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    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Cambio classe di concorso: il docente deve ripetere l’anno di prova?
  • Si ritiene che l’interpretazione formulata nel quesito sia corretta e che il docente in questione non sia tenuto alla ripetizione del periodo di formazione e prova, non solo in virtù del passaggio della Nota MIM prot. n. 202382 del 26/11/2024 citato ma anche in virtù del fatto che la medesima Nota esclude dalla ripetizione del periodo di prova i “docenti che abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso FIT ex DDG nello stesso grado di nuova immissione in ruolo sia su posto comune che di sostegno”. Una simile affermazione non lascia spazio a dubbi interpretativi e conferma le conclusioni a cui si era pervenuti nel quesito.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Assenza per Day Hospital fuori regione: è possibile includere i giorni di viaggio come malattia?
  • Per quanto concerne le assenze per visite specialistiche (nel caso di specie possiamo ricomprendervi anche la prestazione ambulatoriale di cui al quesito) occorre distinguere a seconda se trattasi di personale docente o ATA in quanto si applicano normative diverse. Per quanto concerne il personale docente il comma 5-ter dell’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001 novellato dalla legge 125 del 30 ottobre 2013, recita che “Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all'orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da questi ultimi mediante posta elettronica”. La suddetta norma rappresenta la disciplina generale in tema di assenze per visite specialistiche; si applica al personale docente mentre per il personale ATA rileva l'art. 69 del CCNL 2024 che ha introdotto specifici permessi orari per un ammontare complessivo di 18 ore all'anno. Più specificamente l'art. 69 del nuovo CCNL 2024 disciplina esclusivamente per il Personale ATA le assenze per l'effettuazione di visite specialistiche mentre per il Personale Docente (cui non è applicabile detto articolo) rimane in vigore la disciplina di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 nell'interpretazione post Sentenza del TAR Lazio n. 5714 del 2015 che aveva annullato la Circolare della F.P. n. 2 del 2014 (quindi imputazione, a scelta del dipendente, dell'assenza alla malattia o ad altri istituti contrattuali quali ferie, permessi brevi ex art. 16 CCNL 2007 o permessi per motivi personali ex art. 15 CCNL 2007). Il MIUR, con la Nota n.7457 del 06/05/2015, ha precisato che, nelle more della rivisitazione della disciplina (che però ha riguardato, come detto sopra, solo il personale ATA), le assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici devono essere ricondotte esclusivamente alla disciplina normativa di cui all'art. 55 septies, comma 5 ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che regola le assenze per malattia dei dipendenti pubblici per l'espletamento di tali prestazioni. Quindi, allo stato attuale, per il personale docente, l’assenza per l’effettuazione di visite, prestazioni specialistiche e terapie può essere ricondotta a malattia e, in tali casi, è giustificata con la presentazione di un'attestazione (che indichi anche l'orario) rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione. Non è quindi richiesto anche il certificato del medico curante. La necessità che l'attestazione indichi anche l'orario deriva dalla applicazione della disposizione di cui all'art. 55 septies, comma 5-ter sopra richiamato, ma non inerisce alla circostanza che la visita debba svolgersi necessariamente in orario scolastico per poter essere imputata a malattia. Se, quindi, il docente ha chiesto che l'assenza a visita specialistica venga ricondotta a malattia sarà sufficiente presentare l’attestazione della struttura presso la quale le cure sono effettuate e l'assenza, essendo imputata a malattia, si riferisce all'intera giornata. Il DS non ha possibilità di sindacare la struttura o il medico presso cui sono svolte dette prestazioni. Ad ogni modo non potrà essere ricondotta a malattia l'assenza relativa alle giornate di viaggio. In merito ai giorni di viaggio, la Circolare Ministeriale n. 301 del 27 giugno 1996 avente ad oggetto “Artt. 19, 21, 23, 24, 27, 28, 51 e 71 del CCNL del personale del comparto Scuola (Sottoscrizione 4 agosto 1995) - Perplessità interpretative” ha precisato che, nel caso di assenza per visita specialistica con fruizione del trattamento ex art. 23 del CCNL (cioè l'assenza dal servizio per malattia), il dipendente ha diritto ad assentarsi per il tempo strettamente necessario all'effettuazione della prestazione sanitaria, ivi compresi i giorni eventualmente richiesti per il viaggio. Tuttavia l'ARAN, con il successivo O.A. 26 settembre 2017 M_263, in merito alle assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, ha affermato che dette assenze, imputabili alla malattia, sono esclusivamente preordinate all'effettuazione delle suddette terapie o accertamenti diagnostici, con la conseguenza che i giorni di viaggio per recarsi presso la struttura sanitaria prescelta non possano essere ascrivibili alla malattia stessa. Pertanto, il dipendente, per i suddetti giorni di viaggio, dovrà fare ricorso agli altri istituti contrattuali previsti in materia di assenza dal lavoro.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Scuola primaria: come procedere per la nomina dei docenti di materia alternativa in assenza di personale disponibile?
  • In premessa non si può che ribadire l’obbligo per le istituzioni scolastiche di provvedere all’erogazione dell’attività alternativa. Obbligo mai revocato in dubbio e che, non a caso, può essere assolto anche attraverso la nomina di personale a tempo determinato che viene retribuito mediante ruoli di spesa fissa (si veda da ultimo la Nota USR Friuli Venezia Giulia prot. n. 14737 del 18/09/2024). Tanto premesso, occorre dunque affrontare la questione dell’individuazione dei docenti incaricati di dette attività nella scuola primaria. Secondo la C.M. n. 61 del 18/07/2012 relativa all’adeguamento dell’organico di diritto alla situazione di fatto, “le economie derivanti dalla scelta da parte delle famiglie del modello orario di 24 ore settimanali o dalla mancata effettuazione dell’intero orario da parte del docente della classe, in dipendenza dell’ impiego del docente di religione e/o del docente specialista di lingua inglese, nonché da eventuali risorse di organico rese disponibili a livello regionale, concorrono prioritariamente ad assicurare il tempo mensa alle classi organizzate con rientri pomeridiani, a programmare e organizzare le attività educative e didattiche in base al piano dell’offerta formativa e ad assicurare l’insegnamento dell’ora alternativa alla religione cattolica. Le quattro ore residuate dalle 44 ore settimanali delle classi a tempo pieno, equivalenti all’orario frontale di due docenti per classe, comunque disponibili nell’organico di istituto, potranno essere utilizzate per l’ampliamento del tempo pieno sulla base delle richieste delle famiglie, nonché per la realizzazione di altre attività volte a potenziare l’offerta formativa (compreso il tempo mensa per le classi che attualmente praticano i rientri pomeridiani), nonché assicurare l’insegnamento dell’ora alternativa alla religione cattolica”. Simili affermazioni sono coerenti con: - il disposto dell’art. 4, c. 7, D.P.R. n. 89/2009 secondo cui “Le maggiori disponibilità di orario derivanti dalla presenza di due docenti per classe, rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno, rientrano nell'organico d'istituto”; - quanto stabilito nella Nota del MEF – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, prot. n. 26482 del 07/03/2011 che ha fornito chiarimenti in merito alla gestione economica delle ore alternative all’IRC. Essa precisa infatti che dette ore devono essere affidate, prioritariamente, al personale interamente o parzialmente a disposizione della scuola, ovviamente da non confondere con gli insegnanti cui sono attribuite attività di potenziamento. Secondo la Nota MIM prot. n. 93862 del 17/04/2025 sulla determinazione degli organici del personale docente per l’anno scolastico 2025/2026, infatti, “Le attività di potenziamento introdotte dalla L. 107/2015, finalizzate al raggiungimento di obiettivi formativi individuati come prioritari, sono da ritenersi comuni a tutti gli alunni e quindi, analogamente a quanto avviene per quelle curriculari, devono restare estranee alle attività alternative all’insegnamento della Religione cattolica.” Il dirigente scolastico deve dunque individuare i docenti di attività alternative nella scuola primaria prioritariamente tra quelli assegnati alle classi/sezioni, secondo le indicazioni soprariportate. Se ciò non risulta possibile – come nel caso descritto nel quesito – occorre procedere a detta individuazione seguendo le indicazioni contenute nella Nota del MEF del 2011 sopracitata secondo cui, in caso di indisponibilità di “personale interamente o parzialmente a disposizione della scuola”, il dirigente scolastico deve rivolgersi nell’ordine a: “docenti dichiaratisi disponibili ad effettuare ore eccedenti rispetto all'orario d'obbligo; personale supplente già titolare di altro contratto con il quale viene stipulato apposito contratto a completamento dell'orario d'obbligo; personale supplente appositamente assunto, non potendo ricorrere ad una delle ipotesi sopra specificate.” Tuttavia, nella scuola primaria non è possibile attribuire ore eccedenti l’orario d’obbligo, come ricorda proprio, da ultimo, la Nota USR Piemonte prot. n. 17764 del 29/09/2025, secondo cui: “Riguardo ai docenti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria, si richiama la Deliberazione della Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte della Corte dei Conti n. 50 del 2014 che esclude la possibilità di superare, con il conferimento delle ore eccedenti, un orario di cattedra di complessive 24 ore settimanali.” Del resto, ciò trova conferma nell’art. 2, c. 4 dell’O.M. n. 88/2024 che prevede l’attribuzione di spezzoni pari o inferiori a sei ore “fino al limite di 24 ore settimanali come ore aggiuntive oltre l’orario d’obbligo” solo nella scuola secondaria. Dunque, venuta meno una simile possibilità, occorre ricorrere alla copertura delle ore di alternativa disponibili con personale docente avente diritto al completamento o, in subordine, mediante personale a tempo determinato appositamente assunto. In entrambi i casi, al ricorrere dei presupposti previsti e fin qui illustrati, il dirigente scolastico può legittimamente procedere all’assegnazione di dette ore o a titolo di completamento o mediante nomina di personale a tempo determinato, così come affermato nella Nota Mef del 2011.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Personale ATA a t.d. in part-time: trattamento delle assenze e impatto sulla copertura delle supplenze...
