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    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Indicazioni operative sulla stipula di contratti di supplenza ATA per assenze consecutive del titolare con diversa tipologia...
  • Gentile utente, il caso sottoposto rientra nelle proroghe delle supplenze di tutto il personale della scuola i corso d'anno in caso di assenza continuativa del titolare, interrotta solo dalle giornate del sabato e della domenica. La possibilità di proroga è indicata nella circolare annuale sulle supplenze n. 157048\2025 che nelle disposizioni comuni al personale docente ed ata precisa: "Ove al primo periodo di assenza del titolare ne consegua un altro, o più altri, senza soluzione di continuità o interrotto da giorno festivo, o da giorno libero, ovvero da entrambi, la supplenza temporanea, è prorogata nei riguardi del medesimo supplente già in servizio, a decorrere dal giorno successivo a quello di scadenza del precedente contratto. In base a quanto sopra nel caso sottoposto, nonostante la diversa tipologia di congedo, sussiste la continuità dell'assenza del titolare e quindi la supplenza può essere prorogata dal giorno successivo a quello di scadenza del primo contratto, cioè dal sabato che insieme alla domenica è riconosciuto giuridicamente ed economicamente , come disposto dalle norme.

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Una docente comunica il cambio di cognome a seguito di divorzio: quali adempimenti attuare?
  • L'art. 143-bis del codice civile consente alla moglie di aggiungere al proprio cognome quello del marito. Tale diritto cessa, tuttavia, all'atto dello scioglimento del matrimonio per divorzio, potendo essere mantenuto solo in caso di vedovanza e fino a eventuali nuove nozze. Secondo la massima n. 3454/2020 della Corte di cassazione, l'utilizzo del cognome del marito, dopo il divorzio, è del tutto eccezionale e deve essere autorizzato dal giudice di merito. Di regola, tuttavia, la donna coniugata mantiene, nei documenti, il cognome da nubile. Il Consiglio di Stato, nel parere n. 1746 del 10 novembre 1997, ha infatti specificato che "ai fini dell’identificazione della persona vale esclusivamente il cognome da nubile". Ciò non toglie che, nei casi in cui il matrimonio venga celebrato all'estero (come forse nel caso in questione), il cognome da nubile possa essere oggetto di modifica in osservanza delle leggi vigenti nel luogo della celebrazione. In particolare, ci risulta che in Romania gli sposi, all'atto del matrimonio, possano scegliere se mantenere i propri cognomi, adottare un cognome comune o un doppio cognome. Ad ogni modo, indipendentemente dalle cause che hanno comportato il cambio di cognome, l'istituzione scolastica è tenuta ai seguenti adempimenti: - in primo luogo, il lavoratore deve provare l'intervenuta variazione anagrafica. La presentazione della carta di identità e del codice fiscale aggiornati, in proposito, appare sufficiente a comprovare la nuova identità assunta; - occorre procedere all'aggiornamento dei dati interni alla scuola, modificando i dati personali sul programma gestionale di segreteria; - è necessario procedere a tale aggiornamento anche al SIDI, accedendo alla funzione "Personale scuola --> Variazione dati anagrafici". È possibile che tale modifica sia inibita all'istituzione scolastica; in tal caso, è necessario richiedere l'intervento dell'USP; - in ogni caso, l'USP va informato dell'intervenuta variazione anagrafica, anche se la scuola ha provveduto autonomamente alla modifica al SIDI; - la variazione deve essere comunicata anche alla RTS competente per territorio, per l'aggiornamento dei dati stipendiali. Sebbene i flussi contributivi siano effettuati dalla RTS, si consiglia di notificare la variazione anche all'INPS, in modo che i contributi relativi alla precedente identità anagrafica siano fatti confluire nella nuova. Non appare, invece, necessaria una comunicazione all'INAIL, dal momento che le istituzioni scolastiche sono assicurate "per conto Stato" e non sono, pertanto, titolari di una propria posizione assicurativa presso tale istituto. Analogamente, appare inutile una comunicazione all'Agenzia delle entrate, dal momento che all'atto della rettifica del codice fiscale tale Agenzia ha certamente registrato la variazione intervenuta.

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Delibere del CdI: vanno pubblicate sia all'albo on line che in amministrazione trasparente?
  • Preliminarmente è fondamentale focalizzare che la pubblicità legale e l’amministrazione trasparente rappresentano due strumenti dell’amministrazione (digitale) profondamente diversi tra loro che sottendono finalità del tutto disgiunte e complementari. La pubblicità legale (che si concretizza attraverso l’albo online) è presente, nel nostro ordinamento giuridico, affinché specifici atti, fatti e documenti, dai quali possono nascere diritti, doveri, aspettative o interessi legittimi di soggetti terzi, siano diffusi ad una pluralità indistinta di soggetti potenzialmente interessati, al fine di divenire efficaci e dispiegare i loro effetti giuridici. Altresì, sono pubblicati all’albo online tutti i documenti previsti dall’ordinamento e da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. L’amministrazione trasparente, invece, riguarda tutta una serie di informazioni che la PA diffonde, mediante una specifica ed apposita sezione incardinata nel proprio sito web istituzionale, al fine di elevare la conoscibilità (e quindi la trasparenza) dell’attività amministrativa. Tanto premesso, la questione è regolata dall’art. 43 del D. Lgs. n 297/1994 e dalla Circolare Ministeriale 105/1975, nonché da quanto disposto, in linea generale, dal Codice dell’Amministrazione Digitale e dalle linee guida AgID sulla pubblicità legale dei documenti delle pubbliche amministrazioni, nonché dalla Legge 241/1990 in materia di procedimento amministrativo e dall’art. 32 della Legge 69/2009 che ha imposto agli enti pubblici di pubblicare sui propri siti istituzionali (mediante il cosiddetto albo online) gli atti e i provvedimenti amministrativi. La pubblicità legale di un documento attraverso l’albo online può avvenire in forma integrale, mediante avviso, oppure per estratto o “con omissis”, come nel caso in questione delle delibere del consiglio d’istituto, limitatamente al periodo di pubblicazione ordinario previsto dall’ordinamento di quindici giorni interi e consecutivi, salvo termini diversi previsti da norme speciali. Per i propri documenti e con provvedimento espresso, le amministrazioni pubbliche possono stabilire periodi più brevi fino a cinque giorni o periodi più lunghi fino a sessanta giorni. Nello specifico, il richiamato art. 43 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione (D. Lgs. 297/1994), prescrive che «gli atti del consiglio di circolo o di istituto sono pubblicati in apposito albo della scuola» e che «non sono soggetti a pubblicazione all'albo gli atti concernenti singole persone, salvo contraria richiesta dell'interessato». Anche la richiamata CM 105/1975 ribadisce che la pubblicità degli atti del consiglio di circolo o di istituto ha per oggetto solo il testo delle deliberazioni adottate, sottolineando che “non sono soggetti a pubblicazione gli atti e le deliberazioni concernenti singole persone, salvo contraria richiesta dell'interessato”. In definitiva, ciò che è oggetto di pubblicità legale mediante affissione all’albo online, è la sola parte dispositiva (delibera) della decisione assunta dal consiglio d’istituto, a meno di casi particolari e su richiesta. Nessun obbligo di pubblicazione sistematica per le delibere del consiglio d’istituto, invece, è previsto dal d. lgs. 33/2013 e ss. mm. e ii. che regola l’amministrazione trasparente.

