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Didattica a distanza e device in comodato d'uso: dubbi sulle SIM da utilizzare per la connessione...

 03/04/2020
 Autonomia gestionale e finanziaria
 
Scuola digitale: classi digitali

#pbb #giga #connessione #sim #carta #comodato #didattica #distanza #internet #intestatario #impresa
Domanda
Spett.le Italiascuola,
una famiglia del mio Istituto non ha gli strumenti e la connessione internet per permettere al figlio di seguire la didattica a distanza. Consegneremo, quindi, un device ai genitori, in comodato d'uso. Vista la loro situazione economica abbiamo pensato anche di acquistare una carta SIM per la connessione. La scuola, però, in questa ipotesi risulterebbe intestataria della carta. Cosa è possibile fare per evitare che venga attribuito alla scuola un utilizzo illecito della carta?
Chiedo, se possibile, una risposta in tempi brevi per poter supportare la famiglia il prima possibile.
Ringraziando per l'attenzione, saluto cordialmente.
Risposta
Premessa: sappiamo che il problema è sentito in questo momento da tantissimi Dirigenti, che giustamente si pongono il problema di tutte queste SIM acquistate dalla scuola, che andrebbero in giro con scarso controllo e con responsabilità correlate. Non abbiamo una soluzione certa, proviamo ad individuare un percorso possibile.

Su iniziativa del Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, a tutti gli studenti che abbiano difficoltà a svolgere o fruire del servizio di Didattica a Distanza molte imprese del settore propongono offerte temporanee gratuite di Giga. L’iniziativa è illustrata sul sito del Ministero https://innovazione.gov.it/coronavirussolidarieta-digitale-in-tutta-italia/, e l’elenco delle imprese, con le rispettive modalità di adesione alle offerte, può essere consultato alla pagina https://solidarietadigitale.agid.gov.it/, inserendo la parola
chiave GIGA nel riquadro della funzione "Cerca".
Pertanto, qualora la famiglia in questione possegga almeno un numero di telefonia mobile di una delle imprese elencate, potrà usufruire gratuitamente dell'offerta del proprio gestore telefonico. In alternativa alcuni gestori propongono offerte gratuite di Giga illimitati per un mese agli studenti tra i 14 e i 26 anni, anche non abbonati. In ultimo, qualora nessuna di queste possibilità fosse percorribile (per assenza di numero telefonico o mancata copertura della rete wifi gratis per i non abbonati) e ritenendo, chi scrive, difficile la gestione di SIM, l'Istituto può, ai sensi del DI 129/2018, art. 45, comma 1 lett. c), motivatamente deliberare l'erogazione di un contributo/borsa di studio allo studente bisognoso per un importo adeguato ai costi di attivazione di una connessione internet e il pagamento del canoni per i mesi che si renderanno necessari.

Sappiamo che non è la più agevole delle soluzioni, ma è l'unica che in questo momento ci viene in mente. Ovviamente la procedura va messa in piedi in modo molto agile, scrivendo poco (lo stretto indispensabile), con criteri semplici.
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Approfondimenti

Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

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In presenza di difficoltà dell'apprendimento non meglio specificate non è obbligatoria l'adozione di un Piano didattico personalizzato - T.A.R. LOMBARDIA - MILANO - Sezione Terza Sentenza 06/10/2017 n° 1903
Giurisprudenza
Va esclusa la legittimazione passiva del MIUR nel giudizio riguardante la non ammissione alla classe successiva di un istituto paritario, in quanto oggetto di contestazione sono esclusivamente gli atti della scuola paritaria, unica legittimata a resistere. L’area dei Bisogni Educativi Speciali (BES) comprende problematiche diverse e più vaste dei DSA, che normalmente non vengono o possono non venire certificate ai sensi della l. 104/92 e che quindi non danno diritto alle misure contemplate dalla legge in questione, ma aprono a diversi canali di cura educativa. Come chiarito dal Ministero in plurime circolari e note, in questi casi la scuola può intervenire nella personalizzazione in diversi modi, ma in presenza di difficoltà non meglio specificate va esclusa l’obbligatorietà dell’approvazione di un Piano didattico personalizzato. Solo qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) e del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative. (Nel caso di specie i genitori impugnavano la bocciatura del proprio figlio lamentando che la stessa fosse dovuta alla mancata considerazione, da parte dei docenti, dei problemi allo stesso diagnosticati e alla mancata adozione di misure idonee ed efficaci in risposta a tali criticità. La scuola, infatti, aveva adottato un Piano didattico di gruppo che i ricorrenti ritenevano carente di personalizzazione.)
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Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 03/02/1995 n° 145
Giurisprudenza
In osservanza del D.P.R. 31.5.1974, n. 417, l’assegnazione alle classi del personale docente deve essere effettuata in base alla disposizione contenuta nell’art. 3, lett. d), e quindi “sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e delle proposte del collegio dei docenti”. E’ comunque fatta salva la possibilità per il dirigente scolastico di discostarsi da essi, motivatamente. Nel caso concreto, il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima per eccesso di potere l’assegnazione effettuata poiché la direttrice didattica avrebbe tenuto in considerazione il solo criterio dell’anzianità di servizio, trascurando altri criteri altrettanto rilevanti ai fini di un approfondito e corretto esercizio del potere discrezionale, quali la disponibilità dei docenti, la situazione di famiglia degli stessi, l’anzianità di servizio nella sede e la distanza dall’abitazione. Inoltre avrebbe errato nel pretermettere, senza attribuirle alcuna considerazione, l’indicazione, proveniente da alcuni docenti, di disporre un avvicendamento tra tutti gli insegnanti.
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Il servizio presso scuole paritarie non può essere valutato nella ricostruzione di carriera - Tribunale BOLOGNA - Lavoro Sentenza 20/07/2017 n° 773
Giurisprudenza
Dagli artt. 1 della legge 62/2000 e 2, comma 2, d.lvo 255/ si evince che il principio di equivalenza tra il servizio d'insegnamento svolto nelle scuole Statali e quello svolto nelle scuole paritarie può essere riconosciuto solo ai fini dell'inserimento nelle GAE, di assoluto favore per gli insegnanti delle scuole paritarie. Si tratta, infatti, di due datori di lavoro diversi, con la conseguenza che, anche a voler dare applicazione del principio di cui all'art. 4 dell'Accordo quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, il servizio reso presso le scuole paritarie non può essere valutato ai fini della ricostruzione di carriera. (Nel caso di specie il Tribunale ha rigettato la domanda con cui una docente aveva richiesto il riconoscimento del servizio svolto presso una scuola paritaria nel periodo 2008-2015, nell'ambito delle operazioni di mobilità del personale docente per l'anno 2016/2017. La giurisprudenza sul punto è controversa).
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Operazioni di mobilità e benefici ex L. 104/1992; il titolare del diritto non è obbligato a scegliere la sede più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza - Corte di Cassazione - Lavoro Ordinanza 30/03/2018 n° 7981
Giurisprudenza
L'art. 33 comma 5 della Legge n. 104 del 1992 si limita ad attribuire al lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti) il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede ma non obbliga assolutamente il titolare del diritto a scegliere la sede che appaia più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza. Pertanto, il dipendente ATA che partecipa alle operazioni di mobilità non può dolersi in alcun modo dell'eventuale violazione della disposizione di cui al citato art. 33 comma 5 in danno del soggetto avente diritto alla scelta della sede più prossima al domicilio della persona da assistere. ( L'attuale CCNI sulla mobilità all'art. 40 prevede, per il personale ATA, la precedenza nelle operazioni di mobilità per l'assistenza al coniuge ed al figlio con disabilità nonchè per l' assistenza da parte del figlio referente unico al genitore con disabilità. Il successivo art. 41 prevede che il personale ATA (parente, affine o affidatario) che intende assistere il familiare ai sensi dell’art. 33, commi 5 e 7, della Legge n. 104/92, in qualità di referente unico, non è destinatario di una precedenza nell’ambito delle operazioni di mobilità; al fine di realizzare l’assistenza al familiare disabile, il personale interessato partecipa alle operazioni di utilizzazione e/o di assegnazione provvisoria, usufruendo della precedenza che sarà prevista dal CCNI sulla mobilità annuale).
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Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 24/11/2014 n° 5785
Giurisprudenza
L’omessa adozione di un percorso formativo personalizzato non può comportare ex post la rimozione di un giudizio finale negativo sul grado di formazione dello studente. Diversamente si violerebbero le finalità della L. 170/2010, che richiede di assicurare un livello di preparazione adeguato alle condizioni dello studente, livello che non sarebbe recuperabile in caso di ammissione alla classe superiore in presenza di deficit cognitivi. Nel caso di specie, peraltro, la certificazione medica non riscontrava una precisa diagnosi di DSA ed interveniva comunque tardivamente per poter avviare un percorso didattico personalizzato per l’anno scolastico in corso né la famiglia si era attivata per completare la diagnosi del disturbo al fine di avviare il percorso didattico conseguente. Non appare, dunque, ipotizzabile un’omissione o una scarsa diligenza da parte della scuola in un contesto in cui si poteva giustificare solo l’avvio di ulteriori accertamenti per un’effettiva diagnosi di DSA.
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: integrazione e disabilità#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#labilità #compiutezza #training #referto #aspergere #sensibilizzare #osservatore #disarmonia #coltivazione #esuberanza
E’ illegittima la bocciatura per troppe assenze se i voti sono sufficienti - T.A.R. PUGLIA - LECCE - Sezione Seconda Sentenza 25/05/2018 n° 899
Giurisprudenza
E’ illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento di non ammissione alla classe successiva di un alunno, motivato con riferimento al fatto che l’interessato è risultato assente per un elevato numero di giorni, nel caso in cui il medesimo alunno abbia comunque riportato un profitto scolastico complessivo e valutazioni intermedie tali da apparire idoneo al passaggio alla classe successiva e l’istituto scolastico non abbia opportunamente informato i genitori dei rischi di una non ammissione alla classe successiva, determinati dalle numerose assenze. Sotto il profilo normativo, l'art. 14, comma 7, del D.P.R. n. 122 del 2009 prevede che, nella scuola secondaria di secondo grado, per procedere alla valutazione finale di ogni studente, sia richiesta la frequenza ad almeno tre quarti dell'orario annuale, fatte salve le ipotesi di deroga (tra cui le assenze dovute a motivi di salute) che spetta ai singoli istituti scolastici prevedere. Nel caso in esame, l’alunno aveva frequentato per 685 ore, e quindi la frequenza aveva avuto ad oggetto un numero di ore inferiore ai ¾ del monte orario curricolare previsto dagli ordinamenti. Ciò nonostante, l’alunno aveva effettuato prove scritte e orali in tutte le materie, conseguendo risultati tali da renderlo idoneo alla promozione alla classe successiva. (Osserva il TAR come la giurisprudenza ha affermato che la presenza scolastica debba essere valutata quale mero presupposto per un proficuo apprendimento dell'alunno ma se egli, sebbene riporti numerose assenze, non evidenzi tuttavia problemi sul piano del profitto, tale presupposto non va interpretato con eccessiva severità, dal momento che una bocciatura motivata solo dal numero delle assenze potrebbe ingiustificatamente compromettere lo sviluppo personale ed educativo di colui che, dal punto di vista dell'apprendimento e dei risultati conseguiti rispetto agli insegnamenti impartiti, sarebbe stato altrimenti idoneo al passaggio alla classe successiva. Infatti, far ripetere l'anno scolastico ad un alunno nonostante abbia riportato tutti voti sufficienti, costituisce misura che può gravemente nuocere al suo percorso formativo e di vita, in quanto lo costringe a ripetere insegnamenti già acquisiti ed a perdere l'opportunità di apprendere, nella classe superiore, nuove conoscenze, comportando, in ogni caso, un ritardo nel suo corso di studi. In presenza di tali elementi, quindi, l’ipotesi di una bocciatura andava valutata con particolare attenzione e avrebbe necessitato di una motivazione rafforzata, anche alla luce delle possibili azioni che la scuola avrebbe potuto porre in essere nel caso specifico oltre a quelle consuete (ad esempio mediante comunicazioni alla famiglia o la convocazione dei genitori al fine di rendere noti i rischi di una non ammissione), nell'ambito di un rapporto improntato a reciproca e fattiva collaborazione).
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#alunno #assenza #bocciatura #profitto #frequenza #deroga #ripetere #apprendimento #borgo #valutazione
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 29/06/2011 n° 3479
Giurisprudenza
Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sussiste la competenza esclusiva del Consiglio di classe a valutare l’assegnazione del voto di condotta, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del D.L. 1.9.2008, n. 137, convertito in legge 30.10.2008, n. 169, ai sensi del quale la votazione sul comportamento degli studenti viene “attribuita collegialmente dal consiglio di classe”. Tale competenza appartiene al Consiglio di classe nella sua composizione ristretta ai soli docenti, e dunque senza la partecipazione allargata ai rappresentanti degli studenti e dei genitori, come espressamente stabilito dall’art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 297/1994, il quale fa espresso riferimento alla “sola presenza dei docenti” nel consiglio di classe in sede di valutazione periodica e finale degli alunni. Nel caso in esame, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato manifestato dagli studenti durante il viaggio d’istruzione, il Consiglio di classe aveva attribuito il voto di condotta pari a 7 a tutti gli studenti che avevano partecipato a tale viaggio, mentre agli studenti che non vi avevano preso parte avevano attribuito lo stesso voto di condotta del primo trimestre. Ebbene, la sentenza ha ritenuto corretta tale valutazione, affermando che la valutazione del Consiglio di classe ben può essere rivolta nei confronti di tutti gli alunni che hanno partecipato al viaggio d’istruzione o far riferimento ad un singolo episodio, mediante una valutazione “collettiva” che tenga conto del comportamento di una molteplicità di alunni, il quale denoti scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile. Inoltre, non sussiste uno specifico obbligo motivazionale a carico del Consiglio di classe: infatti, il voto di condotta esprime un giudizio che l’Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi dei ragazzi e, come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto di incontro tra l’azione di più agenzie educative (in primo luogo la famiglia, ma anche la scuola stessa) le quali sono chiamate ad interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata. Per tali ragioni, mentre il voto delle singole materie è volto ad esprimere un giudizio didattico, ovvero relativo al processo di apprendimento (e deve essere giustificato in relazione all’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi formativi), il voto in condotta, invece, esprime un giudizio più ampio, che investe sia la maturità personale complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con l’ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi fondanti della società e del vivere civile. Pertanto l’assegnazione del voto di condotta costituisce espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di classe.
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#viaggi di istruzione#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#genitori: organi collegiali#sola #attribuita #collettiva
T.A.R. PUGLIA - LECCE - Sezione Seconda Sentenza 12/03/2003 n° 967
Giurisprudenza
Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal Consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie, degli studenti (art. 3 comma 3 del D.P.R. n.275 del 1999). Il Piano dell’offerta formativa, sulla base della programmazione dell’azione educativa attribuita alla competenza del Collegio dei docenti dall’art.7 comma 2 del D.Lgs. n.297 del 1994, determina la quota del curricolo attribuita alla specifica istituzione scolastica, quota che integra la quota nazionale del curricolo obbligatorio e comprende le discipline e le attività liberamente scelte dalla specifica scuola. Nell’ambito dei curricoli, cioè della quota nazionale del curricolo, ogni istituzione scolastica può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta formativa, i propri percorsi didattici, secondo modalità fondate su obiettivi formativi specifici di apprendimento; la determinazione del curricolo deve tener conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio; il piano dell’offerta formativa, infine, è adottato dal Consiglio di circolo o d’istituto. Il coinvolgimento dei genitori degli alunni nella formazione del Piano dell’Offerta Formativa è idoneamente realizzato attraverso l’invito rivolto agli stessi a partecipare ad una riunione per discutere “proposte e suggerimenti da inserire eventualmente nel POF”. La decisione di consegnare alle famiglie il documento contenente il POF al momento dell’iscrizione degli alunni è qualificabile come forma di collaborazione tra la scuola e le famiglie e non certo come un obbligo giuridico corredato da sanzione, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999).
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#stilo #progressività #continuum
Vincolo quinquennale su posto di sostegno: nessun contrasto con la normativa comunitaria - Tribunale RAVENNA - Lavoro Ordinanza 12/04/2018 n° 1135
Giurisprudenza
Il vincolo quinquennale sul posto di sostegno, presupposto per concorrere alle operazioni della mobilità, sussiste esclusivamente per i lavoratori a tempo indeterminato e, dunque, solo per gli insegnanti di ruolo, posto che i contratti a termine, anche sul sostegno, hanno al massimo durata annuale e vengono conclusi per fare fronte a scoperture di organico (di fatto o di diritto). Ciò non contrasta con la direttiva 1999/70/CE, ed in particolare con la clausola 4 dell’ accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Infatti, nell’ipotesi del vincolo quinquennale, non si discute di anzianità di servizio, poiché non si valuta complessivamente la carriera del docente e non si riconosce agli anni passati complessivamente sul sostegno un particolare quid in termini di capacità e professionalità. Inoltre, deve riconoscersi l’esigenza dell’organizzazione scolastica di un periodo minimo di stabilità per ciascun docente ogni volta che si intraprende ex novo un percorso di insegnamento per un posto di sostegno. Infatti, è indubbio che la stessa, per come traspare dalle stesse previsioni normative che lo introducono, debba individuarsi nell’esigenza rafforzata di assicurare la continuità didattica agli alunni disabili, attraverso la precostituzione da parte del MIUR di un contingente sicuro ed adeguato di personale specializzato. Ciò in adempimento dell’obbligo dello Stato, a monte, di rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena ed effettiva uguaglianza sostanziale dei cittadini ai sensi dell’art.3 della Costituzione, mettendo a disposizione degli utenti disabili un servizio scolastico idoneo alle loro peculiari necessità. Pertanto, il vincolo di cinque anni rappresenta lo strumento utile e indispensabile per garantire al Ministero la disponibilità, per un arco temporale definito, di un nucleo sicuro di docenti specializzati, dei quali il Ministero necessita per garantire servizi scolastici qualificati e idonei a soddisfare le esigenze formative connesse ai problemi di disabilità. Lo stesso risultato non si può certo raggiungere nel caso di successione di incarichi a tempo determinato, perché in questo caso la continuità didattica e del servizio non può essere garantita subito ed a priori, all’inizio di ogni anno scolastico (anche perché gli incarichi a tempo determinato sono normalmente diretti a coprire temporanee vacanze di posto). Deve quindi ritenersi che il vincolo di permanenza del docente di ruolo abbia la sua ragion d’essere e risieda nel principio della continuità didattica necessaria per la tipologia del servizio, con precostituzione di un organico sicuro e predefinito di personale specializzato (e in ciò distinto dal resto dei docenti di ruolo su cattedre ordinarie), continuità didattica che al contrario non può essere assicurata dalle mere supplenze (ossia con personale temporaneo assunto in via eccezionale e senza concorso).
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#personale dipendente: trasferimento#personale docente#studenti: integrazione e disabilità#posto #vincolo #incarico #precostituzione #organico #cattedra #lavoratore #passaggio #quinquennio #handicap
La bocciatura costituisce un giudizio tipicamente discrezionale - T.A.R. EMILIA ROMAGNA - PARMA - Sezione Prima Sentenza 05/03/2018 n° 70
Giurisprudenza
E’ infondato il ricorso proposto avverso il giudizio di non ammissione alla classe successiva poiché, secondo giurisprudenza consolidata in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Qualora il ricorrente deduca, a sostegno del ricorso, la mancata attivazione dei corsi di recupero in tutte le materie in cui lo studente risultava deficitario, si osserva che, come già affermato in giurisprudenza, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove, poiché il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente, sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Non risulta fondata l’eccezione relativa al mancato coinvolgimento dei genitori, considerato che, grazie alla possibilità di accesso al registro elettronico, questi ultimi, se interessati, sono in condizione di monitorare costantemente il rendimento del proprio figlio.
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Carriera scolastica: i genitori, anche separati, hanno diritto di accesso ai relativi atti - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 19/06/2018 n° 6849
Giurisprudenza
Va affermato il diritto dei genitori, ancorché separati, di conseguire visione e copia dei documenti di scrutinio dei figli, sia ove ineriscano a compiti in classe che ad attestazioni ufficiali tratte dai registri di classe, che ai documenti valutativi di sintesi (c.d. pagelle). Va altresì affermato il diritto del genitore separato, quantunque in ipotesi non affidatario dei figli, di prendere visione ed estrare copia degli atti concernenti il percorso scolastico dei figli, senza che la spettanza di tale diritto sia subordinata ad autorizzazione o altro atto di assenso del Tribunale ordinario competente in sede id adozione di provvedimenti riguardanti i figli. Non ricorre nel caso la fattispecie di esclusione al diritto di accesso prevista dall'art. 24 L. n. 241/1990 relativa ai “procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinali relativi a terzi”, considerando che gli scrutini degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado non hanno carattere e natura selettivi, non consistendo in una selezione a merito comparativo, ma in un vaglio della loro preparazione in senso assoluto, ovverosia senza il confronto con altre posizioni. Né alla richiesta può essere opposta la norma generale in ossequio alla quale “non sono ammissibili istanza di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, posto che detta norma esclude che l’azione di accesso possa rivestire i connotati della actio popularis, disancorata al radicamento di un interesse personale e qualificato dell’istante, avendo il ricorrente domandato l’accesso dei compiti e delle relative annotazioni riguardanti il figlia minore. (Afferma in particolare il T.A.R.: "Non va al riguardo obliterato che la pretesa di un genitore di ottenere copia dei compiti svolti dal figlio e delle relative annotazioni valutative operate dai docenti, è funzionale all’obiettivo educativo di prendere contezza delle carenze nell’apprendimento e nel processo cognitivo del figlio, constatare quali possano essere le lacune culturali onde predisporre eventuali percorsi privati di sostegno e recupero scolastico. More solito gli stessi docenti privati di recupero domandano di poter visionare i compiti svolti dall’allievo al fine di appurare quali siano le faglie nella preparazione relativa alle singole materie di studio. [....]. Si è invero condivisibilmente affermato che “La qualità di genitore, anche se non affidatario del figlio in seguito alla separazione con l'altro coniuge, conferisce il diritto ad accedere alle informazioni relative alla frequenza del proprio figlio nella scuola (riguardanti, nella specie, il numero ed i motivi delle assenze, il numero dei pasti consumati e l'avvenuta - o meno - preiscrizione all'anno scolastico successivo); tale diritto non è condizionato ad un'eventuale autorizzazione da parte del tribunale, dal momento che la stessa veste di genitore legittima ad esercitare il diritto-dovere di vigilanza sull'educazione, sull'istruzione e sulle condizioni di vita del figlio anche attraverso la verifica delle concrete modalità d'inserimento nella scuola dallo stesso frequentata (T.A.R. Lazio – Latina, 9.7.2002 n. 753).”)
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#accesso agli atti amministrativi#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#accesso #annotazione #diritto #copia #compito #visione #separare #domandare #figlia #scrutinio
T.A.R. TORINO - Sezione Seconda Sentenza 27/11/2015 n° 1642
Giurisprudenza
I giudici amministrativi hanno ritenuto corretto il giudizio di non ammissione alla classe successiva (con insufficienza in quattro materie) dello studente affetto da disturbi dell’apprendimento (DSA), in favore del quale la scuola aveva approntato gli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalla normativa vigente. Infatti, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. In caso di studente affetto da disturbi specifici dell’apprendimento la scuola è tenuta ad adottare appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione, in modo da garantire il recupero e lo sviluppo degli apprendimenti, e deve altresì garantire, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato. Tuttavia, tali misure non sono finalizzate a creare percorsi immotivatamente facilitati, che non conducono al reale successo formativo degli studenti con disturbo; esse, inoltre, debbono essere sempre calibrate in vista dell'effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell'alunno o dello studente in questione. Per tali ragioni, la valutazione degli insegnanti deve, correttamente, discriminare fra ciò che è espressione diretta del disturbo e ciò che esprime l'impegno dell'allievo e le conoscenze effettivamente acquisite.
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#procedimento amministrativo#studenti: integrazione e disabilità#iniquità #ideare #bilinguismo #sensazione #rivolo
Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 27/01/2012 n° 391
Giurisprudenza
La sanzione dell’allontanamento dalla sede degli esami di Stato e di esclusione dagli stessi inflitta allo studente che aveva trattenuto con se un telefono cellulare durante la prova scritta è legittima, in quanto il Presidente di Commissione, prima dell’inizio della prova, aveva invitato i candidati a consegnare obbligatoriamente qualsiasi strumento atto alla comunicazione con l’esterno, informandoli delle sanzioni conseguenti alla mancata ottemperanza all’invito. (La presente pronuncia ha riformato la sentenza di primo grado del TAR Lombardia n. 3320/2010, la quale, invece, aveva dichiarato l’illegittimità della sanzione de qua sul presupposto che la normativa di riferimento punisce esclusivamente l’utilizzo dei telefoni cellulari durante le prove d’esame e non anche la mera detenzione di tali apparecchi. Il Consiglio di Stato, pur riconoscendo la non univocità della formulazione della norma di riferimento, e pur ammettendo la legittimità dell’interpretazione offerta dal TAR lombardo, incentra la propria motivazione sulla violazione dell’ordine impartito dal Presidente della Commissione d’esame. Aderisce alla tesi della punibilità dell’utilizzo, in sede di esami, e non della semplice detenzione di apparecchi di telecomunicazione anche Consiglio di Stato sentenza n. 1214/2008. Afferma la legittimità dell’esclusione del candidato a pubblico concorso sorpreso con appunti scritti sul palmo della mano, prescindendo dalla effettiva consultazione degli stessi e dalla loro idoneità a suggerire la soluzione corretta, anche Consiglio di Stato sentenza n. 980/2012)
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#esami di stato#studenti: azione disciplinare#squillare #boccia #palmo #iis #univocità #barca #ricostituire #tasca #sessanta #largo
Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 09/03/2004 n° 4438
Giurisprudenza
L’esistenza di un clima di difficoltà e disagio tra docente e discenti giustifica la deroga al principio della continuità didattica nell’assegnazione dei docenti alle classi, essendo peraltro normale la discontinuità didattica in un liceo classico tra biennio e triennio. Correttamente dunque il Dirigente scolastico, nell’esercizio del proprio potere di procedere alla formazione delle classi e all’assegnazione ad esse dei singoli docenti (ai sensi dell’art. 396, comma 2, lett. d) del D.Lgs. 16.4.1994, n. 297), procede in tali casi ad assegnare un docente ad altra classe, per rimuovere le cause che hanno determinato il reclamo da parte di alcuni genitori circa la condotta dell’insegnante. E’ ben possibile e legittimo che i genitori o i loro rappresentanti, rivolgano al Preside segnalazioni o esposti in relazione alla vita scolastica, sentendosi prima fra loro in via informale, e ciò al fine di tenerlo informato sulla via amministrativa della scuola. Nessuna norma impone lo svolgimento di assemblee dei genitori o degli studenti nella quale possa svolgersi un contraddittorio con la docente, prima della decisione relativa all’assegnazione dei docenti alle classi. Nel procedimento diretto all’assegnazione dei docenti alle classi spetta al Dirigente scolastico adottare la relativa decisione sulla base dei criteri generali stabiliti dal Consiglio di Istituto e delle proposte del Collegio dei Docenti, senza che sia previsto alcun intervento obbligatorio dell’assemblea dei genitori o degli studenti.
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#atto e documento amministrativo#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#personale docente#procedimento amministrativo#inasprire #cma #montedoro #ris #direttivo #comprensibilità #formalizzarsi #defraudare #chinotto #tramutatasi
T.A.R. REGGIO DI CALABRIA Sentenza 07/10/2009 n° 629
Giurisprudenza
Il voto nelle singole materie esprime un giudizio didattico, di tipo oggettivo, in quanto relativo al grado di apprendimento e, pertanto, deve essere giustificato e motivato alla luce dell’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi (alla stregua dei principi generali in tema di motivazione di un atto amministrativo). Al contrario, il voto in condotta esprime un giudizio dell’Autorità scolastica di tipo soggettivo, in quanto legato ad aspetti primariamente formativi ed educativi degli allievi, concernenti la maturità della persona, la sua capacità di interagire con l’ambiente ed il suo livello di inserimento nel sistema di valori della società e del vivere civile, non solo nel momento attuale, ma in un’ottica prospettica. Ne consegue, sul piano giuridico della disciplina dell’istituto, che la sufficienza in condotta può essere più latamente motivata e può trovare legittimo fondamento in un apprezzamento maggiormente valutativo e discrezionale, anche basato su un singolo episodio che riveli, nel contesto complessivo della situazione, un’indole negativa da correggere. Sul piano formativo, della finalità dell’istituto, ne deriva, invece, l’impegno della comunità scolastica a porre in essere idonei programmi e strumenti per trasformare la sufficienza in voto pieno. E’ legittima, quindi, la valutazione della sufficienza in condotta anche a seguito di un unico episodio di esuberanza tra compagni, qualora l’episodio in questione riveli un più radicato atteggiamento vessatorio, idoneo a generare un ambiente ostile per taluno dei compagni di classe, secondo il prudente apprezzamento dell’Autorità scolastica, la quale è responsabile sia della valutazione educativa e pedagogica della rilevanza dei fatti, sia della conseguente e doverosa azione educativa per correggere gli squilibri che l’hanno generata. (Nel caso di specie ad uno studente era stato assegnato un 6 in condotta a seguito di un unico episodio, consistente nell’aver lanciato cori di scherno nei confronti di un compagno durante una gita scolastica, cui era seguita la pubblicazione di foto e video su internet. Peraltro, sebbene anche altri allievi avessero preso parte ai cori, l’Autorità scolastica aveva applicato tale votazione al solo studente che ebbe un ruolo attivo nel lanciare i cori, ritenendo di dover distinguere le posizioni. Anche sotto tale profilo il Tribunale Amministrativo ha ritenuto legittima la decisione assunta, in quanto, diversamente, la sufficienza in condotta avrebbe perso le proprie finalità educative. Né è stato dato rilievo al fatto che il Consiglio di Classe decise di applicare il sei in condotta non in base alle indicazioni assunte ad inizio anno, ma in base a una decisione stabilita sul momento, in quanto, precisa il Giudice Amministrativo, una simile mancanza non può paralizzare il potere-dovere dell’Autorità scolastica di esprimere le valutazioni di propria competenza, essendo sufficiente l’indicazione dei criteri di riferimento prima della votazione, in modo da renderne palesi contenuto e finalità. Sulla illegittimità del voto negativo in condotta attribuito non in base al comportamento complessivamente osservato dallo studente nel corso dell’anno, ma in virtù di un unico episodio anche se riprovevole si veda Tar Calabria, Catanzaro, sez. II sent. n. 1936/2007)
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#studenti: bullismo e cyberbullismo#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#coro #gatto #tassonomia #irrobustire #coalizzare #disuguaglianza #figliuolo #involvere #avutisi #insignificanza
T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - Sezione Prima Sentenza 28/08/2014 n° 452
Giurisprudenza
La mancata promozione alla classe superiore ovvero la mancata ammissione all’esame di Stato è decisione assunta dal Consiglio di classe nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, sulla base di giudizi analitici formulati in ciascuna materia dai rispettivi docenti. Tale determinazione è, quindi, insindacabile in sede giurisdizionale, se non nei limiti della illogicità e contraddittorietà manifeste. Nella considerazione che l’interesse degli allievi e dei genitori risiede nel corretto esercizio della potestà pubblica finalizzata alla formazione ottimale degli studenti, il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore è legittimamente adottato quando sia il frutto della constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello studente, sia dell’incompleta maturazione personale ritenute entrambe necessarie per accedere alla successiva fase di studi. La sanzione disciplinare di 15 giorni di sospensione con allontanamento dalla scuola è legittima in quanto risulta rispettata la comunicazione alla famiglia, alla quale erano state rese note anche le valutazioni intermedie e le problematiche comportamentali dello studente (destinatario di oltre 100 segnalazioni nel registro di classe), le modalità di attuazione della sanzione risultano effettuate per favorire il recupero dell’alunno ed i provvedimenti dell’amministrazione risultano, altresì, sorretti da una adeguata istruttoria e da una congrua motivazione. Nei procedimenti aventi ad oggetto la valutazione del rendimento dei singoli studenti non può trovare spazio la figura dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, poiché tale censura è prospettabile solo in presenza di situazioni identiche, mentre tale identità va tendenzialmente esclusa in simili contesti, in ragione delle peculiari individualità di ciascuno studente.
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#istruzione secondaria di primo grado#studenti: azione disciplinare#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#zuballi #illazione
T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE - BOLZANO - Sezione Prima Sentenza 05/04/2016 n° 122
Giurisprudenza
La legittimazione passiva nei giudizi promossi averso i giudizi di non ammissione alla classe successiva, espressi dalle Commissioni interne alle singole istituzioni scolastiche, spetta esclusivamente alle dette Istituzioni, in persona dei rispettivi dirigenti, posto che con l'attribuzione della personalità giuridica e il riconoscimento della piena autonomia didattica e amministrativa, il MIUR ha perso la legittimazione passiva in ordine all'impugnazione di atti ad esso non più riconducibili ma che possono ricondursi unicamente all'istituto scolastico cui appartiene l'organo che li ha adottati. La previsione, contenuta nel regolamento interno di un'istituzione scolastica, di specifiche modalità e di termini entro i quali i genitori e i discenti devono essere informati sullo scarso rendimento e il rischio di non ammissione, vincola la scuola ad adempiere a quel dovere di informazione con quelle modalità, o con modalità equivalenti. Le comunicazioni scritte, con cui la scuola rappresenta alla famiglia, il negativo andamento scolastico del discente non possono essere surrogate dalla produzione della verbalizzazione di colloqui, ove tali verbali siano privi di riconducibilità certa di tempo, di luogo e di persona e siano pertanto inidonei a dimostrare il contenuto dei colloqui intercorsi tra la scuola e i genitori. E' illegittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva di allievo affetto da disturbo A.D.H.D., qualora, nonostante la presenza di di chiari segnali del disturbo, l'Istituto abbia omesso di attivarsi per farlo diagnosticare tempestivamente, tramite il competente Servizio sanitario, negando così la conseguente predisposizione di un piano educativo individualizzato (P.E.I), in special modo se detto giudizio negativo è stato motivato proprio con il riferimento a quei disturbi di attenzione che, se diagnosticati tempestivamente, avrebbero consentito all'alunno di essere valutato esclusivamente in base al raggiungimento degli obiettivi individuali, contenuti nel PEI.
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#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#questioni processuali: legittimazione delle scuole e degli altri organi#profumo #lerjefors #monocratiche
Corte di Cassazione - Civile Sentenza 19/09/2016 n° 18302
Giurisprudenza
E’ fatto divieto al datore di lavoro, anche di natura pubblica, di utilizzare “impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”, ai sensi dell’art. 4, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori (L. 20.5.1970, n. 300). Tali impianti, infatti, “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali”. In materia, si deve operare un contemperamento tra i diritti del datore di lavoro, in particolare, alla libera iniziativa economica e alla protezione dei beni aziendali, e la tutela dei diritti dei lavoratori, in primo luogo alla riservatezza. Questo bilanciamento è previsto proprio dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori il quale è rivolto ad assicurare al lavoratore che il controllo a distanza, anche solo potenziale, della sua attività lavorativa sia protetto da garanzie, qualunque sia la finalità per la quale il datore di lavoro predispone i controlli. Per tale ragione, quando l’attività di vigilanza a distanza, attivata dal datore di lavoro per qualsiasi finalità, permetta anche la mera “possibilità di controllo dell’attività lavorativa” fornita dal prestatore di lavoro, l’attività non è consentita se non a seguito del positivo esperimento delle procedure di garanzia di cui all’art. 4 dello Statuto. Pertanto, anche i controlli c.d difensivi, diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, quando comportino la possibilità del controllo a distanza della prestazione lavorativa dei dipendenti, sono soggetti alla disciplina dell’art. 4, e risultano pertanto illegittimi ove non concordati con le rappresentanze sindacali o autorizzati dall’Ispettorato del Lavoro. In sostanza, l’esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti non può assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore. Nella fattispecie concreta esaminata, un istituto pubblico aveva predisposto un servizio di navigazione in Internet il quale, non si limitava a rifiutare la connessione dei lavoratori ai siti Web non inerenti l’attività lavorativa dell’Istituto, ma memorizzava ogni accesso e anche ogni tentativo di accesso, generando la possibilità di ricostruire la navigazione di ogni singolo lavoratore e conservando tali dati nel sistema per mesi. Parimenti è stato ritenuto illegittimo il sistema di conservazione sul server aziendale dei messaggi di posta elettronica inviati e ricevuti dai dipendenti dell’Istituto, così come il controllo del traffico telefonico mediante il sistema VoIP poiché entrambi prevedevano la prolungata conservazione dei dati. Allo stesso modo, ai sensi dell’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori, è vietato al datore di lavoro “di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore”; acquisire e conservare dati che contengono, o possono contenere, simili informazioni comporta già l’integrazione della condotta vietata, poiché si risolve in un’indagine non consentita sulle opinioni e condotte del lavoratore, e ciò anche se i dati non vengono successivamente utilizzati. Pertanto, non è necessario sottoporre i dati raccolti ad alcun particolare trattamento per incorrere nell’illecito, poiché la mera acquisizione e conservazione della disponibilità di essi comporta la violazione della prescrizione legislativa.
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#sicurezza sul lavoro: datore di lavoro#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#personale dipendente: licenziamento o risoluzione del rapporto di lavoro#personale docente#s4s#poligrafico #zecca #memorizzare #possono #captazione #voip #lavoratori #istallare #tracciamento #istallazione
T.A.R. SICILIA - PALERMO - Sezione Seconda Sentenza 30/04/2015 n° 784
Giurisprudenza
L’art. 4 del R.D. n. 653 del 1925 non attribuisce alcuna discrezionalità al dirigente dell’Istituto scolastico di provenienza in ordine al rilascio del nulla osta al trasferimento. Al contrario, l’atto richiesto appare vincolato e legato alla semplice ricorrenza di una posizione regolare dell’alunno sul piano disciplinare e fiscale; pertanto, il dirigente scolastico dell'Istituto presso il quale è stata già effettuata l'iscrizione dell'alunno che chiede il trasferimento presso altra scuola, deve rilasciare il relativo nulla osta essendo esclusa una potestà discrezionale nel senso di un apprezzamento delle ragioni che inducono lo studente (o per esso la famiglia) a chiedere il trasferimento. (La giurisprudenza è costante in questo senso: si vedano anche TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 7 novembre 2013, n. 4956; T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 15 gennaio 2009, n. 59; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2009 n. 1939; T.A.R. Umbria Perugia, 06 luglio 2006 n. 344 e ancora T.A.R. Lecce (Puglia) sez. II 13 febbraio 2017 n. 249)
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#procedimento amministrativo#studenti: iscrizioni#virone
Commissione EU - Linea Guida - DGUEe - FAQ (Documento di gara unico europeo in formato elettronico) 15/06/2016
Prassi, Circolari, Note