  • Assistente Amm.va a TD fino al 30 giugno per 18 ore sett.li part time verticale, giorni di servizio mercoledì/giovedì/venerdì, sistematicamente chiede a settimane...

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Partecipazione a corsi di formazione fuori sede: il tempo di percorrenza vale come straordinario?
  • L’art. 36 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021, in particolare al comma 5, stabilisce che: “Fatto salvo quanto previsto al comma 8, al fine di evitare oneri di sostituzione del personale assente per partecipare ad attività formative, i corsi di formazione organizzati dall’amministrazione a livello centrale o periferico o dalle istituzioni scolastiche avvengono, di norma, durante l’orario di servizio e in ogni caso fuori dell’orario di insegnamento. Il personale che vi partecipa è considerato in servizio a tutti gli effetti. Qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio.” Questa disposizione pattizia contiene due affermazioni rilevanti: - chi partecipa ad attività formative organizzate dall'amministrazione o dalle istituzioni scolastiche è considerato in servizio a tutti gli effetti; - qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio. Dunque l'art. 36 del CCNL citato non afferma che il tempo di percorrenza necessario per il trasferimento alla sede del corso sia computato come "tempo di lavoro" o riconosciuto come orario straordinario per il personale docente o ATA. Infatti, è equiparata a servizio a tutti gli effetti la partecipazione alle attività formative, mentre nulla si dice – sotto tale profilo – circa il tempo necessario per lo spostamento. In assenza di una specifica previsione nel CCNL che qualifichi il tempo di viaggio per la partecipazione a corsi di formazione fuori sede come "tempo di lavoro" o "straordinario" si deve ritenere che tali ore di percorrenza, pur dando diritto al rimborso delle spese, non siano computabili ai fini del riconoscimento delle ore di straordinario per il personale docente e ATA. Per quanto riguarda il rimborso spese nel caso di specie, infine, esso può avvenire solo per quelle documentate ed effettivamente sostenute nonché in base ai criteri e nei limiti previsti dalla normativa vigente (L. n. 836/1973, DPR 395/1988, L. n. 266/2005, commi da 213 a 217, D.L. n. 78/2010 convertito nella L. n. 122/2010, art. 6, comma 12). Alla luce del quadro normativo indicato, in particolare ai sensi dell’art. 6, comma 12 del D.L. n. 78/2010, non è più autorizzabile, salvo comprovate ragioni di carattere eccezionale (mancanza o indisponibilità di mezzi pubblici), l'uso del mezzo proprio. Nel caso in cui sia necessario autorizzarne l’uso per il ricorrere dei suddetti presupposti, resta esclusa ogni possibilità di rimborso delle spese di utilizzo della vettura (pedaggi autostradali, carburante, parcheggio ecc.) potendosi riconoscere solo un importo commisurato alle tariffe dei mezzi pubblici (cfr. anche Circolare MEF n. 36/2010 e Corte dei Conti deliberazioni n. 8/2011 e n. 21/2011).

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Supplenza breve per docente in malattia: chiarimenti sui diritti economici e giuridici del sostituto...
  • Gentile utente, nel caso sottoposto la supplente ha diritto al riconoscimento solo economico del sabato e della domenica, avendo completato tutto l'orario di servizio settimanale di 18 ore, ma non al riconoscimento giuridico, in quanto la supplenza è cessata di venerdì, senza alcuna proroga al lunedì successivo. Questa fattispecie è stata già chiarita dal MIM nella circolare n. 13650/2013 sulle retribuzioni del personale della scuola, che fa riferimento alle disposizioni degli artt. 40 e 60 del CCNL 2026/2009 tuttora vigenti e che sono anche ribadite nella più recente circolare annuale sulle supplenze n. 157048/2025. La circolare n. 13650 precisava che: "1) Art. 40, comma 3 (personale docente ed educativo) e art. 60, comma 2 (personale ATA) Per effetto di tali disposizioni il dipendente che completi tutto l’orario settimanale ordinario ha diritto al pagamento della domenica ai sensi dell’art. 2109, comma 1 del Codice Civile. Inoltre, come precisato dall’ARAN, in risposta a specifico quesito, la previsione contrattuale si estende al pagamento del sabato qualora risulti giorno libero del dipendente. Per orario ordinario deve intendersi 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, 24 ore nella scuola primaria, 18 ore nella scuola secondaria, 30 ore nelle istituzioni educative, da svolgere in non meno di 5 giorni settimanali, e 36 ore per il personale ATA. Ai fini dell’applicazione della disposizione in questione l’orario settimanale può essere stato effettuato anche in più scuole ma purché si riferisca al medesimo grado di scuole per il personale docente ed educativo e al profilo della medesima area per il personale ATA. In caso di completamento dell’orario ordinario in più scuole il pagamento della domenica e dell’eventuale sabato libero sarà disposto dall’ultima scuola di servizio che vi darà luogo previe le necessarie notizie fornite dai dirigenti scolastici interessati e dal supplente interessato circa i precedenti servizi settimanali e le opportune verifiche della scuola medesima." Quanto sopra è confermato nelle faq messe a disposizione dal Sidi sul pagamento del sabato e domenica, in particolare nella faq n. 31 che indica: "31. COME VA COMUNICATO PER LE SUPPLENZE BREVI IL DIRITTO AL PAGAMENTO DEL SABATO E DOMENICA O DELLA SOLA DOMENICA SUCCESSIVI AL TERMINE DEL CONTRATTO? L’eventuale diritto al pagamento del sabato e domenica o della sola domenica, nel caso di sabato/domenica successivi al termine del periodo contrattuale, va segnalato esclusivamente con l’apposita selezione dal menù a tendina in fase di inserimento del contratto. Tale diritto andrà indicato nell’ultimo contratto stipulato, dall’ultima scuola di servizio che vi dà luogo, nei casi e secondo le modalità previste dalla specifica normativa (vedi anche Nota DGPER n. 13650 del 18.12.2013), previe le opportune verifiche e le necessarie notizie fornite dai dirigenti scolastici interessati, nonché dal supplente, circa i precedenti servizi settimanali. Si ricorda che ad ausilio di tale attività di verifica è possibile consultare i rapporti di lavoro del dipendente svolti presso altre scuole mediante la funzione “Elenchi”. Se in fase di stipula del contratto è stato selezionato il pagamento Sab/Dom successivi al termine del contratto, nel prospetto D-1 l’importo di tale pagamento è valorizzato nella voce a parte, denominata “importo lordo per sabato/domenica”, in quanto non ricompreso nella voce “importo lordo." Nel caso sottoposto esistono gli estremi normativi per il riconoscimento solo economico del sabato e della domenica. Per completezza normativa si precisa che il D.M. 131/2007 è stato superato dalla nuove disposizioni che disciplinano le supplenze riferite alla legge 41/2020 e alle successive ordinanze ministeriali biennali, di cui l'ultima è l'O.M. 88/2024.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Affidamento diretto dei viaggi di istruzione sotto i 140.000 €: minor prezzo o offerta economicamente più vantaggiosa?
