’impossibilità di reperire personale interno (o l’insufficienza delle professionalità necessarie) , la Scuola può ricorrere all’istituto della collaborazione plurima per la ricerca di dipendenti in servizio presso altre istituzioni scolastiche, ex art. 35 e 57 CCNL 2007. - In subordine, l’Istituzione scolastica può, autonomamente e motivatamente, decidere di procedere con la stipula alternativa di: - Contratti di lavoro autonomo, ex art. 2222 e seg. c.c., con esperti esterni di particolare e comprovata specializzazione, individuati mediante apposito avviso pubblico, ai sensi dell’art. 7, c. 6, del D.Lgs. 165/2001. Si ricorda che i criteri di selezione degli esperti esterni - e la misura dei relativi compensi - devono essere fissati in apposito regolamento deliberato dal Consiglio di Istituto (art.45 c.2 lett. h DI 129/2018). In alternativa - e a sua motivata scelta - con la stipula di: - Convenzioni con Associazioni/Enti del Terzo Settore, individuati attraverso avviso pubblico ex L. 241/1990, sulla base di quanto previsto dall’articolo 56 del D.Lgs 117/2017. oppure - Contratti di affidamento di servizi, ex art. 1655 c.c., in favore di Operatori economici (compresi gli ETS che svolgono attività commerciale non prevalente), in base alle procedure previste dal D.Lgs 36/2023 e ss.mm.ii. (anche mediante affidamento diretto, entro il valore previsto dall’art. 50, comma 1 lett. b), del Codice). Alla luce delle necessarie premesse di carattere normativo e giurisprudenziale sopra enunciate, ci permettiamo di esprimere forti perplessità in ordine alla convenzione in essere con le scuole di musica in quanto non si comprende in che cosa consista il “supporto didattico-educativo” fornito dall’Associazione in base alle proprie finalità statutarie, essendo il suo contributo apparentemente limitato all’individuazione dei nominativi degli esperti da contrattualizzare; individuazione che l’Istituto potrebbe autonomamente, regolarmente e legittimamente effettuare seguendo il previsto iter normativo, come sopra descritto. Per quanto poi concerne la posizione del docente “individuato dall'associazione musicale” che ha già un contratto in una scuola in qualità di insegnante di scuola primaria a TD annuale, il rapporto dovrebbe essere inquadrato quale collaborazione plurima, ex art. 35 CCNL 2007, soggetta al rilascio dell’autorizzazione del Dirigente Scolastico dell’istituto di titolarità (o servizio), previa valutazione della compatibilità temporale e del fatto che l’attività non interferisca con gli obblighi contrattuali ordinari. Infatti, nel caso di dipendenti che prestano la propria attività in istituzioni scolastiche diverse da quella di servizio l'incarico e riconducibile alle collaborazioni plurime disciplinate dagli articoli 35 e 57 del CCNL 2007 (non modificati dal CCNL 2024), rispettivamente per i docenti ed il personale ATA. L'art. 35 prevede che i docenti possono prestare la propria collaborazione ad altre scuole statali che, per la realizzazione di specifici progetti/attività/iniziative deliberati dai competenti organi, abbiano necessità di disporre di particolari competenze professionali non presenti o non disponibili nel corpo docente della istituzione scolastica. Tale collaborazione non comporta esoneri anche parziali dall’insegnamento nelle scuole di titolarità o di servizio ed è autorizzata dal dirigente scolastico della scuola di appartenenza (su richiesta del docente o della scuola conferente) a condizione che non interferisca con gli obblighi ordinari di servizio. Come già detto in altre risposte in argomento, in via generale, il compenso spettante per prestazioni effettuate in regime di collaborazione plurima rientra nella tipologia di quelli previsti dal CCNL e quindi è assoggettato a tutte le ritenute fiscali e previdenziali di legge. Pertanto, per quanto concerne gli aspetti retributivi, fiscali, previdenziali e assistenziali, il conferimento di incarichi a docenti appartenenti ad altre Istituzioni Scolastiche (riconducibili all’istituto delle collaborazioni plurime ex art. 35 e 57 CCNL del 29 novembre 2007) è assoggettato alla medesima disciplina prevista per i compensi erogati al personale interno all’Istituzione Scolastica che effettua prestazioni aggiuntive all’orario d’obbligo, ovvero: - i compensi orari devono rispettare gli importi indicati nel CCNL vigente (ad es. € 38,50 orarie lordo dipendente, per le attività di insegnamento) - Detti compensi, analogamente al personale interno, devono essere assoggettati a tutte le ritenute fiscali e previdenziali di legge. Concludendo, in base al quadro normativo sopra rappresentato, siamo dell’avviso che: - La natura e i contenuti della convenzione in essere con l’Associazione possano confliggere con le norme che disciplinano l’iter di individuazione del personale esperto. - Trattandosi di rapporti contrattuali instaurati direttamente tra la scuola e i singoli esperti, la misura dei relativi compensi - ma anche i criteri di selezione - sono soggetti, come detto, ad apposita regolamentazione del Consiglio di Istituto - deliberata ai sensi dell’art.45 c.2 lett. h DI 129/2018. Pertanto, a nostro parere, non possono essere pacificamente adottati i compensi (€ 25/h LD) stabiliti a monte dall’Associazione. - Per quanto concerne il docente “individuato dall'associazione musicale” che ha già un contratto in una scuola in qualità di insegnante di scuola primaria a TD annuale, ribadiamo che il rapporto dovrebbe essere inquadrato quale collaborazione plurima, ex art. 35 CCNL 2007, soggetta al rilascio dell’autorizzazione del Dirigente Scolastico dell’istituto di titolarità (o servizio), previa valutazione della compatibilità temporale e del fatto che l’attività non interferisca con gli obblighi contrattuali ordinari.