DGUEe - FAQ (Documento di gara unico europeo in formato elettronico)

Indice I. Principi di base del DGUE....................................................................................................................... 2
1. Cosa sono il DGUE e il DGUEe? ....................................................................................................................... 2
2. Quali possibilità di usare il DGUEe esistono? ..................................................................................................... 2
3. Quali sono le funzionalità fornite dal servizio DGUEe? ........................................................................................ 2
II. Aspetti generali dell'utilizzo del servizio DGUEe ................................................................................................ 2
4. È necessario fornire (come impresa) la prova originale? .................................................................................... 2
5. Il servizio DGUEe può essere utilizzato in un processo a due fasi? ...................................................................... 3
6. Il DGUE può essere utilizzato anche per gli appalti al di sotto della soglia e per le concessioni? .............................. 3
7. Anche i subcontraenti devono presentare un DGUE? .......................................................................................... 3
8. Le centrali di committenza sono tenute ad utilizzare il DGUEe in caso di accordi quadro? In che modo? .................. 3
9. La Commissione conserva i dati comunicati tramite il servizio DGUEe? ................................................................ 3
III. Consigli per l'uso del servizio DGUEe ............................................................................................................. 3
10. Esistono esempi di moduli DGUE precompilati in formato XML? ......................................................................... 3
11. Come si crea / importa un DGUEe?................................................................................................................. 3
12. Come si esporta il DGUEe e cosa si deve fare con il file? .................................................................................. 4
13. Come si stampa un DGUEe? .......................................................................................................................... 4
14. Come si firma un DGUEe? ............................................................................................................................. 4
15. L'acquirente deve inserire i dati relativi alla procedura nella parte I. del DGUEe? ................................................ 4
16. È possibile riutilizzare il DGUEe? .................................................................................................................... 5
IV. Aspetti tecnici relativi al DGUEe ...................................................................................................................... 5
17. Si può accedere al DGUEe utilizzando qualsiasi browser Internet? ..................................................................... 5
18. Il DGUEe avrà un codice sorgente aperto (open source)? ................................................................................. 5
19. È possibile integrare il DGUEe in un sistema di appalti in formato elettronico? ..................................................... 5
 
 I. Principi di base del DGUE
 
1. Cosa sono il DGUE e il DGUEe?
Il DGUE è uno strumento che agevola la partecipazione agli appalti pubblici. Si tratta di un'autodichiarazione relativa all'idoneità, la situazione finanziaria e le competenze delle imprese che funge da prova documentale preliminare in tutte le procedure di appalto pubblico al di sopra della soglia UE.  
L'autodichiarazione consente alle imprese partecipanti o ad altri operatori economici di attestare che essi:

- non si trovano in una delle situazioni che comportano o potrebbero comportare l'esclusione dalla procedura; 

- rispettano i pertinenti criteri di esclusione e di selezione. 

Solo l'aggiudicatario sarà tenuto a presentare i certificati normalmente richiesti agli acquirenti pubblici a titolo di prova. In caso di dubbi potrebbero comunque essere richiesti anche ad altri partecipanti alcuni o tutti i documenti. Qualora la società fornisca i link ai rispettivi registri contenenti la documentazione, gli acquirenti devono potervi accedere direttamente. Ciò permetterà di ridurre sensibilmente gli oneri amministrativi connessi alla dimostrazione dell'ammissibilità dei partecipanti.

 Le specifiche tecniche non fanno parte del DGUE. Quest'ultimo è riferito esclusivamente alle condizioni di partecipazione (bando di preselezione) in termini di criteri di esclusione e di selezione.

Il DGUEe è la versione elettronica di tale autodichiarazione, messa a disposizione dalla Commissione europea sotto forma di modulo online (cfr. la prossima domanda).
 
2. Quali possibilità di usare il DGUEe esistono?
Le nuove direttive sugli appalti pubblici prevedono che il DGUE sia fornito esclusivamente in formato elettronico. Per consentire il passaggio all'uso obbligatorio dei mezzi di comunicazione elettronica in tutti gli Stati membri, le versioni elettroniche e cartacee (1) del DGUE possono coesistere nel periodo transitorio fino al 18 aprile 2018.  Esistono quattro possibili usi del DGUEe:

a. Il servizio DGUEe fornito dalla Commissione europea; 

b. Il modello dei dati DGUE, che permette l'integrazione del servizio DGUEe nei servizi nazionali per gli appalti elettronici e i bandi di preselezione;

c. Versione Open source della prima opzione, ovvero del servizio DGUEe. La versione open source è compatibile con il modello dei dati DGUE e alcuni elementi possono essere modificati per rispondere alle necessità dei diversi paesi.

d. Fascicolo d’impresa virtuale (Virtual Company Dossier; VCD).
 
3. Quali sono le funzionalità fornite dal servizio DGUEe?
Ilservizio DGUEe permette:

- all'acquirente di compilare e riutilizzare un modello DGUE e determinare i criteri di esclusione e di selezione;

- all'impresa partecipante di compilare, riutilizzare, scaricare e stampare il DGUE per una data procedura.

In futuro sarà inoltre possibile:

- per l'impresa partecipante, vedere direttamente nel DGUEe quali prove possono essere usate per dimostrare di soddisfare uno specifico criterio senza dover controllare la prova corrispondente in e-Certis;

- per l'acquirente, caricare tutti i DGUEe ricevuti dalle imprese partecipanti al fine di visualizzare un unico quadro generale delle autodichiarazioni presentate.
 
II. Aspetti generali dell'utilizzo del servizio DGUEe

4. È necessario fornire (come impresa) la prova originale?
Secondo il principio "winner-only" solo l'aggiudicatario dell'appalto sarà tenuto a presentare la prova originale. L'acquirente si riserva tuttavia il diritto di richiedere alle altre imprese partecipanti, in qualsiasi fase del procedimento, di presentare delle prove al fine di garantire un corretto svolgimento della procedura.

Laddove le prove siano gratuitamente disponibili (anche solo parzialmente) presso una banca dati nazionale pertinente, l'impresa partecipante può indicare il luogo dove reperire le prove richieste (ossia la denominazione del deposito, l'indirizzo del sito Internet, la denominazione del file, ecc.). In tal caso, l'acquirente è tenuto ad acquisirlo direttamente alla fonte indicata. Indicando tale informazione, l'impresa partecipante (o la persona in questione) acconsente che l'acquirente acquisisca tale documentazione (nel rispetto delle norme pertinenti sul trattamento dei dati personali).
 
5. Il servizio DGUEe può essere utilizzato in un processo a due fasi?
Sì. Il DGUE deve essere presentato da tutte le imprese partecipanti alla prima fase.  
 
6. Il DGUE può essere utilizzato anche per gli appalti al di sotto della soglia e per le concessioni?
Laddove la legislazione nazionale lo permetta, il DGUE può anche essere usato per gli appalti al di sotto della soglia e per le concessioni (al di sotto e al di sopra della soglia) ogniqualvolta sia possibile una semplificazione. Anche il modello di dati è adatto a tale scopo.
 
7. Anche i subcontraenti devono presentare un DGUE?
I subcontraenti sulle cui capacità la società partecipante fa affidamento devono utilizzare il DGUE (per le parti pertinenti).  Altri subcontraenti non devono compilare il DGUE salvo nei casi in cui il DGUE per un dato appalto indichi che occorrefornire informazioni anche per "subcontraenti ordinari" (2).
 
8. Le centrali di committenza sono tenute ad utilizzare il DGUEe in caso di accordi quadro? In che modo?
Sì. Il DGUE deve necessariamente essere parte della documentazione di gara. La centrale di committenza in qualità di acquirente dovrà compilare la prima parte del modulo (collegato a TED) e scegliere i criteri di selezione.  
 
9. La Commissione conserva i dati comunicati tramite il servizio DGUEe?
No. Il servizio DGUEe è un'applicazione online che agevola il processo di generazione del modulo DGUE senza usare una banca dati. Esso quindi non conserva alcun dato (perché non ha la possibilità di farlo). Il DGUEe deve essere sempre salvato in formato XML o PDF e conservato localmente sul computer dell’utente.  
 
III. Consigli per l'uso del servizio DGUEe

10. Esistono esempi di moduli DGUE precompilati in formato XML?
Sì, possono essere scaricati al seguente indirizzo.  Un esempio simula una richiesta inviata dall’acquirente alla società partecipante (espd request).  L’altro simula una risposta inviata dalla società all'acquirente (espd response).
 
11. Come si crea / importa un DGUEe?
Il servizio online DGUE permette agli acquirenti di creare un modello DGUE (o riutilizzarne uno già usato nell’ambito di una precedente procedura), il quale sarà quindi reso disponibile in formato elettronico insieme ad altri documenti di gara.  L'impresa partecipante potrà importare questo modello, compilarlo inserendo i dati necessari (anche importandoli tramite il rispettivo strumento per gli appalti elettronici in uso), scaricarlo e stamparlo se necessario e quindi presentare il DGUE insieme agli altri documenti di gara.

12. Come si esporta il DGUEe e cosa si deve fare con il file?
Il vantaggio di esportare il DGUEe come file elaborabile è che gli acquirenti e le imprese possono riutilizzarlo per altre procedure in futuro (cfr. anche la domanda relativa al riutilizzo del DGUE qui di seguito). 

Il file XML esportato dagli acquirenti è denominato "espd-request.xml". Il file XML esportato dalle imprese partecipanti è denominato "espd-response.xml". Gli acquirenti potranno utilizzare la funzione di controllo per visualizzare i file XML di risposta inoltrati dalle società.

Per gli acquirenti

Cliccando sul tasto "Esporta", gli acquirenti esportano un file elaborabile (denominato "espd-request.xml"), che poi pubblicheranno assieme agli altri documenti di gara. Nei documenti di gara dovrà essere indicato il link al servizio DGUEe per garantire che le imprese partecipanti sappiano dove compilare la richiesta DGUE.  Successivamente, le società partecipanti avranno la possibilità di rinviare all'acquirente il DGUEe come file elaborabile. L'acquirente potrà inoltre utilizzare il servizio DGUEe per visualizzare il contenuto dei file "espd-response.xml". Per informazioni su come stampare il DGUEe, cfr. la domanda successiva.

Per le imprese

Le imprese che hanno ricevuto un DGUEe dall'acquirente dovranno utilizzare il servizio DGUEe per compilarlo. Una volta compilato, il DGUEe dovrà essere rinviato all'acquirente insieme all'offerta.  Le imprese che non hanno ricevuto un DGUE possono comunque utilizzare il servizio DGUEe e compilare un DGUE di conseguenza. È inoltre possibile stampare il DGUE e presentarlo insieme all’offerta (per ulteriori informazioni sulla stampa, cfr. la domanda successiva).
 
13. Come si stampa un DGUEe?
L'impresa partecipante e l'acquirente possono stampare il DGUEe dall'ultima pagina del servizio online. Cliccando sul tasto "Stampa"compare il modulo DGUEe (in formato PDF). In ambiente Microsoft Windows il DGUEe può essere scaricato in formato PDF utilizzando il browser Chrome (che ha una funzionalità integrata di stampa di PDF). Altrimenti è possibile utilizzare qualsiasi programma di creazione di file PDF liberamente disponibile in rete. In ambiente Mac OSX o Linux il DGUEe può essere stampato con qualsiasi browser.

L'acquirente deve ricordarsi di creare (e pubblicare insieme agli altri documenti di gara) il DGUEe non solo in versione PDF ma anche XML. Ciò agevolerà le imprese, le quali avranno quindi la possibilità di scegliere il formato da utilizzare per la loro offerta. Le imprese hanno la possibilità di riutilizzare i dati solo con la versione XML. 

Il file XML esportato dagli acquirenti è denominato "espd-request.xml". Il file XML esportato dalle imprese partecipanti è denominato "espd-response.xml". Gli acquirenti potranno utilizzare la funzione di controllo per visualizzare i file XML di risposta inoltrati dalle società.
 
14. Come si firma un DGUEe?
Se richiesto dall'acquirente, il DGUEe deve essere firmato. In tal caso l'impresa partecipante deve scaricare il file XML e quindi utilizzare il proprio strumento di firma elettronica per firmarlo. Qualora ciò non fosse possibile, il DGUE deve essere stampato in formato PDF e firmato a mano.
 
15. L'acquirente deve inserire i dati relativi alla procedura nella parte I. del DGUEe?
No, se è stato utilizzato il servizio DGUEe ciò non è necessario. Il modulo online DGUEe fornito dalla Commissione europea può reperire automaticamente tali informazioni. A tale scopo è necessario seguire le fasi di seguito descritte: 

a. quando l'acquirente inoltra l'avviso a TED (Tenders Electronic Daily) 

b. riceve un’e-mail (subito dopo la fase a) contenente un numero di identificazione temporaneo (non un numero di GU); 

c. tale numero di identificazione è inserito nel servizio online DGUEe; 

d. poiché l'avviso non è (probabilmente) ancora stato pubblicato, nella parte I. del rispettivo DGUEe saranno inseriti automaticamente tutti i dati tranne il numero di GU. Anche il numero di identificazione temporaneo sarà salvato nel file XML;

e. Successivamente alla pubblicazione del bando di gara, le società apriranno il file XML nel modulo online DGUEe. Poiché a quel punto il numero di GU sarà disponibile, il modulo online DGUEe lo reperirà automaticamente insieme al link dell'avviso pubblicato.                                               

16. È possibile riutilizzare il DGUEe?
Sì. Il modulo online DGUEe permette sia agli acquirenti sia alle imprese partecipanti di riutilizzare il DGUEe usato in una precedente procedura se entrambe le parti utilizzano la versione XML. Il modulo può essere riutilizzato fintanto che i dati rimangono esatti e pertinenti.
 
IV. Aspetti tecnici relativi al DGUEe

17. Si può accedere al DGUEe utilizzando qualsiasi browser Internet?
Sì. Il DGUEe funziona con l'ultima versione di tutti i browser più comuni come Chrome, Internet Explorer, Firefox, Safari e Opera. Per evitare problemi si raccomanda di utilizzare la versione più recente di questi browser. Si prega di notare che alcune funzionalità, come lo scaricamento di file, non sono compatibili con smartphone e tablet.

18. Il DGUEe avrà un codice sorgente aperto (open source)?
Sì. Una versione open source del servizio DGUEe è già disponibile. Il codice è pubblicato su Joinup e su GitHub.
 
19. È possibile integrare il DGUEe in un sistema di appalti in formato elettronico?
Sì. Il modello dei dati del DGUEe è disponibile per tutti i fornitori di servizi di appalti in formato elettronico.                                                        
(1) Allegato II del regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione, del 5 gennaio 2016; GU L 3 del 6 gennaio 2016, pag. 16.

(2) Cfr. parte II, sezione D, del DGUE e art. 71, paragrafo 5.

Keywords
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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Direttiva - STRUMENTI D’INTERVENTO PER ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA 27/12/2012
Prassi, Circolari, Note

Premessa

I principi che sono alla base del nostro modello di integrazione scolastica - assunto a punto di riferimento per le politiche di inclusione in Europa e non solo - hanno contribuito a fare del sistema di istruzione italiano un luogo di conoscenza, sviluppo e socializzazione per tutti, sottolineandone gli aspetti inclusivi piuttosto che quelli selettivi.

Forte di questa esperienza, il nostro Paese è ora in grado, passati più di trent’anni dalla legge n.517  del 1977, che diede avvio all’integrazione scolastica, di considerare le criticità emerse e di valutare, con maggiore cognizione, la necessità di ripensare alcuni aspetti dell’intero sistema. 

Gli alunni con disabilità si trovano inseriti all’interno di un contesto sempre più variegato, dove la discriminante tradizionale - alunni con disabilità / alunni senza disabilità - non rispecchia pienamente la complessa realtà delle nostre classi. Anzi, è opportuno assumere un approccio decisamente educativo, per il quale l’identificazione degli alunni con disabilità non avviene sulla base della eventuale certificazione, che certamente mantiene utilità per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso tempo rischia di chiuderli in una cornice ristretta.

A questo riguardo è rilevante l’apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale. Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni.

In questo senso, ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.

Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione, e ciò anche mediante un approfondimento delle relative competenze degli insegnanti curricolari, finalizzata ad una più stretta interazione tra tutte le componenti della comunità educante.  In tale ottica, assumono un valore strategico i Centri Territoriali di Supporto, che rappresentano l’interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole e tra le scuole stesse in relazione ai Bisogni Educativi Speciali.

Essi pertanto integrano le proprie funzioni - come già chiarito dal D.M. 12 luglio 2011 per quanto concerne i disturbi specifici di apprendimento - e collaborano con le altre risorse territoriali nella definizione di una rete di supporto al processo di integrazione, con particolare riferimento, secondo la loro originaria vocazione, al potenziamento del contesto scolastico mediante le nuove tecnologie, ma anche offrendo un ausilio ai docenti secondo un modello cooperativo di intervento.  Considerato, pertanto, il ruolo che nel nuovo modello organizzativo dell’integrazione è dato ai Centri Territoriali di Supporto, la presente direttiva definisce nella seconda parte le modalità di organizzazione degli stessi, le loro funzioni, nonché la composizione del personale che vi opera.

Nella prima parte sono fornite indicazioni alle scuole per la presa in carico di alunni e studenti con Bisogni Educativi Speciali.

1. Bisogni Educativi Speciali (BES)

L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.

Nel variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene sempre più evidente.  Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs).

Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Per “disturbi evolutivi specifici” intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. Per molti di questi profili i relativi codici nosografici sono ricompresi nelle stesse categorie dei principali Manuali Diagnostici e, in particolare, del manuale diagnostico ICD-10, che include la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e utilizzata dai Servizi Sociosanitari pubblici italiani. Tutte queste differenti problematiche, ricomprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all’insegnante per il sostegno. La legge 170/2010, a tal punto, rappresenta un punto di svolta  poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge 53/2003, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dall’insegnante per il sostegno.
 
1.2 Alunni con disturbi specifici 

Gli alunni con competenze intellettive nella norma o anche elevate, che – per specifici problemi - possono incontrare difficoltà a Scuola, devono essere aiutati a realizzare pienamente le loro potenzialità. Fra essi, alunni e studenti con DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) sono stati oggetto di importanti interventi normativi, che hanno ormai definito un quadro ben strutturato di norme tese ad assicurare il loro diritto allo studio.

Tuttavia, è bene precisare che alcune tipologie di disturbi, non esplicitati nella legge 170/2010, danno diritto ad usufruire delle stesse misure ivi previste in quanto presentano problematiche specifiche in presenza di competenze intellettive nella norma.

Si tratta, in particolare, dei disturbi con specifiche problematiche nell’area del linguaggio (disturbi specifici del linguaggio o – più in generale- presenza di bassa intelligenza verbale associata ad alta intelligenza non verbale) o, al contrario, nelle aree non verbali (come nel caso del disturbo della coordinazione motoria, della disprassia, del disturbo non-verbale o – più in generale - di bassa intelligenza non verbale associata ad alta intelligenza verbale, qualora però queste condizioni compromettano sostanzialmente la realizzazione delle potenzialità dell’alunno) o di altre problematiche severe che possono compromettere il percorso scolastico (come per es. un disturbo dello spettro autistico lieve, qualora non rientri nelle casistiche previste dalla legge 104).

Un approccio educativo, non meramente clinico – secondo quanto si è accennato in premessa – dovrebbe dar modo di individuare strategie e metodologie di intervento correlate alle esigenze educative speciali, nella prospettiva di una scuola sempre più inclusiva e accogliente, senza bisogno di ulteriori precisazioni di carattere normativo.

Al riguardo, la legge 53/2003 e la legge 170/2010 costituiscono norme primarie di riferimento cui ispirarsi per le iniziative da intraprendere con questi casi.

1.3 Alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività

Un discorso particolare si deve fare a proposito di alunni e studenti con problemi di controllo attentivo e/o dell’attività, spesso definiti con l’acronimo A.D.H.D. (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), corrispondente all’acronimo che si usava per l’Italiano di D.D.A.I. – Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività.  

L’ADHD si può riscontrare anche spesso associato ad un DSA o ad altre problematiche, ha una causa neurobiologica e genera difficoltà di pianificazione, di apprendimento e di socializzazione con i coetanei.

Si è stimato che il disturbo, in forma grave tale da compromettere il percorso scolastico, è presente in circa l’1% della popolazione scolastica, cioè quasi 80.000 alunni (fonte I.S.S), 

Con notevole frequenza l'ADHD è in comorbilità con uno o più disturbi dell’età evolutiva: disturbo oppositivo provocatorio; disturbo della condotta in adolescenza; disturbi specifici dell'apprendimento; disturbi d'ansia; disturbi dell'umore, etc.    

Il percorso migliore per la presa in carico del bambino/ragazzo con ADHD si attua senz’altro quando è presente una sinergia fra famiglia, scuola e clinica.

Le informazioni fornite dagli insegnanti hanno una parte importante per il completamento della diagnosi e la collaborazione della scuola è un anello fondamentale nel processo riabilitativo. 

In alcuni casi il quadro clinico particolarmente grave – anche per la comorbilità con altre patologie - richiede l’assegnazione dell’insegnante di sostegno, come previsto dalla legge 104/92. Tuttavia, vi sono moltissimi ragazzi con ADHD che, in ragione della minor gravità del disturbo, non ottengono la certificazione di disabilità, ma hanno pari diritto a veder tutelato il loro successo formativo. Vi è quindi la necessità di estendere a tutti gli alunni con bisogni educativi speciali le misure previste dalla Legge 170 per alunni e studenti con disturbi specifici di apprendimento.
 
1.4 Funzionamento cognitivo limite 

Anche gli alunni con potenziali intellettivi non ottimali, descritti generalmente con le espressioni di funzionamento cognitivo (intellettivo) limite (o borderline), ma anche con altre espressioni (per es. disturbo evolutivo specifico misto, codice F83) e specifiche differenziazioni - qualora non rientrino nelle previsioni delle leggi 104 o 170 -  richiedono particolare considerazione.

Si può stimare che questi casi  si aggirino intorno al 2,5% dell’intera popolazione scolastica, cioè  circa 200.000 alunni.

Si tratta di bambini o ragazzi il cui QI globale (quoziente intellettivo) risponde a una misura che va dai 70 agli 85 punti e non presenta elementi di specificità. Per alcuni di loro il ritardo è legato a fattori neurobiologici ed è frequentemente in comorbilità con altri disturbi.

Per altri, si tratta soltanto di una forma lieve di difficoltà tale per cui, se adeguatamente sostenuti  e indirizzati verso i percorsi scolastici più consoni alle loro caratteristiche, gli interessati potranno avere una vita normale. Gli interventi educativi e didattici hanno come sempre ed anche in questi casi un’importanza fondamentale.
 
1.5 Adozione di strategie di intervento per i BES

Dalle considerazioni sopra esposte  si evidenzia, in particolare, la necessità di elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.

Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.
 
1.6 Formazione

Si è detto che vi è una sempre maggiore complessità nelle nostre classi, dove si intrecciano i temi della disabilità, dei disturbi evolutivi specifici, con le problematiche del disagio sociale e dell’inclusione degli alunni stranieri. Per questo è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale.

Al fine di corrispondere alle esigenze formative che emergono dai nuovi contesti della scuola italiana, alle richieste di approfondimento e accrescimento delle competenze degli stessi docenti e dirigenti scolastici, il MIUR ha sottoscritto un accordo quadro con le Università presso le quali sono attivati corsi di scienze della formazione finalizzato all’attivazione di corsi di perfezionamento professionale  e/o master rivolti al personale della scuola.

A partire dall’anno accademico 2011/2012 sono stati attivati 35 corsi/master in “Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici di apprendimento” in tutto il territorio nazionale. A seguito dei positivi riscontri relativi alla suddetta azione, la Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione d’intesa con la Direzione Generale per il Personale scolastico – con la quale ha sottoscritto un’apposita convenzione con alcune università italiane mirata alla costituzione di una rete delle facoltà/dipartimenti di scienze della formazione – ha predisposto una ulteriore offerta formativa che si attiverà sin dal corrente anno scolastico su alcune specifiche tematiche emergenti in tema di disabilità, con corsi/master dedicati alla didattica e psicopedagogia per l’autismo, l’ADHD, le disabilità intellettive e i funzionamenti intellettivi limite, l’educazione psicomotoria inclusiva e le disabilità sensoriali. 

L’attivazione dei percorsi di alta formazione dovrà contemperare l’esigenza di rispondere al fabbisogno rilevato ed a requisiti di carattere tecnico-scientifico da parte delle università che si renderanno disponibili a tenere i corsi.  
 
2. Organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica
 
2.1 I CTS - Centri Territoriali di Supporto: distribuzione sul territorio 

I Centri Territoriali di Supporto (CTS) sono stati istituiti dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR mediante il Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”.

I Centri sono collocati presso scuole polo e la loro sede coincide con quella dell’istituzione scolastica che li accoglie. È pertanto facoltà degli Uffici Scolastici Regionali integrare o riorganizzare la rete regionale dei CTS, secondo eventuali nuove necessità emerse in ordine alla qualità e alla distribuzione del servizio. 

Si ritiene, a questo riguardo, opportuna la presenza di un CTS almeno su un territorio corrispondente ad ogni provincia della Regione, fatte salve le aree metropolitane che, per densità di popolazione, possono necessitare di uno o più CTS dedicati. 

Un’equa distribuzione sul territorio facilita il fatto che i CTS divengano punti di riferimento per le scuole e coordinino le proprie attività con Province, Comuni, Municipi, Servizi Sanitari, Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, Centri di ricerca, di formazione e di documentazione, anche istituiti dalle predette associazioni, nel rispetto di strategie generali eventualmente definite a livello di Ufficio Scolastico Regionale e di Ministero centrale.