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Un parere sulla compatibilità tra il rapporto di lavoro full time (25 ore) di una docente dell’infanzia e un'attività sportiva di cococo (15 ore)...
  • In considerazione della vasta documentazione disponibile in banca dati sulla disciplina delle incompatibilità, il presente riscontro è limitato all'analisi della fattispecie concreta. Il decreto legislativo n. 120 del 29 agosto 2023 ha novellato la disciplina del lavoro sportivo, intervenendo anche sulla questione della compatibilità dei dipendenti pubblici. Il suddetto Decreto ha modificato l’art. 25 del D.lgs. n. 36 del 28/02/2021 che al comma 1 definisce la figura di lavoratore sportivo nei seguenti termini: “ È lavoratore sportivo l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo a favore di un soggetto dell'ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e salute S.p.a. o di altro soggetto tesserato. È lavoratore sportivo ogni altro tesserato, ai sensi dell'articolo 15, che svolge verso un corrispettivo a favore dei soggetti di cui al primo periodo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale. Non sono lavoratori sportivi coloro che forniscono prestazioni nell'ambito di una professione la cui abilitazione professionale è rilasciata al di fuori dell'ordinamento sportivo e per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali.” Inoltre, al comma 6 del medesimo articolo viene disposto quanto segue: “ I lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono prestare in qualità di volontari la propria attività nell'ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche, delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate, delle associazioni benemerite e degli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, e direttamente dalle proprie affiliate se così previsto dai rispettivi organismi affilianti, del CONI, del CIP e della società Sport e salute S.p.a., fuori dall'orario di lavoro, fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. In tali casi a essi si applica il regime previsto per le prestazioni sportive dei volontari di cui all'articolo 29, comma 2. Qualora l'attività dei soggetti di cui al presente comma rientri nell'ambito del lavoro sportivo ai sensi del presente decreto e preveda il versamento di un corrispettivo superiore all'importo complessivo di euro 5.000 annui, la stessa può essere svolta solo previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza che la rilascia o la rigetta entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, sulla base di parametri definiti con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con l'Autorità politica delegata in materia di sport, sentiti il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'istruzione e del merito e il Ministro dell'università e delle ricerca. Se, decorso il termine di cui al terzo periodo, non interviene il rilascio dell'autorizzazione o il rigetto dell'istanza, l'autorizzazione è da ritenersi in ogni caso accordata. In tal caso si applica il regime previsto per le prestazioni sportive di cui all'articolo 35, commi 2, 8-bis e 8-ter e all'articolo 36, comma 6. I soggetti di cui al presente comma, che prestano la loro attività in qualità di volontari o di lavoratori sportivi, possono inoltre ricevere i premi erogati dal CONI, dal CIP e dagli altri soggetti ai quali forniscono proprie prestazioni sportive, ai sensi dell'articolo 36, comma 6-quater. Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato quando espleta la propria attività sportiva istituzionale, e ad atleti, tecnici, direttori di gara e dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai corpi ((, armati e no, dello Stato,)) ai quali, indipendentemente dall'inquadramento, se riconosciuti di interesse nazionale od olimpico o paralimpico da parte del CONI, del CIP, delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate, anche paralimpiche, o sotto la loro egida, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394 e ((agli articoli 24 e 57)) del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, nonché all'articolo 6 della legge 10 agosto 2000, n. 246”. Il Decreto 10 novembre 2023 ha stabilito i parametri per il rilascio delle autorizzazioni allo svolgimento di attività di lavoro sportivo retribuita al personale delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. L’art. 2 del citato decreto afferma: “1. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 1, le amministrazioni titolari del rapporto di lavoro devono autorizzare lo svolgimento dell’attività di lavoro sportivo al verificarsi delle seguenti condizioni: a) assenza di cause di incompatibilità di diritto, che possano ostacolare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente. La valutazione deve essere effettuata tenendo presente la qualifica del dipendente, la posizione professionale e le attività assegnate; b) l’insussistenza di conflitto di interessi in relazione all’attività lavorativa svolta nell'ambito dell'amministrazione; 2. L’attività di lavoro sportivo autorizzata deve essere svolta al di fuori dell'orario di lavoro e non deve pregiudicare il regolare svolgimento del servizio né intaccare l'indipendenza del lavoratore, esponendo l'amministrazione al rischio di comportamenti che non siano funzionali al perseguimento dei canoni di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. 3. Resta fermo che l’attività autorizzata, in relazione al tempo di svolgimento e alla durata della prestazione di lavoro sportivo, non deve pregiudicare il regolare svolgimento delle attività dell'ufficio cui il dipendente è assegnato. A tal fine, in relazione ai dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, le amministrazioni verificano, ai fini dell’autorizzazione, che la prestazione di lavoro sportivo non confligga con il regolare e ordinato svolgimento del servizio. 4. L'amministrazione, per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo pieno, verifica, altresì, che la prestazione di lavoro sportivo non rivesta carattere di prevalenza in relazione al tempo e alla durata. Si considera prevalente l’attività che impegna il dipendente per un tempo superiore al 50% dell’orario di lavoro settimanale stabilito dal contratto collettivo nazionale di riferimento. 5. Le condizioni previste per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, lettera a) e b), devono sussistere congiuntamente e permanere per tutta la durata di svolgimento dell’attività di lavoro sportivo da parte del dipendente.” Nel caso in esame, si rappresenta quanto segue: 1. La docente è titolare di un rapporto di lavoro a tempo pieno (scuola dell’infanzia - 25 ore settimanali ai sensi dell’art. 43, comma 5 CCNL 19/21). 2. Si rende necessario un preliminare accertamento in merito alla natura dell'attività secondaria. In particolare, è fondamentale verificare se l'incarico di allenatrice sia svolto a favore di un soggetto dell'ordinamento sportivo italiano iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche ovvero a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e Salute S.p.a. o di altro soggetto tesserato. 3. L’impegno orario del lavoro svolto in qualità di allenatrice è pari a 15 ore settimanali. 4. Come correttamente precisato nel quesito, l’art. 2 comma 4 del decreto 10 novembre 2023 prescrive che l’attività “sportiva” non sia superiore al 50% dell'orario di lavoro settimanale stabilito dal CCNL (scuola dell’infanzia - 25 ore settimanali; 50%=12,5). L’attività come allenatrice (15 ore settimanali) è dunque superiore al 50% dell'orario di lavoro settimanale stabilito dal CCNL. 5. Dalla formulazione del quesito, si deduce che l'incarico in oggetto non rientri nel regime dilettantistico o volontaristico, bensì debba essere inquadrato come attività professionale retribuita. Tale attività è presumibilmente connotata dai caratteri di abitualità, sistematicità, continuità e non occasionalità. Tuttavia, si rileva che l'art. articolo 3, comma 1, lettera a), del D.L. 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2024, n. 106, ha aggiunto la lettera f-ter) al comma 6 dell'art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001 ai sensi della quale per le prestazioni di lavoro sportivo, fino all'importo complessivo di 5.000 euro annui, non è necessaria l'autorizzazione preventiva ma è sufficiente la comunicazione preventiva. Pertanto, nel caso di specie, se trattasi di attività di lavoro sportivo con un compenso fino a 5000 euro all’anno la docente non è tenuta a chiedere l’autorizzazione preventiva ma è sufficiente che invii una mera comunicazione preventiva. Ciò significa che, fino alla sussistenza delle condizioni di cui alla citata lett. fter, l’attività può essere svolta senza l’autorizzazione. D’altra parte il novellato comma 6 sopra citato prevede che “qualora l'attività dei soggetti di cui al presente comma rientri nell'ambito del lavoro sportivo ai sensi del presente decreto e preveda il versamento di un corrispettivo SUPERIORE ALL'IMPORTO COMPLESSIVO DI EURO 5.000 ANNUI, la stessa può essere svolta solo previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza che la rilascia o la rigetta entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta”.

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Congedo parentale e successive assenze per un dipendente in part-time: indicazioni sul conteggio dei giorni non lavorativi...
  • Assistente amministrativo in regime di part time verticale 18 ore settimanali giorni di lavoro lunedì, martedì, mercoledì. Richiesta di congedo parentale...

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Credito scolastico e voto di comportamento: un vostro parere su come vorremmo formulare il criterio generale nella nostra scuola...
  • Con riguardo all'interpretazione dell'art. 1, comma 2-bis, l. 150/2024, si chiede se sia corretto formulare il criterio di assegnazione del credito scolastico...

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • Un parere sulla possibilità di conferire ore eccedenti A-041 a un docente non abilitato nella relativa classe di concorso...
  • Gentile utente, per l'insegnamento della classe di concorso A041 il titolo di studio valido è il diploma di laurea , sia di vecchio che di nuovo ordinamento specialistica o magistrale e non il diploma di scuola secondaria d II grado, che è invece titolo per l'insegnamento della classe B016. Le ore eccedenti che possono essere assegnate al personale interno fino a 6 ore di insegnamento sono ore autorizzate in organico che non contribuiscono a costituire cattedre o posti orario. La condizione per l'attribuzione di tali ore è però il possesso dell' abilitazione al relativo insegnamento o in mancanza d di abilitazione il possesso del titolo di studio valido per l'accesso alla classe di concorso, ai sensi dell'art. 2 comma 4 dell'O.M. 88\2024 che prevede: "Nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, in subordine a quanto previsto al comma 2, in applicazione dell’articolo 22, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il dirigente scolastico provvede alla copertura delle ore di insegnamento pari o inferiori a sei ore settimanali, che non concorrono a costituire cattedra, attribuendole, con il loro consenso, ai docenti in servizio nella scuola medesima, forniti di specifica abilitazione o specializzazione per l’insegnamento di cui trattasi, prioritariamente al personale con contratto a tempo determinato avente titolo al completamento di orario e, successivamente al personale con contratto ad orario completo - prima al personale con contratto a tempo indeterminato, poi al personale con contratto a tempo determinato - fino al limite di 24 ore settimanali come ore aggiuntive oltre l’orario d’obbligo. In subordine a tali attribuzioni, nei casi in cui rimangano ore che non sia stato possibile assegnare al personale in servizio nella scuola, i dirigenti scolastici provvedono all’assunzione di nuovi supplenti utilizzando le graduatorie di istituto." Nel caso sottoposto pertanto le ore eccedenti non possono essere attribuite al docente della classe B016 che non ha il titolo valido per l'accesso all'insegnamento.