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Confermiamo che sarebbe opportuno, ma - ragionevolmente - nessuna scuola ha i requisiti per procedere. L’art. 5 dell’Allegato II. 4 prevede: - l’abilitazione ad acquisti fino a 750.000 euro; - la necessità di raggiungere almeno 30 punti in sede di qualificazione, che vanno considerati a parte rispetto ai requisiti. Si ricorda che i requisiti per accedere alla qualificazione sono (art. 6 dell’Allegato II.4): - iscrizione all’AUSA; - presenza nel proprio organigramma di un ufficio o struttura stabilmente dedicati alla progettazione e agli affidamenti di servizi e forniture (SOS); - disponibilità di piattaforme di approvvigionamento digitale di cui agli articoli 25 e 26 del codice. Per "Struttura Organizzativa Stabile" (SOS) si intende un Ufficio - ad esempio un Ufficio Gare, un Ufficio Acquisti, un Ufficio Tecnico o similari - inserito in maniera stabile all’interno dell’articolazione organizzativa dell’Ente con funzioni attinenti agli ambiti (progettazione tecnico-amministrativa e affidamento procedure/esecuzione dei contratti) e settori (lavori/servizi e forniture) di qualificazione. Nella stessa stazione appaltante possono essere presenti una o più strutture stabilmente dedicate alle predette funzioni. Per “disponibilità” di piattaforme di approvvigionamento digitale per lo svolgimento di procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici si intende la possibilità di uso permanente delle piattaforme di approvvigionamento digitale certificate di cui agli artt. 25 e 26 del d.lgs. n. 36/2023, in quanto di proprietà della stazione appaltante o a disposizione della stessa per il tramite di contratti di servizio stipulati con soggetti terzi. Il mero utilizzo di piattaforme di soggetti terzi (ad es. acquisti mediante catalogo MEPA), in mancanza della disponibilità della stesse nel senso sopra chiarito, non può ritenersi sufficiente ai fini della dimostrazione del requisito. Il portale permette di verificare in tempo reale la possibilità di dichiarare il possesso dei requisiti e il punteggio che si otterrebbe, ma già le dichiarazioni in ordine alla SOS appaiono al di là della portata di molte Istituzioni Scolastiche; inoltre, la passata scelta di non procedere quasi mai a gara d’appalto anche quando non si era posta la questione qualificazione, oggi, impedisce di maturare punteggio in quella direzione, aggravando il quadro complessivo.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
L'Istituto si trova nella necessità urgente di ripristinare il servizio di ristorazione mediante servizio bar a seguito della rescissione contrattuale...
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Ogni istituzione scolastica stabilisce, con specifica indicazione contenuta nel regolamento di Istituto, tempi e modi di programmazione e di gestione di un eventuale intervallo tra un'ora (o un gruppo di ore di lezione) e l'altra. Molte scuole considerano questo periodo come parte integrante dell'orario delle lezioni, assumendolo comunque come un periodo di didattica (ed in questo caso affidando ai docenti delle classi la diretta responsabilità della gestione); tale orientamento è ampiamente maggioritario e si basa sulla convinzione che l’intervallo delle lezioni rappresenti un momento formativo della vita scolastica complessiva degli alunni e che di conseguenza vada considerato a tutti gli effetti “tempo scuola” e, in quanto tale, conteggiato nelle ore di lezione. Si argomenta ancora, a supporto della suesposta tesi, che tale valutazione discende dalla considerazione delle particolari finalità dell’intervallo: esso infatti da un lato è volto a favorire l’alleggerimento dell’attività didattica in coerenza con quelli che sembrano essere attualmente gli stili di apprendimento degli studenti e dall’altro a contenere il numero delle richieste da parte degli alunni di allontanarsi , sia pure brevemente, dall’aula nel corso delle lezioni. Altre scuole lo considerano come una vera e propria pausa (la vecchia "ricreazione") che non costituisce tempo scuola, che in tal caso viene calcolato solo per la durata effettiva delle lezioni. Tali scuole organizzano comunque il servizio di vigilanza durante la ricreazione con diverse modalità, affidandosi ad esempio ai collaboratori scolastici del piano e/o a docenti inseriti in specifici turni di vigilanza. In ogni caso, si ritiene assolutamente da escludere che possano essere concessi permessi di uscita agli studenti durante l'intervallo; si ricorda, infatti, che, nel rispetto delle norme del codice civile e secondo una giurisprudenza assolutamente consolidata, l'istituzione scolastica si deve far carico della vigilanza, nelle modalità e con procedure precisamente regolamentate e idonee per ogni fascia di età, dal momento dell'entrata nel "perimetro" dell'istituzione scolastica fino alla fine delle attività di lezione e all’uscita dalla scuola.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
In base all’art. 10 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021, “Le disposizioni in materia di lavoro a distanza di cui al presente Titolo si applicano, ove compatibili con le attività svolte nonché con le esigenze e l’organizzazione del lavoro, al personale tecnico e amministrativo delle istituzioni scolastiche […]”. Dunque, è il solo personale tecnico e amministrativo delle scuole a poter accedere al lavoro a distanza ove ciò sia compatibile con le attività svolte e con le esigenze e l’organizzazione del servizio: questo significa, innanzitutto, che le attività effettuabili a distanza devono essere previamente individuate nel piano delle attività del personale ATA, predisposto dal DGSA e adottato dal dirigente e che è rimesso all’apprezzamento di quest’ultimo concederlo, avendone valutato la compatibilità con le esigenze organizzative del servizio. Non a caso, secondo l’art. 30, c. 9, lett. b5) del CCNL citato, sono materia di (informazione ed eventuale) confronto con la parte sindacale “i criteri generali delle modalità attuative del lavoro agile e del lavoro da remoto nonché i criteri di priorità per l’accesso agli stessi.” Non a caso, si è detto, perché tutte le volte che