Il coordinamento con il territorio assicura infatti ai CTS una migliore efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse disponibili e aumenta la capacità complessiva del sistema di offrire servizi adeguati. Sarà cura degli Uffici Scolastici Regionali operare il raccordo tra i CTS e i GLIR, oltre che raccordare  i GLIP con i nuovi organismi previsti nella presente Direttiva. 

Ad un livello territoriale meno esteso, che può coincidere ad esempio con il distretto socio-sanitario, è risultato utile individuare altre scuole polo facenti parte di una rete per l’inclusione scolastica. Tale esperienza è stata già sperimentata con successo in alcune regioni in cui ai CTS, di livello provinciale, sono stati affiancati i CTI-Centri Territoriali per l’Inclusione, di livello distrettuale. 

La creazione di una rete diffusa e ben strutturata tra tutte le scuole ed omogenea nella sua articolazione rende concreta la possibilità per i docenti di avere punti di contatto e di riferimento per tutte le problematiche inerenti i Bisogni Educativi Speciali.

A livello di singole scuole, è auspicabile una riflessione interna che, tenendo conto delle risorse presenti, individui possibili modelli di relazione con la rete dei CTS e dei CTI, al fine di assicurare la massima ricaduta possibile delle azioni di consulenza, formazione, monitoraggio e raccolta di buone pratiche, perseguendo l’obiettivo di un sempre maggior coinvolgimento degli insegnanti curricolari, attraverso – ad esempio – la costituzione di gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica.

Occorre in buona sostanza pervenire ad un reale coinvolgimento dei Collegi dei Docenti e dei Consigli di Istituto che porti all’adozione di una politica (nel senso di “policy”) interna delle scuole per l’inclusione, che assuma una reale trasversalità e centralità rispetto al complesso dell’offerta formativa.

L’organizzazione territoriale per l’inclusione prevede quindi:

• i GLH a livello di singola scuola, eventualmente affiancati da Gruppi di lavoro per l’Inclusione; i GLH di rete o distrettuali, 

• i Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) a livello di distretto sociosanitario e  

• almeno un CTS a livello provinciale.  Al fine di consentire un’adeguata comunicazione, a livello regionale, delle funzioni, delle attività e della collocazione geografica dei CTS, ogni Centro o rete di Centri predispone e aggiorna un proprio sito web, il cui link sarà selezionabile anche dal portale dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Tali link sono inseriti nel Portale MIUR dei Centri Territoriali di Supporto: www.istruzione.cts.it 

Sul sito dei CTS si possono prevedere pagine web per ciascun CTI ed eventualmente uno spazio per i GLH di rete per favorire lo scambio aggiornato e la conoscenza delle attività del territorio.
 
2.1.2 L’équipe di docenti specializzati (docenti curricolari e di sostegno)

Ferme restando la formazione e le competenze di carattere generale in merito all’inclusione, tanto dei docenti per le attività di sostegno quanto per i docenti curricolari, possono essere necessari interventi di esperti che offrano soluzioni rapide e concrete per determinate problematiche funzionali.

Si fa riferimento anzitutto a risorse interne ossia a docenti che nell’ambito della propria esperienza professionale e dei propri studi abbiano maturato competenze su tematiche specifiche della disabilità o dei disturbi evolutivi specifici.

Possono pertanto fare capo ai CTS équipe di docenti specializzati - sia curricolari sia per il sostegno - che offrono alle scuole, in ambito provinciale, supporto e consulenza specifica sulla didattica  dell’inclusione.

La presenza di docenti curricolari nell’equipe, così come nei GLH di istituto e di rete costituisce un elemento importante nell’ottica di una vera inclusione scolastica.

Può essere preso ad esempio di tale modello lo Sportello Provinciale Autismo attivato in alcuni CTS, che, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, con i Centri Territoriali per l’Integrazione e le Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, valorizzando la professionalità di un gruppo di insegnanti esperti e formati, offre ai docenti di quella provincia una serie di servizi di consulenza – da realizzarsi anche presso la scuola richiedente - per garantire l’efficacia dell’integrazione scolastica degli alunni e degli studenti con autismo.
 
2.2. Funzioni dei Centri Territoriali di Supporto

L’effettiva capacità delle nuove tecnologie di raggiungere obiettivi di miglioramento nel processo di apprendimento – insegnamento, sviluppo e socializzazione dipende da una serie di fattori strategici che costituiscono alcune funzioni basilari dei Centri Territoriali di Supporto.  
 
2.2.1 Informazione e formazione

I CTS informano i docenti, gli alunni, gli studenti e i loro genitori delle risorse tecnologiche disponibili, sia gratuite sia commerciali. Per tale scopo, organizzano incontri di presentazione di nuovi ausili, ne danno notizia sul sito web oppure direttamente agli insegnanti o alle famiglie che manifestino interesse alle novità in materia. 

I CTS organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica e sui BES, nonché nell’ambito delle tecnologie per l’integrazione, rivolte al personale scolastico, agli alunni o alle loro famiglie, nei modi e nei tempi che ritengano opportuni. 

Al fine di una maggiore efficienza della spesa, i CTS organizzano  le iniziative di formazione anche in rete con altri Centri Territoriali di Supporto, in collaborazione con altri organismi. 

I CTS valutano e propongono ai propri utenti soluzioni di software freeware a partire da quelli realizzati mediante l’Azione 6 del Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”  
 
2.2.2 Consulenza

Oltre ad una formazione generale sull’uso delle tecnologie per l’integrazione rivolta agli insegnanti, è necessario, per realizzare a pieno le potenzialità offerte dalle tecnologie stesse, il contributo di un esperto che individui quale sia l’ausilio più appropriato da acquisire, soprattutto per le situazioni più complesse.

I CTS offrono pertanto consulenza in tale ambito, coadiuvando le scuole nella scelta dell’ausilio e accompagnando gli insegnanti nell’acquisizione di competenze o pratiche didattiche che ne rendano efficace l’uso.

La consulenza offerta dai Centri non riguarda solo l’individuazione dell’ausilio più appropriato per l’alunno, ma anche le modalità didattiche da attuare per inserire il percorso di apprendimento dello studente che utilizza le tecnologie per l’integrazione nel più ampio ambito delle attività di classe e le modalità di collaborazione con la famiglia per facilitare le attività di studio a casa.

La consulenza si estende gradualmente a tutto l’ambito della disabilità e dei disturbi evolutivi specifici, non soltanto alle tematiche connesse all’uso delle nuove tecnologie.
 
2.2.3 Gestione degli ausili e comodato d’uso

I CTS acquistano ausili adeguati alle esigenze territoriali per svolgere le azioni previste nei punti 2.1. e 2.2 e per avviare il servizio di comodato d’uso dietro presentazione di un progetto da parte delle scuole.

Grazie alla loro dotazione, possono consentire, prima dell’acquisto definitivo da parte della scuola o della richiesta dell’ausilio al CTS, di provare e di verificare l’efficacia, per un determinato alunno, dell’ausilio stesso. 

Nel caso del comodato d’uso di ausilio di proprietà del CTS, questo deve seguire l’alunno anche se cambia scuola nell’ambito della stessa provincia, soprattutto nel passaggio di ciclo.

In alcune province, in accordo con gli Uffici Scolastici Regionali, alcuni CTS gestiscono l’acquisto degli ausili e la loro distribuzione agli alunni sul territorio di riferimento, anche assegnandoli in comodato d’uso. 

I CTS possono definire accordi con le Ausilioteche e/o Centri Ausili presenti sul territorio al fine di una condivisa gestione degli ausili in questione, sulla base dell’Accordo quadro con la rete nazionale dei centri di consulenza sugli ausili.
 
2.2.4 Buone pratiche e attività di ricerca e sperimentazione

I CTS raccolgono le buone pratiche di inclusione realizzate dalle istituzioni scolastiche e, opportunamente documentate, le condividono con le scuole del territorio di riferimento, sia mediante l’attività di informazione, anche attraverso il sito internet, sia nella fase di formazione o consulenza.

Promuovono inoltre ogni iniziativa atta a stimolare la realizzazione di buone pratiche nelle scuole di riferimento, curandone la validazione e la successiva diffusione.

I CTS sono inoltre Centri di attività di ricerca didattica e di sperimentazione di nuovi ausili, hardware o software, da realizzare anche mediante la collaborazione con altre scuole o CTS, Università e Centri di Ricerca e, in particolare, con l’ITD-CNR di Genova, sulla base di apposita convenzione.
 
2.2.5 Piano annuale di intervento 

Per ogni anno scolastico, i CTS, autonomamente o in rete, definiscono il piano annuale di intervento relativo ad acquisti e iniziative di formazione.

Nel piano, quindi, sono indicati gli acquisti degli ausili necessari, nei limiti delle risorse disponibili e a ciò destinate, su richiesta della scuola e assegnati tramite comodato d’uso.

È opportuno che l’ausilio da acquistare sia individuato da un esperto operatore del CTS, con l’eventuale supporto – se necessario - di esperti esterni indipendenti.

Periodicamente, insieme ai docenti dell’alunno, è verificata l’efficacia dell’ausilio medesimo.

Sono pianificati anche gli interventi formativi, tenendo conto dei bisogni emergenti dal territorio e delle strategie e priorità generali individuate dagli Uffici Scolastici Regionali e dal MIUR.


2.2.6 Risorse economiche

Ogni anno il CTS riceve i fondi dal MIUR per le azioni previste ai punti 2.2.1 e 2.2.2 (informazione e formazione condotta direttamente dagli operatori e/o esperti), 2.2.3 (acquisti ausili) e per il funzionamento del CTS (spese di missione, spese per attività di formazione/autoformazione degli operatori).

Altre risorse possono essere messe a disposizione dagli Uffici Scolastici Regionali.
 
2.2.7 Promozione di intese territoriali per l’inclusione

I CTS potranno farsi promotori, in rete con le Istituzioni scolastiche, di intese e accordi territoriali con i servizi sociosanitari del territorio finalizzati all’elaborazione condivisa di procedure per l’integrazione dei servizi in ambito scolastico, l’utilizzo concordato e condiviso di risorse professionali e/o finanziarie e l’avvio di progetti finalizzati al miglioramento del livello di inclusività delle scuole e alla prevenzione/contrasto del disagio in ambito scolastico
 
2.3  Regolamento dei CTS

Ogni CTS si dota di un proprio regolamento in linea con la presente direttiva.
 
2.4 Organizzazione interna dei CTS
 
2.4.1 Il Dirigente Scolastico

I CTS sono incardinati in istituzioni scolastiche, pertanto il Dirigente della scuola ha la responsabilità amministrativa per quanto concerne la gestione e l’organizzazione del Centro.

Coerentemente con il suo profilo professionale  il Dirigente ha il compito - possibilmente previa formazione sulle risorse normative, materiali ed umane in riferimento ai bisogni educativi speciali - di promuovere i rapporti del  CTS con il territorio e di garantirne il miglior funzionamento, l’efficienza e l’efficacia.
 
2.4.2 Gli Operatori. Équipe  di  docenti curricolari e di sostegno specializzati

In ogni CTS dovrebbero essere presenti tre operatori, di cui almeno uno specializzato sui Disturbi Specifici di Apprendimento, come previsto dall’art. 8 del Decreto 5669/2011.

Si porrà attenzione a che le competenze sulle disabilità siano approfondite ed ampie, dalle disabilità intellettive a quelle sensoriali.

È opportuno individuare gli operatori fra i docenti curricolari e di sostegno, che possono garantire continuità di servizio, almeno per tre anni consecutivi. 

Gli operatori possono essere in servizio nelle scuole sede di CTS o in altre scuole, tuttavia anche in questo secondo caso deve essere assicurato il regolare funzionamento della struttura. 

Gli operatori sono tenuti a partecipare a momenti formativi in presenza (tale formazione viene riconosciuta a tutti gli effetti come servizio) in occasione di eventi organizzati dagli stessi CTS o di iniziative a carattere regionale e nazionale rilevanti in tema di inclusione, ma anche on line attraverso il portale nazionale di cui al punto 2.4.6.

Inoltre, sempre nell’ottica di formare e dare strumenti operativi adeguati alle diverse problematiche nonché di specializzare i docenti dell’équipe, gli USR provvedono a riservare un adeguato numero di posti per gli operatori dei CTS nei corsi/master promossi dal MIUR.

Nel momento in cui un operatore formato ed esperto modifichi la sede di servizio e non possa pertanto svolgere la propria attività nel CTS, verrà sostituito da un altro docente che sarà formato dagli operatori presenti e da appositi corsi di formazione, anche in modalità e-learning, che saranno resi disponibili dal MIUR e dagli Uffici Scolastici Regionali.

La procedura per la sostituzione degli operatori avviene con le stesse modalità della selezione del personale comandato.

Si istituisce presso ogni Ufficio Scolastico Regionale una commissione, all’interno della quale devono essere presenti alcuni operatori CTS.
 
2.4.3 Il Comitato Tecnico Scientifico 

I CTS possono dotarsi di un Comitato Tecnico Scientifico al fine di definire le linee generali di intervento - nel rispetto delle eventuali priorità assegnate a livello di Ministero e Ufficio Scolastico Regionale - e le iniziative da realizzare sul territorio a breve e medio termine. 

Il Comitato Tecnico Scientifico redige il Piano Annuale di Intervento di cui al punto 2.4. Fanno parte del Comitato Tecnico Scientifico il Dirigente Scolastico, un rappresentante degli operatori del CTS, un rappresentante designato dall’U.S.R., e, ove possibile, un rappresentante dei Servizi Sanitari. È auspicabile che partecipino alle riunioni o facciano parte del Comitato anche i referenti CTI, i rappresentanti degli Enti Locali, delle Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, nonché esperti in specifiche tematiche connesse con le tecnologie per l’integrazione.
 
2.4.4 Referente regionale dei CTS 

Per ogni regione gli operatori del CTS individuano un referente rappresentante dei CTS a livello regionale. Tale rappresentante resta in carica due anni.

I referenti regionali dei CTS, in collaborazione con il referente per la Disabilità /DSA dell’Ufficio Scolastico Regionale – possibilmente individuato tra personale dirigente e ispettivo - hanno compiti di raccordo, consulenza e coordinamento delle attività, nonché hanno la funzione di proporre nuove iniziative da attuare a livello regionale o da presentare al Coordinamento nazionale di cui al punto successivo.   
 
2.4.5 Coordinamento nazionale dei CTS

Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione del MIUR è costituito il Coordinamento nazionale dei CTS. 

Lo scopo di tale organismo è garantire il migliore funzionamento della rete nazionale dei CTS. Esso ha compiti di consulenza, programmazione e monitoraggio, nel rispetto delle prerogative dell’Amministrazione centrale e degli Uffici Scolastici Regionali, comunque rappresentati nel Coordinamento stesso.  Fanno parte del Coordinamento nazionale:

- Un rappresentante del MIUR

- I referenti per la Disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali 

- I referenti regionali CTS 

- Un rappresentante del Ministero della Salute

- Un rappresentante del Ministero delle politiche sociali e del lavoro

- Eventuali rappresentanti della FISH e della FAND 

- Docenti universitari o esperti nelle tecnologie per l’integrazione.

Il Coordinamento nazionale si rinnova ogni due anni.  Il Comitato tecnico è costituito dal rappresentante del MIUR, che lo presiede, e da una rappresentanza di 4 referenti CTS e 4 referenti per la disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali.
 
2.4.6 Portale

Viene predisposto un portale come ambiente di apprendimento–insegnamento e scambio di informazioni e consulenza.    All’interno del portale sono ricompresi i siti Handytecno ed Essediquadro, rispettivamente dedicati agli ausili ed al servizio di documentazione dei software didattici. 

È inoltre presente una mappa completa dei CTS e dei CTI, con eventuali siti ad essi collegati. Una pagina web è dedicata alle Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, completa di indirizzi e link ai vari siti, oltre ai link diretti alle sezioni del sito MIUR relative a disabilità e DSA.

Infine, sono previste le seguenti aree:

- formazione, con percorsi dedicati alle famiglie ed al personale della scuola, dove trovare video lezioni e web conference oltre che materiale didattico in formato digitale; 

- forum per scambi di informazioni tra operatori, famiglie, associazioni, operatori degli altri enti; 

- News per le novità di tutto il territorio nazionale ed europeo, anche in collaborazione con la European Agency for special needs education;

- un’Area Riservata per scambi di consulenze, confronti su problematiche, su modalità operative dove trovarsi periodicamente. Il portale rispetta i requisiti previsti dalla Legge n. 4/2004 sull’accessibilità dei siti web.  
 
 
Roma, 27 dicembre 2012
IL MINISTRO  f.to  Francesco Profumo

Keywords
#studenti: integrazione e disabilità#cts #disturbo #alunno #disabilità #inclusione #ausilio #scuola #centro #bisogno #formazione
Corte dei Conti LOMBARDIA - Parere - Registri elettronici delle scuole - Competenza degli enti locali 30/03/2017 n° 83
Prassi, Circolari, Note

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott. Donato Centrone - Presidente f.f.

dott. Luigi Burti - Consigliere (relatore)

dott. Paolo Bertozzi - Primo Referendario

dott. Giovanni Guida - Referendario

dott.ssa Sara Raffaella Molinaro - Referendario

nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2017

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 , e successive modificazioni;

vista la L. 21 marzo 1953, n. 161 ;

vista la L. 14 gennaio 1994, n. 20 ;

vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

visto il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;

vista la L. 5 giugno 2003, n. 131 ;

vista la nota del 15 febbraio 2017 prot.n8449 con la quale il Sindaco del Comune di Cantù ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica (prot. Corte dei Conti n. (...) 28 febbraio 2017);

vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall' art. 7, comma 8, della L. n. 131 del 2003;

vista l'ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l'adunanza odierna per deliberare sulla richiesta di parere;

udito il relatore dott. Luigi Burti

Svolgimento del processo

Il Sindaco del Comune Cantù (Co) ha chiesto alla Sezione di rendere parere in ordine all'interpretazione dell' art. 3, comma 2, della L. n. 23 del 1996, in particolare domanda "se i registri elettronici attivi presso i singoli plessi dell'infanzia e delle scuole primarie e secondarie di primo grado, gestiti dagli insegnanti e, dunque, non presso le segreterie amministrative, sono da considerarsi correlati all'attività amministrativa e di conseguenza a carico degli enti locali o didattici e scolastici, e dunque a carico delle scuole".

 

Motivi della decisione

 

La richiesta di parere è da considerarsi ammissibile sotto il profilo soggettivo dal momento che il Comune rientra nel novero degli enti che possono richiedere pareri alle Sezioni regionali di controllo ai sensi dell'art. 7, comma 8, della L. 6 giugno 2003, n. 131 e, nell'ambito dell'amministrazione comunale, la richiesta è stata presentata dal legale rappresentante del Comune.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre precisare che, come previsto dall' art. 7 della L. n. 131 del 2003, le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo conferite dalla legislazione.

La Sezione delle Autonomie, nell'adunanza del 27 aprile 2004, ha fissato principi e modalità per l'esercizio dell'attività consultiva, modificati ed integrati con le successive Delib. n. 5 del AUT del 2006 e Delib. n. 9 del SEZAUT del 2009. Si è precisato che la funzione consultiva non può intendersi come consulenza generale agli enti, ma ristretta esclusivamente alla materia contabile pubblica, quindi ai bilanci pubblici, alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio o comunque a temi di carattere generale nella materia contabile.

Le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell' art. 17 comma 31 del D.L. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, con L. n. 102 del 2009 , hanno delineato una nozione di contabilità pubblica incentrata sul "sistema di principi e di norme che regolano l'attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici", da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delib. n. 54 del 17 novembre 2010).

Appare necessario, per ritenere ammissibile il quesito posto dal comune di Cantù, non scrutinare soltanto la singola voce (registro scolastico), il cui (singolo) esame comporterebbe un'ingerenza della Corte nell'attività amministrativa dell'ente (parere di questa Sezione n. 8/2009), ma la più ampia e generale categoria di spesa in cui iscrivere la voce stessa.

Non è perciò dubitabile che, posta nei suddetti termini, la richiesta del Comune di Cantù appare ammissibile in quanto compresa nel perimetro della contabilità pubblica intesa nel senso indicato dalla deliberazioni della corte sopra richiamate.

Appare opportuno, a questo punto, un breve richiamo alla normativa più rilevante che disciplina la materia per quanto qui interessa.

L' art. 3, comma 1, della L. 11 gennaio 1996, n. 23 ("Norme per l'edilizia scolastica") ha individuato gli enti locali competenti per la realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici: a) i comuni, per quelli da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie; b) le province, per quelli da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore. Al comma 2 ha disposto che "in relazione agli obblighi per essi stabiliti dal comma 1, i Comuni e le Province provvedono altresì alle spese varie di ufficio e per l'arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento ed ai relativi impianti".

La giurisprudenza ha stabilito che l'espressione "spese varie di ufficio", di cui all' art. 3 della L. n. 23 del 1996, ricomprende tutte le spese necessarie ad assicurare il normale funzionamento di una scuola (cfr. C.d.S. n. 1784/1996), ossia le spese generali che occorrano per rendere effettiva la destinazione di determinati locali a sede di scuole, senza alcuna possibilità di comprendere oneri derivanti dal concreto espletamento dell'attività scolastica (cfr. Cass. n. 17617/2004).

In particolare, questa Sezione, con parere n. 8/2009, ha sancito che la formulazione dell' art. 3, comma 2, della L. n. 23 del 1996 comprende, fra le "spese varie d'ufficio" che occorrono per assicurare il normale funzionamento di una scuola, assumibili dagli enti locali, quelle necessarie a dotare le segreterie scolastiche di tutti gli strumenti idonei al loro funzionamento, assolvendo gli uffici di segreteria ad una funzione di mero supporto alla vera e propria attività didattica.

Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95 , convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 135 ("Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini"), all'art. 7, commi 28 e ss., così dispone:

"Comma 28. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013, le iscrizioni alle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado per gli anni scolastici successivi avvengono esclusivamente in modalità on line attraverso un apposito applicativo che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca mette a disposizione delle scuole e delle famiglie.

Comma 29. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche ed educative redigono la pagella degli alunni in formato elettronico.

Comma 30. La pagella elettronica ha la medesima validità legale del documento cartaceo ed è resa disponibile per le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale. Resta comunque fermo il diritto dell'interessato di ottenere su richiesta gratuitamente copia cartacea del documento redatto in formato elettronico.

Comma 31. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico.

Comma 32. All'attuazione delle disposizioni dei commi da 27 a 31 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Secondo l' art. 159 D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 ("Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado") "Spetta ai Comuni provvedere al riscaldamento, alla illuminazione, ai servizi, alla custodia delle scuole e alle spese necessarie per l'acquisto, la manutenzione, il rinnovamento del materiale didattico, degli arredi scolastici, ivi compresi gli armadi o scaffali per le biblioteche scolastiche, degli attrezzi ginnici e per le forniture dei registri e degli stampati occorrenti per tutte le scuole elementari, salvo che per le scuole annesse ai convitti nazionali ed agli educandati femminili dello Stato, per le quali si provvede ai sensi dell'articolo 139. Sono inoltre a carico dei Comuni le spese per l'arredamento, l'illuminazione, il riscaldamento, la custodia e la pulizia delle direzioni didattiche nonché la fornitura alle stesse degli stampati e degli oggetti di cancelleria".

Alla luce del disciplina legislativa richiamata questa Sezione condivide l'orientamento della sezione Piemonte (deliberazione n. 358/2013) laddove sancisce che anche "le spese conseguenti all'estensione degli impianti per i collegamenti ad internet e per le reti interne al fine di predisporre gli edifici scolastici all'utilizzo del registro on line - ai sensi dell' art. 7 del D.L. n. 95 del 2012, convertito nella L. n. 135/2012 - rientrino tra quelle di competenza degli Enti locali, in quanto qualificabili come spese necessarie a rendere possibile l'adattamento della singola struttura scolastica all'attuazione di specifiche nuove modalità (on line) di iscrizione, registro e pagella, servizi questi ultimi riconducibili all'attività di segreteria scolastica, di supporto all'attività didattica in senso stretto."

P.Q.M.

la Sezione rende il parere come specificato in premessa.

Depositata in Cancelleria 30 marzo 2017.

Keywords
#edilizia e arredi scolastici#enti locali#vistare #line #delib #riscaldamento #pagella #contabilità #stampato #illuminazione #arredamento #sindaco
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Linea Guida - Linee Guida Nazionali (art. 1 comma 16 L. 107/2015) Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione 27/10/2017
Prassi, Circolari, Note

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

 

Linee Guida Nazionali

(art. 1 comma 16 L. 107/2015)

Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di

genere e di tutte le forme di discriminazione(1)

 

 

Premessa

 

Le presenti Linee Guida sono indirizzate alle Istituzioni scolastiche autonome per l’attuazione

del comma 16 dell’art.1 della L.107 del 2015 che recita: “Il piano triennale dell'offerta formativa

assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e

grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le

discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle

tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito,

con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119. Il suddetto comma dà attuazione ai princìpi

fondamentali di pari dignità e non discriminazione di cui all'articolo 3 della Costituzione Italiana:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ècompito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di

fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e

l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del

” Questi principi trovano espressione e completamento in altri precetti costituzionali (quali,

ad esempio, gli articoli 2, 4, 6, 21, 30, 34, 37, 51) e nei valori costitutivi del diritto internazionale ed

europeo che proibisce ogni tipo di discriminazione. Tali valori sono solennemente ribaditi

dall’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dellUnione Europea (2000/C 364/01), così

come dall’articolo 14 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo. Inoltre, il comma

richiamato dà attuazione agli impegni assunti dall’Italia con la ratifica (legge 27 giugno 2013, n. 77)

della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le

donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), che in particolare all’articolo 14

definisce il ruolo della scuola nella prevenzione della violenza contro le donne.(2)

In questo quadro di riferimento normativo e valoriale si collocano le presenti Linee guida, che

rispondono alla necessità di fornire alle scuole indicazioni utili a coniugare l’informazione con la

formazione, intervenendo - per la propria funzione educativa, in continua sinergia con le famiglie -

attraverso un’azione che non si limiti a fornire conoscenze, ma agisca sull’esperienza e sulla

dimensione emotiva e relazionale.

L’educazione contro ogni tipo di discriminazione e per promuovere il rispetto delle differenze è

fondamentale nell’ambito delle competenze che alunne e alunni devono acquisire come parte

essenziale dell’educazione alla cittadinanza.

Tale educazione non ha uno spazio e un tempo definiti, ma è connessa ai contenuti di tutte le

discipline, con la conseguenza che ogni docente concorre alla crescita relazionale e affettiva delle

alunne e degli alunni, attraverso il loro coinvolgimento attivo, e valorizzando il loro protagonismo,

in tutte le tappe del processo educativo.

Le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dellinfanzia e del primo ciclo di

istruzione (DM del 16 novembre 2012, n. 254) costituiscono a questo proposito un punto di riferimento ineludibile.

Già a partire dal I capitolo “Cultura, scuola, persona”, nel paragrafo “La

scuola nel nuovo scenario” si riporta: “…alla scuola spetta il compito di fornire i supporti adeguati

affinché ogni persona sviluppi unidentità consapevole e aperta. La piena attuazione del

riconoscimento e della garanzia della libertà e delluguaglianza, nel rispetto delle differenze di tutti

e dellidentità di ciascuno…” e ancor più specificamente nel paragrafo Per una nuova

cittadinanza”: “…non basta riconoscere e conservare le diversità preesistenti nella loro pura e

semplice autonomia. Bisogna, invece, sostenere attivamente la loro interazione e la loro

integrazione attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture in un confronto che non

eluda questioni quali le convinzioni religiose, i ruoli familiari, le differenze di genere. La

promozione e lo sviluppo di ogni persona stimola, in maniera vicendevole, la promozione e lo

sviluppo delle altre persone: ognuno impara meglio nella relazione con gli altri.

Anche il Documento di indirizzo su Cittadinanza e Costituzione (nota prot. AOODGOS n.

2079 del 4 marzo 2009) costituisce una base di riflessione per la costruzione di percorsi educativi e

didattici trasversali alle discipline. Tra le Situazioni di compito per la certificazione delle

competenze personali, si individuano:

accettare e accogliere le diversità, comprendendone le ragioni e soprattutto

impiegandole come risorsa per la risoluzione di problemi, lesecuzione di compiti e la

messa a punto di progetti; curare il proprio linguaggio, evitando espressioni improprie

e offensive” (scuola primaria);

individuare gli elementi che contribuiscono a definire la propria identità e le strategie

per armonizzare eventuali contrasti che le caratterizzano” (scuola secondaria di I

grado);

identificare stereotipi e pregiudizi etnici, sociali e culturali presenti nei propri e negli

altrui atteggiamenti e comportamenti, nei mass media e in testi di studio e ricerca

(scuola secondaria di II grado).

Come già espresso nella circolare del 15 settembre 2015, prot. AOODGSIP n. 1972, la finalità

delle Linee guida “non è, dunque, quella di promuovere pensieri o azioni ispirati ad ideologie di

qualsivoglia natura, bensì quella di trasmettere la conoscenza e la consapevolezza riguardo i diritti

e i doveri della persona costituzionalmente garantiti, anche per raggiungere e maturare le

competenze di cittadinanza, nazionale, europea e internazionale, entro le quali rientrano la promozione dellautodeterminazione consapevole e del rispetto della persona, così come stabilito

dalla Strategia di Lisbona 2000. Nellambito delle competenze che gli alunni devono acquisire,

fondamentale aspetto riveste leducazione alla lotta ad ogni tipo di discriminazione, e la

promozione ad ogni livello del rispetto della persona e delle differenze senza alcuna

discriminazione. Si ribadisce, quindi, che tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere

non rientrano in nessun modo né le ideologie genderné linsegnamento di pratiche estranee al

mondo educativo. Inoltre, è opportuno sottolineare che le due leggi citate come riferimento nel

comma 16 della legge 107 non fanno altro che recepire in sede nazionale quanto si è deciso

nellarco di anni, con il consenso di tutti i Paesi, in sede Europea, attraverso le Dichiarazioni, e in

sede Internazionale con le Carte”. In questi termini, dunque, la circolare fornisce chiarimenti

riguardo a una presunta possibilità di inserimento allinterno dei Piani dellOfferta Formativa

delle scuole la cosiddetta Teoria del Gender, che troverebbe attuazione in pratiche e

insegnamenti non riconducibili ai programmi previsti dagli attuali ordinamenti scolastici”.

Le Linee guida, quindi, inquadrate nella cornice dell’educazione al rispetto delle differenze e ai

principi di uguaglianza sanciti dall’art. 3 della Costituzione, si offrono come strumento a sostegno

delle scuole per orientare, nel pieno rispetto dell’autonomia, l'azione educativa per prevenire la

violenza di genere e tutte le forme di discriminazione.

 

1. Educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze

 

Nascere uomini o donne crea appartenenze forti, è la pietra angolare dell’identità, informa di sé

l’intero orizzonte esistenziale: è la prima condizione con cui ogni individuo si pone, e ne riceve

opportunità e risorse ma anche limiti. Tutti gli aspetti della vita quotidiana ne sono connotati.

Nell’esperienza soggettiva delle persone l’incontro con l’alterità si colloca all’inizio del tempo di

vita: dall’esperienza dell’essere tutt’uno con la madre si esce nella lenta necessaria costituzione di

una soggettività separata. Questo è molto importante da sottolineare, perché dice che noi siamo relazione prima che individui. È un modello antropologico relazionale che ha implicazioni molto

diverse sul piano culturale, educativo, politico, rispetto ad un modello individualista. (3)

Questo modello, tuttavia, non ha trovato adeguata rappresentazione simbolica nella storia della

cultura occidentale.

Secoli di patriarcato hanno rappresentato le donne come naturalmente subordinate agli uomini,

avvalendosi di dicotomie come quelle di mente/corpo, soggetto/oggetto, logica/istinto,

ragione/sentimento, attività/passività, pubblico/privato e assegnando agli uomini le prime

caratteristiche, alle donne le seconde.