    Data di pubblicazione: 18/11/2025

  • ll DS può assegnare l'insegnante di sostegno ad un alunno con certificazione di disabilità anche se non è stato ancora formalmente inserito nel sistema?
  • Il Dirigente Scolastico (DS) deve e può assegnare l'insegnante di sostegno all'alunno con certificazione di disabilità, anche se l'alunno non è stato ancora formalmente inserito nel sistema SIDI/Anagrafe studenti con disabilità per la richiesta delle ore. Il principio fondamentale è garantire il diritto all'inclusione scolastica dell'alunno con disabilità, come stabilito dalla Legge 104/92 e successive integrazioni. Una volta che la certificazione di disabilità emessa dall’INPS e la successiva Diagnosi Funzionale/Profilo di Funzionamento sono state consegnate e acquisite dalla scuola, l'alunno è ufficialmente riconosciuto come studente con disabilità certificata e ha diritto all’assegnazione del docente di sostegno e dell’eventuale assistente alla comunicazione o all’autonomia. Il DS è il responsabile dell'organizzazione didattica e del servizio e ha il potere di disporre l'assegnazione interna delle risorse umane (i docenti di sostegno già in organico o quelli in attesa di nomina per le cattedre già autorizzate) per coprire le esigenze immediate. È consigliabile che il Dirigente Scolastico disponga immediatamente l'assegnazione di un docente di sostegno (già in servizio sulla scuola) all'alunno, anche con un atto interno come una determinazione dello stesso dirigente che attesta l'acquisizione della documentazione e l'avvio del supporto anche se per poche ore in attesa dei posti in deroga se previsti. Con questo atto garantisce l'avvio dell'attività didattica inclusiva e la presa in carico dell'alunno in attesa della formalizzazione burocratica. La tardiva certificazione richiede una procedura per l'eventuale richiesta di ore aggiuntive (in deroga) all'UST (Ufficio Scolastico Territoriale) nel caso l'organico già assegnato alla scuola non sia sufficiente per coprire il bisogno del nuovo alunno. L'inserimento dell'alunno certificato nel sistema SIDI (Anagrafe Nazionale Studenti) con i dati relativi alla disabilità è un passaggio amministrativo obbligatorio. L'intervento didattico curricolare deve partire immediatamente con la convocazione di un GLOI (Gruppo di Lavoro Operativo per l'inclusione del singolo studente). L'inserimento nel sistema SIDI e la richiesta formale di ore sono invece gli adempimenti burocratici che seguono l'acquisizione della certificazione e che consentono l'eventuale ampliamento dell'organico. La convocazione del GLO è necessaria per iniziare la stesura del PEI (Piano Educativo Individualizzato) provvisorio e redigere la sez. 12 del modello. L'articolo che regola la quantificazione e l'autorizzazione dei posti di sostegno in deroga è l'attuale Art. 3-bis del D.Lgs. n. 66/2017. Tale articolo è stato introdotto nel D.Lgs. 66/2017 dal D.Lgs. n. 62/2024 come parte delle disposizioni correttive in materia di disabilità, stabilendo che le ore in deroga sono autorizzate solo in presenza di un Profilo di Funzionamento o di diagnosi funzionale che attesti la necessità di un "sostegno intensivo" (situazione che si correla alla "gravità" ai sensi dell'Art. 3, comma 3 della Legge 104/1992, come anch'esso modificato).

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Attività di programmazione e permessi brevi: sono da considerare ore di servizio effettivo?
  • Si ritiene che un'assenza che copra solo parte dell’orario di servizio del docente debba essere riguardata alla stregua di un permesso breve con conseguente applicazione del disposto dall'articolo 16 del CCNL comparto scuola del 2007. Il che significa, da un punto di vista della giustificazione, che il lavoratore può limitarsi ad addurre una “esigenza personale”, senza che vi sia necessità né di autocertificarla né tantomeno di documentare la presenza in studio in un determinato orario. Un simile regime di favore – rispetto a quello dei permessi per motivi personali o familiari di cui al c. 2 dell’art. 15 del CCNL del comparto scuola 2007 – trova del resto fondamento nella necessità di recupero delle ore non prestate da parte del lavoratore, a pena di trattenuta stipendiale. Tuttavia, l’ipotesi disciplinata dal citato art. 16 è tarata, per il personale docente, sui permessi fruiti durante l’orario di insegnamento. Rispetto a questi, nel caso di permessi fruiti durante lo svolgimento di attività funzionali o, come nel caso di specie, durante la programmazione, il problema non è attinente alla verifica di “compatibilità” del permesso con le esigenze di servizio: solo nelle riunioni degli organi collegiali che richiedono il collegio perfetto, il permesso breve è incompatibile – sotto il profilo formale – con l’attività dell’organo. Il problema è che al docente che ne fruisce deve essere richiesto dal dirigente, entro due mesi dalla fruizione del permesso, il corrispondente recupero al fine di evitare la decurtazione stipendiale prevista. La criticità risiede, in altri termini, proprio nelle modalità di recupero. Esso, anche alla luce dell’orientamento applicativo ARAN 22 marzo 2022 CIRS97, non può avvenire in attività di insegnamento ma solo in attività funzionali, data la infungibilità tra le due. In altri termini, delle ore di permesso fruite in occasione di una seduta di un organo collegiale o di una riunione di programmazione non può essere chiesto il recupero in corrispondenti ore di insegnamento. Come noto, tuttavia, le attività funzionali sono programmate prima dell’avvio dell’anno scolastico e per l’intera durata dello stesso. Trovare margine per un simile recupero risulta comunque assai difficoltoso. Le ore di programmazione, peraltro, devono necessariamente svolgersi nell’ambito di “incontri collegiali dei docenti interessati” (cfr. art. 43, c. 5, CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021). Si consiglia comunque, in quest’ultimo caso, di offrire la possibilità di recupero delle ore di attività funzionali al docente, anche al di fuori di incontri collegiali, al fine di evitare la decurtazione stipendiale prevista in caso di mancato recupero entro i due mesi successivi al permesso. In altri termini, la programmazione sarà svolta dal docente al di fuori del proprio orario di insegnamento e documentata attraverso le apposite funzionalità del registro elettronico.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Congedo per donne vittime di violenza e anno di prova: giorni utili o esclusi dal computo dei 180?
  • I periodi di congedo per donne vittime di violenza per una docente neoimmessa in periodo di prova vanno esclusi dal computo dei 180 giorni...

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Individuazione del tutor per docente neo immesso in ruolo di Violino: compatibilità con docenti di altre classi di concorso strumentali...
  • Il docente neoassunto a tempo indeterminato è tenuto a svolgere il periodo di formazione e prova che implica attività formative, inclusi incontri in presenza, laboratori formativi, attività di peer to peer e formazione on-line. Per tale percorso, il ruolo del docente tutor è determinante. In base all’art. 12 del D.M. n. 226/2022, questi, designato dal dirigente scolastico acquisito il parere del collegio dei docenti, ha il compito principale di affiancare il docente neoassunto, fornendo collaborazione e supervisione professionale, accogliendolo nella comunità professionale e favorendo la partecipazione alla vita collegiale. Il tutor svolge anche un'istruttoria da presentare al comitato di valutazione. Per quanto riguarda i criteri di individuazione del docente tutor, il citato art. 12, al comma 2, indica una chiara priorità, in particolare per la scuola secondaria: “Il docente tutor appartiene, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, alla medesima classe di concorso dei docenti in periodo di prova a lui affidati, ovvero è in possesso della relativa abilitazione. In caso di motivata impossibilità, si procede alla designazione per classe affine ovvero per area disciplinare.” Alla luce dei criteri stabiliti per la designazione del tutor, data l’assenza di docenti a tempo indeterminato della medesima classe di concorso del neoimmesso: - va innanzitutto indagata l’eventuale presenza, nell’istituto, di docenti in possesso della abilitazione per la classe di concorso AM56; - in caso di motivata impossibilità di ricorrere a docenti in possesso della relativa abilitazione, come detto, bisogna individuare il tutor tra chi appartiene a una classe affine o a una medesima area disciplinare. Nel caso di specie, è evidente che sia il docente che insegna chitarra che quello che impartisce l’insegnamento del violoncello appartengano alla medesima area disciplinare del neoimmesso. Né la normativa vigente in materia di accesso all’insegnamento dello strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado fornisce indicazioni ulteriori per poter preferire l’uno o l’altro in sede di conferimento dell’incarico. Si suggerisce dunque di scegliere il tutor tra di essi sulla base dei criteri prioritari declinati nel comma 3 dell’art. 12 del D.M. n. 226/2022, secondo cui: “Sono criteri prioritari per la designazione dei docenti tutor il possesso di uno o più tra i titoli previsti per la designazione dei docenti tutor per i percorsi di abilitazione previsti dalla normativa vigente e il possesso di adeguate competenze culturali, comprovate esperienze didattiche, attitudine a svolgere funzioni di tutoraggio, counseling, supervisione professionale.” Il riferimento è alla tabella 2 dell’allegato A del D.I. 28/12/2023 secondo cui: “Possono concorrere all'incarico di tutor coordinatore i docenti in servizio a tempo indeterminato al momento della presentazione della domanda, che siano in possesso dei seguenti requisiti: A.2.1. essere docente a tempo indeterminato nella specifica classe di concorso, prioritariamente con almeno cinque anni di servizio a tempo indeterminato di cui almeno tre di insegnamento effettivo nella classe di abilitazione di riferimento negli ultimi dieci anni; A.2.2. Avere svolto attività documentata in almeno tre dei seguenti ambiti: a) esercizio della funzione di supervisore del tirocinio nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria, nelle scuole di specializzazione all'insegnamento superiore e nei percorsi di cui ai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 ottobre 2004, n. 82 , e 28 settembre 2007, n. 137 , ovvero di tutor organizzatore o coordinatore nei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria o dei percorsi di tirocinio formativo attivo di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 , o di coordinamento dei di tutor dei docenti neoimmessi in ruolo (punti 6); b) insegnamento ovvero conduzione di gruppi di insegnanti in attività di formazione in servizio nell'ambito di offerte formative condotte da soggetti accreditati dal Ministero dell'istruzione e del merito e della durata di almeno dieci ore (punti 2); c) esercizio della funzione di docente accogliente nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria, nelle scuole di specializzazione all'insegnamento superiore e nei percorsi di cui ai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 ottobre 2004, n. 82 , e 28 settembre 2007, n. 137 , o di tutor dei tirocinanti per i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, i percorsi di tirocinio formativo attivo e di specializzazione sul sostegno di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 , nonché di tutor dei docenti neoimmessi in ruolo (punti 2); d) tutor o formatore in iniziative di formazione del personale docente organizzate dal MIUR/MI/MIM ovvero dall'Indire o dall'Invalsi (3 punti); e) insegnamento ovvero conduzione di laboratori didattici presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria, le scuole di specializzazione all'insegnamento superiore e i percorsi di cui ai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 ottobre 2004, n. 82, 28 settembre 2007, n. 137, e 10 settembre 2010, n. 249 (punti 6); f) partecipazione a gruppi di ricerca didattica gestiti dall'università o da enti pubblici di ricerca (punti 3); g) pubblicazioni di ricerca disciplinare ovvero didattico/metodologica, anche di natura trasversale alle discipline, ovvero sulla formazione docente (da punti 1 a punti 5); h) partecipazione a progetti di sperimentazione ai sensi degli articoli 277 e 278 del decreto legislativo n. 297/1994 (punti 2); i) titolo di dott. di ricerca in didattica (punti 6); j) attività di ricerca ovvero di insegnamento nelle università o nelle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica aventi come oggetto o in percorsi preposti alla formazione didattica e disciplinare degli insegnanti (punti 3); k) abilitazione scientifica nazionale a professore di I o II fascia (per ciascun titolo) (punti 6); l) direzione di corsi finalizzati alla formazione di tutor ovvero alla formazione e all'aggiornamento didattico svolti presso le università e le istituzioni AFAM (punti 6); m) avere seguito corsi di formazione per il personale scolastico all'estero nell'ambito di programmi comunitari (Long Life Learning Programme, Leonardo Da Vinci, Pestalozzi) e dell'insegnamento con metodo didattico Montessori (punti 6); n) incarico di collaboratore del dirigente scolastico in attività di supporto organizzativo all'istituzione scolastica, ai sensi dell'art. 25, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e ai sensi dell'art. 1, comma 83, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (punti 6); o) funzione strumentale, o incarico attribuito ai sensi dell'art. 1, comma 83, della legge 13 luglio 2015, n. 107, purché concernente la formazione docenti (punti 3).”