il CCNL prevede un istituto della partecipazione sindacale vuol dire che si è in presenza di un potere datoriale (cfr. art. 5, c. 2. D.Lgs. n. 165/2001: “Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati ovvero le ulteriori forme di partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all'articolo 9”). Pertanto, occorre ribadire che spetta al dirigente non solo individuare le attività che possono essere svolte a distanza all’interno del piano delle attività del personale ATA, ma anche, e prima di tutto, valutare la compatibilità di una simile modalità di erogazione della prestazione lavorativa con le esigenze organizzative: egli, cioè, non è costretto ad addivenire alla stipula di accordi individuali per il lavoro a distanza solo perché il personale lo richiede. Né, nel caso in cui si determinasse a non concederlo, ha l’obbligo di motivare a fondo la propria determinazione in sede di (informazione e) confronto, perché – come dice la Cassazione – «non è invece necessario che il datore dia conto anche delle ragioni per le quali ha ritenuto di dover esercitare il potere discrezionale perché le valutazioni che rientrano nella discrezionalità sono comunque incensurabili e la loro esplicitazione risulterebbe priva di finalità» (ordinanza Cassazione, sez. lav., n. 24122/2022). Se per contro si determina a consentire lo svolgimento del lavoro a distanza, il dirigente – una volta enucleate le attività che possono essere effettuate in tal modo – declinerà, in sede di (informazione ed eventuale) confronto: a) i criteri generali delle modalità attuative del lavoro a distanza (ad esempio: se è consentito solo il lavoro agile o anche il lavoro da remoto; il numero massimo di giorni in cui la prestazione può essere resa a distanza nel corso della settimana; il numero massimo di unità che vi può accedere; durata massima dell’accordo individuale; per il solo lavoro agile, criteri di individuazione della fascia di contattabilità); b) i criteri di priorità nell’accesso in caso di più domande, avendo cura di vincolarlo a presupposti che ne consentano l’efficace svolgimento (ad esempio l’autonomia operativa del personale beneficiario e l’aver adempiuto alla formazione sicurezza). Tra i criteri di priorità nell’accesso, accanto a situazioni già destinatarie di apposita tutela (come la fruizione dei benefici ex lege n. 104/1992), si avrà cura di valorizzare anche specifiche condizioni del lavoratore che ne sono sprovviste (come la presenza di figli minori di età superiore a 12 anni o particolari condizioni documentate come la presenza di familiari che necessitano di assistenza ma che non sono certificati ex lege n. 104/1992). Restano fermi i diritti di priorità sanciti dalle normative tempo per tempo vigenti ma l’istituzione scolastica - previo confronto ai sensi dell’art. 30 - avrà cura di facilitare l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure (cfr. art. 12, c. 3 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021). Del resto, il nuovo comma 6-bis dell'art. 33 della legge n. 104/1992, introdotto dal D.Lgs.n. 105/2022, prevede che i lavoratori che usufruiscono dei permessi di cui ai commi 2 e 3 del suddetto articolo 33 hanno diritto di priorità nell'accesso al lavoro agile ai sensi dell'articolo 18, comma 3-bis, della legge n. 81/2017 o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme le eventuali previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato. La Direttiva del Ministro della PA del 29 dicembre 2023 evidenzia inoltre la necessità di garantire, ai lavoratori che documentino gravi, urgenti e non altrimenti conciliabili situazioni di salute, personali e familiari, di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile; nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione spetta, pertanto, al dirigente responsabile individuare le misure organizzative che si rendono necessarie, attraverso specifiche previsioni nell’ambito degli accordi individuali, che vadano nel senso sopra indicato. Il CCNL citato, come anticipato, prevede due forme di lavoro a distanza: - il lavoro agile di cui alla legge n. 81/2017, inteso come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro; - il lavoro da remoto che avviene con vincolo di tempo e nel rispetto dei conseguenti obblighi di presenza derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro, attraverso una modificazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa che comporta la effettuazione della prestazione in luogo idoneo e diverso dalla sede dell’ufficio al quale il dipendente è assegnato. Circa il lavoro agile in particolare, l'art. 12 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021 stabilisce che l’adesione a questa modalità di erogazione della prestazione lavorativa ha natura consensuale e volontaria ed è rivolta a tutti i lavoratori indicati al comma 1 dell’art. 10 siano essi con rapporto di lavoro a tempo pieno o parziale e indipendentemente dal fatto che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato o determinato. Fermo restando che è l’amministrazione ad individuare le attività che possono essere effettuate in lavoro agile, ne sono esclusi i lavori effettuati in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili. Ciò significa che, se il dirigente si determina a concedere il lavoro a distanza, una volta delimitatone il campo di applicazione, mediante le leve del piano delle attività del personale ATA e dell’informazione e confronto con la parte sindacale, lo stesso deve emanare un avviso interno in cui esplicita i criteri delle modalità attuative e i criteri di priorità nell’accesso in modo da individuare il personale con cui addivenire alla stipula degli accordi individuali. L'art. 13 del CCNL citato stabilisce, a questo proposito, che l’accordo individuale di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova e deve contenere gli elementi essenziali ivi indicati. Il CCNL precisa infine che, in presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere dall’accordo senza preavviso indipendentemente dal fatto che lo stesso sia a tempo determinato o a tempo indeterminato. L'art. 14 detta indicazioni sull' articolazione della prestazione in modalità agile e sul diritto alla disconnessione. L'art. 16 prevede che al lavoro da remoto si applica quanto previsto in materia di lavoro agile dall’art. 13 (Accordo individuale) con eccezione del comma 1, lett. e) dello stesso, dall’art. 14 (Articolazione della prestazione in modalità agile e diritto alla disconnessione), commi 4 e 5 e dall’art. 15 (Formazione). Come precisato dall'ARAN (O.A. CIRS120) il lavoro agile si caratterizza per l’assenza di vincoli di luogo e di orario, mentre il lavoro da remoto si caratterizza per la presenza di un preciso vincolo di luogo e di orario. Non ci sono indicazioni prescrittive su quale sia la forma preferibile a seconda delle attività da svolgere. Si tenga tuttavia presente che le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro sono più stringenti nel caso del lavoro da remoto alla luce dell’art. 16, c. 5 del CCNL citato (“L’amministrazione concorda con il lavoratore il luogo ove viene prestata l’attività lavorativa ed è tenuta alla verifica della sua idoneità, anche ai fini della valutazione del rischio di infortuni, nella fase di avvio e, successivamente, con frequenza almeno semestrale. Nel caso di telelavoro domiciliare, la stessa concorda con il lavoratore tempi e modalità di accesso al domicilio per effettuare la suddetta verifica.”) Riassumendo: - si ritiene che, nei limiti di quanto regolamentato dagli artt. 10 e seguenti, il lavoro a distanza possa essere riconosciuto anche al DSGA; - se vi possano accedere anche altri oppure no dipende dalle attività che il dirigente individua come remotizzabili; - se le attività remotizzabili coinvolgono anche il restante personale amministrativo e, alla luce dell’avviso interno, più assistenti amministrativi si candidano, il dirigente scolastico individuerà con chi stipulare l’accordo individuale sulla base dei criteri generali delle modalità attuative e dei criteri di priorità nell’accesso al lavoro agile (il cui contenuto è stato sopra descritto). Non vi è, in altri termini, una soluzione predeterminata, poiché spetta al dirigente utilizzare tale strumento solo se lo ritiene conforme alle esigenze organizzative della scuola e facendovi accedere solo il numero di unità che ritiene possa assicurare la funzionalità dell’azione amministrativa. A rigore, potrebbero anche accedervi tutti, a rotazione e garantendo la presenza in sede di un numero minimo di unità giornaliere stabilite dal dirigente stesso e comunicato in sede di informazione ed eventuale confronto con la parte sindacale. Ovviamente, lo si ribadisce, per garantire la tenuta del sistema occorre ben individuare i presupposti per l’accesso alla modalità di lavoro a distanza nella autonomia operativa del lavoratore e nella sua competenza all’utilizzo delle piattaforme necessarie allo svolgimento delle attività in simile modalità.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Premesso che il termine “curvatura”, nel caso illustrato, appare abbastanza improprio dal punto di vista ordinamentale, vi è da chiarire sotto quale forma giuridica sia stato attivato tale adattamento del curricolo di Istituto. Si ricorda, infatti, che il DPR 89/2010, all’articolo 10, prevede due modalità per intervenire sul curricolo di Istituto (cfr comma 2.c e comma 3) Quella che si ritiene più aderente è riferita al comma 2.c che si riporta di seguito: Le istituzioni scolastiche,,,,,, possono organizzare, attraverso il piano dell'offerta formativa, nei limiti delle loro disponibilita' di bilancio, attivita' ed insegnamenti facoltativi coerenti con il profilo educativo, culturale e professionale dello studente previsto per il relativo percorso liceale. La scelta di tali attività e insegnamenti è facoltativa per gli studenti. Gli studenti sono tenuti alla frequenza delle attività e degli insegnamenti facoltativi prescelti…. Dall’analisi letterale del testo di legge si evince che, al momento dell’iscrizione, possono venir proposti alle famiglie e agli studenti adattamenti curriculari che prevedono l’attivazione di insegnamenti facoltativi. Nel caso in cui l’iscrizione viene (consapevolmente) richiesta per tale percorso, tale insegnamento diventa parte integrante del curricolo di tale classe (o del gruppo che lo ha prescelto). Quindi, dal punto di vista formale, gli studenti sono tenuti alla frequenza, almeno per la durata dell’anno scolastico in corso; potranno poi comunicare una rinuncia ma solo per l’anno successivo.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
La “ratio” della novella normativa è proprio quella di non poter riconoscere il massimo della fascia se lo studente non ha conseguito almeno nove nella valutazione del comportamento. In effetti, l’interpretazione del testo della norma non si presta ad una diversa lettura; appare chiaro che, se la norma recita letteralmente “il punteggio più alto può essere attribuito se…..”, la volontà del legislatore è stata quella di non consentire il massimo se non si verifica tale condizione. Pertanto, il “nove in condotta” rappresenta il prerequisito, la “condicio sino qua non” per poter attribuire tale massimo. Le deroghe attribuite alla competenza dei consigli di classe e previste dalla griglia allegata non si ritengono legittime.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