Secondo questa millenaria tradizione le donne sarebbero soggetti deboli, incapaci di pensiero

astratto, dominate da una realtà corporea invadente, emotive piuttosto che razionali. Questa

ideologia ha caratterizzato i rapporti tra i sessi e l’organizzazione familiare, ma anche la struttura

sociale del mondo occidentale, dove fino alla fine dell’Ottocento le donne sono state escluse dai

luoghi dove si è trasmesso e creato sapere, dove si sono elaborate le leggi, dove si è amministrata la

giustizia. Se non mancano le eccezioni significative, esse sono sempre il risultato di personalità di

spicco, singoli casi emergenti in un contesto poco incline a valorizzarle.

Simbolicamente ciò ha comportato nel tempo la riduzione delle donne a corpo, dominato

dall’uomo e destinato alla cura esclusiva della vita. Alle donne è stata sottratta una dimensione

pienamente umana, con conseguente esclusione dallo spazio pubblico, dall’esercizio della

cittadinanza, dall’autodeterminazione e dalla libera scelta. Per tutti questi motivi la prima differenza

che sperimentiamo nella nostra vita è stata di solito trasmessa come gerarchica e tale diventa il

modello che profondamente interiorizziamo, differenza come disuguaglianza: se c’è una differenza, allora qualcuno è migliore e qualcuno è peggiore e, soprattutto, c’è una dimensione di potere

dell’uno sull’altro. Dalla differenza come disuguaglianza gerarchica discende la relazione nella

forma del dominio, che produce discriminazioni e che in italiano (e in altre lingue) risulta

simboleggiata e insieme costruita anche dalla pratica linguistica.

Se invece rileggiamo la nostra esperienza con occhi più aperti e critici scopriamo che non c’è

alcuna ragione per cui nell’incontro tra differenze, che dà origine alla vita, ci debba essere una

gerarchia: non esiste alcun motivo per rinunciare alla ricchezza garantita dalla piena espressione di

donne e uomini nella totalità della loro umanità, già nell’accudimento della vita ai suoi inizi. Oggi

finalmente sono sempre di più i giovani uomini che comprendono e coltivano l’esperienza

irripetibile e unica di contribuire ai primi momenti di vita dei propri figli e figlie, di partecipare alla

loro crescita, abbandonando la separazione tra i domini del ‘maschile’ e del ‘femminile’; mentre già

da un paio di generazioni le donne sono sempre più protagoniste nello spazio pubblico.

Bambini e bambine, uomini e donne sono tra loro diversi e ciò rende l’esperienza umana molto

ricca. Tuttavia molto spesso dalle bambine e dalle ragazze si aspettano comportamenti e

inclinazioni che corrispondono a idee e immagini molto normative: devono essere gentili e

sensibili, amare i giochi tranquilli, le faccende sentimentali, ed essere ossessionate dalla apparenza

fisica e dallo sguardo degli altri. Secondo uno stereotipo diffuso non amerebbero le scienze e la

matematica, lo sport e la competizione. Altrettanto rigide e opprimenti le aspettative sui bambini e

sui ragazzi: non devono avere timori né sensibilità o dolcezza, è indispensabile che amino il calcio e

ogni tipo di gara, devono accettare giochi violenti e sapersi difendere. L’imperativo “sii uomo

spesso non ha lasciato alcuno spazio ai gesti, alle parole e alle responsabilità della cura: maschio

che non solo “non deve chiedere mai”, ma neppure ascoltare e rispondere alla domanda di

Il modo proprio e improprio di comportarsi, la percezione di ciò che è giusto o sbagliato, le

convinzioni circa i ruoli sono trasmessi dal gruppo dei pari, dalla televisione, dal cinema, dalla

Rete, dai libri, dai giochi, dalle canzoni. Anche l’ambiente scolastico rappresenta un contesto in cui

i modelli culturali stereotipati e presentati come naturali possono essere strutturati e amplificati, in

un gioco continuo di rinforzi reciproci con gli altri ambiti educativi e di socializzazione.

In questo senso è opportuno ribadire che “maschio” e “femmina”, che connotano l’identità

(l’essere) della persona, non sono etichette che denotano comportamenti predefiniti. Ci sono molti

modi di essere donna e altrettanti di essere uomo. Si può essere uomini e donne in modo libero e

rispettoso di sé e degli altri senza costringere nessuno dentro un modello rigido di comportamenti e

di atteggiamenti. Lungo il percorso del processo educativo e formativo si deve favorire tale libertà,

promuovendo conoscenze e attitudini legate quanto più possibile al pieno sviluppo della personalità

di studenti e studentesse, che un domani entreranno nel mondo del lavoro e della vita pubblica

apportando competenze differenti e di pari valore e contribuiranno al pieno benessere della

comunità civica e sociale e al successo di quella professionale.

 

2. Il femminile e il maschile nel linguaggio

 

Un’altra forma di violenza simbolica è cancellare la differenza in nome di una presunta

uguaglianza che è in realtà un adeguamento al modello maschile.

Un caso significativo è rappresentato dalla resistenza da parte del linguaggio quotidiano, dei

media, delle istituzioni e perfino dei libri di testo, ad adeguare l’uso della lingua al nuovo status

assunto dalle donne in campo professionale e istituzionale: si sostiene l’uso della sola forma

maschile dei titoli che indicano ruoli istituzionali o professioni ritenute prestigiose anche se sono

riferiti a donne, accampando giustificazioni inconsistenti sul piano linguistico (“sono forme brutte,

suonano male”) e sostenendo che si tratta di un uso “neutro” del linguaggio, che fungerebbe

addirittura da baluardo contro la discriminazione: quindi sindaco/avvocato sì, ma sindaca/avvocata

no. Invece le forme femminili che indicano professioni ritenute meno prestigiose sono

tranquillamente accettate (es. infermiera, parrucchiera, cameriera). Ma è doveroso sottolineare che

un atteggiamento omologante non produce un linguaggio “neutro”, bensì lo “maschilizza”

ulteriormente attraverso l’estensione (impropria, come vedremo) alle donne dell’uso del genere

grammaticale maschile e favorisce, così, quei comportamenti discriminatori che si riscontrano in

molte esperienze sociali e di lavoro.

Come è noto, infatti, la lingua italiana possiede solo il genere grammaticale maschile e quello

femminile e non ha il genere neutro. Qualsiasi buona grammatica italiana ne chiarisce l’uso, la

funzione e la distribuzione, e ad essa rimandiamo. Qui ci limitiamo brevemente a ricordarne i punti

principali: un termine di genere grammaticale maschile indica una persona (‘referente’) di sesso

maschile, uno di genere grammaticale femminile indica una persona di sesso femminile. Il genere

grammaticale si riconosce dalla forma della parola, es. alunno (m.) e alunna (f.), istruttore (m.) e

istruttrice (f.), o dall’articolo che lo precede, es. il docente (m.) e la docente (f.). Il genere di

aggettivi, pronomi, nomi, ecc. concorda con quello della persona a cui si riferisce. Es. Paolo è un

alunno attento / Anna è un’alunna attenta. Se l'assegnazione del genere grammaticale e il

conseguente accordo di aggettivi, pronomi, ecc. non rispettano queste regole si ottengono

espressioni non grammaticali: es. *Paolo è una alunna attenta, *Anna è un alunno attento. Più un

testo è lungo e articolato più il mancato rispetto di queste regole può renderlo confuso e incoerente.

Il genere grammaticale, quindi, non si può scegliere in base a gusti o convinzioni personali: il suo

uso si basa su regole che appartengono al sistema della lingua italiana, e contravvenirvi può

impedire che la comunicazione si realizzi in modo chiaro, trasparente e corretto.

È opportuno ricordare, inoltre, che definire una donna con un termine maschile in settori

rilevanti della società come le istituzioni e i livelli professionali apicali, ne opacizza la presenza fino

a farla scomparire (termini come “direttore”, “prefetto”, “sindaco” evocano infatti un’immagine

maschile, non femminile). E se le esitazioni e addirittura le resistenze all'introduzione di questi

nuovi termini femminili possono essere comprensibili dal momento che in passato solo gli uomini

rivestivano ruoli istituzionali o svolgevano professioni di prestigio, e che la tradizione ci ha

consegnato solo la versione maschile dei relativi titoli, è necessario essere consapevoli che oggi la

situazione è cambiata. Adeguare il linguaggio al nuovo status sociale, culturale e professionale

raggiunto dalle donne, e quindi al mutamento dell'intera società, si pone oggi come un'azione

urgente e necessaria: fornire una rappresentazione inadeguata del genere femminile si configura

infatti come una vera e propria violenza simbolica.

Un uso della lingua che rifletta la differenza attraverso l’uso del genere grammaticale e permetta

così di identificare la presenza delle donne e attribuire loro i nuovi ruoli che esse detengono nella

società sul piano professionale e istituzionale, contribuisce a contrastare la discriminazione, a favorire la parità, e anche a trasmettere modelli socioculturali utili alle giovani generazioni per la

scelta della loro futura professione.

Nella pratica didattica si suggerisce quindi di verificare l’adeguatezza del linguaggio usato nei

libri di testo di tutte le discipline non solo per quanto riguarda la presenza di eventuali stereotipi del

maschile e del femminile, ma anche per quanto concerne l’uso del genere grammaticale, che

costituisce uno strumento fondamentale per la rappresentazione della donna nel linguaggio.

Particolare attenzione dovrà essere posta alle indicazioni relative all’uso del genere grammaticale

contenute nei testi dedicati all’educazione linguistica. A questo proposito si ricorda l’importanza di:

(a) spiegare il funzionamento delle regole di assegnazione e accordo di genere;

(b) mostrare come il genere grammaticale costituisca un potente strumento di coesione testuale e

quindi la conoscenza del suo funzionamento aiuti la codifica e decodifica di qualsiasi testo;

(c) illustrare il significato e l’uso dei nuovi termini femminili che indicano ruoli istituzionali e

professioni di prestigio, come architetta, assessora, avvocata, cancelliera, chirurga,

conferenziera, consigliera, critica, deputata, difensora, direttrice (generale), funzionaria,

ingegnera, ispettrice, medica, ministra, notaia, prefetta, primaria, procuratrice, rettrice,

revisora dei conti, segretaria (generale), senatrice, sindaca, tesoriera, ecc.;

(d) sottolineare la regolarità grammaticale di queste forme e spiegarne la formazione, fornendo

qualche nozione di morfologia che permetta, ad esempio, di distinguere tra nomi semplici (figlio,

figli-a) e nomi composti con un suffisso (consigl-ier-e, consigl-ier-a), così da incrementare

anche la conoscenza del lessico dell’italiano.(4)

I rischi di un uso discriminatorio del linguaggio, finora descritti in relazione a quello verbale,

valgono anche per quelli visivi, seppur con codifiche grammaticali meno definite: fotografie,

immagini e video che invadono media tradizionali e Rete possono avere effetti negativi quanto e più

delle parole. Essi richiedono un’attenzione educativa - alla lettura, alla decodifica, all’interpretazione - che assume una rilevanza sempre maggiore con la diffusione delle tecnologie e

dei media digitali.

 

3. Prevenzione della violenza contro le donne

 

Un’autentica educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze si può realizzare

declinando insieme uguaglianza e differenza, prendendo le distanze da una neutralità dove maschile

e femminile perdono consistenza e ricchezza, ma anche respingendone i modelli stereotipati. La

scuola, in sintonia con la famiglia, grazie al patto di corresponsabilità e agli altri strumenti atti ad

assicurare il giusto rapporto scuola-famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli

studenti, in modo adeguato all’età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti uomo/donna e sul

rispetto delle differenze.

Anche la stessa questione della violenza sulle donne in quanto donne, la cosiddetta violenza di

genere, legata in molti modi a una storia oscura e arcaica, è connessa a un rapporto socialmente

connotato, quello gerarchico uomo-donna, nelle forme specifiche in cui è presente nelle diverse

società e culture.

La Convenzione del Consiglio dEuropa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei

confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata dall’Italia con la legge 27 giugno 2013, n.

77, riconoscendo che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza

storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla

discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione, e

che il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per

prevenire la violenza contro le donne, impegna le Parti a “intraprendere le azioni necessarie per

includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la

parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta

dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto

all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi” (art. 14).

Risulta dunque evidente come l'educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze sia

essa stessa, a sua volta, uno strumento fondamentale per la prevenzione della violenza sulle donne

basata sul genere: incoraggiando da un lato il superamento di ruoli e stereotipi e, dall'altro, una

visione delle differenze come ricchezza e non come fondamento di una presunta gerarchia e quindi

di discriminazioni, essa disinnesca ab origine la cultura di cui si nutre la violenza.

La violenza sulle donne è un fenomeno unico che va messo a fuoco e compreso nella sua

assoluta specificità e nella sua dimensione strutturale.

Certo esistono tradizioni culturali particolarmente dannose, come le mutilazioni genitali

permanenti sulle bambine che le privano di una sessualità propria, oppure tradizioni e leggi

comunque oppressive per cui le donne non possono studiare, girare da sole, guidare la macchina,

decidere una professione, scegliere lo sposo, vestirsi come credono. Tuttavia in Europa e in Italia la

violenza sulle donne è fenomeno molto diffuso e non legato a particolari condizioni di vita o a

disturbi della personalità di chi la esercita: fa parte di una insospettabile normalità per cui è ancora

difficile confrontarsi con il fantasma inatteso della libertà femminile.

I dati parlano chiaro: la violenza di genere è presente in tutti i ceti sociali, in tutte le età, livelli

di istruzione e benessere economico.(5) Può essere violenza fisica ripetuta e costante oppure violenza

psicologica tesa a annientare la persona. Il fatto più grave, determinante, è che non sempre viene

identificata dalle donne stesse come violenza e viene spesso nascosta come qualcosa di cui ci si

vergogna, si è colpevoli, viene subita come fatto “naturale”, parte del rapporto, o per apparente

mancanza di alternative o “per amore dei figli” che spesso assistono agli abusi e possono diventare

poi a loro volta attori o vittime di violenza. È la violenza più terribile perché ha luogo nella

maggioranza dei casi negli spazi più noti e cari, laddove ci si aspetterebbe la prima sicurezza: per

questo è difficile e importante vederla, riconoscerla e cercare aiuto. Sul territorio nazionale sono presenti molti punti di ascolto a cui ci si può rivolgere anche solo per un consiglio, dai Pronto

Soccorso, fino ai Centri Antiviolenza. Ma ancor di più a scuola, gli insegnanti stessi e, laddove

presenti, gli psicologi che offrono assistenza nei centri di ascolto scolastico possono essere un

importante primo punto di riferimento.

Ma è chiaro che a esercitare la violenza contro le donne sono uomini. La scuola può allora

aiutare la società tutta a cambiare punto di vista, a non guardare solo alle vittime, ma agli autori

delle violenze. Per capire cosa le determina, quali stereotipi e modelli relazionali le fanno apparire

giustificate, quali insicurezze nascondono. E per attivare il protagonismo degli uomini e dei ragazzi,

come da tre anni chiede la campagna dell’ONU HeForShe(6), lanciata a settembre del 2014 con

l’obiettivo di creare un’alleanza tra donne e uomini per sconfiggere la violenza e ogni forma di

Chi lavora stabilmente sui casi di violenza ritiene indiscutibile che gli uomini che condividono la

cultura della superiorità maschile siano più inclini a diventare partner abusanti, così come è

dimostrato dai fatti che le donne portate a concepire per sé un ruolo subalterno nella coppia sono

più inclini a subire e a non denunciare.

Nella cultura occidentale è in corso da tempo, grazie in primo luogo alle lotte delle donne, una

forte campagna di delegittimazione e denuncia della violenza sulle donne. Lo Stato italiano ha

promulgato nuove leggi in cui la riconosce e la punisce, i corpi di sicurezza e il sistema sanitario si

addestrano ad affrontarla. Soprattutto è indispensabile farla emergere poiché è in gran parte ancora

sommersa e nascosta. Se ne è indicata la specificità con il termine femminicidio, per definirne

l’esito più estremo, ed è ormai raro che si dichiari pubblicamente che una donna ha subito violenza

perché “se l’è cercata”. Ma si tratta di una consapevolezza ancora fresca che va consolidata ed

estesa a tutte le fasce della popolazione, in modo trasversale alle appartenenze e alle culture; sono attenzioni e comportamenti che vanno richiesti a tutte e tutti. In questa crescita di consapevolezza è

centrale il ruolo della scuola. Far riflettere studentesse e studenti su questo fenomeno diventa parte

del lavoro quotidiano svolto nelle classi che mira a trasmettere il senso grande del rispetto per la

persona e per le differenze.

 

4. Prevenzione di tutte le forme di discriminazione

 

La parità, così come l’uguaglianza di diritti e doveri, non si oppone alla differenza e alle

differenze, ma alla diseguaglianza, alla disparità e alle discriminazioni.

Se la discriminazione di genere appare quale elemento strutturale e trasversale ad ogni realtà

sociale, occorre tuttavia considerare gli altri fattori di discriminazione quali la disabilità, l’etnia, la

religione, le convinzioni personali, l’orientamento sessuale, che possono anche presentarsi in

combinazione dando origine alle cosiddette “discriminazioni multiple”.

Il principio di non discriminazione, sancito innanzitutto dall'articolo 3 della Costituzione italiana

e poi dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, è principio generale dell’ordinamento europeo

quale diritto fondamentale della persona. L’approccio alla discriminazione deve quindi essere

globale in quanto riconducibile alla cornice della tutela dei diritti umani e del rispetto della dignità

della persona. Proprio in questa ottica, occorre sottolineare come, nelle società complesse, si assista

ad un progressivo ampliamento dei diritti da tutelare; pertanto gli interventi di informazione e

sensibilizzazione sul tema delle discriminazioni concorrono, insieme al fondamentale strumento

dell'educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze, a prevenire e contrastare i

pregiudizi e gli stereotipi su cui esse si fondano.

La scuola deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole

individualità ed educare le nuove generazioni al valore positivo delle differenze e alla cultura del

rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione

dell’individuo.

Con la conoscenza si acquisisce consapevolezza di pregiudizi e stereotipi ancora ben radicati

nella nostra società; in quest’ottica la scuola, nell’esercizio della propria funzione educativa, deve

fornire gli strumenti e le metodologie per il loro superamento e deve attivare tutte le necessarie

pratiche per interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione.

 

5. Il contrasto alle discriminazioni nel mondo digitale

 

Gli interventi in questo ambito non possono non considerare la necessità di acquisire e

padroneggiare le competenze di cittadinanza digitale che oggi, più che mai, sono imprescindibili se

si considera che le nuove generazioni vivono “immerse” negli spazi di virtualità offerti dalla Rete,

da intendersi come un territorio di esperienza a tutti gli effetti, una dimensione che non è uno spazio

contrapposto al reale, benché segnato dalle proprie specificità.

Occorre per questo dare alle studentesse e agli studenti gli strumenti per una piena

consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni in Rete e nei diversi media, per

comprendere i meccanismi di produzione e circolazione delle informazioni e per analizzare

analogie e differenze rispetto alla comunicazione in presenza e/o offline. L’educazione ad un uso

positivo e consapevole dei media deve, ad esempio, prestare particolare attenzione al rapporto tra

sfera pubblica e sfera privata, ai temi dell’identità e della privacy, della reputazione e della

rappresentazione, alle caratteristiche della socialità in Rete e alla promozione della Rete come bene

comune digitale.

Obiettivo è, tra gli altri, fornire strumenti di educazione civica digitale per prevenire situazioni di

disagio online, ed evitare meccanismi di bullismo, forme di incitamento all’odio e di osservazione

passiva ai vari comportamenti discriminatori. In questo quadro, l’obiettivo è di migliorare la

comprensione e la consapevolezza di diritti e responsabilità in Rete.

Occorre, infatti, rendere consapevoli le studentesse gli studenti che l’idea della presunta “libertà

della Rete” si può prestare a comportamenti discriminatori; al contrario va affermato il concetto di libertà positiva, una “libertà di” esprimere le proprie idee, aperte all’incontro e al confronto con

l’altro, in relazione con le opportunità che offre la società circostante, compresa quella del Web.

Da un lato, infatti, Internet in tutte le sue manifestazioni e, in particolare, i social network

possono ospitare manifestazioni “banalizzate” di “pensiero prevenuto”. D’altro, possono essere il

luogo in cui sviluppare gli “anticorpi” per promuovere i principi di pari opportunità e di

prevenzione delle discriminazioni (campagne che invitano alla condivisione di elementi come

forma di adesione e partecipazione, strumenti che facilitano l’empatia e l’assunzione di altri punti di

vista, aggregazioni nei social network per contrastare forme di discriminazione, prese di posizione

di personaggi noti, applicazioni per la segnalazione dei comportamenti scorretti).

Il mondo della scuola deve acquisire consapevolezza e condannare ogni fenomeno di violenza

nei confronti del diverso e educare affinché si evitino pericolose derive in atti di violenza fisica,

verbale o psicologica, anche tramite l’uso di Internet. A questo proposito, pare opportuno

richiamare il cosiddetto “Hate Speech”, il linguaggio d’odio(7) che sempre più spesso si riscontra

online, recentemente portato all’attenzione dell’opinione pubblica attraverso un documento

diramato dal Consiglio d’Europa, successivamente trasmesso anche alle istituzioni scolastiche dal

MIUR(8).

Con gli stessi obiettivi si stanno intensificando le esperienze e i progetti didattici nelle scuole,

anche grazie a protocolli con il Miur come quello sottoscritto per la condivisione del manifesto

Parole Ostili, finalizzato alla diffusione di una cultura della Rete non ostile.

Con questo approccio, improntato alla responsabilità, l'educazione al rispetto, in tutte le sue

articolazioni, passa anche dall’educazione alla cittadinanza digitale. A questo proposito vale la pena

richiamare tutte le azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale, le Linee di orientamento per azioni

di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo del Miur9 e la Dichiarazione dei diritti

in Internet elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet costituita dalla Presidenza

della Camera dei deputati che offrono importanti spunti di riflessione.

Guardando ad un contesto internazionale, si richiama infine la Dichiarazione di Roma, emersa

dal congresso mondiale “Child dignity in the digital world” dell’ottobre 2017, documento prezioso

che rilancia quella larga alleanza globale, istituzionale e civile, fondamentale per prevenire ogni

forma di abuso online, attraverso percorsi di educazione al digitale a tutto campo, per tutelare

l’inviolabilità di ogni bambina e ogni bambino, e per reprimere ogni violenza perpetuata nei loro

 

6. L'educazione al rispetto a scuola

 

Il principio di pari opportunità, la cui attuazione – ai sensi del comma 16 dell’art. 1 della L. 107

del 2015 – deve essere assicurata dalle istituzioni scolastiche mediante il Piano Triennale

dell’Offerta formativa (PTOF), costituisce quindi un principio trasversale che investe l’intera

progettazione didattica e organizzativa. Pertanto, l’educazione al rispetto, intesa in tutte le sue

accezioni, non ha uno spazio e un tempo definiti, ma è interconnessa ai contenuti di tutte le

discipline e al lavoro delle docenti e dei docenti che dovrà essere orientato a un approccio sensibile

alle differenze (per esempio valorizzando la presenza delle donne nei grandi processi storici e

sociali, e il loro contributo al progresso delle scienze e delle arti, soprattutto nella seconda metà del ‘900), anche mediante la scelta di libri di testo che, nel rispetto della propria libertà di

insegnamento, tengano conto delle presenti linee guida.

Il PTOF deve ispirarsi a tale principio declinandolo nelle diverse aree di intervento, mediante la

promozione dell’educazione alla parità tra i sessi, della prevenzione della violenza di genere, della

prevenzione di ogni forma di discriminazione. Il comma 16 della l.107/2015 trova, quindi, nel

PTOF il principale strumento di pianificazione strategica per la sua attuazione: non soltanto

enunciazioni di principio, ma anche previsione di azioni concrete da realizzarsi nel corso del

triennio sia sul piano dell’informazione, sia su quello della sensibilizzazione, coinvolgendo i diversi

attori della comunità scolastica e con il consenso informato dei genitori secondo quanto previsto dal

patto di corresponsabilità educativa scuola-famiglia.

Il principio di pari opportunità deve trovare la giusta collocazione nel PTOF quale linea

strategica delle attività della scuola, sia come principio ispiratore della sua identità, sia mediante

attività progettuali, valorizzando l’apporto del territorio e della comunità educante (famiglie, mondo

associativo, istituzioni). A tal fine, è importante valorizzare le esperienze positive già avviate; il sito

istituzionale del Miur www.noisiamopari.it può essere utilizzato da parte delle scuole sia per far

conoscere e promuovere le proprie iniziative, sia per apprendere e trasferire buone pratiche

realizzate da altri istituti.

La declinazione dei principi di pari opportunità, così come le linee di intervento, dovranno tenere

conto del diverso grado di istruzione, dell’età degli alunni e delle alunne, del curricolo della scuola,

delle diverse aree disciplinari coinvolte, e delle linee progettuali.

Le istituzioni scolastiche potranno realizzare, in accordo con le presenti linee guida, appositi

percorsi anche in orario extra-curricolare, sfruttando, tra l’altro, le opportunità offerte dalle risorse

umane dell’organico dell’autonomia, privilegiando la didattica laboratoriale e l’apprendimento

cooperativo. La partecipazione delle studentesse e degli studenti a questi percorsi potrà essere

eventualmente riconosciuta dalle istituzioni scolastiche anche come credito formativo. Allo stesso

tempo le istituzioni scolastiche potranno aderire, nel rispetto della propria autonomia, a iniziative di

carattere nazionale proposte dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, o da

questo in coordinamento con altri Ministeri, con enti pubblici e/o privati, con Fondazioni.

In coerenza con la pianificazione delle attività previste dal PTOF, la formazione e

l’aggiornamento sui temi legati all'educazione al rispetto dovranno essere indirizzati a tutto il

personale scolastico (dirigenti, docenti e personale ATA), coinvolto a vario titolo nella gestione della scuola. La formazione del personale docente su dette tematiche, in particolare, può essere

attuata sia nell’ambito della formazione iniziale obbligatoria che negli spazi previsti per la

formazione individuale in servizio.

Una scuola realmente inclusiva può favorire la costruzione dell’identità sociale e personale da

parte delle studentesse e degli studenti, e il suo ruolo educativo risulta ancor più rilevante

nell’accompagnare e sostenere anche le fasi più delicate della loro crescita, interagendo

positivamente con le famiglie nel pieno rispetto del “patto di corresponsabilità educativa scuolafamiglia”,

sancito dal DPR 235/2007. A questo proposito si rimanda alle indicazioni fornite con la

nota prot. n. 1972 del 15 settembre 2015 nella quale si ribadisce “…il compito fondamentale

affidato ai genitori di partecipare e contribuire, insieme alla scuola, al percorso educativo e

formativo dei propri figli esercitando il diritto/dovere che l’art. 30 della nostra Costituzione

riconosce loro: « È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati

fuori del matrimonio»”. La nota continua chiarendo che “le famiglie hanno il diritto, ma anche il

dovere, di conoscere prima delliscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano Triennale

dellOfferta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di

corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione

scolastica autonoma, studenti e famiglie. Questa opportunità offerta ai genitori consentirà di

scegliere la scuola dei propri figli dopo aver attentamente analizzato e valutato le attività

didattiche, i progetti e le tematiche che i docenti affronteranno durante lanno che, in ogni caso,

dovranno risultare coerenti con i programmi previsti dallattuale ordinamento scolastico e con le

linee di indirizzo emanate dal MIUR”.

Tutto questo in piena coerenza con quanto stabilito anche dalla Dichiarazione universale dei

diritti umani, che all’art. 26 recita: “Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve

essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione

elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla

portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del

merito. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al

rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la

comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve

favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di

priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Le istituzioni scolastiche sono pertanto chiamate a prevedere specifici spazi, tempi e strumenti

per l’informazione e il coinvolgimento dei genitori nel corso dell’attuazione delle diverse iniziative

previste nell’ambito del PTOF.

Le istituzioni scolastiche sono invitate ad avvalersi del supporto degli altri soggetti presenti sul

territorio, anche promuovendo reti, sviluppando protocolli di intesa e accordi di collaborazione con

gli Enti locali e con le associazioni attive sul territorio, o anche avvalendosi dell’apporto delle Forze

dell’Ordine e delle strutture socio-sanitarie per affrontare situazioni più critiche.

È necessario individuare percorsi comuni e condivisi, creare sinergie e aprire la scuola al

territorio. Fondamentale potrà essere per lo sviluppo e l’attuazione delle presenti linee guida la

collaborazione con le associazioni del terzo settore attive sulle tematiche dei diritti umani, della

violenza contro le donne e di genere, della promozione delle pari opportunità e non

discriminazione, sia per quanto riguarda attività progettuali per le studentesse e gli studenti, sia per

le attività di formazione per il personale scolastico.

 

(1) Le Linee guida sono il frutto di un tavolo tecnico istituito con DD prot. AOODPIT n. 1140 del 30/10/2015. Fanno

parte del tavolo presieduto dal Direttore generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione o suo delegato:

Giuseppe Pierro, Agnese Canevari, Anna Paola Sabatini, Mario De Caro, Alberto Maria Gambino, Chiara Giaccardi,

Alberto Melloni, Stefano Pasta, Graziella Priulla, Cecilia Robustelli, Maria Teresa Russo, Maria Serena Sapegno,

Andrea Simoncini.

(2) Per promuovere e attuare la Convenzione di Istanbul, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha dato vita

al network “Donne libere dalla violenzae alla campagna “Al sicuro dalla paura, al sicuro dalla violenza, che

possono fornire modelli di riferimento e di buone pratiche.

(3) Una antropologia relazionale riconosce come dato originario la pluralità e l’interdipendenza; non svaluta come

umiliante il bisogno degli altri, ma ne riconosce la realtà ineliminabile e ne fa motivo di gratitudine, e di disponibilità ad

aiutare essendo stati aiutati; educa al senso del limite poiché l’orizzonte non si restringe all’io, ma tiene conto della

sensibilità degli altri in un rapporto di empatia che si riverbera positivamente su chi lo prova e favorisce la

comunicazione e la capacità di pensiero; è condizione dell’idea di bene comune e della possibilità di far prevalere la

cooperazione e la contribuzione sulla competizione; favorisce una valorizzazione delle differenze, senza trasformarle in

disuguaglianze che generano dominio o disprezzo, ma costituisce la cornice per educare a prendersi cura di chi è più

fragile e immaginare forme di inclusione e valorizzazione piuttosto che esclusione e stigmatizzazione.

(4) Ulteriori informazioni sono disponibili nell'articolo di Cecilia Robustelli, “Genere, grammatica e grammatiche”, in La

differenza insegna, a cura di Maria Serena Sapegno, Roma, Carocci, 2014, pp. 61-74.

(5) A riguardo, si rende noto il recente progetto “Spotlight Initiative” lanciato il 20 settembre 2017 dall'Unione Europea e

dalle Nazioni Unite e teso a contrastare ogni forma di violenza e di discriminazione contro le donne. L'iniziativa è così

definita perché intende puntare l'attenzione della società sul tema incentivando la realizzazione di programmi globali

volti ad eliminare ogni forma di violenza contro donne e ragazze, anche in vista degli obiettivi dell'agenda 2030. Per

maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet: www.un.org/en/spotlight-initiative/ .

(6) HeForShe è una campagna di solidarietà in favore dell'uguaglianza creata da l’Entità delle Nazioni Unite per

l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne (United Nations Entity for Gender Equality and the Empowerment

of Women o UN Women), ente delle Nazioni Unite che lavora per favorire il processo di crescita e sviluppo della

condizione delle donne e della loro partecipazione pubblica. Sul sito internet www.heforshe.org è presente tutto il

materiale di approfondimento.

(7) L’”Hate Speech”, linguaggio d’odio, così come definita dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, è

espressione di tutte le forme miranti a diffondere, fomentare, promuovere o giustificare lodio razziale, la xenofobia,

lantisemitismo o altre forme di odio fondate sullintolleranza, tra cui lintolleranza espressa sotto forma di

nazionalismo aggressivo e di etnocentrismo, la discriminazione e lostilità nei confronti delle minoranze, dei migranti,

e delle persone di origine immigrata”.