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Ricovero ospedaliero e malattia per grave patologia: chiarimenti su decorrenza del comporto, riduzioni stipendiali e documentazione richiesta...
  • In caso di assenza per grave patologia, l’art. 17, comma 9, del CCNL 2007 prevede che in caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia, di cui ai commi 1 e 8 del citato articolo 17 (che disciplinano, rispettivamente, il periodo massimo di comporto e la retribuzione spettante in caso di assenza per malattia), oltre ai giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital anche quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie; pertanto per i giorni anzidetti di assenza spetta l'intera retribuzione. Ciò premesso, allorché in sede di visita medica collegiale la Commissione Medica non pervenga al normale giudizio del riconoscimento dell’inidoneità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa non le è precluso il potere di esprimere giudizi più limitati, come ad esempio sulla durata dell’infermità (come per l’appunto è avvenuto nel caso di specie): in questi casi trattasi di malattia temporanea da cui scaturisce l’obbligo per il d.s. di collocare, con apposito provvedimento, il dipendente interessato in malattia di ufficio a meno che non trattasi di inidoneità relativa e il dipendente chieda di essere utilizzato in altri compiti. Tale periodo di assenza è valutato, quale assenza per malattia, sia ai fini della retribuzione che in merito al superamento del periodo di comporto ai sensi dell’art. 17 del CCNL 2007, non essendo stata prevista dal legislatore alcuna esclusione dal suddetto computo e dalla decurtazione della retribuzione, come invece ha fatto in altre occasioni (es. assenza per gravi patologie ai sensi dell’art. 17 comma 9 del CCNL 2007). Pertanto, il periodo in malattia d’ufficio si deve cumulare con le altre assenze per malattia (nel triennio precedente la visita medica collegiale) ai fini del calcolo della durata massima dell’assenza. Come già detto in precedenti risposte, le certificazioni di grave patologia presentate dal dipendente successivamente alla visita collegiale sono, a nostro avviso, irricevibili in quanto la scuola è obbligata a collocare d’ufficio il dipendente stesso in malattia quale atto dovuto a seguito del referto della Commissione Medica. Infatti, il presupposto giustificativo dell’assenza per malattia del dipendente è il verbale della visita medica collegiale; conseguentemente, una volta che lo stesso è già assente per malattia non avrebbero alcun valore i successivi certificati medici di grave patologia presentati. Ad ogni modo, si può ragionare in modo differente se il dipendente al momento della visita collegiale era già assente per grave patologia e quindi allo stato vi era (e vi è) un certificato di grave patologia. In definitiva, a nostro avviso, l’unica possibilità per imputare l’assenza a grave patologia è che dal certificato risulti che il dipendente si era sottoposto a terapie invalidanti prima del verbale della commissione; in questo caso la decorrenza degli effetti invalidanti delle terapie sono antecedenti ad un eventuale collocamento in malattia di ufficio e quindi l’assenza può essere imputata all’art. 17, comma 9, per tutto il periodo di prognosi presente nel certificato. Conclusivamente, la scuola deve verificare se al momento del giudizio della CMV il dipendente era già collocato in grave patologia con idonea certificazione secondo quanto sopra descritto. Nel caso di specie il dipendente ha prodotto solo in data 23/10/2025 (quando era già stato collocato in malattia d’ufficio a seguito del verbale della CMV) un certificato del MMG attestante la grave patologia per la quale effettua terapia salvavita per il suddetto periodo; ne consegue, a nostro avviso, che è corretto il collocamento in malattia d’ufficio e che la scuola non deve procedere all’annullamento del precedente decreto.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Passaggi burocratici per l'intitolazione dell'aula magna a una docente scomparsa in istituto con vincoli storico-artistici...
  • Sulla intitolazione delle scuole e delle aule il Ministero ha emanato la circolare n. 313 del 12/11/1980, che fa richiamo, a sua volta, a una disposizione legislativa risalente nel tempo (la legge 1188 del 23 giugno 1927). Secondo la procedura della circolare 313/1980 occorre in primo luogo la deliberazione del consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti. La delibera viene quindi trasmessa all’ufficio scolastico (all’epoca il Provveditorato agli Studi) che acquisisce le valutazioni del Prefetto e della Giunta comunale; si rileva, circa la casistica dedotta nel quesito, che ove sia richiesta la intitolazione a persona deceduta da meno di 10 anni, il Prefetto deve richiedere il parere anche al Ministero dell’Interno. Sempre secondo la predetta circolare, l’ufficio scolastico territoriale, in presenza del parere favorevole dei citati organi amministrativi, emana il decreto di intitolazione inviandolo alla scuola e al Ministero. Come riportato in altra risposta a quesito analogo, la circolare 313 è del 1980 ovvero in un momento di molto precedente il riconoscimento della autonomia alle istituzioni scolastiche e quindi alla attuale ripartizione e coordinamento di funzioni fra organi dell’amministrazione scolastica e istituzioni scolastiche diventate autonome. Su talune materie di applicazione non frequente, regolamentate per disposizioni risalenti nel tempo, non è intervenuta una disciplina di dettaglio per adeguarle alla nuova configurazione delle competenze e dei rapporti fra amministrazione e istituzioni scolastiche autonome. Così, in materia di intitolazione delle scuole o suoi locali , il passaggio di competenza alle istituzioni scolastiche autonome, circa la richiesta al Prefetto e alla Giunta comunale, non è stato esplicitamente riportato in normativa successiva; a nostro parere si desume per via interpretativa con il richiamo all’articolo 14 del DPR 275/1999, e in particolare al comma 1 laddove si rimette alla autonomia scolastica l’amministrazione e gestione del patrimonio. E’ pertanto un passaggio che, proprio per la mancata esplicitazione in disposizioni ministeriali (come anche per altre materie, peraltro), non viene conosciuto (o riconosciuto) da organi facenti capo ad altre amministrazioni le quali, pertanto, sulla base di disposizioni vecchie e ormai cristallizzate, continuano a rapportarsi con gli organi periferici della amministrazione scolastica. Questa d’altronde, per impulso autoconservativo, è ovviamente restia a “cedere” competenze la cui rimessione alle scuole non viene chiaramente indicata da normativa secondaria. Nel caso del quesito, l'istituto può procedere secondo la linea interpretativa fondata sulla competenza della scuola e trasmettere al Prefetto e alla Giunta comunale, per il successivo iter, la proposta corredata delle delibere del collegio e del consiglio di istituto. Ove poi il Prefetto e il Presidente della Giunta comunale eccepiscano di non poter procedere per difetto nella trasmissione (da parte della scuola e non dell’USR o sue articolazioni territoriali) , la scuola, al fine di pervenire alla soluzione della questione, potrà conformarsi strettamente alla procedura della C.M. 313/1980. Quanto alla particolare collocazione della scuola in una villa storica, saranno il prefetto e la giunta comunale a esprimere eventuali riserve e contrarietà.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Passaggio di indirizzo da Liceo Scientifico tradizionale a Liceo Scientifico: obbligo dell’esame integrativo e possibilità di cambiamento in corso d’anno...
  • Il recente D.L. 127/2025 contiene indicazioni flessibili per quanto concerne gli studenti frequentanti il primo biennio; rimangono, anzi trovano aggiornata base giuridica, le regole per i passaggi da un indirizzo all'altro del sistema nazionale di istruzione per le classi successive. A ciò si aggiunga che non vengono modificate le indicazioni del Testo unico sulla calendarizzazione delle sessioni di esame. A tal proposito, si riporta il testo del comma 3 dell'articolo 1 del DL 127/2025: ...... A decorrere dal terzo anno dei percorsi della scuola secondaria di secondo grado, gli studenti, all'esito dello scrutinio finale, possono richiedere l'iscrizione a una classe corrispondente di altro percorso, indirizzo, articolazione o opzione del medesimo grado di scuola, presso l'istituzione scolastica individuata per la prosecuzione degli studi, previo superamento di un esame integrativo. L'esame integrativo si svolge in un'unica sessione da concludersi prima dell'inizio delle lezioni.... Non si ritiene, pertanto, che alla studentessa possa essere consentito il passaggio in corso d'anno.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Validità ai fini di carriera del periodo di sospensione dal servizio con decurtazione stipendiale...
  • Riprendendo precedenti risposte, precisiamo preliminarmente che le sanzioni disciplinari di norma interrompono e ritardano la progressione della carriera quando questa è prevista, ovvero durante il servizio di ruolo. Tuttavia, poiché a tutt'oggi il personale assunto a tempo determinato non ha una progressione della carriera, le sanzioni comminate, allorché il dipendente era assunto a tempo determinato, non possono né interrompere né ritardare la carriera. La situazione descritta (provvedimento disciplinare con sospensione dal servizio per un periodo di 10 giorni nell’anno 2011) presenta quindi una criticità logica nell'elaborazione SIDI che merita un chiarimento sulla normativa applicata. L'Art. 494 del D.Lgs. 297/94 (Testo Unico) stabilisce che la sospensione dall'insegnamento e dalla retribuzione a seguito di provvedimento disciplinare. Il periodo di sospensione • Non è utile ai fini pensionistici, previdenziali e di carriera. • Comporta, durante il ruolo, il ritardo di uno o 2 anni “nell'attribuzione dell'aumento periodico dello stipendio”. • Non è utile ad ogni altro fine del rapporto di impiego (ferie, tredicesima). • La retribuzione è sospesa con diritto all’assegno alimentare al 50% ai sensi dell'Art. 500. Il principio cardine è che il periodo di sospensione disciplinare, essendo una sanzione, interrompe l'utilità del servizio. Pertanto, a mente delle disposizioni di cui al D.Lgs 297/1994, quei 10 giorni non dovrebbero essere computati nell'anzianità di servizio riconosciuta ai fini della ricostruzione di carriera. E infatti non vengono computati, ma, trattandosi di servizio a tempo determinato, in sede di riconoscimento dei servizi si applicano le disposizioni riguardanti il pre-ruolo Per quanto concerne l’inserimento dell’assenza, il codice SIDI utilizzato (SN01) è corretto. Tuttavia, come rilevato nel quesito, il SIDI, per il periodo in questione, non riduce l'anzianità del servizio riconosciuto, a differenza di un'assenza analoga durante il ruolo, dove, invece, viene slittata la progressione. Le ragioni sono le seguenti: • Nel servizio di Ruolo, in SIDI, un giorno di assenza non utile (come la sospensione da servizio, l’aspettativa per motivi personali non retribuita, ecc.) posticipa la maturazione dello scatto di anzianità • Nel servizio non di Ruolo il sistema SIDI invece riconosce il servizio basandosi sui giorni totali di servizio prestato nell'anno (la c.d. "annualità di servizio" di almeno 180 giorni) Il servizio pre-ruolo è pertanto riconosciuto, ai sensi della Legge 124/99 e dell’art. 485 del D.Lgs 297/1994 , se è stato prestato per almeno 180 giorni nell'anno scolastico o se il servizio è stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino agli scrutini. Pertanto, se il docente ha comunque raggiunto i 180 giorni di servizio effettivo nell'anno scolastico 2010/2011, nonostante i 10 giorni di sospensione, il SIDI considera l'intera annualità valida, ai fini del riconoscimento del servizio pre-ruolo, trattandosi di docente (presumibilmente) immesso in ruolo antecedentemente l’a.s. 2023/2024 (vedi modifiche all’art. 485 del D.Lgs 297/1994 operate dal DL 69/2023, convertito con L. 103/2023). Concludendo, riteniamo che la ragione per cui il SIDI non applica la riduzione del servizio a tempo determinato è legata al fatto che i 10 giorni di assenza non utile non hanno compromesso il raggiungimento della soglia minima dei 180 giorni necessari per il riconoscimento dell'intera annualità di servizio pre-ruolo.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Permessi L. 104 per docente adottato: possibilità di assistenza alla madre naturale in assenza dei genitori adottivi?
  • L’art. 33, comma 3 della legge 104/92 per quello che concerne i canonici tre giorni mensili stabilisce quanto segue. “Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un'unione civile ai sensi dell'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità. Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro”. Mentre per quello che concerne la condizione di figlio adottato in sintesi alcuni chiarimenti. L’ordinamento italiano, applicazione della legge 184 del 1983, prevede oggi quattro principali forme di adozione: - l’adozione piena o legittimante; - l’adozione internazionale; - l’adozione in casi particolari; - una disciplinata dal codice civile, agli artt. 291 e seguenti: l’adozione di persone maggiorenni. Ognuna di queste forme ha presupposti, finalità e conseguenze giuridiche differenti. L’adozione, comunque, si conclude con un atto del Tribunale, che viene poi trascritta nei registri dello stato civile. Gli effetti principali sono che l’adottato diventa a tutti gli effetti figlio degli adottanti, ne assume il cognome e cessano i rapporti legali con la famiglia di origine. In merito ai benefici previsti dalla legge 104/92 quindi i genitori “cosiddetti giuridici “hanno gli stessi diritti dei genitori naturali. Mentre, la madre biologica di un figlio adottato non può beneficiare della Legge 104 perché, con l'adozione, i legami giuridici con la famiglia d'origine si estinguono e i diritti-doveri si trasferiscono ai genitori adottivi. L’art. 33 indicato in premessa si riferisce espressamente ai familiari e al grado di parentela di cui agli artt. 76 e 78 del codice civile. La Corte di Cassazione, con la Sentenza 29/08/2024, n.23324, ha ricordato che la Corte costituzionale (sentenza n. 183 del 2023) ha precisato che l'articolo 27, comma 3, della legge n. 184 del 1983 non esclude che, nel caso in cui debba procedersi all'adozione piena, il giudice possa ravvisare un preminente interesse del minore a mantenere talune positive relazioni socio-affettive del minore con alcuni dei componenti della famiglia di origine. La cessazione dei rapporti con la famiglia biologica, prevista dalla norma, attiene, infatti, al solo piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d'origine realizzi l'interesse del minore. Simile presunzione non esclude che, sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa legge n. 184 del 1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità personale, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con alcuni componenti della famiglia d'origine realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da cagionare allo stesso un pregiudizio. La combinazione di indici astratti e di accertamenti di fatto consente, pertanto, al giudice di vincere la presunzione, sottesa all'articolo 27, comma 3, della legge n. 184 del 1983, che la cessazione delle relazioni socio-affettive, in conseguenza della rottura del legame giuridico-parentale, sia in concreto nell'interesse del minore. Quindi, si ritiene che nello specifico caso di cui al quesito, la domanda non può essere accettata. Il docente a nostro avviso non può richiedere i permessi per la madre naturale. Per una eventuale conferma si consiglia di leggere, eventualmente, l’atto di adozione.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Pagamento errato su NoiPA per gli esami di Stato: modalità di recupero della somma versata a un docente non in servizio...
  • Come detto in precedenti risposte, la questione del recupero degli indebiti pagamenti per compensi accessori (quali gli Esami di Stato), liquidati mediante Cedolino Unico/NoiPA, pone alle scuole alcune difficoltà in quanto è necessario acquisire una serie di informazioni che, oggettivamente, non sono di facile reperibilità. In riferimento al quesito posto, si premette che la più recente giurisprudenza amministrativa ha, da tempo, affermato la natura doverosa e non rinunciabile dell’azione di ripetizione di somme percepite e non dovute: “la percezione di emolumenti non dovuti da parte dei pubblici dipendenti impone all’Amministrazione l’esercizio del diritto-dovere di ripetere le relative somme ai sensi dell’art. 2033 c.c.; il recupero è atto dovuto, privo di valenza provvedimentale e costituisce il risultato di attività amministrativa, di verifica e di controllo …….. quindi necessariamente da recuperare e/o da trattenere in caso di accertata loro non debenza, a tutela proprio dell’erario e dell’utenza, in tempi ragionevoli con riguardo alla singola fattispecie". Anche la giurisprudenza della Corte dei Conti afferma che “in caso di indebita erogazione di denaro al pubblico dipendente, la buona fede di quest’ultimo non preclude la ripetizione degli emolumenti erroneamente corrisposti – attesa la sussistenza in capo all’Ente di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale”. (Corte dei Conti -Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione 15/06/2015, n. 125) Secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di indebito retributivo, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore ha effettivamente percepito in eccesso (somma netta) e non può pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. Diversamente, si avrebbe un aggravio ingiustificato per il lavoratore medesimo costretto a rifondere più di quanto concretamente percepito. (Cass., ordinanza n. 1963 del 23 gennaio 2023; Cassazione, sezione lavoro, sentenze 2 febbraio 2012, n. 1464 e 25 luglio 2018, n. 19735; TAR Toscana, sezione I, sentenza 22 giugno 2017, n. 858; n. 120/2015). Quindi, in linea con quanto sopra detto, si conferma che la restituzione deve riguardare solo le somme “effettivamente” percepite, ovvero quelle entrate nella concreta disponibilità del percettore, esaminando l’art. 150 del D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) rubricato “Modalità di ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di acconto”, che ha inserito il comma 2 bis all’articolo 10 del Tuir (D.P.R. 917/1986). Perciò, a partire dal 1° gennaio 2020, le somme indebitamente erogate al lavoratore o al pensionato, se assoggettate a ritenuta, devono essere restituite al sostituto d’imposta al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione e non costituiscono oneri deducibili, quindi solo nei limiti di quanto percepito effettivamente da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. (inter alia Cass. civ., sez. I, 4 settembre 2014, n. 18674). Anche recente giurisprudenza (ad es., TAR Sicilia, sez. Catania, sentenza n. 1200/2021) ha confermato tale orientamento. A livello procedurale, è fondamentale, nel caso di specie, individuare su NoiPa (Archivio documenti/Cedolino Unico) l’intera SOMMA NETTA erroneamente percepita dal docente, che corrisponde al totale dei maggiori assegni da recuperare. Una volta individuato l’importo esatto del debito, sarà necessario, per il recupero, inviare apposita nota alla al docente, comunicando: - l’entità del debito e i motivi che lo hanno originato ( in questo caso “erroneo pagamento Esami di Stato a.s. 2024/2025 - recupero indebita liquidazione mese di __________ anno ______”) - l'obbligo di versare l’importo della somma erroneamente accreditata alla Tesoreria Centrale - Capo XIII - cap. 363804” - Codice IBAN IT40P0100003245BE00000002ZH (nuovo codice IBAN valido dal 01.01.2025 - https://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Tesoreria/Codici-IBA/codici-iban-entrate.pdf ) causale “Restituzione indebito pagamento compenso Esami di Stato a.s. 2024/2025 capitolo/piano gestionale ____/___ (2549/07 - come indicato a sistema) mese/i di __________ anno ______” - richiesta di trasmettere alla Scuola la quietanza del versamento effettuato. Dopo aver ricevuto copia della quietanza, l’Istituto dovrà inviare comunicazione al Ministero dell’Istruzione e del Merito - Dipartimento per le risorse, l’organizzazione e l’innovazione digitale - Direzione generale per l’edilizia scolastica, le risorse e il supporto alle istituzioni scolastiche - Ufficio VII, indicando la somma recuperata, i motivi della restituzione e la richiesta di riassegnazione dell’importo al capitolo/piano gestionale originario (2549/07, come indicato a sistema). Alla lettera dovrà essere allegata la quietanza prodotta dalla dipendente. Sarà necessario inoltre comunicare contestualmente a NoiPA l'avvenuta restituzione degli emolumenti , allegando copia del versamento effettuato, per il recupero/compensazione delle ritenute previdenziali ed erariali versate in eccesso (azione di sua competenza in quanto ente pagatore/sostituto d'imposta) e la dovuta rettifica della Certificazione Unica.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Assenze continuative per malattia del figlio e permesso personale: gestione SIDI e conteggio del sabato e della domenica...
  • Relativamente al congedo parentale e congedo per malattia del bambino, il comma 5 dell’art. 34 del CCNL 2024 prevede che i periodi di assenza di cui ai precedenti commi 3 e 4 (congedo parentale e congedo per malattia del bambino), nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice (prima il riferimento normativo era l'art. 12 del CCNL 2007 citato nei pareri ARAN che andiamo a riportare). Pertanto, alla luce della suddetta disposizione contrattuale, se tra due periodi di congedo parentale/ malattia del bambino non intercorre almeno un giorno di lavoro effettivo, devono essere computati o come congedo parentale o come congedo malattia anche i sabati e le domeniche ricompresi tra gli stessi. A supporto si riporta l'orientamento SCUOLA 060 del 23/05/2013. "Nel caso di assenza di un dipendente di tipo ciclica, cioè che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, le giornate del sabato e della domenica come devono essere computate? Si fa presente che ai sensi dell'art. 12, comma 6, del CCNL 29/11/2007 (congedi parentali) "6. I periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice." In relazione alla nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, da voi citata, sembra chiaro, dall’esempio relativo al caso 2, che nel quesito da voi esposto ci si trovi di fronte ad un’assenza di tipo ciclica che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, in quanto le assenze per L. 104 ricadono all’interno di due differenti frazioni di congedo parentale senza nessuna ripresa del servizio". La citata Nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, fornisce una serie di esempi e modalità di computo del congedo. Nel caso in cui un lavoratore, con orario di lavoro articolato su cinque giorni lavorativi (c.d. settimana corta), fruisca di congedo parentale nel seguente modo: 1^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale Sabato e domenica 2^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie - malattia - assenza ad altro titolo Sabato e domenica 3^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie o malattia o assenza ad altro titolo Sabato e domenica 4^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale il sabato e la domenica compresi tra la seconda e la terza settimana non sono computabili, né indennizzabili a titolo di congedo parentale in quanto tali giorni - compresi in un periodo unico di congedo parentale posto che, dalla prima alla quarta settimana, non vi è ripresa dell’attività lavorativa - risultano comunque ricompresi all’interno di un periodo di assenza fruita ad altro titolo (periodo neutro ai fini di interesse). Viceversa, il sabato e la domenica ricadenti tra la prima e la seconda settimana e tra la terza e la quarta sono computabili ed indennizzabili in conto congedo parentale in quanto tali giorni cadono, rispettivamente, subito dopo e subito prima il congedo parentale richiesto. Quanto sopra vale anche nei casi in cui il lavoratore alterni congedo parentale e ferie nel seguente modo: dal martedì al giovedì = congedo parentale venerdì = ferie sabato e domenica lunedì= ferie dal martedì a giovedì = congedo parentale. Anche in tale ultima ipotesi, infatti, il sabato e la domenica non si computano a titolo di congedo parentale in quanto inclusi in un periodo, seppur breve, di ferie (venerdì e lunedì). A chiarimento di quanto sopra esposto l'INPS fornisce ancora due possibili casi: Caso 1 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = ripresa del lavoro Caso 2 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = congedo parentale venerdì = ripresa del lavoro Nel primo caso (caso 1) il sabato e la domenica rimangono evidentemente esclusi dal computo del congedo parentale in quanto la frazione di congedo termina il venerdì (infatti, successivamente alle ferie, il lavoratore riprende l’attività lavorativa). Viceversa, nel secondo caso (caso 2), il sabato e la domenica vanno conteggiati ed indennizzati in conto congedo parentale in quanto tali giorni sono compresi in un’unica frazione di congedo (dal lunedì della prima settimana al giovedì della seconda) e ricadono immediatamente dopo il congedo parentale. I criteri sopra indicati trovano applicazione anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, avendo già richiesto un periodo di congedo parentale, presenti un’altra domanda (o diverse domande) di congedo parentale determinanti di fatto una proroga del periodo di congedo precedentemente richiesto. L'ARAN, con l'O.A. CIRS46 24 febbraio 2021 ha ulteriormente precisato che nell’ipotesi, ad esempio, che il lavoratore o la lavoratrice richiedano 4 giorni di congedo parentale (lunedì –giovedì), 1 giorno di ferie (venerdì) e successivamente altri 4 giorni di congedo parentale (lunedì – giovedì), il sabato e la domenica ricadenti nei due periodi di congedo, non essendo gli stessi intervallati dal ritorno al lavoro, sono considerati congedo parentale e conteggiati nell’ambito di tali assenze. Conclusivamente, anche alla luce dell’ultimo Orientamento citato, si ritiene che sabato e domenica, per presunzione di continuità, siano da imputare a malattia del bambino. Per quanto concerne la supplenza, a questa spetta la proroga, e si dovrà procedere con la predisposizione di 3 contratti come richiesto dal SIDI. Si specifica infatti che per quanto riguarda la proroga dei contratti di supplenza, l'O.M. 88/2024 all'art. 13, comma 11 relativo alle supplenze brevi e temporanee prevede che: "Al fine di garantire la continuità didattica, ove al primo periodo di assenza del titolare ne consegua un altro, o più, senza soluzione di continuità o interrotti solo da giorno festivo o da giorno libero dall’insegnamento, ovvero da entrambi, la supplenza temporanea è prorogata nei riguardi del medesimo supplente già in servizio, a decorrere dal giorno successivo a quello di scadenza del precedente contratto." Pertanto nel caso in questione al primo contratto che termine di venerdì 7/11 a seguito della nuova assenza del lunedì segue la proroga dello stesso contratto dal sabato 8 fino al lunedì 10 e poi altra proroga il martedì 11.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Iscrizione di alunno con percorso scolastico interrotto alla seconda primaria: scelta della classe nella scuola secondaria di primo grado...
  • La prima verifica da fare concerne l’evasione dall’obbligo scolastico; infatti, in caso di mancata frequenza, la famiglia avrebbe potuto avvalersi dell’istruzione parentale, ma, in tal eventualità, l’alunno avrebbe dovuto sostenere gli esami di idoneità alla fine di ogni anno scolastico. Sarebbe quindi consigliabile acquisire il fascicolo personale dell’alunno chiedendone copia all’istituzione scolastica dove ha frequentato l’ultimo anno. In caso di completa evasione, secondo quanto previsto dal DL 123/2023, la scuola di provenienza avrebbe dovuto segnalare la situazione al Comune di residenza in modo che, in caso di mancato rientro alla frequenza, il Sindaco avrebbe prodotto la dovuta segnalazione alla Procura ordinaria per l’applicazione delle sanzioni penali normativamente previste. In ogni caso, si consiglia di segnalare il caso al Sindaco del Comune di residenza, in modo da poter “allertare” i servizi sociali. Per quanto concerne la riammissione alla frequenza, fermo restando che l’alunno avrebbe dovuto sostenere gli esami di idoneità nei tempi e con le procedure previste dal DM 5/2021, si ritiene che, al fine di garantire il diritto all’istruzione, sia opportuno sottoporlo, pur fuori termine, a prove di verifica finalizzate a valutare le competenze possedute, soprattutto quelle concernenti la padronanza della lingua italiana e le “basi” fondamentali della Matematica. Pur non conoscendo la situazione specifica, si può ipotizzare l’ammissione non alla terza, ma alla seconda classe della scuola secondaria di primo grado, in modo da favorire il riallineamento delle competenze e il recupero e così da consentirgli, previa ammissione alla classe terza per scrutinio finale, di seguire per intero tale classe e di sostenere poi, alla fine del prossimo anno scolastico, gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Esame di Stato per un alunno proveniente dall’estero: iscrizione per età anagrafica senza titolo conclusivo del primo ciclo...
  • La questione è stata affrontata in una puntuale circolare del 2012 (prot.465 del 27 gennaio 2012 ): tale nota ministeriale chiarisce che l'istituzione scolastica, che ha preso in carico lo studente e che ne ha consentito l'ammissione alla frequenza ad una determinata classe, ha assunto "l'onere" valutativo di stabilire la classe di inserimento. Non potrà essere perciò richiesto "a posteriori" il conseguimento del diploma conclusivo della scuola secondaria di primo grado o di titolo equivalente conseguito nel Paese di origine. Si riporta per completezza un estratto della richiamata circolare: ........ il complesso delle disposizioni richiamate attribuisce alle singole istituzioni scolastiche e ai loro organi collegiali il compito e la responsabilità di definire, in fase d’iscrizione, l’ingresso degli studenti con cittadinanza non italiana, privi del diploma di licenza di scuola secondaria di primo grado, ai percorsi del secondo ciclo d’istruzione. Le disposizioni non prevedono, invece, la possibilità di subordinare, per tali studenti, l’ammissione come candidati interni all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo al superamento dell’esame conclusivo del primo ciclo.......