L’incompatibilità permane in quanto introdotta da specifica norma contrattuale. Non è mai stato chiaro il senso del vincolo imposto dall’art. 88, comma 2, lettera f) del CCNL del 2007, sopravvissuto alla copiosa abrogazione dei suoi articoli avvenuta con il CCNL di comparto 2019/21. È possibile immaginare che si sia voluto dare un segnale per scoraggiare il cumulo di incarichi sulle stesse persone; oppure che non si volesse dare risalto alla figura del collaboratore del dirigente scolastico, visto spesso con sospetto dai rappresentanti sindacali, limitandone gli spazi operativi. Comunque l’incompatibilità resta e ne va tenuto conto. Conviene, quindi, interpellare informalmente gli altri docenti che posseggono le competenze per svolgere la funzione e capire se ci sono margini per convincerli a rimuovere il diniego. Accanto a questo probabilmente potrebbe risultare opportuna una riflessione sulla palese indisponibilità dei docenti a farsi carico di una delle funzioni strumentali al PTOF, che dovrebbero essere considerate un utile strumento di supporto al lavoro dei docenti. Sono ipotizzabili più ipotesi che meriterebbero di essere valutate (magari dal dirigente scolastico insieme ai suoi collaboratori di fiducia): a. La funzione strumentale è vista dai docenti come un’iniziativa inutile o comunque inefficace b. La funzione strumentale viene rifiutata in quanto poco redditizia in rapporto alla mole di lavoro da svolgere c. La funzione strumentale è rifiutata per una forma di opposizione pregiudiziale alle proposte organizzative del dirigente scolastico Nel primo caso sarebbe possibile modificare l’area d’intervento e predisporre un piano di lavoro che preveda forme concrete di supporto all’attività dei docenti, attraverso la predisposizione di materiali, la redazione di documenti operativi, il coordinamento di particolari attività, ecc. Nel secondo caso è possibile che in sede di contrattazione integrativa d’istituto i compensi per le funzioni strumentali vengano calibrati in rapporto al reale carico di lavoro che si intende assegnare al docente. Non tutte le funzioni richiedono lo stesso impegno e quindi sarebbe giustificata una differenziazione dei compensi. Nel terzo caso, sicuramente il più complesso, sarebbe necessario un ripensamento generale delle relazioni all’interno dell’istituto, finalizzato alla rimozione di tutti gli elementi che interferiscono sui rapporti interpersonali tra i docenti e tra questi e il dirigente scolastico. È certo, comunque, che non ci si può limitare a prendere atto che le persone non intendono collaborare.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Le norme sulle assemblee sindacali sono state oggetto di una recente riscrittura da parte dell’art. 31 del CCNL di comparto 2019/21. Al comma 1 si afferma chiaramente che ciascun dipendente scolastico ha a disposizione un monte-ore personale di 10 ore per partecipare ad assemblee sindacali d’istituto e/o territoriali regolarmente convocate. Una volta esaurite al dipendente è preclusa ogni ulteriore possibilità di partecipazione. Al comma 2 si aggiunge che: “In ciascuna Istituzione scolastica e per ciascuna categoria di personale (ATA e docenti) non possono essere tenute più di due assemblee al mese.”. Quindi è altrettanto chiaro che il vincolo riguarda il singolo istituto. È anche evidente che non è la scuola che deve scegliere le assemblee da prendere in considerazione; la scuola deve limitarsi a diramare l’avviso di ogni assemblea regolarmente convocata e a registrare la volontà dei dipendenti di parteciparvi o meno. Su questa base dovranno essere registrate per ogni dipendente, sempre dalla scuola, le partecipazioni effettuate e, all’esaurimento delle dieci ore disponibili, dovrà essere comunicato all’interessato che il monte-ore a disposizione è esaurito. Spetta quindi al dipendente decidere a quali assemblee partecipare, senza altro vincolo che il rispetto del monte-ore stabilito nel CCNL. La lettura incrociata dei due commi richiamati fornisce pertanto la risposta al quesito. Per una conoscenza più ampia e completa della materia si consiglia di consultare l’intero articolo 31 del CCNL, che consta di ben 15 commi.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Come è noto, fino all’a.s. 2027/28, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha autorizzato la sperimentazione di una formazione di tipo innovativo destinata agli alunni che praticano attività sportive considerate di alto livello (cfr DM 43/2023) Il programma sperimentale, avviato nel 2018, si pone come obiettivo quello di superare le criticità che possono riscontrarsi durante il percorso scolastico degli studenti-atleti, soprattutto con riguardo alla regolare frequenza delle lezioni, nonché in relazione al tempo da dedicare allo studio individuale, attraverso l’adozione di metodologie didattiche basate anche sulle tecnologie digitali, unitamente a specifiche e complementari scelte di ordine didattico ed organizzativo, al fine del conseguimento del successo scolastico. Nella sostanza, il consiglio di classe è chiamato, nei casi in cui si concretizzino le condizioni previste dal sopra citato DM, ad utilizzare a pieno modalità didattiche ed organizzative basate sulla personalizzazione, in modo da conciliare la formazione educativa-scolastica e quella sportiva, elaborando uno specifico PFP. Tipicamente, la focalizzazione riguarda le modalità di frequenza, l’organizzazione dell’orario scolastico e le modalità e i tempi delle verifiche e delle attività di recupero. A titolo esemplificativo e non esaustivo, le misure possono essere ricondotte alle seguenti casistiche: • riduzione della presenza fisica a scuola in concomitanza di allenamenti o competizioni; • recupero delle lezioni in modalità asincrona, con l’ausilio di materiali didattici online; • possibilità di svolgere alcune attività scolastiche in modalità online; • giustificazione delle assenze dovute ad allenamenti, gare/partite o trasferte, in modo tale che esse non incidano negativamente sul monte-ore obbligatorio; • programmazione delle verifiche e/o delle interrogazioni; • predisposizione di modalità alternative di valutazione (cfe art. 3 DM 43/2023); • valutazione del percorso complessivo dello studente, considerando la mole di assenze dovuta all’attività sportiva. Questo il quadro generale, che verrà applicato nei casi consentiti dalle indicazioni sopra richiamate, adattando, ove necessario, l’orario di frequenza alle