(8) Nota MIUR prot. AOODGSIP n. 2501 del 25.3.2016 con la quale il Miur, al fine di promuovere nelle scuole

azioni di sensibilizzazione e informazione sul tema dell'istigazione all'odio on line e dei rischi che esso rappresenta, ha

inviato alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado “un estratto del manuale elaborato dal Consiglio d'Europa per

comprendere meglio le caratteristiche del fenomeno e le modalità operative attraverso le quali aiutare i nostri ragazzi

a crescere in una società più rispettosa della diversità, che tuteli il rispetto dei diritti umani e contrasti il discorso dell'

odio. Il testo può essere, altresì, scaricato dal sito della Direzione generale dedicata al fenomeno del cyberbullismo

raggiungibile all'indirizzo www.generazioniconnesse.it”.

(9) Nota prot. 2519 del 15-04-2015.

Firmato digitalmente da FEDELI VALERIA

 

Keywords
#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: bullismo e cyberbullismo#donna #violenza #genere #discriminazione #differenza #scuola #uomo #sesso #educazione #rispetto
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Linea Guida - Aggiornamento LINEE DI ORIENTAMENTO per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo 27/10/2017
Prassi, Circolari, Note

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA

Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

Aggiornamento
LINEE DI ORIENTAMENTO
per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo

Ottobre 2017

Indice

Premessa

1. Interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno
1.1
L’iniziativa Generazioni connesse e altri strumenti utili per un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali

2. Modalità di segnalazione di situazioni e/o comportamenti a rischio

3. Governance: una nuova organizzazione

3.1 Azioni mirate delle scuole rivolte agli studenti e alle loro famiglie: il ruolo del Dirigente scolastico e del docente referente

4. Nuovi strumenti introdotti dalla L. 71/2017: l’ammonimento

Premessa

Il presente testo ha lo scopo di dare continuità alle Linee di orientamento emanate nell’aprile del 2015, apportando le integrazioni e le modifiche necessarie in linea con i recenti interventi normativi1, con particolare riferimento alle innovazioni introdotte con l’emanazione della L. 71/2017: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Lo stesso è, quindi, da intendersi quale strumento flessibile e suscettibile di periodici aggiornamenti2, tale da rispondere alle sfide educative e pedagogiche derivanti dall’evolversi costante e veloce delle nuove tecnologie.

La Legge 71/2017 si presenta con un approccio inclusivo e invita diversi soggetti a sviluppare una progettualità volta alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, secondo una prospettiva di intervento educativo e mai punitivo, prevedendo all’art.3 l’istituzione di un Tavolo di lavoro, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dal MIUR, con il compito di redigere un piano di azione integrato e realizzare un sistema di raccolta di dati per il monitoraggio, avvalendosi anche della collaborazione della Polizia Postale e delle Comunicazioni e delle altre Forze di polizia.

Tale piano sarà integrato con un codice di co-regolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo a cui dovranno attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e tutti gli altri operatori della rete Internet; con il predetto codice sarà istituito un comitato di monitoraggio con il compito di definire gli standard per l'istanza di oscuramento di cui all'articolo 2, comma 1, della Legge 71/2017.

Il Piano dovrà stabilire, altresì, le iniziative di informazione e di prevenzione del cyberbullismo con il coinvolgimento dei servizi socio-educativi territoriali, in sinergia con le scuole, anche attraverso periodiche campagne informative, di prevenzione e di sensibilizzazione avvalendosi dei media, degli organi di comunicazione, di stampa e di enti privati.

Il dettato normativo attribuisce, quindi, a una pluralità di soggetti compiti e responsabilità ben precisi, ribadendo il ruolo centrale della Scuola che è chiamata a realizzare azioni in un’ottica di governance diretta dal MIUR che includano “la formazione del personale, la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica, la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer education, la previsione di misure di sostegno e di rieducazione dei minori coinvolti”.3 Sentito il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (DGMC), il MIUR adotta le presenti linee di orientamento per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo nelle scuole.

Centrale risulta la figura del docente referente che la scuola individua preferibilmente tra i docenti che posseggano competenze specifiche ed abbiano manifestato l’interesse ad avviare un percorso di formazione specifico.

Il referente diventa, così, l’interfaccia con le forze di Polizia, con i servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia, le associazioni e i centri di aggregazione giovanile sul territorio, per il coordinamento delle iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo.

Nelle more, quindi, della costituzione e dell’operatività del Tavolo inter-istituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le presenti linee di orientamento rappresentano un primo strumento che potrà essere utile a orientare le azioni che le scuole vorranno autonomamente intraprendere, e che saranno successivamente integrate in un complessivo Piano di Azione nazionale.

1. Interventi per la prevenzione e contrasto del fenomeno del cyberbullismo.

La Legge 107 del 20154 ha introdotto, tra gli obiettivi formativi prioritari, lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, finalizzato anche a un utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media, e declinato dal Piano Nazionale Scuola Digitale.5

Le studentesse e gli studenti devono essere sensibilizzati ad un uso responsabile della Rete e resi capaci di gestire le relazioni digitali in agorà non protette. Ed è per questo che diventa indispensabile la maturazione della consapevolezza che Internet può diventare, se non usata in maniera opportuna, una pericolosa forma di dipendenza. Compito della Scuola è anche quello di favorire l’acquisizione delle competenze necessarie all’esercizio di una cittadinanza digitale consapevole. Responsabilizzare le alunne e gli alunni significa, quindi, mettere in atto interventi formativi, informativi e partecipativi. Tale principio è alla base dello Statuto delle studentesse e degli studenti6 che sottolinea la finalità educativa anche quando si rendano necessari provvedimenti disciplinari, comunque tesi a rispristinare comportamenti corretti all’interno dell’istituto “attraverso attività di natura sociale e culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica”.

Nel corso degli ultimi anni, inoltre, il MIUR ha siglato Protocolli di Intesa e avviato collaborazioni con le più importanti Istituzioni e Associazioni che, a vario titolo, si occupano di prevenzione e contrasto del bullismo e cyberbullismo al fine di creare un’alleanza e una convergenza di strumenti e risorse atti a rispondere alla crescente richiesta di aiuto da parte delle istituzioni scolastiche e delle famiglie7.

1.1. L’iniziativa Generazioni connesse e altri strumenti utili per un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali.

Per promuovere strategie finalizzate a rendere Internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, favorendone un uso positivo e consapevole, il MIUR ha avviato l’iniziativa “Generazioni Connesse”, sostenuta dalla Commissione Europea8, con lo scopo di fornire alle istituzioni scolastiche una serie di strumenti didattici, di immediato utilizzo, tra cui:

- attività di formazione (online e in presenza) rivolte in maniera specifica alle comunità scolastiche (insegnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) che intraprenderanno un percorso dedicato;

- attività di informazione e sensibilizzazione realizzate in collaborazione con la Polizia di Stato per approfondire i temi della navigazione sicura in Rete.

Le scuole che intendano partecipare all’iniziativa possono collegarsi all’indirizzo www.generazioniconnesse.it e seguire le istruzioni riportate per effettuare l’iscrizione al progetto.

Attraverso un iter guidato e materiali specifici di lavoro, le scuole iscritte a Generazioni connesse, intraprendono un percorso per far emergere i punti di forza e di debolezza dell’istituto stesso, sulle tematiche connesse al Progetto, mediante la compilazione di un questionario di autovalutazione disponibile sul sito www.generazioniconnesse.it. Il questionario è uno strumento che consente all’istituto di identificare i propri bisogni, le aree di miglioramento e le azioni da intraprendere per giungere all’elaborazione di un progetto personalizzato denominato “Piano d’azione”.

Tale Piano9 consentirà alle istituzioni scolastiche di focalizzare il proprio Piano Triennale dell’Offerta Formativa al fine di definire:

- il proprio approccio alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza online e ad un uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica;

- le norme comportamentali e le procedure per l’utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) in ambiente scolastico;

- le misure per la prevenzione;

- le misure per la rilevazione e gestione delle problematiche connesse a un uso non consapevole delle tecnologie digitali;

Il percorso è rivolto alle classi quarta e quinta della scuola primaria e a tutte le classi della scuola secondaria di primo grado.

Per la realizzazione del “Piano d’azione”, l’istituto scolastico è affiancato da un servizio di “supporto scuole” (supportoscuole@generazioniconnesse.it) e da personale qualificato del Safer Internet Centre italiano.

Un ulteriore strumento per contrastare comportamenti dannosi online e allo stesso tempo accrescere la conoscenza del fenomeno è “iGloss@ 1.110, l’Abc dei comportamenti devianti online, elaborato dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.

Il glossario, nella ricognizione dei termini specialistici sui comportamenti online a rischio, offre una sintetica spiegazione delle principali caratteristiche delle condotte devianti e dei risvolti socio-giuridici.

L’obiettivo non è esclusivamente descrivere e inquadrare i nuovi fenomeni della devianza online, ma favorire, altresì, l’acquisizione di consapevolezza sulle conseguenze sociali e giudiziarie di queste specifiche trasgressioni.

Il glossario, disponibile online in lingua italiana e inglese sul sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it), è rivolto a operatori dei servizi sociali, sanitari, giudiziari, giovani e loro genitori.

2. Modalità di segnalazione di situazioni e/o comportamenti a rischio

La Legge 71/2017 indica per la prima volta tempi e modalità per richiedere la rimozione di contenuti ritenuti dannosi per i minori. L’art.2, infatti, prevede che il minore di quattordici anni, ovvero il genitore o altro soggetto esercente la responsabilità sul minore che abbia subito un atto di cyberbullismo, può inoltrare un'istanza per l'oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore, diffuso nella rete:

al titolare del trattamento al gestore del sito internet al gestore del social media

Infatti, se entro ventiquattro ore dal ricevimento dell'istanza i soggetti responsabili non abbiano comunicato di avere preso in carico la segnalazione, e entro quarantotto ore provveduto, l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante11 per la protezione dei dati personali, il quale provvede entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta.

Le scuole possono, altresì. segnalare episodi di cyberbullismo e la presenza di materiale pedopornografico on line al servizio Helpline di Telefono Azzurro 1.96.96, una piattaforma integrata che si avvale di telefono, chat, sms, whatsapp e skype -strumenti per aiutare i ragazzi e le ragazze a comunicare il proprio disagio-e alla Hotline “Stop-It" di Save the Children, all’indirizzo www.stop-it.it, che consente agli utenti della Rete di segnalare la presenza di materiale pedopornografico12 online. Attraverso procedure concordate, le segnalazioni sono successivamente trasmesse al Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia su Internet, istituito presso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, per consentire le attività di investigazione necessarie.

3 Governance: una nuova organizzazione.

In linea con quanto previsto dalla Legge 71/2017, il MIUR ha intrapreso una riorganizzazione della struttura amministrativa centrale e periferica che opera per la prevenzione del cyberbullismo, nella convinzione che la migliore modalità di intervento passi attraverso l’istituzione di un efficace sistema di governance che coinvolga le istituzioni, la società civile, gli adulti e gli stessi minori.

È stato introdotto un nuovo sistema di governance che parte dalla costituzione di un Tavolo tecnico centrale, previsto dall’art. 3 della L. 71/2017 e di prossima costituzione, di cui faranno parte istituzioni, associazioni, operatori di social networking e della rete internet, fino a giungere alla richiesta dell’individuazione, nel rispetto dell’autonomia, di un docente referente per ogni istituzione scolastica.

Nelle more della costituzione di detto Tavolo di coordinamento nazionale, rimane e rimarrà fondamentale l’importante azione di coordinamento territoriale esercitata degli Uffici Scolastici Regionali, per il tramite degli Osservatori Regionali all’uopo istituiti e al supporto della rete locale dei Centri Territoriali. La Legge richiama, infine, ad un’ulteriore azione di raccordo con ulteriori figure professionali, altri Enti e istituzioni deputati alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo quali assistenti sociali, educatori, operatori della Giustizia minorile.

3.1 Azioni mirate delle scuole e rivolte agli studenti e alle loro famiglie: il ruolo del dirigente scolastico e del docente referente

La L. 71/2017 all’art. 5 prevede che, nell’ambito della promozione degli interventi finalizzati ad assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali del territorio, il dirigente scolastico, definisca le linee di indirizzo del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) e del Patto di Corresponsabilità (D.P.R. 235/07) affinché contemplino misure specificatamente dedicate alla prevenzione del cyberbullismo13.

Le misure di intervento immediato che i dirigenti scolastici sono chiamati a effettuare, qualora vengano a conoscenza di episodi di cyberbullismo, dovranno essere integrate e previste nei Regolamenti di Istituto e nei Patti di Corresponsabilità, al fine di meglio regolamentare l’insieme dei provvedimenti sia di natura disciplinare che di natura educativa e di prevenzione.

Sarà cura del dirigente assicurare la massima informazione alle famiglie di tutte le attività e iniziative intraprese, anche attraverso una sezione dedicata sul sito web della scuola, che potrà rimandare al sito del MIUR www.generazioniconnesse.it per tutte le altre informazioni di carattere generale.

Parimenti è auspicabile che il dirigente scolastico attivi specifiche intese con i servizi territoriali (servizi della salute, servizi sociali, forze dell’ordine, servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia) in grado di fornire supporto specializzato e continuativo ai minori coinvolti ove la scuola non disponga di adeguate risorse.

Secondo la stessa logica, la L. 71/2017 prevede che presso ciascuna istituzione scolastica venga individuato un docente referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio.14

Nell’ambito dell’istituzione scolastica il docente referente potrà, quindi, svolgere un importante compito di supporto al dirigente scolastico per la revisione/stesura di Regolamenti (Regolamento d'istituto), atti e documenti (PTOF, PdM, Rav).

Ai docenti referenti, così come ai dirigenti scolastici, non sono quindi attribuite nuove responsabilità o ulteriori compiti, se non quelli di raccogliere e diffondere le buone pratiche educative, organizzative e azioni di monitoraggio, favorendo così l'elaborazione di un modello di e- policy d’istituto.

Tuttavia, al fine assicurare a tutti i soggetti coinvolti in azioni di prevenzione del cyberbullismo strumenti utili per conoscere e attivare azioni di contrasto al fenomeno, il MIUR elaborerà una piattaforma per la formazione dei docenti referenti. Tale azione sarà rafforzata dalle iniziative che saranno previste dal Piano Integrato di cui all’art. 3 della L. 71/2017 nonché dalle iniziative intraprese sia dagli Uffici Scolastici Regionali che dalle istituzioni medesime.

5. Nuovi strumenti introdotti dalla L. 71/2017: l’ammonimento

Nell’ottica di favorire l’anticipo della soglia di sensibilità al rischio e promuovere forme conciliative che possano evitare il coinvolgimento dei minori, sia quali autori del reato sia quali vittime in procedimenti penali, l’art. 7 della Legge 71/2017 prevede uno strumento d’intervento preventivo, già sperimentato in materia di atti persecutori (stalking), ovvero l’ammonimento del Questore.

Tale previsione risulta pienamente coerente con la scelta legislativa di contrastare il fenomeno del cyberbullismo con azioni di tipo educativo, stimolando nel minore ultraquattordicenne una riflessione sul disvalore sociale del proprio atto nonché una generale presa di coscienza sul medesimo.

Nello specifico, nel caso in cui non si ravvisino reati perseguibili d’ufficio o non sia stata formalizzata querela o presentata denuncia per le condotte di ingiuria (reato recentemente depenalizzato), diffamazione, minaccia o trattamento illecito dei dati personali commessi mediante la rete Internet nei confronti di altro minorenne, è possibile rivolgere al Questore, autorità provinciale di Pubblica Sicurezza, un’istanza di ammonimento nei confronti del minore ultraquattordicenne autore della condotta molesta. La richiesta potrà essere presentata presso qualsiasi ufficio di Polizia e dovrà contenere una dettagliata descrizione dei fatti, delle persone a qualunque titolo coinvolte ed eventuali allegati comprovanti quanto esposto.

E’ bene sottolineare che l’ammonimento, in quanto provvedimento amministrativo, non richiede una prova certa e inconfutabile dei fatti, essendo sufficiente la sussistenza di un quadro indiziario che garantisca la verosimiglianza di quanto dichiarato.

Qualora l’istanza sia considerata fondata, anche a seguito degli approfondimenti investigativi ritenuti più opportuni, il Questore convocherà il minore responsabile insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale, ammonendolo oralmente e invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge con specifiche prescrizioni che, ovviamente, varieranno in base ai casi.

La legge non prevede un termine di durata massima dell'ammonimento ma specifica che i relativi effetti cesseranno al compimento della maggiore età.

Pur non prevedendo un’aggravante specifica per i reati che il minore potrà compiere successivamente al provvedimento di ammonimento, senza dubbio tale strumento rappresenta un significativo deterrente per incidere in via preventiva sui minori ed evitare che comportamenti, frequentemente assunti con leggerezza, possano avere conseguenze gravi per vittime e autori.

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1 Art.1, commi 7, 57,58 della Legge n.107del 15 luglio 2015 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”; Legge n. 71 del 29 maggio 2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. 2 L’ articolo 4, comma 1 della Legge 71 del 29 maggio 2017 prevede che l’aggiornamento delle Linee di orientamento avvenga con cadenza biennale.

3 Art. 4, comma. 2 della Legge n. 71 del 29 maggio 2017.

4 Art. 1, commi 57, 58.

5.http://www.miur.gov.it/web/guest/scuola-digitale 6 Art. 4, comma 2,. D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249.

7 Nell’ottica della collaborazione inter-istituzionale che deve caratterizzare le attività dell’amministrazione centrale e periferica e delle stesse istituzioni scolastiche, si auspica un’azione sinergica con le strutture centrali e territoriali del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità che ha previsto, nella propria riorganizzazione, uno specifico ufficio per la prevenzione della devianza e per la giustizia riparativa. 

8 L’iniziativa è coordinata dal MIUR e realizzata in partenariato con: Ministero dell’Interno-Polizia Postale e delle Comunicazioni, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Save the Children Italia Onlus, Sos Il Telefono Azzurro, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Skuola.net, la Cooperativa E.D.I., Movimento Difesa del Cittadino e l’Agenzia Dire. 

9 http://www.generazioniconnesse.it/site/it/area-scuole/ / 

10 Le informazioni sono reperibili al sito: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_5_12.page

11 Il Garante ha predisposto il modello per la segnalazione di casi di cyberbullismo che si trova sul sito http://www.garanteprivacy.it/cyberbullismo. 12 Per la legislazione corrente, anche il materiale prodotto attraverso la pratica del sexting, che abbiamo visto essere molto diffusa tra i giovani, è da considerarsi pedopornografico. 

13 Il comma 1 dell’art. 5 prevede che il dirigente scolastico, “salvo che il fatto costituisca reato, in applicazione della normativa vigente e delle disposizioni di cui al comma 2, il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo ne informa tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e attiva adeguate azioni di carattere educativo”. 

14 Art. 4 , comma 3 della Legge n. 71 del 29 maggio 2017. 

                                                         Firmato digitalmente da VALERIA FEDELI

 

Keywords
#studenti: bullismo e cyberbullismo#cyberbullismo #prevenzione #contrasto #azione #scuola #ammonimento #strumento #minore #miur #iniziativa
Campo di applicazione - Decreto legislativo 09/04/2008 n° 81 n° 3
Normativa

1.  Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2.  Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli uffici all’estero di cui all’ articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attività condotte dalle Forze armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, nonché dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei Vigili del fuoco, nonché dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio nazionale, individuate entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nonché, relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con decreti, da emanare entro cinquantacinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.
3.  Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2, sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione. Gli schemi dei decreti di cui al citato comma 2 del presente articolo sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3-bis.  Nei riguardi delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, ivi compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività, individuate entro il 31 dicembre 2010 con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
4.  Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.
[5.  (1)]
6.  Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall'amministrazione, organo o autorità ospitante.
7.  Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente.
8.  Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21. Sono comunque esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
9.  Fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
10.  A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11.  Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26.
12.  Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani e dei piccoli commercianti e dei soci delle società semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21.
12-bis.  Nei confronti dei volontari di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, dei volontari che effettuano servizio civile, dei soggetti che svolgono attività di volontariato in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398  (2), e all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e delle associazioni religiose, dei volontari accolti nell'ambito dei programmi internazionali di educazione non formale, nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all'articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del presente decreto. Con accordi tra i soggetti e le associazioni o gli enti di servizio civile possono essere individuate le modalità di attuazione della tutela di cui al primo periodo. Ove uno dei soggetti di cui al primo periodo svolga la sua prestazione nell'ambito di un'organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività. Egli è altresì tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione.
13.  In considerazione della specificità dell'attività esercitata dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti collettivi stipulati dalle predette organizzazioni definiscono specifiche modalità di attuazione delle previsioni del presente decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.
13-bis.   Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e sentite la Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 6 del presente decreto e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 del presente decreto, sono definite misure di semplificazione della documentazione, anche ai fini dell'inserimento di tale documentazione nel libretto formativo del cittadino, che dimostra l'adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi di informazione e formazione previsti dal presente decreto in relazione a prestazioni lavorative regolamentate dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che implicano una permanenza del lavoratore in azienda per un periodo non superiore a cinquanta giornate lavorative nell'anno solare di riferimento.
13-ter.  Con un ulteriore decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sono definite misure di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le imprese agricole, con particolare riferimento a lavoratori a tempo determinato e stagionali, e per le imprese di piccole dimensioni.
 
(1) Comma abrogato per effetto dell’ art. 55, comma 1, lett. e), D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, a decorrere dal 25 giugno 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 57, comma 1 dello stesso D.Lgs. n. 81/2015.
(2) Si segnala che nella gazzetta ufficiale è riportato il seguente riferimento normativo non corretto: «legge 16 dicembre 1991, n. 39».

Keywords
#sicurezza sul lavoro (in generale)#volontario #vigile #distaccare #nave #carabiniere #arma #volontariato #domicilio #polizia #ammalato
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Nota - Adempimenti di carattere operativo ed organizzativo relativi all’esame di Stato. 24/05/2017 n° 5754
Prassi, Circolari, Note

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

Direzione Generale per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione

Struttura Tecnica Esami di Stato

Ai Direttori Generali e Dirigenti titolari degli UU.SS.RR.

Al Sovrintendente Scol. per la scuola di lingua italiana-Bolzano

All’Intendente Scol. Per la scuola di lingua tedesca - Bolzano

All’Intendente Scol. per la scuola delle località ladine - Bolzano

Al Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento

Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta

LORO SEDI

Al Coordinatore della Struttura Tecni ca Esami di Stato

S E D E

e p.c. Al Capo di Gabinetto dell’On. Ministro

Al Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione

Al Capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

Al Direttore Generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica

Al Direttore Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

Al Direttore Generale per le risorse umane e finanziarie

Al Direttore Generale per il Personale Scolastico

S E D E

All’Ufficio Stampa

S E D E

OGGETTO: Adempimenti di carattere operativo ed organizzativo relativi all’esame di Stato. Anno scolastico 2016-2017.

Con l’approssimarsi dei tempi d’inizio degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado, nello spirito della consueta collaborazione, si ritiene opportuno richiamare la particolare attenzione delle SS.LL. su tutti gli adempimenti di carattere tecnico-operativo ed organizzativo finalizzati al regolare svolgimento delle operazioni di esame dei quali le SS.LL. medesime e i Dirigenti scolastici dovranno farsi carico per la parte di rispettiva competenza con la sperimentata cura e tempestività.

INVIO DEL PLICO TELEMATICO

Particolare riguardo merita la scrupolosa osservanza delle disposizioni relative alle modalità di invio tramite il plico telematico delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio dell’istruzione secondaria di secondo grado anche sulla base della circolare prot. n.1382 del 21 aprile 2015 della Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica.

UTILIZZO DI LOCALI IDONEI, SICURI E ATTREZZATI

I locali individuati nelle scuole dovranno essere pienamente idonei allo svolgimento degli esami, sotto il profilo della sicurezza, dell’agibilità e dell’igiene, nonché dignitosi e accoglienti in modo da offrire un’immagine della Scuola decorosa e consona alla particolare circostanza.

Nel caso in cui i locali dovessero risultare insufficienti o inidonei in relazione al numero di candidati o per altri fatti e situazioni di carattere straordinario, si dovrà procedere in tempo utile al reperimento di altri ambienti, anche appartenenti ad altre istituzioni scolastiche, che abbiano i requisiti sopra indicati.

Per quel che concerne la sicurezza esterna dei locali utilizzati per lo svolgimento delle attività di esame, i relativi accessi, in particolare, dovranno essere muniti di serrature e chiavi perfettamente funzionanti e ciascuna Commissione dovrà poter disporre di un armadio metallico, adatto a custodire la documentazione relativa ai candidati, gli atti, gli elaborati, i registri e gli stampati.

I locali stessi dovranno essere attrezzati con fotocopiatrici perfettamente funzionanti, in modo da garantire che le tracce delle prove scritte siano riprodotte in un numero di esemplari esattamente corrispondente al fabbisogno dei candidati assegnati a ciascuna Commissione.

STRUTTURE, STRUMENTI E PERSONALE PER LE COMMISSIONI DI ESAME

Le Commissioni, per poter svolgere nella maniera più agevole i propri compiti (elaborazione di verbali e di atti, esame di testi e documenti, formulazione della terza prova, correzione degli elaborati e conservazione di atti e fascicoli, ecc.), utilizzando di norma le funzioni dell’applicativo “Commissione web”, dovranno essere messe in condizione di servirsi di computer collegati alla rete Internet e delle stampanti in uso nelle rispettive scuole.

Inoltre, dovranno essere messi a disposizione delle Commissioni, per le varie esigenze operative, il telefono, il fax, le attrezzature e i mezzi di comunicazione in dotazione.

Dovrà, inoltre, essere assicurata un’attività continua e puntuale di assistenza e di supporto alle Commissioni, garantendo, con un’adeguata preventiva programmazione, la presenza e la collaborazione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario presente in ciascuna istituzione scolastica nell’assolvimento, per la parte di rispettiva competenza, degli specifici e delicati compiti connessi allo svolgimento delle operazioni di esame.

In particolare, gli uffici di segreteria dovranno provvedere a caricare tutti i dati degli studenti necessari per l’utilizzo dell’applicativo “Commissione web”.

Dovranno, poi, essere preparati, con ragionevole anticipo, gli atti, i documenti, gli stampati e il materiale di cancelleria occorrenti alle Commissioni per l’espletamento del loro mandato; a tal fine può rivelarsi utile il riferimento al modello di “verbale di consegna al Presidente della commissione di esame dei registri, degli stampati, delle chiavi dei locali e della documentazione relativa ai candidati interni ed esterni”, facente parte dei modelli di verbali allegati all’annuale Ordinanza Ministeriale recante istruzioni, modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio del secondo Ciclo nelle scuole statali e paritarie.

UTILIZZO DI CELLULARI E APPARECCHIATURE ELETTRONICHE NEI GIORNI DELLE PROVE SCRITTE

I Dirigenti scolastici avranno cura di avvertire tempestivamente i candidati:

-          che è assolutamente vietato, nei giorni delle prove scritte, utilizzare a scuola telefoni cellulari, smartphone di qualsiasi tipo, dispositivi di qualsiasi natura e tipologia in grado di consultare file, di inviare fotografie ed immagini, nonché apparecchiature a luce infrarossa o ultravioletta di ogni genere;

-          che è vietato l’uso di apparecchiature elettroniche portatili di tipo palmare o personal computer portatili di qualsiasi genere in grado di collegarsi all’esterno degli edifici scolastici tramite connessioni wireless, comunemente diffusi nelle scuole, o alla normale rete telefonica con qualsiasi protocollo;

-          che nei confronti di coloro che violassero tali disposizioni è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, la esclusione da tutte le prove di esame.

Le SS.LL vorranno ricordare tale divieto anche ai Presidenti ed ai Commissari, che hanno il compito di vigilare sul rispetto del divieto stesso, al fine di evitare il verificarsi di episodi che, oltre a turbare il sereno svolgimento delle prove scritte, risulterebbero gravemente penalizzanti per gli stessi candidati.

Analoga cura dovrà essere rivolta   alla   vigilanza   sulle   apparecchiature elettronico-telematiche   in dotazione alle scuole, al fine di evitare che durante lo svolgimento delle prove scritte se ne faccia un uso improprio.

UTILIZZO RISTRETTO DELLA RETE INTERNET NEI GIORNI DELLE PROVE SCRITTE

Tenuto conto della necessità di consentire l’espletamento delle operazioni di estrazione e stampa delle tracce delle prove scritte, inviate con la modalità del plico telematico, in ognuno dei giorni dedicati a tali prove, sarà consentito, fino al completamento della stampa delle tracce relative, rispettivamente, alla prima prova scritta, alla seconda prova scritta e, eventualmente, alla quarta prova scritta, il collegamento con la rete INTERNET esclusivamente da parte dei computer utilizzati:

1) dal Dirigente scolastico o di chi ne fa le veci;

2) dal Direttore dei servizi generali ed amministrativi, ove autorizzato dal Dirigente scolastico o da chi ne fa le veci;

3) dal Referente o dai Referenti di sede.

Nel corso dello svolgimento delle prove scritte dovrà essere disattivato il collegamento alla rete Internet di tutti gli altri computer presenti all’interno delle sedi scolastiche interessate dalle prove scritte.

Saranno, altresì, resi inaccessibili aule e laboratori di informatica.

Inoltre, al fine di garantire il corretto svolgimento delle prove scritte, la Struttura Informatica del Ministero vigilerà, in collaborazione con la Polizia delle Comunicazioni, per prevenire l’utilizzo irregolare della rete INTERNET da parte di qualunque soggetto e delle connessioni di telefonia fissa e mobile.

CASI SPECIFICI

Si richiama l’attenzione sulle disposizioni contenute nella nota prot.n.1018 del 2 maggio 2013 relativa alle modalità di invio mediante plico telematico delle prove per candidati con disabilità visive e per candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie od ospedaliere.

Eventuali esigenze speciali, ivi comprese le richieste di “plico cartaceo”, per candidati con disabilità visive, dovranno essere indirizzate alla Struttura Tecnica Esami di Stato dalle Istituzioni scolastiche o dalle Commissioni e saranno esaminate caso per caso, previo puntuale approfondimento tecnico con i richiedenti.

Per quanto riguarda i candidati che svolgono l’esame presso sezioni carcerarie od ospedaliere (ovvero presso il proprio domicilio), eventuali richieste di “plico cartaceo” saranno indirizzate, in via eccezionale, dai competenti Uffici scolastici territoriali o dalle loro Articolazioni territoriali alla Struttura Tecnica Esami di Stato.

Le prove in formato Braille e le altre che non sarà comunque possibile inviare con la modalità del “plico telematico” dovranno essere ritirate nei locali dell’Amministrazione Centrale con modalità che saranno successivamente rese note.

COLLEGAMENTO CON GLI UFFICI TERRITORIALI

Le SS.LL. vorranno dare alle Istituzioni scolastiche interessate tutte le indicazioni e le informazioni atte a garantire i necessari collegamenti con i rispettivi Uffici territoriali, con particolare riferimento alle modalità di invio delle tracce delle prove d’esame che prevedono specifiche forme di intervento dei Nuclei tecnici di supporto ai Dirigenti scolastici e ai Referenti di sede, nel caso in cui i Presidenti di Commissione, coadiuvati dai rispettivi Referenti di sede, non fossero in grado di estrarre e stampare le tracce delle prove contenute nel “plico telematico”.

Tenuto conto dei numerosi e complessi impegni connessi con lo svolgimento dell’esame, le SS.LL., per tutta la durata delle relative operazioni, vorranno garantire la più ampia funzionalità dei citati Uffici territoriali, assicurando, in particolare, che durante detto periodo le SS.LL. medesime e i Dirigenti dei sopra indicati Uffici o Funzionari appositamente delegati siano presenti nell’Ufficio e comunque reperibili anche nelle ore pomeridiane e serali.

A tal fine si prega di comunicare i rispettivi recapiti alla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione e alla Struttura Tecnica Esami di Stato, secondo i riferimenti sotto riportati.

SUPPORTO A LIVELLO DI AMMINISTRAZIONE CENTRALE

Struttura Tecnica Esami di Stato

Aspetti organizzativi e gestionali concernenti le prove scritte

06/58492116

E-mail segr.servizioisp@istruzione.it alla quale si dovrà fare riferimento

Ufficio III della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione

Profili amministrativi e organizzativi riguardanti lo svolgimento degli esami di stato:

06/58492221

E-mail esamidistato@istruzione.it

VIGILANZA

Le SS.LL. sono pregate di vigilare sulla osservanza, da parte dei Dirigenti scolastici interessati, delle disposizioni contenute nella presente nota.

Si ringrazia per la consueta collaborazione.