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Uscita didattica con un alunno con gravi disturbi comportamentali: responsabilità della scuola e del genitore accompagnatore...
  • Preliminarmente, va ricordato che l’uscita didattica è stata deliberato dagli OO.CC. e che è parte di una più ampia progettualità che anche l’alunno certificato ha pieno diritto di fruire. In sede di GLO andrà verbalizzata ogni indicazione e suggerimento operativo offerto dal neuropsichiatra, in quanto utile ad orientare le scelte didattiche ed educative del PEI, comprese le uscite. L’uscita al cinema si inscrive dunque in una progettualità specifica, per cui l’Istituto è tenuto a predisporre tutti gli opportuni accorgimenti per consentire al bambino di fruire dell’attività, compresa la presenza di un docente di sostegno, indipendentemente dalla presenza della madre dell’alunno. La presenza del genitore non modifica gli impegni e le responsabilità che incombono sulla scuola, offrendo solo un supporto nell’esercizio della vigilanza che verrà ripartita e condivisa con i docenti, in base ai momenti dell’attività. È chiaro che nei momenti in cui la madre sarà presente la responsabilità incomberà ex lege su di lei, ma potrebbe accadere che si assenti per qualche momento ed in quel caso saranno le docenti presenti responsabili della vigilanza. Inoltre, l’operatività della polizza infortuni resta attiva a tutti gli effetti proprio per la sussistenza del legame del bambino con la più complessa organizzazione scolastica e la progettualità deliberata. Non di rado accade infatti che, nelle uscite e nei viaggi d’istruzione, bambini e ragazzi con disabilità vengano accompagnati e supportati anche dalla presenza di un genitore che ne coadiuva la gestione per la sua complessità o delicatezza. Nondimeno, la scuola resta parte attiva dell’organizzazione. Sul punto la normativa nulla precisa nel dettaglio, ma può ritenersi consentito l’accompagnamento dell’alunno con disabilità nel viaggio d’istruzione da parte di un genitore, un assistente educatore, un parente o di altre figure, professionali o volontarie, ritenute idonee. In questo caso, specie per ragioni connesse alla operatività della polizza scolastica è opportuna la contestuale presenza del docente di sostegno, da valutare in base al grado di disabilità e al carico di impegno necessario. La madre dell’alunno può dunque accompagnare il suo bambino durante l’uscita didattica al cinema, seguendo la classe, senza alcuna autorizzazione, né per la sua presenza né per utilizzare eventualmente il mezzo proprio, solo comunicando formalmente al dirigente scolastico che raggiungerà la classe presso la meta dell’uscita e che farà ritorno a casa in modo autonomo. Per quanto riguarda l’eventuale copertura assicurativa della madre durante la visione collettiva del film al cinema, sarà invece necessario verificare le condizioni della polizza assicurativa stipulata dalla scuola.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Ferie e sospensione delle attività didattiche: gestione delle giornate non coperte per un docente in part-time...
  • In premessa si rileva che, ai sensi dell'art. 39, comma 11 del CCNL 2007, i dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di giorni di ferie e di festività soppresse pari a quello dei lavoratori a tempo pieno. I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell'anno. Ciò premesso, la Nota MIM del 27 marzo 2025 ha ribadito che, alla luce della recente giurisprudenza della Cassazione, il docente a termine non può perdere il diritto all'indennità sostituiva delle ferie per il solo fatto di non avere chiesto le ferie «se non dopo essere stato invitato dal datore di lavoro a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie ed alla indennità sostitutiva. Ne consegue che i Dirigenti scolastici devono invitare - espressamente e in forma scritta – il personale docente a tempo determinato a godere delle ferie retribuite, in particolar modo nei periodi di sospensione delle lezioni, all’uopo avvisando quest’ultimi della perdita, in caso diverso, tanto del diritto a fruire delle ferie quanto del diritto a percepire l’indennità sostitutiva. Pertanto, per il personale docente a t.d. i giorni di sospensione delle lezioni non saranno più decurtati automaticamente come ferie ma il DS dovrà invitare/diffidare formalmente i docenti interessati a presentare istanza di fruizione dei giorni di ferie, maturati e maturandi, durante i periodi di sospensione delle lezioni o anche nel periodo intercorrente tra la fine delle lezioni e il 30 giugno, con espresso avviso della perdita, in assenza di domanda volontaria, del diritto alle ferie stesse ed all’indennità sostitutiva. Per quanto concerne l’anticipazione delle ferie si ritiene quanto segue: A) Personale a tempo indeterminato: per il personale con contratto a tempo indeterminato, l’anticipazione delle ferie non maturate è da ritenersi generalmente ammissibile, sebbene tale facoltà non sia espressamente contemplata dalla normativa di riferimento. B) Personale a tempo determinato: la disciplina per il personale a tempo determinato è contenuta nell’articolo 35, comma 1, del CCNL 2019/21, che ha abrogato e sostituito l’articolo 19 del CCNL del 29/11/2007. La norma stabilisce che “le ferie del personale assunto a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato”. In senso strettamente letterale, pertanto, non risulterebbe consentito al personale a tempo determinato anticipare ferie non ancora maturate. Tuttavia, in considerazione della stringente normativa in materia di monetizzazione delle ferie non godute e per ragioni di equità, si ritiene ammissibile l’anticipazione delle ferie per i docenti con contratti la cui scadenza è fissata al 30 giugno o al 31 agosto. Ovviamente solo su richiesta degli stessi. Infine, stante quanto detto sopra, non è previsto che il docente debba recuperare preventivamente, prima dell’inizio della sospensione, le giornate necessarie a compensare i giorni di ferie mancanti. Per quanto concerne le ulteriori prospettazioni si ritiene che non siano percorribili; se la docente non ha maturato ferie e non produce domanda non dovrà venire a scuola durante il periodo delle vacanze seppur non sia formalmente in ferie.