documentate esigenze di ciascun allievo; è importante, a tal proposito, richiedere alla famiglia e conservare agli atti della scuola tutta la documentazione prodotta dalle società sportive presso le quali si svolgono le attività. Alquanto diverso è il caso dello studente con certificazione concernente la Legge 104. Una certificazione di tal genere non consente automaticamente una sistematica riduzione dell’orario. Infatti, l’organizzazione del percorso didattico di uno studente con disabilità viene definita nel PEI che annualmente viene redatto ed approvato dal GLO. Nel caso di studente atleta con certificazione di disabilità bisogna quindi programmare e coordinare con molta attenzione i diversi aspetti del percorso didattico educativo, fermo restando che le attività sportive costituiscono comunque un ottimo strumento inclusivo per il recupero e il potenziamento funzionale, Si consiglia, pertanto, di analizzare la situazione specifica di tale studente convocando una riunione del GLO,
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
Dal punto di vista meramente giuridico, la questione potrebbe non essere di facile soluzione, tenendo conto che il principio generale “tempus regit actum” potrebbe essere interpretato in un verso (il diploma viene compilato con le generalità valide al tempo del conseguimento e viene accompagnato da una certificazione di corrispondenza con i nuovi dati anagrafici) o in quello opposto (vengono riportate le generalità oggetto di variazione valide al momento della compilazione e del rilascio del diploma). Tenuto conto, però, che il cambio di cognome “seguirà” il soggetto per tutta la vita e che il titolo potrà essere spendibile in diversi contesti (anche all’estero), nell’interesse stesso del diplomato, sarebbe più utile riportare le nuove generalità valide al momento della compilazione, tenendo però agli atti della scuola un’attestazione del dirigente che possa precisare la corrispondenza tra nuovo e vecchio cognome, con allegata tutta la documentazione (copia del decreto prefettizio, copia della nuova carta di identità)
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
In riferimento al quesito posto, si precisa, come prima indicazione, che ogni Pubblica Amministrazione è obbligata al rispetto della normativa in base alla quale deve, in ogni caso e come prima opzione, emanare un avviso pubblico di selezione rivolto al personale interno. Infatti, il principio generale dell'ordinamento è che le Pubbliche Amministrazioni hanno l'obbligo di far fronte alle ordinarie competenze istituzionali col migliore e più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui dispongono. Tanto premesso, si chiarisce che l’Associazione ex ONLUS (oggi presumibilmente Ente del Terzo Settore – ETS) può legittimamente collaborare con la scuola in progetti educativi o di supporto, a condizione che l’attività sia coerente con le sue finalità statutarie e che siano rispettate le previsioni normative che andremo di seguito ad illustrare. Come già detto in precedenti risposte, è noto che i rapporti con gli Enti del terzo Settore (Associazioni di promozione sociale, Organizzazioni di volontariato, ecc) impattano su una questione molto articolata e complessa la cui disciplina trova riferimento nel citato Codice del Terzo Settore (Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 e ss.mm.ii.), nel decreto correttivo 105/2018, e nel DM. 72 del 31.03.2021, nel TU DPR 917/1986 , nel D.lgs. 460/1997, nonché nel D.lgs. 36 del 31.03.2023. In particolare, appare necessario ricordare quanto stabilito dal punto 4 delle Linee Guida sul rapporto tra PP.AA. ed Enti del Terzo Settore del 31/03/2021, ovvero che le convenzioni costituiscono una delle forme tipiche nelle quali gli ETS possono concludere accordi di collaborazione con la PA. In particolare il Dlgs 117/2017 - e le Linee Guida sopra richiamate - recepiscono quanto sancito dalla giurisprudenza europea che si era concentrata sul principio della gratuità e del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate in materia di convenzioni (vedi art. 56, comma 2, D.Lgs 117/2017). Tuttavia, qualora l’ETS intenda effettuare attività commerciale (non prevalente), che tali Enti possono svolgere in rapporto alla loro natura statutaria, questi è inquadrabile quale Operatore Economico e l’attività , configurandosi come servizio, sarà regolata da un rapporto contrattuale, sottostante alla disciplina del Codice Contratti, D.Lgs 36/2023. Pur fondandosi il sistema convenzionale sul raggiungimento di una finalità sociale e/o solidaristica senza scopo di lucro, l'individuazione dei soggetti con cui stipulare la convenzione da parte della PA deve essere fatta, ai sensi dell’art. 56, comma 3, del Codice Terzo Settore, nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento mediante procedure comparative riservate. Lo stesso art. 56, introduce inoltre una locuzione, inserita su richiesta del Consiglio di Stato, che impone in capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di verificare che il ricorso alle convenzioni (a titolo gratuito con solo rimborso spese effettive e documentate) risulti "più favorevole rispetto al ricorso al mercato"; le linee guida del Ministero del Lavoro leggono tale locuzione nel senso che le PP.AA. non si debbano limitare ad una mera valutazione economica di riduzione dei costi gravanti sulla finanza pubblica, bensì di verificare l'effettiva capacità delle convenzioni di conseguire quegli obiettivi di solidarietà, accessibilità e universalità cui il Terzo Settore deve essere ispirato. Dalla lettura combinata delle diverse e complesse fonti normative si evince, a parere dello scrivente, che un ETS, avvalendosi delle prestazioni (non onerose) dei propri professionisti associati/volontari, può svolgere attività istituzionale di interesse generale in favore della Scuola, attraverso la stipula di apposita convenzione a titolo gratuito (preceduta da necessario avviso aperto) che statuisce