  • Mentre non è in discussione il fatto che l’affidamento delle uscite didattiche debba essere connotato dalla massima tutela della sicurezza, l’applicazione del D.L. 127/2025 ora convertito in legge suscita, in effetti e tuttora, qualche perplessità: in massima parte, la ragione sottesa dipende dal fatto che la norma non indica quali sono i requisiti minimi per l’aggiudicazione, ma si limita a indicare i settori potenzialmente attributivi di punteggio tecnico (“in tali casi, le stazioni appaltanti, incluse le centrali di committenza, valorizzano gli elementi qualitativi dell'offerta sulla base di criteri oggettivi idonei ad attestare la disponibilità di sistemi e dispositivi per la sicurezza del trasporto, per l'accessibilità e il trasporto di persone con disabilità, nonchè le competenze tecniche dei conducenti”). Nel breve periodo e salve ulteriori modifiche (dovute al fatto che anche la nomenclatura delle caratteristiche tecniche varia da zona a zona), a seguito di una prima indagine su quali elementi possano essere scrutinati per l’attribuzione di punteggio tecnico, ci stiamo assestando sui seguenti punti: - non riteniamo sia possibile, per l’impresa, dichiarare genericamente di avere i requisiti di cui al D.L. 127/2025, visto che la norma non si occupa di definire una soglia minima di sufficienza, ma si limita ad indagare quali siano i settori di riferimento (sicurezza, disabilità, capacità tecnica del conducente); - non riteniamo parimenti possibile affidare il compito della selezione ad un’agenzia di viaggi, trattandosi di una probabile esternalizzazione di una funzione pubblica vietata ai sensi dell’art. 43 comma terzo D.I. 129/2018, e ciò a prescindere dal pagamento; - fra gli elementi utili ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico (70 punti) stiamo valutando: a) l’anzianità media del parco mezzi a disposizione, con punteggi diversi per i mezzi di proprietà e i mezzi altrimenti disponibili per l’operatore economico; b) la disponibilità di strumentazione di sicurezza (AEBS, ACC, LKA/LDW, ecc.) su almeno il 50% dei mezzi; c) piani di sanificazione; d) piani di manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi; e) classi di emissioni di almeno metà degli automezzi nel caso di punteggio superiore a zero; f) certificazioni di capacità in capo ad almeno la metà dei conducenti (PBLS, corsi di sicurezza e antincendio, ecc.); g) la disponibilità delle pedane per il trasporto per i lotti specifici nelle quali siano necessarie; sul punto, vale la pena sottolineare che la norma non sembra fare eccezioni sull’attribuzione del punteggio, che sembra necessaria in tutti i casi e che pare costituire un elemento di affidabilità dell’operatore economico al di là della singola esigenza; h) disponibilità di automezzi di scorta o sostitutivi; i) tutele assicurative aggiuntive, se compatibili con quelle dell’Istituzione Scolastica; l) proposte migliorative. Ciò detto, le risposte ai quesiti sono: - la normativa impone la comparazione anche quando la cifra è al di sotto della soglia degli affidamenti diretti: anche nel dossier preparatorio del D.L. 127/2025 si legge “Quindi per i servizi ad alta intensità di manodopera non è mai utilizzabile il criterio del minor prezzo, né sopra né sotto la soglia di rilevanza comunitaria, nemmeno se standardizzati”; - l’unico modo di attribuire punteggio agli elementi indicati dal D.L. 127/2025 è l’offerta economicamente più vantaggiosa; - l’unico strumento di negoziazione su MePA che consente l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è l’RDO evoluta. Siamo consapevoli del fatto che il D.L. 127/2025, così come è stato scritto, impone oneri notevoli alle Istituzioni Scolastiche, così come siamo consapevoli del fatto che esiste un’interpretazione che esclude l’applicazione della norma sotto soglia. La nostra preoccupazione, in questa fase, è che non applicare la norma comporti potenziali conseguenze assicurative, che vorremmo evitare, in attesa di una lettura più confortante da parte di una delle Autorità che si sono pronunciate sul punto nelle ultime settimane.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Dubbi applicativi sulle soglie di affidamento e sulla suddivisione dei viaggi di istruzione alla luce dei chiarimenti MIM–ANAC...
  • Condividiamo il dubbio quanto al primo quesito: il punto nodale è se fra gli “strumenti di negoziazione” in questione figuri o meno il MePA. Il Quaderno n. 1 lo sostiene, come si veda a pag. 18 dell’edizione vigente: “strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente, ai sensi dell’art. 62, comma 6, lett. c), del D.Lgs. 36/2023 (ad es., Richiesta di Offerta tramite MEPA o altri mercati elettronici; ricorso a Sistemi dinamici di acquisizione)”. Francamente, non ne siamo convinti, perché se così fosse non vi sarebbe alcuna differenza fra gli affidamenti sopra e sotto la soglia degli affidamenti diretti, né in termini di strumento di acquisto né quanto alla qualificazione. Ma attendiamo un chiarimento ministeriale sul punto. Quanto al secondo quesito, a mente del parere congiunto di ANAC e Ministero, l’impressione è che si voglia procedere in una ripartizione di questo tipo: - corsi di lingua; - percorsi di formazione scuola/lavoro; - viaggi connotati da una finalità diversa rispetto a tutto il resto (viaggi della memoria, legalità, turismo lento, settimane bianche, ecc.); - in termini residuali, tutto il resto. Non ci sentiamo di offrire riferimenti a sostegno di tale interpretazione, perché pensiamo che non si possa citare altro che la nota MIM stessa. Negli appalti pubblici non è il CPV a determinare il cumulo dei valori, ma il settore merceologico: a rigore, l’unica ripartizione che abbiamo sempre confortato è quella fra i servizi di trasporto e quelli di organizzazione dei viaggi. Ogni altra lettura, più permissiva in questi termini, è di matrice ministeriale e caldeggia l’esercizio di autonomia da parte delle Istituzioni Scolastiche in un settore che, fortunatamente, non ha mai visto montare contenzioso. Vedremo che succederà con l’accordo quadro Consip, il ricorso al quale sembra molto meno probabile dopo la nota MIM del 7 novembre.

    Data di pubblicazione: 27/11/2025

  • Gestione delle supplenze in caso di congedo parentale consecutivo della titolare e dei supplenti...