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Un parere sul rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento di un'attività libero-professionale svolta fuori orario di servizio...
  • Preliminarmente occorre verificare se trattasi di attività libero professionale o commerciale. In tal senso sarà opportuno richiedere ulteriore precisazioni al docente sul codice ATECO relativo alla partita iva e sulla copertura previdenziale (se vi è Gestione Separata INPS si tratterà di attività libero professionale; se vi è iscrizione alla Camera di Commercio vi sarà esercizio di attività commerciale). Nel primo caso di cui al quesito si tratta di attività libero professionale. La materia della incompatibilità del personale scolastico è regolata dall’art. 53 del D.Lgs.30 marzo 2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze pubbliche”, dagli artt. 60 e seguenti del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 “Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, dall’art. 508 del D.Lgs. n. 297 del 16 aprile 1994 e da alcune disposizioni del CCNL Scuola del 29 novembre 2007 non modificate dai successivi CCNL. La disciplina più specifica, relativa alle incompatibilità del personale docente, è rappresentata dalle disposizioni di cui all’art. 508 D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 “Approvazione del Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (richiamato dal D.Lgs. 165 del 2001). Ai sensi del comma 15 dell’art. 508 citato, al personale docente (senza distinzione tra docenti di ruoli e docenti supplenti, nè tra personale a tempo pieno e a tempo parziale) è consentito, previa autorizzazione del Dirigente Scolastico, l’esercizio della libera professione a condizione che non sia di pregiudizio all’ordinato e completo assolvimento delle attività inerenti alla funzione docente. I presupposti richiesti dalla norma di cui all’art. 508 comma 15 citato sono quindi: a) esercizio di una libera professione; b) l’autorizzazione del dirigente scolastico. Ovviamente l'esercizio della libera professione presuppone il possesso della partita iva. La libera professione è un’attività svolta in maniera autonoma, a livello professionale, normalmente per più committenti. L’attività in parola dev’essere riconducibile alla regolazione giuridica della “professione intellettuale” di cui agli artt. 2229 e seg. del codice civile che attribuiscono alla legge stabilire quali siano le professioni intellettuali per il cui esercizio è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi, previo iter formativo stabilito dalla legge e superamento di un esame di abilitazione. Si rileva, inoltre, che i redditi derivanti dall’esercizio di attività libero-professionali debitamente autorizzate sono esentati dalla disciplina dell’anagrafe delle prestazioni di cui al comma 14 dell’art. 53 del D.Lgs. 30/03/2001, n. 165. Per svolgere la gran parte delle libere professioni non è richiesto l'iscrizione ad un albo professionale. Infatti, le cosiddette "attività riservate" a soggetti iscritti in albi o collegi sono precisamente indicate dalle leggi e costituiscono un elenco limitato rispetto al vasto campo di servizi professionali centrati sull'apporto intellettuale. Quando si iscrive a un albo professionale, il libero professionista diventa "professionista protetto" o appartenente al sistema ordinistico. Con la legge 14 gennaio 2013, n. 4 sono state disciplinate le professioni non regolamentate e chiunque svolga una delle professioni non regolamentate in questione contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l'espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della citata legge. In forza di ciò in ogni documento i professionisti di cui sopra dovranno apporre l’indicazione: “professionista di cui alla legge 4/2013". Nessun rilievo viene dato dalla normativa alla connessione tra attività professionale e disciplina insegnata a scuola. Per quanto concerne i margini di manovra spettanti al dirigente scolastico in sede di rilascio della prescritta autorizzazione, il Ministero ha precisato che il dirigente "è tenuto a richiedere le informazioni che ritiene opportune in merito all'attività che l'interessato intende svolgere, proprio al fine di valutare se l'esercizio dell'attività medesima possa arrecare pregiudizio al rendimento della professione di docente, ovvero se sussistano situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi e in tal caso, lo stesso dirigente scolastico può negare l’autorizzazione” (cfr la Circolare n. 480 del 2015 del Consiglio nazionale degli ingegneri (CNI) sull’attività libero professionale dei docenti, diffusa a seguito delle risposte ottenute dalla direzione generale per il personale scolastico del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca (ora Ministero dell'Istruzione e del Merito). In giurisprudenza è stato affermato che il rilascio o il diniego di autorizzazione, ai sensi dell'art. 508 comma 15, D.Lgs. n. 297 del 1994, richiede che si valuti e conseguentemente si motivi la ricorrenza del presupposto della compatibilità con le attività inerenti alla funzione docente e con l'orario di insegnamento e di servizio, oltre che, a monte, sia verificata la natura libero — professionale dell'attività da espletare (cfr. TAR Campania 3 luglio 2012 n. 3163). Sempre in merito alla valutazione da parte del DS, è stato affermato che il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività libero professionale deve seguire all’assenza di pregiudizio per lo svolgimento dell’attività istituzionale e che a tal fine è necessaria un’indicazione in questo senso da parte del docente, cui l’autorizzazione va a conformarsi. Pertanto, il docente non può limitarsi a dichiarare di svolgere una certa professione una volta per sempre, occorrendo, per poter avanzare richiesta di autorizzazione con piena consapevolezza del legittimo svolgimento dell’incarico professionale, che la stessa sia inoltrata una volta divenuta nota la portata degli impegni e dei vincoli temporali connessi con lo svolgimento della docenza. Ciò rende appunto necessario che l’interessato, nel caso in cui ritenga di svolgere attività libero professionale, avanzi la richiesta di autorizzazione anno per anno (nei limiti appunto in cui ritenga di svolgere incarichi professionali), posto che gli impegni di docente scolastico notoriamente variano annualmente. (Tribunale Forlì - Sezione Lavoro - Sentenza 07/07/2020, n. 105) La suddetta sentenza è stata confermata anche in sede di appello (cfr. Corte di Appello Bologna - Lavoro - Sentenza 30/12/2021, n. 1013). Pertanto, in via di principio si può svolgere la libera professione anche senza essere iscritti ad un albo e si tratterà di libera professione non regolamentata ai sensi della Legge 4 del 2013 e, ai fini dell'autorizzazione si rinvia a quanto detto sopra. In tal senso per completezza la docente dovrebbe dichiarare che trattasi di libera professione esercitata ai sensi della Legge n. 4/2013 (che disciplina l'esercizio delle professioni non regolamentate) e che non vi è iscrizione alla Camera di Commercio (che avrebbe qualificato l'attività come commerciale e quindi vietata ai sensi dell'art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001 che rinvia al divieto di cui al DPR 3/1957 di esercizio di attività imprenditoriale). Sarebbe opportuno anche che la docente dichiarasse l’iscrizione alla Gestione Separata INPS perché questa presuppone che la partita IVA sia stata aperta per lo svolgimento di un'attività libero professionale e non commerciale/imprenditoriale perchè in quest'ultimo caso vi sarebbe stata iscrizione alla gestione commercianti e artigiani dell’INPS. In definitiva, se il codice ATECO di cui al quesito consente l'iscrizione alla Gestione Separata INPS, la conseguenza è che trattasi di attività esercitabile sotto forma libero professionale e non come ditta individuale. Se, invece, si trattasse di ditta con iscrizione alla camera di commercio si tratterà di esercizio di attività commerciale vietata e quindi incompatibile (art. 60 del DPR 3/1957 richiamato dall'art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001).