il rapporto di sussidiarietà pubblico-privato (e non in regime di scambio di tipo commerciale). Ove previsto dallo statuto, l’ETS può tuttavia anche svolgere attività di tipo commerciale in favore della Scuola, instaurando un rapporto di tipo contrattuale, in base alle procedure previste dal D.Lgs. 36/2023. In via generale, quando le ETS svolgono una prestazione gratuita per la scuola o, a fronte di essa, richiedono il rimborso delle sole spese documentate (e non forfettarie), la scuola può stipulare una convenzione (vedi Titolo VII del D.Lgs 117/2017) e in questo caso siamo fuori dal campo di applicazione del codice degli appalti, come indicato all’ art. 6 del D.Lgs 36/2023. E' necessario comunque, in sede di stipula della convenzione, acquisire la seguente documentazione: - Statuto e atto costitutivo dell’Associazione - Documento di identità legale rappresentante dell’ETS - dichiarazione regime fiscale adottato, - iscrizione al RUNTS da almeno sei mesi, DURC o dichiarazione di esenzione - Elenco nominativo dei professionisti coinvolti con relativi curricula. Qualora invece trattasi di un servizio a titolo oneroso (dove è prevista una remunerazione, un compenso o corrispettivo per l’Ente), detta prestazione si configura come un contratto di appalto di servizi, sottoposto alla disciplina del codice appalti con conseguente obbligo di acquisizione del CIG (AD5 o AD3, in base al valore del contratto) e i correlati obblighi inerenti la tracciabilità. In tale ipotesi l'Ente, deve essere in possesso di tutti i requisiti di carattere generale di cui agli artt. 94, 95 del D.Lgs. 36/2023, deve presentare la documentazione richiesta ad un operatore economico/soggetto giuridico di diritto privato e deve essere titolare di partita IVA (poiché svolge, anche se non in via prevalente, un'attività commerciale) per l’emissione della fattura elettronica inerente il servizio svolto in favore della Stazione Appaltante/Scuola. Dalla lettura del quesito, è ipotizzabile che il caso in trattazione possa rientrare nel regime convenzionato di sussidiarietà pubblico- privato (che ne specifichi le modalità, il numero di incontri, il personale coinvolto e il rimborso spese concordato), purché, si ricorda, il rimorso richiesto si basi su spese effettivamente sostenute e documentate (cioè limitato a costi sostenuti: materiali, spostamenti, assicurazione, ecc.) e non vada a compensare le prestazioni professionali degli associati che, in quanto tali, non possono essere remunerati per le attività svolte per conto dell’Associazione cui appartengono. Infatti, se il “rimborso” copre di fatto le prestazioni professionali (es. attività psicologica a titolo oneroso), non può essere trattato come rimborso spese, ma deve essere inquadrato come prestazione di servizi - con regolare emissione di fattura soggetta a IVA - rientrando nell’ambito di applicazione del Codice Contratti. Occorre poi rammentare che, anche nel caso di regime convenzionato, è necessario generare un CIG ai soli fini della tracciabilità, come previsto dalla Delibera ANAC n. 585 del 19 dicembre 2023 (vedi anche FAQ ANAC B4 - Digitalizzazione dei contratti pubblici). Detto CIG, secondo quanto indicato dall’ANAC nei Comunicati del 18/12/2024 e del 18/06/2025, è acquisibile, in via definitiva, mediante la PCP attraverso l’utilizzo della scheda P5 (Fattispecie tracciabilità: istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del terzo settore ed altri contratti e convenzioni per servizi sociali e socio sanitati interamente sottratti all’applicazione del codice dei contratti pubblici). Si aggiunge inoltre che, in attuazione della Legge n. 96 del 6/08/2013 (Direttiva 2011/93/UE), è stato emanato il D.Lgs. 39 del 4/03/2014, relativo alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. L’art. 2, in particolare, ha modificato il D.P.R. 14/11/2002 n. 313 inserendo l’art. 25-bis (“Certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro”) che così dispone: “1. Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori. 2. Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di cui all’articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre, n. 313, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00.” Pertanto, come anche indicato nelle note di chiarimento emanate nell’aprile 2014 dall’ufficio legislativo del Ministero di Grazia e Giustizia, la Scuola, quale Pubblica Amministrazione, è tenuta anche ad acquisire dagli esperti la dichiarazione sostitutiva di certificazione circa l’assenza di condanne per i reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero dell’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori. Una volta acquisita la citata dichiarazione l’Istituto dovrà procedere alla richiesta del certificato al Casellario giudiziale Occorre tuttavia aggiungere alcune precisazioni e distinzioni. In caso di eventi ove gli esperti partecipano a titolo gratuito, non è obbligatorio l’acquisizione del certificato “antipedofilia”, fermo restando che se trattasi di attività svolte con minori è comunque opportuno acquisirlo. Precisiamo meglio: se si tratta, ad esempio, di un convegno o di un corso ove gli esperti partecipano, ma non sono a contatto esclusivo con alunni, non è necessaria la suddetta acquisizione. La dichiarazione/certificato dovrà essere acquisita allorché (indipendentemente dalla gratuità o meno della prestazione) l'esperto svolga attività a contatto con minori. Concludendo, riteniamo che la scuola possa pagare l’associazione - e non i singoli professionisti - purché siano rispettati i requisiti formali e sostanziali sopra indicati. Ricordiamo infine quanto detto in premessa: la possibilità di avvalersi di Enti e Associazioni non esonera l’Istituto dall’emanare, preventivamente, appositi avvisi rivolti al personale interno.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