  • Gentile utente, nel caso sottoposto la proroga della supplenza spetta alla supplente A che ha preso servizio e subito dopo si è assentata per congedo parentale. Il congedo parentale ( prima astensione facoltativa) secondo il costante orientamento del Consiglio di Stato è equiparato all'astensione obbligatoria per maternità , essendo lo stesso un naturale prolungamento della prima. Infatti la sentenza del Consiglio di Stato n. 5797\2007 interveniva sulla materia stabilendo che: «Come è noto, l’art.6 della legge n. 1204 del 1971 dispone espressamente, con formula generale ed onnicomprensiva, che i periodi di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio “a tutti gli effetti”. In ordine all’astensione facoltativa il successivo articolo 7 dispone che i periodi di assenza “sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia”. Come questo Consiglio ha già avuto modo di rilevare (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2002, n. 2254), le norme appena richiamate sanciscono una completa equiparazione anche del periodo di astensione facoltativa all’effettiva prestazione di servizio con l’unica eccezione, non suscettibile di interpretazione estensiva o di manipolazione analogica, degli effetti, estranei alla fattispecie che interessa, delle ferie, della tredicesima mensilità e della gratifica natalizia. Questa lettura del dato normativo è confortata dalla ratio dell’istituto di che trattasi. La circostanza che l’astensione facoltativa si atteggi per definizione a frutto di libera scelta dell’interessata non toglie, infatti, che l’astensione facoltativa è rivolta alla tutela della prole, ossia al soddisfacimento di esigenze intimamente compenetrate, in un’ottica di naturale continuazione, con la tutela della maternità naturale posta a fondamento dell’astensione obbligatoria. Ne deriva che sia il dato letterale sia l’omogeneità della ratio, escludono, in assenza di indicazione legislativa discriminante, la praticabilità di un approccio ermeneutico volto a differenziare, sotto profili diversi da quelli evidenziati ex lege, la computabilità dell’astensione obbligatoria e di quella facoltativa alla stregua di servizio effettivamente prestato (così, Cons. Stato, sezione VI, 26 aprile 2002, n. 2254; Cons. Stato, sezione VI, 9 aprile 2000. n. 2038; sezione II, parere 17 ottobre 1990; vedi anche più in generale Cons. Stato, sezione VI, 16 maggio 2001, n. 2760)». Sulla base di tale consolidato orientamento , si ritiene che alla supplente A spetti la proroga della supplenza, poichè il congedo di cui ha usufruito è considerato effettivo servizio. e in caso di ulteriore richiesta di congedo sia da parte della collaboratrice titolare che della supplente A, la proroga spetta alla supplente B anch'essa in congedo parentale. Per quanto riguarda l'obbligo dell'assunzione in servizio, si ritiene che esso non sussista , essendo la proroga una continuazione del contratto principale in cui le supplenti hanno già formalizzato l'assunzione con la presa di servizio fermo restante i termini previsti per la richiesta di congedo di nell'art. 34 comma 6 del CCNL scuola 2024 che indica: "6. Ai fini della fruizione, anche frazionata, dei periodi di astensione dal lavoro, di cui all'art. 32, comma 1, del d.lgs. n.151 del 2001, la lavoratrice madre o il lavoratore padre presentano la relativa domanda, con l’indicazione della durata, all'ufficio di appartenenza di norma cinque giorni prima della data di decorrenza del periodo di astensione. La domanda può essere inviata anche per mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o altro strumento telematico idoneo a garantire la certezza dell’invio nel rispetto del termine minimo di cinque giorni. Tale disciplina trova applicazione anche nel caso di proroga dell'originario periodo di congedo. 7. In presenza di particolari e comprovate situazioni personali che rendano impossibile il rispetto della disciplina di cui al precedente comma 6, la domanda può essere presentata entro le quarantotto ore precedenti l'inizio del periodo di astensione dal lavoro."

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Gestione delle assenze del personale ATA in istituti con settimana corta: malattia e ferie generano un debito orario?
  • Premesso che il nostro istituto comprensivo ha adottato da diversi anni la settimana corta su 5 giorni lavorativi, con chiusura del sabato, si chiede...

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Risoluzione anticipata di un contratto a TD come docente da parte di un c.s. in aspettativa: effetti e sanzioni...
  • Gentile utente, nel caso sottoposto il collaboratore scolastico non può licenziarsi dal contatto attuale per il quale ha preso servizio come docente di sostegno di scuola primaria, senza incorrere nelle sanzioni previste dall'art. 14 comma 1 lettera b) dell'O:M: 88\2024. Il collaboratore infatti, nel momento in cui ha richiesto aspettativa dal ruolo nel suddetto profilo professionale di personale ata è d un docente supplente fino alla scadenza dell'aspettativa e soggetto alla normativa che disciplina il personale docente a tempo determinato, cioè l'O.M. 88\2024 , che ha disposto l'aggiornamento delle graduatorie provinciali di supplenza e delle graduatorie di istituto. L'art. 14 comma 1 lettera b) della suddetta ordinanza prevede che: "b) l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze di cui all’articolo 2, comma 5, lettere a) e b), sia sulla base delle GAE che delle GPS, nonché, in caso di esaurimento o incapienza delle medesime, sulla base delle graduatorie di istituto, per tutte le classi di concorso/tipologie di posto di ogni grado di istruzione per l’intero periodo di vigenza delle graduatorie medesime." Le supplenze di cui all'art. 2 lettere a)e b) dell'ordinanza sono quelle annuali fino la 31\08 e quelle fino al termine delle attività didattiche fino al 30\06. Il collaboratore attualmente docente, abbandona do la supplenza sul posto di sostegno con contratto fino al 30\06, anche se nominato in sede di interpello per esaurimento delle GPS e delle graduatorie di istituto, non può conseguire altre supplenze sia sulla base delle GAE che in base alle graduatorie di istituto e agli interpelli per tutte le classi di concorso o tipologie di posto in ogni grado di istruzione fino all'anno scolastico 2026\2027, in cui scade il periodo di vigenza delle attuali graduatorie . Si precisa che in base alle disposizioni della circolare annuale sulle supplenze n. 157048/2025 le procedure di interpello, che sono attivate in caso di esaurimento delle GPS e delle graduatorie di istituto, sono soggette alle stesse regole delle citate graduatorie, comprese le sanzioni di cui all'art. 14 dell'O.M. 88/2024.

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Assunzione di docente in quiescenza: chiarimenti su trattamento economico e fiscale...
  • Gentile utente, occorre preliminarmente ricordare che gli aspetti retributivi, previdenziali e fiscali riguardanti il personale della scuola sono di diretta competenza del MEF/RTS/NoiPA, in quanto ufficio preposto al pagamento degli emolumenti, anche nella veste di sostituto d'imposta. Pertanto, non essendo previsto alcun adempimento afferente la competenza dell'istituzione scolastica, sarebbe necessario che eventuali richieste e/o sollecitazioni in merito venissero rivolte dal docente stesso direttamente al soggetto che provvede ai pagamenti. Ad ogni buon conto, rispondiamo con ordine alle diverse domande poste nel quesito. E necessario, innanzitutto, precisare che, come previsto dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, c. 283 L. 197/2022, che ha aggiunto l’art. 14.1 al D.L. 4/2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26), il docente, avendo compiuto i 67 anni (età per la pensione di vecchiaia), ha superato il periodo di "incumulabilità" previsto dalla Quota 103. Pertanto, può percepire interamente sia la pensione che il reddito da lavoro dipendente senza che la pensione venga sospesa o decurtata. Per quanto concerne l’inquadramento stipendiale, il docente percepirà il trattamento economico tabellare iniziale previsto dal CCNL Scuola per il personale a tempo determinato (gradone 0-8). Infatti, indipendentemente dall'anzianità maturata prima del pensionamento, il rapporto di lavoro che si instaura tramite MAD (o graduatorie) post-quiescenza è giuridicamente un nuovo contratto, che nello specifico è a tempo determinato.. In merito alle ritenute, il fatto di essere pensionati non esonera dal versamento dei contributi obbligatori sul nuovo lavoro dipendente. Le ritenute saranno quelle normalmente previste per i contratti a tempo determinato, ovvero: Ritenute Previdenziali (INPS - ex INPDAP): Il docente è soggetto alla normale contribuzione previdenziale carico del dipendente (aliquota ordinaria, attualmente l'8,80% per la gestione pubblica). Da evidenziare che tali contributi non vanno "persi". Il docente potrà richiedere in futuro un supplemento di pensione (dopo 5 anni dalla data di decorrenza della pensione o dall'ultimo supplemento, oppure una tantum dopo 2 anni se è l'unica volta) per valorizzare questa nuova contribuzione. Fondo Credito (0,35%): Trattenuta obbligatoria per i dipendenti pubblici. Ritenute Fiscali (IRPEF e Addizionali): Verranno applicate le aliquote IRPEF scaglionate in base al reddito presunto derivante solo da questo contratto (salvo diversa richiesta del docente). La norma non prevede agevolazioni fiscali specifiche. Il reddito da pensione e il reddito da lavoro dipendente si sommeranno in sede di dichiarazione dei redditi (Modello 730 o Redditi PF), formando un unico reddito complessivo. Aggiungiamo infine che, per evitare un conguaglio fiscale elevato, sarebbe opportuno consigliare al docente di richiedere espressamente al MEF/NOIPA: Di non applicare le detrazioni per lavoro dipendente (poiché probabilmente già usufruisce delle detrazioni per pensione sull'assegno INPS, e spesso non sono cumulabili oltre certe soglie). Oppure, di applicare direttamente un'aliquota IRPEF maggiorata (ad esempio fissa al 35% o 43% a seconda del suo reddito pensionistico), così da abbattere il debito in sede di 730.