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Formalizzazione delle prescrizioni mediche per i dipendenti soggetti a limitazioni lavorative...
  • Come noto il medico competente e la Commissione INPS agiscono nell’ambito di situazioni diverse. La visita del MC si inserisce all’interno delle procedure relative alla sorveglianza sanitaria di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008 mentre la visita collegiale dell’INPS inerisce alla procedura di accertamento dell’inidoneità di cui al DPR 171 del 2011. La scuola è tenuta ad osservare le prescrizioni del MC. Infatti, l’art. 41 comma 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008 prevede che il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. Il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità. Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'azienda sanitaria locale territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso. Il successivo art. 42 prevede che il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Nella prassi, a volte, le Commissioni Mediche in caso di giudizio di inidoneità relativa rinviano al MC per le relative prescrizioni. Nel caso di specie il MC ha emesso un giudizio di idoneità con limitazioni rispetto alle mansioni proprie del profilo. L'utilizzazione del dipendente secondo le prescrizioni del MC è di competenza del Dirigente (provvedimento di utilizzazione temporanea in ottemperanza alle prescrizioni del MC) e ovviamente ciò comporterà anche una modifica del Piano delle Attività. Per quanto concerne invece il giudizio di inidoneità relativa formulato dalla CMV ai sensi del DPR 171/2011 è necessario un nuovo contratto individuale che regoli la relativa utilizzazione a svolgere soltanto alcune mansioni del proprio profilo (cfr. artt. 4 e 6 del CCNI 25 giugno 2008).