IL DIRETTORE GENERALE

Carmela Palumbo

 

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#studenti: valutazione degli apprendimenti ed esami#esami di stato#prova #esame #plico #ssll #candidato #commissione #svolgimento #traccia #stato #istruzione
Corte dei Conti PIEMONTE - Parere - Spese conseguenti all’estensione degli impianti per i collegamenti ad internet e per le reti interne al fine di predisporre gli edifici scolastici all’utilizzo del registro elettronico in ogni aula e competenze degli Enti locali 24/10/2013 n° 358
Prassi, Circolari, Note

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE                                                                      

Delibera n. 358/2013/SRCPIE/PAR

La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nella camera di consiglio del 23 ottobre 2013, composta dai Magistrati:

 

Dott.ssa Enrica LATERZA                     Presidente

Dott. Mario PISCHEDDA                      Consigliere

Dott. Giancarlo ASTEGIANO                          Consigliere

Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA                 Primo Referendario

Dott. Walter BERRUTI                        Primo Referendario

Dott.ssa Alessandra OLESSINA            Primo Referendario relatore

Dott. Massimo VALERO                      Primo Referendario

 

Visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R. D. 12 luglio 1934 n. 1214 e successive modificazioni;

Vista la L. 14 gennaio 1994 n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Vista la deliberazione n. 14/2000 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, adottata nell’adunanza del 16 giugno 2000, concernente il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti come modificato dalla delibera del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19 giugno 2008;

Vista la L. 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 e, in particolare, l’art. 7, comma 8;

Visto l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;

Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;

Vista la richiesta di parere proveniente dal Comune di Grugliasco (TO) n. 15729 del 20 maggio 2013, pervenuta, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, il giorno 31 maggio 2013, prot. n. 6089 e recante un quesito in materia di spese scolastiche;

Vista l’Ordinanza con la quale il Presidente di questa Sezione di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta e ha nominato relatore il Primo Referendario Dott.ssa Alessandra OLESSINA;

Udito il relatore;

Ritenuto in                                        

FATTO

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Grugliasco (TO) chiede se le spese conseguenti all’estensione degli impianti per i collegamenti ad internet e per le reti interne al fine di predisporre gli edifici scolastici all’utilizzo del registro elettronico in ogni aula rientrino tra quelle assumibili dagli Enti locali o se, al contrario, rientrino tra gli oneri derivanti dal concreto espletamento dell’attività didattica non assumibili dagli Enti locali medesimi.

Considerato in                              

DIRITTO

1. La richiesta di parere, inoltrata ai sensi dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003, presenta i requisiti, soggettivo e oggettivo, di ammissibilità.

Infatti, essa è stata sottoscritta dal Sindaco del Comune di Grugliasco (TO) e trasmessa tramite il C.A.L.

Inoltre, essa, ponendo un quesito che riguarda in generale l’interpretazione ed applicazione di disposizioni riguardanti le spese scolastiche, attiene alla materia della contabilità pubblica.

Tuttavia, va precisato che la richiesta di parere, pur essendo originata da un’esigenza dell’Amministrazione di gestire una fattispecie concreta, deve essere finalizzata ad ottenere indicazioni sulla corretta interpretazione di principi, norme ed istituti riguardanti la contabilità pubblica, che poi spetterà all’Amministrazione applicare al caso di specie, non potendo essere rivolta ad ottenere indicazioni specifiche per l’attività gestionale concreta. In caso contrario l’attività consultiva della Corte si risolverebbe, di fatto, in una sorta di coamministrazione.

Ciò posto, può passarsi all’esame del merito.

2. Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 135 (“Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”), all’art.7 , commi 28 e ss., così dispone:

“Comma 28. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013, le iscrizioni alle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado per gli anni scolastici successivi avvengono esclusivamente in modalita' on line attraverso un apposito applicativo che il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca mette a disposizione delle scuole e delle famiglie. Comma 29. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche ed educative redigono la pagella degli alunni in formato elettronico. Comma 30. La pagella elettronica ha la medesima validita' legale del documento cartaceo ed e' resa disponibile per le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalita' digitale. Resta comunque fermo il diritto dell'interessato   di   ottenere   su   richiesta gratuitamente copia cartacea del documento redatto in   formato elettronico. Comma 31. A decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico. Comma 32. All'attuazione delle disposizioni dei commi da 27 a 31 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Il Comune di Grugliasco chiede se le spese conseguenti all’estensione degli impianti per i collegamenti ad internet e per le reti interne al fine di predisporre gli edifici scolastici all’utilizzo in ogni aula del registro elettronico - come introdotto dalla normativa sopra indicata - rientrino tra quelle assumibili dagli Enti locali o se, al contrario, rientrino tra gli oneri derivanti dal concreto espletamento dell’attività didattica non assumibili dagli Enti locali medesimi.

Viene richiamata, a questo proposito, la normativa di settore.

Secondo l’art. 159 D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (“Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”), “Spetta ai Comuni provvedere al riscaldamento, alla illuminazione, ai servizi, alla custodia delle scuole e alle spese necessarie per l'acquisto, la manutenzione, il rinnovamento del materiale didattico, degli arredi scolastici, ivi compresi gli armadi o scaffali per le biblioteche scolastiche, degli attrezzi ginnici e per le forniture dei registri e degli stampati occorrenti per tutte le scuole elementari, salvo che per le scuole annesse ai convitti nazionali ed agli educandati femminili dello Stato, per le quali si provvede ai sensi dell'articolo 139. Sono inoltre a carico dei Comuni le spese per l'arredamento, l'illuminazione, il riscaldamento, la custodia e la pulizia delle direzioni didattiche nonché la fornitura alle stesse degli stampati e degli oggetti di cancelleria”.

L’art. 107 dello stesso decreto ha previsto, inoltre, che “la manutenzione, il riscaldamento, le spese normali di gestione e la custodia degli edifici delle scuole materne statali sono a carico del Comune ove hanno sede le scuole. È ugualmente a carico del Comune il personale di custodia. Gli oneri per l'attrezzatura, l'arredamento e il materiale di gioco delle scuole materne statali sono a carico dello Stato. Le attrezzature, l'arredamento ed il materiale forniti dallo Stato restano in proprietà dei Comuni per essere utilizzati unicamente secondo l'originaria destinazione”.

Infine, l’art. 190 dello stesso decreto ha previsto, per la gestione e manutenzione degli edifici scolastici in generale, che “i Comuni sono tenuti a fornire, oltre ai locali idonei, l'arredamento, l'acqua, il telefono, l'illuminazione, il riscaldamento, la manutenzione ordinaria e straordinaria, e a provvedere all'eventuale adattamento e ampliamento dei locali stessi. (…)”.

L’art.3, comma 1, della L. 11 gennaio 1996, n. 23 (“Norme per l’edilizia scolastica”) ha individuato gli Enti locali competenti per la realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici: a) i Comuni, per quelli da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie; b) le Province, per quelli da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, di conservatori di musica, di accademie, di istituti superiori per le industrie artistiche, nonché di convitti e di istituzioni educative statali.

Lo stesso art. 3, al comma 2, ha disposto inoltre che “in relazione agli obblighi per essi stabiliti dal comma 1, i Comuni e le Province provvedono altresì alle spese varie di ufficio e per l'arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento ed ai relativi impianti”.

Da tale quadro normativo può evincersi che il legislatore abbia inteso suddividere le competenze tra Enti locali e Ministero dell’Istruzione intestando ai primi le spese relative alle strutture in cui si svolge l’attività didattica, ricomprendendo sia i beni immobili a ciò preposti, sia le attrezzature necessarie per lo svolgimento delle attività stesse, comprese quelle d’ufficio (di mero supporto alla vera e propria attività didattica); al secondo le spese relative allo svolgimento dell’attività didattica in senso stretto, sia derivante da programmi istituzionali, sia relativa ad iniziative complementari o attività integrative svolte all’interno delle istituzioni scolastiche.

La giurisprudenza ha poi precisato che l’espressione “spese varie di ufficio" di cui all’art. 3 della L. n. 23/1996 deve intendersi ricomprendere tutte le spese necessarie ad assicurare il normale funzionamento di una scuola (cfr. C.d.S. n. 1784/1996), ossia le spese generali (similari a quelle di arredamento) che occorrano per rendere effettiva la destinazione di determinati locali a sede di scuole, senza alcuna possibilità di comprendere oneri derivanti dal concreto espletamento dell'attività scolastica (cfr. Cass n. 17617/2004).

In particolare, come già evidenziato da questa Corte (cfr. deliberaz. Corte dei conti, Sez. controllo Lombardia, n. 8/2009), la formulazione dell'art. 3, comma 2, della L. n. 23/1996 fa ritenere che fra le “spese varie d’ufficio” necessarie ad assicurare il normale funzionamento di una scuola, assumibili dagli Enti locali, possano rientrare quelle necessarie a dotare le segreterie scolastiche di tutti gli strumenti idonei al loro funzionamento, assolvendo gli uffici di segreteria ad una funzione di mero supporto alla vera e propria attività didattica.

Premesso tale quadro normativo e giurisprudenziale, deve ritenersi che anche le spese conseguenti all’estensione degli impianti per i collegamenti ad internet e per le reti interne al fine di predisporre gli edifici scolastici all’utilizzo del registro on line – ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 95/2012, convertito nella L. n. 135/2012 - rientrino tra quelle di competenza degli Enti locali, in quanto qualificabili come spese necessarie a rendere possibile l’adattamento della singola struttura scolastica all’attuazione di specifiche nuove modalità (on line) di iscrizione, registro e pagella, servizi questi ultimi riconducibili all’attività di segreteria scolastica, di supporto all’attività didattica in senso stretto.

P.Q.M.

nelle suesposte considerazioni è il parere di questa Sezione.

Copia del parere sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.

Così deliberato in Torino nella camera di consiglio del 23 ottobre 2013.

Il Primo Referendario Relatore                    

F.to Dott.ssa Alessandra OLESSINA                                                                                                                       

                                                                             Il Presidente

                                                               F.to Dott.ssa Enrica LATERZA

Depositato in Segreteria il 24/10/2013

   Il funzionario preposto

   F.to Dott. Federico SOLA

 

Keywords
#edificio #arredamento #dottssa #vistare #riscaldamento #line #aula #fto #manutenzione #illuminazione
Garante per la protezione dei dati personali - Delibera - No al controllo massivo e alla conservazione illimitata delle email dei lavoratori 01/02/2018 n° 53
Prassi, Circolari, Note

Registro dei provvedimenti

n. 53 del 1° febbraio 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito "Codice");

VISTO il reclamo presentato da XX concernente il trattamento di dati personali riferiti all'interessato effettuato da Sicily by Car S.p.A.;

VISTO il d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito "Codice");

VISTE le "Linee guida per posta elettronica e internet", adottate con provvedimento n. 13 del 1° marzo 2007 (pubblicato nella G.U. 10 marzo 2007, n. 58);

ESAMINATA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

PREMESSO

1.1. Il reclamo nei confronti della società.

Con reclamo pervenuto il 23 dicembre 2016 il Sig. XX ha chiesto all'Autorità di disporre il blocco o il divieto del trattamento effettuato da Sicily by Car S.p.A. (di seguito: la società), ritenuto illecito, di dati personali a sé riferiti contenuti nella casella di posta elettronica (XX) assegnatagli nell'ambito del rapporto di lavoro allo stato non più in essere, con particolare riferimento ai dati esterni ed al contenuto di alcune email conservate e utilizzate dalla società al fine di elevare una contestazione disciplinare.

Più specificamente, il reclamante ha rappresentato che in data 14 novembre 2016 la società ha contestato in sede disciplinare, all'esito di "verifiche effettuate dal responsabile amministrativo", l'invio di alcune email a colleghi di lavoro ˗ "nel periodo che va dal mese di luglio al mese di ottobre 2015" ˗ utilizzando il menzionato account di posta elettronica e "rinvenute nel server aziendale" (cfr. reclamo cit., All. 1 "Contestazione di addebiti ex art. 7 dello statuto dei lavoratori"). Successivamente, avendo avuto accesso alla copia delle email oggetto di contestazione, il reclamante ha verificato che la raccolta delle comunicazioni elettroniche scambiate con i colleghi si è estesa fino al gennaio 2016. Quanto al contenuto delle email, questo sarebbe stato caratterizzato "dagli evidenti toni personali […] espressione di goliardia e […] ironia fra colleghi" (cfr. reclamo cit., p. 2). Tale attività di raccolta (e successivo trattamento) delle email da parte della società sarebbe inoltre avvenuto in assenza di informativa circa le specifiche politiche aziendali adottate in proposito.

1.2. La società, in risposta alla richiesta di elementi formulata dall'Ufficio, ha dichiarato che:

a. "le comunicazioni e-mail successivamente utilizzate per la contestazione disciplinare […] sono state rinvenute in occasione di un accesso tramite server aziendale alla casella di posta elettronica di un altro dipendente […], che era uno dei destinatari delle predette e-mail" (cfr. nota 25.5.2017, p. 4);

b. a seguito della relazione presentata nel giugno 2016 dall'advisor incaricato dalla società di "verificare la fattibilità del possibile utilizzo, nell'attività e quindi nella contabilità aziendale, dei principi contabili internazionali al posto di quelli nazionali […] sono emerse rilevanti non conformità nella tenuta della contabilità […]"(cfr. nota cit., p. 4 e 5);

c. la società ha conseguentemente proceduto alla "ricerca della documentazione necessaria, da un canto, per la verifica dei conti e, dall'altro, per comprovare le responsabilità personali di chi […] aveva dato causa alla riscontrata non correttezza della contabilità negli esercizi in esame […]" (cfr. nota cit., p. 5);

d. "in occasione di tale consultazione […] sono state rinvenute le e-mail poste, in uno ad altre rilevanti circostanze, a base della contestazione disciplinare e del licenziamento" (cfr. nota cit., p. 5);

e. le e-mail scambiate dal reclamante sono state ritenute "tendenti a destabilizzare l'intero ufficio contabilità […], a mortificare il lavoro svolto […], a denigrare pesantemente l'azienda [e] dimostrano che il reclamante con la sua condotta […] ha consentito il perseverare di gravi errori nella redazione dei bilanci […]"(cfr. nota cit., p. 6);

f. il trattamento effettuato sarebbe pertanto legittimo in quanto preordinato "alla tutela degli interessi dell'impresa (anche di protezione del patrimonio aziendale) e all'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro" (cfr. nota cit., p. 7);

g. a seguito del licenziamento del reclamante la società "ha provveduto ad attivare un sistema di risposta automatica che invitava il mittente a inviare future comunicazioni" ad un diverso indirizzo aziendale; inoltre in vista delle "richiamate ragioni di tutela aziendale e di difesa giudiziale […] sono state effettuate operazioni di sola lettura sulle e-mail in ingresso sull'account aziendale del [reclamante] per un periodo […] inferiore a sei mesi (oggi del tutto terminato), dopo la sospensione cautelare del rapporto di lavoro e il successivo licenziamento" (cfr. nota cit., p. 7 e 8);

h. relativamente alle modalità con le quali è stata fornita un'informativa ai dipendenti circa le modalità consentite di utilizzo della posta elettronica e del pc aziendale, la società ha fornito una "informativa personalizzata inserita nella lettera di designazione quale incaricato del trattamento" nonché reso noto il menzionato "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" (cfr. nota cit., p. 9);

i. con il menzionato Disciplinare interno la società ha "vieta[to] la tenuta nella rete interna di file non attinenti all'attività lavorativa […] e prescri[tto] che i dispositivi hardware e software concessi in uso dalla società – e quindi anche gli account e-mail aziendali – devono essere utilizzati solo per scopi aziendali";

j. quanto alla normativa in materia di controlli a distanza (art. 4, legge 20.5.1970, n. 300) la società ha dichiarato di "non [aver] attivato alcun tipo di controllo o controllo automatizzato del lavoratore"; pertanto le procedure ivi previste non sono state attivate (cfr. nota cit., p. 11).

1.3. Con nota di replica pervenuta il 19.6.2017 il reclamante ha ribadito le richieste già avanzate all'Autorità, rappresentando ˗ tra l'altro ˗ che "il range di ricerca sulle email contestate", inizialmente individuato tra i mesi di luglio/ottobre 2015 (con lettera di contestazione disciplinare), è stato successivamente esteso dalla società "a tutto l'anno 2015" (nella lettera di licenziamento del 23.11.2016) e, secondo quanto rappresentato in un ulteriore documento depositato nel giudizio di impugnazione del licenziamento incardinato dinnanzi all'autorità giudiziaria competente, anche all'anno 2016 (cfr. nota 19.6.2017, p. 2). Successivamente il reclamante ha inoltrato all'Autorità copia dell'ordinanza del Tribunale di Palermo, Sezione lavoro, 21 giugno 2017 che, disponendo l'annullamento del licenziamento del reclamante, ha tra l'altro stabilito che "l'estrazione dal server aziendale delle predette mail inviate dal ricorrente dal suo account aziendale non appare giustificata – che sia stata o meno effettuata dalla posta [di altro dipendente] – in relazione alle motivazioni addotte dalla società […]"; inoltre "nel merito, il contenuto delle mail […] non appare avere alcuna rilevanza disciplinare, trattandosi di comunicazioni private scambiate tra colleghi con tono scherzoso e senza che ne emerga alcun intento destabilizzante o denigratorio, anche in considerazione del fatto che dovevano essere lette solo dai destinatari che partecipavano alla conversazione […]"; "il ricorrente poneva in essere con lo spedirle [le email oggetto di contestazione] una condotta disciplinarmente irrilevante (anche a mente del regolamento depositato in atti dalla convenuta, peraltro non sottoscritto e, quindi, non valutabile come documento, stante la contestazione relativa alla sua stessa esistenza)".

1.4. Con successiva nota pervenuta il 3.11.2017, la società – rispondendo ad una richiesta di integrazioni e chiarimenti formulata dall'Ufficio – ha precisato che:

a. "gli account aziendali assegnati ai dipendenti […] vengono configurati all'interno del server aziendale, sito nell'apposita sala server presso la sede della società. […] a ciascuna casella email corrisponde un database, residente sul server, il quale raccoglie e conserva tutta la corrispondenza in entrata e in uscita dalla casella medesima" (cfr. nota 3.11.2017, p. 3);

b. "la finalità per cui è stata adottata la decisione di utilizzare il server aziendale per la gestione delle email [è] principalmente riconducibile alla determinante importanza delle comunicazioni per via telematica in un'attività come quella esercitata dalla [società]. Si pensi alle email scambiate con i tour operator […], i clienti […], i fornitori […], le compagnie assicurative […], i professionisti […], nonché tra i diversi uffici della società" (cfr. nota cit., p. 3);

c. "il server allocato all'interno della rete locale della sede societaria […] consente lo svolgimento continuativo del lavoro anche quando si verificano malfunzionamenti della linea internet; infatti […] in tali circostanze ogni operatore può […] continuare a lavorare in modalità offline, anche accedendo alla propria corrispondenza pregressa […]" (cfr. nota cit., p. 3);

d. quanto ai tempi di conservazione delle email in transito sugli account di posta elettronica aziendale, in base a "nuove misure" introdotte "recentemente" e allo stato in essere, "le e-mail dei dipendenti sono conservate […] sino a un mese dopo la cessazione del rapporto di lavoro per gli impiegati e sino a dodici mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro per i dirigenti o altre figure apicali. L'esigenza di conservazione delle suddette e-mail è strettamente correlata all'importanza nell'attività della [società] delle comunicazioni per via telematica, che molto spesso hanno significativa rilevanza giuridica e commerciale" (cfr. nota cit., p. 4); invece "all'epoca del licenziamento del reclamante […] non erano ancora stati prefissati tempi massimi per la conservazione sul server della posta elettronica in transito sugli account dei dipendenti" (cfr. nota cit., p. 5);

e. oltre alla necessità che tali comunicazioni e-mail siano accessibili agli intestatari degli account "per ragioni di efficienza aziendale […] è […] comprensibile che possa sorgere l'esigenza di dimostrare – anche in giudizio e anche dopo tempo – l'avvenuto invio o la ricezione di uno o più messaggi di posta elettronica (ad esempio, nell'ambito di contenziosi relativi ad accordi conclusi tramite scambio di corrispondenza e-mail, oppure riguardanti inadempimenti di incarichi conferiti con l'invio di disposizioni per via telematica, oppure ancora in relazione a contenziosi nascenti da reclami di clienti […])" (cfr. nota cit., p. 4 e 5);

f. i soggetti autorizzati ad accedere alle email conservate sul server aziendale sono: "il titolare dell'account, in forza della lettera di designazione quale incaricato del relativo trattamento"; "gli amministratori di sistema, per finalità tecniche"; "altri soggetti di volta in volta specificamente autorizzati per iscritto dal titolare del trattamento […] per le finalità previste dalla legge e, particolarmente, per quelle di difesa in giudizio o di perseguimento di un legittimo interesse […]" (cfr. nota cit., p. 6);

g. il "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" è stato adottato il 4 marzo 2010 e in pari data "trasmesso […] alla scrivente società e precisamente alla casella di posta elettronica [assegnata al reclamante] in ragione del ruolo rivestito in azienda"; il documento è stato "affisso in bacheca" ed ha "costituito uno degli argomenti trattati durante i corsi di formazione e di aggiornamento che la società organizza periodicamente per i propri dipendenti" (cfr. nota cit., p. 6 e 7);

h. per quanto riguarda la procedura relativa agli account di posta elettronica aziendale assegnati ai dipendenti dopo l'interruzione del rapporto di lavoro, le "nuove misure oggi attuate […] prevedono che alla data della cessazione del rapporto di lavoro venga disattivato l'account […]. Pertanto, nel caso di tentativo di invio di una comunicazione alla casella disattivata il mittente riceve un messaggio di mancato recapito"; diversamente, all'epoca dei fatti oggetto di reclamo, "la disattivazione […] avveniva ancora in due distinte fasi: in un primo momento veniva transitoriamente attivato un sistema di autoreply al fine di rendere noto ai mittenti un altro indirizzo e-mail a cui inviare le future comunicazioni; in una seconda fase veniva definitivamente disattivato l'account e, a quel punto, in caso di tentato invio il mittente riceveva un messaggio di mancato recapito" (cfr. nota cit., p. 7).

2. L'esito dell'istruttoria.

All'esito dell'esame delle dichiarazioni rese all'Autorità nel corso del procedimento ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell'art. 168 del Codice ˗ nonché della documentazione acquisita, risulta che la società in qualità di titolare ha effettuato (e tutt'ora effettua) operazioni di trattamento di dati personali riferiti al reclamante ˗ nonché agli altri dipendenti ˗ che risultano per alcuni profili non conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, nei termini di seguito descritti.

3. Trattamenti di dati effettuati sull'account di posta elettronica aziendale.

Emerge dagli atti che la società, nel corso dell'effettuazione di controlli sul contenuto della corrispondenza elettronica del responsabile amministrativo all'epoca dei fatti (disposti a seguito della ricezione di una relazione commissionata ad una società di consulenza e revisione), ha trattato i dati personali del reclamante (che svolgeva le funzioni di responsabile finanziario) contenuti nelle email in entrata e in uscita sull'account di posta elettronica aziendale a questi assegnato – individualizzato con nome e cognome – scambiate con alcuni colleghi di lavoro e collaboratori. Tali dati personali, raccolti nel corso del 2015 e del 2016, sono stati utilizzati per effettuare una contestazione disciplinare.

Tale trattamento è stato reso possibile dalla circostanza che la società conserva sul server aziendale tutte le comunicazioni elettroniche spedite e ricevute sugli account assegnati ai propri dipendenti (qualsiasi mansione essi svolgano), per l'intera durata del rapporto di lavoro ed anche successivamente all'interruzione dello stesso (v. precedente punto 1.4., lett. a. e d.), in vista del prospettato accesso anche al contenuto delle stesse materialmente effettuato da soggetti di volta in volta "autorizzati" (v. precedente punto 1.4., lett. f.). Ciò anche in vista di futuri ed eventuali contenziosi, consentendo così alla società di precostituire elementi utili alla difesa in giudizio ed alla tutela dei propri diritti (v. precedente punto 1.4., lett. d. e e.). Il flusso di email scambiate su ciascun account aziendale è altresì memorizzato per consentirne la consultazione da parte degli stessi dipendenti (ciascuno ai propri dati).

3.1. L'informativa all'interessato.

In relazione ai descritti trattamenti, in primo luogo, non risulta che la società abbia informato il reclamante ˗ e gli altri dipendenti ˗ circa modalità e finalità della descritta attività di raccolta e conservazione dei dati relativi all'utilizzo della posta elettronica, né con informativa individualizzata né con la messa a disposizione della policy aziendale.

In proposito, infatti, si rileva che la lettera di designazione del reclamante quale incaricato del trattamento (datata 3.12.2012) reca tra l'altro la seguente indicazione: "Le risorse hardware e software devono essere utilizzate solo per scopi aziendali o per altri usi espressamente autorizzati" (cfr. All. 3, nota della società 25.5.2017), mentre il "Disciplinare interno sull'utilizzo delle risorse informatiche aziendali" asseritamente adottato il 4 marzo 2010, nella sezione relativa alle "Norme specifiche per l'utilizzo di internet e della posta elettronica" si limita ad avvisare i dipendenti che "potranno essere effettuati controlli sull'utilizzo illecito delle risorse aziendali ed in caso di violazione l'Azienda si riserva la possibilità di adottare le necessarie sanzioni con le modalità e i limiti previsti dallo Statuto dei lavoratori e dai CCNL applicabili" (cfr. All. 2, nota della società 25.5.2017, di cui peraltro non risulta provata la consegna al reclamante, posto che con la email 4.3.2010 ci si è limitati a chiedere allo stesso l'inoltro all'amministratore di sistema del documento allegato: v. All. 1, nota della società 3.11.2017).

All'interno di tali documenti non v'è dunque alcun riferimento alla conservazione sui server aziendali ˗ per tutta la durata del rapporto di lavoro ed anche oltre la cessazione dello stesso (si veda infra punto 3.2.) ˗ di tutte le email scambiate nel corso dell'attività lavorativa, né delle finalità e modalità di conservazione e di accesso della società a tale database. Non sono inoltre state rese note le specifiche attività di controllo ˗ indicando dettagliatamente modalità e procedure adottate ˗ che il datore di lavoro si riserva di effettuare sui dati raccolti nel corso dell'attività lavorativa (con particolare riferimento alla possibilità di accedere al contenuto di tutte le comunicazioni elettroniche scambiate).

Ciò risulta in contrasto con l'obbligo posto in capo al titolare del trattamento di fornire una preventiva informativa all'interessato in ordine alle caratteristiche essenziali dei trattamenti effettuati nonché con il principio di correttezza (in relazione agli articoli 11, comma 1, lett. a) e 13 del Codice; cfr. altresì sul punto Provv. 1° marzo 2007, n. 13,  "Linee guida per posta elettronica e internet", citate in premessa, spec. punto 3.1. "Grava […] sul datore di lavoro l'onere di indicare […], chiaramente e in modo particolareggiato, quali siano le modalità di utilizzo degli strumenti messi a disposizione ritenute corrette e se, in che misura e con quali modalità vengano effettuati controlli"; medesime conclusioni in European Court of Human Rights, Grand Chamber, case of Bărbulescu v. Romania, Application no. 61496/08, 5 September 2017, spec. n. 140).

In relazione al prospettato accesso alle email raccolte da parte dell'amministratore di sistema per non meglio specificate "finalità tecniche" (v. precedente punto 1.4., lett. f.), si rammenta che l'informativa ai dipendenti deve altresì indicare le operazioni di trattamento che possono essere effettuate dall'amministratore di sistema per finalità connesse alla fornitura del servizio (cfr. anche Provv. 27 novembre 2008, in G.U. n. 300 del 24 dicembre 2008, modificato con provvedimento del 25 giugno 2009, "Misure e accorgimenti prescritti ai titolari dei trattamenti effettuati con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni delle funzioni di amministratore di sistema", doc. web n. 1577499, spec. n. 2, lett. c) e f) del dispositivo. In base a tale provvedimento il titolare è altresì tenuto ad adottare sistemi che registrino gli "accessi logici (autenticazione informatica) ai sistemi di elaborazione e agli archivi elettronici da parte degli amministratori di sistema").

3.2. Liceità, necessità e proporzionalità del trattamento. Conservazione dei dati.

La conservazione sistematica dei dati esterni e del contenuto di tutte le comunicazioni elettroniche scambiate dai dipendenti attraverso gli account aziendali, allo scopo di poter ricostruire gli scambi di comunicazioni tra gli uffici interni nonché tutti i rapporti intrattenuti con gli interlocutori esterni (clienti, fornitori, enti assicurativi, tour operator), anche in vista di possibili contenziosi, effettuata da soggetti diversi dal titolare della specifica casella di posta elettronica per l'intera durata del rapporto di lavoro e successivamente all'interruzione dello stesso, non risulta altresì conforme ai principi di liceità, necessità e proporzionalità del trattamento (v. artt. 3, 11, comma 1, lett. a) e d) del Codice).

La legittima necessità di assicurare l'ordinario svolgimento e la continuità dell'attività aziendale nonché di provvedere alla dovuta conservazione di documentazione in base a specifiche disposizioni dell'ordinamento è assicurata, in primo luogo, dalla predisposizione di sistemi di gestione documentale con i quali ˗ attraverso l'adozione di appropriate misure organizzative e tecnologiche ˗ individuare i documenti che nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa devono essere via via archiviati con modalità idonee a garantire le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità prescritte dalla disciplina di settore applicabile (si veda quanto stabilito dal D.P.C.M. 3 dicembre 2013, recante le Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5-bis, 23-ter, comma 4, 43, commi 1 e 3, 44, 44-bis e 71, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005; parimenti i documenti che rivestano la qualità di "scritture contabili" devono essere memorizzati e conservati con modalità determinate: artt. 2214 c.c.; artt. 43 e 44, d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, "Codice dell'amministrazione digitale"). I sistemi di posta elettronica, per loro stessa natura, non consentono di assicurare tali caratteristiche.

Pertanto lo scopo di predisporre strumenti per l'ordinaria ed efficiente gestione dei flussi documentali aziendali può ben essere perseguito ˗ conformemente alle disposizioni vigenti oltre che più efficacemente ˗ con strumenti meno invasivi per il diritto alla riservatezza dei dipendenti e dei terzi, rispetto alla sopra descritta attività di sistematica ed estesa conservazione delle comunicazioni elettroniche, che risulta pertanto non necessaria né proporzionata rispetto allo scopo.

Come si evince infatti dal caso oggetto di reclamo, attraverso l'accesso ai contenuti delle email scambiate tra colleghi e collaboratori, la società ha ricostruito lo scambio di comunicazioni anche di natura privata, destinate a rimanere all'interno della cerchia dei soggetti partecipanti alle comunicazioni.

Inoltre si osserva che il trattamento di dati personali effettuato per finalità di tutela dei propri diritti in giudizio deve riferirsi a contenziosi in atto o a situazioni precontenziose, non ad astratte e indeterminate ipotesi di possibile difesa o tutela dei diritti, posto che tale estensiva interpretazione ˗ avanzata dalla società ˗ risulterebbe elusiva delle disposizioni sui criteri di legittimazione del trattamento (v. artt. 23 e 24 del Codice; si vedano anche i provv.ti 19 marzo 2015, doc. web n. 4039439, 20 febbraio 2014, doc. web n. 3115239 e 4 giugno 2009, doc. web n. 1629029).

Risulta inoltre non conforme ai principi di necessità, pertinenza e non eccedenza (in relazione agli artt. 3 e 11, comma 1, lett. d) e e) del Codice) la conservazione dei predetti dati, in relazione alle descritte eterogenee finalità, per tutta la durata del rapporto di lavoro e anche successivamente all'interruzione dello stesso, al fine di consentirne l'accesso al datore di lavoro nei termini su esposti. Ciò sia con riferimento alla prassi vigente al momento dei fatti oggetto di reclamo ˗ ossia  la conservazione senza fissazione di alcun limite temporale ˗ sia in relazione ai termini allo stato fissati dalla società (rispettivamente uno e dodici mesi dopo la cessazione del rapporto per impiegati e dirigenti/figure apicali: v. precedente punto 1.4., lett. d.).