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Un docente richiede le ferie nei giorni di lezione presentando una motivazione generica: come procedere?
  • Un docente chiede di fruire di 6 giorni di ferie per motivi personali come i 3 giorni di permesso art. 15 del CCNL. Nell'autodichiarazione non vuole...

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Indizione di elezioni suppletive per la componente genitori: possibilità di deroga ai termini stabiliti...
  • Nel caso in cui le dimissioni dei due genitori fossero state accolte dal consiglio in data antecedente al giorno di inizio della procedura elettorale, di cui all’O.M. 215/1991, in riferimento ai giorni delle elezioni fissati dal direttore dell’USR, si sarebbero dovute tenere le elezioni suppletive secondo la tempistica della citata O.M. Nel caso di dimissioni accolte in data successiva, non è possibile dar luogo a elezioni suppletive secondo una calendarizzazione difforme rispetto a quella determinata in base alla data fissata dal direttore dell’USR. Le elezioni, per la copertura dei seggi lasciati liberi dai dimissionari, si svolgeranno il prossimo anno scolastico. A nulla rileva, sotto il profilo giuridico, che la rappresentanza dei genitori nel consiglio di istituto sia per il corrente anno scolastico sottodimensionata rispetto alla composizione originaria. Si fa presente a conferma di quanto sopra che, secondo la previsione dell'art. 37 del D.Lgs. 297/1994, “l’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza”.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Verifica della corretta attribuzione del regime TFS/TFR per un docente immesso in ruolo nel 2001 e aderente al Fondo Espero nel 2005...
  • Gentile utente, effettivamente il regime corretto è TFR. E' necessario richiedere flussi a variazione al MEF dal 1° ottobre 2012 in poi, l'istituzione scolastica dovrà procedere con la modifica del regime dal 01/01/2006 al 30/09/2012 sostituendo OPTANTE con TFR ed inserire le retribuzioni valutabili e teoriche tabellari TFR dal 14/09/2000 al 31/12/2005 oltre che inserire il regime TFR in tali periodi.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Valutazione della richiesta di ripetenza per uno studente con disabilità grave: quadro normativo e procedure operative...
  • Il tema delle ripetenze degli alunni con disabilità è disciplinato dalla normativa in modo approfondito e negli ultimi anni sono intervenute anche sentenze in merito che hanno definito con più precisione le decisioni da adottare. È ovvio che una richiesta dei genitori di un alunno con disabilità di far ripetere l’anno non è sufficiente per adottare una simile decisione, ma tale scelta deve basarsi se possa o no giovare al ragazzo oppure recargli un grave pregiudizio da un punto di vista di crescita psicofisica che l’impedimento al passaggio al grado superiore potrebbe causare all'alunno. Il trattenimento di un alunno con disabilità può essere previsto se vi sono concreti motivi che devono emergere in sede di Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione. La ripetenza degli alunni con disabilità è disciplinato dalla L. 104/1992, dal d.Lvo 16.4.1994, n.297 e dal dlgs 62/2017. Si ricorda che “per gli alunni con disabilità certificata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si procede alla valutazione sulla base del piano educativo individualizzato (PEI)”. Pertanto, in sede di GLOI sentite tutte le figure previste dal DI 182/2020 e dal suo correttivo DI 153/2023, come modificate e integrate dal d.lgs. 66/2017 e dal recente d.lgs. 96/2019, può essere adottata la decisione di un’eventuale ripetenza dell’alunno con disabilità con motivazioni adeguate che poggiano su una fondata analisi clinico – evolutiva dello studente. A parere dello scrivente, si sconsiglia la ripetenza perché la scuola deve garantire una crescita “negli apprendimenti scolastici”, secondo le effettive capacità di ciascuno. Stando ai più recenti protocolli clinici e pedagogici, di norma è consigliabile inserire il ragazzo con disabilità in un gruppo classe dell’età anagrafica a lui più vicina. Il corretto sviluppo evolutivo, infatti, lo si raggiunge con il gruppo dei pari. In questo caso, il ragazzo con disabilità avrebbe già dovuto frequentare le scuole secondarie di secondo grado. In base al d.lgs. 62/2017, al D.M. n° 741/17 e alla Nota ministeriale esplicativa prot. n° 1865/17 gli studenti con disabilità hanno diritto al diploma conclusivo del primo ciclo, purché effettuino l’esame su tutte le materie, anche se svolti con prove differenziate, perché basate sugli obbiettivi del proprio PEI e volte a verificare “il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali”. Una ripetenza di un alunno con disabilità, in particolare se sono previsti percorsi curricolari non globalmente corrispondenti alla programmazione della classe, non trova adeguate motivazioni didattico - educative, poiché la normativa prevede le ripetenze solo per far raggiungere allo studente gli obiettivi essenziali previsti dai singoli consigli di classe in un tempo più lungo, mentre il PEI personalizzato non pone questo specifico traguardo e deve essere adattato alle reali capacità dello studente con disabilità. Si ricorda che le decisioni prese in sede di GLOI debbano poi essere ratificate nello scrutinio finale al termine dell’anno scolastico. Purtuttavia, è possibile non ammettere lo studente alla classe successiva nell'interesse esclusivo dell’alunno stesso, a condizione che tale decisione sia supportata da adeguate motivazioni didattiche e da una precisa procedura. La normativa di riferimento sull'inclusione (L. 104/92 e D.Lgs. 66/2017) impone di agire sempre nel migliore interesse dello studente. Far frequentare il grado superiore senza la preparazione minima necessaria per affrontare quel contesto, o quando il cambiamento di ambiente è ritenuto dannoso per l'equilibrio psicofisico, potrebbe giustificare la decisione di una ripetenza. La non ammissione deve essere un atto formale, non discrezionale, basato su una documentata valutazione didattica. Il Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) deve essere convocato per analizzare l'attuazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e valutare gli obiettivi raggiunti. Si deve verificare e documentare in particolare che gli obiettivi di autonomia e comunicazione stabiliti dal PEI non sono stati raggiunti in misura sufficiente a garantire un inserimento proficuo nel nuovo contesto della Scuola Secondaria di II grado ed evidenziare se ci sono altri aspetti da tenere in considerazione, per esempio, se in base all’ICF vi siano ostacoli a un inserimento ambientale nuovo e non adeguato alle caratteristiche psicofisiche dell’alunno con disabilità. Fondamentale è l’acquisizione del parere del neuropsichiatra. Infine, il CdC, nella seduta di scrutinio finale, deve formulare una proposta motivata di non ammissione. La motivazione deve essere estremamente dettagliata e non può limitarsi al mancato raggiungimento degli obiettivi disciplinari (dato che si tratta di condizione di disabilità avente necessità di sostegno intensivo). Deve invece concentrarsi sulla decisione di non ammissione deve essere facendo riferimento al dlgs 62/2027 e alla normativa sulla valutazione, che consente la non ammissione in casi eccezionali e motivati, applicandolo con la flessibilità richiesta dall'inclusione.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Indicazioni per il calcolo del congedo parentale per un dipendente a t.d. che lavora solo il venerdì...