    Data di pubblicazione: 17/11/2025

  • Esame di Stato primo ciclo e alunno DSA grave non dispensato dalle prove scritte di lingua inglese: possibilità di personalizzazione della prova d’esame...
  • La risposta è affermativa in quanto il Consiglio di Classe può e deve personalizzare la prova scritta di Lingua Straniera (Inglese) per l'alunno con DSA grave, in coerenza con il suo Percorso Formativo e con quanto stabilito nel Piano Didattico Personalizzato (PDP). La normativa sull'Esame di Stato per il primo ciclo (D. Lgs. n. 62/2017 e successive note applicative) nonché il D. M. 5669/2011 stabilisce chiaramente il principio di personalizzazione delle verifiche scritte e orali nonché dei descrittori degli indicatori di valutazione delle prove per gli alunni con DSA (Disturbi Specifici dell'Apprendimento): Pur tuttavia occorre considerare che le prove d'esame, comprese quelle scritte, devono essere predisposte tenendo conto del Piano Didattico Personalizzato (PDP) e delle misure dispensative e strumenti compensativi adottati durante il triennio. Tali misure devono essere previste dal PDP (incluse la personalizzazione delle prove scritte) e sono valide e si applicano anche in sede d'esame. Nel caso specifico, la decisione di svolgere la prova scritta con: un numero maggiore di quesiti strutturati (es. multiple choice, true/false, matching); un numero di quesiti aperti semplificati e ridotti di numero; non solo è consentita, ma è necessaria per garantire la valutazione coerente e l'equità, in base alle seguenti considerazioni: Se il Consiglio di Classe ha adottato con successo queste strategie didattiche e valutative durante il triennio per non dispensare l'alunno dalla lingua straniera scritta resta opportuno non abbandonare queste strategie in sede d'esame in quanto vanificherebbero il lavoro svolto e penalizzerebbero l'alunno. L'obiettivo della prova è valutare il raggiungimento dei nuclei fondanti delle discipline e le competenze in Inglese. L'utilizzo di quesiti strutturati e semplificati consente di verificare l'apprendimento senza sovraccaricare le specifiche difficoltà di lettura e scrittura dell'alunno che risulta essere di livello "grave". Il fatto che la diagnosi suggerisse la dispensa dalla prova scritta, ma il CdC abbia scelto di non attuarla in favore di un percorso personalizzato con misure compensative, è una decisione che, ovviamente deve essere formalizzata nel PDP e concordata con la famiglia, e risultare nei verbali delle riunioni del consiglio di classe. Tale decisione risulta prevalente per l'esame. La prassi didattica positiva del triennio è il riferimento fondamentale. Lo stesso principio vale per la formulazione delle domande le quali non devono essere "le stesse identiche" degli altri alunni, ma che siano equivalenti e funzionali alla valutazione delle competenze dell'alunno e dei contenuti irrinunciabili delle singole materie. Pertanto, l'alunno svolgerà la prova scritta di Lingua Straniera personalizzata in base al suo PDP e sarà compito della Commissione d'Esame a predisporre, su proposta del Consiglio di Classe, una prova personalizzata per la materia, che sia coerente con gli strumenti compensativi e dispensativi utilizzati. In sintesi, il Consiglio di Classe deve predisporre una prova che consenta all'alunno di dimostrare le competenze acquisite nel formato con cui è stato abituato e valutato durante l'anno, mantenendo l'approccio didattico - curricolare che ha permesso di raggiungere la sufficienza nello scritto.

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