Diversa valutazione riguarda invece la prevista messa a disposizione del dipendente dell'intero archivio delle email scambiate tramite il proprio account aziendale. Tale facoltà, che rientra tra le modalità di messa a disposizione degli strumenti di lavoro, può ˗ se del caso ˗ essere oggetto di istruzioni da parte del datore di lavoro (ad es. individuando limiti temporali di conservazione anche diversificati in base alle funzioni svolte e coerenti con i limiti di spazio a disposizione e/o fornendo indicazioni sulla necessità di effettuare periodicamente la selezione e cancellazione dei messaggi conservati, al fine di evitare eccessivi appesantimenti del sistema di gestione della posta elettronica).
Resta fermo che al database relativo al singolo account, così costituito, può avere accesso (anche effettuando le operazioni consentite dal sistema) solo l'interessato, intestatario dell'account stesso. Resta fermo altresì che in relazione alle attività di raccolta e conservazione necessarie a consentire le operazioni di trattamento da parte dell'interessato, il titolare è tenuto ad osservare quanto stabilito dall'Autorità con il citato Provvedimento 27 novembre 2008 sugli amministratori di sistema.

Si rammenta che l'Autorità si è pronunciata sulle condizioni di liceità di alcuni trattamenti di dati tratti dall'utilizzo di strumenti di lavoro, tra cui la posta elettronica, per finalità di sicurezza dei sistemi e di gestione dei servizi (v. Provv. n. 303 del 13.7.2016, doc. web n. 5408460, spec. par. 4.2., 4.3. e 5, anche con riferimento ai tempi di conservazione, con il quale sono stati indicati tra i "sistemi e le misure che […] consentono il fisiologico e sicuro funzionamento al fine di garantire un elevato livello di sicurezza della rete aziendale messa a disposizione del lavoratore" i "sistemi di logging per il corretto esercizio del servizio di posta elettronica, con conservazione dei soli dati esteriori, contenuti nella cosiddetta "envelope" del messaggio, per una breve durata non superiore comunque ai sette giorni").

3.3. La disciplina lavoristica.

La raccolta sistematica delle comunicazioni elettroniche in transito sugli account aziendali dei dipendenti in servizio, la loro memorizzazione per un periodo non predeterminato e comunque, allo stato, amplissimo e la possibilità per il datore di lavoro di accedervi per finalità indicate in astratto e in termini generali ˗ quali la difesa in giudizio o il perseguimento di un legittimo interesse ˗ consente alla società di effettuare il controllo dell'attività dei dipendenti.

Ciò risulta in contrasto con la disciplina di settore in materia di controlli a distanza (cfr. artt. 11, comma 1, lett. a) e 114 del Codice e art. 4, legge 20.5.1970, n. 300). Tale disciplina infatti, pure a seguito delle modifiche disposte con l'art. 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, non consente l'effettuazione di attività idonee a realizzare il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell'attività del lavoratore (v. Linee guida per posta elettronica e internet citate in premessa, spec. par. 4, 5.2. lett. b) e 6; Consiglio di Europa, Raccomandazione del 1 aprile 2015, CM/Rec(2015)5, spec. princ. 14).

Inoltre il datore di lavoro, pur avendo la facoltà di verificare l'esatto adempimento della prestazione lavorativa ed il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei dipendenti, deve in ogni caso salvaguardarne la libertà e la dignità (v., tra gli altri, Provv. n. 139 del 7 aprile 2011, doc. web n. 1812154; Provv. n. 308 del 21.7.2011, doc. web n. 1829641; Provv. 23 dicembre 2010, doc. web n. 1786116; si veda in proposito Cass. 31.3.2016, n. 13057, laddove si afferma che qualora "siano attivate caselle di posta elettronica – protette da password personalizzate – a nome di uno specifico dipendente, quelle «caselle» rappresentano il domicilio informatico proprio del dipendente […]. La casella rappresenta uno «spazio» a disposizione – in via esclusiva – della persona, sicché la sua invasione costituisce, al contempo, lesione della riservatezza"). Tanto più che l'assenza di una esplicita policy al riguardo può determinare una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione (cfr. Linee guida per posta elettronica e internet, cit., spec. 3; 5.2. lett. b), e 6.1.).

3.4. Trattamenti effettuati sulla posta elettronica aziendale dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Disattivazione account.

Con riferimento ai trattamenti effettuati sulla posta elettronica aziendale dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come già precisato dal Garante in precedenti occasioni, in conformità ai principi in materia di protezione dei dati personali, gli account riconducibili a persone identificate o identificabili devono essere rimossi previa disattivazione degli stessi e contestuale adozione di sistemi automatici volti ad informarne i terzi ed a fornire a questi ultimi indirizzi alternativi riferiti all'attività professionale del titolare del trattamento. L'interesse del titolare ad accedere alle informazioni necessarie all'efficiente gestione della propria attività, pertanto, deve essere contemperato con la legittima aspettativa di riservatezza sulla corrispondenza da parte dei dipendenti nonché dei terzi (v. provv.ti 30 luglio 2015, n. 456, doc. web n. 4298277; 5 marzo 2015, n. 136, doc. web n. 3985524 e 27 novembre 2014, n. 551, doc. web n. 3718714).

Non risulta conforme ai suesposti principi la procedura adottata dalla società a seguito del licenziamento del reclamante, consistente nella raccolta e accesso alle "e-mail in ingresso sull'account aziendale […] per un periodo […] inferiore a sei mesi" (v. precedente punto 1.2., lett. g.). Ciò indipendentemente dall'attivazione di un messaggio di risposta automatico che indicava al mittente un diverso account aziendale da contattare, considerato che la formula adottata risulta per di più fuorviante in quanto reca l'indicazione (ai terzi) che la casella "è stata disattivata" (v. e-mail 6.3.2017, All. 10 nota del reclamante 19.6.2017).

Si prende altresì atto che, allo stato, la società avrebbe invece adottato un sistema coerente con quanto indicato in proposito dall'Autorità, posto che in caso di cessazione del rapporto di lavoro l'account viene "disattivato" con attivazione di un "messaggio di mancato recapito" in caso di tentato invio di una comunicazione elettronica sull'account (v. precedente punto 1.4., lett. h.).

Si rammenta infine che, come precisato dal Garante, la disattivazione deve essere realizzata "secondo modalità tali da inibire in via definitiva la ricezione in entrata di messaggi diretti al predetto account, nonché la conservazione degli stessi su server aziendali" (v. Provv. 5 marzo 2015, n. 136, doc. web n. 3985524).

3.5. Conclusioni: illiceità del trattamento.

Per i suesposti motivi, considerato che il trattamento dei dati personali effettuato dalla società sugli account di posta elettronica aziendale risulta illecito per violazione degli articoli 3, 11, comma 1, lett. a), d) ed e), 13 e 114 del Codice, si dispone il divieto di ulteriore trattamento dei predetti dati, fatta salva la conservazione per esclusiva finalità di tutela dei diritti in sede giudiziaria, nei limiti posti dall'articolo 160, comma 6, del Codice, in base al quale "la validità, l'efficacia e l'utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali, ancorché non conforme a disposizioni di legge o di regolamento, restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale".

4. Aspetti sanzionatori.

L'Autorità si riserva di valutare, con autonomo procedimento, la sussistenza dei presupposti per la contestazione di violazioni amministrative nei confronti della società, in relazione all'omessa informativa agli interessati per i trattamenti effettuati attraverso il servizio di posta elettronica (v. precedente punto 3.1., in relazione all'art. 13 del Codice).

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 170 del Codice, chiunque, essendovi tenuto, non osserva il presente provvedimento di divieto è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e che, ai sensi dell'articolo 162, comma 2-ter del Codice, in caso di inosservanza del medesimo provvedimento, è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila a centottantamila euro.

TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE

1. ritenuto illecito, nei termini di cui in motivazione (punto 3.5.), il trattamento di dati personali effettuato dalla società sugli account di posta elettronica aziendale in violazione degli articoli 3, 11, comma 1, lett. a), d) ed e), 13 e 114 del Codice, ai sensi degli articoli 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice vieta l'ulteriore trattamento dei dati indicati in premessa, salva la loro conservazione per esclusiva finalità di tutela dei diritti in sede giudiziaria, nei limiti di cui all'articolo 160, comma 6 del Codice;

2. ai sensi dell'art. 157 del Codice, invita, altresì, entro 30 giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, a comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto vietato nel presente provvedimento e di fornire comunque un riscontro adeguatamente documentato. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta si sensi dell'articolo 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 164 del Codice.

Ai sensi degli articoli 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 1° febbraio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

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Garante per la protezione dei dati personali - Parere - Parere su uno schema di regolamento in materia di "Trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell'Anagrafe nazionale degli Studenti" - 15 ottobre 2015 15/10/2015 n° 535
Prassi, Circolari, Note

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

Vista la richiesta di parere del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca;

Visto l'articolo 154, commi 1, lett. g) e 4, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito Codice);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore la prof.ssa Licia Califano;

PREMESSO

1. Il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca (M.I.U.R) ha richiesto il parere del Garante in ordine a uno schema di regolamento in materia di "Trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell'Anagrafe nazionale degli Studenti".

Lo schema è adottato in attuazione del disposto di cui all'articolo 13, comma 2-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, in base al quale "al fine di consentire il costante miglioramento dell'integrazione scolastica degli alunni disabili mediante l'assegnazione del personale docente di sostegno, le istituzioni scolastiche trasmettono per via telematica alla banca dati dell'Anagrafe nazionale degli studenti le diagnosi funzionali di cui al comma 5 dell'articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prive di elementi identificativi degli alunni.".

La medesima disposizione normativa prevede poi che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura regolamentare, siano definiti, previo parere del Garante, "i criteri e le modalità concernenti la possibilità di accesso ai dati di natura sensibile di cui al presente comma e la sicurezza dei medesimi, assicurando nell'ambito dell'Anagrafe nazionale degli studenti la separazione tra la partizione contenente le diagnosi funzionali e gli altri dati.".

RILEVATO

2. Lo schema di regolamento si compone di un unico articolo e di un allegato tecnico che ne costituisce parte integrante.

Tale articolo stabilisce che, per il perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico di cui agli articoli 73, 86 e 95 del Codice, l'Anagrafe nazionale degli studenti (di seguito anche ANS) raccoglie in una "partizione separata" i dati che rivelano lo stato di disabilità degli alunni, la cui conoscenza sia indispensabile ai fini della loro integrazione scolastica, ma privi di elementi identificativi degli alunni stessi (diagnosi funzionale, profilo dinamico-funzionale, piano educativo individualizzato). L'allegato tecnico individua i tipi di dati e le operazioni su di essi eseguibili, indispensabili per le finalità anzidette ed indica i soggetti legittimati al trattamento, nel rispetto delle competenze attribuite dalla legge e dei principi di pertinenza, non eccedenza ed indispensabilità previsti dal Codice.

Al riguardo si osserva preliminarmente che lo schema in esame tiene conto delle indicazioni fornite dall'Ufficio del Garante ai competenti uffici del M.I.U.R. nel corso di incontri e contatti, anche informali, volte a rendere conforme il provvedimento ai principi e alle regole in materia di protezione dei dati personali e a garantire un elevato livello di tutela dei diritti, delle libertà fondamentali ed in particolar modo della dignità degli interessati; ciò, anche in considerazione della minore età degli studenti e della loro condizione di disabilità, che non possono in alcun modo costituire un ostacolo alla concreta realizzazione del diritto all'istruzione.

Nello specifico, visto che lo schema di regolamento concerne il trattamento di dati sensibili, idonei a rivelare lo stato di salute degli alunni, la predetta collaborazione è stata finalizzata all'individuazione delle finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, delle operazioni eseguibili, dei tipi di dati trattati e di modalità del trattamento lecite e corrette (artt. 11, 20, 22, 73, 86 e 95 del Codice).

Al riguardo, l'Autorità richiama l'attenzione dell'Amministrazione interessata sull'importanza della materia in esame e in particolare dell'Anagrafe degli studenti - che, insieme all'Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università, di cui all'articolo 1-bis del decreto legge 9 maggio 2003, n. 105, rappresenta una importante banca dati "a livello nazionale" realizzata dal M.I.U.R. (art. 10, comma 8, primo periodo, d.l. n. 179/2012), sia per la delicatezza dei dati che vi sono registrati, i quali, appunto possono avere anche natura di dati sensibili e giudiziari, sia per la vasta platea di soggetti legittimati, per legge, ad accedervi, in relazione alle proprie competenze istituzionali (Ministero, regioni, enti locali, Università, istituzioni scolastiche).

In proposito si rammenta che il d.m. 5 agosto 2010, n. 74, stabilisce che in relazione alle finalità di rilevante interesse pubblico individuate dall'articolo 95 del Codice, l'Anagrafe "può contenere dati idonei a rivelare lo stato di salute, le convinzioni religiose o di altro genere e dati giudiziari indispensabili ad individuare il soggetto presso il quale lo studente assolve l'obbligo scolastico" (art. 2, comma 3), e "i soggetti che comunicano dati personali all'Anagrafe….rispondono della loro veridicità e autenticità" (art. 2, comma 4).

CONSIDERATO

3. I tipi di dati trattati.

La riforma normativa cui lo schema di regolamento intende dare attuazione mira a consentire la realizzazione della procedura per l'assegnazione del personale docente di sostegno agli studenti disabili attraverso le nuove funzionalità dell'ANS, le indicazioni rese dall'Ufficio negli incontri di lavoro hanno pertanto riguardato, in via principale, l'individuazione delle informazioni idonee a rivelare lo stato di salute da inserire nella predetta Anagrafe indispensabili a tal fine.

Tali informazioni concernono, in particolare:

• "la certificazione dello stato di handicap o dello stato di handicap in situazione di gravità" ai sensi della legga 104 del 1992 (verbale di accertamento);

• "la diagnosi funzionale" dell'alunno alla cui redazione provvede l'unità multidisciplinare di cui all'art. 3,comma 2, del d.P.R. 24 febbraio 1994;

• "il profilo dinamico funzionale" alla cui redazione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori dell'alunno, l'unità multidisciplinare prevista dall'art. 3, comma 2, del d.P.R. 24 febbraio 1994 e, per ciascun grado di scuola, il personale specializzato della scuola (art. 12, l. 104 del 1992 e art. 4 d.P.R. del 24 febbraio 1994);

• "il piano educativo individualizzato" formulato dai soggetti di cui all'art. 5, comma 2 del d.P.R. 24 febbraio 1994 per la formulazione della proposta relativa all'individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero delle ore di sostegno (art. 3, d.P.C.M. 23 febbraio 2006, n. 185).

Il dettaglio delle informazioni e della documentazione inviate alla costituenda "partizione" dell'ANS (di seguito anche partizione separata) dalle istituzioni scolastiche è descritto nel tracciato record di cui al paragrafo 1 dell'allegato tecnico al regolamento.

Lo schema di regolamento prevede che i dati idonei a rivelare lo stato di salute degli studenti disabili siano raccolti privi di elementi identificativi nella partizione separata, distinta sia dal punto di vista logico che fisico dalla parte dell'ANS che contiene i dati identificativi (anagrafici, curriculari e di frequenza) riferiti agli studenti.

Tenendo conto delle indicazioni rese nell'ambito dell'attività collaborativa, il Ministero ha, quindi, stabilito che i predetti documenti siano inseriti, come richiesto dalla norma, privi di tutti gli elementi identificativi degli interessati. I file contenenti la citata documentazione sono, infatti, caricati nella partizione separata in formato pdf, previa cancellazione di tutte le informazioni anagrafiche dell'alunno.

Nei limitati casi in cui i predetti dati idonei a rivelare lo stato di salute devono essere associati all'interessato (cfr. c.d. "assegnazione dei posti in deroga" di cui oltre), una chiave numerica, memorizzata sulla base dati in formato crittografato e mai visualizzata, "separata e custodita in un server ad accesso limitato e controllato (…) accessibile esclusivamente dal software applicativo che utilizza la chiave di cifratura", consente di effettuare tale operazione.

Sono state, invece, espunte le informazioni relative agli studenti affetti da Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), il cui diritto all'integrazione scolastica risulta, infatti, garantito da una specifica e differente disciplina di settore (cfr. l. 8 ottobre 2010. n. 170; d.m.  12 luglio 2011; Direttiva ministeriale 27 dicembre 2012; circolare ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013).

4. Le operazioni eseguibili.

L'allegato tecnico al decreto, nel descrivere le operazioni eseguibili, individua, in particolare, le modalità ed i soggetti legittimati ad accedere alla partizione separata e le funzionalità abilitate per ogni singola categoria di utente.

Sotto il primo aspetto, è precisato che l'accesso avvenga "attraverso funzionalità web internet erogate dall'infrastruttura del sistema informativo del MIUR (SIDI) utilizzando il protocollo HTTPS" mediante credenziali costituite da un codice identificativo e una password.

Con riferimento al secondo aspetto, si evidenzia che al profilo "utente scuola", assegnato al dirigente scolastico, sono abilitate le funzionalità di inserimento, consultazione modifica e ricerca di tutti i dati idonei a rivelare lo stato di salute relativi ai propri iscritti per il periodo di frequenza dell'istituto.

La partizione separata conserva le informazioni degli alunni per il periodo di frequenza degli stessi nel sistema nazionale di istruzione, anche al fine di garantire "la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola" (art. 14, comma 1, lett. c) l. 104 del 1992).

Sulla base delle osservazioni emerse nel corso dell'attività di collaborazione, il regolamento evidenzia, inoltre, che i dati vengono irreversibilmente cancellati dalla nuova partizione dell'ANS all'uscita dal sistema scolastico e del percorso formativo dell'alunno attraverso una procedura di batch calendarizzata a completamento delle attività di avvio dell'anno scolastico.

Al profilo "gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica" sono abilitate le funzionalità di "inserimento del parere relativo all'assegnazione del docente di sostegno per singolo alunno" e "di consultazione di tutte le informazioni elencate nel tracciato" prive di dati identificativi diretti.

Sempre sulla base delle indicazioni fornite dall'Ufficio del Garante, il regolamento precisa che possono essere abilitati all'accesso massimo tre membri del gruppo, scelti tra il personale dell'amministrazione scolastica all'uopo specificamente designati incaricati del trattamento. Il MIUR, inoltre, conserva copia di tutte le designazioni che prevedono l'abilitazione all'accesso alla partizione seperata.

Al profilo "Ufficio scolastico regionale per ambito territoriale e Direzione generale regionale", responsabili delle procedure dell'organico di sostegno, sono abilitate le funzionalità di inserimento del numero delle ore assegnate per il sostegno e consultazione delle richieste formulate dalla scuola e delle valutazioni del gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica, documenti che, come detto, non recano alcuno dato direttamente identificativo degli studenti.

Il personale in possesso di detto profilo può, inoltre, accedere a dati di riepilogo, relativi alla consistenza degli alunni per classe, privi di qualsiasi informazione che possa consentire di individuare i singoli alunni frequentanti.

Solo nelle ipotesi di "assegnazione dei posti in deroga", in base alle sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010, al personale con profilo "Ufficio scolastico regionale per ambito territoriale e alla Direzione generale regionale" è consentito l'accesso alle informazioni anagrafiche dell'alunno. Come emerso nel corso dei citati approfondimenti, tale accesso può avvenire solo previa abilitazione da parte del dirigente scolastico (profilo utente: scuola) a seguito di specifica istanza da parte della famiglia interessata; tale operazione è "tracciata dal sistema in appositi log".

Al riguardo, deve precisarsi che con la citata sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; e dell'articolo 2, comma 414, della medesima legge, nella parte in cui esclude(va) la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.

Al profilo "amministrazione centrale", assegnato al personale selezionato della Direzione generale per il Personale Scolastico e della Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica, è abilitata la funzionalità di consultazione di dati di sintesi aggregati a livello regionale e provinciale. Tale accesso risulta funzionale allo svolgimento delle funzioni istituzionali delle predette Direzioni, tenuto anche conto che l'ANS può essere utilizzata dal M.I.U.R. anche per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali (art. 48, comma 1-bis, d.l. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 35 del 2012 e d.P.R. 11 febbraio 2014, n. 98).

5. Tutto ciò considerato, con riferimento ai profili descritti ai punti 3 e 4 l'Autorità non rileva criticità nello schema di regolamento e non ha, pertanto, osservazioni da formulare.

RITENUTO

6. Le misure di sicurezza

Nell'allegato tecnico – come sommariamente descritto ai punti 3 e 4 - sono individuati accorgimenti e misure di sicurezza volti a garantire la selettività degli accessi all'anagrafe e il corretto utilizzo dei dati, nonché a scongiurare il rischio di accessi abusivi o non autorizzati.

Fra le misure previste rilevano anche i file di log relativi alla registrazione degli accessi, per i quali il regolamento prevede un periodo di conservazione "non inferiore a" 12 mesi (all. tecnico, paragrafo 2, ultimo periodo).

Al riguardo, poiché per rispettare il principio di cui all'articolo 11, comma 1, lett. e), del Codice, è necessario individuare termini certi di conservazione dei dati (senza ricorrere a locuzioni indefinite come "non inferiore a", utilizzata nello schema) l'allegato tecnico va perfezionato stabilendo un termine di conservazione dei log che sia congruo e proporzionato rispetto alle finalità perseguite e la cui individuazione si rimette alla prudente valutazione dell'Amministrazione interessata.

IL GARANTE

esprime parere favorevole sullo schema di regolamento in materia di  "Trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell'Anagrafe nazionale degli Studenti", adottato in attuazione dell'articolo 13, comma 2-ter, della legge 8 novembre 2013, n. 128, con la seguente condizione:

a) l'allegato tecnico dello schema sia perfezionato con l'individuazione di un termine di conservazione dei log congruo e proporzionato, come specificato nei termini di cui in motivazione (punto 6).

Roma, 15 ottobre 2015

IL PRESIDENTE Iannini

IL RELATORE Califano

IL SEGRETARIO GENERALE Busia

 

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Consiglio di Stato - Parere - Contratti pubblici sotto-soglia: il parere del Consiglio di Stato per le nuove Linee guida 12/02/2018 n° 361
Prassi, Circolari, Note


Numero 00361/2018 e data 12/02/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza della Commissione speciale del 26 gennaio 2018


NUMERO AFFARE 00001/2018

OGGETTO:

Autorita' nazionale anticorruzione.

Linee guida - Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici. Aggiornamento sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 56/2017.

LA COMMISSIONE SPECIALE del 26 gennaio 2018

Vista la nota del Presidente dell’A.N.A.C. n. 0000042 in data 2 gennaio 2018, con la quale la detta Autorità, in ragione della generalità e della rilevanza delle questioni trattate, nonché dell’impatto dell’atto erga omnes, ha trasmesso e chiesto il parere del Consiglio di Stato sul documento in oggetto;

Visti i contributi dei soggetti interessati ed operatori del settore;

Esaminati gli atti e, presente il Presidente aggiunto Carlo Saltelli, uditi i relatori Consiglieri Salvatore Cacace e Stefano Toschei;

Premesso e considerato.

- Premesse generali.

L’Autorità nazionale anticorruzione (d’ora innanzi, “Autorità”), con nota prot. n. 0000042 del 2 gennaio 2018, ha chiesto al Consiglio di Stato di esercitare le proprie funzioni consultive in relazione alle Linee guida indicate in oggetto, di aggiornamento ed adeguamento delle Linee guida n. 4/2016, adottate dalla stessa Autorità in attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e recanti “Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, alle disposizioni del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. decreto correttivo del Codice dei contratti pubblici ).

La stessa nota dell’Autorità precisa che l’oggetto del documento che si sottopone al parere di questo Consiglio è predefinito dal legislatore all’art. 36, comma 7, del Codice dei contratti pubblici novellato (d’ora innanzi, “Codice”).

Sulla base di tale delimitazione del potere esercitato dall’Autorità va pertanto anzitutto declinato il disposto del citato art. 36, comma 7, che così recita: “L'ANAC con proprie linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, stabilisce le modalità di dettaglio per supportare le stazioni appaltanti e migliorare la qualità delle procedure di cui al presente articolo, delle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici. Nelle predette linee guida sono anche indicate specifiche modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti e di attuazione delle verifiche sull'affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata, nonché di effettuazione degli inviti quando la stazione appaltante intenda avvalersi della facoltà di esclusione delle offerte anomale. Fino all'adozione di dette linee guida, si applica l'articolo 216, comma 9”.

La richiesta di parere che proviene dall’Autorità e qui in esame assume particolare rilievo sotto un duplice aspetto:

da un lato perché, come già è stato osservato da precedenti Commissioni speciali di questo Consiglio specificamente nominate per l’esame di altre Linee guida della stessa Autorità (cfr., per tutti, il parere n. 01903/2016 reso sulle originarie Linee guida n. 4/2016), l’Autorità nazionale anticorruzione, pur non venendo in evidenza un atto per il quale è obbligatorio il parere del Consiglio di Stato, ha nondimeno ritenuto opportuno sottoporre al Consiglio l’adottato schema di Linee guida, ancora in fase istruttoria e quindi in epoca antecedente rispetto alla pubblicazione e dell’acquisizione della loro efficacia, in una logica di fattiva cooperazione istituzionale e tenuto conto della rilevanza e della portata generale delle relative indicazioni e ciò in disparte dalla caratterizzazione delle disposizioni da esse recate in termini di vincolatività o meno;

sotto altro versante, per la circostanza che l’Autorità, a differenza di quanto operato in occasione dell’aggiornamento di altre Linee guida, ha ritenuto in questo caso opportuno “predisporre una relazione AIR (analisi dell’impatto della regolazione) così da informare il mercato sulle novità introdotte” (così, testualmente, nella relazione di accompagnamento alla bozza di Linee guida di cui si tratta ), adeguandosi in tal modo ai costanti inviti ad operare in tal senso formulati dalle Commissioni speciali di questo Consiglio in precedenti occasioni (sul punto si rinvia ai precedenti pareri espressi dalle Commissioni speciali, in particolare, i pareri del 30 marzo 2016, n. 839; 1º aprile 2016, n. 855; 7 aprile 2016, n. 890; 15 aprile 2016, n. 929; 3 maggio 2016, n. 1075; 5 maggio 2016, n. 1113; 9 maggio 2016, n. 1142; 12 maggio 2016, n. 1183; 13 luglio 2016, n. 1640; 4 agosto 2016, n. 1784 e, da ultimo, 22 dicembre 2017, n. 2698, mentre sull’AIR e sulla VIR si rimanda al parere espresso dalla Sezione atti normativi, 19 giugno 2017, n. 1458 sullo schema di d.P.C.M. recante la nuova disciplina regolamentare dell’Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR), della Verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR) e della consultazione sugli atti normativi delle amministrazioni statali).

Sia la predisposizione della relazione AIR, sia la pubblica consultazione che l’ha preceduta devono essere considerate con favore, valendo a migliorare la qualità della regolazione affidata all’Autorità dall’art. 213 del Codice e l’efficienza ed efficacia dello stesso svolgimento dei compiti dal legislatore demandati all’A.N.A.C.

Quanto, infine, allo statuto dell’atto di regolazione di cui si tratta, occorre ricordare che tràttasi di atto amministrativo generale non vincolante, che, perseguendo lo scopo di fornire indirizzi ed istruzioni operative alle stazioni appaltanti, dà ad esse modo di discostarsi da quanto disposto dall’Autorità, all’uopo adottando un atto, preferibilmente a carattere generale, che contenga una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, di ogni eventuale scelta amministrativa che disattenda i citati indirizzi, ma pur sempre rispettosa delle disposizioni del Codice e dei principi generali sull’esercizio del potere di affidamento di commesse pubbliche traibili dall’ordinamento eurounitario e da quello nazionale.

Né a snaturare, nel caso di specie, l’indicato modello (che resta finalisticamente improntato all’individuazione ed all’implementazione di buone prassi e quindi a migliorare la qualità delle procedure, in coerenza dunque con il modello generale di linee guida non vincolanti di cui al citato art. 213) può bastare la peculiarità della previsione del veduto art. 36, comma 7, del Codice, la cui disciplina sui contratti sotto-soglia (ove considerata in uno con altre disposizioni del Codice stesso; si vedano, ad esempio, gli articoli 30, 32, 80, 81 e 85, per citare alcune delle norme che in qualche modo interagiscono con le questioni principali affrontate nel documento in esame) deve considerarsi sufficientemente dettagliata, sì da non richiedere strumenti normativi di indirizzo di carattere “integrativo”, che appesantirebbero inutilmente il quadro regolatorio.

Alla luce di tale disciplina specifica, devono essere vagliate le Linee guida in argomento, che sono state poste in consultazione pubblica (con svariati contributi pervenuti) nel periodo 8-25 settembre 2017 e trasmesse a questo Consiglio, in bozza, in data 2 gennaio 2018, ai fini dell’espressione del richiesto parere.

Riferisce in particolare l’Autorità che, nell’operare le scelte di fondo, e – come ribadito nella relazione AIR (incentrata, del resto, quasi esclusivamente nel dare conto delle ipotesi applicative prospettate nel documento sottoposto a consultazione e degli esiti della consultazione stessa) – nel valutare i contributi ricevuti alla luce del diritto vivente, essa è stata guidata dal principio del rispetto dell’autonomia e della discrezionalità riconosciuta dall’ordinamento alle stazioni appaltanti, nonché dalla necessità di realizzare un bilanciamento tra l’esigenza di semplificazione e di razionalizzazione della disciplina e la necessità di osservare i principii generalissimi che regolano l’affidamento e l’esecuzione degli appalti e delle concessioni (art. 30, comma 1, del Codice).

Sulla base di tali coordinate ordinamentali essa ha pertanto proceduto a fornire indicazioni di carattere procedurale attinenti in particolare a quattro questioni rilevanti:

verifiche sull’affidatario individuato senza svolgimento di procedura negoziata;

portata del principio di rotazione degli affidamenti ed inviti;

modalità di selezione degli operatori economici da invitare alla procedura di gara;

disciplina dell’esclusione automatica delle offerte anomale.

Se tale è il contesto dell’intervento dell’Autorità, obiettivo delle Linee guida oggetto del richiesto parere è, sottolinea la relativa relazione AIR, quello di “pervenire a concrete modalità di semplificazione delle procedure nel sotto-soglia, che garantiscano al contempo il rispetto dei principi di legalità a tutela del mercato e della concorrenza”.

Orbene, questa Commissione speciale deve premettere che il raggiungimento dell’intento di introdurre ulteriori elementi di semplificazione per le procedure sotto-soglia non può in ogni caso prescindere dalla garanzia della qualità delle prestazioni e dal rispetto dei principii generali ed indefettibili enunciati all’art. 30 dello stesso Codice: in particolare, pubblicità, trasparenza, libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità.

Essi non possono non rappresentare la stella polare di ogni intervento regolatorio e di indirizzo in materia di aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni pubblici.

Ragionando ancora in termini generali, in un mercato sempre più rilevante in termini percentuali come quello del “sotto-soglia” ( che conta, secondo quanto risulta dalla relazione AIR all’esame, “un numero globale di affidamenti pari a poco più di 5 milioni all’anno” ), qualsiasi intento di semplificazione non può andare a discapito dei profili della correttezza di tutti i soggetti che in esso operano e della garanzia di “procedure leali”, anche al fine di “combattere efficacemente la corruzione e le frodi” (si veda, in proposito, il considerando n. 126 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio), anche in relazione alla necessità di rispettare, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici (anche di valore inferiore rispetto alle c.d. soglie comunitarie), i principii del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e garantire l’uso “più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici” (si vedano, in tal senso, i considerando nn. 1 e 2 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio).

Da ultimo, sempre in via generale, appare utile rammentare quanto già espresso in un recente parere in ordine ad una “bozza” di linea guida di aggiornamento, come nel caso presente, di un precedente atto di regolazione dell’Autorità reso necessario dalla novellazione nel 2017 del Codice. In quella occasione si è affermato (cfr. parere commissione speciale 22 dicembre 2017, n. 2698), e se ne ribadisce anche in questo caso l’opportunità, come sia raccomandabile un uso il più possibile contenuto della tecnica redazionale tendente a riprodurre all’interno delle linee guida le norme di legge primaria.

Tale tendenza, oltre ai rischi di una non fedele riproduzione, comporta la necessità di “rincorrere” continuamente le novelle legislative, che l’esperienza relativa al previgente codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) dimostrano essere molto frequenti.