  • Come redazione e in generale, il personale ATA a tempo determinato con un contratto di 6 ore settimanali (lavora solo il venerdì) è da considerare come un dipendente in part-time verticale. Al riguardo, in diversi Orientamenti per altri Comparti (cfr. M24 -M19 del 24/05/2011 comparto Ministeri), l’ARAN precisa che "il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi (vedi art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 del Comparto Ministeri)." Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. La stessa ARAN, con l’O.A. 13 aprile 2021 CIRS79, specificatamente per il comparto scuola, per quanto concerne l’esatto computo del periodo di congedo parentale chiesto da un dipendente a tempo determinato in regime di part time verticale, ha ribadito che il calcolo di tale periodo di assenza deve effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. Tuttavia ciò premesso, si ribadisce che non ci sono precise regole contrattuali per il personale scolastico, quindi, alla luce degli Orientamenti ARAN sopra citati, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e il congedo (sia parentale che per malattia del bambino) è computato con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. Pertanto, secondo questi orientamenti le assenze dovute a congedo parentale e malattia del bambino si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio. Infatti, come detto nelle nostre ultime risposte in argomento, dal momento che non viene previsto il riproporzionamento, teoricamente il dipendente dovrebbe essere considerato in congedo per tutta la durata del periodo richiesto e ciò vale per tutti i periodi di congedo parentale indipendentemente se indennizzati o meno. Per evitare ciò le domande di assenza del dipendente dovrebbero e possono essere riferite solo alle giornate in cui ha servizio a scuola e non per un intero periodo temporale. Pertanto, in riferimento al caso di specie, se la dipendente ha presentato una unica richiesta di assenza a titolo di congedo parentale dal 20 novembre 2025 al 20 febbraio 2026, sarà considerata assente - a titolo di congedo – per l’intero periodo in cui avrebbe avuto servizio a scuola e, quindi, a nostro avviso anche la procedura SIDI è corretta.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Calcolo dell’orario giornaliero per i supplenti brevi in caso di scuola funzionante su cinque giorni settimanali...
  • Come già sostenuto in altre risposte presenti in banca dati, l’orario del supplente temporaneo deve seguire quello del titolare sostituito. Ciò significa che, in caso di personale ATA, se il titolare svolge un orario di 7 ore e 12 minuti giornalieri, anche il supplente rispetterà tale orario; in caso di personale docente della scuola dell’infanzia invece, il supplente sarà tenuto a svolgere l’orario di 5 ore giornaliere al pari del sostituito. Infatti l’orario assegnato al personale non è funzionale alle esigenze del lavoratore ma a quelle organizzative della istituzione scolastica: è dunque il dirigente scolastico a stabilire l’organizzazione del servizio cui il personale deve attenersi e questa non varia a seconda del fatto che esso sia erogato continuativamente da personale titolare oppure da personale nominato con incarichi di supplenza breve e temporanea. Si tenga infine presente che il riposo settimanale spetta – per l’appunto – se il supplente completa l’orario settimanale del titolare, come disposto dall’articolo 40, comma 3 e dall’articolo 60, comma 2 del CCNL 29/11/2007, tuttora vigenti, secondo cui “Nel caso di completamento di tutto l’orario settimanale ordinario, si ha ugualmente diritto al pagamento della domenica ai sensi dell’articolo 2109, comma 1, del codice civile”.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Docente rientrata da un congedo straordinario per dottorato all’estero: richiesta di ulteriore aspettativa per contratto di ricerca non ancora sottoscritto...
  • Una docente dell'istituto ha terminato in data 30 settembre 2025 un congedo straordinario per dottorato di ricerca svolto presso un'università...

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Copertura dei costi della formazione obbligatoria dei datori di lavoro: possibilità di utilizzo del Programma Annuale...
  • L'Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 – “Accordo, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi in materia di salute e sicurezza, di cui al medesimo decreto legislativo n. 81 del 2008”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio 2025 – introduce importanti modifiche alla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, ha previsto la formazione obbligatorie riservata ai datori di lavoro ai sensi dell’art. 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008. In ambito scolastico essa riguarda tutti i dirigenti a capo delle istituzioni. Fino all’entrata in vigore dell’Accordo detti dirigenti erano tenuti a riceverla solo nell’ipotesi in cui svolgessero direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell’articolo 34 del D.lgs. n. 81 del 2008. A regime la formazione obbligatoria ha una durata minima di 16 ore, mentre l’aggiornamento deve essere effettuato con cadenza quinquennale e con durata minima di 6 ore, in relazione agli specifici compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro assunti. Resta fermo che i corsi in materia di sicurezza già effettuati, se conformi all’Accordo del 17 aprile 2025, sono considerati pienamente validi. In via generale e di regola, spetta all’Amministrazione l’erogazione di tale formazione ai dirigenti scolastici, in coerenza con l’articolo 24 del CCNL dell’area “istruzione e ricerca” 2016-2018 il cui comma 2 dispone che “[…] la formazione e l'aggiornamento professionale del dirigente sono assunti dalle amministrazioni come metodo permanente teso ad assicurare il costante aggiornamento tecnico e lo sviluppo delle competenze organizzative e manageriali necessarie allo svolgimento efficace del ruolo. Le iniziative di formazione sono destinate a tutti i dirigenti, compresi quelli in distacco sindacale.” L’Amministrazione, qui rappresentata dall’Ufficio Scolastico Regionale di riferimento, deve dunque farsi carico di provvedere a detta formazione obbligatoria per tutti i dirigenti scolastici avvalendosi di enti qualificati affinché sia svolta in conformità con la normativa vigente. I commi 4 e 5 del medesimo articolo, inoltre, specificano che gli interventi formativi, secondo le singole finalità, devono prevedere sia contenuti di formazione al ruolo sia contenuti specialistici in correlazione con specifici ambiti e funzioni su cui insiste l’azione dirigenziale. A tal fine, l’amministrazione, secondo i rispettivi strumenti di bilancio e le specifiche sfere di autonomia e di flessibilità organizzativa ed operativa, definisce annualmente le risorse da destinare ai programmi di aggiornamento e di formazione dei dirigenti tenendo conto dei propri obiettivi di sviluppo organizzativo, dell’analisi dei fabbisogni formativi e delle direttive generali in materia di formazione. La direttiva più recente del Ministro della Pubblica Amministrazione in materia di valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione è quella del 14 gennaio 2025. In essa, viene ricordato che “Numerose discipline di settore hanno previsto, nel tempo, specifici piani o obblighi formativi, declinati in termini generali o quali requisiti di qualificazione per lo svolgimento di determinate funzioni, per l’efficace realizzazione di alcune attività amministrative e, più in generale, il rafforzamento della capacità amministrativa. Ciò, in ossequio al principio generale secondo il quale la programmazione autonoma, da parte delle amministrazioni, delle attività formative correlate ai propri specifici fabbisogni, è bilanciata dal dovere di pianificare ed attuare interventi formativi previsti e imposti dalla legge o da altre fonti normative, generali e di settore. Senza pretesa di esaustività, in questa sede si richiama l’obbligatorietà, per tutte le amministrazioni, della formazione in materia di: a) attività di informazione e di comunicazione delle amministrazioni (l. n. 150 del 2000, art. 4); b) salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. n. 81 del 2008, art. 37); c) prevenzione della corruzione (l. n. 190 del 2012, art. 5); d) etica, trasparenza e integrità; e) contratti pubblici; f) lavoro agile; g) pianificazione strategica.” La Direttiva evoca esplicitamente il dovere di ciascuna amministrazione di porre in essere interventi formativi “previsti e imposti dalla legge o da altre fonti normative, generali e di settore” e, tra le iniziative obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche, cita anche quelle in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro di cui all’articolo 37 del D.lgs. n. 81/2008 oggetto della novella nell’ambito dell’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025. Tuttavia, qualora l’Amministrazione non provvedesse a ciò oppure nel caso in cui il dirigente scolastico, richiesto formalmente al proprio Ufficio Scolastico Regionale l’accesso al percorso formativo per datori di lavoro, acquisisse in modo altrettanto formale riscontro negativo a tale istanza, a parere della redazione egli potrebbe disporne le relative spese a carico del bilancio dell’istituzione scolastica. Infatti, considerata la necessità di adempiere al nuovo obbligo formativo introdotto dal citato Accordo e tenuto conto che trattasi di spese che lo Stato dovrebbe comunque sostenere a fronte del vincolo normativo da cui discende, si ritiene che il dirigente, così facendo, non incorra nel rischio di determinare alcun danno erariale.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Formazione in materia di sicurezza: un parere sui corsi svolti dal DS...