La sospensione delle lezioni, utilizzando il dispositivo della delibera regionale riguardo al calendario scolastico 2025/26, è deliberata dal consiglio di istituto, previa consultazione del collegio dei docenti per l’esame di aspetti di ordine didattico. Alla luce di quanto sopra la procedura più coerente con la normativa degli organi collegiali della scuola è quella secondo cui la giunta esecutiva, cui competono poteri di iniziativa e di preparazione alle deliberazioni consiliari, elabori una proposta o alcune proposte da sottoporre al consiglio di istituto, previo esame in collegio dei docenti per gli aspetti di cui sopra. Detto questo sotto il profilo procedurale, veniamo all’esame della proposta votata in collegio dei docenti, con l’opposizione – stando alla descrizione del quesito - dei docenti della scuola primaria a tempo pieno in quanto, ugualmente ai loro alunni, privati della possibilità di fruire di un giorno di vacanza in diversamente dai colleghi del tempo normale della primaria e della secondaria. Di per sé nella delibera collegiale, che si presume motivata (es. prevedere la sospensione in un giorno in cui molti genitori sono liberi da impegni lavorativi e quindi senza problemi per la vigilanza del/la figlio/a), non si riscontrano elementi di illegittimità. In ogni caso, a questo punto, se si vuole cercare di ricomporre la contrapposizione, a parere dello scrivente si possono seguire due strade. 1) Se si vuole dare applicazione alla delibera collegiale e, al tempo stesso, per ragioni di parità di trattamento consentire agli alunni (e docenti) della primaria a tempo pieno di poter fruire anch’essi del giorno di vacanza, dopo una indagine conoscitiva relativa alla percentuale di famiglie che hanno un/una figlio/a alla primaria a tempo pieno e altri figli nella primaria a tempo normale o nella secondaria di istituto, si potrebbe, in caso di basso numero di tali famiglie al fine di non creare loro problemi per la custodia dei figli, proporre per le classi a tempo pieno di fruire della sospensione delle lezioni in una giornata diversa dal sabato. Opportunamente sfruttando le possibilità di cui al successivo punto 2. La proposta potrebbe/dovrebbe essere avanzata dalla giunta e quindi portata all’esame del collegio plenario per le valutazioni del caso. 2) In subordine, la giunta stessa potrebbe avanzare o riproporre al collegio l’opportunità di scegliere come giorno di vacanza una data che ne consenta la fruizione anche agli alunni e docenti della primaria a tempo pieno. Il calendario scolastico della Sardegna presenta diverse opportunità; a puro titolo di esempio, il lunedì che precede il martedì grasso (vacanza stabilita dalla regione) o, ancora, lunedì 27 aprile (giorno antecedente a altra festività stabilita dal calendario regionale). In questo modo si favorirebbero i cd, "ponti" Questa soluzione avrebbe il difetto di disporre il giorno di sospensione in una giornata lavorativa, con conseguenti problemi per i genitori che lavorano; tuttavia è largamente seguita nelle regioni il cui calendario scolastico assegna, appunto, alle scuole la possibilità (non l’obbligo) di sospendere per uno o più giorni le lezioni o di “adattare” con riferimento all’art. 5 del DPR 275/1999 il calendario regionale.
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
In data odierna ho risposto ad una pec di un genitore che mi chiedeva spiegazioni circa (...problema di sicurezza della scuola...)...
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Data di pubblicazione: 27/10/2025
La sicurezza nei PCTO (oggi formazione scuola lavoro) rappresenta una reale priorità per le scuole e per l’intero sistema; le Linee Guida del 2019, adottate con DM 774, dedicano un intero capitolo alle misure di tutela della salute e sicurezza degli studenti frequentanti tali percorsi; a tali indicazioni ogni scuola deve conformarsi nella progettazione e nella predisposizione delle convenzioni con i soggetti esterni presso i quali tali percorsi si svolgono. Inoltre, il decreto-legge n. 48/2023 ha introdotto un pacchetto di misure mirate a rafforzare la sicurezza e l’efficacia dei percorsi, garantendo standard sempre più elevati. Tra le misure principali vi è l’obbligo per le imprese iscritte al Registro nazionale per l’alternanza di integrare il proprio Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) con una sezione specifica dedicata agli studenti in PCTO, contenente le misure di prevenzione adottate, i dispositivi di protezione individuale (DPI) previsti e le modalità per identificare chiaramente i giovani coinvolti. Il Registro dell’alternanza è stato potenziato e deve riportare le capacità strutturali, tecnologiche e formative delle imprese, oltre all’esperienza maturata in contesti scolastici. Sono strumenti concreti per permettere alle scuole di scegliere ambienti sicuri e adatti. Inoltre, la normativa equipara gli studenti a lavoratori ai fini della sicurezza. Questo comporta l’applicazione degli stessi standard in materia di formazione, protezione e prevenzione. È previsto un percorso formativo articolato su due livelli: la formazione generale preventiva di almeno 4 ore, obbligatoria per tutti gli studenti prima dell’avvio del PCTO e la formazione specifica, fornita all’ingresso nella struttura ospitante, con durata variabile a seconda del rischio, secondo i criteri stabiliti dall’Accordo Stato-Regioni del 2011. Per quanto concerne, in particolare, il DVR, la novella normativa (art. 17, comma 4 DL 48/2023) così recita: …… Le imprese iscritte nel registro nazionale per l'alternanza integrano il proprio documento di valutazione dei rischi con un'apposita sezione ove sono indicate le misure specifiche di prevenzione dei rischi e i dispositivi di protezione individuale da adottare per gli studenti nei percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento, nonché ogni altro segno distintivo utile a identificare gli studenti. L'integrazione al documento di valutazione dei rischi è fornita all'istituzione scolastica ed è allegata alla Convenzione……
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