La riproduzione della norma primaria nel corpo di linee guida non vincolanti, quali quelle oggetto del presente parere (ai sensi dell’art. 213, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016), in tanto può considerarsi opportuna in quanto strumentale ad una migliore definizione degli indirizzi generali in cui tali linee si sostanziano (come evincibile dall’intitolazione dell’atto regolatorio in esame).

Al di fuori di questa evenienza, appare maggiormente rispondente ai sopra accennati canoni di qualità della regolazione limitarsi ad enunciare l’indirizzo che l’Autorità ritiene di emanare sulla base della norma di legge, senza trascrivere anche il testo di quest’ultima.

Laddove invece riprodotta, la Commissione ritiene indispensabile l’utilizzo di strumenti grafici quali le virgolette, all’interno dei quali richiamare la norma di legge, per la versione del testo destinata alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e il carattere grassetto per la versione on-line consultabile sul sito internet dell’Autorità.

Tutto ciò premesso, può procedersi ad una sintetica disamina dell’atto, con riferimento specifico alle tematiche generali sopra individuate, come disciplinate nel relativo articolato delle Linee guida, muovendo dal dettato della legge sui singoli aspetti.

Ad ogni modo, per chiarezza espositiva, si terrà conto dei “titoli” assegnati ai singoli capitoli della bozza di linea guida trasmessa dall’Autorità e per ciascuno di essi, laddove necessario, la Commissione procederà qui di seguito a fornire i propri suggerimenti modificativi.

– Valore stimato dell’’appalto (punto 2)

La Commissione suggerisce di formulare nuovamente l’ultimo periodo del punto 2.2, nel quale si legge che “La previsione contenuta nell’art. 16, comma 2 bis, D.P.R. n. 380/2001 deve essere interpretata con riferimento alla disciplina delle procedure di gara contenuta nel D.Lgs. n. 50/2016, trovando applicazione l’art. 5, paragrafo 8, della Direttiva 2014/24/UE e le norme di cui all’art. 35, D.Lgs. n. 50/2016”.

La frase in questione, nella sua costruzione, rischia di ingenerare dubbi applicativi nei confronti di una norma primaria quale è l’art. 16, comma 2 bis, D.P.R. n. 380/2001, a mente del quale “Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 (del medesimo art. 16, n.d.rr.), di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.

Detta disposizione, inserita dall'art. 45, comma 1, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, contiene una evidente (ed eccezionale) deroga normativa all’applicazione delle disposizioni codicistiche in materia di affidamento di commesse pubbliche laddove l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria (purché realizzate “Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, … funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, …”) sia attuata direttamente dal titolare dell’abilitazione a costruire e l’importo delle stesse sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria.

Ne deriva che, ferma la impossibilità che una prescrizione contenuta in una linea guida non vincolante (ma non cambierebbe se la natura della stessa fosse “vincolante”) possa recare una interpretazione autentica di una fonte di rango primario, nel caso di specie la indicazione contenuta nella bozza di linea guida sottoposta all’esame di questa commissione potrebbe alimentare interpretazioni contrastanti con la su riprodotta disposizione di legge, la quale, viceversa, va interpretata nel senso che, laddove le opere di urbanizzazione abbiano natura “funzionale” e debbano essere eseguite a cura del titolare del permesso di costruire (o di altro titolo abilitativo a costruire ad esso equivalente): 1) nel caso di affidamento a terzi dell’appalto da parte del titolare del permesso di costruire non trovano applicazione le disposizioni del d.lgs. 163/2006 ed ora del d.lgs. 50/2016; 2) di conseguenza il valore delle stesse, ai fini della individuazione del “valore stimato dell’appalto”, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione(non funzionali) eventualmente da realizzarsi.

Nei sensi di cui sopra si invita l’Autorità a riformulare il (solo) secondo periodo del punto 2.2 della bozza di linea guida, nei termini, che, per comodità, si propongono qui di seguito: “2.2 (…) Nel caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 dell’art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di importo inferiore alla soglia comunitaria, detto valore deve essere calcolato - tenendo conto dell’intervenuta abrogazione del d.lgs. 163/2006 – secondo i parametri stabiliti dall’art. 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 35 d.lgs. 50/2016. Al ricorrere della suindicata ipotesi, per effetto della previsione derogatoria contenuta nell’art. 16, comma 2-bis, D.P.R. 380/2001: 1) nel caso di affidamento a terzi dell’appalto da parte del titolare del permesso di costruire non trovano applicazione le disposizioni del d.lgs. 163/2006 ed ora del d.lgs. 50/2016; 2) di conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 dell’art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della individuazione del valore stimato dell’appalto, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente da realizzarsi”.

Il contenuto dell’abstract normativo inserito nel successivo box dovrà poi recare una corrispondente modifica nei sensi di cui sopra.

- Principi comuni (punto 3)

Al punto 3.1 della bozza, correttamente, l’Autorità segnala la introduzione per effetto del decreto correttivo, nell’art. 36, comma 1, del Codice, dei richiami ai principi di cui all’art. 34 (criteri di sostenibilità energetica e ambientale) e 42 (prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse), nonché alla circostanza che le stazioni appaltanti possono applicare altresì le disposizioni di cui all’art. 50 del Codice sulle clausole sociali.

Si tratta di una innovazione di indubbio rilievo, che determina la esportazione nel settore degli affidamenti “sotto-soglia” di principi che discendono direttamente dalle direttive del 2014.

Ritiene la commissione che la mera enunciazione di tale innovazione legislativa, senza che la linea guida contenga alcuna indicazione operativa, anche solo di massima, in merito alle modalità di applicazione, nel corso delle procedure, di siffatti principi, rischia di lasciare gli operatori delle stazioni appaltanti in una condizione di incertezza comportamentale idonea a provocare conseguenze di rilievo contenzioso (si pensi ad esempio al collegamento del principio di cui all’art. 42, comma 2, con la previsione di cui all’art. 80, comma 5, lett. d) del Codice nel caso di non corretta gestione di situazioni di conflitto di interesse potenziale da parte della stazione appaltante).

Si suggerisce pertanto all’Autorità di riflettere sulla possibilità e sulle modalità preferibili al fine di scongiurare i rischi sopra evidenziati, non potendo la commissione, per evidenti limiti di esercizio della funzione consultiva, proattivarsi in merito esprimendo puntuali e concrete proposte.

Nell’ambito del capitolo 3 della bozza di linea guida dedicato ai “Principi comuni”, ai punti 3.6 e 3.7 l’Autorità si occupa della delicata questione dell’applicazione delle disposizioni innovative, introdotte nel Codice dal decreto correttivo del 2017, in materia di principio di rotazione e dell’istituto del “reinvito”.

Va subito chiarito che il principio di rotazione trova la sua fonte nell’ordinamento dell’Unione europea, sia a livello di Trattato (laddove vengono enunciati i noti principi di libertà di circolazione delle merci, di stabilimento e di prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, in quanto ancillari rispetto ai precedenti, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza), sia a livello di coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti, ove lo stesso tenore letterale delle Direttive (si veda, in proposito, il considerando n. 2 della direttiva 2014/24) pone a base della revisione della normativa sugli appalti l’accrescimento dell’efficienza della spesa pubblica e la facilitazione dell’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.

L'art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che l'affidamento e l'esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 avvengono nel rispetto "del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese".

La disposizione, inoltre, attribuisce alle stazioni appaltanti il potere di avvalersi, comunque, delle procedure ordinarie per gli affidamenti in esame ovvero di procedere secondo le seguenti modalità:

per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o per i lavori in amministrazione diretta;

per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all'articolo 35 per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l'acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura negoziata previa consultazione di cui al periodo precedente. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento, contiene l'indicazione anche dei soggetti invitati;

per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l'indicazione anche dei soggetti invitati;

per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro mediante ricorso alle procedure ordinarie fermo restando quanto previsto dall'articolo 95, comma 4, lettera a).

Se nell’art. 36, comma 1, del Codice il criterio di rotazione (degli inviti e degli affidamenti) è espressamente affermato dal Legislatore, detto principio deve ritenersi anche implicitamente richiamato nell'art. 30, comma 1, per via del più generale riferimento al principio di libera concorrenza, di cui il criterio in esame costituisce una evidente espressione attuativa.

Il criterio di rotazione degli affidamenti e degli inviti - che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da interpellare e da invitare a presentare le offerte - trova fondamento nella esigenza di evitare la così detta asimmetria informativa nel libero mercato a causa del consolidamento di rendite di posizione in capo al contraente uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento) nonché in capo all’operatore invitato nella precedente procedura di selezione dalla stazione appaltante senza che risultasse affidatario (per il quale tuttavia il rischio di consolidamento della rendita di posizione è certamente attenuato rispetto alla posizione di vantaggio che caratterizza il gestore uscente), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.

Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo in favore dello stesso operatore economico, che ostacolino l'ingresso delle micro, piccole e medie imprese e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori economici potenzialmente idonei ad eseguire il contratto, il principio di rotazione comporta in linea generale che l'invito all'affidatario uscente rivesta carattere eccezionale e debba essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all'oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. Cons. St., VI, 31 agosto 2017, n. 4125; Cons. St., V, 31 agosto 2017, n. 4142).

La regola della rotazione degli inviti e degli affidamenti - il cui fondamento, come si è visto, è quello di evitare la cristallizzazione di relazioni esclusive tra la stazione appaltante ed il precedente gestore, donde la sua applicabilità a prescindere dalle caratteristiche del procedimento di selezione precedente – ha dunque il fine di riequilibrare e implementare le dinamiche competitive del mercato, in cui il gestore uscente affidatario diretto della concessione di servizi è in una posizione di vantaggio rispetto alle altre concorrenti.

E’ peraltro dirimente rilevare che l'art. 36 cit. contiene una norma pro-competitiva, che favorisce l'ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati ristretti e che comprime, entro i limiti della proporzionalità, la parità di trattamento non solo del gestore uscente, ma anche dei soggetti invitati nella precedente procedura; ciò per una precisa scelta del legislatore, che ha inteso rafforzare la valenza del principio, stabilendone l’applicazione sia con riferimento all’affidamento che con riguardo alla fase degli inviti a partecipare (del resto, come è stato correttamente rilevato nella relazione AIR trasmessa a questa Commissione speciale, “la rotazione opera solo in relazione ad affidamenti nei quali la stazione appaltante, in ossequio a disposizioni di legge o per opzione, eserciti limitazioni al numero di operatori da invitare”, con conseguente esclusione della applicabilità della limitazione conseguente alla rotazione nelle procedure aperte).

Deve quindi ritenersi che correttamente le Linee guida all’esame abbiano confermato l’opzione di eccezionalità della consultazione del contraente uscente, con l’ulteriore, opportuna specificazione, che le caratteristiche del mercato, che appunto possano consentire la deroga al principio, debbano porsi come un prius rispetto alla valutazione, che della qualità dell’operatore economico l’Amministrazione può pur compiere sempre a detti fini.

Nondimeno appare ragionevole differenziare, come già rilevato da questo Consiglio nel parere n. 782/2017 reso sullo schema di “decreto correttivo” del Codice, il trattamento dell’invitato non affidatario rispetto a quello riservato al gestore uscente; e ciò in quanto le semplici occasioni di partecipazione alla selezione si risolvono, per l’operatore economico, in un mero contatto con la stazione appaltante e non rappresentano certo una occasione per il sorgere o il consolidarsi di legami contrattuali e professionali con la struttura della stessa stazione appaltante.

Sotto tale versante prospettico si rivela dunque logica ed equilibrata la previsione di un regime meno rigoroso con riferimento alla posizione dell’operatore economico che, già invitato per una precedente selezione dalla stazione appaltante, non sia risultato aggiudicatario della stessa.

La necessità di una mitigazione del criterio della rotazione degli inviti in siffatte condizioni è stata còlta dall’Autorità, prevedendo nella bozza di Linea guida in questione la “possibilità del reinvito” previa “motivazione della stazione appaltante”, fondata sulla “ragionevole aspettativa dell’idoneità dell’operatore”; sì che quest’ultima assurge in tal caso ad elemento base della valutazione dell’Amministrazione, laddove, come s’è visto, per il contraente uscente essa resta comunque subordinata alla necessaria, preliminare, considerazione delle caratteristiche del mercato di riferimento.

Appare poi altrettanto congruo e razionale il ripristino, in capo ai soggetti non reinvitati, della posizione paritaria con gli altri operatori alla prima gara successiva a quella “saltata”.

Si rivela infatti preminente la necessità di assicurare comunque nel mercato, per lo meno nel medio periodo, una volta soddisfatte le esigenze sottese al principio di rotazione, i principii della libertà di impresa e di concorrenza nell’approvvigionamento di beni e servizii in favore della Pubblica Amministrazione; ciò anche tenuto conto dell’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principii di trasparenza e, appunto, rotazione (si vedano gli artt. 83, comma 2, 2, comma 1 e 4 del Codice ).

Se, poi, il principio di rotazione consente di escludere dall’invito coloro che siano risultati aggiudicatarii (o meramente invitati a) precedenti procedure dirette alla assegnazione di un appalto, appare più che consona con la natura e la ratio del principio stesso la previsione, recata dalle Linee guida all’esame, che l’esclusione debba operare con riferimento alle successive aggiudicazioni dello stesso genere (cfr.. Cons. St., V, n. 4142/2017, cit. ), o, meglio, aventi lo stesso oggetto, sì da essere applicabile, come enunciato sul punto nella relazione AIR in considerazione, “in caso di commessa identica o analoga a quella di cui trattasi” (locuzione, questa, che necessita tuttavia di specificazioni in relazione al possibile diverso oggetto del contratto cui si riferisce) ed all’interno di fasce di valore degli affidamenti, la cui completa e dettagliata disciplina viene opportunamente devoluta alla potestà regolamentare delle stazioni appaltanti ed alla discrezionalità tecnico-amministrativa, che in essa classicamente si dispiega.

Per finire sul punto, va poi sottolineato che il carattere bagatellare degli affidamenti aventi valore inferiore ai mille euro attenua di molto il rischio che il precedente affidatario possa di fatto sfruttare la sua posizione di gestore uscente per indebitamente prorogare, se non rinnovare, il relativo rapporto, al di fuori delle regole di legge.

Ne deriva che pienamente rispondente al principio di proporzionalità, oltre che al principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa, appare la previsione, recata dalle Linee guida di cui trattasi, della possibilità, per le stazioni appaltanti, di derogare motivatamente, per tali affidamenti, alla rotazione; ferma la necessità, rileva il Collegio, che la motivazione relativa dia esplicitamente conto della non ricorrenza nel singolo caso dell’ipotesi di un arbitrario ed elusivo frazionamento della commessa, assumendo a tal fine come riferimento un periodo pari a tre anni solari.

Si rendono pertanto opportune, alla stregua di quanto sopra osservato, alcune modifiche ai paragrafi 3.6 e 3.7 delle Linee guida proposte, che per chiarezza espositiva e di lettura si ritrascrivono integralmente nella versione integrata e modificata:

3.6 - Si applica il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti, con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi. Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento. La rotazione non si applica laddove l’affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. La stazione appaltante, in apposito regolamento (di contabilità ovvero di specifica disciplina delle procedure di affidamento di appalti di forniture, servizi e lavori), può suddividere gli affidamenti in fasce di valore economico, in modo da applicare la rotazione solo in caso di affidamenti rientranti nella stessa fascia. Il provvedimento di articolazione in fasce deve prevedere una effettiva differenziazione tra forniture, servizi e lavori e deve essere adeguatamente motivato in ordine alla scelta dei valori di riferimento delle fasce; detti valori possono tenere conto, per i lavori, delle soglie previste dal sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori. In ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici.

3.7 Fermo restando quanto previsto al paragrafo 3.6, secondo periodo, il rispetto del principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti fa sì che l’affidamento o il reinvito al contraente uscente abbiano carattere eccezionale e richiedano un onere motivazionale più stringente. La stazione appaltante motiva tale scelta in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. La motivazione circa l’affidamento o il reinvito al candidato invitato alla precedente procedura selettiva, e non affidatario, deve tenere conto dell’aspettativa, desunta da precedenti rapporti contrattuali o da altre ragionevoli circostanze, circa l’affidabilità dell’operatore economico e l’idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello economico e qualitativo atteso. Negli affidamenti di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito derogare all’applicazione del presente paragrafo, con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella determinazione a contrarre od in atto equivalente.

In ragione delle suesposte suggerite modifiche del testo proposto della Linea guida in esame, l’Autorità provvederà ad apportare le corrispondenti modifiche con riferimento al contenuto dell’abstract inserito nel box posto alla fine del capitolo 3.

- L’avvio della procedura (punto 4).

Il Codice (art. 36, comma 7, secondo periodo) prevede che nelle Linee guida di cui si tratta (recanti in generale, ai sensi del primo periodo, “le modalità di dettaglio per supportare le stazioni appaltanti e migliorare la qualità delle procedure di cui al presente articolo, delle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici”) siano “anche indicate specifiche modalità (…) di attuazione delle verifiche sull’affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata”.

Fermo restando quanto previsto dallo stesso art. 36, comma 5 ( relativo alla verifica dei requisiti nel caso in cui la stazione appaltante abbia fatto ricorso alle procedure negoziate di cui al comma 1, per il quale l’oggetto della verifica non viene ulteriormente specificato o in qualche modo ridimensionato rispetto all’àmbito generale disegnato agli artt. 80, 81, 85 e 86 del Codice, mentre è precisato, quanto all’àmbito soggettivo, peraltro in linea con quanto previsto in via generale all’art. 85, comma 5, che la verifica stessa “avviene sull’aggiudicatario” e che “la stazione appaltante può, comunque, estendere le verifiche ad altri partecipanti”), il successivo comma 7 del medesimo articolo fa riferimento alle verifiche da effettuarsi in caso di affidamento effettuato ai sensi del comma 2, lett. a), dello stesso art. 36.

Trattasi di una procedura, nella quale, ai sensi dell’art. 32, comma 2, secondo periodo, “la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti”.

Orbene, nel caso di affidamento diretto al “fornitore” della commessa pubblica, se l’art. 32, comma 2, del Codice stabilisce che il riferimento al possesso dei requisiti di carattere generale e tecnico-professionali, ove richiesti, sia contenuto nel decreto o nella determina a contrarre, appare chiaro che la previsione di cui all’art. 36, comma 7, del Codice, nel demandare all’Autorità l’indicazione delle “specifiche modalità (…) di attuazione delle verifiche sull’affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata”, nell’àmbito degli affidamenti disposti senza gara, va letta alla luce dell’obiettivo di una significativa semplificazione del procedimento di verifica dei requisiti fissati dagli articoli 80 ed 83 del Codice, come individuati e specificati dalla stazione appaltante nella determinazione a contrarre.

In questa direzione, l’indicazione, trasfusa nelle Linee guida qui in scrutinio, di introdurre “delle semplificazioni, per le stazioni appaltanti, nel regime dei controlli, variamente atteggiate in riferimento alle soglie di spesa, alla natura del requisito oggetto di verifica ed alle modalità di espletamento del controllo” (in tal senso la relazione AIR), non si pone in contrasto col dettato della legge e, pur risolvendosi in una attenuazione, o, meglio (per usare le parole della stessa relazione), in una “effettiva riduzione” dei controlli, ossia delle verifiche sul possesso dei requisiti per gli affidamenti di micro-contrattualistica, realizza un significativo e realistico contemperamento tra le esigenze di economicità dell’azione amministrativa (particolarmente avvertite nell’àmbito in questione, al fine di soddisfare l’esigenza, comune ad entrambi i contraenti, di procedere celermente all’affidamento e di consentire la esecuzione del lavoro, del servizio o della fornitura in tempi brevi) e la tutela del principio di legalità.

Infatti, sulla scorta delle linee guida predisposte, la prevista sottrazione al circuito dei controlli di una fetta di operatori economici (realizzata in varia misura per gli affidamenti di valore non superiore a 20.000 euro) è congruamente compensata dalla previsione che alla stipula del contratto (da effettuarsi nelle forme, di cui all’art. 32, comma 14, del Codice) si addivenga sulla base di una autocertificazione dell’affidatario, resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, che attesti il pieno possesso di tutti i prescritti requisiti; oltre che dalla prevista verifica del possesso dei requisiti d’ordine generale e di moralità e del rispetto dei criterii di selezione, di cui rispettivamente agli artt. 80 e 83 del Codice, pur in misura diversificata in relazione a tre diverse fasce di valore del contratto, per come emerge dalla proposta dell’Autorità (fino a 5.000 euro; da 5.001 a 20.000 euro; da 20.001 a 40.000 euro ).

L’esigenza di assicurare l’affidabilità di chi si propone alla pubblica Amministrazione quale contraente è anche garantita dalla necessaria applicazione, in ordine alla veridicità delle dichiarazioni sostitutive, ai fini di cui sopra rese dagli operatori economici, dei controlli di cui al Capo V del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da prevedersi ed effettuarsi in misura comunque significativa secondo le modalità stabilite da ciascuna stazione appaltante con apposito atto regolamentare od equivalente.

Quanto sopra vale a realizzare, come enunciato nella relazione AIR all’esame, l’introduzione di “meccanismi di controllo, non penalizzanti per l’efficiente svolgimento del procedimento, che non compromettano tuttavia la possibilità di accertamento, per la stazione appaltante, della affidabilità morale dell’operatore economico selezionato tramite affidamento diretto”.

Fermo che a regime il Codice individua all’art. 81 (ad oggi del tutto inattuato, e ciò in evidente contrasto anche con il disposto del paragrafo 5 dell’art. 59 della Direttiva 2014/24) nella banca dati nazionale degli operatori economici la soluzione ottimale per una efficiente gestione dei controlli di cui si tratta con l’effettivo prevedibile azzeramento dei tempi oggi necessarii alle stazioni appaltanti per processare tutte le richieste da indirizzare alle amministrazioni preposte alla certificazione dei varii requisiti e per il riscontro da parte di queste ultime, con riferimento ai suggerimenti proposti nella bozza di Linee guida formulata dall’Autorità (in particolare al punto 4.2. “I requisiti generali e speciali) la Commissione ritiene necessario precisare che:

la prevista autodichiarazione resa ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 445/2000 deve essere redatta secondo il modello del documento di gara unico europeo (art. 85 del Codice);

non si appalesa opportuno assegnare al responsabile unico del procedimento il grave compito di valutare, in autonomia, quali siano le verifiche “ritenute opportune” oltre a quelle indicate dalla legge e precisate nelle Linee guida qui in esame da effettuare sugli affidatari, potendo in astratto tale compito trovare modalità applicative non omogenee con riferimento a tutti i destinatari o perfettamente imparziali;

la risoluzione del contratto e l’incameramento della cauzione (o, in alternativa a quest’ultima, l’applicazione di una apposita penale), da effettuarsi nel caso di risultanze negative della procedura di accertamento dei requisiti oggetto di dichiarazione sostitutiva, debbono essere sempre oggetto di una apposita, specifica, previsione contrattuale, inserita a cura della stazione appaltante.

Si rendono pertanto opportune, alla stregua di quanto sopra osservato, alcune modifiche ai paragrafi 4.2.2 e 4.2.3 delle Linee guida proposte, che per chiarezza espositiva e di lettura si ritrascrivono integralmente nella versione integrata e modificata:

4.2.2 - Per lavori, servizi e forniture di importo fino a 5.000,00 euro, in caso di affidamento diretto, la stazione appaltante ha facoltà di procedere alla stipula del contratto sulla base di un’apposita autodichiarazione resa dall’operatore economico ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 445/2000 secondo il modello del documento di gara unico europeo, dalla quale risulti il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 80 del Codice e speciale, ove previsti. In tal caso la stazione appaltante procede comunque, prima della stipula del contratto, da effettuarsi nelle forme di cui all’art. 32, comma 14, del Codice, alla consultazione del casellario ANAC, alla verifica del documento unico di regolarità contributiva (DURC) , nonché della sussistenza dei requisiti speciali ove previsti e delle condizioni soggettive che la legge stabilisce per l’esercizio di particolari professioni o dell’idoneità a contrarre con la P.A. in relazione a specifiche attività (ad esempio ex art. 1, comma 52, legge n. 190/2012). Il contratto deve in ogni caso contenere espresse, specifiche, clausole, che prevedano, in caso di successivo accertamento del difetto del possesso dei requisiti prescritti: la risoluzione dello stesso ed il pagamento in tal caso del corrispettivo pattuito solo con riferimento alle prestazioni già eseguite e nei limiti dell’utilità ricevuta; l’incameramento della cauzione definitiva ove richiesta o, in alternativa, l’applicazione di una penale in misura non inferiore al 10 per cento del valore del contratto. Sulle autodichiarazioni rese dagli operatori economici ai fini dell’affidamento diretto di cui al presente paragrafo, le stazioni appaltanti sono tenute ad effettuare idonei controlli ai sensi dell’art. 71, comma 1, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445; a tal fine le stesse si dotano di apposito regolamento, od altro atto equivalente, nel quale sono definite una quota significativa minima di controlli a campione da effettuarsi in ciascun anno solare in relazione agli affidamenti diretti operati, nonché le modalità di assoggettamento al controllo e di effettuazione dello stesso.

4.2.3 - Per lavori, servizi e forniture di importo superiore a 5.000,00 euro e non superiore a 20.000,00 euro, in caso di affidamento diretto, la stazione appaltante ha facoltà di procedere alla stipula del contratto sulla base di un’apposita autodichiarazione resa dall’operatore economico ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 445/2000 secondo il modello del documento di gara unico europeo, dalla quale risulti il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 80 del Codice e speciale, ove previsti. In tal caso la stazione appaltante procede comunque, prima della stipula del contratto da effettuarsi nelle forme di cui all’art. 32, comma 14, del Codice, alla consultazione del casellario ANAC, alla verifica della sussistenza dei requisiti di cui all’art. 80, commi 1, 4 e 5, lett. b) del Codice e dei requisiti speciali ove previsti, nonché delle condizioni soggettive che la legge stabilisce per l’esercizio di particolari professioni o dell’idoneità a contrarre con la P.A. in relazione a specifiche attività (ad esempio ex art. 1, comma 52, legge n. 190/2012). Il contratto deve in ogni caso contenere espresse, specifiche, clausole, che prevedano, in caso di successivo accertamento del difetto del possesso dei requisiti prescritti: la risoluzione dello stesso ed il pagamento in tal caso del corrispettivo pattuito solo con riferimento alle prestazioni già eseguite e nei limiti dell’utilità ricevuta; l’incameramento della cauzione definitiva ove richiesta o, in alternativa, l’applicazione di una penale in misura non inferiore al 10 per cento del valore del contratto. Sulle autodichiarazioni rese dagli operatori economici ai fini dell’affidamento diretto di cui al presente paragrafo, le stazioni appaltanti sono tenute ad effettuare idonei controlli ai sensi dell’art. 71, comma 1, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445; a tal fine le stesse si dotano di apposito regolamento, od altro atto equivalente, nel quale sono definite una quota significativa minima di controlli a campione da effettuarsi in ciascun anno solare in relazione agli affidamenti diretti operati, nonché le modalità di assoggettamento al controllo e di effettuazione dello stesso.

Anche in questo caso, in ragione delle suesposte suggerite modifiche del testo proposto della Linea guida in esame, l’Autorità provvederà ad apportare le corrispondenti modifiche con riferimento al contenuto dell’abstract inserito nel box posto alla fine del capitolo 3.

- L’indagine di mercato e l’elenco degli operatori economici (punto 5).

Il capitolo 5 della linea guida in esame è dedicato ai suggerimenti operativi in tema di indagini di mercato e formazione dell’elenco degli operatori economici da considerare per gli affidamenti e per gli inviti.

Nell’ambito di tale capitolo, al punto 5.2.6., lett. k), la linea guida indica che “nel caso di applicazione del criterio del minor prezzo occorre altresì specificare, per l’ipotesi in cui sia sorteggiato uno dei metodi di cui alle lettere a), b) ed e) dell’art. 97,comma 2 del Codice dei contratti pubblici, che: a) l’esclusione del 20% o del 10% delle offerte ammesse è applicata sia per il calcolo della media aritmetica dei ribassi percentuali offerti sia per il calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media; b) si accantonano solo quelle offerte necessarie per raggiungere la soglia del 20% (o del 10%), indipendentemente dalla presenza di più offerte con identico ribasso percentuale; c) a prescindere dal metodo sorteggiato, deve essere indicato il numero di decimali per il ribasso offerto da considerare per il calcolo dell’anomalia”.

Osserva la Commissione che, sebbene quanto viene indicato nel su riprodotto testo alla lettera a) sostanzialmente coincida con la formulazione dell'abrogato art. 121, comma 3, d.P.R. 207/2010, l’indicazione de qua necessiti di una più chiara formulazione, che potrebbe così risultare: Il così detto taglio delle ali, che consiste nel tralasciare e non considerare le offerte estreme nella misura percentuale indicata dalla legge, si applica per individuare le offerte tra le quali calcolare la media aritmetica dei ribassi percentuali offerti. Successivamente il calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media si effettua esclusivamente prendendo in considerazione i ribassi delle offerte che sono residuate dopo il suddetto taglio delle ali.”

Produce invece perplessità di sostanza quanto è indicato dall’Autorità, nel medesimo testo, alla lettera b), atteso che la indicazione che proviene dal testo pare non allineata al recente arresto dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (19 settembre 2017 n. 5), che, seppur intervenendo interpretativamente in merito all’applicazione degli ormai abrogati art. 86, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 ed art. 121, comma 1, d.P.R. 207/2010, ha affermato il principio per cui “le offerte di identico ammontare debbono essere accantonate sia nel caso in cui si collochino al margine delle ali, sia nel caso in cui si collochino all'interno di esse”.

Si invita, pertanto, l’Autorità a verificare la compatibilità di quanto indicato al punto

5.2.6., lett. k), della bozza di Linea guida proposta con il succitato recente arresto dell’Adunanza plenaria e, nel caso di confermato contrasto, riequilibrare il testo in applicazione del recente orientamento giurisprudenziale richiamato, la cui condivisibile ratio “antiturbativa” non può, a parere del Collegio, considerarsi venuta meno solo per effetto del complesso meccanismo introdotto dalla novellata disciplina dell’art. 97 del Codice in tema di esclusione automatica.

In ordine, infine, al “confronto competitivo” come disegnato al par. 5.2 delle Linee guida, condiviso l’obiettivo dell’Autorità di affiancare al meccanismo del sorteggio, ai fini della selezione degli operatori da invitare alla procedura di gara, quello di una possibile valutazione della professionalità degli operatori economici sulla base di criterii predefiniti dalla stazione appaltante, si rende opportuna una più coerente e chiara formulazione del par. 5.2.3, primo periodo, nei sensi che seguono: “5.2.3 Nel caso in cui risulti idoneo a partecipare alla procedura negoziata un numero di operatori economici superiore a quello predeterminato dalla stazione appaltante in sede di avviso pubblico e non siano stati previsti, prima dell’avvio dell’indagine di mercato o dell’istituzione dell’elenco degli operatori economici, criteri ulteriori di selezione in conformità a quanto previsto dal paragrafo 5.2.1, secondo periodo, la stazione appaltante procede al sorteggio, a condizione che ciò sia stato debitamente pubblicizzato nell’avviso di indagine di mercato o nell’avviso di costituzione dell’elenco”.

P.Q.M.

nelle esposte considerazioni è il parere della Commissione speciale.

GLI ESTENSORI Salvatore Cacace, Stefano Toschei

IL PRESIDENTE Claudio Zucchelli 

IL SEGRETARIO Giuseppe Carmine Rainone

Keywords
#appalti e contratti pubblici (in generale)#affidamento #appaltare #stazione #linea #rotazione #operatore #mercato #procedura #codice
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La “Buona Scuola” in Gazzetta Ufficiale: commento alla nuova Legge di riforma del sistema nazionale di istruzione
Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015
Pagina: 2
Keywords
#docente #fase #comma #piano #scuola #graduatoria #posto #istituzione #dirigente #assunzione
Trasmissione delle Linee guida per l'integrazione degli alunni stranieri
Nota 19 febbraio 2014, n. 4233 e Allegato
Pagina: 22
Keywords
#scolarizzazione #nato #immigrato #neoarrivati #migrare #deprivazione #segregazione #opuscolo #bilinguismo #bacino
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Didattica a distanza e device in comodato d'uso: dubbi sulle SIM da utilizzare per la connessione...

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