  • Si ritiene opportuno sottolineare preliminarmente che il nuovo Accordo Stato – Regioni del 17 aprile 2025 - Rep. Atti n. 59/CSR (che ha sostituito il precedente del 21 dicembre 2011), ridefinisce la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in attuazione dell’art. 37 del D.Lgs. 81/2008. Una novità significativa deriva dall’obbligo formativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro per tutti i “datori di lavoro”, inclusi i Dirigenti scolastici. Sulla scorta di quanto prescritto nel richiamato Accordo Stato-Regioni, il Corso di Formazione per i datori di lavoro ha una durata di 16 ore, mentre per l’aggiornamento sono previste almeno 6 ore ogni 5 anni per tutti i settori ATECO, inclusa la Scuola. Entrambi i suddetti corsi, sia di base che l’aggiornamento, possono essere svolti integralmente in modalità e-Learning. Ciò premesso, in riferimento al caso in esame l’Attestato conseguito dalla Dirigente scolastica nel 2005 in qualità di RSPP non è più valido da tempo, poiché la normativa precedente (e confermata nel nuovo Accordo Stato-Regioni) prevede un aggiornamento quinquennale obbligatorio. Tenuto conto che la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro che ha ricevuto in passato la Dirigente scolastica non copre gli specifici obblighi del “datore di lavoro” ai sensi della normativa vigente e dell’Accordo Stato-Regioni del 2025, per essere in linea con l’attuale normativa la Dirigente scolastica deve pertanto frequentare un corso di formazione specifica di 16 ore, che dovrà essere completato entro 2 anni dall’entrata in vigore del suddetto nuovo Accordo Stato-Regioni (avvenuta il 24 maggio 2025, giorno della sua pubblicazione sulla G.U. n. 119), quindi entro il 24 maggio 2027. In sintesi, la nuova formazione di 16 ore della Dirigente scolastica è dovuta a causa dell’evoluzione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e degli obblighi specifici legati alla sua figura di datore di lavoro.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Organizzazione del lavoro agile e da remoto per il personale ATA: criteri di pianificazione delle giornate lavorative e ruolo del DS...
  • Stiamo definendo un regolamento interno sul LAVORO AGILE e LAVORO REMOTO. Dopo aver definito nel regolamento tutti gli aspetti generali, emerge una domanda riguardante l'applicazione operativa nei singoli casi specifici. Il caso che viene sottoposto riguarda il lavoro agile e/o da remoto per Assistenti amministrativi e riguarda la definizione delle giornate lavorative da svolgere "da casa" e quelle da svolgere "a scuola"

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Ferie del personale ATA con orario su cinque giorni: è corretto applicare il coefficiente 1,2 quando tra due giorni di ferie ricorre una festività?
  • Non si concorda con quanto sostenuto dalla dipendente. Le festività nazionali, stabilite dall’Ordinanza ministeriale n. 105 del 28 maggio 2025 e non coincidenti con la domenica, non influiscono sul calcolo delle ferie spettanti al personale scolastico. In tali giornate la prestazione lavorativa non è dovuta, tuttavia la loro qualificazione come giorni lavorativi ai fini del conteggio delle ferie rimane invariata. Ferma restando la disciplina relativa ai cosiddetti prefestivi (V. DPR 209/87, art. 36, comma 3), si evidenzia che il comma 5 dell’art. 13 del CCNL 2007, non modificato dai successivi CCNL, asserisce che “nell’ipotesi che il POF d’istituto preveda la settimana articolata su cinque giorni di attività, per il personale ATA il sesto è comunque considerato lavorativo ai fini del computo delle ferie e i giorni di ferie goduti per frazioni inferiori alla settimana vengono calcolati in ragione di 1,2 per ciascun giorno” (da detrarre dai 32/30, in base all’anzianità di servizio). Il fatto che il sesto giorno sia una giornata festiva, oppure che vi siano festività infrasettimanali, non incide sull’applicazione del suddetto comma, che si ritiene applicabile anche alle istituzioni scolastiche con articolazione su sei giorni, qualora il personale ATA svolga l’attività lavorativa su cinque giorni con orario flessibile ai sensi dell’art. 64 del CCNL 2019-2021. In definitiva, dalla lettura del comma 5 dell’art. 13 del CCNL 2007 emerge con chiarezza che “i giorni di ferie goduti per frazioni inferiori alla settimana vengono calcolati in ragione di 1,2 per ciascun giorno”, senza ulteriori specificazioni. La norma contrattuale non prevede che il coefficiente 1,2 si applichi solo nel caso in cui l’intera settimana risulti di fatto lavorativa, ma si limita a disciplinare le giornate di ferie fruite a settimana non intera. Pertanto, anche nelle situazioni descritte nel quesito, le giornate di ferie devono essere conteggiate applicando il coefficiente 1,2 per ciascun giorno.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Ingresso anticipato dei genitori nelle pertinenze scolastiche prima dell’orario ufficiale: misure di sicurezza, responsabilità civile...
  • Gentile utente, la responsabilità della scuola per la vigilanza sugli alunni minori inizia con l’accesso ai propri spazi di pertinenza, incluso il cortile (recintato) esterno all’edificio scolastico vero e proprio. Qualunque soluzione che ammetta gli alunni in tali spazi e contemporaneamente non predisponga l’attività di vigilanza espone a potenziali rischi, che vanno valutati e mitigati. In questa chiave, abbiamo sempre espresso forti perplessità in relazione a quesiti e proposte simili, perché è indubbio che se i ragazzi entrano nella sfera di pertinenza giuridica della scuola non si potrà mai dire "noi non siamo responsabili". Si può solo pensare a misure di mitigazione e prevenzione. Come abbiamo più volte evidenziato, non è possibile dare una indicazione certa, che permetta di evitare o superare senza margine di errore un eventuale contenzioso. Se il cortile é però esclusivamente "gestito" dalla scuola, nel senso l’istituzione è l’unica a poter decidere in merito all'utilizzo dello stesso, in quanto pertinenza dell'edificio e in quanto spazio utilizzato esclusivamente a fini di servizio delle attività scolastiche, certamente spetta alla scuola vigilare su quanto accade in quell'area. Con quale forma di vigilanza e con quale tipo di organizzazione, spetta alla Scuola determinarlo, dandone adeguata comunicazione alle famiglie. Nel caso in cui si decida comunque di procedere con l'ipotesi descritta nel quesito, la soluzione prospettata nel quesito (una semplice comunicazione alle famiglie) non appare però essere completamente adeguata. Si suggerisce di affrontare il problema su più livelli. In primo luogo, sicuramente occorre una regolazione della permanenza degli alunni nell’area esterna prima dell’inizio delle lezioni (norme di comportamento, divieti, avvertenze). Tale regolazione, fatta deliberare dal Consiglio di Istituto, va pubblicata con forme adeguate (sito web dell’Istituzione, Bacheca de Registro Elettronico) e portata a conoscenza di tutti gli interessati. Per maggiore tutela, si suggerisce anche di richiederne la firma per presa visione da parte dei genitori. Non va mai, comunque, “dichiarata” formalmente l’assenza di vigilanza sugli spazi in questione, poiché questa dichiarazione potrebbe perfino essere vista, in caso di incidente, come prova di condotta gravemente colpevole (si era a conoscenza del rischio, lo si era anzi in qualche modo preventivato e non si era fatto nulla per impedirlo ...). In secondo luogo, parallelamente a quanto appena indicato, all’interno della regolamentazione sopra descritta, dovrebbe far parte un servizio “minimo” di vigilanza diffusa, affidato esplicitamente ad uno dei collaboratori scolastici (eventualmente, più di uno; eventualmente, a turno – dipende dalle risorse complessivamente disponibili). Sul punto, riteniamo opportuno un passaggio al tavolo sindacale, sia per le modalità di attribuzione / turnazione dell’incarico, sia per un eventuale compenso aggiuntivo che faciliti la partecipazione del personale coinvolto. In terzo luogo, si potrebbe affidare a qualcuno dei collaboratori del dirigente l’incarico di vigilare a sua volta – magari in modo saltuario, ma con incarico formale – sul corretto svolgimento delle cose: che gli alunni rispettino il regolamento, che i collaboratori scolastici facciano la loro parte. Non basta che le regole esistano: di tanto in tanto, bisogna anche dare evidenza che si vigila sulla loro applicazione. Questo complesso di azioni, è importante ribadirlo, non pone del tutto al riparo dai rischi, né esime da ogni responsabilità. Tuttavia, nella malaugurata ipotesi che un incidente si verifichi, permetterà al giudice di valutare in concreto le colpe in relazione alle iniziative assunte ed alle circostanze concrete, non in base ad una astratta presunzione di colpevolezza oggettiva. Il fatto di aver organizzato una rete di sorveglianza - nei limiti delle risorse umane e materiali disponibili - costituisce, di solito, una buona protezione. Infatti, quel che potrebbe accadere in pratica non è valutabile in anticipo. In caso di contenzioso conseguente ad eventuali incidenti, spetterebbe comunque alla scuola dimostrare in giudizio l’impossibilità materiale di provvedere altrimenti e l’aver informato correttamente e senza ambiguità le famiglie. Per ribadire quanto sia importante che le scelte operate dalla Scuola siano chiare, motivate e debitamente comunicate alle famiglie, dal punto di vista della giurisprudenza, segnaliamo la sentenza n. 235 del 20 febbraio 2008 del Tribunale di Trieste, riguardante un caso analogo, ha posto l'accento sul fatto che la scuola aveva ben evidenziato nei sui atti ufficiali che “il luogo di passaggio delle responsabilità sui minori tra famiglia e scuola (dunque il momento dell'affidamento al personale) era individuato nei relativi portoni di ingresso degli edifici” e quindi non ai cancelli di ingresso dei cortili. E che "nel piano dell'offerta formativa si giustifica questa previsione con la esigenza di permettere agli alunni ed ai genitori che li accompagnano di utilizzare i cortili stessi come luogo sicuro di sosta e di attesa, prima e dopo l'orario di presenza degli insegnanti atteso che all'esterno dei cortili delle scuole... sono presenti situazioni ad alto rischio per i minori a causa del traffico intenso".

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Nomina del RUP nelle istituzioni scolastiche alla luce del D.Lgs. 36/2023: possibilità di delega al DSGA?
  • Riprendendo precedenti risposte, si ricorda che il Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 15, c. 2, D.lgs. n. 36/2023 e ss.mm.ii.) prevede che: - il RUP venga nominato per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice “nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare”. Dall’esegesi della norma citata emerge con chiarezza, ad avviso dello scrivente, che non può ritenersi legittima una generale nomina a RUP (come spesso erroneamente viene ritenuto), ma che occorra un atto di nomina per ogni procedura, da conferire in base alle condizioni e ai requisiti di seguito illustrati. Infatti, ai commi successivi, l’art. 15 dispone che: - il RUP venga scelto tra i dipendenti della stazione appaltante, anche assunti a tempo determinato, preferibilmente in servizio presso l’unità organizzativa titolare del potere di spesa. E’ possibile, in caso di accertata carenza in organico di personale in possesso dei requisiti richiesti, di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche. - il RUP sia in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2 del Codice stesso e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti al medesimo affidati, nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni. Per quanto riguarda in particolare i servizi e le forniture, l’art. 5 dell’allegato I.2 richiede che il RUP possegga un titolo di studio di livello adeguato ed esperienza professionale, in costante aggiornamento, “maturata nello svolgimento di attività analoghe a quelle da realizzare in termini di natura, complessità e importo dell’intervento, in relazione alla tipologia e all’entità dei servizi e delle forniture da affidare”. Il possesso di esperienza nel settore dei contratti di servizi e forniture è attestato anche dall’anzianità di servizio maturata: • di almeno un anno per importi inferiori alle soglie di rilevanza europea; • di almeno 3 anni per importi pari o superiori alle soglie di rilevanza europea. La stazione appaltante può individuare quale RUP anche un dipendente non in possesso dei requisiti richiesti, ma, in tal caso, deve affidare lo svolgimento delle attività di supporto al RUP ad altri dipendenti in possesso dei requisiti, ovvero a soggetti esterni; - la nomina a RUP non può essere rifiutata. Non è una delega ma un incarico obbligatorio. Il comma 2 del citato art. 15 afferma infatti: “[…] L’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato. In caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, l’incarico è svolto dal responsabile dell’unità organizzativa competente per l’intervento (ndr. identificato nel Dirigente Scolastico, nel caso della scuola).” Precisa, inoltre, il successivo comma 4: “Ferma restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.” Tuttavia, il nuovo Codice dei contratti pubblici prevede per il RUP, come visto, la possibilità di avvalersi di ausiliari. Del resto, il RUP può delegare alcune delle sue funzioni, ad esempio negli ambiti in cui non ha particolari competenze tecniche con tutte le conseguenze note: ovvero la responsabilità in capo al RUP per culpa in vigilando e quella del delegato per gli atti compiuti in forza della delega; - se non viene indicato alcun nominativo nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, la funzione di RUP viene svolta – a livello di istituzione scolastica – dal dirigente scolastico. Conclusivamente, alla luce del quadro normativo fin qui rappresentato è possibile affermare che: - il DSGA può essere incaricato della funzione di RUP soltanto nel caso in cui possegga i requisiti richiesti dall’allegato I.10. Qualora il DSGA ne sia privo, è necessario individuare dei dipendenti che ne siano in possesso per le attività di supporto allo stesso, se nominato RUP. Occorre inoltre precisare che è possibile abilitare il DSGA in qualità di RUP su ANAC , FVOE e MEPA e che tali abilitazioni non si configurano come una mera profilatura per procedere alla richiesta dei CIG, ma costituiscono il portato della formalizzazione dell’incarico di RUP (con la conseguente assunzione, da parte del personale individuato, dei compiti e delle responsabilità a esso spettanti) in relazione a ciascuna procedura per la quale il dipendente (DSGA) procede all’acquisizione del relativo CIG; - l’incarico deve trovare statuizione nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, ovvero nella decisione di contrarre (cfr. art. 17, c. 1, D.lgs. n. 36/2023). Non vi è bisogno di utilizzare formule sacramentali ma solo di indicare il nominativo del RUP (se non coincide con il Dirigente Scolastico) e di affermare di aver constatato la sussistenza dei requisiti professionali sopra indicati. Se detti requisiti non sono posseduti, occorre per di più indicare – nel medesimo provvedimento – il nominativo di chi fornisce a lui supporto, in quanto in possesso dei requisiti illustrati. Concludendo, confermiamo che è possibile incaricare il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi per la funzione di RUP in relazione ad ogni singola procedura ed è necessario che l’incarico venga formalizzato in base alle disposizioni e con le modalità sopra illustrate.

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